L.R.
3 agosto 1999, n. 24 (1).
Disposizioni
in materia di commercio in attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114.
(1)
Pubblicata nel B.U. Umbria 11 agosto 1999, n. 44, S.O. n. 1.
TITOLO
I
Disposizioni
generali
Art.
1
Oggetto.
1.
La presente legge disciplina il commercio in attuazione dei principi dettati
dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114.
Art.
2
Definizioni.
1.
Ai fini della presente legge si intendono:
a)
per decreto, il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 sulla riforma della disciplina del
commercio;
b)
per esercizi non di vicinato, le medie, le grandi strutture di vendita ed i
centri commerciali superiori alle soglie degli esercizi di vicinato di cui
all'art. 4, comma 2, lettera d) del decreto;
c)
per anni di attività di un esercizio commerciale, il periodo di tempo, espresso
in anni interi, decorso dal momento del rilascio dell'autorizzazione
all'apertura dell'esercizio, indipendentemente da eventuali interruzioni di
attività o mutamenti di titolarità;
d)
per personale dipendente di esercizi accorpati o concentrati, ai fini delle
priorità e degli automatismi di cui all'art. 10, commi 2 e 3, del decreto, non
solo i dipendenti in senso stretto, ma anche i titolari, i coadiutori ed i soci
lavoratori legati all'impresa da rapporto di lavoro, a tempo pieno o part-time,
purché regolarmente costituito in conformità alle vigenti disposizioni in
materia;
e)
per rilocalizzazione di una grande struttura di vendita, la cessazione di una
iniziativa commerciale in un Comune con rinuncia e riconsegna
dell'autorizzazione ed il contestuale rilascio di nuova autorizzazione in altro
Comune della medesima zona ad alta densità commerciale;
f)
per centro storico di un Comune o di una frazione, l'area a tal fine
individuata nello strumento urbanistico generale del Comune o con ulteriore
atto del Consiglio comunale o, in attesa di tale individuazione, l'area
compresa entro le mura storiche, o corrispondente al nucleo storico della città
o frazione laddove dette mura non esistono;
g)
per comuni ad economia prevalentemente turistica, città d'arte e loro parti di
territorio di rilevanza turistica, i comuni o le parti di essi individuati
dalla Giunta regionale, su proposta dei comuni e sulla base dei criteri
previsti all'art. 26 commi 2 e 3;
h)
per superficie di vendita di un esercizio di vicinato, di una media o di una
grande struttura di vendita e di un centro commerciale, la sola superficie
destinata alle attività commerciali al dettaglio disciplinate dal decreto, con
esclusione della superficie destinata a pubblici esercizi, attività artigianali
ed altre attività.
Art.
3
Classificazione
dei comuni.
1.
Ai fini dell'applicazione dei limiti dimensionali di cui all'art. 4, comma 1,
lettere d), e) ed f) del decreto, nonché di ogni altra disposizione contenuta
nella presente legge che faccia riferimento a categorie dimensionali-economiche
dei comuni, gli stessi sono suddivisi nelle seguenti classi:
-
Classe I - Comprendente i comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti;
-
Classe II - Comprendente i comuni con popolazione compresa tra 10.000 e 50.000
abitanti;
-
Classe III - Comprendente i comuni con popolazione compresa tra 3.000 e 10.000
abitanti;
-
Classe IV - Comprendente i comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti.
2.
Ai comuni delle Classi I e II si applicano i limiti dimensionali superiori, tra
quelli previsti per le medie e grandi strutture di vendita, all'art. 4, comma
1, lettere d), e) ed f) del decreto; ai comuni delle Classi III e IV si
applicano i limiti inferiori.
3.
In attuazione di quanto disposto dall'art. 10, comma 4, del decreto, al fine di
promuovere la rivitalizzazione dei centri storici anche mediante l'inserimento
di attività di servizio alla popolazione residente e che fungano da elemento di
richiamo e di propulsione per altre attività commerciali, anche
dei
comuni appartenenti alle classi III e IV, trovano applicazione i limiti
dimensionali superiori delle tipologie di esercizio, tra quelli previsti
dall'art. 4, comma 1, lettere d), e) ed f) del decreto.
4.
Ai fini del presente articolo la popolazione da considerare è quella registrata
dal servizio anagrafico del Comune al 31 dicembre di ogni anno.
Art.
4
Classificazione
delle strutture di vendita.
1.
Le medie e le grandi strutture di vendita, in relazione alla superficie di
vendita utilizzata, si suddividono nelle seguenti tipologie:
M1
- Medie strutture inferiori: esercizi aventi superficie di vendita compresa tra
151 e 600 mq. nei comuni delle classi III e IV e superficie compresa tra 251 e
900 mq. nei comuni delle classi I e II;
M2
- Medie strutture superiori: esercizi aventi superficie compresa tra 601 e 1500
mq. nei comuni delle classi III e IV e superficie compresa tra 901 e 2500 mq.
nei comuni delle classi I e II;
G1
- Grandi strutture inferiori: esercizi aventi superficie compresa tra 1501 e 3500
mq. nei comuni delle classi III e IV e superficie compresa tra 2501 e 5500 mq.
nei comuni delle classi I e II;
G2
- Grandi strutture superiori: esercizi aventi superficie di vendita maggiore di
3500 mq. nei comuni delle classi III e IV o maggiore a 5.500 mq. nei comuni
delle classi I e II fino ad un massimo di 10.000 mq. in entrambi i casi.
2.
Le grandi strutture di vendita di tipo G2 possono essere realizzate
esclusivamente nella forma del centro commerciale nel quale la superficie
occupata dagli esercizi di vicinato e dalle medie strutture di vendita risulti
pari ad almeno il 40 per cento della superficie di vendita totale.
3.
In relazione ai due settori merceologici, alimentare e non alimentare, di cui
all'art. 5, comma 1, del decreto, le medie e le grandi strutture di vendita si
suddividono nelle seguenti categorie:
A
- Esercizi del solo settore alimentare ed esercizi dei settori alimentare e non
alimentare;
E
- Esercizi del solo settore non alimentare.
4.
All'interno degli esercizi non sono modificabili le superfici attribuite ai
singoli settori senza autorizzazione.
5.
L'identificazione di medie e grandi strutture di vendita avviene indicando la
relativa tipologia dimensionale seguita dalla categoria merceologica.
TITOLO
II
Esercizio
dell'attività di vendita al dettaglio sulle aree private in sede fissa
Sezione
I - Programmazione rete distributiva
Art.
5
Indirizzi
generali e obiettivi.
1.
Gli indirizzi generali e gli obiettivi per l'insediamento delle attività
commerciali, oltre a quelli fissati dall'art. 1 del decreto e fermo restando le
finalità generali ivi previste, sono definiti come segue:
a)
promuovere la gradualità e fluidità del passaggio dal sistema normativo ed
economico attuale al nuovo assetto previsto dal decreto, anche attraverso il
recupero delle iniziative presenti, in conformità con le previsioni della
presente legge e dei provvedimenti attuativi;
b)
favorire la realizzazione di una rete distributiva regionale che, integrata con
gli altri comparti del terziario pubblico e privato, assicuri la migliore
produttività del sistema;
c)
stimolare l'integrazione della distribuzione regionale con la produzione umbra,
per la penetrazione dei prodotti sui mercati locali ed extraregionali, anche
mediante il sostegno alla creazione di centrali distributive umbre con forte
capacità di espansione oltre i confini regionali;
d)
rendere compatibile l'impatto degli insediamenti commerciali di maggiori
dimensioni sulle funzioni territoriali e valorizzare la funzione commerciale al
fine di una riqualificazione del tessuto urbano;
e)
operare un più stretto raccordo tra la programmazione economico-commerciale e
la programmazione urbanistica del fenomeno distributivo, specie relativamente
alle iniziative di maggiori dimensioni e rilevanza economica, uniformando a
livello regionale i criteri di individuazione delle aree da destinare agli
insediamenti e le condizioni cui gli stessi sono sottoposti;
f)
favorire il recupero urbano dei quartieri periferici mediante operazioni di
marketing urbano che vedano il terziario di mercato leva protagonista;
g)
concorrere alla valorizzazione del patrimonio storico e culturale regionale e,
in special modo, alla conservazione e rivitalizzazione della funzione tipica
dei centri storici dei comuni, anche sotto il profilo della distribuzione
commerciale;
h)
promuovere ed assecondare i processi di elevazione qualitativa del servizio
distributivo, sia attraverso l'associazionismo economico tra dettaglianti e tra
dettaglianti e grossisti, sia attraverso la specializzazione e la valorizzazione
delle produzioni tipiche umbre;
i)
coordinare l'attività edilizia volta alla valorizzazione dei suoli e al
recupero delle aree industriali dismesse con le esigenze di equilibrato
dimensionamento delle forme distributive;
j)
promuovere l'integrazione delle varie forme di commercio e, in particolare,
dell'attività commerciale in sede fissa su area privata e di quella su area
pubblica;
k)
favorire l'elevazione qualitativa e l'uniformità a livello regionale
dell'attività formativa regionale in materia di commercio di cui all'art. 5 del
decreto;
l)
promuovere una programmazione articolata di tutti i pubblici poteri, ciascuno
per le proprie competenze, per la semplificazione del procedimento
amministrativo e per un sistema decisionale coordinato e condiviso.
2.
La Regione ed i comuni, ciascuno per il proprio ambito di competenza, si
attivano affinché il perseguimento degli obiettivi di cui al comma 1 possa
avvenire in forma coordinata e contestuale.
Art.
6
Ripartizione
del territorio regionale.
1.
Ai fini della presente legge e secondo quanto disposto all'art. 6, comma 3,
lettera b) del decreto, il territorio della Regione dell'Umbria è suddiviso
nelle seguenti otto aree sovracomunali, configurabili come unico bacino di
utenza:
1)
Perugia;
2)
Terni;
3)
Foligno;
4)
Città di Castello;
5)
Spoleto;
6)
Gubbio;
7)
Orvieto;
8)
Castiglione del Lago.
2.
Sono inoltre individuate, ai fini di una più puntuale ed articolata
programmazione, le seguenti zone ad alta densità commerciale:
-
nell'ambito dell'area sovracomunale n. 1 - Perugia, la zona denominata 1/A
Perugia ovest, comprendente il territorio dei comuni di Magione, Corciano,
Perugia e la zona denominata 1/B - Perugia sud-est, comprendente i comuni di
Perugia, Torgiano e Deruta;
-
nell'ambito dell'area sovracomunale n. 2 - Terni, la zona denominata n. 2 -
Ternana, comprendente il territorio dei comuni di Terni e Narni;
-
nell'ambito dell'area sovracomunale n. 3 - Foligno, la zona denominata n. 3 -
Folignate, comprendente il territorio dei comuni di Spello, Trevi e Foligno.
3.
La specificazione dei comuni appartenenti alle singole aree sovracomunali è
contenuta nell'allegato B alle presenti norme delle quali costituisce parte
integrante.
Art.
7
Criteri.
1.
I comuni nella definizione degli indirizzi generali per le attività commerciali
di cui all'art. 5, oltre agli obiettivi ivi indicati ed alla ripartizione del
territorio regionale di cui all'art. 6, devono tenere presenti i seguenti
criteri:
a)
promuovere l'integrazione degli interventi di programmazione e di indirizzo
dell'apparato distributivo nell'ambito di progetti generali di valorizzazione
del territorio o di sue parti ed operare attraverso un progetto di intervento,
concepito unitariamente e quantificato nei tempi di realizzazione;
b)
favorire la nascita di nuove iniziative attraverso processi di riconversione
controllata delle realtà distributive marginali o meno produttive anche
favorendone l'associazionismo;
c)
curare una costante integrazione degli interventi pubblici con le iniziative
private intraprese da operatori, consumatori, loro rappresentanze di categoria
e centri di assistenza tecnica di cui all'art. 23 del decreto;
d)
predisporre un efficiente sistema di monitoraggio delle variabili locali che
interessano la distribuzione commerciale, anche finalizzato al corretto ed
efficiente funzionamento dell'Osservatorio regionale del commercio di cui
all'art. 32.
2.
Entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, i comuni, in
attuazione di quanto previsto all'art. 6, comma 5, del decreto, provvedono ad
adeguare i propri strumenti urbanistici generali e attuativi nonché i
regolamenti di polizia locale:
a)
alle disposizioni di urbanistica commerciale, dettate dalla Regione;
b)
a quanto disposto dalla presente legge.
3.
I comuni, inoltre, nei termini e secondo le modalità specificate negli articoli
seguenti, provvedono a dotarsi di uno o più strumenti specifici di indirizzo
dell'apparato distributivo, a seconda della propria ampiezza territoriale e
demografica, delle problematiche presenti nel settore e delle scelte di
intervento operate.
4.
I comuni, ferma restando la ripartizione del territorio predisposta per
finalità di programmazione urbanistica, ai fini di garantire la migliore
articolazione dell'offerta commerciale sul territorio e la migliore rispondenza
delle tipologie di vendita alle diverse esigenze presenti nelle sue parti,
possono suddividere il proprio territorio in aree o zone commerciali omogenee.
5.
Il Comune, anche qualora non intenda operare la ripartizione del territorio in
zone commerciali omogenee, deve comunque individuare il centro storico.
6.
I comuni, ai fini dell'applicazione dei limiti di cui all'art. 6, comma 2,
lettera b) del decreto procedono all'individuazione delle località di
particolare interesse artistico e naturale.
Art.
8
Programmazione
urbanistica.
1.
I criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale sono
individuati, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 6, comma 2, del
decreto, come segue:
a)
obbligo per i comuni di formulare, negli strumenti urbanistici, norme
specifiche per il commercio e di individuare aree destinate ad insediamenti
commerciali, in conformità agli strumenti di programmazione territoriale e di
pianificazione urbanistica previsti dalla L.R. 10 aprile 1995, n. 28, come
modificata dalla L.R. 21 ottobre 1997, n. 31;
b)
correlazione e contestualità dei procedimenti commerciale ed urbanistico,
attraverso la preventiva acquisizione di autorizzazione per le medie e grandi
strutture di vendita;
c)
conformità urbanistica, ai fini dell'inoltro delle istanze di rilascio delle
autorizzazioni all'apertura, ampliamento e trasferimento di medie e grandi
strutture di vendita, attestata dal Comune;
d)
finalizzazione di eventuali limiti per la tutela artistica, culturale e ambientale
ai sensi dell'art. 6, comma 2, lettera b) del decreto e parametri e standard
minimi di cui alla lettera c), al solo fine di tutela di interessi di natura
urbanistica.
2.
La strumentazione urbanistica per l'insediamento in aree non esclusivamente
commerciali può:
a)
individuare le attività da considerare compatibili, anche disponendo
limitazioni di carattere merceologico;
b)
disporre limitazioni quantitative in relazione alla eventuale presenza in dette
aree di attività commerciali ordinarie.
Sezione
II - Attività di formazione
Art.
9
Principi
e criteri.
1.
L'attività formativa di cui all'art. 5 del decreto è svolta in coerenza con le
normative comunitarie, nazionali e regionali e si ispira ai seguenti principi
generali:
a)
pluralismo dell'offerta formativa, mediante l'affidamento in gestione a più
soggetti qualificati;
b)
contenimento dei costi di accesso alla formazione, con particolare riferimento
alla riqualificazione della piccola impresa ed a categorie disagiate;
c)
distribuzione sul territorio e facilitazione alla partecipazione, mediante la
previsione, per i corsi di cui all'art. 5, comma 5 del decreto, di sedi di
esame in ciascuna provincia di cui all'art. 6, comma 1;
d)
elevata qualità della formazione;
e)
integrabilità dei programmi formativi di base e loro personalizzazione in
relazione a specifiche esigenze e caratteristiche delle aree regionali, con
particolare riguardo alle aree intensamente interessate da fenomeni turistici;
f)
garanzia di uniformità dei livelli minimi di formazione a livello regionale,
mediante procedure uniformi di espletamento di prove finali;
g)
gradualità del progetto di elevazione del livello formativo generale.
2.
Gli strumenti di programmazione previsti dalla L.R. 21 ottobre 1981, n. 69, e
successive modificazioni ed integrazioni contengono le previsioni attuative
concernenti l'attività formativa relativa ai corsi qualificanti per il settore
alimentare ed ai corsi di aggiornamento, previsti dall'art. 5, commi 5 e 9 del
decreto, sulla base dei principi di cui al comma 1, ed in particolare:
a)
i soggetti, con le priorità previste dal decreto all'art. 5 comma 7, che
possono svolgere i corsi, che non comprendono l'espletamento delle prove
finali;
b)
le modalità di svolgimento delle prove finali, con i relativi riferimenti
territoriali;
c)
le materie previste e le ore minime di insegnamento, eventualmente integrabili
dai soggetti gestori dei corsi, curandone il livello qualitativo e la loro
omogeneità nell'ambito regionale;
d)
gli incentivi per la partecipazione ai corsi;
e)
ogni altro aspetto organizzativo o regolamentare di cui all'art. 5, commi 7 e 9
del decreto.
3.
Per quanto attiene la ripartizione delle funzioni amministrative e dei compiti
inerenti alla attività formativa tra Regione, province e comuni, nonché per gli
aspetti generali si fa rinvio alla L.R. 2 marzo 1999, n. 3 ed alla L.R. 25
novembre 1998, n. 41.
Sezione
III - Disciplina dell'attività di vendita
Art.
10
Centri
commerciali.
1.
Ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettera g) del decreto, i centri commerciali
costituiti da più esercizi inseriti in una struttura a destinazione specifica
che usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti
unitariamente sono classificati come un'unica media o grande struttura, a norma
dell'art. 4. La necessità di apposita e distinta autorizzazione per il centro
commerciale non esime dal rispetto di quanto disposto agli artt. 7, 8 e 9 del
decreto, per l'attivazione dei singoli esercizi commerciali in esso inseriti.
2.
Per apertura di un centro commerciale, ai sensi del combinato disposto degli
artt. 4, comma 1, lettera g), 8 e 9 del decreto, si intende non solo
l'attivazione di un complesso commerciale concepito e realizzato sulla base di
apposito progetto, ma anche l'attivazione, in un complesso immobiliare unitario,
di un centro realizzato mediante più operazioni formalmente distinte di
apertura, trasferimento o ampliamento o accorpamento di attività commerciali in
un arco di tempo inferiore a 18 mesi, e pertanto da considerarsi contestuali,
quando vengano superati i limiti dimensionali previsti per le medie e grandi
strutture di vendita.
3.
Nell'ipotesi di cui al comma 2, la domanda di autorizzazione per il centro,
complessivamente considerato, deve essere inoltrata dal promotore o dal legale
rappresentante dell'organismo di gestione del centro o, in mancanza, dal
titolare dell'esercizio che, con il proprio ingresso nel centro, fa superare i
limiti
dimensionali minimi previsti.
Art.
11
Compatibilità
territoriale delle medie e grandi strutture di vendita.
1.
L'apertura di grandi e medie strutture di vendita di cui alla Sezione IV, può
avvenire solo nel territorio di comuni, la cui classe di appartenenza, ai sensi
dell'art. 3, risulti compatibile con la categoria e tipologia dell'esercizio,
secondo quanto indicato nella tabella che segue:
Classe
del ComuneTipologie incompatibiliI. oltre 50.000 abitantiNessunaII. 10.000 -
50.000G2/AIII. 3.000 - 10.000G2 e G1/AIV. meno di 3.0000G2, G1, M2/A
2.
I vincoli di cui al comma 1, non trovano applicazione per i comuni compresi
nelle zone ad alta densità commerciale di cui all'art. 6, comma 2, né qualora
la media o grande struttura di vendita si collochi a non oltre 2 km. in linea
d'aria da una delle seguenti vie di comunicazione di interesse regionale:
-
Autostrada Al e relativi raccordi autostradali Perugia-Bettolle e Terni-Orte;
-
S.S. E45;
- S.S. 75;
- S.S. n. 3 Flaminia.
Sezione
IV - Programmazione regionale delle grandi strutture di vendita
Art.
12
Disponibilità
per il rilascio di nuove autorizzazioni per grandi strutture di vendita.
1.
Il rilascio delle autorizzazioni all'apertura di nuove grandi strutture di
vendita è consentito in conformità a quanto stabilito nella tabella di cui
all'allegato A.
2.
Con cadenza biennale, a decorrere dalla data di entrata in vigore della
presente legge, i parametri numerici in essa contenuti e, in particolare, le
disponibilità per l'apertura di grandi strutture di vendita, previste
all'allegato A, vengono sottoposte a verifica, aggiornamento e adeguamento da
parte del Consiglio regionale. L'eventuale modificazione dei parametri è legata
all'evoluzione degli indicatori della rete distributiva regionale, ai mutamenti
intervenuti nel mercato, nella situazione socio-economica regionale o in altri
fattori influenti sulla distribuzione commerciale. L'aggiornamento è effettuato
con deliberazione del Consiglio regionale rispetto delle procedure previste
dall'art. 6, comma 4, del decreto.
Art.
13
Apertura
di grandi strutture di vendita: presupposti.
1.
Il rilascio di autorizzazioni all'apertura di grandi strutture di vendita è
subordinato alla verifica della sussistenza delle seguenti condizioni:
a)
rispetto delle disposizioni in materia di urbanistica, dettate dalla Regione e
dal Comune;
b)
sussistenza del requisito di compatibilità territoriale dell'insediamento in
relazione alla classe cui appartiene il Comune, di cui all'art. 3;
c)
compatibilità con le previsioni di possibilità di insediamento contenute nella
tabella di cui all'allegato A;
d)
positivo riscontro delle caratteristiche qualitative minime dell'insediamento
previste nel regolamento di cui all'art. 49;
e)
articolazione in forma di centro commerciale delle grandi strutture di vendita
di tipo G2;
f)
sussistenza di ogni altra condizione richiesta dalla presente legge.
2.
Costituiscono ipotesi di apertura di una grande struttura di vendita:
a)
la realizzazione ex novo di una grande struttura;
b)
l'ampliamento di una media struttura di vendita esistente oltre i valori
massimi di superficie previsti per le medie strutture di vendita in relazione
alla classe del Comune in cui la stessa insiste;
c)
l'ampliamento di una grande struttura di vendita di categoria inferiore (G1)
che importi il superamento dei limiti dimensionali minimi previsti per le
grandi strutture di vendita superiori (G2);
d)
l'aggiunta merceologica di un intero settore, di cui all'art. 5, comma 1, del
decreto, precedentemente non autorizzato;
e)
l'accorpamento di due o più esercizi commerciali in un'unica grande struttura
di vendita;
f)
la rilocalizzazione, come definita dall'art. 2, comma 1, lettera e).
Art.
14
Apertura
di grandi strutture di vendita: priorità.
1.
Per domande concorrenti, ai sensi delle presenti disposizioni, si intendono
quelle presentate al Comune competente nel corso del medesimo mese. Sono concorrenti
anche le domande presentate nel medesimo mese in diversi comuni appartenenti
allo stesso bacino di utenza od aree ad alta densità commerciale di cui
all'art. 6, commi l e 2.
2.
Ai sensi dell'art. 10, comma 2, del decreto, tra più domande concorrenti per
l'apertura di nuove grandi strutture di vendita come definite all'art. 13,
comma 2, è data priorità alle domande accompagnate da contestuale rinuncia,
condizionata all'accoglimento della domanda stessa, a due o più, medie o grandi
strutture di vendita, nel rispetto delle seguenti condizioni:
a)
le strutture di vendita accorpate siano ubicate nel medesimo Comune o,
trattandosi di rilocalizzazione nella medesima zona ad alta densità
commerciale;
b)
tra le strutture di vendita rinunciate ve ne sia almeno una della medesima
categoria dimensionale o della categoria dimensionale immediatamente inferiore
a quella che si intende realizzare;
c)
la somma delle superfici di vendita delle strutture rinunciate sia almeno pari
alla superficie richiesta per la nuova struttura, distintamente per i due
settori merceologici alimentare e non alimentare, imputata sulla base
dell'attività prevalente.
3.
In ogni caso la priorità di cui al comma 2 può essere fatta valere solo
qualora:
a)
trattandosi di struttura alimentare, la domanda sia accompagnata da impegno di
reimpiego del personale;
b)
trattandosi di struttura non alimentare, la domanda sia inoltrata da chi abbia
partecipato ai corsi di formazione, o comunque dimostri il possesso del
requisito di adeguata qualificazione.
4.
Tra domande concorrenti con titolo di priorità ai sensi del comma 2, così come
tra domande prive di tale titolo, è data priorità, nell'ordine, in funzione dei
seguenti criteri:
a)
trasferimento nell'ambito della stessa zona commerciale del Comune;
b)
trasferimento nell'ambito del Comune;
c)
rilocalizzazione nella medesima zona ad alta densità commerciale e, tra più
domande di rilocalizzazione, maggiore superficie di vendita complessiva
rilocalizzata;
d)
inserimento della struttura in un centro commerciale, insieme ad altri
operatori di piccolo dettaglio;
e)
quantità di manodopera locale assorbita o riassorbita, in particolare già
impiegata nel commercio;
f)
titolarità di altre grandi strutture di vendita nella Regione;
g)
impegno formalmente assunto all'applicazione dei Contratti collettivi nazionali
di lavoro della categoria.
Art.
15
Ampliamento
di grandi strutture di vendita.
1.
L'ampliamento di superficie di grandi strutture di vendita della tipologia G1 è
soggetto ad autorizzazione del Comune, su conforme parere della Conferenza di
servizi di cui all'art. 9, comma 3, del decreto.
2.
L'autorizzazione, fermo il rispetto delle disposizioni in materia urbanistica,
igienico-sanitaria, di sicurezza e simili, è sempre concessa, ai sensi
dell'art. 10, comma 3 del decreto, qualora concorrano tutte le seguenti
condizioni:
a)
che l'ampliamento avvenga per concentrazione o accorpamento di esercizi
commerciali, già autorizzati ai sensi dell'art. 24 della L. 11 giugno 1971, n.
426 per generi di largo e generale consumo, e conteggiati per il valore di 150
mq. o 250 mq. ciascuno, a seconda della classe di appartenenza del Comune, o
per la superficie effettiva, se maggiore. Gli esercizi accorpati debbono
provenire dal medesimo Comune ovvero, trattandosi di ampliamento di grandi
strutture di tipologia G1 esistenti nelle zone di cui all'art. 6, comma 2,
dalla medesima zona ad alta densità commerciale;
b)
che l'ampliamento delle grandi strutture di vendita della tipologia G1 non
superi i limiti dimensionali massimi della categoria stessa, in relazione al
Comune ove la struttura insiste;
c)
che la domanda sia accompagnata da impegno di reimpiego del personale già
operante negli esercizi commerciali da concentrare o accorpare.
3.
Qualora tutti o parte degli esercizi concentrati o accorpati non siano
autorizzati per generi di largo e generale consumo ovvero la domanda non sia
accompagnata da impegno di reimpiego del personale, l'ampliamento può
ugualmente essere concesso, ma il rilascio della relativa autorizzazione non
costituisce atto dovuto ai sensi dell'art. 10, comma 3 del decreto, bensì
sottoposto a puntuale valutazione.
4.
L'ampliamento delle superfici di vendita delle grandi strutture della tipologia
G1, è in ogni caso sempre concesso per un ammontare massimo del 10 per cento
della superficie, per una sola volta e sempre che l'esercizio ampliato permanga
nei limiti della tipologia G1, qualora la domanda sia accompagnata da accordo
sindacale per assorbimento nella struttura di lavoratori, autonomi o
dipendenti, già operanti in esercizi di vicinato presenti nel raggio di due
chilometri dalla grande struttura di vendita, in misura non inferiore ad una
unità ogni 70 mq. di superficie aggiuntiva.
5.
Non è ammesso ampliamento di grandi strutture della tipologia G2.
Art.
16
Aggiunta
di settore merceologico.
1.
L'aggiunta di un settore merceologico, in una grande struttura di vendita
esistente e senza variazione della superficie complessiva è autorizzabile a
condizione che vengano contestualmente rinunciate ed accorpate una o più medie
strutture di vendita, già autorizzate per il nuovo settore richiesto. La somma
delle superfici delle strutture rinunciate o accorpate non deve essere
inferiore alla superficie che si intende destinare al nuovo settore.
2.
Qualora l'operazione di aggiunta di un settore merceologico mancante avvenga
contestualmente all'ampliamento della superficie dell'altro settore già
autorizzato, per tale ampliamento si applicano le disposizioni dell'articolo
15.
Art.
17
Trasferimento
e rilocalizzazione delle grandi strutture di vendita.
l.
Fuori dei casi di rilocalizzazione di cui al comma 2, il trasferimento di sede
delle grandi strutture di vendita, nell'ambito del territorio comunale, è
autorizzato dal Comune, previa valutazione da parte della Conferenza di servizi
di cui all'art. 9 del decreto degli effetti sul tessuto commerciale e di ogni
altro aspetto di rilievo, a condizione che la nuova ubicazione prescelta sia
conforme alle disposizioni regionali e locali in materia di urbanistica
commerciale.
2.
La rilocalizzazione di una grande struttura di vendita è ammessa alle seguenti
condizioni cumulative:
a)
che essa avvenga tra comuni della medesima zona ad alta densità commerciale, di
cui all'art. 6, comma 2;
b)
che nella tabella di cui all'allegato A vi siano disponibilità per nuove grandi
strutture di vendita.
3.
La rilocalizzazione in ogni caso assorbe una disponibilità per apertura di
grandi strutture di vendita nella zona ad alta densità nella quale avviene.
Art.
18
Procedura
di rilascio delle autorizzazioni per le grandi strutture di vendita.
1.
La domanda di apertura di grandi strutture di vendita, di cui all'art. 9 del
decreto, è inoltrata al Comune competente unitamente agli allegati necessari
alla sua valutazione consistenti nel progetto urbanistico preliminare con
relativa destinazione d'uso dei suoli, nella descrizione analitica delle
caratteristiche commerciali dell'iniziativa ed in una valutazione di impatto
commerciale. La domanda è inviata in copia, senza allegati e per conoscenza,
anche alla Regione.
2.
Il Comune, entro 7 giorni dal ricevimento della domanda, provvede ad integrare
per quanto di sua competenza la documentazione allegata, e, nel contempo,
invita l'interessato a procedere alla eventuale regolarizzazione o integrazione
nel termine di giorni 30 dalla relativa comunicazione. Decorso il detto
termine, senza che l'interessato abbia provveduto a quanto richiesto, la
domanda si intende rinunciata.
Completata
la domanda, il Comune invia l'intera documentazione ricevuta e raccolta agli
uffici regionali.
3.
Nel termine di 30 giorni decorrente dall'invio alla Regione della
documentazione a corredo dell'istanza, il Comune, previa intesa con la
Provincia e con la Regione, la quale terrà conto della eventuale presenza di
domande concorrenti di cui all'art. 14, indice la Conferenza di servizi
prevista all'art. 9 del decreto, fissandone lo svolgimento non oltre il
novantesimo giorno successivo alla data di indizione.
4.
Della data di indizione della Conferenza è data notizia, mediante comunicazione
dell'ordine del giorno, all'istante, a tutti i comuni appartenenti alla
medesima area sovracomunale configurabile come unico bacino di utenza, alle
organizzazioni provinciali di categoria, perché possano esercitare le facoltà
di cui all'art. 9, comma 4, del decreto.
5.
Le domande relativamente alle quali non è comunicato provvedimento di diniego
decorsi 120 giorni dalla data di convocazione della Conferenza di servizi
devono intendersi accolte.
Sezione
V - Compiti dei comuni
Art.
19
Strumenti
di promozione.
1.
Al fine di promuovere l'equilibrato sviluppo delle medie strutture di vendita
sul proprio territorio, nonché la loro integrazione con l'intero apparato
distributivo, i comuni, entro 8 mesi dall'entrata in vigore della presente
legge, si dotano degli strumenti necessari a garantire la promozione della rete
comunale per le medie strutture di vendita, previa analisi ricognitiva
dell'intero apparato distributivo al dettaglio del Comune e valutazione della
situazione di mercato, in conformità agli indirizzi della programmazione
regionale, al fine di:
a)
determinare il numero, la categoria dimensionale e la tipologia merceologica
delle medie strutture di vendita di nuova realizzazione, secondo la
classificazione operata all'art. 6 della presente legge. I comuni delle classi
I e II possono ulteriormente suddividere le medie strutture di vendita di tipo
M2 in due sottocategorie dimensionali;
b)
disciplinare l'apertura, l'ampliamento merceologico o di superficie, il
trasferimento delle medie strutture di vendita ed ogni altro aspetto non
espressamente regolato dal decreto o dalla presente legge, nel rispetto dei
principi di libera concorrenza e mobilità degli operatori sul territorio.
2.
La definizione degli strumenti di cui al comma 1, richiede la previa consultazione
delle Associazioni dei consumatori e degli operatori commerciali più
rappresentative a livello provinciale e delle Organizzazioni sindacali dei
lavoratori, e, per i comuni delle classi I e II, delle rappresentanze comunali
delle predette associazioni, qualora esistenti.
3.
Le determinazioni assunte dai comuni ai sensi del comma 1, sono riviste ad
aggiornate ogni quattro anni, con la stessa procedura.
4.
Va in ogni caso garantita la libera trasferibilità in tutto il territorio
comunale delle medie strutture di vendita di tipo M1 non alimentare, in
attività da almeno tre anni.
5.
In sede di strumento di indirizzo e promozione delle medie strutture di vendita
i comuni possono aumentare i valori di superficie previsti all'art. 20, comma
3, lettera a) e ridurre le percentuali previste al medesimo art. 20, comma 4.
Art.
20
Autorizzazioni
per medie strutture di vendita.
1.
I comuni rilasciano le autorizzazioni all'apertura, all'accorpamento, al
trasferimento o all'ampliamento merceologico o di superficie di medie strutture
di vendita sulla base dei criteri fissati nell'apposito strumento di
promozione, nonché dei criteri di cui al presente articolo, disposti ai sensi
dell'art. 8, comma 1, del decreto.
2.
Ai sensi dell'art. 10, comma 2, del decreto, salvo diversa e motivata
regolamentazione del Comune in sede di strumento di indirizzo e promozione
delle medie strutture di vendita, tra più domande concorrenti tendenti
all'apertura di una media struttura di vendita, hanno priorità quelle che
prevedono la concentrazione di almeno due preesistenti medie strutture di
vendita, in attività da almeno tre anni, sempre che sussistano le medesime
condizioni previste all'art. 14, comma 3, per le grandi strutture di vendita.
3.
Ai sensi dell'art. 10, comma 3 del decreto, l'ampliamento di superficie di una
media struttura di vendita è sempre concesso qualora concorrano tutte le
seguenti condizioni:
a)
l'ampliamento avvenga per concentrazione o accorpamento di esercizi
commerciali, già autorizzati ai sensi dell'art. 24 della L. 11 giugno 1971, n.
426 per generi di largo e generale consumo, conteggiati per il valore di 90 mq.
o 150 mq. ciascuno, a seconda della classe di appartenenza del Comune, o per la
superficie effettiva, se maggiore;
b)
l'ampliamento non superi i limiti dimensionali massimi previsti per il tipo di
media struttura interessata, M1 o M2, in relazione alla classe di appartenenza
del Comune;
c)
la domanda sia accompagnata da impegno di reimpiego del personale già operante
negli esercizi commerciali da concentrare o accorpare.
4.
Ai sensi dell'art. 10, comma 3, del decreto, l'autorizzazione all'apertura di
una media struttura di vendita di tipo M1 è rilasciata, qualora sia frutto di
accorpamento o concentrazione di più esercizi, già autorizzati ai sensi della
L. 11 giugno 1971, n. 426, per generi di largo e generale consumo, esistenti da
almeno un triennio, sempre che la somma delle superfici cessate sia pari ad
almeno il 100 per cento della superficie di vendita della nuova struttura, o ad
almeno il 70 per cento in caso di reimpiego del personale, conteggiate per il
valore di 90 mq. o 150 mq. ciascuno, a seconda della classe di appartenenza del
Comune, o per la superficie effettiva, se maggiore.
5.
L'ampliamento della superficie di vendita delle medie strutture è sempre
concesso nel limite del 10 per cento biennale in più per la tipologia M1 e del
5 per cento biennale in più per la tipologia M2.
L'incremento
è concesso per non più di due bienni e sempre che non venga superato il limite
minimo della categoria G1.
6.
È in facoltà dei comuni prevedere, quale condizione o titolo di priorità per
l'acquisizione di autorizzazioni per medie strutture di vendita, il reimpiego
del personale, autonomo o dipendente, operante in esercizi di vicinato
accorpati o comunque entro un'area di attrazione determinata dal Comune.
7.
La trasformazione di medie strutture di vendita dall'una all'altra delle
tipologie M1, M2 ed eventuali suddivisioni di quest'ultima è di esclusiva
spettanza dei comuni.
8.
È in facoltà dei comuni prevedere apposite disposizioni di favore o di
semplificazione procedurale per l'aggiunta di settore merceologico alle medie
strutture di vendita che siano in attività da almeno tre anni.
Art.
21
Interventi
per la valorizzazione dei centri storici.
1.
Ai fini di preservare, rilanciare e potenziare la funzione tipica del commercio
nel centro storico ed il suo ruolo di polo primario di aggregazione della vita
sociale, i comuni, entro 8 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, si
dotano di uno strumento di intervento per il centro storico, previo
espletamento della procedura di cui all'art. 19, comma 2, integrato con le
specifiche misure di agevolazione tributaria e di sostegno finanziario di cui
all'art. 10, comma 1, lettera b) del decreto.
2.
Lo strumento può essere articolato come:
a)
specifico strumento di gestione del fenomeno distributivo nel centro storico;
b)
sezione specifica, allegata al piano per le medie strutture di vendita;
c)
componente di un intervento pluridisciplinare o progetto integrato o piano
d'area nel quale più problematiche del centro storico vengono contestualmente
affrontate.
3.
Lo strumento di intervento di cui al comma 1, previa ricognizione ed
approfondimento delle problematiche della distribuzione commerciale nel centro
storico e delle interrelazioni esistenti con le altre componenti territoriali,
economiche e sociali, detta specifici criteri di sviluppo, potenziamento e
rivitalizzazione della distribuzione, avendo come obiettivo la crescita,
ricambio e diversificazione delle attività, in raccordo con gli strumenti
urbanistici comunali.
Art.
22
Modalità
degli interventi.
1.
I comuni, per le finalità di cui all'art. 21, possono:
a)
sottoporre le comunicazioni di apertura degli esercizi di vicinato alle
procedure di valutazione di impatto di cui all'articolo 23;
b)
esonerare in tutto o in parte dagli obblighi di concentrazione, accorpamento o
reimpiego del personale per l'apertura di medie strutture di vendita o disporre
altri incentivi, anche fiscali o tariffari, per la nascita della piccola e
media distribuzione, compresa la possibilità di insediamento delle medie
strutture di tipo M2 anche in assenza dello strumento previsto all'art. 19;
c)
disporre la temporanea intrasferibilità delle nuove attività sorte nel centro
storico, per periodi non superiori a 3 anni dal loro insediamento;
d)
differenziare le attività commerciali e la relativa disciplina giuridica con
riferimento a specifiche classificazioni di carattere dimensionale,
merceologico ovvero, previa intesa con le rappresentanze di categoria degli
operatori, qualitativo, sempre che ciò contribuisca ad un ampliamento di
opportunità di insediamento nel centro storico;
e)
disporre il divieto di vendita di determinate merceologie, qualora questa
costituisca un grave ed evidente contrasto con la tutela di valori artistici,
storici o ambientali;
f)
rinnovare o confermare, con o senza modificazioni, esclusivamente per le
finalità di cui alle lettere d) ed e), eventuali disposizioni programmatorie
disposte per il centro storico ai sensi dell'art. 4 del D.L. 9 dicembre 1986,
n. 832, convertito con L. 6 febbraio 1987 n. 15, le cui facoltà di intervento
debbono considerarsi interamente comprese ed ampliate dalle presenti
disposizioni;
g)
subordinare alla previa realizzazione di iniziative commerciali specifiche nel
centro storico, l'utilizzazione di opportunità previste in altre parti del
territorio;
h)
stabilire, per un periodo di tempo non superiore a 2 anni dall'approvazione
dello strumento, contenuti limiti di superficie minima per ristrette categorie
di esercizi la cui eccessiva presenza al centro storico risulti di comprovato
ostacolo alla mobilità e ricambio della rete distributiva;
i)
stabilire priorità o obblighi di contestualità di realizzazione di iniziative;
j)
prevedere particolari agevolazioni per attività commerciali a carattere
fortemente innovativo ed alternativo all'offerta esistente nonché a favore di
iniziative, debitamente documentate, di commercio equo o solidale, gestito da
organismi senza fini di lucro, formalmente riconosciuti;
k)
esonerare in tutto o in parte gli esercizi dall'obbligo di chiusura domenicale
o festiva;
l)
esonerare in tutto o in parte gli esercizi dall'obbligo di chiusura
infrasettimanale;
m)
disciplinare l'apertura notturna degli esercizi in modo più ampio rispetto al
resto del territorio;
n)
stabilire disposizioni in materia di arredo urbano e di razionalizzazione degli
edifici.
2.
Al fine di perseguire una reale integrazione dell'offerta commerciale tra
centro storico e periferia, evitando bruschi mutamenti della disciplina
giuridica e l'insorgere di rendite da posizione, il centro storico può essere
suddiviso in due o più fasce contigue o concentriche nelle quali l'uso degli
strumenti di indirizzo di cui al comma 1 è disposto con criteri di gradualità.
3.
I comuni che alla data di entrata in vigore della presente legge risultino già
dotati di strumenti analoghi a quello previsto dall'art. 21 possono procedere
alla loro integrazione, adeguamento o semplice riconferma nei termini indicati
al comma dello stesso articolo.
4.
Limitatamente alle aree o agli edifici aventi valore storico, archeologico,
artistico ed ambientale non ubicati nel centro storico, i comuni possono
disporre vincoli di carattere dimensionale, merceologico o tipologico agli
insediamenti delle attività commerciali, nei limiti strettamente necessari alle
esigenze di tutela.
5.
Le disposizioni dell'art. 21 e quelle di cui al presente articolo possono
essere estese dai comuni ai centri storici delle principali frazioni e dei
nuclei minori.
Art.
23
Valutazione
d'impatto commerciale.
1.
I comuni, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera c) del decreto, fino alla
data del 24 aprile 2001, salvo proroghe disposte dalla normativa nazionale,
possono sottoporre a valutazione di impatto commerciale le comunicazioni di
apertura degli esercizi di vicinato, sospendendone o inibendone gli effetti,
nel rispetto dei criteri di cui ai commi seguenti .
2.
In conformità a quanto disposto dall'art. 10, comma 1, lettera c) del decreto,
possono essere sottoposte a valutazione di impatto esclusivamente le
comunicazioni concernenti:
-
l'apertura di esercizi commerciali di vicinato nei centri storici e solo a
decorrere dalla data di approvazione dello specifico strumento di
incentivazione di cui all'art. 21 ed in conformità a quanto nello stesso
previsto;
-
l'apertura di esercizi commerciali nelle aree sovracomunali configurabili come
unico bacino di utenza, limitatamente alle zone ad alta densità commerciale di
cui all'art. 6, comma 2.
3.
Ai fini della valutazione di impatto, di cui al presente articolo, è equiparato
all'apertura di nuovo esercizio il trasferimento da altra zona.
4.
In conformità a quanto disposto dall'art. 10 comma 3, lettera c) del decreto,
la valutazione di impatto del nuovo esercizio è effettuata con riferimento
all'apparato distributivo già esistente, al tessuto urbano o a programmi di
qualificazione della rete commerciale, compresi gli strumenti previsti nei
presenti indirizzi, ed è finalizzata a conseguire il passaggio graduale alla
disciplina prevista dal decreto. A tal fine i comuni provvedono a disporre un
graduale allentamento dei vincoli di insediamento delle attività commerciali,
articolato per tappe temporali così da evitare un repentino effetto di
liberalizzazione allo scadere del termine di cui al comma 1.
5.
Per tessuto urbano, ai fini del precedente comma, si intendono le attività
economiche, residenziali ed i servizi di diretto interesse per la rete
distributiva.
6.
Al fine di conseguire la massima trasparenza e semplificazione del procedimento
amministrativo i comuni che intendono attivare la procedura di impatto
provvedono a definirne i presupposti e gli elementi necessari affinché gli
interessati possano procedere in proprio ad effettuare la prevista valutazione
d'impatto ed autocertificarne l'esito, in conformità a quanto disposto all'art.
7, comma 2 lettera d) del decreto, ferma restando la successiva verifica della
correttezza ad opera del Comune nel termine di 30
giorni
ivi previsto.
Art.
24
Progetti
integrati di rivitalizzazione delle realtà minori.
1.
I comuni possono dotarsi di un progetto integrato di rivitalizzazione delle
frazioni o altre aree di interesse del proprio territorio aventi popolazione
inferiore a 3000 abitanti e poste in posizione isolata dal capoluogo comunale,
ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera a) del decreto.
2.
Il progetto di cui al comma 1 prevede gli interventi più idonei a conseguire la
rivitalizzazione del servizio distributivo ed almeno la permanenza di quello di
prima necessità nelle aree di minore interesse commerciale, anche in deroga
agli altri strumenti di indirizzo commerciale di cui il Comune è dotato; può
inoltre prevedere la creazione di centri polifunzionali di servizi, tenuto
conto dei punti di maggiore richiamo o transito autoveicolare. Il progetto è
approvato previo esperimento della procedura partecipativa di cui all'art. 19,
comma 2.
3.
Per centri polifunzionali di servizi, ai sensi delle presenti disposizioni, si
intendono un esercizio commerciale, o più esercizi in unica struttura o
complesso, cui si associano almeno altri quattro servizi, autonomamente
configurati o inseriti nell'esercizio o negli esercizi stessi tra quelli
individuati nel regolamento di cui all'art. 49.
4.
Nei centri polifunzionali di servizi possono essere rilasciate dai comuni
autorizzazioni alla somministrazione di alimenti e bevande o alla vendita di
giornali e riviste, in deroga ad eventuali vincoli di natura commerciale
discendenti dalla normativa comunale o regionale, dando comunque priorità agli
operatori esistenti che intendano trasferire la loro attività. Nei centri
possono essere disposti esoneri dai tributi locali.
5.
È in facoltà dei comuni prevedere l'intrasferibilità di attività dai centri
polifunzionali di servizi, per un periodo non superiore a tre anni dalla loro
apertura. In ogni caso, qualora decorso detto termine, un pubblico esercizio di
somministrazione di alimenti e bevande si trasferisca al di fuori del centro
polifunzionale,
lo stesso non può essere reintegrato con la procedura di cui al comma 4.
6.
Qualora nel Comune già esistano spontanei addensamenti di servizi o attività,
che, tenuto conto dell'afflusso di persone e della collocazione, già
parzialmente assolvano alle funzioni di servizio di cui al presente articolo, i
centri polifunzionali di servizi sono creati mediante il loro potenziamento.
7.
In deroga al disposto del comma 1, i comuni appartenenti alla classe IV possono
istituire centri polifunzionali di servizi anche nel capoluogo comunale.
TITOLO
III
Orari
di vendita
Art.
25
Orari
delle attività commerciali.
1.
I comuni, nell'ambito dei poteri di cui all'art. 36 della L. 8 giugno 1990, n.
142 ed ai sensi degli artt. 11 e seguenti del decreto, disciplinano gli orari
di tutte le attività di vendita al dettaglio, anche in modo differenziato. In
assenza di specifiche disposizioni, a tutte le attività di vendita al dettaglio
si applicano
quelle
previste per gli esercizi commerciali al dettaglio in area privata.
2.
Gli orari delle attività commerciali debbono rispondere alla finalità di
massimo servizio per il consumatore, nel rispetto delle norme e delle relazioni
sindacali in materia di lavoro dipendente e di tutela della qualità della vita
degli operatori, con particolare riferimento alla piccola impresa a conduzione
familiare.
3.
Il centro commerciale, come definito all'art. 4, comma 1, lettera g) del
decreto, effettua un orario unico ed eventuali chiusure uniche per tutte le
attività commerciali artigianali e di servizi in esso presenti, stabilito sulla
base della merceologia prevalente nel centro stesso.
4.
Le rivendite di generi di monopolio che, oltre a questi, vendono esclusivamente
i prodotti previsti nella relativa tabella speciale, seguono i turni e gli
orari di apertura previsti dalla specifica normativa sulle rivendite.
5.
Ai sensi dell'art. 11 comma 2 del decreto, nell'ambito della fascia oraria 7.00
- 22.00 ciascun operatore sceglie il proprio orario di apertura, per un massimo
di 13 ore giornaliere, con o senza interruzioni, il cui rispetto deve
intendersi come divieto di apertura anticipata o di chiusura posticipata. La
scelta è comunicata al Comune e ne viene data conoscenza al consumatore
mediante apposito cartello o altro mezzo equipollente. L'orario scelto può
essere variato con cadenza non inferiore a 30 giorni.
6.
L'orario è inteso come facoltà e non obbligo di apertura, fatta salva
l'applicazione di quanto disposto dall'art. 22, comma 4 lettera b) e comma 5
lettera a) del decreto.
7.
I comuni possono consentire l'apertura notturna per una percentuale di esercizi
non superiore al 5 per cento a livello di intero territorio comunale o, per i
comuni della classi I e II, a livello di zona. Gli operatori interessati
inoltrano istanza in carta semplice al Comune che procede a definire le
turnazioni sulla base di apposita ordinanza che stabilisce altresì, tempi,
criteri, modalità e caratteristiche.
8.
I comuni possono intervenire eccezionalmente per rimuovere gravi disservizi
causati da ferie, anche organizzando servizi alternativi, ovvero promovendo
accordi tra le rappresentanze degli operatori, consumatori e lavoratori
dipendenti per la definizione di scaglionamenti e turnazioni.
Art.
26
Comuni
a prevalente economia turistica e città d'arte.
1.
La libertà di determinazione senza vincoli degli orari di vendita da parte degli
operatori, di cui all'art. 12 del decreto, si applica:
a)
ai comuni a prevalente economia turistica o città d'arte, relativamente alle
zone del territorio aventi tali caratteristiche e nei periodi di maggiore
afflusso turistico;
b)
ai centri storici dei comuni dell'Umbria, qualora detti centri siano
riconosciuti dai comuni, nell'apposito strumento di cui all'art. 21, come zone
a prevalente economia turistica o ricche di patrimonio artistico ed entro i
limiti temporali eventualmente stabiliti dai comuni stessi;
c)
in tutti i centri storici dei comuni dell'Umbria nel periodo pasquale e nei
mesi, non superiori a tre, scelti dai comuni.
2.
Al fine di quanto previsto alla lettera a) del comma 1 le zone del territorio
aventi economia prevalentemente turistica o ricche di patrimonio artistico sono
incluse in apposito elenco predisposto dalla Giunta regionale, in attuazione
dell'art. 12, comma 3, del decreto, su proposta dei comuni interessati, entro
180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge. L'elenco è predisposto
tenuto conto dei seguenti criteri:
a)
rapporto tra popolazione residente, numero di posti letto, numero delle
presenze turistiche, numero di strutture di ristorazione e ricettive e relativo
dato occupazionale e loro valore assoluto;
b)
attrattività presenti nel territorio, in termini di patrimonio naturalistico,
storico-artistico e di fruizione del tempo libero;
c)
presenza di manifestazioni di richiamo.
3.
La traduzione in parametri numerici dei criteri di cui al comma 2 è deliberata
dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare
permanente.
4.
Gli accordi per assicurare all'utenza idonei livelli di servizio e di
informazione nei comuni e nelle zone di cui al comma 3, previsti all'art. 12,
comma 2 del decreto, hanno ad oggetto l'autoregolamentazione degli orari e di
eventuali chiusure, anche per mezzo di turni. Tali accordi sono promossi, in
particolare, nei comuni superiori a 5.000 abitanti.
Art.
27
Chiusura
domenicale, festiva ed infrasettimanale.
1.
Ai sensi dell'art. 11, comma 4, del decreto, gli operatori effettuano la
chiusura totale degli esercizi nei giorni domenicali e festivi, fatta eccezione
per quanto disposto all'art. 26.
2.
Ai fini di conseguire una maggiore uniformità a livello regionale, la mezza
giornata di chiusura infrasettimanale, facoltativamente disposta dai comuni ai
sensi dell'art. 11, comma 4, del decreto deve coincidere con il lunedì mattina,
il giovedì pomeriggio o il sabato pomeriggio.
3.
Onde garantire un approvvigionamento ininterrotto all'utenza nell'arco
dell'intera settimana, è in facoltà dei comuni di:
a)
prevedere che, per lo stesso settore merceologico, la chiusura infrasettimanale
possa essere effettuata in uno o altro dei giorni indicati, anche, qualora se
ne ravvisi l'opportunità, sulla base di apposite turnazioni;
b)
prevedere che, per lo stesso settore merceologico, la chiusura infrasettimanale
avvenga in un giorno in alcune zone e in altro giorno in altre zone.
4.
In ogni caso qualora nell'arco della settimana vi siano altre festività, non
sussiste obbligo di chiusura infrasettimanale.
5.
Le determinazioni di cui al comma 3, sono assunte previo parere obbligatorio e
non vincolante delle associazioni di categoria degli operatori, dei consumatori
e dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative a livello locale o, in
assenza provinciale.
6.
Ferme restando le disposizioni particolari per i centri storici e le altre aree
di interesse turistico o artistico nonché per il mese di dicembre, la facoltà
dei comuni di esonero dalla chiusura domenicale e festiva, di cui all'art. 11,
comma 5, del decreto, non può superare le ulteriori 8 domeniche o festività
annue. Sono esclusi dalla deroga i giorni del 1° gennaio, 6 gennaio, 25 aprile,
1° maggio, domenica di Pasqua, 25 e 26 dicembre. Il divieto di deroga si
estende anche al lunedì di Pasqua, salvo che per i centri storici e le altre
aree di interesse turistico o artistico.
7.
I comuni, su conforme parere delle Associazioni degli imprenditori, dei
lavoratori dipendenti e dei consumatori, possono stabilire che nei giorni
festivi in cui è ammessa l'apertura, questa riguardi un numero limitato di
esercizi sulla base di apposite turnazioni.
Art.
28
Disposizioni
speciali.
1.
Ai fini dell'applicazione dell'art. 13, comma 1, del decreto, per esercizi
specializzati si intendono quelli che trattano uno o più prodotti ivi indicati
su una superficie di vendita pari ad almeno l'80 per cento della superficie di
vendita totale.
2.
Al fine di quanto previsto all'art. 13, comma 2, del decreto in materia di
approvvigionamento di prodotti alimentari in caso di festività consecutive, gli
operatori commerciali del settore alimentare possono aprire gli esercizi nei
giorni festivi successivi al primo, con orario fino alle ore 13.00.
TITOLO
IV
Offerta
di vendita
Art.
29
Vendite
di liquidazione.
1.
L'operatore che intenda effettuare una vendita di liquidazione, così come
definita dall'art. 15, comma 2, del decreto, deve darne comunicazione al
Comune, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno 15 giorni
prima della data in cui deve avere inizio. La comunicazione deve contenere:
a)
in caso di liquidazione per cessazione dell'attività commerciale, dichiarazione
di cessazione all'attività;
b)
in caso di liquidazione per la cessione d'azienda, copia dell'atto pubblico o
scrittura privata registrata;
c)
in caso di liquidazione per trasferimento in altri locali, copia della
comunicazione di trasferimento, se trattasi di esercizi di vicinato, ovvero
dell'autorizzazione negli altri casi, unitamente a prova della disponibilità
dei nuovi locali;
d)
in caso di liquidazione per trasformazione o rinnovo locali, dichiarazione di
esecuzione dei lavori per un importo non inferiore a 100.000 lire, I.V.A.
esclusa, a metro quadrato, fino ad un valore di 10 milioni, da comprovare
successivamente con copia delle fatture, oppure per lavori comportanti una
sospensione dell'attività per almeno 20 giorni;
e)
per tutti i tipi di vendita di liquidazione, l'ubicazione dei locali in cui
deve essere effettuata, che in caso di trasferimento sono quelli di
provenienza, la data di inizio e di fine della vendita, le merci oggetto della
stessa.
2.
Le vendite di liquidazione possono essere effettuate in tutto l'anno per una
durata massima di sei settimane; nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma
1, la durata massima è di 13 settimane.
3.
Durante le vendite di liquidazione è vietato introdurre nei locali ulteriori
merci oggetto di liquidazione.
Art.
30
Vendite
di fine stagione o saldi.
1.
Ai fini dell'art. 15, comma 3, del decreto, per prodotti a carattere stagionale
o di moda, suscettibili di deprezzamento se non venduti entro un certo periodo
di tempo, si intendono:
a)
i generi di vestiario e abbigliamento in genere;
b)
gli accessori dell'abbigliamento e la biancheria intima;
c)
le calzature, pelletterie, gli articoli di valigeria e da viaggio;
d)
gli articoli sportivi;
e)
articoli di elettronica;
f)
le confezioni ed i prodotti tipici natalizi e pasquali, al termine del periodo
natalizio e pasquale.
2.
I comuni possono estendere l'elenco dei prodotti di cui al comma 1, sulla base
di valutazione degli usi locali, sentite le Associazioni di categoria degli
operatori commerciali.
3.
La vendita di fine stagione, quale che sia l'estensione merceologica
dell'autorizzazione, concerne esclusivamente i prodotti di cui al comma 1 ed
eventualmente quelli di cui al comma 2. A tal fine gli esercenti provvedono,
durante il periodo di saldo, a separare nettamente i prodotti oggetto della
vendita straordinaria da quelli che sono venduti al prezzo ordinario.
4.
L'esercente che intende effettuare una vendita di fine stagione o saldo deve
darne comunicazione al Comune, almeno 15 giorni prima, contenente:
a)
l'indicazione dei prodotti oggetto della vendita;
b)
la sede dell'esercizio;
c)
l'indicazione delle modalità di separazione dei prodotti posti in vendita di
fine stagione, da tutti gli altri.
5.
Le vendite di fine stagione o saldi debbono essere presentate al pubblico come
tali.
6.
Il periodo di effettuazione dei saldi viene disciplinato con il regolamento di
cui all'art. 49.
Art.
31
Vendite
promozionali.
1.
Le vendite promozionali di prodotti indicati nell'art. 30, comma 1 lettere a),
b), c) e d) possono essere effettuate esclusivamente nei seguenti periodi:
-
1° ottobre - 30 novembre;
-
1° aprile - 31 maggio.
2.
Le vendite promozionali di altri prodotti possono essere effettuate in
qualsiasi momento dell'anno, con preavviso al Comune di almeno 15 giorni.
3.
Le vendite promozionali hanno durata non superiore a giorni 30 e non possono
susseguirsi l'una all'altra nel medesimo punto di vendita se non decorse almeno
tre settimane; delle stesse è dato previo avviso al Comune.
4.
Le vendite promozionali di prodotti alimentari, di casalinghi ed altri prodotti
per la casa, l'igiene e la pulizia non sono sottoposte ad alcuna formalità, né
ai limiti temporali di cui al comma 2.
TITOLO
V
Osservatorio
regionale del commercio
Art.
32
Finalità.
1.
In attuazione dell'art. 6, comma 1, lettera g), del decreto è istituito
l'Osservatorio regionale del commercio con sede presso l'assessorato regionale
al commercio.
2.
L'Osservatorio regionale, ha la finalità di:
a)
realizzare un Sistema informativo della rete distributiva, avvalendosi dei
comuni e del sistema camerale;
b)
valutare l'andamento delle problematiche della distribuzione commerciale nella
Regione, con particolare riguardo ai processi derivanti dall'entrata in vigore
del decreto;
c)
fornire le basi conoscitive per la programmazione regionale nel settore del
commercio;
d)
valutare il grado di attuazione e l'efficacia degli interventi regionali in
materia di commercio;
e)
fornire a tutti i soggetti interessati i dati e le elaborazioni per una
migliore conoscenza del settore della distribuzione commerciale, nel rispetto
delle disposizioni in materia di riservatezza delle informazioni.
Art.
33
Composizione
e compiti.
1.
L'Osservatorio regionale è composto da:
-
l'Assessore regionale al commercio, che lo presiede;
-
sei membri in rappresentanza dei comuni, designati dall'Anci regionale;
-
due membri, designati dall'U.P.I. regionale;
-
due membri designati dall'Unione regionale delle Camere di commercio;
-
cinque membri designati dalla Confcommercio dell'Umbria;
-
due membri designati dalla Confesercenti;
-
due membri designati dalla Lega delle Cooperative dei dettaglianti e dei
consumatori;
-
un membro designato dall'Unione delle Cooperative;
-
cinque membri designati a rotazione dalle Associazioni dei consumatori iscritte
all'Albo;
-
tre membri designati dai Sindacati dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentativi
a livello regionale.
2.
Le organizzazioni degli enti locali e delle categorie rappresentate curano che
la composizione delle proprie rappresentanze sia articolata e rappresentativa,
sia a livello territoriale, sia in ordine alle proprie componenti interne.
3.
I componenti dell'Osservatorio sono nominati con decreto del Presidente della
Giunta regionale e restano in carica per la durata della legislatura regionale.
4.
L'Osservatorio predispone un programma annuale che è approvato dalla Giunta regionale
e comunicato alla competente commissione del Consiglio regionale. Per
l'organizzazione delle proprie attività l'Osservatorio si avvale dei comuni e
del Sistema camerale ai sensi dell'art. 6 comma 1 lettera g) del decreto e, per
compiti specifici, può anche avvalersi della collaborazione di terzi, sulla
base di apposite convenzioni.
5.
Il Sistema informativo regionale del commercio deve consentire la valutazione
della consistenza e delle caratteristiche strutturali e funzionali della rete
distributiva al dettaglio, la comparazione del fenomeno distributivo tra le
varie parti del territorio e con la rete distributiva nazionale, nonché la
valutazione delle variazioni intervenute nel tempo e dei principali processi in
atto.
6.
Nell'ambito del Sistema informativo si costituisce una banca dati regionale, in
collegamento anche con il S.I.T.E.R. di cui alla L.R. 21 ottobre 1997, n. 31,
nella quale confluiscono i dati e le informazioni dei comuni, del Registro
delle imprese e del Repertorio economico e amministrativo presenti presso le
Camere di commercio. A tal fine l'Osservatorio regionale promuove
l'informatizzazione della gestione dei dati relativi al commercio da parte dei
comuni.
7.
Le modalità di organizzazione e funzionamento dell'Osservatorio regionale, del
Sistema informativo e della Banca dati regionale ed ogni altro aspetto
regolamentare sono definiti dalla Giunta regionale.
TITOLO
VI
Assistenza
tecnica, promozione e sviluppo dell'apparato distributivo
Art.
34
Centri
di assistenza tecnica.
1.
Per l'attuazione dell'art. 23 del decreto il Regolamento di cui all'art. 49
definisce e individua:
a)
le modalità di autorizzazione regionale ai sensi e per gli effetti dell'art 23,
comma 1 del decreto;
b)
le attività dei centri ammessi a finanziamento con il fondo di cui all'art. 16,
comma 1 della L. 7 agosto 1997, n. 266, ed i criteri per la quantificazione dei
finanziamenti;
c)
le Associazioni di categoria maggiormente rappresentative cui è demandata la
costituzione dei centri di assistenza tecnica;
d)
ogni altra disposizione necessaria alla istituzione e funzionamento dei centri
di assistenza tecnica.
Art.
35
Attività
promozionali.
1.
La Regione dell'Umbria assume iniziative di promozione del comparto
commerciale, con particolare riguardo:
a)
allo sviluppo dell'innovazione ed all'introduzione di sistemi di controllo di
qualità;
b)
al commercio elettronico;
c)
alle problematiche connesse al mercato ed alla moneta unica europea;
d)
alla valorizzazione delle produzioni tipiche regionali.
TITOLO
VII
Norme
finali e transitorie
Art.
36
Termine
delle domande concorrenti.
1.
Ai fini delle priorità di cui all'art. 14 in fase di prima applicazione della
presente legge, sono considerate concorrenti le domande presentate entro il
mese successivo a quello dell'entrata in vigore della legge medesima.
Art.
37
Proroga
dei termini dell'attivazione delle grandi strutture di vendita.
1.
La procedura prevista all'art. 18 della presente legge, si applica anche alle
richieste di proroga del termine di 24 mesi, di cui all'art. 22, comma 4, del
decreto, per l'attivazione delle grandi strutture di vendita, comprese quelle
non ancora attivate alla data di entrata in vigore della presente legge ed
oggetto di provvedimenti di proroga.
Art.
38
Riduzione
dei limiti dimensionali minimi delle medie strutture di vendita.
1.
Ai sensi dell'art. 10, comma 4, del decreto i comuni delle classi I e II, al
fine di evitare la desertificazione commerciale delle aree rurali, montane o
comunque di disagio commerciale, possono stabilire che nelle stesse, per un
periodo massimo di due anni a decorrere dall'entrata in vigore della presente
legge, i limiti dimensionali minimi delle medie strutture di vendita vengano
ridotti a 150 mq.
2.
La riduzione di cui al comma 1, in nessun caso può interessare il capoluogo e
le principali frazioni del Comune.
Art.
39
Promozione
delle medie strutture di vendita.
1.
Il rilascio di autorizzazioni all'apertura, trasferimento, ampliamento
merceologico o di superficie, accorpamento di medie strutture di vendita di
tipo M2 è sospeso sino a quando i comuni non abbiano provveduto a quanto
disposto dagli artt. 19 e 21.
2.
Fino alla scadenza del termine di cui all'art. 19, comma 1, non possono essere
rilasciate autorizzazioni per l'apertura di nuove medie strutture di vendita,
salvo il caso in cui le stesse siano frutto della concentrazione o accorpamento
di più esercizi, ai sensi dell'art. 20, comma 3.
3.
Qualora il Comune non ottemperi a quanto disposto dall'art. 19, comma 1 nel
termine ivi previsto, il rilascio delle medie strutture di vendita di tipo M1
non può superare una percentuale, rispetto alla rete esistente, come definita
nel regolamento.
Art.
40
Interventi
di valorizzazione per il centro storico.
1.
Qualora il Comune non ottemperi a quanto disposto dall'art. 21, nel termine ivi
previsto al comma 1, e sino a quando non vi abbia provveduto, nel centro
storico:
a)
nessun vincolo di natura commerciale può essere imposto all'apertura,
ampliamento, trasferimento di esercizi di vicinato e medie strutture di vendita
di tipo M1;
b)
nessuna valutazione di impatto può essere effettuata, ai sensi dell'art. 10,
comma 1, lettera c) del decreto.
2.
I provvedimenti adottati dai comuni nei centri storici ai sensi del D.L. 9
dicembre 1986, n. 832, convertito con L. 6 febbraio 1987, n. 15, conservano
piena validità per tutto il periodo compreso tra l'entrata in vigore della
presente legge e l'emanazione dello strumento di cui all'art. 21.
Art.
41
Modificazioni
alla L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.
1.
Alla L.R. 21 ottobre 1997, n. 31, sono apportate le seguenti modifiche:
a) (2);
b) (3);
c) (4);
d) (5);
e)
all'art. 27, comma 1, le parole «di cui all'articolo 24 della L. 11 giugno
1971, n. 426» sono soppresse;
f)
all'art. 29, comma 1, l'inciso «sottoposti a nulla-osta ai sensi dell'articolo
24, comma 1,» è sostituito con: «costituiti da grandi superfici di vendita,».
Art.
42
Prima
nomina componenti Osservatorio regionale.
1.
Il Presidente della Giunta regionale provvede alla nomina dei componenti
dell'Osservatorio regionale del commercio entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, sulla base delle designazioni di cui
all'art. 33.
Art.
43
Adempimenti
preliminari dei comuni.
1.
Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge i comuni, al
fine di garantire il rispetto dei termini temporali del decreto provvedono:
a)
alla ricognizione dei principali dati e caratteristiche dell'apparato
distributivo al dettaglio, con particolare riguardo alle medie strutture di
vendita ed alla rete distributiva del centro storico;
b)
alla ricognizione dello stato di informatizzazione della gestione dei dati e
delle procedure relative al commercio, da comunicare all'Ufficio regionale del
commercio.
Art.
44
Apertura
di attività estemporanee.
1.
Onde evitare il sorgere di attività estemporanee durante il solo periodo
natalizio con pregiudizio alle politiche di riqualificazione della rete, i
comuni anche in sede di valutazione di impatto commerciale, possono disporre la
sospensione degli effetti delle comunicazioni di apertura degli esercizi per il
periodo compreso tra il 15 novembre ed il 15 gennaio. L'apertura può essere
effettuata dagli interessati solo decorso detto periodo.
2.
La disposizione di cui comma 1 non si applica per la vendita di prodotti
tipicamente e specificamente natalizi indicati dai comuni stessi, quali
addobbi, alberi di Natale e simili.
Art.
45
Orari
di vendita.
1.
Fino a quando la Giunta regionale non avrà provveduto alla formulazione
dell'elenco di cui all'art. 26, comma 2, del presente provvedimento continuano
ad applicarsi le disposizioni comunali emanate in attuazione delle previgenti
norme in materia di orari di vendita e di apertura e chiusura degli esercizi.
Art.
46
Corsi
qualificanti per il settore alimentare.
1.
Fino a quando il Consiglio regionale non avrà disciplinato l'attività formativa
relativa ai corsi qualificanti per il settore alimentare ai sensi dell'art. 5,
comma 7 del decreto, il requisito professionale per l'esercizio dell'attività
di commercio relativa al settore merceologico alimentare, è conseguito mediante
il superamento di un esame sulla base di modalità fissate dalla Giunta
regionale che potrà avvalersi delle Camere di commercio o di enti di formazione
di emanazione di Associazioni di categoria.
Art.
47
Sanzioni.
1.
La sanzione amministrativa prevista dall'art. 22 comma 3 del decreto, si
applica anche nei seguenti casi:
a)
violazione del divieto di cui alla lettera e) del comma 1 dell'art. 22 con
ordine di immediata cessazione della vendita delle merceologie proibite;
b)
violazione dell'art. 25 commi 1, 3, 4, 5;
c)
violazione dell'art. 29 comma 1, anche nel caso di mancata integrazione, nel
termine assegnato, della documentazione richiesta, e comma 3;
d)
violazione dell'art. 30 comma 3, limitatamente alla mancata separazione delle
merci, e commi 4 e 5;
e)
violazione dell'art. 31 commi 1, 2 e 3.
2.
In caso di particolare gravità e recidiva valutata ed accertata ai sensi
dell'art. 22 comma 2 del decreto, può essere disposta la sospensione dell'attività
nella misura in essa prevista.
3.
Salvo quanto disposto dall'art. 22 del decreto, l'attività di vendita oggetto
di comunicazione o autorizzazione è sospesa per un periodo non inferiore a sei
mesi e non superiore ad un anno in caso di:
a)
trasformazione delle strutture di vendita in violazione dei vincoli tipologici
e di articolazione di cui all'art. 4;
b)
apertura di un centro commerciale nelle forme e modi di cui all'art. 10, comma
2 senza l'autorizzazione di cui all'art. 10 comma 3;
c)
mancato rispetto dell'art. 22, comma 1, lettera c) in materia di trasferimento
di nuove attività dal centro storico;
d)
violazione dei vincoli disposti per edifici di carattere storico, archeologico,
artistico ed ambientale ai sensi dell'art. 22, commi 4 e 5;
e)
apertura di esercizi di vicinato per il solo periodo natalizio, ove ne sia
disposta la sospensione ai sensi dell'art. 23, comma 7;
f)
trasferimento dai centri polifunzionali di servizi di cui all'art. 24, comma 5,
ove sia disposta la temporanea intrasferibilità.
4.
Qualora il soggetto nei cui confronti è stata disposta la sospensione non
ottemperi al relativo provvedimento o vi ottemperi soltanto in parte o comunque
non elimini la situazione che ha giustificato l'emanazione del provvedimento,
si procede alla revoca dell'autorizzazione e comunque alla chiusura
dell'esercizio.
5.
I provvedimenti di irrogazione della sanzione amministrativa e di sospensione
temporanea delle attività di revoca e di chiusura dell'esercizio, di cui al
presente articolo, sono adottati dal sindaco del Comune in cui hanno avuto
luogo le violazioni.
Art.
48
Norma
finanziaria.
1.
Il concorso della Regione al funzionamento dell'Osservatorio di cui all'art. 32
della presente legge rientra negli interventi di cui al Titolo II della L.R. 30
agosto 1988, n. 35. A tal fine il cap. 5690 del bilancio regionale è
incrementato per il corrente esercizio finanziario di lire 50.000.000.
2.
Ai sensi del Titolo III della L.R. 30 agosto 1988, n. 35 ed in deroga a quanto
ivi previsto all'art. 6, comma 1, lettere a) e b) sono finanziabili gli
strumenti predisposti dai comuni in attuazione della presente legge. A tal fine
il cap. 9601 del bilancio regionale è incrementato per il corrente esercizio
finanziario di lire 300.000.000.
3.
Per le incentivazioni di cui agli artt. 20 e 21, con particolare riferimento
all'innovazione e rilancio commerciale nei centri storici ed urbani,
conseguentemente alla presente legge, il cap. 5731 del bilancio regionale di
cui alla L.R. 3 aprile 1997, n. 12 «Interventi di agevolazione finanziaria per
l'assistenza tecnica a favore delle piccole e medie imprese del commercio e dei
servizi» è incrementato per il corrente anno finanziario di lire 200.000.000.
4.
Agli oneri derivanti dal presente articolo di lire 550.000.000 per il 1999 la Regione
fa fronte mediante la riduzione di pari importo al cap. 9710 del bilancio di
previsione 1999.
Art.
49
Rinvio
al regolamento.
1.
Oltre a quanto previsto dagli artt. 9, 13, 30 e 34 della presente legge, il
Consiglio regionale, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente
legge, adotta norme regolamentari concernenti gli aspetti operativi e di
disciplina della attività di vendita (6).
Allegato
A
Aree
sovracomunali e zone ad alta densità commercialeGrandi strutture
inferioriGrandi strutture superioriComuni Classi I-II mq. 2.500-5.500Comuni
Classi I-II mq. 5.500-10.000Comuni Classi III-IV mq. 1.500-
3.500Comuni
Classi III-IV mq. 3.500-10.000G1/AG1/EG2/AG2E/EZona ad alta densità 1/A Perugia
Ovest1Zona ad alta densità 1/B
Perugia
Sud-Est1Restante territorio dell'Area 1 - PerugiaZona ad alta densità 2
TernanaRestante territorio dell'Area 2 - TerniZona ad alta densità 3
FolignateRestante
territorio dell'Area 3 - FolignoArea n. 4 - Città di CastelloArea n. 5 -
SpoletoArea n. 6 - GubbioArea n. 7 - OrvietoArea n. 8 - Cast. del LagoTotale2
Legenda.
G1/A
e G2/A: grandi strutture di vendita del settore alimentare o grandi strutture
di vendita dei settori alimentare ed extra alimentare.
G1/E
e G2/E: grandi strutture di vendita del settore extra-alimentare.
Allegato
B
Zone
socio-economiche omogenee
Area
n. 1 - PerugiaAssisiBastiaBettonaCollazzoneCorcianoDerutaFratta TodinaGualdo
CattaneoLisciano NicconeMagioneMarscianoMonte Castello di VibioPassignano sul
TrasimenoPerugiaSan VenanzoTorgianoValfabbricaArea 2 -
TerniAcquaspartaAlvianoAmeliaArroneAttiglianoAvigliano UmbroCalvi
dell'UmbriaFerentilloGioveGuardeaLugnano in TeverinaMassa
MartanaMontecastrilliMontefrancoNarniOtricoliPenna in
TeverinaPolinoSangeminiStronconeTerniTodiArea n. 3 - FolignoBevagnaCannaraFolignoGiano
dell'UmbriaMontefalcoNocera UmbraSellanoSpelloTreviValtopinaArea 4 - Città di
CastelloCiternaCittà di CastelloMone Santa Maria TiberinaMontonePietralungaSan
GiustinoUmbertideArea n. 5 - SpoletoCampello sul ClitunnoCasciaCastel RitaldiCerreto
di SpoletoMonteleone di SpoletoMonteleone di
SpoletoNorciaPoggiodomoPreciSant'Anatolia di NarcoSchegginoSpoletoVallo di
NeraArea n. 6 - GubbioCostacciaroFossato di VicoGualdo TadinoGubbioScheggia e
PascelupoSigilloArea n. 7 - OrvietoAlleronaBaschiCastel GiorgioCastel
ViscardoFabroFiculleMontecchioMontegabbioneMonteleone
d'OrvietoOrvietoParranoPoranoArea n. 8 - Castiglione del LagoCastiglione del
LagoCittà della PievePacianoPanicalePiegaroTuoro sul Trasimeno
(2)
Sostituisce il comma 1 dell'art. 24, L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.
(3)
Sostituisce il comma 2 dell'art. 24, L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.
(4)
Sostituisce il comma 2 dell'art. 26, L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.
(5)
Aggiunge il comma 6 all'art. 26, L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.
(6)
Vedi il Reg. 22 dicembre 1999, n. 39.