D.Lgs. 8-4-2003 n. 66
Attuazione
della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE concernenti taluni
aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro.
Pubblicato
nella Gazz. Uff. 14 aprile 2003, n. 87, S.O.
Epigrafe
Premessa
1.
Finalità e definizioni.
2.
Campo di applicazione.
3.
Orario normale di lavoro.
4.
Durata massima dell'orario di lavoro.
5.
Lavoro straordinario.
6.
Criteri di computo.
7.
Riposo giornaliero.
8.
Pause.
9.
Riposi settimanali.
10.
Ferie annuali.
11.
Limitazioni al lavoro notturno.
12.
Modalità di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di comunicazione.
13.
Durata del lavoro notturno.
14.
Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno.
15.
Trasferimento al lavoro diurno.
16.
Deroghe alla disciplina della durata settimanale dell'orario.
17.
Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro
notturno, durata massima settimanale.
18.
Lavoratori a bordo di navi da pesca marittima.
19.
Disposizioni transitorie e abrogazioni.
IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti
gli articoli 76 e 87, quinto comma, della Costituzione;
Vista
la legge 1° marzo 2002, n. 39, ed in particolare gli articoli 1, commi 1 e 3, e
22;
Vista
la direttiva 93/104/CE del 23 novembre 1993, del Consiglio, in materia di
orario di lavoro, come modificata dalla direttiva 2000/34/CE, del 22 giugno
2000 del Parlamento europeo e del Consiglio;
Vista
la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 17 gennaio 2003;
Acquisiti
i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica;
Vista
la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 4
aprile 2003;
Sulla
proposta del Ministro per le politiche comunitarie, del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle
finanze e per le pari opportunità;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Capo
I - Disposizioni generali
1.
Finalità e definizioni.
1.
Le disposizioni contenute nel presente decreto, nel dare attuazione organica
alla direttiva 93/104/CE del 23 novembre 1993, del Consiglio, così come
modificata dalla direttiva 2000/34/CE del 22 giugno 2000, del Parlamento
europeo e del Consiglio, sono dirette a regolamentare in modo uniforme su tutto
il territorio nazionale, e nel pieno rispetto del ruolo della autonomia
negoziale collettiva, i profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi
alla organizzazione dell'orario di lavoro.
2.
Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intende per:
a)
"orario di lavoro": qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al
lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività
o delle sue funzioni;
b)
"periodo di riposo": qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di
lavoro;
c)
"lavoro straordinario": è il lavoro prestato oltre l'orario normale
di lavoro così come definito all'articolo 3;
d)
"periodo notturno": periodo di almeno sette ore consecutive
comprendenti l'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino;
e)
"lavoratore notturno":
1)
qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del
suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
2)
qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno almeno una parte
del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di
lavoro. In difetto di disciplina collettiva è considerato lavoratore notturno
qualsiasi lavoratore che svolga lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni
lavorativi all'anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di
lavoro a tempo parziale;
f)
"lavoro a turni": qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche
a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli
stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo
rotativo, che può essere di tipo continuo o discontinuo, e il quale comporti la
necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo
determinato di giorni o di settimane;
g)
"lavoratore a turni": qualsiasi lavoratore il cui orario di lavoro
sia inserito nel quadro del lavoro a turni;
h)
"lavoratore mobile": qualsiasi lavoratore impiegato quale membro del
personale viaggiante o di volo presso una impresa che effettua servizi di
trasporto passeggeri o merci su strada, per via aerea o per via navigabile, o a
impianto fisso non ferroviario;
i)
"lavoro offshore": l'attività svolta prevalentemente su una
installazione offshore (compresi gli impianti di perforazione) o a partire da
essa, direttamente o indirettamente legata alla esplorazione, alla estrazione o
allo sfruttamento di risorse minerali, compresi gli idrocarburi, nonché le
attività di immersione collegate a tali attività, effettuate sia a partire da
una installazione offshore che da una nave;
l)
"riposo adeguato": il fatto che i lavoratori dispongano di periodi di
riposo regolari, la cui durata è espressa in unità di tempo, e sufficientemente
lunghi e continui per evitare che essi, a causa della stanchezza della fatica o
di altri fattori che perturbano la organizzazione del lavoro, causino lesioni a
se stessi, ad altri lavoratori o a terzi o danneggino la loro salute, a breve o
a lungo termine;
m)
"contratti collettivi di lavoro": contratti collettivi stipulati da
organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative.
2.
Campo di applicazione.
1.
Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori
di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente
di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione
civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto
attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE.
2.
Nei riguardi delle forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile,
ivi compresi quelli dei Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché
nell'àmbito delle strutture giudiziarie, penitenziarie e di quelle destinate
per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di
ordine e sicurezza pubblica, delle biblioteche, dei musei e delle aree
archeologiche dello Stato le disposizioni contenute nel presente decreto non
trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio
espletato o di ragioni connesse ai servizi di ordine e sicurezza pubblica, di
difesa e protezione civile, nonché degli altri servizi espletati dal Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, così come individuate con decreto del Ministro
competente, di concerto con i Ministri dei lavoro e delle politiche sociali,
della salute, dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica, da
adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto.
3.
Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale della scuola
di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
4.
La disciplina contenuta nel presente decreto si applica anche agli apprendisti
maggiorenni.
Capo
II - Princìpi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro
3.
Orario normale di lavoro.
1.
L'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.
2.
I contratti collettivi di lavoro possono stabilire, ai fini contrattuali, una
durata minore e riferire l'orario normale alla durata media delle prestazioni
lavorative in un periodo non superiore all'anno.
4.
Durata massima dell'orario di lavoro.
1.
I contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale
dell'orario di lavoro.
2.
La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni
periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro
straordinario.
3.
Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di
lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a
quattro mesi.
4.
I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui
al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni
obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli
stessi contratti collettivi.
5.
In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso
prestazioni di lavoro straordinario, per le unità produttive che occupano più
di dieci dipendenti il datore di lavoro è tenuto a informare, alla scadenza del
periodo di riferimento di cui ai precedenti commi 3 e 4, la Direzione
provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per
territorio. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire le modalità per
adempiere al predetto obbligo di comunicazione.
5.
Lavoro straordinario.
1.
Il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto.
2.
Fermi restando i limiti di cui all'articolo 4, i contratti collettivi di lavoro
regolamentano le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro
straordinario.
3.
In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro
straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore
per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali.
4.
Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi il ricorso a prestazioni di
lavoro straordinario è inoltre ammesso in relazione a:
a)
casi di eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di
fronteggiarle attraverso l'assunzione di altri lavoratori;
b)
casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di
lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a
un danno alle persone o alla produzione;
c)
eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività
produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per
le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi
dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito
dall'articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in tempo
utile alle rappresentanze sindacali aziendali.
5.
Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le
maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I
contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in
aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi
compensativi.
6.
Criteri di computo.
1.
I periodi di ferie annue e i periodi di assenza per malattia non sono presi
considerazione ai fini del computo della media di cui all'articolo 4.
2.
Nel caso di lavoro straordinario, se il riposo compensativo di cui ha
beneficiato il lavoratore è previsto in alternativa o in aggiunta alla
maggiorazione retributiva di cui al comma 5 dell'articolo 5, le ore di lavoro
straordinario prestate non si computano ai fini della media di cui all'articolo
4.
Capo
III - Pause, riposi e ferie
7.
Riposo giornaliero.
1.
Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha
diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo
giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività
caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata.
8.
Pause.
1.
Qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il
lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la
cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del
recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto
anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.
2.
Nelle ipotesi di cui al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che
preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve
essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di
ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la
cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo
lavorativo.
3.
Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o
computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di
cui all'articolo 5 regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955, e successivi atti
applicativi, e dell'articolo 4 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1956, e
successive integrazioni.
9.
Riposi settimanali.
1.
Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno
ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da
cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7.
2.
Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
a)
le attività di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi squadra e non
possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e l'inizio di quello della
squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o settimanale;
b)
le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata;
c)
per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le attività
discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le attività connesse con
gli orari del trasporto ferroviario che assicurano la continuità e la
regolarità del traffico ferroviario;
d)
i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel rispetto delle
condizioni previste dall'articolo 17, comma 4.
3.
Il riposo di ventiquattro ore consecutive può essere fissato in un giorno
diverso dalla domenica e può essere attuato mediante turni per il personale
interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare ovvero
addetto alle attività aventi le seguenti caratteristiche:
a)
operazioni industriali per le quali si abbia l'uso di forni a combustione o a
energia elettrica per l'esercizio di processi caratterizzati dalla continuità
della combustione ed operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto
assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;
b)
attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo
svolgimento continuativo per ragioni tecniche;
c)
industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla
materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della
loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile
deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi
all'anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si
compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di
lavorazione superiore a 3 mesi;
d)
i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ed esigenze
tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di
pubblica utilità;
e)
attività che richiedano l'impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di
capitali o ad alta tecnologia;
f)
attività di cui all'articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370;
g)
attività indicate agli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 114, e di cui all'articolo 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.
4.
Sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del
riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonché le deroghe previste
dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5.
Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i
pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato sentite
le organizzazioni sindacali nazionali di categoria comparativamente più
rappresentative, nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro,
saranno individuate le attività aventi le caratteristiche di cui al comma 3,
che non siano già ricomprese nel decreto ministeriale 22 giugno 1935, e
successive modifiche e integrazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161
del 12 luglio 1935, nonché quelle di cui al comma 2, lettera d), salve le
eccezioni di cui alle lettere a), b) e c). Con le stesse modalità il Ministro
del lavoro e delle politiche sociali ovvero per i pubblici dipendenti il Ministro
per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, provvede all'aggiornamento e alla integrazione delle
predette attività. Nel caso di cui al comma 2, lettera d), e salve le eccezioni
di cui alle lettere a), b), e c) l'integrazione avrà senz'altro luogo decorsi
trenta giorni dal deposito dell'accordo presso il Ministero stesso.
10.
Ferie annuali.
1.
Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del Codice civile, il
prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non
inferiore a quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono
stabilire condizioni di miglior favore.
2.
Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla
relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del
rapporto di lavoro.
3.
Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell'articolo 3, comma 2, i
contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione.
Capo
IV - Lavoro notturno
11.
Limitazioni al lavoro notturno.
1.
L'inidoneità al lavoro notturno può essere accertata attraverso le competenti
strutture sanitarie pubbliche.
2.
I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono
essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno. È in ogni caso
vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento
dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. Non
sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:
a)
la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in
alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;
b)
la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un
figlio convivente di età inferiore a dodici anni;
c)
la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile
ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.
12.
Modalità di organizzazione del lavoro notturno e obblighi di comunicazione.
1.
L'introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta, secondo i criteri e
con le modalità previsti dai contratti collettivi, dalla consultazione delle
rappresentanze sindacali in azienda, se costituite, aderenti alle
organizzazioni firmatarie del contratto collettivo applicato dall'impresa. In
mancanza, tale consultazione va effettuata con le organizzazioni territoriali
dei lavoratori come sopra definite per il tramite dell'Associazione cui
l'azienda aderisca o conferisca mandato. La consultazione va effettuata e
conclusa entro un periodo di sette giorni.
2.
Il datore di lavoro, anche per il tramite dell'Associazione cui aderisca o
conferisca mandato, informa per iscritto i servizi ispettivi della Direzione
provinciale del lavoro competente per territorio, con periodicità annuale,
della esecuzione di lavoro notturno svolto in modo continuativo o compreso in
regolari turni periodici, salvo che esso sia disposto dal contratto collettivo.
Tale informativa va estesa alle organizzazioni sindacali di cui al comma 1.
13.
Durata del lavoro notturno.
1.
L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in
media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti
collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale
calcolare come media il suddetto limite.
2.
È affidata alla contrattazione collettiva l'eventuale definizione delle
riduzioni dell'orario di lavoro o dei trattamenti economici indennitari nei
confronti dei lavoratori notturni. Sono fatte salve le disposizioni della
contrattazione collettiva in materia di trattamenti economici e riduzioni di
orario per i lavoratori notturni anche se non concesse a titolo specifico.
3.
Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
con decreto del Ministro dei lavoro e delle politiche sociali ovvero, per i
pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di
concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa
consultazione delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria
comparativamente più rappresentative e delle organizzazioni nazionali dei
datori di lavoro, viene stabilito un elenco delle lavorazioni che comportano
rischi particolari o rilevanti tensioni fisiche o mentali, il cui limite è di
otto ore nel corso di ogni periodo di ventiquattro ore.
4.
Il periodo minimo di riposo settimanale non viene preso in considerazione per
il computo della media quando coincida con il periodo di riferimento stabilito
dai contratti collettivi di cui al comma 1.
5.
Con riferimento al settore della panificazione non industriale la media di cui
al comma 1 del presente articolo va riferita alla settimana lavorativa.
14.
Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno.
1.
La valutazione dello stato di salute dei lavoratori addetti al lavoro notturno
deve avvenire attraverso controlli preventivi e periodici adeguati al rischio
cui il lavoratore è esposto, secondo le disposizioni previste dalla legge e dai
contratti collettivi.
2.
Durante il lavoro notturno il datore di lavoro garantisce, previa informativa
alle rappresentanze sindacali di cui all'articolo 12, un livello di servizi o
di mezzi di prevenzione o di protezione adeguato ed equivalente a quello
previsto per il turno diurno.
3.
Il datore di lavoro, previa consultazione con le rappresentanze sindacali di
cui all'articolo 12, dispone, ai sensi degli articoli 40 e seguenti del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, per i lavoratori notturni che effettuano
le lavorazioni che comportano rischi particolari di cui all'elenco definito
dall'articolo 13, comma 3, appropriate misure di protezione personale e
collettiva.
4.
I contratti collettivi di lavoro possono prevedere modalità e specifiche misure
di prevenzione relativamente alle prestazioni di lavoro notturno di particolari
categorie di lavoratori, quali quelle individuate con riferimento alla legge 5
giugno 1990, n. 135, e alla legge 26 giugno 1990, n. 162.
15.
Trasferimento al lavoro diurno.
1.
Qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l'inidoneità alla
prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle
strutture sanitarie pubbliche, il lavoratore verrà assegnato al lavoro diurno,
in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili.
2.
La contrattazione collettiva definisce le modalità di applicazione delle
disposizioni di cui al comma precedente e individua le soluzioni nel caso in
cui l'assegnazione prevista dai comma citato non risulti applicabile.
Capo
V - Disposizioni finali e deroghe
16.
Deroghe alla disciplina della durata settimanale dell'orario.
1.
Fatte salve le condizioni di miglior favore stabilite dai contratti collettivi,
sono escluse dall'àmbito di applicazione della disciplina della durata
settimanale dell'orario di cui all'articolo 3:
a)
le fattispecie previste dall'articolo 4 del regio decreto-legge 15 marzo 1923,
n. 692, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e successive modifiche;
b)
le fattispecie di cui al regio decreto 10 settembre 1923, n. 1957, e successive
modifiche, alle condizioni ivi previste, e le fattispecie di cui agli articoli
8 e 10 del regio decreto 10 settembre 1923, n. 1955;
c)
le industrie di ricerca e coltivazione di idrocarburi, sia in mare che in
terra, di posa di condotte ed installazione in mare;
d)
le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o
custodia elencate nella tabella approvata con regio decreto 6 dicembre 1923, n.
2657, e successive modificazioni ed integrazioni, alle condizioni ivi previste;
e)
i commessi viaggiatori o piazzisti;
f)
il personale viaggiante dei servizi pubblici di trasporto per via terrestre;
g)
gli operai agricoli a tempo determinato;
h)
i giornalisti professionisti, praticanti e pubblicisti dipendenti da aziende
editrici di giornali, periodici e agenzie di stampa, nonché quelli dipendenti
da aziende pubbliche e private esercenti servizi radiotelevisivi;
i)
il personale poligrafico, operai ed impiegati, addetto alle attività di
composizione, stampa e spedizione di quotidiani e settimanali, di documenti
necessari al funzionamento degli organi legislativi e amministrativi nazionali
e locali, nonché alle attività produttive delle agenzie di stampa;
l)
il personale addetto ai servizi di informazione radiotelevisiva gestiti da
aziende pubbliche e private;
m)
i lavori di cui all'articolo 1 della legge 20 aprile 1978, n. 154, e
all'articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559;
n)
le prestazioni rese da personale addetto alle aree operative, per assicurare la
continuità del servizio, nei settori appresso indicati:
1
personale dipendente da imprese concessionarie di servizi nei settori delle
poste, delle autostrade, dei servizi portuali ed aeroportuali, nonché personale
dipendente da imprese che gestiscono servizi pubblici di trasporto e da imprese
esercenti servizi di telecomunicazione;
2
personale dipendente da aziende pubbliche e private di produzione,
trasformazione, distribuzione, trattamento ed erogazione di energia elettrica,
gas, calore ed acqua;
3
personale dipendente da quelle di raccolta, trattamento, smaltimento e
trasporto di rifiuti solidi urbani;
4
personale addetto ai servizi funebri e cimiteriali limitatamente ai casi in cui
il servizio stesso sia richiesto dall'autorità giudiziaria, sanitaria o di
pubblica sicurezza;
o)
personale dipendente da gestori di impianti di distribuzione di carburante non
autostradali;
p)
personale non impiegatizio dipendente da stabilimenti balneari, marini,
fluviali, lacuali e piscinali.
2.
Le attività e le prestazioni indicate alle lettere da a) ad n) del comma 1
verranno aggiornate ed armonizzate con i princìpi contenuti nel presente
decreto legislativo mediante decreto del Ministero del lavoro e delle politiche
sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, mediante decreto del Ministro per la
funzione pubblica, di concerto con il Ministro de, lavoro e delle politiche
sociali, da adottare sentite le organizzazioni sindacali nazionali maggiormente
rappresentative, nonché le organizzazioni nazionali dei datori di lavoro.
17.
Deroghe alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro
notturno, durata massima settimanale.
1.
Le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 12 e 13 possono essere derogate
mediante contratti collettivi o accordi conclusi a livello nazionale tra le organizzazioni
sindacali nazionali comparativamente più rappresentative e le associazioni
nazionali dei datori di lavoro firmatarie di contratti collettivi nazionali di
lavoro o, conformemente alle regole fissate nelle medesime intese, mediante
contratti collettivi o accordi conclusi al secondo livello di contrattazione.
2.
In mancanza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, il Ministro per la funzione
pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, su
richiesta delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria
comparativamente più rappresentative o delle associazioni nazionali di
categoria dei datori di lavoro firmatarie dei contratti collettivi nazionali di
lavoro, adotta un decreto, sentite le stesse parti, per stabilire deroghe agli
articoli 4, terzo comma, nel limite di sei mesi, 7, 8, 12 e 13 con riferimento:
a)
alle attività caratterizzate dalla distanza fra il luogo di lavoro e il luogo
di residenza del lavoratore, compreso il lavoro offshore, oppure dalla distanza
fra i suoi diversi luoghi di lavoro;
b)
alle attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla
necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare,
quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;
c)
alle attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del
servizio o della produzione, in particolare, quando si tratta:
1)
di servizi relativi all'accettazione, al trattamento o alle cure prestati da
ospedali o stabilimenti analoghi, comprese le attività dei medici in
formazione, da case di riposo e da carceri;
2)
del personale portuale o aeroportuale;
3)
di servizi della stampa, radiofonici, televisivi, di produzione
cinematografica, postali o delle telecomunicazioni, di servizi di ambulanza,
antincendio o di protezione civile;
4)
di servizi di produzione, di conduzione e distribuzione del gas, dell'acqua e
dell'elettricità, di servizi di raccolta dei rifiuti domestici o degli impianti
di incenerimento;
5)
di industrie in cui il lavoro non può essere interrotto per ragioni tecniche;
6)
di attività di ricerca e sviluppo;
7)
dell'agricoltura;
8)
di lavoratori operanti nei servizi regolari di trasporto passeggeri in àmbito
urbano ai sensi dell'articolo 10, comma 1, numero 14), 2° periodo, del decreto
del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
d)
in caso di sovraccarico prevedibile di attività, e in particolare:
1)
nell'agricoltura;
2)
nel turismo;
3)
nei servizi postali;
e)
per personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari:
1)
per le attività discontinue;
2)
per il servizio prestato a bordo dei treni;
3)
per le attività connesse al trasporto ferroviario e che assicurano la
regolarità del traffico ferroviario;
f)
a fatti dovuti a circostanze estranee al datore di lavoro, eccezionali e
imprevedibili o eventi eccezionali, le conseguenze dei quali sarebbero state
comunque inevitabili malgrado la diligenza osservata;
g)
in caso di incidente o di rischio di incidente imminente.
3.
Alle stesse condizioni di cui al comma 2 si può derogare alla disciplina di cui
all'articolo 7:
a)
per l'attività di lavoro a turni tutte le volte in cui il lavoratore cambia squadra
e non può usufruire tra la fine dei servizio di una squadra e l'inizio di
quello della squadra successiva di periodi di riposo giornaliero;
b)
per le attività caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante la
giornata, in particolare del personale addetto alle attività di pulizie.
4.
Le deroghe previste nei commi 1, 2 e 3 possono essere ammesse soltanto a
condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di
riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali
periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi
oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una
protezione appropriata.
5.
Nel rispetto dei princìpi generali della protezione della sicurezza e della
salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 5, 7, 8, 12 e
13 non si applicano ai lavoratori la cui durata dell'orario di lavoro, a causa
delle caratteristiche dell'attività esercitata, non è misurata o predeterminata
o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si
tratta:
a)
di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi
potere di decisione autonomo;
b)
di manodopera familiare;
c)
di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;
d)
di prestazioni rese nell'àmbito di rapporti di lavoro a domicilio e di
telelavoro.
6.
Nel rispetto dei princìpi generali della protezione della sicurezza e della
salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli 7, 8, 9 e 13, non
si applicano al personale mobile. Per il personale mobile dipendente da aziende
autoferrotranviarie, trovano applicazione le relative disposizioni di cui al
regio decreto-legge 19 ottobre 1923, n. 2328, convertito dalla legge 17 aprile
1925, n. 473, e alla legge 14 febbraio 1958, n. 138.
18.
Lavoratori a bordo di navi da pesca marittima.
1.
Gli articoli 4, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14 e 15 non si applicano ai lavoratori a
bordo di navi da pesca marittima.
2.
Fatte salve le disposizioni dei contratti collettivi nazionali di categoria, la
durata dell'orario di lavoro a bordo delle navi da pesca è stabilita in 48 ore
di lavoro settimanale medie, calcolate su un periodo di riferimento di un anno,
mentre i limiti dell'orario di lavoro o di quello di riposo a bordo delle navi
da pesca sono così stabiliti:
a)
Il numero massimo delle ore di lavoro a bordo non deve superare:
1)
14 ore in un periodo di 24 ore;
2)
72 ore per un periodo di sette giorni;
ovvero:
b)
Il numero minimo delle ore di riposo non deve essere inferiore a:
1)
10 ore in un periodo di 24 ore;
2)
77 ore per un periodo di sette giorni.
3.
Le ore di riposo non possono essere suddivise in più di due periodi distinti,
di cui uno è almeno di sei ore consecutive e l'intervallo tra i due periodi
consecutivi di riposo non deve superare le 14 ore.
19.
Disposizioni transitorie e abrogazioni.
1.
Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto il Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, unitamente al Ministro per la funzione
pubblica, per quanto coinvolge i pubblici dipendenti, convoca le organizzazioni
dei datori di lavoro e le organizzazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative
al fine di verificare lo stato di attuazione del presente decreto nella
contrattazione collettiva.
2.
Dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo sono abrogate
tutte le disposizioni legislative e regolamentari nella materia disciplinata
dal decreto legislativo medesimo, salve le disposizioni espressamente
richiamate e le disposizioni aventi carattere sanzionatorio.
3.
Per il personale dipendente da aziende autoferrotranviarie, addetto ad attività
caratterizzata dalla necessità di assicurare la continuità del servizio, fermo
restando quanto previsto dagli articoli 9, comma 5, 16 e 17, restano in vigore
le relative disposizioni contenute nel regio decreto-legge 19 ottobre 1923, n.
2328, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e nella legge 14 febbraio
1958, n. 138, in quanto compatibili con le disposizioni del presente decreto
legislativo.