Testo del Disegno di Legge attuativo recante disposizioni per
l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri del
14 giugno 2002
RELAZIONE
ILLUSTRATIVA
L'entrata
in vigore delle "Modifiche al Titolo V, parte II, della Costituzione"
rende necessario e urgente attuare la nuova normativa, anche adeguando e
integrando le recenti riforme amministrative che hanno aperto la strada al
potenziamento delle autonomie.
Il nuovo testo costituzionale, infatti,
pur con significative incongruenze, introduce una profonda ridislocazione di
poteri dal centro alla periferia, in sintonia con i fenomeni di
regionalizzazione e federalismo presenti in varie parti d'Europa e in linea con
le istanze di sussidiarietà e responsabilità della società civile ed economica
italiana.
La
nuova prospettiva determina così una duplice esigenza: adeguare l'ordinamento
della Repubblica alle nuove norme costituzionali immediatamente operative e adottare le disposizioni
consequenziali, previste o implicate dalla modifica costituzionale, per dare
concreta attuazione alla riforma.
Il presente provvedimento legislativo
intende, per la parte di competenza statale, venire incontro a tali esigenze,
salvo per quanto riguarda l'autonomia finanziaria (art. 119 Cost), riservata ad
un diverso e più complesso provvedimento e la revisione del t.u. delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali, demandata ad un apposito disegno di legge
delega.
L'art.
1, comma 1, intende precisare che gli obblighi internazionali costituenti
vincolo alla potestà legislativa
statale e regionale sono esclusivamente quelli che trovano base
nell'ordinamento costituzionale.
Una applicazione che implicasse la costituzionalizzazione generalizzata di
tutti gli accordi internazionali, a prescindere dal modo di introduzione degli
stessi nell'ordinamento interno, si porrebbe infatti in contrasto con il
principio della sovranità popolare, potendo portare a riconoscere l'esistenza
di vincoli alla potestà legislativa
derivanti da atti non sottoposti al Parlamento.
In
questo spirito, i vincoli internazionali
alla potestà legislativa possono derivare soltanto da norme del diritto
internazionale generalmente riconosciute (art. 10 Cost.), da patti di reciproca
limitazione della sovranità (art. 11 Cost.) o da trattati ratificati a seguito di legge di
autorizzazione (art. 80 Cost.).
Il
comma 2 specifica che la normativa
statale attualmente vigente in materie ora appartenenti alla legislazione
regionale è applicabile solo sino alla entrata in vigore delle specifiche leggi
regionali, fermi i principi fondamentali in materia di legislazione
concorrente.
Ciò
in ossequio ai principi del rispetto dell'unità e della continuità
dell'ordinamento giuridico, postulati dalla stessa Corte Costituzionale (v.
ord. 27/11/1974, n. 269 e sent. 22
luglio 1985, n. 214).
È, peraltro, espressamente prevista
l'applicazione reciproca del principio, in favore delle Regioni, per le materie
ora appartenenti alla legislazione esclusiva statale (come la tutela
dell'ambiente).
Il
comma 3 disciplina la competenza legislativa concorrente regionale,
prevedendo che le regioni, in assenza
dei principi fondamentali
determinati dallo Stato, possono legiferare sulla base dei principi
fondamentali desumibili dall'ordinamento vigente.
Si
ricorda al riguardo che la legge 16 maggio 1970, n. 281, dispone che
l'emanazione di norme legislative da parte delle Regioni nelle materie
stabilite dall'art. 117 (vecchio testo) della Costituzione si svolge "nei
limiti dei principi fondamentali quali risultano da leggi che espressamente li
stabiliscono o quali si desumono dalle leggi vigenti" (art. 17, che ha
sostituito l'art. 9 della legge n. 62 del 1953, che impediva alle Regioni di
legiferare se non fossero state preventivamente approvate le leggi-cornice da
parte dello Stato).
Questa
soluzione è stata ritenuta formalmente corretta dalla Corte Costituzionale, con
sentenza 4 marzo 1971, n. 39, nella quale si osservava anche che, semmai, era
il precedente sistema della legge n. 62 del 1953 ad apparire in contrasto con
la Costituzione, subordinando alla volontà dello Stato l'esercizio della
potestà legislativa regionale, costituzionalmente riconosciuta, circostanza
questa a maggior ragione vera oggi, attesa la sostanziale equiordinazione tra
le competenze legislative, statali e regionali.
Si è ritenuto, pertanto, di riproporre tale soluzione anche per la
presente modifica costituzionale, sussistendo le medesime esigenze.
Il
comma 4 attribuisce delega al Governo per la ricognizione dei principi fondamentali esistenti nelle materie di legislazione
concorrente, al fine di fornire un sicuro strumento allo Stato e alle Regioni
per l'individuazione dei confini delle rispettive potestà legislative.
La
delega deve essere esercitata entro un anno e deve ispirarsi ai principi della
completezza, esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità ed
omogeneità, nonché ai criteri direttivi indicati nel comma 5.
A
garanzia di una attività meramente ricognitiva, viene espressamente previsto un
"doppio passaggio" degli schemi dei decreti alla Conferenza
Stato-Regioni ed alle Camere per i pareri di competenza.
L'art.
2 disciplina la potestà statutaria e regolamentare degli enti locali e delle
relative forme associative, prevedendo che lo statuto stabilisca i principi di
organizzazione e funzionamento dell'ente, nonché le forme di controllo anche
sostitutivo, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale di attuazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera p) della Costituzione. Prevede altresì
che il potere regolamentare disciplina l'organizzazione degli enti locali e
l'organizzazione, lo svolgimento e la
gestione delle loro funzioni, nell'ambito delle leggi dello Stato e delle
Regioni. Stabilisce inoltre che fino all'emanazione dei regolamenti degli enti
locali continuano ad applicarsi le norme statali e regionali vigenti.
L'art.
3 detta una prima attuazione delle
nuove competenze regionali in materia comunitaria,
in applicazione dell'art. 117, comma quinto, della Costituzione.
Si prevede, in proposito la partecipazione di
esponenti delle Regioni e delle Province autonome alle attività dei gruppi di
lavoro e dei comitati in sede comunitaria, in raccordo con il Ministero degli
affari esteri e con modalità da concordarsi in sede di Conferenza
Stato-Regioni, secondo una soluzione già prefigurata sotto la precedente
legislatura (AC 7171, 7504, 7546) e nel rispetto della normativa comunitaria di
riferimento.
Si
prevede anche che il Governo possa presentare ricorso alla Corte di Giustizia
contro gli atti normativi comunitari che ledano gli interessi delle Regioni e
delle Province autonome, anche su loro richiesta.
Le
ulteriori modifiche da apportare alla legge La Pergola (9 marzo 1989, n. 86 e
successive modificazioni) per assicurare una partecipazione informata delle
Regioni al procedimento di formazione degli atti comunitari, secondo quanto
disposto dal quinto comma dell'art. 117 Cost. e per confermare la possibilità
delle Regioni di dare immediata attuazione alle direttive comunitarie nelle
materie di competenza concorrente o esclusiva regionale, sono state demandate
all'apposito disegno di legge di modifica della legge La Pergola, già
predisposto e di imminente definitiva approvazione.
L'art.
4 disciplina l'attività delle Regioni
in materia internazionale e dispone che le Regioni e le Province autonome
possono, anzitutto, provvedere direttamente a dare attuazione ed esecuzione
agli accordi internazionali nelle materie di propria competenza legislativa
(comma 1).
Prevede, inoltre, i casi e le modalità per la
stipula di intese con Enti territoriali interni ad altro Stato (comma 2) e per
la conclusione di accordi con altri Stati, richiedendosi in tal caso la previa concessione dei pieni poteri di
firma (comma 3) e richiamandosi, per il caso di violazione, i poteri
sostitutivi del Governo (comma 6).
Prescrive, infine, che in caso di dissenso
tra il Ministro degli affari esteri e Regione, la questione possa esse portata
in Consiglio dei Ministri per una soluzione politica del contrasto, alla luce
della titolarità da parte dello Stato della politica estera (comma 5).
Restano ferme per le attività di mero rilievo
internazionale degli enti locali le disposizioni vigenti (comma 7).
L'art.
5, prevede che, in conformità all'art. 118 della Costituzione, lo Stato e le
Regioni provvedano con proprie leggi a conferire le funzioni amministrative,
tenendo conto delle esigenze di unitarietà e della competenza istituzionale dei
Comuni nonché delle attribuzioni delle autonomie funzionali, ferme ovviamente
le funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane.
Lo Stato e le Autonomie locali, inoltre,
devono dare attuazione, ciascuno nel proprio ambito, al principio della
sussidiarietà orizzontale (comma 1).
Fino alla adozione di tali provvedimenti,
continuano ad applicarsi le disposizioni del c.d. " federalismo
amministrativo" , emanate in applicazione della legge n. 59 del 1997, in
particolare, il decreto legislativo n. 112/1998 e le altre disposizioni vigenti in materia (comma 3).
A partire dall'entrata in vigore della
presente legge, lo Stato avvia il
trasferimento dei beni e delle risorse necessarie per l'esercizio delle
funzioni amministrative trasferite alle Regioni ed enti locali, anche in
analogia con quanto previsto dall'VIII disposizione transitoria della
Costituzione e con quanto si desume dall'articolo 116, ultimo comma, della
Costituzione. A tal fine si indica nello stato di previsione delle spese al
2002 il parametro per il trasferimento delle risorse finanziarie. Si applicano,
in quanto compatibili gli articoli 3, 7 (commi 9, 10 e 11) e 8 del decreto
legislativo n. 112/98.
Alla quantificazione e ripartizione dei beni
e delle risorse si provvede con appositi DPCM, previo accordo tra Governo,
Regioni e Autonomie locali in sede di Conferenza Unificata. Tale graduale
trasferimento dovrà avvenire secondo i tempi e le modalità stabilite
nell'Accordo interistituzionale del 30 maggio 2002, di prossima pubblicazione.
Per gli anni successivi e sino all'entrata in vigore delle norme di attuazione
dell'autonomia finanziaria prevista dall'articoli 119 della Costituzione, si
provvederà con la legge finanziaria di ciascun anno (comma 2).
In questo rinnovato assetto amministrativo,
alla Corte dei Conti è attribuita la verifica del rispetto degli equilibri di
bilancio da parte dei Comuni, delle Città metropolitane, delle Province e delle
Regioni, anche in relazione al "patto di stabilità interno" e ai
vincoli con l'Unione europea.
Le sue Sezioni regionali inoltre - in grado
di effettuare analisi unitarie, con metodo comparativo - devono assolvere
l'importante funzione di verifica, secondo i principi del controllo successivo
di gestione, del conseguimento degli obiettivi prefissati dalle leggi regionali di principio e di
programma nonchè della sana gestione finanziaria degli enti locali e del
funzionamento dei controlli interni, in coerenza con le disposizioni vigenti
(artt. 3 L. 20 del 1994 e 13 L. 51 del 1982).
L'attribuzione è finalizzata a coadiuvare gli
esecutivi nell'adozione di misure correttive
volte a garantire la regolarità e l'economicità della gestione,
potendosi rappresentare e confrontare gli esiti delle soluzioni amministrative
adottate, in termini appunto - di economicità, di efficienza e di efficacia, e
prospettare alle autonome valutazioni di ciascun ente le diverse opzioni sul
piano dei modelli ordinamentali e dei moduli operativi e le possibili
conseguenze e ricadute dei diversi percorsi (ad esempio, acquisti e servizi
centralizzati o diffusi, ricorso all'esterno alternativamente alla produzione
in proprio e così via) (comma 4).
Si prevede anche che Regioni ed enti locali
possano chiedere ulteriori forme di collaborazione alla Sezione regionale, in
funzione ausiliaria (comma 5) e che tali Sezioni siano integrate con due
esperti scelti dalle Regioni e dagli enti locali tra persone in possesso delle
professionalità necessarie, equiparate a tutti gli effetti ai consiglieri della
Corte dei Conti (comma 6).
L'art.
6 disciplina l'esercizio del potere
sostitutivo del Governo per le finalità indicate dal nuovo articolo 120,
secondo comma, della Costituzione, secondo procedure analoghe a quelle del
d.lgs n. 112 del 1998.
In particolare, il Consiglio dei Ministri,
previa fissazione di un termine per adempiere all'ente inadempiente, adotta i
provvedimenti necessari, anche normativi, o nomina un apposito Commissario,
sentito l'ente interessato (comma 1), salvo i casi di assoluta urgenza (comma
4).
Se si verte in materia di violazione di norme
comunitarie, l'intervento sostitutivo è attivato dal Ministro per le politiche
comunitarie (comma 2).
Qualora si tratti di inadempimenti di Comuni,
Province o Città metropolitane, la nomina del Commissario deve tener conto del
principio di sussidiarietà; il Commissario provvede sentito il Consiglio delle
autonomie locali (comma 3).
I provvedimenti sostitutivi, in ossequio al
principio di leale collaborazione, dovranno essere proporzionati alle finalità
perseguite (comma 5).
Infine, è prevista la possibilità di
concludere accordi vincolanti in sede di Conferenza Stato-Regioni diretti a
favorire l'armonizzazione delle legislazioni o il raggiungimento di posizioni
unitarie o di obiettivi comuni (comma 6).
Viene inoltre precisato che nelle materie
di competenza concorrente ed esclusiva
delle Regioni non possono essere adottati gli
atti di indirizzo e coordinamento di cui agli articoli 8 della legge n.
59/97 e 4 del decreto legislativo n. 112/98.
L'art.
7 apporta alcune modifiche alle norme
di procedura dei giudizi di legittimità costituzionale, per adeguarle alle
leggi costituzionali n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001.
Esse riguardano la proposizione della
questione di legittimità costituzionale nei confronti degli statuti regionali
(prima non prevista, essendo approvati con legge statale) e delle leggi
regionali (ora successiva alla loro pubblicazione), con conseguente adeguamento
degli articoli 31 e 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Si elimina inoltre, nell'art. 33, il richiamo
alla legge cost. n. 1 del 1948, da ritenersi superato in quanto il ricorso
della Regione contro altre leggi regionali è ora incluso nell'articolo 127
Cost.
Al fine poi di evitare il protrarsi
dell'incertezza giuridica sulla vigenza
della legge (statale o regionale) impugnata, si prevede che la Corte
Costituzionale fissi la discussione del ricorso entro 30 giorni, e depositi il
dispositivo della sentenza entro i successivi 15 giorni.
Con disposizione transitoria, infine, viene
regolata la trattazione dei ricorsi per conflitto di attribuzione proposti
anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 3/2001 Costituzionale.
La norma prevede un onere di impulso
processuale sotto pena di estinzione del processo, sulla cui legittimità, in
ipotesi affine, si è già pronunciata la Corte costituzionale (con sentenza n.
111/98) osservando che la garanzia costituzionale del diritto di difesa non
preclude al legislatore - in occasione della riforma di un ordinamento
processuale - la facoltà di introdurre, con norma transitoria, nuovi
adempimenti in relazione ai giudizi pendenti, condizionando ad essi l'ulteriore
prosecuzione dei giudizi stessi.
L'art.
8 prevede la istituzione di un Rappresentante dello Stato per i rapporti
con il sistema delle Autonomie e la
ricollocazione in capo al medesimo delle funzioni già esercitate dal
Commissario del Governo, in materie diverse dal controllo preventivo sulle
leggi regionali e dal coordinamento dell'attività statale con quella regionale,
soppressi dalla riforma (commi 1 e 2).
Le funzioni di Rappresentante dello Stato
saranno esercitate dal Prefetto del capoluogo di Regione, avvalendosi delle
strutture e del personale dell'Ufficio territoriale del Governo (comma 3). Il
Prefetto è nominato di intesa con il Ministro per gli affari regionali e, in
tale veste, dipende funzionalmente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri
(comma 4).
Si dettano disposizioni, infine, dirette ad
adeguare ai nuovi compiti del Prefetto le disposizioni normative vigenti in
materia (commi 5, 6 e 7).
L'art. 9, in attesa delle necessarie
modifiche statutarie, demanda alle Commissioni paritetiche previste dagli
Statuti speciali la predisposizione delle norme di attuazione per l'applicazione
delle maggiori forme di autonomia estese alle Regioni a Statuto speciale e alle
Province autonome di Trento e di Bolzano dall'art. 10 della legge Costituzionale n. 3 del 2001.
L'art.
10 regola l'entrata in vigore urgente della legge.
Sullo schema del presente disegno di
legge è stato acquisito, in data 6 giugno 2002, il parere della Conferenza
Unificata.
Tale
parere, non unanime tra Regioni ed enti locali e nella stessa componente
regionale, ha prospettato i seguenti
gruppi di emendamenti:
a) emendamenti concordati tra Regioni e
Autonomie locali;
b) emendamenti comuni delle Autonomie locali;
c) emendamenti comuni a tutte le Regioni;
d) emendamenti di gruppi di Regioni
e) emendamento di alcune Regioni statuto
speciale.
Con
riferimento ai suddetti gruppi:
(a) sono
stati sostanzialmente accolti due dei tre emendamenti concordati da Regioni e
autonomie locali, mentre la valutazione del terzo è stata rinviata al d.d.l. di
delega alla revisione del t.u. ordinamento enti locali;
(b)
quanto agli emendamenti comuni delle Autonomie locali, sono state
accolte le richieste di integrazione dei criteri di delega e di soppressione
del comma 6 dell'articolo 1, in quanto
sostituito con il nuovo articolo 2 e di previsione di uno spazio di iniziativa
degli Enti locali, ovviamente non vincolante, per tutelare avanti alla Corte
Costituzionale le proprie prerogative.
Gli
altri emendamenti proposti saranno valutati nella sede più consona del disegno
di legge di delega alla revisione del testo unico sull'ordinamento degli enti
locali, mentre quello riguardante gli Enti locali delle Regioni a Statuto
speciale contrasta con le prerogative statutarie di livello costituzionale
spettanti a tali Regioni;
(c)
degli emendamenti comuni delle Regioni sono stati accolti: quello
riferito al comma 2 dell'art.1, diretto a chiarire che le disposizioni statali,
che continuano ad applicarsi nelle materie di competenza regionale, sono solo
quelle attualmente vigenti; quello contenente la riformulazione del comma 2
dell'articolo 2 (ora 3); quello concernente la riformulazione delle lettere b)
e g) dell'articolo 7 (ora 8); e quello relativo alla separazione in due parti
dell'ex comma 5 dell'articolo 4 (ora 5) sulla Corte dei Conti.
Non sono stati accolti
invece l'emendamento all'articolo 2 (ora 3) in quanto poteva creare equivoci
sulla sede negoziale cui possono intervenire i rappresentanti regionali e
quelli all'articolo 3 (ora 4), perché, quanto alle attività di mero rilievo
internazionale, alterano il quadro attuale e negano l'esigenza di una loro
previa informazione allo Stato e quanto alle soppressioni proposte,
violerebbero l'art. 117 Cost. che attribuisce alla Regione il potere di
concludere accordi e intese estere solo "nella materie di sua
competenza" ovviamente legislativa, riferendosi l'art. 117 a tale
competenza. Anche la soppressione del comma 5 verrebbe a violare la
Costituzione, che all'art. 117, secondo comma, lett. a) attribuisce allo Stato
la politica estera. Non sono stati accolti anche gli emendamenti agli articoli
4, (perché la formula del disegno di legge è apparsa più rispettosa del dettato
costituzionale e più in linea con il fatto che il conferimento delle funzioni
avviene sulla base della legislazione vigente e spetta quindi a chi ha,
attualmente, le funzioni amministrative) e all'articolo 5 (perché la soppressione dell'inciso
"anche normativi", priverebbe lo Stato del potere sostitutivo anche
in campo regolamentare, mentre il trasferimento nel disegno di legge di
modifica della legge La Pergola anche del potere sostitutivo ex art. 120 Cost.
è ingiustificato, trattandosi di un potere generale). Per rispetto al principio
di specialità delle regioni a statuto speciale, non sono state accolte neanche
le proposte integrative delle Regioni.
(d)
quanto agli emendamenti di gruppi di
Regioni, non sono stati recepiti quelli riferiti all'art. 1, peraltro non
unanimi nella stessa componente regionale, perché l'accordo sui principi non
costituirebbe fonte idonea a vincolare le Regioni o lo Stato, mentre l'intesa
non pare ammissibile in materia appartenente alla competenza legislativa
esclusiva dello Stato;
(e) l'emendamento presentato dalle Regioni a statuto speciale è
stato superato dal mancato accoglimento dei contrari emendamenti proposti dalle
altre Regioni e dagli enti locali.
Sul
disegno di legge è stato anche acquisito il parere delle Sezioni Riunite della
Corte dei Conti, che nella riunione del 22 maggio 2002 si sono espresse
favorevolmente al testo proposto, nella parte che riguarda la Corte (e alla
eventualità di una sua modifica per quanto attiene alla titolarità della
designazione dei membri aggiunti), ai sensi dell'art. 1 del RDL 9 febbraio 1939, n. 273.
Il presente provvedimento non comporta oneri
diretti o indiretti a carico del bilancio dello Stato né minori entrate e
pertanto non si redige la Relazione tecnica.
RELAZIONE TECNICO-NORMATIVA
I. Aspetti tecnico-normativi in senso
stretto:
a) il presente intervento normativo si rende
necessario a causa delle modifiche apportate al quadro istituzionale dalla
legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, di riforma del titolo V, parte
II, della Costituzione.
Tale riforma, infatti, ha modificato il rapporto
tra lo Stato e le autonomie regionali e locali, optando per un rapporto di
equiordinazione nell'ambito della Repubblica (art. 114). Essa inoltre ha
innovato nei poteri legislativi, attribuendo alle Regioni oltre ad un potestà
concorrente, anche una potestà legislativa esclusiva, a carattere residuale
(art. 117). Ulteriori innovazioni hanno riguardato la titolarità delle funzioni
amministrative, attribuita in via generale ai Comuni, salvo i casi di necessità di esercizio unitario, in
applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza
(art. 118) e l'introduzione espressa del potere sostitutivo del Governo ad
organi delle Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni negli specifici
casi previsti dall'art. 120, secondo comma, della Costituzione. Infine,
rilevanti modifiche hanno riguardato il regime dei controlli preventivi sulle
leggi regionali (aboliti e sostituiti da quelli successivi) e sugli atti
amministrativi delle Regioni e degli enti locali (soppressi).
Accanto
alle modifiche introdotte dalle suddette innovazioni l'intervento normativo si
rende necessario per dare diretta attuazione al dettato costituzionale, che
espressamente rimanda ad apposite leggi statali (artt. 117, 118 e 119), nonché
per stabilire i meccanismi di trasferimento dei beni e delle risorse
strumentali, organizzative, umane e finanziarie occorrenti per l'esercizio
delle funzioni amministrative conferite a Regioni ed enti locali e per regolare
i rapporti tra legislazione statale e quella regionale nella fase di passaggio.
b) delle disposizioni proposte, gli artt. 1 e 5
assolvono a quest'ultime finalità, mentre gli artt. 3 e 4 integrano le leggi
statali di procedura previste dalla Costituzione per regolare l'attività delle
Regioni in campo comunitario e in campo internazionale.
Delle
altre disposizioni, l'art. 2 disciplina
l'autonomia normativa degli enti locali, l'art. 6 regola il potere sostitutivo
del Governo e l'art. 8 provvede a istituire il Rappresentante dello Stato nei
rapporti con il sistema delle autonomie, cui è demandato l'esercizio delle
funzioni già espletate dal Commissario del Governo, tuttora compatibili con le innovazioni della riforma.
L'art.
7 apporta le necessarie modifiche
indotte non solo dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, ma anche dalla legge
costituzionale n. 1 del 1999, in materia statutaria, agli artt. 31, 32, 33 e 35
della legge 11 marzo 1953, n. 87.
L'articolo
9, infine, si occupa dell'attuazione da parte della Commissioni paritetiche
delle forme di maggiore autonomia estese alle Regioni a statuto speciale
dall'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
c) la presente legge riguarda, quindi, nel suo
art. 1, tutte le materie di legislazione concorrente (art. 117, terzo comma)
prevedendo una delega ricognitoria dei principi fondamentali vigenti e
regolando l'applicazione delle disposizioni previgenti sino all'entrata in
vigore di quelle statali o regionali, secondo la nuova competenza.
Negli
altri articoli, essa impatta sul testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali (d. lgs. 267 del 2000) (art. 2); sulla legge La Pergola (L. n. 86 del 1989) (art.3);
sul D.P.R. 31 marzo del 1994,
sull'attività delle Regioni all'estero (art. 4); sul d. lgs. n. 112 del 1998,
per quanto attiene al conferimento di funzioni amministrative e al
trasferimento di bene e risorse, nonché sulle leggi concernenti le funzioni
della Corte dei Conti nei confronti delle Amministrazioni regionali (L n. 20
del 1994) e degli Enti locali (L. n. 51 del 1982) (art. 5); ancora sulla legge
La Pergola (per il potere sostitutivo) e sul d. lgs. n. 112 del 1998 (per gli
atti di indirizzo e coordinamento) (art. 6); sulla legge che disciplina il
procedimento avanti alla Corte Costituzionale (L. n. 87 del 1953) (art. 7); sul
d. lgs. N. 300 del 1999 per quanto riguarda la ricollocazione delle funzioni
già espletate dal Commissario del Governo (e sulle altre disposizioni connesse:
L. n. 62 del 1953, D.P.R. n. 616 del 1977, L. n. 400 del 1988, L. n. 40 del
1993, d. lgs. n. 281 del 1997, d. lgs. n. 303 del 1993; DPR n. 287 del 2001)
(art. 8).
d) per quanto attiene alla compatibilità
del ddl con l'ordinamento comunitario,
essa è assicurata dall'art. 3 che, in coerenza con la normativa comunitaria,
prevede che la partecipazione diretta delle Regioni alla formazione degli atti
comunitari avvenga nell'ambito delle delegazioni del Governo e che l'iniziativa
delle Regioni nei ricorsi alla Corte di
Giustizia delle C. E. sia limitata alla sola fase della richiesta di
impugnazione al Governo.
e) sulla compatibilità del ddl con le
competenze regionali, tutto il provvedimento è diretto ad attuare il nuovo
assetto istituzionale posto dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.
f) il ddl prevede un meccanismo di
trasferimento di risorse alle regioni ed enti locali analogo a quello operato
dalla legge n. 59 del 1997 e dal d. lgs. n. 112 del 1998, mentre per il
trasferimento delle funzioni, ove non direttamente operato dalla legge
costituzionale n. 3 del 2001, si dovrà procedere con le leggi statali e
regionali previste dall'art. 118 Cost.
g) non vi sono rilegificazioni né possibilità
di ulteriori delegificazioni.
II. Elementi di drafting e linguaggio
normativo:
Non
vi sono nuove definizioni normative nel testo, mentre i riferimenti normativi
contenuti rimandano alle disposizioni già modificate o integrate.
Vi
sono invece la sostituzione dell'art. 35 della legge n. 87 del 1953 e la novella degli artt. 31, 32 e 33 della
medesima legge (art. 7), nonché dell'art. 4 del d. lgs. n. 303 del 1999. (art.
8).
L'articolo
8 contiene inoltre l'abrogazione espressa di alcune disposizioni riguardanti il
Commissario del Governo, a seguito dell'abrogazione dall'art. 124 della
Costituzione.
III.
Ulteriori elementi:
a) giurisprudenza costituzionale: sulla
possibilità per le regioni di desumere direttamente dall'ordinamento giuridico
i principi fondamentali, nelle materie di legislazione concorrente, in difetto
di espressa determinazione di questi da parte dello Stato, v. C. Cost., sent. 4
marzo 1971, n. 39.
Sulla
natura cedevole delle norme statali di dettaglio nelle medesime materie, v. C.
Cost. sent. 22 luglio 1985, n. 214.
Sull'applicabilità
della legge statale vigente in materie ora appartenenti alla legislazione
regionale concorrente, sino all'entrata in vigore di quelle regionali, v.C.
Cost., ord. 27 novembre 1974, n. 269.
Sulla
possibilità di introdurre, in via transitoria, adempimenti procedurali, v. C.
Cost., sent. 16 aprile 1998, n. 111.
b) Non
vi sono progetti di legge parlamentari in materia analoga.
ART.
1
(Attuazione
dell'articolo 117, primo e terzo comma,
della Costituzione, in materia di legislazione regionale)
1.
Costituiscono vincolo alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni ai
sensi dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, gli obblighi
derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di
cui all'articolo 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione
della sovranità di cui all'articolo 11 della Costituzione, dall'appartenenza
dell'Italia all'Unione europea e alle Comunità europee e dai trattati
internazionali ratificati a seguito di legge di autorizzazione.
2. Le disposizioni normative statali vigenti
alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti
alla legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino
alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in materia, fermo quanto previsto al comma 3. Le
disposizioni normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della
presente legge nelle materie
appartenenti alla legislazione esclusiva statale continuano ad
applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia.
3.
Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano
la potestà legislativa nell'ambito dei principi fondamentali espressamente
determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali
vigenti .
4. In sede di prima applicazione, il Governo,
su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i
Ministri interessati, è delegato ad
emanare uno o più decreti legislativi diretti alla ricognizione dei principi
fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste
dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, attenendosi ai principi della
completezza, esclusività,
adeguatezza,chiarezza, proporzionalità ed omogeneità. Gli schemi dei decreti,
dopo l'acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito
denominata: "Conferenza Stato-Regioni", sono trasmessi al parere delle Camere, compreso quello
della Commissione parlamentare per le questioni regionali, da rendersi entro 60
giorni dall'assegnazione alle competenti Commissioni parlamentari. Acquisiti tali pareri, il Governo
ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali
modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni
ed alle Camere per il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente,
entro 30 e 60 giorni.
5. Nella predisposizione dei decreti
legislativi di cui al comma 4, il Governo si atterrà ai seguenti criteri
direttivi:
a) individuazione dei principi fondamentali
per settori organici della materia in base a criteri oggettivi desumibili dal
complesso delle funzioni e da quelle affini,
presupposte, strumentali e complementari, e in modo da richiedere
disposizioni applicative regionali ;
b) considerazione, ai fini
dell'individuazione dei principi
fondamentali, delle disposizioni statali rilevanti per garantire l'unità
giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali, il rispetto delle norme e dei trattati
internazionali e della normativa comunitaria e la tutela dell'incolumità e
della sicurezza pubblica;
c) considerazione del nuovo sistema di
rapporti istituzionali derivante dagli articoli 114 e 117 della Costituzione;
d) considerazione degli obiettivi generali
assegnati dall'articolo 117, settimo comma, della Costituzione, alla
legislazione regionale;
e)
considerazione delle disposizioni
legislative vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge;
f) coordinamento formale delle disposizioni
di principio e loro eventuale semplificazione;
g) esclusione delle disposizioni contenenti
deroghe od eccezioni espresse.
ART. 2
(Attuazione dell'art. 114, secondo comma e
dell'art. 117, sesto comma, della
Costituzione in materia di potestà normativa degli enti locali)
1. I Comuni, le Province e le Città
metropolitane hanno potestà normativa secondo i principi fissati dalla
Costituzione. La potestà normativa consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare.
2.
Lo statuto, in armonia con la Costituzione e con i principi generali in
materia di organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla
legge statale in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera
p), della Costituzione, stabilisce i principi di organizzazione e
funzionamento dell'ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché le
garanzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare.
3.
L'organizzazione degli enti locali è disciplinata dai regolamenti nel
rispetto delle norme statutarie.
4.
La disciplina dell'organizzazione, dello svolgimento e della gestione
delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane è
riservata alla potestà regolamentare dell'ente locale, nell'ambito della
legislazione dello Stato o della Regione, secondo le rispettive competenze,
conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione.
5. Il potere normativo è esercitato anche
dalle forme associative tra gli enti locali.
6. Fino all'adozione dei regolamenti degli
enti locali, si applicano le vigenti norme statali e regionali, fermo restando
quanto previsto dal presente articolo.
ART. 3
(Attuazione
dell'articolo 117, quinto comma, della Costituzione sulla partecipazione delle Regioni in materia comunitaria)
1. Le Regioni e le Province autonome
concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza, alla formazione
degli atti comunitari, partecipando, nell'ambito delle delegazioni del Governo,
alle attività dei gruppi di lavoro e dei comitati del Consiglio e della
Commissione, secondo modalità da concordarsi in sede di Conferenza
Stato-Regioni, che devono comunque garantire
l'unitarietà della rappresentazione della posizione italiana da parte
del Capo delegazione designato dal Governo; le relative spese sono a carico dei
bilanci di dette amministrazioni.
2. Nelle materie di competenza legislativa
delle Regioni e delle Province autonome, il Governo può proporre ricorso
dinanzi la Corte di giustizia delle Comunità europee avverso gli atti normativi
comunitari, anche su richiesta di una delle Regioni e delle Province autonome.
ART. 4
(Attuazione dell'articolo 117, quinto e nono
comma, della Costituzione sull'attività internazionale delle Regioni)
1. Le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa,
provvedono direttamente all'attuazione e all'esecuzione degli accordi
internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero degli affari esteri ed al Dipartimento per gli affari regionali, i
quali, nei successivi 30 giorni dal relativo ricevimento, possono formulare
criteri e osservazioni. In caso di
inadempienza, ferma restando la responsabilità delle Regioni verso lo Stato, si
applicano le disposizioni di cui all'articolo 6, commi 1, 4 e 5 in quanto
compatibili.
2.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie
di propria competenza legislativa, possono concludere, con enti territoriali
interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico,
sociale e culturale, nonché a realizzare attività di mero rilievo
internazionale, dandone comunicazione prima della firma al Dipartimento per gli
affari regionali ed al Ministero degli affari esteri, ai fini delle eventuali
osservazioni di questi ultimi e dei Ministeri competenti, da far pervenire
entro i successivi 30 giorni a cura del
Dipartimento medesimo. Con gli atti relativi alle attività sopra indicate, le
Regioni e le Province autonome non possono esprimere valutazioni relative alla
politica estera dello Stato, né possono assumere impegni dai quali derivino
obblighi od oneri finanziari per lo Stato o che ledano gli interessi degli
altri soggetti di cui all'articolo 114, primo comma, della Costituzione.
3.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie
di propria competenza legislativa, possono, altresì, concludere con altri Stati
accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati
in vigore, o accordi di natura tecnico-amministrativa, o accordi di natura
programmatica, nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dagli
impegni internazionali e dalle linee e dagli indirizzi di politica estera
italiana, nonché dei principi fondamentali dettati dalle leggi dello Stato. A tale
fine ogni Regione o Provincia autonoma dà tempestiva comunicazione delle
trattative al Ministero degli affari esteri e al Dipartimento per gli affari
regionali, che ne danno a loro volta comunicazione ai Ministeri competenti. Il
Ministero degli affari esteri può indicare principi e criteri da seguire, nella
conduzione dei negoziati; qualora questi ultimi si svolgano all'estero, le
locali Rappresentanze diplomatiche o uffici consolari italiani potranno, previa
intesa con la Regione o con la Provincia autonoma, intervenire e collaborare
alla conduzione delle trattative. La Regione o la Provincia autonoma, prima di
sottoscrivere l'accordo, comunica il relativo progetto al Ministero degli
affari esteri, il quale, sentito il Dipartimento per gli affari regionali ed
accertata l'opportunità politica e la legittimità dell'accordo, ai sensi del
presente comma, conferisce i pieni poteri di firma previsti dalle norme del
diritto internazionale generale e dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei
trattati del 23 maggio 1969, ratificata con legge 12 febbraio 1974, n. 112. Gli
accordi sottoscritti in assenza del conferimento di pieni poteri sono nulli.
4.
Agli accordi stipulati dalle Regione e dalle Province autonome è data
pubblicità in base alla legislazione
vigente.
5. Il Ministro degli affari esteri può, in
qualsiasi momento, rappresentare alla Regione o alla Provincia autonoma
interessata questioni di opportunità politica inerenti alle attività di cui ai
commi 1, 2 e 3 e, in caso di dissenso, sentito il Dipartimento per gli affari
regionali, chiedere che la questione sia portata in Consiglio dei Ministri; in
questa sede, e con l'intervento del Presidente della Giunta regionale
interessato, il Consiglio delibera sulla questione.
6. In caso di violazione degli accordi di cui
al comma 3, ferma restando la responsabilità delle Regioni verso lo Stato, si
applicano le disposizioni dell'articolo 6, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.
7. Resta fermo che i Comuni, le Province e le
Città metropolitane continuano a svolgere attività di mero rilievo
internazionale nelle materie loro attribuite, secondo l'ordinamento vigente.
ART.
5
(Attuazione dell'articolo 118 della
Costituzione in materia di esercizio delle funzioni amministrative)
1. Lo
Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le
funzioni amministrative esercitate alla data di entrata in vigore della
presente legge, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza, attribuendo a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato
soltanto quelle di cui occorra assicurare l'unitarietà di esercizio, per motivi
di buon andamento, efficienza o efficacia dell'azione amministrativa ovvero per
motivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità
territoriale, tenendo conto delle attribuzioni degli enti di autonomia
funzionale e favorendo, altresì, lo svolgimento di attività amministrative di
interesse generale da parte di associazioni o singoli cittadini, sulla base del
principio di sussidiarietà. Tutte le altre funzioni non diversamente attribuite
spettano ai Comuni.
2.
A decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge, lo Stato avvia il trasferimento dei
beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative necessarie
per l'esercizio delle funzioni e dei compiti previsti dagli articoli 117 e 118
della Costituzione. Alla quantificazione e alla ripartizione dei beni e delle
risorse, si provvede mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio
dei Ministri, previo accordo tra Governo, Regioni ed Autonomie locali, da
concludersi in sede di Conferenza Unificata, tenendo conto delle previsioni di
spesa risultanti dal bilancio dello Stato per l'anno 2002. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 3, 7,
commi 9, 10 e 11, ed 8 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. I decreti
sono trasmessi alla Commissione parlamentare per le questioni regionali, per il
parere da rendersi entro 30 giorni dall'assegnazione; decorso tale termine il
Governo può adottare i decreti anche in assenza di tale parere. Il
trasferimento delle risorse
avviene secondo le modalità previste al
punto 4, Titolo II, dell'Accordo interistituzionale tra Governo, Regioni,
Province, Comuni e Comunità montane approvato il 30 maggio 2002. A decorrere
dall'anno successivo si provvede con la legge finanziaria di ciascun anno. Le
disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione fino alla data di
entrata in vigore delle norme relative al nuovo sistema finanziario in
attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.
3. Fino
alla data di entrata in vigore dei provvedimenti previsti dal presente
articolo, le funzioni amministrative
continuano ad essere esercitate secondo le attribuzioni stabilite dalle
disposizioni vigenti.
4. La
Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il
rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città
metropolitane e Regioni, anche in relazione al patto di stabilità interno ed ai
vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Le Sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti verificano, secondo i principi del
controllo successivo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti
dalle leggi regionali di principio e di programma, nonché la sana gestione
finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni.
5. Ciascuna Regione può richiedere ulteriori
forme di collaborazione alla Sezione regionale di controllo ai fini della
regolare gestione finanziaria e dell'efficienza ed efficacia dell'azione
amministrativa, nonché pareri nelle materie di cui all'articolo 88 del regio
decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
6. Le
Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti sono integrate da due
componenti designati, rispettivamente, dal Consiglio regionale e dal Consiglio
delle autonomie locali salvo diversa previsione dello statuto della Regione,
scelti tra persone che, per gli studi
compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente esperte
nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie, giuridiche e contabili;
i medesimi durano in carica 5 anni e non sono riconfermabili. Il loro status è
equiparato a tutti gli effetti, per la durata dell'incarico, a quello dei
consiglieri della Corte dei conti, con oneri finanziari a carico della Regione.
La nomina è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, con le
modalità previste dal secondo comma dell'articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica
8 luglio 1977, n. 385.
ART.
6
(Attuazione
dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo)
1. Nei casi e per le finalità previsti
dall'articolo 120 della Costituzione,
il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente
per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna
all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o
necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito
l'organo interessato, su proposta del
Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei Ministri, adotta i
provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito Commissario.
2.
Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre
rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i
provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro
competente per materia. L'articolo 11
della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.
3. Qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi
riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del Commissario deve tenere conto dei principi di
sussidiarietà e di leale
collaborazione. Il Commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie
locali.
4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora
l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le
finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, anche
su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente
comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e
autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che
possono chiederne il riesame.
5. I provvedimenti sostitutivi devono essere
proporzionati alle finalità perseguite.
6
. Il Governo può promuovere la stipula
di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza Unificata,
dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il
raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in
tale caso è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all'articolo 117,
terzo e quarto comma, della Costituzione
non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di
cui agli articoli 8 della legge 15
marzo 1997, n. 59, e 4 del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
ART.
7
(Attuazione degli articoli 123, secondo comma
e 127, della Costituzione in materia di ricorsi alla Corte Costituzionale)
1. L'articolo 31 della legge 11 marzo
1953, n. 87, è sostituito dal seguente:
"Art. 31
La
questione di legittimità costituzionale di uno statuto regionale può, a norma
del secondo comma dell'articolo 123 della Costituzione, essere promossa entro
il termine di trenta giorni dalla pubblicazione.
Il
Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della
Regione, può promuovere, ai sensi dell'articolo 127, primo comma, della
Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale
dinanzi alla Corte Costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione.
La
questione di legittimità costituzionale
è sollevata, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, anche su proposta
della Conferenza Stato-Città e autonomie locali, dal Presidente del Consiglio
dei Ministri mediante ricorso diretto alla Corte Costituzionale e notificato,
entro i termini previsti dal presente articolo, al Presidente della Giunta
regionale.
Il
ricorso deve essere depositato nella Cancelleria della Corte Costituzionale
entro il termine di dieci giorni dalla notificazione.".
2. Il secondo comma dell'art. 32 della
legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente:
"La questione di legittimità
costituzionale, previa deliberazione della Giunta regionale, anche su proposta
del Consiglio delle autonomie locali, è promossa dal Presidente della Giunta
mediante ricorso diretto alla Corte Costituzionale e notificato al Presidente
del Consiglio dei Ministri entro il termine di sessanta giorni dalla
pubblicazione della legge o dell'atto impugnati".
3. Al primo comma dell'articolo 33 della
legge 11 marzo 1953, n. 87, le parole: "dell'articolo 2, secondo comma,
della legge costituzionale n. 1 del 1948", sono sostituite dalle seguenti:
"dell'articolo 127, secondo comma, della Costituzione".
4. L'articolo 35 della legge 11 marzo 1953,
n. 87, è sostituito dal seguente:
"Art. 35
"Quando è promossa una questione di
legittimità costituzionale ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, l'udienza di
merito deve essere fissata entro 30 giorni dal deposito del ricorso, e il
dispositivo della sentenza deve essere depositato entro 15 giorni dall'udienza
di discussione".
5. Le Regioni assicurano la pronta
reperibilità degli atti recanti la pubblicazione ufficiale degli statuti e
delle leggi regionali.
6. Nei ricorsi per conflitto di
attribuzione tra Stato e Regione, di cui agli articoli da 39 a 42 della legge
11 marzo 1953, n. 87, proposti anteriormente alla data dell'8 novembre 2001, il
ricorrente deve chiedere la trattazione del ricorso, con istanza diretta alla
Corte Costituzionale e notificata alle altre parti costituite, entro quattro
mesi dal ricevimento della comunicazione di pendenza del procedimento
effettuata a cura della cancelleria della Corte Costituzionale; in difetto di
tale istanza, il ricorso si considera abbandonato ed è dichiarato estinto con
decreto del Presidente.
Art. 8
(Rappresentante
dello Stato per i Rapporti con il sistema delle autonomie)
1. In ogni Regione a statuto ordinario è istituito
il Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie. Le
relative funzioni sono svolte dal Prefetto preposto all'Ufficio territoriale
del Governo avente sede nel capoluogo della Regione.
2. Nell'esercizio delle funzioni di cui al
comma 1, il Rappresentante dello Stato
cura in sede regionale:
a)
le attività dirette ad assicurare il rispetto del principio di leale
collaborazione tra Stato e Regione,
nonché il raccordo tra le istituzioni dello Stato presenti sul territorio,
anche attraverso le Conferenze di cui all'articolo 11 del decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300, al fine di
garantire la rispondenza dell'azione amministrativa all'interesse generale, il
miglioramento della qualità dei servizi resi al cittadino e di favorire e
rendere più agevole il rapporto con il sistema delle autonomie;
b)
la tempestiva informazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali e ai
Ministeri interessati degli statuti
regionali e delle leggi regionali, per le finalità di cui agli articoli 123 e 127 della Costituzione, e degli atti
amministrativi regionali, agli effetti dell'articolo 134 della Costituzione,
nonché il tempestivo invio dei medesimi atti all'ufficio dell'Avvocatura dello
Stato avente sede nel capoluogo;
c) la promozione dell'attuazione delle intese e
del coordinamento tra Stato e Regione previsti da leggi statali nelle materie
indicate dall'articolo 118, terzo comma, della Costituzione, nonché delle
misure di coordinamento tra Stato e autonomie locali, di cui all'articolo 9,
comma 5, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
d)
l'esecuzione di provvedimenti del Consiglio dei Ministri costituenti esercizio
del potere sostitutivo di cui all'articolo 120, secondo comma, della
Costituzione, avvalendosi degli Uffici
territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sede nel
territorio regionale;
e) la verifica dell'interscambio di dati e informazioni rilevanti
sull'attività statale, regionale e degli enti locali, di cui all'articolo 6 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, riferendone anche al Ministro per
l'innovazione e le tecnologie;
f) l'indizione delle elezioni regionali e la
determinazione dei seggi consiliari e l'assegnazione di essi alle singole
circoscrizioni, nonché l'adozione dei provvedimenti connessi o conseguenti,
fino alla data di entrata in vigore di diversa previsione contenuta negli
statuti e nelle leggi regionali;
g) la raccolta delle notizie utili allo
svolgimento delle funzioni degli organi statali, costituendo il tramite per la
reciproca informazione nei rapporti con le autorità regionali; la fornitura di dati e di elementi per la
redazione della Relazione annuale sullo
stato della Pubblica Amministrazione; la raccolta e lo scambio dei dati
di rilevanza statistica, da effettuarsi secondo gli standard e le metodologie
definiti dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e avvalendosi anche dei
suoi uffici regionali, d'intesa con lo stesso.
3.
Nell'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo il Prefetto
titolare dell'Ufficio territoriale del Governo del capoluogo di regione si
avvale a tale fine delle strutture e del personale dell'Ufficio territoriale
del Governo.
4.
Il provvedimento di preposizione alla Prefettura - Ufficio territoriale
del Governo del capoluogo di Regione, è adottato con decreto del Presidente
della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro per gli affari regionali.
5.
L'articolo 4, comma 3, del decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 303, è
sostituito dal seguente:
" 3. Per l'esercizio dei compiti
di cui al presente articolo, il Presidente del Consiglio dei Ministri, o il
Ministro per gli affari regionali, se nominato, si avvale di un apposito
Dipartimento per gli affari regionali e delle annesse, in posizione di
autonomia, segreterie della Conferenza permanente per il rapporti tra lo Stato,
le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza
Stato-Città e autonomie locali; si avvale altresì, sul territorio, dei
Rappresentanti dello Stato nelle Regioni, che dipendono funzionalmente dal
Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro per gli affari regionali,
se nominato".
6. Sono
abrogati: gli articoli 11, limitatamente alle disposizione relative al
controllo sulle leggi regionali, 40, 43 e 44 della legge 10 febbraio 1953, n.
62; l'articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1977, n. 616; l'articolo 13
della legge 23 agosto 1988, n. 400, tranne il comma 3; l'articolo 3 del decreto
legislativo 13 febbraio 1993, n. 40; l'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300, e ogni altra
disposizione incompatibile con il presente articolo.
7. Nelle norme dell'ordinamento giuridico,
compatibili con le disposizioni della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3, il riferimento al Commissario del Governo è da intendersi al Prefetto titolare
dell'Ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione quale
Rappresentante dello Stato.
ART. 9
(Attuazione dell'articolo 10 della legge
costituzionale n. 3 del 2001).
1. In
attesa delle modifiche statutarie, le Commissioni paritetiche previste dagli
Statuti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e
di Bolzano, in relazione alle ulteriori
materie spettanti alla competenza legislativa di tali Regioni e Province autonome,
in forza dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3,
propongono l'adozione delle norme di attuazione che definiscono i beni e le
risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative da trasferire,
occorrenti all'esercizio delle ulteriori funzioni amministrative.
ART.
10
(Entrata
in vigore)
1.
La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della
sua pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana