FALSO IN BILANCIO E
FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI
Con
il presente lavoro si provvede a fornire una prima analisi della nuova
disciplina del reato di falso in bilancio-false comunicazioni sociali
risultante dai nuovi artt. 2621 e 2622 del codice civile.
In
questi articoli viene distinto il caso in cui dal reato conseguano dei danni
patrimoniali per i soci o per i creditori sociali, dal caso in cui ciò non si
verifichi.
Il
reato di false comunicazioni sociali è integrato quando:
-
nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla
legge, dirette ai soci o al pubblico, con l'intenzione di ingannare i
destinatari e al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, vengono
esposti fatti materiali non rispondenti al vero (ancorché oggetto di
valutazioni);
oppure
-
nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla
legge, dirette ai soci o al pubblico, con l'intenzione di ingannare i
destinatari e al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri,
vengono omesse informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla
situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo cui
essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari.
Il
reato di false comunicazioni sociali è integrato anche quando i fatti e le
informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto
di terzi.
Si
può procedere alla contestazione di detto reato nei confronti dei seguenti
soggetti:
-
amministratori;
-
direttori generali;
-
sindaci;
-
liquidatori.
Oltre
ai predetti soggetti, esplicitamente richiamati dagli artt. 2621 e 2622, il
reato di falso in bilancio può essere contestato ai soggetti che, pur
qualificati sul piano formale diversamente, svolgono nella sostanza le stesse
funzioni proprie dei soggetti che rivestono le predette cariche, nonché a chi
esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti a tali
qualifiche o funzioni.
Contro
il reato di false comunicazioni sociali si procede d'ufficio, se esso è:
-
relativo a società non quotata e non ha cagionato un danno patrimoniale a soci,
creditori sociali o altri soggetti privati;
-
relativo a società non quotata e ha cagionato un danno patrimoniale allo Stato,
ad altri enti pubblici o alle Comunità europee;
-
relativo a società quotata (in tutti i casi);
Contro
il reato di false comunicazioni sociali si procede su querela della parte
offesa se esso è relativo a società non quotata ed ha cagionato un danno
patrimoniale a soggetti diversi dallo Stato, altri enti pubblici o Comunità
europee.
Il
reato di false comunicazioni sociali è punito:
-
se non cagiona un danno patrimoniale a terzi, con l'arresto fino a un anno e
sei mesi;
-
se cagiona un danno patrimoniale a terzi ed è relativo a società non quotate,
con la reclusione da sei mesi a tre anni;
-
se cagiona un danno patrimoniale a terzi ed è relativo a società quotate, con
la reclusione da uno a quattro anni.
Gli
artt. 2621 e 2622 prevedono delle circostanze che determinano la non punibilità
del reato di false comunicazioni sociali, valevoli in modo identico in tutti i
diversi casi (a prescindere dunque che il reato arrechi o meno un danno
patrimoniale, oppure sia relativo a società quotata o non quotata).
La
punibilità del reato di false comunicazioni sociali è esclusa quando le falsità
o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della
situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società (o del gruppo al
quale essa appartiene) ed è comunque esclusa se:
-
la falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di
esercizio, al lordo delle imposte non superiore al 5% ,
-
la falsità o le omissioni determinano una variazione del patrimonio netto non
superiore all'1%
-
il reato è conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente
considerate, differiscono in misura non superiore al 10% di quella corretta.
I
termini di prescrizione dei reati sono fissati dall'art. 157 del codice penale.
L'ampiezza
del termine di prescrizione è proporzionale:
-
alla natura del reato (contravvenzione o delitto);
-
alla natura della pena (ammenda, arresto o reclusione);
-
alla misura massima della pena applicabile.
L'art.
157 stabilisce quale termine di prescrizione:
-
tre anni per i reati che sono puniti con l'arresto;
-
cinque anni per i reati che sono puniti con la reclusione per un periodo non
superiore a cinque anni.
Ne
consegue, pertanto, che il reato di false comunicazioni sociali cade in
prescrizione:
-
se non cagiona un danno patrimoniale a terzi, in tre anni;
-
se cagiona un danno patrimoniale a terzi, in cinque anni.
False
comunicazioni sociali (art. 2621-2622) – Il reato di false comunicazioni
sociali è integrato quando nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre
comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, con
l'intenzione di ingannare i destinatari e al fine di conseguire un ingiusto
profitto per sé o per altri:
-
vengono esposti fatti materiali non rispondenti al vero (ancorché oggetto di
valutazioni);
-
oppure omesse informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla
situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo cui
essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari.
Il
reato di false comunicazioni sociali è integrato anche quando i fatti e le
informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto
di terzi.
Ambito
soggettivo
Il
reato di false comunicazioni sociali può essere contestato a
amministratori;direttori generali, sindaci liquidatori.
Procedibilità
Pena
applicabile
Cuase
di non punibilità
Prescrizione
Contro
il reato di false comunicazioni sociali si procede d'ufficio, se esso è:
>
relativo a società non quotata e non ha cagionato un danno patrimoniale a soci,
creditori sociali o altri soggetti privati;
>
relativo a società non quotata e ha cagionato un danno patrimoniale allo Stato,
ad altri enti pubblici o alle Comunità europee;
>
relativo a società quotata (in tutti i casi);
Contro
il reato di false comunicazioni sociali si procede su querela della parte
offesa se esso è:
>
relativo a società non quotata ed ha cagionato un danno patrimoniale a soggetti
diversi dallo Stato, altri enti pubblici o Comunità europee.
Il
reato di false comunicazioni sociali, se non cagiona un danno patrimoniale a
terzi, è punito:
>
con l'arresto fino a un anno e sei mesi;
Il
reato di false comunicazioni sociali, se cagiona un danno patrimoniale a terzi,
è punito:
>
se è relativo a società non quotate, con la reclusione da sei mesi a tre anni;
>
se è relativo a società quotate, con la reclusione da uno a quattro anni.
La
punibilità del reato di false comunicazioni sociali è esclusa quando le falsità
o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della
situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società (o del gruppo al
quale essa appartiene).
La
punibilità è comunque esclusa se:
-
la falsità o le omissioni determinano:
>
una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte non
superiore al 5% ,
>
oppure una variazione del patrimonio netto non superiore all'1%
-
il reato è conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente
considerate, differiscono in misura non superiore al 10% di quella corretta.
Il
reato di false comunicazioni sociali cade in prescrizione:
-
se non cagiona un danno patrimoniale a terzi, in tre anni;
-
se cagiona un danno patrimoniale a terzi, in cinque anni.
La
DLgs 61/2002 introduce per la prima volta il concetto della
"responsabilità oggettiva" della società nell'interesse della quale
il reato societario è stato commesso.
La
responsabilità oggettiva della società è di tipo amministrativo ed è sanzionata
mediante una sanzione pecuniaria che, nel caso del reato di false comunicazioni
sociali, è stabilita nelle seguenti misure:
-
da 100 a 150 quote, se dal reato non consegue un danno patrimoniale ai soci o
ad altri soggetti;
-
da 150 a 300 quote, se il reato è relativo a società non quotata e da esso
consegue un danno patrimoniale ai soci o ad altri soggetti;
-
da 200 a 400 quote, se il reato è relativo a società quotata e da esso consegue
un danno patrimoniale ai soci o ad altri soggetti
La
responsabilità amministrativa della società sussiste quando viene commesso
nell'interesse della società uno dei reati individuati dal nuovo art. 25-ter
del DLgs 231/2001 da parte:
-
di amministratori, direttori generali o liquidatori della società,
-
nonché da parte di soggetti sottoposti alla vigilanza dei predetti
amministratori, direttori generali o liquidatori (quali, ad esempio, i
dipendenti della società), qualora il fatto non si sarebbe realizzato se essi
avessero vigilato in conformità agli obblighi inerenti la loro carica.
In
sostanza la responsabilità amministrativa della società opera:
-
se il reato è commesso da amministratori, direttori generali o liquidatori
della società, a condizione che venga provato l'interesse della società
nell'effettuazione dell'illecito;
-
se il reato è commesso da dipendenti o altre persone soggette alla vigilanza
degli amministratori, direttori generali o liquidatori della società, a
condizione che venga provato:
>>
l'interesse della società nell'effettuazione dell'illecito;
>>
ed inoltre il mancato esercizio di un'adeguata attività di controllo da parte
degli amministratori, direttori generali o liquidatori della società.
L'entrata
in vigore della nuova disciplina pone una serie di problemi di diritto
transitorio, la cui risoluzione non è stata affidata a specifiche norme, bensì
affidata alla mera successione delle leggi nel tempo.
In
tale contesto, opera il principio del favor rei, in base al quale agli illeciti
commessi prima del 16.4.2002 l'alternativa tra l'applicazione delle
disposizioni vigenti al momento della commissione dell'illecito e
l'applicazione delle nuove disposizioni segue il criterio del maggior favore
per l'autore dell'illecito.
Posto
che la nuova normativa prevede per il reato di false comunicazioni sociali un
regime sanzionatorio più leggero, alcune cause che escludono la punibilità del
reato, nonché (in alcune circostanze) la procedibilità su querela di parte
anziché d'ufficio, ne consegue che sui reati commessi prima del 16.4.2002
(indipendentemente dal fatto che a tale data vi sia già un procedimento in
corso o meno a carico dell'autore del fatto) troverà applicazione la nuova
disciplina sul falso in bilancio introdotta dal DLgs 61/2002.
Proposizione
della querela
Per
quanto concerne gli illeciti commessi prima dell'entrata in vigore della
riforma, l'art. 5 del DLgs 61/2002 stabilisce che il termine entro il quale
deve essere presentata la querela decorre dal giorno di entrata in vigore della
nuova normativa.
Pertanto,
per i reati commessi prima del 16.4.2002 la cui procedibilità è subordinata
alla presentazione di querela di parte in base alle nuove disposizioni, la
parte offesa ha tempo per attivarsi fino al 16.7.2002, dopodiché decade dal
relativo diritto e l'autore dell'illecito non può più essere perseguito.
Per
quanto attiene, infine, alla responsabilità amministrativa delle società, in
quanto di nuova introduzione, essa può trovare applicazione solo con
riferimento ai reati commessi dopo l'entrata in vigore del DLgs 61/2002, ossia
dopo il 16.4.2002.
La
nuova disciplina del falso in bilancio distingue, innanzitutto, a seconda che
dalla commissione del reato conseguano o meno dei danni effettivi in capo ai
soci o ad altri soggetti e, secondariamente, a seconda che il reato sia
relativo a una società quotata o meno.
Nel
caso in cui il reato abbia provocato dei danni, la procedibilità contro gli
autori è subordinata alla presentazione di una apposita querela della parte
offesa.
Resta
tuttavia procedibile d'ufficio il reato che concerne una società quotata.
Un
primo "collo di bottiglia" nella procedibilità contro i reati di
false comunicazioni sociali è dunque costituito dalla tempestività nella
presentazione della querela.
Fermo
restando quanto detto a proposito delle società quotate, laddove la querela non
è richiesta e il reato resta procedibile d'ufficio, il nuovo termine di
prescrizione diviene triennale (quinquennale negli altri casi), richiedendo
anche in questo caso una maggiore tempestività nell'azione.
Acclarata
la procedibilità (querela e prescrizione), il secondo "collo di
bottiglia" è costituito dalle cause di non punibilità del reato, con le
quali viene prevista la non punibilità dei reati che non alterano in modo
sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e
finanziaria della società ed in particolare di quelle violazioni che non
superano una determinata "franchigia".
Il
reato di falso in bilancio non può infatti in alcun caso essere giudicato
punibile se:
-
in primo luogo, è frutto di valutazioni estimative che, singolarmente
considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta;
-
in secondo luogo (esclusivamente qualora una o più delle singole valutazioni
eccedano la predetta soglia, ovvero il reato non sia riconducibile interamente
a valutazioni estimative), se l'insieme delle falsità e omissioni determinano
una variazione dell'utile civilistico prima delle imposte superiore al 5%,
oppure una variazione del patrimonio netto superiore all'1%.
Ecco
quindi che:
-
se sussisteranno i presupposti formali (prescrizione e, laddove richiesta,
querela), sarà possibile procedere contro il reato;
-
se sussisteranno i presupposti sostanziali (eccedenza rispetto alla
"franchigia") sarà anche possibile punire gli autori.
In
virtù dell'applicazione del favor rei la nuova (e più favorevole) disciplina si
applica anche ai reati commessi prima del 16.4.2002, con quel che ne consegue
in particolare per i procedimenti in corso a tale data, in termini di effettiva
procedibilità (presupposti formali) e punibilità (presupposti sostanziali) dei
reati contestati.