D.L.
11 luglio 1992, n. 333 (1).
Misure
urgenti per il risanamento della finanza pubblica.
IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti
gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta
la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il
risanamento della finanza pubblica;
Vista
la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 10
luglio 1992;
Emana:
il seguente decreto-legge:
Capo
I
1.
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e sino al
31 dicembre 1992, è sospesa la concessione di mutui da parte della Cassa
depositi e prestiti e degli altri istituti di credito a favore delle regioni,
delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle province, dei comuni,
delle comunità montane, delle aziende degli enti locali e loro consorzi con
onere totale o parziale a carico del bilancio dello Stato, con esclusione dei
mutui destinati agli interventi nel settore della giustizia, agli interventi
per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna di cui alla L. 5 febbraio
1992, n. 139 (2), agli interventi per l'impiantistica sportiva di cui al D.L. 3
gennaio 1987, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 marzo 1987, n. 65
(3), ai programmi di metanizzazione del Mezzogiorno di cui alla L. 28 novembre
1980, n. 784 (4), agli interventi previsti dalla L. 5 giugno 1990, n. 135 (5), concernenti
la lotta contro l'AIDS, e al finanziamento dei disavanzi di esercizio nei
settori della sanità e del trasporto locale. I mutui già concessi continuano ad
essere regolati dalle disposizioni in base alle quali sono stati assunti (6).
2.
I contributi ordinari spettanti alle amministrazioni provinciali e ai comuni ai
sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 20 maggio 1992, n. 289 (7), sono
ridotti del 5 per cento; la riduzione viene operata per intero all'atto della
corresponsione della quarta rata dei contributi stessi. I predetti enti
provvedono ad assestare il bilancio con apposita deliberazione entro il 30
settembre 1992. La riduzione non viene operata nei confronti degli enti locali
dissestati.
3. (8).
4.
Le misure previste dall'articolo 4, comma 5, della legge 30 dicembre 1991, n.
412 (9), si applicano, per l'anno 1992, anche in assenza di livelli obbligatori
uniformi di assistenza di cui al comma 1 dello stesso articolo.
2.
1. Le amministrazioni, soggette a limitazioni delle assunzioni in base alla
legge 29 dicembre 1988, n. 554 (10), a decorrere dalla data di entrata in
vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 1992, non possono effettuare
nuove assunzioni, con esclusione di quelle consentite da specifiche
disposizioni legislative.
2.
Per l'anno 1992, ulteriori aumenti a titolo di perequazione automatica delle
pensioni previdenziali ed assistenziali, pubbliche e private, possono essere
erogati qualora gli aumenti già applicati non abbiano determinato un incremento
medio annuo superiore al tasso di inflazione programmato. A tal fine il Governo,
entro il mese di settembre dello stesso anno, verificherà, d'intesa con le
organizzazioni sindacali, l'entità degli aumenti.
3.
Per l'anno 1992, le somme relative ai fondi di incentivazione ed ai fondi per
il miglioramento dell'efficienza dei servizi comunque denominati, previsti dai
singoli accordi di comparto, non possono essere attribuite in misura superiore
ai correlativi stanziamenti di bilancio per l'anno finanziario 1991.
4.
A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono
soppressi: il secondo periodo del terzo comma dell'articolo 4, D.L. 27
settembre 1982, n. 681 (11), convertito, con modificazioni, dalla L. 20
novembre 1982, n. 869, il secondo periodo del comma 7 dell'articolo 1, D.L. 16
settembre 1987, n. 379 (12), convertito, con modificazioni, dalla L. 14
novembre 1987, n. 468, nonché il comma 22-bis dell'articolo 2, D.L. 21
settembre 1987, n. 387 (13), convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre
1987, n. 472 (13/a) (13/cost).
5.
L'indennità di funzione di cui all'articolo 13, comma 4, della legge 9 marzo
1989, n. 88 (14), resta determinata, per l'anno 1992, nell'ammontare deliberato
e corrisposto per l'anno 1991. Le delibere del comitato esecutivo di cui al
predetto articolo 13 sono sottoposte, a decorrere dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, all'approvazione del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale di concerto con il Ministero del tesoro.
6.
Per l'anno 1992, l'autorizzazione del Consiglio dei Ministri di cui all'ottavo
comma dell'articolo 6 della legge 29 marzo 1983, n. 93 (10), a seguito delle
ipotesi di accordo, può essere accordata qualora, sulla base di verifiche da
compiersi dopo il 31 dicembre 1992, non risulti un aumento complessivo, per qualunque
causa, né della massa salariale né della retribuzione media, rispetto a quelle
registrate nel 1991, superiore al tasso di inflazione programmato.
7.
Per l'anno 1992, gli enti e le aziende o società produttrici di servizi di
pubblica utilità non possono adottare delibere in materia di retribuzioni e
normazione del personale dipendente che, tenuto conto del vincolo
dell'invarianza delle tariffe e dei prezzi dei servizi prodotti, comportino il
peggioramento dei saldi dei rispettivi bilanci o comunque determinino
variazioni del costo complessivo del rispettivo personale superiori al tasso
programmato di inflazione.
8.
La disposizione di cui al comma 6 è estesa anche nei confronti del personale
disciplinato dalle leggi 1° aprile 1981, n. 121 (15), 8 agosto 1990, n. 231
(16), 11 luglio 1988, n. 266 (16/a), 30 maggio 1988, n. 186 (17), 4 giugno
1985, n. 281 (18), nonché del personale comunque dipendente da enti pubblici
non economici (18/a).
9.
Per il periodo di cui al comma 6 il trattamento economico del personale
dirigente dello Stato e delle categorie di personale ad esso comunque
collegate, nonché il trattamento economico del personale di cui all'articolo 8,
comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (18/b), restano determinati nelle
misure in vigore al 1° gennaio 1992 (18/c).
3.
1. Nel comma 2 dell'articolo 33 della legge 28 febbraio 1986, n. 41 (19), sono
soppresse le parole «aventi durata inferiore all'anno»; il comma 3 della
medesima norma è abrogato; nel comma 4 della medesima norma sono soppressi la
parola «altresì» del primo periodo, nonché il secondo periodo.
2. (20).
3.
Gli stanziamenti iscritti sui seguenti capitoli dello stato di previsione del
Ministero della difesa per l'anno 1992 sono ridotti degli importi
corrispondentemente indicati:
cap. 1802 lire 50 miliardi;
cap. 1832 lire 100 miliardi;
cap. 1872 lire 250 miliardi;
cap. 2102 lire 50 miliardi;
cap. 2502 lire 50 miliardi;
cap. 2503 lire 100 miliardi;
cap. 2802 lire 150 miliardi;
cap. 4005 lire 150 miliardi;
cap. 4031 lire 250 miliardi;
cap. 4051 lire 350 miliardi.
4.
Con decreti del Ministro del tesoro, su proposta del Ministro della difesa,
possono essere operate variazioni compensative per competenza e cassa tra i
capitoli di cui al comma 3 e gli altri capitoli della categoria IV. Acquisto di
beni e servizi dello stato di previsione del Ministero della difesa (18/c).
4.
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la facoltà
di impegnare le spese nei limiti dei fondi iscritti nel bilancio dello Stato e
delle aziende autonome per l'anno 1992 può essere esercitata limitatamente alle
spese relative agli stipendi, assegni, pensioni ed altre spese fisse o aventi natura
obbligatoria, alle competenze accessorie al personale, alle spese di
funzionamento dei servizi istituzionali delle amministrazioni (ed in
particolare a quelle afferenti le iniziative in atto per il potenziamento della
sicurezza pubblica), agli interessi, alle poste correttive e compensative delle
entrate, ai trasferimenti connessi con il funzionamento di enti decentrati,
alle spese derivanti da accordi internazionali, nonché alle annualità relative
ai limiti di impegno decorrenti da esercizi precedenti ed alle rate di
ammortamento di mutui.
2.
A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31
dicembre 1992, è sospesa la facoltà di rilasciare garanzie dello Stato, di
qualunque natura, in relazione agli oneri dipendenti da finanziamenti, anche
sotto forma di prestiti obbligazionari. Resta ferma la concessione di garanzie
dello Stato disposta da previsioni di legge.
3.
Per effettive, motivate e documentate esigenze, il Presidente del Consiglio dei
Ministri, sentito il
Ministro
del tesoro, ovvero per sua delega il Ministro del tesoro, su proposta dei
Ministri interessati, può autorizzare l'assunzione di ulteriori impegni di
spesa nell'ambito delle disponibilità di bilancio, nonché il rilascio di
garanzie dello Stato.
4.
Per l'anno 1992, le quote dei fondi speciali di cui alle tabelle A e B
approvate con l'articolo 2, comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (21),
non utilizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto,
costituiscono economie di bilancio, con esclusione di quelle preordinate in connessione
con accordi internazionali o interessanti l'immigrazione e dell'accantonamento
«Interventi vari in favore della giustizia», iscritto nella predetta tabella A.
5.
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono
abrogate le disposizioni legislative che accordano la garanzia dello Stato per
il rischio di cambio su prestiti in valuta contratti da soggetti pubblici o
privati direttamente oppure tramite istituzioni creditizie nazionali, su
mercati o presso istituzioni finanziarie internazionali e comunitarie. Per i
prestiti contratti in dipendenza delle finalità di cui al testo unico delle
leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218
(22), e successive modificazioni ed integrazioni, l'abrogazione decorre dal 1°
gennaio 1994.
2.
Sono fatte salve le garanzie per le quali sia già stato adottato il relativo
provvedimento di concessione alla data di entrata in vigore del presente
decreto.
5-bis.
1. Fino all'emanazione di un'organica disciplina per tutte le espropriazioni
preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte o per conto dello
Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti pubblici o
di diritto pubblico, anche non territoriali, o comunque preordinate alla realizzazione
di opere o interventi dichiarati di pubblica utilità, l'indennità di
espropriazione per le aree edificabili è determinata a norma dell'articolo 13,
terzo comma, della legge 15 gennaio 1885, n. 2892 (23), sostituendo in ogni
caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato
di cui agli articoli 24 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (24). L'importo così determinato
è ridotto del 40 per cento (24/cost) (23/cost).
2.
In ogni fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato può
convenire la cessione volontaria del bene. In tal caso non si applica la
riduzione di cui al comma 1 (24/a) (23/cost).
3.
Per la valutazione delle edificabilità delle aree, si devono considerare le
possibilità legali ed effettive di edificazione esistenti al momento
dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio (25/cost).
4.
Per le aree agricole e per quelle che, ai sensi del comma 3, non sono
classificabili come edificabili, si applicano le norme di cui al titolo II
della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (25), e successive modificazioni ed
integrazioni (25/cost).
5.
Con regolamento da emanare con decreto del Ministro dei lavori pubblici ai
sensi dell'art. 17, L. 23 agosto 1988, n. 400 (26), sono definiti i criteri e i
requisiti per la individuazione della edificabilità di fatto di cui al comma 3.
6.
Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano in tutti i casi in cui
non sono stati ancora determinati in via definitiva il prezzo, l'entità
dell'indennizzo e/o del risarcimento del danno, alla data di entrata in vigore
della legge di conversione del presente decreto (26/a) (26/cost).
7.
Nella determinazione dell'indennità di espropriazione per i procedimenti in
corso si applicano le disposizioni di cui al presente articolo (27) (27/cost).
7-bis.
In caso di occupazioni illegittime di suoli per causa di pubblica utilità,
intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, si applicano, per la
liquidazione del danno, i criteri di determinazione dell'indennità di cui al
comma 1, con esclusione della riduzione del 40 per cento. In tal caso l'importo
del risarcimento è altresì aumentato del 10 per cento. Le disposizioni di cui
al presente comma si applicano anche ai procedimenti in corso non definiti con
sentenza passata in giudicato (27/a) (28/cost) (29/cost).
6.
1. Le aliquote contributive a carico dei lavoratori dipendenti del settore
privato e pubblico dovute
all'assicurazione
generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei
lavoratori dipendenti ed alle forme di previdenza esclusive e sostitutive della
medesima sono aumentate di 0,6 punti a decorrere dal periodo di paga in corso
alla data di entrata in vigore del presente decreto e di ulteriori 0,2 punti a
decorrere dal periodo di paga relativo al mese di gennaio 1993. I versamenti
riferiti ai periodi di paga compresi fra la data di entrata in vigore del
presente decreto e quella di entrata in vigore della relativa legge di
conversione, eseguiti in misura superiore a quella prevista dal presente comma,
sono computati in diminuzione dei contributi dovuti per i periodi successivi,
fino a compensazione delle somme versate in eccesso (28).
2.
Con la stessa decorrenza di cui al comma 1, sono aumentate di 1 punto le
aliquote contributive
dovute,
ai sensi della legge 2 agosto 1990, n. 233 (29), dai soggetti iscritti alle
gestioni previdenziali degli artigiani, degli esercenti attività commerciali,
dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni e degli imprenditori agricoli a
titolo principale. Le entrate derivanti dalle disposizioni di cui al presente
comma e al comma 1 non sono assunte a riferimento per la quota di cui
all'articolo 18 della legge 9 marzo 1989, n. 88 (30).
3.
Salvo che gli accordi ed i contratti collettivi, anche aziendali, dispongano
diversamente, stabilendo se e in quale misura la mensa è retribuzione in
natura, il valore del servizio di mensa, comunque gestito ed erogato, e
l'importo della prestazione pecuniaria sostitutiva di esso, percepita da chi
non usufruisce del servizio istituito dall'azienda, non fanno parte della
retribuzione a nessun effetto attinente a istituti legali e contrattuali del
rapporto di lavoro subordinato.
4.
Sono fatte salve, a far data dalla loro decorrenza, le disposizioni degli
accordi e dei contratti collettivi, anche aziendali, pur se stipulati
anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, che
prevedono limiti e valori convenzionali del servizio di mensa di cui al comma 3
e dell'importo della prestazione sostitutiva di esso, percepita da chi non
usufruisce del servizio istituito, a qualsiasi effetto attinente a istituti
legali e contrattuali del rapporto di lavoro subordinato (31).
5.
Rimangono in ogni caso ferme le norme relative all'inserimento del valore del
servizio di mensa
nella
base imponibile per il computo dei contributi di previdenza e assistenza
sociale. Restano altresì ferme, per la prestazione pecuniaria sostitutiva del
servizio di mensa, le disposizioni dell'articolo 48 del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (24), e successive
modificazioni.
6.
Alla rubrica dell'articolo 11 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (32), sono
aggiunte le seguenti
parole:
«e controlli sul servizio di mensa».
7.
(33).
Capo
II
7.
1. Per l'anno 1992 è istituita una imposta straordinaria immobiliare sul valore
dei fabbricati, e delle aree fabbricabili individuate negli strumenti
urbanistici vigenti, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso
destinati, ivi compresi quelli alla cui produzione o scambio è diretta
l'attività dell'impresa, posseduti alla data di entrata in vigore del presente
decreto.
2.
Soggetto passivo dell'imposta è il proprietario dell'immobile ovvero il titolare
del diritto di usufrutto, uso o abitazione sullo stesso anche se non residente
nel territorio dello Stato; l'imposta è dovuta proporzionalmente alla quota di
possesso. Non sono soggetti passivi lo Stato, le regioni, le province, i comuni,
le comunità montane, i consorzi tra detti enti e le unità sanitarie locali, le
istituzioni sanitarie pubbliche autonome di cui all'articolo 41 della legge 23
dicembre 1978, n. 833 (34), e gli istituti autonomi case popolari.
3.
L'imposta è stabilita nella misura del 3 per mille del valore dei fabbricati e
delle aree fabbricabili
individuate
negli strumenti urbanistici vigenti. Il valore è costituito, per i fabbricati
iscritti in catasto, da quello che risulta applicando all'ammontare delle
rendite catastali determinate dall'amministrazione del catasto e dei servizi
tecnici erariali a seguito della revisione generale disposta con il decreto del
Ministro delle finanze 20 gennaio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
31 del 7 febbraio 1990, un moltiplicatore pari a 100 per le unità immobiliari
classificate o classificabili nei gruppi catastali A, B e C, con esclusione
delle categorie A/10 e C1, pari a 50 per quelle classificate o classificabili
nel gruppo D non possedute nell'esercizio d'impresa e nella categoria A/10, e
pari a 34 per quelle classificate o classificabili nella categoria C/1. Per
determinare il valore dei fabbricati non ancora iscritti in catasto si fa
riferimento alla rendita delle unità immobiliari similari. Per le unità immobiliari
urbane direttamente adibite ad abitazione principale del possessore e dei suoi
familiari, l'imposta è stabilita nella misura del 2 per mille del valore
determinato ai sensi del presente comma, diminuito di 50 milioni di lire. Per
unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale deve intendersi
quella nella quale il contribuente che la possiede a titolo di proprietà,
usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari, dimorano abitualmente. Per
le unità immobiliari classificate o classificabili nel gruppo D possedute
nell'esercizio d'impresa, il valore è costituito dall'ammontare, al lordo delle
quote di ammortamento, che risulta dalle scritture contabili applicando per
ciascun anno di formazione dello stesso i seguenti coefficienti: 1992: 1,02;
1991: 1,03; 1990: 1,05; 1989: 1,10; 1988: 1,15; 1987: 1,20; 1986: 1,30; 1985:
1,40; 1984: 1,50; 1983: 1,60; 1982 e precedenti: 1,70. Per le aree fabbricabili
individuate negli strumenti urbanistici vigenti, il valore è costituito dal
valore venale in comune commercio ovvero, per le aree destinate ad attività di
pubblica utilità, dall'ammontare delle indennità che gli enti pubblici
competenti per lo svolgimento delle attività stesse hanno corrisposto o devono corrispondere
(34/a).
3-bis.
L'imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o
inabitabili e di fatto non utilizzati (34/b).
4.
Sono esenti dall'imposta:
a)
le costruzioni o porzioni di costruzioni rurali di cui all'art. 39 del testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (35);
b)
i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché
compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e le
loro pertinenze;
c)
i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e
16 del Trattato lateranense 11 febbraio 1929, reso esecutivo con la legge 27
maggio 1929, n. 810 (36);
d)
i fabbricati appartenenti agli Stati esteri per i quali è prevista l'esenzione
dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi
internazionali resi esecutivi in Italia;
e)
i fabbricati posseduti dagli enti indicati all'articolo 87, comma 1, lettera
c), del citato testo unico delle imposte sui redditi, non aventi finalità di
lucro, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività istituzionali di
carattere didattico;
f)
i fabbricati recuperati al fine di essere destinati alle attività assistenziali
di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (37);
g)
i fabbricati con destinazione ad usi culturali di cui all'art. 5-bis del D.P.R.
29 settembre 1973, n.
601
(35), e successive modificazioni;
h)
i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie da E/1 a E/9;
i)
i fabbricati e le aree fabbricabili, nonché le quote di essi, appartenenti ai
soggetti che alla data di
entrata
in vigore del presente decreto risultano sottoposti a fallimento, a
liquidazione coatta amministrativa o a concordato preventivo con cessione di
beni;
i-bis)
gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all'art. 87, comma 1, lettera c),
del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo
svolgimento di attività istituzionali di carattere assistenziale e sanitario (37/a).
5.
L'imposta è riscossa mediante versamento diretto con le modalità previste ai
fini delle imposte sui redditi. Il versamento deve essere effettuato nel mese
di settembre 1992. Tuttavia il versamento può essere effettuato entro il 15
dicembre 1992; in tal caso le somme versate oltre il 30 settembre 1992 devono
essere maggiorate del 3 per cento a titolo di interessi, senza applicazione di
soprattasse.
6.
Per l'anno 1992 è istituita una imposta straordinaria sull'ammontare dei
depositi bancari, postali e presso istituti e sezioni per il credito a medio
termine, conti correnti, depositi a risparmio e a termine,
certificati
di deposito, libretti e buoni fruttiferi, da chiunque detenuti; sono esclusi i
buoni postali fruttiferi, i libretti di risparmio di previdenza indicati
all'articolo 41, primo comma, della L. 7 agosto 1982, n. 526 (38), la raccolta
interbancaria e intercreditizia, nonché i depositi e i conti correnti intrattenuti
dal Tesoro presso il sistema bancario e l'amministrazione postale e quelli
detenuti da rappresentanze diplomatiche e consolari estere in Italia o da enti
e organismi internazionali che godono della esenzione dalle imposte sui
redditi. L'amministrazione postale e le aziende ed istituti di credito sono
tenuti ad operare, con obbligo di rivalsa nei confronti dei correntisti e
depositanti, una ritenuta del 6 per mille commisurata all'ammontare risultante
dalle scritture contabili alla data del 9 luglio 1992.
L'imposta
è versata entro il 15 settembre 1992 con le modalità previste per il versamento
delle ritenute di cui all'art. 26, secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600 (38/a) (38/cost).
7.
Per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi
delle imposte di cui al
presente
articolo nonché per il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le
imposte sui
redditi.
Le imposte straordinarie di cui al presente articolo non sono deducibili ai
fini delle imposte sui redditi (39) (39/cost).
8.
1. Nell'esercizio dei poteri previsti dall'articolo 8, D.P.R. 29 settembre
1973, n. 605 (38/a), come sostituito dall'articolo 1, D.P.R. 2 novembre 1976,
n. 784, l'anagrafe tributaria invia questionari ai soggetti utenti di forniture
di energia elettrica nei fabbricati, al fine di acquisire il numero di codice fiscale
dell'utente stesso e quello del proprietario, se diverso, nonché gli estremi
catastali identificativi di ciascuna unità immobiliare e la sua superficie
commerciale (40).
2.
Il questionario costituisce parte integrante della fattura ed è inviato
all'utente tramite l'ente erogatore; esso deve essere compilato e restituito
all'anagrafe tributaria a cura dell'utente, con tassa a carico della amministrazione
destinataria, entro il termine indicato nel questionario stesso. Con decreto del
Ministro delle finanze, da emanare entro venti giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, è approvato il modello di questionario.
3.
Coloro che non sono utenti della fornitura di energia elettrica nelle unità
immobiliari di loro proprietà sono tenuti a comunicare all'utente, entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il
proprio numero di codice fiscale e gli estremi catastali identificativi
dell'unità immobiliare; nel caso di comproprietà l'obbligo è soddisfatto con la
comunicazione del numero di codice fiscale di uno soltanto dei comproprietari.
La medesima comunicazione deve essere data dal proprietario dell'unità
immobiliare al conduttore nel caso di contratti stipulati successivamente alla
data di entrata in vigore del presente decreto; in tal caso il conduttore è
tenuto ad indicare all'ente cui richiede la fornitura di energia elettrica,
oltre al proprio, anche il numero di codice fiscale del proprietario.
4.
Il Ministero delle finanze, mediante procedure automatizzate di elaborazione,
effettua incroci tra i dati delle dichiarazioni dei redditi, del catasto e
degli enti erogatori di forniture di energia elettrica,
provvedendo
ad accertare i redditi o i maggiori redditi non dichiarati con le modalità di
cui all'articolo 41-bis, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (38/a). Se risulta
che l'utilizzatore della fornitura di energia elettrica è soggetto diverso
dall'utente indicato nel contratto, il Ministero delle finanze ne dà comunicazione
all'ente erogatore per le conseguenti variazioni contrattuali.
5.
Ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul
reddito delle persone giuridiche e dell'imposta locale sui redditi, dovute per
i periodi di imposta relativamente ai quali il termine per la presentazione
della dichiarazione è scaduto anteriormente alla data di entrata in vigore del
presente decreto, i contribuenti sono ammessi a presentare dichiarazioni
integrative, con gli effetti e le modalità previsti dall'articolo 14 della
legge 29 dicembre 1990, n. 408 (41), in aumento per quanto riguarda i redditi
dei fabbricati. I contribuenti che intendono avvalersi delle disposizioni del
presente comma devono presentare, dal 1° agosto al 15 dicembre 1992, al centro
di servizio o all'ufficio delle imposte dirette competente in ragione del loro
domicilio fiscale, apposita dichiarazione, conformemente alle indicazioni
recate dal modello approvato con decreto del Ministro delle finanze da
pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 luglio 1992, e devono versare
dal 1° agosto al 15 dicembre 1992 l'imposta o la maggiore imposta dovuta,
nonché, in luogo delle sanzioni e degli interessi previsti negli articoli 46 e
49, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (38/a), e negli articoli 9 e 92, D.P.R. 29
settembre 1973, n. 602 (42), una soprattassa stabilita, per i periodi di
imposta anteriori a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente
decreto, nelle seguenti misure: 10 per cento per il primo periodo; 20 per cento
per il secondo periodo; 30 per cento per il terzo periodo; 40 per cento per il
quarto periodo; 50 per cento per il quinto periodo; 60 per cento per il sesto
periodo e 70 per cento per ciascuno degli altri periodi anteriori a quello in
corso. Le attestazioni dei versamenti devono essere allegate alla dichiarazione
integrativa. Le disposizioni del presente comma si applicano sempreché alla
data di
presentazione
della dichiarazione non siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche ovvero
non sia stato notificato avviso di accertamento; l'ILOR pagata in applicazione
delle disposizioni del presente comma non è deducibile ai fini delle imposte
sui redditi (43).
6.
In considerazione della emanazione, con effetto dall'anno 1993, del decreto del
Ministro delle finanze integrativo dei dati e delle notizie indicativi di
capacità contributiva previsto dall'articolo 2, D.P.R. 29 settembre 1973, n.
600 (43/a), modificato dall'articolo 1 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, i
contribuenti possono corrispondere dal 1° agosto al 31 ottobre 1992 l'ammontare
degli abbonamenti alle radiodiffusioni non corrisposti per periodi anteriori a
quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le
disposizioni del presente comma non si applicano qualora anteriormente alla
data di entrata in vigore del presente decreto sia stato elevato processo
verbale o notificata ingiunzione di pagamento. I versamenti sono effettuati,
con le modalità stabilite con il decreto del Ministro delle finanze previsto
nel comma 5, in unica soluzione e con l'applicazione della soprattassa nella
misura del 10 per cento (43/b) (43/c).
7.
Agli oneri a carico dell'Amministrazione finanziaria di cui ai commi 1, 2, 3 e
4, valutati in trenta miliardi di lire per l'anno 1992, si provvede con quota
parte delle maggiori entrate recate per lo stesso anno dal presente capo; le
somme eventualmente non impegnate nell'anno 1992 potranno essere utilizzate
nell'anno 1993.
9.
1. L'imposta fissa di bollo, in qualsiasi modo dovuta, di cui alla tariffa
allegato A, annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (44), e successive
modificazioni, stabilita in lire 10.000 è elevata a lire 15.000.
2.
L'imposta di bollo sugli atti compiuti dal giudice e dal cancelliere e sui
provvedimenti originali del giudice nei procedimenti civili, con esclusione di
quella dovuta sugli originali delle sentenze e dei processi verbali di
conciliazione, è corrisposta, per ogni procedimento, mediante applicazione di marche
o mediante versamento in conto corrente postale intestato all'ufficio del
registro di Roma, nelle misure di lire 90.000 e di lire 120.000,
rispettivamente, per i procedimenti di cognizione e per i procedimenti di
esecuzione, limitatamente a quelli il cui valore supera lire 5 milioni, davanti
al pretore; di lire 120.000 per i procedimenti di cognizione e di lire 240.000
per quelli di esecuzione davanti al tribunale; di lire 90.000 per i
procedimenti davanti alla corte di appello e di lire 60.000 per quelli davanti alla
Corte di cassazione; di lire 60.000 per i procedimenti speciali.
3.
L'imposta di bollo sugli atti compiuti dal giudice e dai segretari, compresa
quella sugli originali delle decisioni e dei provvedimenti, è corrisposta per
ogni procedimento dinanzi al Consiglio di Stato ed al tribunale amministrativo
regionale nella misura di lire 180.000, con le modalità di cui al comma 2.
4.
L'imposta fissa di bollo dovuta sugli atti di cui agli articoli 19 e 20 della
tariffa allegato A, annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (44), e
successive modificazioni, è elevata a lire 2.000.
5.
L'imposta fissa di bollo dovuta sugli atti di cui all'articolo 20-bis della
tariffa allegato A, annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (44), e
successive modificazioni, è elevata, rispettivamente, da lire 400 a lire 1.000;
da lire 1.100 a lire 2.000; da lire 2.200 a lire 4.000; da lire 4.400 a lire
7.000; da lire 7.800 a lire 10.000.
6.
La carta bollata, i moduli redatti a stampa su carta bollata o bollati in modo
straordinario, nonché i libri e i registri già bollati in modo straordinario,
che alla data di cui al comma 7 sono interamente in bianco, devono essere
integrati prima dell'uso, sino a concorrenza dell'imposta dovuta nella misura stabilita
dal presente articolo, mediante applicazione di marche da bollo da annullarsi
nei modi previsti dall'articolo 12, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (44), e
successive modificazioni.
7.
Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 14 luglio
1992.
10.
1. Le tasse sulle concessioni governative previste dalla tariffa annessa al
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641 (45), e successive modificazioni, con esclusione
di quelle previste alla voce n. 125 e alla voce n. 131 della stessa tariffa,
sono aumentate del 100 per cento.
2.
L'aumento di cui al comma 1 si applica alle tasse di rilascio, di rinnovo, per
il visto e per la vidimazione relative ad atti e provvedimenti amministrativi
emanati, rinnovati, sottoposti a visto o vidimazione successivamente al 31
dicembre 1991; l'aumento si applica, altresì, alle tasse annuali il cui termine
ultimo di pagamento scade successivamente alla predetta data. Gli importi delle
tasse vanno arrotondati alle mille lire superiori (43/b).
3.
Le relative integrazioni, dovute per l'intero 1992, devono essere corrisposte
entro il 31 ottobre 1992, mediante versamento in conto corrente postale,
intestato all'ufficio del registro tasse sulle concessioni governative di Roma.
Per i pagamenti effettuati a mezzo marche, compresi quelli relativi alle
patenti di guida, l'integrazione può essere corrisposta anche mediante le
normali marche di concessione governativa da annullarsi a cura del
contribuente.
4.
Con effetto dal 1° gennaio 1992, la tassa di concessione governativa per
l'iscrizione delle società nel registro delle imprese e quella annuale di cui
ai commi 18, primo periodo, e 19 dell'articolo 3, D.L. 19 dicembre 1984, n. 853
(46), convertito, con modificazioni, dalla L. 17 febbraio 1985, n. 17, è
stabilita nella misura di lire 4 milioni per le società per azioni e in
accomandita per azioni, di lire 2 milioni e 500 mila per le società a
responsabilità limitata e di lire 500 mila per le società di altro tipo. I
contribuenti, che sino alla data di entrata in vigore del presente decreto
hanno omesso di corrispondere le tasse dovute per l'anno in corso, possono
corrisponderle nella misura sopra indicata entro il 31 ottobre 1992, con
applicazione della soprattassa del 6 per cento. I contribuenti, che alla data
di entrata in vigore del presente decreto hanno corrisposto le tasse dovute per
l'anno in corso, possono scomputare le maggiori somme versate da quelle dovute
per gli anni successivi ovvero chiederle a rimborso, quando le tasse non
risultino più dovute.
5.
Il canone di concessione previsto dall'articolo 51 della convenzione tra il
Ministero delle poste e
delle
telecomunicazioni e la SIP - Società italiana per l'esercizio telefonico p.a.
per la concessione dei servizi di telecomunicazioni nazionali ad uso pubblico,
approvata con D.P.R. 13 agosto 1984, n. 523, è elevato al 3,5 per cento. La
disposizione si applica a partire dall'esercizio in corso alla data di entrata
in vigore del presente decreto. Entro il 31 ottobre di ciascun anno deve essere
versata, a titolo di acconto, una somma pari ad un settimo del canone dovuto
per l'anno precedente; per l'anno 1992 la somma da versare a titolo di acconto
è pari ad un sesto di quella dovuta per il 1991 (47).
6.
Alla copertura delle minori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al
comma 4, valutate in 600
miliardi
di lire a decorrere dal 1993, si provvede con parte delle maggiori entrate
derivanti dall'applicazione del presente decreto.
6-bis.
Con decreti del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale
entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, saranno approvate la nuova tariffa
dell'imposta di bollo di cui all'allegato A al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642
(48), e successive modificazioni, nonché la nuova tariffa delle tasse sulle
concessioni governative annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 641 (49), e successive modificazioni. A tal fine si dovrà
tenere conto delle variazioni di importo disposte con il presente decreto
apportando alle tariffe stesse le modificazioni necessarie per inserirvi le
voci di imposta o di tassa previste in disposizioni diverse dalle predette
tariffe, per razionalizzare i singoli articoli e voci di tariffa e per ridurre
il loro numero mediante accorpamenti di quelli compresi nelle singole parti;
nell'attuazione della razionalizzazione e degli accorpamenti potranno essere
apportate variazioni ai singoli importi, in misura non superiore al 20 per
cento in aumento, e in misura non superiore al 40 per cento in diminuzione.
Sarà
comunque assicurato nel complesso un gettito non inferiore a quello previsto a
seguito dell'applicazione delle disposizioni dell'articolo 9 e dei commi da 1 a
6 del presente articolo (50).
11.
[1. Fino alla revisione della disciplina delle locazioni degli immobili urbani,
le disposizioni di cui agli articoli 12 e seguenti della legge 27 luglio 1978,
n. 392 (51), concernenti l'equo canone degli immobili adibiti ad uso di
abitazione, non si applicano ai contratti di locazione stipulati
successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, aventi ad
oggetto immobili per i quali, alla predetta data, non sia stata presentata la
dichiarazione di ultimazione dei lavori e sempreché, alla data del contratto,
sia stata richiesta la certificazione di abitabilità e sia stata presentata
domanda per l'accatastamento.
2.
Nei contratti di locazione relativi ad immobili non compresi fra quelli di cui
al comma 1, stipulati o
rinnovati
successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto, le parti, con l'assistenza delle organizzazioni della
proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative a livello
nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, possono stipulare
accordi in deroga alle norme della citata legge n. 392 del 1978 (51). La
disposizione si applica per i contratti ad uso abitativo limitatamente ai casi
in cui il locatore rinunzi alla facoltà di disdettare i contratti alla prima
scadenza a meno che egli intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo
stesso le opere di cui, rispettivamente, agli articoli 29 e 59 della citata
legge n. 392 del 1978 (51/a).
Resta
ferma l'applicazione, per i contratti indicati nel presente comma, degli
articoli 24 e 30 della citata legge n. 392 del 1978 (51/a) (51/b).
2-bis.
Nei casi in cui, alla prima scadenza del contratto successiva alla data di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le parti non
concordino sulla determinazione del canone, il contratto stesso è prorogato di
diritto per due anni (52) (52/cost)] (52/a).
12.
1. Se il reddito di impresa delle persone fisiche, delle società in nome
collettivo e in accomandita semplice e delle società ed enti di cui alle
lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87 del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917 (53), eccede di almeno il quindici per cento il reddito di impresa
dichiarato per il periodo di imposta precedente, la eccedenza concorre alla
formazione del reddito imponibile nella misura del cinquanta per cento, se
l'ammontare degli investimenti innovativi effettuati nel territorio dello
Stato, nel periodo di imposta cui la dichiarazione si riferisce, supera la
somma del maggior reddito dichiarato e dell'ammontare degli ammortamenti
deducibili effettuati nel periodo. Nel caso di fusione o di incorporazione si
fa riferimento alle dichiarazioni presentate precedentemente dalle società fuse
o incorporate. La disposizione si applica per i tre periodi di imposta
successivi a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente
decreto.
2.
Alla copertura delle minori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al
comma 1, valutate in 140
miliardi
di lire per l'anno 1993, in 200 miliardi di lire in ciascuno degli anni 1994 e
1995 e in 60 miliardi di lire per l'anno 1996, si provvede con parte delle
maggiori entrate derivanti dall'applicazione del presente decreto.
13.
1. Le entrate derivanti dal presente capo sono riservate all'erario e
concorrono, anche attraverso il potenziamento di strumenti antievasione, alla
copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, nonché alla
realizzazione delle linee di politica economica e finanziaria in funzione degli
impegni di riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria.
Capo
III
14.
1. Con riferimento agli enti di cui al presente capo ed alle società da essi
controllate, tutte le attività, nonché i diritti minerari, attribuiti o
riservati per legge o con atti amministrativi ad amministrazioni diverse da
quelle istituzionalmente competenti, ad enti pubblici, ovvero a società a
partecipazione
statale, restano attribuiti a titolo di concessione ai medesimi soggetti che ne
sono attualmente titolari.
2.
Le concessioni di cui al comma 1 sono disciplinate dalle amministrazioni
competenti in conformità alle disposizioni vigenti. Ove la materia non sia
regolata da leggi preesistenti, la disciplina sarà stabilita dall'atto di
concessione in conformità ai principi generali vigenti in materia.
3.
Le concessioni di cui al comma 1 avranno la durata massima prevista dalle norme
vigenti, comunque non inferiore a venti anni, con decorrenza dalla data di entrata
in vigore del presente
decreto
(53/a).
4.
Le concessioni di attività in favore dei soggetti di cui al comma 1, che siano
già in vigore, sono
prorogate
per la stessa durata prevista dal comma 3. Le amministrazioni competenti
potranno, ove occorra, modificarle o integrarle (53/b).
4-bis.
Fino alla emanazione di una nuova disciplina, le società per azioni derivate
dalla trasformazione di cui agli articoli 15 e 18 esercitano, nei medesimi
limiti e con i medesimi effetti, le attribuzioni in materia di dichiarazione di
pubblica utilità e di necessità e di urgenza, già spettanti agli enti originari
(53/c) (53/d).
15.
1. L'Istituto nazionale per la ricostruzione industriale - IRI, l'Ente
nazionale idrocarburi ENI,
l'Istituto
nazionale assicurazioni - INA e l'Ente nazionale energia elettrica - ENEL sono
trasformati in società per azioni con effetto dalla data di entrata in vigore
del presente decreto.
2.
Il capitale iniziale di ciascuna delle società per azioni derivanti dalle
trasformazioni è determinato con decreto del Ministro del tesoro in base al
netto patrimoniale risultante dai rispettivi ultimi bilanci. I consigli di
amministrazione di ciascuna delle predette società per azioni devono; entro la
data fissata con decreto del Ministro del tesoro e comunque non oltre il 31
dicembre 1994, proporre al Ministro del tesoro una rettifica dei valori
dell'attivo e del passivo, accompagnata da una relazione redatta da una o più
società specializzate, ovvero da soggetto o soggetti in possesso dei requisiti
previsti dall'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, che
attesti che i valori proposti non sono superiori a quelli risultanti
dall'applicazione dei criteri di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 29
dicembre 1990, n. 408. Le proposte di rettifica dovranno essere formulate in
coerenza con il piano di dismissioni adottato dal Governo. I corrispettivi
professionali dei detti soggetti sono determinati con decreto del Ministro del
tesoro. Sulla base della predetta proposta di rettifica, il Ministro del tesoro
determina il patrimonio netto rivalutato. Tale determinazione vale ai fini
dell'applicazione ad ogni effetto dell'articolo 19 del presente decreto. In
attesa della determinazione di cui sopra, gli organi sociali possono, in via
transitoria, determinare il patrimonio netto, sempre in misura non superiore a
quella risultante dall'applicazione dei criteri di cui all'articolo 2, comma 2,
della legge 29 dicembre 1990, n. 408, e nei limiti autorizzati dal Ministro del
tesoro. Anche siffatta rivalutazione rileva ai fini dell'articolo 19 del
presente decreto. La differenza fra il netto patrimoniale risultante
dall'ultimo bilancio e il patrimonio netto rivalutato potrà essere imputata in
tutto o in parte ad una speciale riserva o al capitale sociale. Potranno
altresì ricostituirsi, in tutto o in parte, le riserve risultanti nel
patrimonio netto esistente nei bilanci anteriori alla trasformazione,
mantenendo a tali riserve l'originario regime civilistico e fiscale. Le società
derivanti dalla trasformazione emetteranno azioni del valore nominale di L.
1.000 cadauna e per un importo globale pari al capitale determinato come sopra
(54).
3.
Le azioni delle società di cui al comma 1, unitamente a quelle della BNL
S.p.a., sono attribuite al
Ministero
del tesoro. Il Ministro del tesoro esercita i diritti dell'azionista secondo le
direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri d'intesa con il Ministro da
lui delegato, con il Ministro del bilancio e della programmazione economica e
con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (54/a). Sono
parimenti attribuite al Ministero del tesoro le partecipazioni della Cassa
depositi e prestiti nell'IMI S.p.a. e negli altri istituti di intermediazione
creditizia e finanziaria. Le minusvalenze derivanti nel bilancio della Cassa
depositi e prestiti dal trasferimento al Ministero del tesoro delle
partecipazioni di cui al presente comma sono poste a carico del fondo di
riserva della Cassa stessa (55).
4.
Lo statuto di ciascuna delle società derivanti dalle trasformazioni sarà
deliberato dalla prima assemblea. In via provvisoria rimangono in vigore le
norme, legislative e statutarie, che disciplinano i singoli enti. I presidenti
delle società per azioni derivanti dalla trasformazione convocheranno le rispettive
assemblee sociali entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
5.
La pubblicazione del presente decreto tiene luogo di tutti gli adempimenti in
materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente.
16.
1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto, il Ministro del tesoro predispone un programma di
riordino delle partecipazioni di cui all'articolo 15 e lo trasmette, d'intesa
con i Ministri del bilancio e della programmazione economica, dell'industria,
del commercio e dell'artigianato e delle partecipazioni statali, al Presidente
del Consiglio dei ministri. Il programma di riordino delle partecipazioni di
cui all'articolo 15 è finalizzato alla valorizzazione delle partecipazioni
stesse, anche attraverso la previsione di cessioni di attività e di rami di
aziende, scambi di partecipazioni, fusioni, incorporazioni ed ogni altro atto
necessario per il riordino.
2.
Il programma deve prevedere la quotazione delle società partecipate derivanti
dal riordino delle
attuali
partecipazioni e l'ammontare dei ricavi da destinare alla riduzione del debito
pubblico.
3.
Il Presidente del Consiglio dei ministri invia il programma di riordino alle
competenti Commissioni parlamentari che esprimono il proprio parere entro il
termine previsto dai regolamenti di ciascuna Camera. Decorso tale termine, il
programma è approvato dal Consiglio dei ministri e diviene esecutivo (56).
17.
1. (57).
18.
1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 30 luglio 1990, n. 218, previa
comunicazione da
inviare
alle Camere con un anticipo di almeno quindici giorni, il CIPE potrà deliberare
la trasformazione in società per azioni di enti pubblici economici, qualunque
sia il loro settore di attività.
La
deliberazione del CIPE produce i medesimi effetti di cui al presente decreto. A
tutte le predette
società
per azioni, nonché a quelle di cui all'articolo 15, comma 1, si applica la
disposizione di cui
all'articolo
3, comma 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218 (58) (58/a).
19.
1. Tutte le operazioni connesse con la trasformazione di cui al presente capo
sono esenti da
imposte
e tasse (59).
20.
1. Sono abrogate tutte le disposizioni di legge contrarie od incompatibili con
quanto stabilito nel
presente
capo.
21.
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione
nella Gazzetta
Ufficiale
della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in
legge.
(1)
Pubblicato nella Gazz. Uff. 11 luglio 1992, n. 162 e convertito in legge, con
modificazioni, dalla L. 8 agosto 1992, n. 359 (Gazz. Uff. 13 agosto 1992, n.
190).
(2).
(3)
Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 14 luglio 1992, n. 164.
(4).
(5).
(6)
Comma così modificato dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359. Per la
proroga al 31
dicembre
1993 delle disposizioni contenute nel comma 1 dell'art. 1, vedi l'art. 1, L. 23
dicembre 1992, n. 498.
(7)
Recante norme in materia di finanza locale per il 1992. Il decreto-legge,
peraltro, non è stato
convertito
in legge ed è stato emanato il D.L. 20 luglio 1992, n. 342.
(8)
Apporta modifiche all'art. 5, commi 2 e 3, L. 31 dicembre 1991, n. 415.
(9).
(10).
(11).
(12).
(13).
(13/a)
Per l'interpretazione autentica del comma 4 dell'art. 2, vedi l'art. 7, D.L. 19
settembre 1992, n. 384.
(13/cost)
La Corte costituzionale, con ordinanza 15-28 dicembre 1995, n. 523 (Gazz. Uff.
3 gennaio 1996, n. 1, Serie speciale), ha dichiarato manifestamente infondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 4, sollevata in
riferimento agli artt. 3, 36, 97 e 107 della Costituzione. La stessa Corte
costituzionale, con successiva sentenza 30 settembre-7 ottobre 1999, n. 379
(Gazz. Uff. 13 ottobre 1999, n. 41, serie speciale), ha dichiarato non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 4, sollevata in
riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione.
(14).
(10).
(15).
(16).
(16/a).
(17)
.
(18).
(18/a)
Le disposizioni del presente comma sono state abrogate prima dall'art. 74,
D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, limitatamente al riferimento alla L. 4 giugno
1985, n. 281, e poi dall'art. 72, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, limitatamente
al personale disciplinato dalla suddetta legge n. 281/1985.
(18/b).
(18/c)
Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 14 luglio 1992, n. 164.
(19).
(20)
Comma soppresso dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359.
(18/c)
Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 14 luglio 1992, n. 164.
(21).
(22).
(23).
(24).
(24/cost)
La Corte costituzionale, con sentenza 6-12 luglio 2000, n. 262 (Gazz. Uff. 19
luglio 2000, n. 30, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 5-bis comma 1, sollevata in riferimento
agli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, 113, primo comma e 42, terzo comma,
della Costituzione.
(23/cost)
La Corte costituzionale, con sentenza 11-19 luglio 2000, n. 300 (Gazz. Uff. 26
luglio 2000, n. 31, serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell'art. 5-bis commi 1 e 2, sollevate in
riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97 e 113 della Costituzione.
(24/a)
La Corte costituzionale, con sentenza 10-16 giugno 1993, n. 283 (Gazz. Uff. 23
giugno 1993, n. 26 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del comma 2
dell'art. 5-bis, nella parte in cui non prevede in favore dei soggetti già
espropriati al momento della entrata in vigore della legge n. 359 del 1992, e
nei confronti dei quali la indennità di espropriazione non sia ancora divenuta
incontestabile, il diritto di accettare l'indennità di cui al primo comma con
esclusione della riduzione del 40%.
(23/cost)
La Corte costituzionale, con sentenza 11-19 luglio 2000, n. 300 (Gazz. Uff. 26
luglio 2000, n. 31, serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell'art. 5-bis commi 1 e 2, sollevate in
riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97 e 113 della Costituzione.
(25/cost)
La Corte costituzionale, con sentenza 18-23 luglio 1997, n. 261 (Gazz. Uff. 30
luglio 1997, n. 31, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 5-bis, comma 4, sollevata in riferimento
agli artt. 42, terzo comma, e 3, primo comma, della Costituzione. La stessa
Corte costituzionale, con ordinanza 22-25 febbraio 1999, n. 43 (Gazz. Uff. 3
marzo 1999, n. 9, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza
della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5-bis commi 3 e 4,
sollevata in riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione. Successivamente
la stessa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre
nuovi motivi, con ordinanza 26 maggio-3 giugno 1999, n. 208 (Gazz. Uff. 9 giugno
1999, n. 23, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale dell'art. 5-bis comma 4, sollevata in
riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione.
(25).
(26).
(26/a)
Comma così sostituito dall'art. 1, comma 65, L. 28 dicembre 1995, n. 549. La
Corte costituzionale, con sentenza 17 ottobre-2 novembre 1996, n. 369 (Gazz.
Uff. 6 novembre 1996, n. 45 - Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro,
l'illegittimità del presente comma nella parte in cui applica al «risarcimento
del danno» i criteri di determinazione stabiliti per «il prezzo, l'entità dell'indennizzo».
(26/cost)
La Corte costituzionale, con sentenza 17 ottobre-2 novembre 1996, n. 369 (Gazz.
Uff. 6 novembre 1996, n. 45, Serie speciale), ha dichiarato inammissibili le
questioni di legittimità costituzionale del sesto comma dell'art. 5-bis, come
sostituito dall'art. 1, comma 6, della L. 28 dicembre 1995 n. 549, sollevate in
riferimento agli artt. 3, 42, 28 e 97 della Costituzione. Successivamente la
stessa Corte, chiamata a pronunciarsi sulla stessa questione già dichiarata illegittimità
con sentenza n. 369 del 1996, con ordinanza 11-24 dicembre 1996, n. 413 (Gazz.
Uff. 8 gennaio 1997, n. 2, Serie speciale), con ordinanza 12-30 dicembre 1996,
n. 434 (Gazz. Uff. 15 gennaio 1997, n. 3, Serie speciale), e con ordinanza 7-18
aprile 1997, n. 105 (Gazz. Uff. 23 aprile 1997, n. 17, Serie speciale), ha
dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità.
(27)
Articolo aggiunto dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359.
(27/cost)
La Corte costituzionale con sentenza 20-26 luglio 1995, n. 391 (Gazz. Uff. 16
agosto 1995, n. 34, Serie speciale) ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 5-bis, sollevata in relazione agli artt.
72 e 77 della Costituzione.
(27/a)
Comma aggiunto dall'art. 3, comma 65, L. 23 dicembre 1996, n. 662.
(28/cost)
La Corte costituzionale, con sentenza 26-30 aprile 1999, n. 148 (Gazz. Uff. 5
maggio 1999, n. 18, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell'art. 5-bis, comma 7-bis, introdotto dall'art.
3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sollevate da vari Giudici in
riferimento agli artt. 42, terzo comma, 3 e 28 della Costituzione, agli artt.
3, primo comma, 42, secondo comma, 28 e 97 della Costituzione, agli artt. 42,
secondo comma, 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, agli
artt. 3 e 42 della Costituzione, agli artt. 3, 28, 42, 97, 10, primo comma, 24,
primo comma, 53, 71, primo comma, 72, primo comma, 113, primo e secondo comma, della
Costituzione, agli artt. 3, 28, 42, secondo e terzo comma, e 97, primo comma,
della Costituzione, agli artt. 3, primo comma, 42, secondo comma, e 97, primo
comma, della Costituzione, agli artt. 3, 42, secondo comma, e 97 della
Costituzione, agli artt. 3, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione,
agli artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione, agli artt. 3 e 42, terzo
comma, della Costituzione; ha dichiarato, inoltre la manifesta inammissibilità
della questione di legittimità costituzionale del predetto art. 5-bis comma
7-bis, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 42, secondo comma,
della Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 13-22 ottobre 1999,
n. 396 (Gazz. Uff. 27 ottobre 1999, n. 43, serie speciale), ha dichiarato la
manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art.
5-bis comma 7-bis, introdotto dall'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre
1996, n. 662 sollevate in riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo
comma e 97, primo comma, della Costituzione, dal tribunale di Potenza; agli
artt. 3, primo comma, e 42, secondo comma della Costituzione, dal tribunale di
Busto Arsizio e da quello di Perugia; agli artt. 3 e 42 della Costituzione, dal
tribunale di Udine. Con successiva sentenza 20 gennaio-4 febbraio 2000, n. 24
(Gazz. Uff. 9 febbraio 2000, n. 6, serie speciale), la stessa Corte ha
dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
5-bis, comma 7-bis, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.
(29/cost)
La Corte costituzionale, con ordinanza 22 giugno-3 luglio 2000, n. 251 (Gazz.
Uff. 12 luglio 2000, n. 29, serie speciale), ha dichiarato la manifesta
inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 5-bis
comma 7-bis, introdotto dall'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n.
662 sollevata in riferimento agli artt. 3, 42 e 28 della Costituzione.
(28)
Comma così modificato dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359.
(29).
(30).
(31)
Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 14 luglio 1992, n. 164.
(24).
(32).
(33)
Aggiunge un comma all'art. 11, L. 20 maggio 1970, n. 300.
(34).
(34/a)
Per l'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 12-bis, D.L. 19
settembre 1992, n. 384.
(34/b)
Comma aggiunto dall'art. 1, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16.
(35).
(36)
.
(37).
(35).
(37/a)
Lettera aggiunta dall'art. 1, D.L. 23 gennaio 1993, n. 16.
(38).
(38/a)
.
(38/cost)
La Corte costituzionale, con ordinanza 11-20 dicembre 1996, n. 403 (Gazz. Uff.
28 dicembre 1996, n. 52, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma
6, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.
(39)
Articolo così sostituito dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359.
(39/cost)
La Corte costituzionale con sentenza 4 maggio-4 maggio 1995, n. 143 (Gazz. Uff.
10
maggio
1995, n. 19, Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell'art. 7, sollevate, in riferimento agli artt. 3,
47 e 53 della Costituzione. Successivamente la stessa Corte, chiamata a
pronunciarsi sulla stessa questione senza addurre profili o argomenti nuovi, con
ordinanza 18-24 ottobre 1995, n. 453 (Gazz. Uff. 2 novembre 1995, n. 45, Serie
speciale) ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale. Con altra sentenza 24 gennaio-5 febbraio 1996, n.
21 (Gazz. Uff. 14 febbraio 1996, n. 7, Serie speciale), la Corte ha dichiarato inammissibile
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, sollevata dalla
Commissione tributaria di primo grado di Piacenza, sotto il profilo della
pretesa reintroduzione del principio del solve et repete e della mancata
previsione degli interessi su quanto eventualmente pagato in eccedenza per
l'ISI dal contribuente, in riferimento agli artt. 3, 53 e 24 della
Costituzione; ed ha dichiarato inoltre non fondate le altre questioni di
legittimità costituzionale del predetto art. 7, sollevate in riferimento agli
artt. 3, 53 e 42 della Costituzione. La Corte costituzionale, con sentenza 7-15
marzo 1996, n. 73 (Gazz. Uff. 20 marzo 1996, n. 12, Serie speciale), ha
dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7,
sollevata in riferimento agli artt. 3, 47 e 53 della Costituzione.
Successivamente la Corte costituzionale, con ordinanza 18-26 luglio 1996, n.
322 (Gazz. Uff. 21 agosto 1996, n. 34, Serie speciale), ha dichiarato la
manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale
dell'art. 7, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione;
nonché la manifesta infondatezza delle altre questioni di legittimità costituzionale
del predetto art. 7, sollevate in riferimento agli artt. 3, 42, 47 e 53 della
Costituzione. La Corte costituzionale, con ordinanza 17 ottobre-2 novembre
1996, n. 377 (Gazz. Uff. 6 novembre 1996, n. 45, Serie speciale), ha dichiarato
la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell'art. 7, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.
(38/a).
(40)
Con D.M. 31 luglio 1992 (Gazz. Uff. 2 settembre 1992, n. 206) sono stati
fissati modalità e
termini
per la compilazione e restituzione all'anagrafe tributaria dei questionari.
Vedi, anche, l'art. 2, D.L. 15 gennaio 1993, n. 6.
(41)
.
(42).
(43)
Comma così modificato dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359. L'art.
1, D.M. 29 luglio 1992 (Gazz. Uff. 30 luglio 1992, n. 178) ha così disposto:
«Art.
1. 1. I contribuenti che intendano avvalersi delle disposizioni di cui all'art.
8, comma 5, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, devono presentare dal 1°
agosto al 15 dicembre 1992 apposita dichiarazione conforme allo schema allegato
al presente decreto.
2.
Le predette dichiarazioni devono essere spedite, mediante raccomandata senza
avviso di ricevimento, all'ufficio delle imposte dirette o al centro di
servizio competente in ragione del domicilio fiscale alla data di presentazione
delle dichiarazioni stesse».
(43/a).
(43/b)
Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 14 luglio 1992, n. 164.
(43/c)
L'art. 2, D.M. 29 luglio 1992 (Gazz. Uff. 30 luglio 1992, n. 178) ha così
disposto:
«Art.
2. 1. I detentori di apparecchi radioriceventi e telericeventi, i quali abbiano
omesso di corrispondere il canone di abbonamento alle radiodiffusioni per i
periodi anteriori a quello in corso
all'entrata
in vigore del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, nei cui confronti non sia stato
elevato processo
verbale
o notificata ingiunzione di pagamento, possono corrispondere dal 1° agosto e
sino al 31 ottobre 1992 quanto dovuto per abbonamenti arretrati con la
maggiorazione, per soprattassa, del 10 per cento.
2.
I versamenti devono essere effettuati, utilizzando i normali mod. ch-8-bis a
tre sezioni:
a)
per i detentori di apparecchi radioriceventi sul conto corrente postale - servizio
radio - del competente ufficio del registro;
b)
per i detentori di apparecchi telericeventi sul conto corrente postale n.
287102 intestato all'Ufficio del registro abbonamenti radio e televisione
(U.R.A.R. - TV) di Torino.
3.
Nella causale di versamento devono essere specificati i periodi annuali o
semestrali per i quali il versamento viene effettuato e gli ammontari relativi
a ciascun periodo. I titolari di abbonamento alle radioaudizioni o alla
televisione dovranno indicare anche il numero di ruolo».
(44).
(45).
(43/b)
Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 14 luglio 1992, n. 164.
(46)
.
(47)
Comma così sostituito dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359.
(48)
.
(49).
(50)
Comma aggiunto dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359.
(51).
(51/a).
(51/b)
La Corte costituzionale, con sentenza 18-25 luglio 1996, n. 309 (Gazz. Uff. 31
luglio 1996, n. 31 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale dell'art. 11, secondo comma, nella parte in cui prevede come
obbligatoria l'assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei
conduttori per la stipula di accordi in deroga alla L. 27 luglio 1978, n. 392.
(52)
Comma aggiunto dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359. Vedi, anche,
l'art. 3, D.P.R. 11 febbraio 1998, n. 53.
(52/cost)
La Corte costituzionale con ordinanza 13-16 giugno 1995, n. 259 (Gazz. Uff. 21
giugno
1995,
n. 26, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione
di legittimità
costituzionale
dell'art. 11, comma 2-bis, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione.
(52/a)
Articolo abrogato dall'art. 14, L. 9 dicembre 1998, n. 431.
(53)
.
(53/a)
Per l'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 10, L. 5 marzo
2001, n. 57.
(53/b)
Per l'interpretazione autentica del presente comma, vedi l'art. 10, L. 5 marzo
2001, n. 57.
(53/c)
Comma aggiunto dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359. Vedi, anche,
l'art. 3, D.P.R. 11 febbraio 1998, n. 53.
(53/d)
Il comma 1 dell'art. 131, L. 23 dicembre 2000, n. 388, ha disposto che il
presente articolo si
applica
per la parte concernente l'infrastruttura ferroviaria e cessa di applicarsi al
trasporto ferroviario.
(54)
Comma così modificato prima dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359 e successivamente
dall'art. 1, D.L. 21 giugno 1993, n. 198.
(54/a)
Periodo così modificato dall'art. 2, D.L. 23 aprile 1993, n. 118.
(55)
Comma così sostituito dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359.
(56)
Così sostituito dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359.
(57)
Soppresso dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359.
(58)
Così modificato dall'art. 1, D.L. 21 giugno 1993, n. 198.
(58/a)
Il comma 1 dell'art. 131, L. 23 dicembre 2000, n. 388, ha disposto che il
presente articolo si
applica
per la parte concernente l'infrastruttura ferroviaria e cessa di applicarsi al
trasporto ferroviario.
(59)
Così modificato dalla legge di conversione 8 agosto 1992, n. 359. Per
l'interpretazione autentica del presente art. 19, vedi l'art. 4, D.L. 23
gennaio 1993, n. 16.