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Selezione delle più rilevanti massime della Cassazione in materia di risarcimento del danno per

"perdita di chance"

 

Cass. sez. L., 781/1992
Ove il lavoratore agisca per il risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del datore di lavoro, dell'obbligo di osservare, nell'espletamento di procedure concorsuali di promozione, criteri di correttezza e buona fede, e costituito dalla privazione della possibilità di vincere il concorso, la dedotta perdita di una "chance" configura un danno attuale e risarcibile sempre che ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni; alla mancanza di una tale prova non è possibile sopperire con una valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.p.c., atteso che l'applicazione di tale norma richiede che risulti provata o comunque incontestata l'esistenza di un danno risarcibile, ed è diretta a sopperire all'impossibilità di provare l'ammontare preciso del danno.

Cass. sez L., 4725/1993
Nell'ipotesi di inadempimento del datore di lavoro che abbia comportato la perdita della "chance" di promozione, il danno risarcibile al lavoratore va ragguagliato alla probabilità di conseguire il risultato utile - al qual fine è sufficiente la ragionevole certezza dell'esistenza di una non trascurabile probabilità favorevole (non necessariamente superiore al cinquanta per cento) - e può essere determinato applicando al parametro costituito dalle retribuzioni che sarebbero spettate in caso di promozione un coefficiente di riduzione che tenga conto di quella probabilità, oppure, ove questo o altro criterio risulti di difficile utilizzazione, ricorrendo alla valutazione equitativa, la quale esige una congrua ed adeguata motivazione, che non può esaurirsi nell'apodittica e tautologica affermazione della giustezza od equità della determinazione adottata.

Cass. sez. III, 9598/1998
La cosiddetta perdita di "chance" costituisce un'ipotesi di danno patrimoniale futuro. Come tale, essa e' risarcibile a condizione che il danneggiato dimostri (anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate) la sussistenza d'un valido nesso causale tra il danno e la ragionevole probabilita' della verificazione futura del danno.

Cass. sez. L., 14074/2000
Nelle ipotesi in cui, in un rapporto di lavoro subordinato, per la promozione ad una qualifica superiore sia previsto l'espletamento di procedure concorsuali, deve distinguersi il danno da mancata promozione da quello da perdita di chance; nel primo caso, il lavoratore, che agisca per il risarcimento del danno, deve provare sia l'illegittimità della procedura concorsuale sia che, in caso di legittimo espletamento, sarebbe stato certamente incluso nell'elenco dei promossi; nel secondo caso - sul presupposto della irrimediabile perdita di chance in ragione dell'irripetibilità della procedura con le stesse modalità e gli stessi partecipanti di quella ritenuta illegittima - fa valere il danno associato alla perdita di una probabilità non trascurabile di conseguire il risultato utile. Ne consegue che, qualora il dipendente abbia fatto valere l'illegittimità della procedura chiedendo e ottenendo la sua ripetizione , la nuova procedura legittimamente espletata, anche se con esito negativo, elimina alla radice ogni danno da perdita di chance.


Cass. sez. L., 8468/2000
Per chi agisce per il risarcimento del danno derivante dalla violazione, da parte del datore di lavoro, dell'obbligo di osservare nell'espletamento delle procedure concorsuali (nella specie di assunzione) criteri di correttezza e buona fede la dedotta perdita di una "chance", costituita dalla privazione della possibilità di vincere il concorso, configura un danno attuale e risarcibile sempre che ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni; alla mancanza di una tale prova non è possibile sopperire con una valutazione equitativa ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., atteso che l'applicazione di tale norma richiede che risulti provata o comunque incontestata l'esistenza di un danno risarcibile ed è diretta a fare fronte all`impossibilita` di provare l'ammontare preciso del danno.

Cass. sez. L., 8132/2000
Ove il datore di lavoro, inadempiente all'obbligo di valutare comparativamente, secondo i criteri del bando di concorso e comunque alla stregua del canone di correttezza di cui all'art. 1175 cod. civ., tutti gli aspiranti alla promozione per concorso alla qualifica superiore, abbia riconosciuto l`illegittimita` della graduatoria e l'abbia annullata, o abbia preso atto dell'annullamento giudiziale, e quindi abbia bandito un nuovo concorso con effetti retroattivi, si ha l'integrale ripristino della situazione di partenza, che soddisfa interamente l'interesse procedimentale originariamente leso, sicchè non residua più alcuna ulteriore ragione di danno per perdita di "chance" (altrimenti determinabile equitativamente ex art. 1226 cod. civ.) in favore del candidato illegittimamente pretermesso, sempre che, a causa del comportamento illecito del datore di lavoro, non si siano determinati effetti negativi non eliminabili o non riparabili con la sola rinnovazione delle operazioni concorsuali.


Cass. sez. L., 15810/2001
Ai fini della determinazione del danno risarcibile per perdita di "chance", riscontrato in riferimento ad una procedura di selezione dei dipendenti per l'accesso alla qualifica superiore, è possibile fare ricorso al criterio equitativo individuandone il canone applicativo nella valutazione della probabilità di promozione che aveva il danneggiato desunta dal rapporto tra i dipendenti promossi e i dipendenti astrattamente idonei alla promozione. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in riferimento ad una procedura di selezione di dipendenti ferroviari per l'accesso alla dirigenza, pur avendo fatto correttamente ricorso al criterio equitativo nei suindicati termini era giunta tuttavia ad una quantificazione del danno considerata erronea in quanto, ai fini del calcolo della percentuale di probabilità di promozione, aveva rapportato il numero dei dipendenti che avevano ottenuto la nomina a dirigente non a tutti i dipendenti astrattamente idonei ad ottenere tale nomina, ma esclusivamente ai dipendenti la cui idoneità era stata accertata con uno specifico corso di formazione, non considerando così gli ispettori che per la loro iniziale qualifica più elevata erano idonei di per sé all'accesso alla dirigenza senza necessità della verifica per il tramite del corso di formazione).


Cass. sez. L., 14199/2001
Dall'art. 2103 cod.civ. si desume che sussiste il diritto del lavoratore all'effettivo svolgimento della propria prestazione professionale e che la lesione di tale diritto da parte del datore di lavoro costituisce inadempimento contrattuale e determina, oltre all'obbligo di corrispondere le retribuzioni dovute, l'obbligo del risarcimento del danno da dequalificazione professionale. Tale danno (detto anche danno professionale) può assumere aspetti diversi in quanto può consistere sia nel danno patrimoniale derivante dall'impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, sia nel pregiudizio subito per perdita di chance ossia di ulteriori possibilità di guadagno sia in una lesione del diritto del lavoratore all'integrità fisica o, più in generale, alla salute ovvero all'immagine o alla vita di relazione. E' compito del giudice del merito - le cui valutazioni, se sorrette da congrua motivazione, sono incensurabili in sede di legittimità - accertare se in concreto il suddetto danno sussista, individuarne la specie e determinarne l'ammontare eventualmente procedendo anche ad una liquidazione in via equitativa.


Cass. sez. L., 682/2001
Quando il lavoratore lamenta la violazione da parte del datore di lavoro dell'obbligo di osservare, nell'espletamento di una procedura concorsuale per la promozione ad una qualifica superiore, criteri di correttezza e buona fede in ordine allo svolgimento delle procedure e al rispetto della "par condicio" fra gli aspiranti, chiedendo il risarcimento dei danni derivantigli dalla perdita della possibilità di conseguire la promozione (perdita di "chance"), ha l'onere di provare anche gli elementi atti a dimostrare, pur se solo in modo presuntivo e basato sul calcolo del probabilità, la possibilità che egli avrebbe avuto di conseguire la promozione, atteso che la valutazione equitativa del danno, ai sensi dell'art. 1226 cod. civ., presuppone che risulti comprovata l'esistenza di un danno risarcibile.


Cass. sez. III, 10739/2002
Nel caso in cui sia stata introdotta, davanti al giudice ordinario, in un giudizio pendente alla data del 30 giugno 1998, una domanda risarcitoria ex art. 2043 cod. civ. nei confronti della P.A. per illegittimo esercizio di una funzione pubblica, questi dovrà accertare la sussistenza dell' evento dannoso denunciato, stabilire se il danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l'ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto soggettivo), accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l'evento dannoso sia riferibile ad una condotta della P.A., e, infine, se l'evento dannoso sia imputabile a responsabilità della P.A. a titolo di dolo o di colpa. In particolare, ove il danno lamentato consista nella perdita di "chance", se è vero che la sussistenza di esso si apprezza, secondo un calcolo di probabilità o per presunzione, tuttavia tale giudizio probabilistico va ancorato a precise circostanze di fatto obiettivamente provate, e a positive regole di esperienza. ( Nella specie, la S.C. ha annullato, per difetto di motivazione in ordine alla sussistenza del danno e al contributo causale dell'amministrazione alla causazione di esso, la decisione della corte territoriale che, confermando quella del giudice di primo grado, aveva condannato il Ministero della difesa per il danno patito a causa della indebita prestazione del servizio militare, anche con riferimento alla perdita di occasioni di lavoro, da un soggetto che, dopo essere stato arruolato nella Marina militare ed avere successivamente ottenuto il prolungamento della ferma per il transito nel servizio permanente, era stato congedato, dopo che, in sede di ulteriori accertamenti medici, gli era stata riscontrata l'affezione invalidante del favismo.)


Cass. sez. L., 7745/2002
In tema di procedura concorsuale, il partecipante al concorso appartenente ad una categoria protetta, che chieda il risarcimento del danno per la mancata assunzione, in violazione del rispetto della quota di riserva, non ha diritto alla costituzione del rapporto di lavoro, in quanto l'assunzione è sempre subordinata al verificarsi di tutte le condizioni richieste dal bando, ma può lamentare la perdita di una chance, come tale risarcibile in via equitativa.