Decreto
Legislativo n. 626 del 19/09/1994
|
Attuazione delle
direttive 89\391\CEE, 89\654\CEE,
89\655\CEE, 89\656\CEE, 90\269\CEE, 90\270\CEE, 90\394\CEE , 90\679\CEE,
93/88/CEE, 97/42/CE e 1999/38/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro.
(pubblicato su : G. U. 12.11.1994, n. 265, s.o. n.
141).
(Il testo è quello vigente
dopo le modifiche apportate da:
Dlgs.
n. 242/96, Dlgs. n. 359/99, DM 12/11/99, Dlgs 66/00 e L.
422/00)
1. Il presente decreto
legislativo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei
lavoratori durante il lavoro, in tutti i settori di attività privati o pubblici.
2. Nei riguardi delle Forze
armate e di Polizia, dei servizi di protezione civile, nonchè nell'ambito delle
strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità
istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e
sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione
universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e
grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche
dello Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari, e dei mezzi di
trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono applicate
tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato,
individuate con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del
lavoro e della previdenza sociale, della sanità e della funzione pubblica (1).
3. Nei riguardi dei
lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, nonchè dei lavoratori con
rapporto contrattuale privato di portierato, le norme del presente decreto si
applicano nei casi espressamente previsti.
4. Le disposizioni di cui al
presente decreto, si applicano nelle regioni a statuto speciale e nelle province
autonome di Trento e Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e relative
norme di attuazione.
4-bis. Il datore di lavoro
che esercita le attività di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 e, nell'ambito delle
rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o
sovraintendono le stesse attività, sono tenuti all'osservanza delle disposizioni
del presente decreto (2).
4-ter. Nell'ambito degli
adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare
quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4, lettera a), e 11 primo periodo
(2).
(1) Comma sostituito
dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 e poi così modificato dall'art. 9, comma
22, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, conv. in L. 28 novembre 1996, n.
608.
(2) Comma aggiunto dall’art.
1, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(1). 1. Agli effetti delle
disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
a) lavoratore: persona che
presta il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro, esclusi gli
addetti ai servizi domestici e familiari, con rapporto di lavoro subordinato
anche speciale. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società,
anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società e degli
enti stessi, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione
scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per
agevolare o per perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì
equiparati gli allievi degli istituti di istruzione ed universitari e i
partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di
laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti
chimici, fisici e biologici. I soggetti di cui al precedente periodo non vengono
computati ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale il
presente decreto fa discendere particolari obblighi;
b) datore di lavoro: il
soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il
soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la
responsabilità dell'impresa stessa ovvero dell'unità produttiva, quale definita
ai sensi della lettera i), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa.
Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, per datore di lavoro si intende il dirigente
al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente
qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un
ufficio avente autonomia gestionale;
c) servizio di prevenzione e
protezione dai rischi: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni
all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi
professionali nell'azienda, ovvero unità produttiva;
d) medico competente: medico
in possesso di uno dei seguenti titoli:
1) specializzazione in
medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in
tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del
lavoro o in clinica del lavoro ed altre specializzazioni individuate, ove
necessario, con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica;
2) docenza o libera docenza,
in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o
in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene
del lavoro;
3) autorizzazione di cui
all'art. 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
e) responsabile del servizio
di prevenzione e protezione: persona designata dal datore di lavoro in possesso
di attitudini e capacità adeguate;
f) rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza: persona, ovvero persone, eletta o designata per
rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della
sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato rappresentante per la
sicurezza;
g) prevenzione: il complesso
delle disposizioni o misure adottate o previste in tutte le fasi dell'attività
lavorativa per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della
salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
h) agente: l'agente chimico,
fisico o biologico, presente durante il lavoro e potenzialmente dannoso per la
salute;
i) unità produttiva:
stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata
di autonomia finanziaria e tecnico funzionale.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 2,
comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Le misure generali per la
protezione della salute e per la sicurezza dei lavoratori sono:
a) valutazione dei rischi
per la salute e la sicurezza;
b) eliminazione dei rischi
in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico e, ove ciò
non è possibile, loro riduzione al minimo;
c) riduzione dei rischi alla
fonte;
d) programmazione della
prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella
prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell'azienda
nonchè l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;
e) sostituzione di ciò che è
pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;
f) rispetto dei principi
ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature
e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il
lavoro monotono e quello ripetitivo;
g) priorità delle misure di
protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;
h) limitazione al minimo del
numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;
i) utilizzo limitato degli
agenti chimici, fisici e biologici, sui luoghi di lavoro;
l) controllo sanitario dei
lavoratori in funzione dei rischi specifici;
m) allontanamento del
lavoratore dall'esposizione a rischio, per motivi sanitari inerenti la sua
persona;
n) misure igieniche;
o) misure di protezione
collettiva ed individuale;
p) misure di emergenza da
attuare in caso di pronto soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei
lavoratori e di pericolo grave ed immediato;
q) uso di segnali di
avvertimento e di sicurezza;
r) regolare manutenzione di
ambienti, attrezzature, macchine ed impianti, con particolare riguardo ai
dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti;
s) informazione, formazione,
consultazione e partecipazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti,
sulle questioni riguardanti la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro;
t) istruzioni adeguate ai
lavoratori.
2. Le misure relative alla
sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso
comportare oneri finanziari per i lavoratori.
(1). 1. Il datore di lavoro,
in relazione alla natura dell'attività dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, valuta, nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o
dei preparati chimici impiegati, nonchè nella sistemazione dei luoghi di lavoro,
i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli
riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari.
2. All'esito della
valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro elabora un documento
contenente:
a) una relazione sulla
valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella
quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'individuazione delle
misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione
individuale, conseguente alla valutazione di cui alla lettera a);
c) il programma delle misure
ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di
sicurezza.
3. Il documento è custodito
presso l'azienda ovvero l'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro:
a) designa il responsabile
del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo
le regole di cui all'art. 8;
b) designa gli addetti al
servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le
regole di cui all'art. 8;
c) nomina, nei casi previsti
dall'art. 16, il medico competente.
5. Il datore di lavoro
adotta le misure necessarie per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e in
particolare:
a) designa preventivamente i
lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e
lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave e
immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e, comunque, di gestione
dell'emergenza;
b) aggiorna le misure di
prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno
rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, ovvero in relazione
al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione;
c) nell'affidare i compiti
ai lavoratori tiene conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in
rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
d) fornisce ai lavoratori i
necessari e idonei dispostivi di protezione individuale, sentito il responsabile
del servizio di prevenzione e protezione;
e) prende le misure
appropriate affinchè soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate
istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiede l'osservanza da
parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonchè delle disposizioni
aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di
protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro
disposizione;
g) richiede l'osservanza da
parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto,
informandolo sui processi e sui rischi connessi all'attività produttiva;
h) adotta le misure per il
controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dà istruzioni
affinchè i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile,
abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informa il più presto
possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa
il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di
protezione;
l) si astiene, salvo
eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la
loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e
immediato;
m) permette ai lavoratori di
verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle
misure di sicurezza e di protezione della salute e consente al rappresentante
per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale
di cui all'art. 19, comma 1, lettera e);
n) prende appropriati
provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi
per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;
o) tiene un registro nel
quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano
un'assenza dal lavoro di almeno un giorno. Nel registro sono annotati il nome,
il cognome, la qualifica professionale dell'infortunato, le cause e le
circostanze dell'infortunio, nonchè la data di abbandono e di ripresa del
lavoro. Il registro è redatto conformemente al modello approvato con decreto dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, sentita la Commissione
consultiva permanente, di cui all'art. 393 del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modifiche, ed è conservato sul
luogo di lavoro, a disposizione dell'organo di vigilanza. Fino all'emanazione di
tale decreto il registro è redatto in conformità ai modelli già disciplinati
dalle leggi vigenti;
p) consulta il
rappresentante per la sicurezza nei casi previsti dall'art. 19, comma 1, lettere
b), c) e d);
q) adotta le misure
necessarie ai fini della prevenzione incendi e dell'evacuazione dei lavoratori,
nonchè per il caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere
adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti.
6. Il datore di lavoro
effettua la valutazione di cui al comma 1 ed elabora il documento di cui al
comma 2 in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione e con il medico competente, nei casi in cui sia obbligatoria la
sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la
sicurezza.
7. La valutazione di cui al
comma 1 e il documento di cui al comma 2 sono rielaborati in occasione di
modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della
salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro
custodisce, presso l'azienda ovvero l'unità produttiva, la cartella sanitaria e
di rischio del lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, con salvaguardia
del segreto professionale, e ne consegna copia al lavoratore stesso al momento
della risoluzione del rapporto di lavoro, ovvero quando lo stesso ne fa
richiesta.
9. Per le piccole e medie
aziende, con uno o più decreti da emanarsi entro il 31 marzo 1996 da parte dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e
dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva permanente
per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, in relazione alla
natura dei rischi e alle dimensioni dell'azienda, sono definite procedure
standardizzate per gli adempimenti documentali di cui al presente articolo. Tali
disposizioni non si applicano alle attività industriali di cui all'art. 1 del
decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive
modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli
articoli 4 e 6 del decreto stesso, alle centrali termoelettriche, agli impianti
e laboratori nucleari, alle aziende estrattive ed altre attività minerarie, alle
aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e
munizioni, e alle strutture di ricovero e cura sia pubbliche sia private.
10. Per le medesime aziende
di cui al comma 9, primo periodo, con uno o più decreti dei Ministri del lavoro
e della previdenza sociale, dell'industria, del commercio e dell'artigianato e
della sanità, sentita la commissione consultiva permanente per la prevenzione
degli infortuni e per l'igiene del lavoro, possono essere altresì definiti:
a) i casi relativi a ipotesi
di scarsa pericolosità, nei quali è possibile lo svolgimento diretto dei compiti
di prevenzione e protezione in aziende ovvero unità produttive che impiegano un
numero di addetti superiore a quello indicato nell'allegato I;
b) i casi in cui è possibile
la riduzione a una sola volta all'anno della visita di cui all'art. 17, lettera
h), degli ambienti di lavoro da parte del medico competente, ferma restando
l'obbligatorietà di visite ulteriori, allorchè si modificano le situazioni di
rischio.
11. Fatta eccezione per le
aziende indicate nella nota (1) dell'allegato I, il datore di lavoro delle
aziende familiari nonchè delle aziende che occupano fino a dieci addetti non è
soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, ma è tenuto comunque ad
autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei
rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati. L'autocertificazione
deve essere inviata al rappresentante per la sicurezza. Sono in ogni caso
soggette agli obblighi di cui ai commi 2 e 3 le aziende familiari nonchè le
aziende che occupano fino a dieci addetti, soggette a particolari fattori di
rischio, individuate nell'ambito di specifici settori produttivi con uno o più
decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri della sanità, dell'industria, del commercio e dell'artigianato, delle
risorse agricole alimentari e forestali e dell'interno, per quanto di rispettiva
competenza.
12. Gli obblighi relativi
agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi
del presente decreto, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche
amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed
educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o
convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi
previsti dal presente decreto, relativamente ai predetti interventi, si
intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici
interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione
competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 3,
comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Ciascun lavoratore deve
prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle
altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti
delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle
istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. In particolare i
lavoratori:
a) osservano le disposizioni
e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai
fini della protezione collettiva ed individuale;
b) utilizzano correttamente
i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati
pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonchè i
dispositivi di sicurezza;
c) utilizzano in modo
appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
d) segnalano immediatamente
al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e
dispositivi di cui alle lettere b) e c), nonchè le altre eventuali condizioni di
pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di
urgenza, nell'ambito delle loro competenze e possibilità, per eliminare o
ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovono o
modificano senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o
di controllo;
f) non compiono di propria
iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che
possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) si sottopongono ai
controlli sanitari previsti nei loro confronti;
h) contribuiscono, insieme
al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli
obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la
sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro.
1. I progettisti dei luoghi
o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione
in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e
tecniche e scelgono macchine nonchè dispositivi di protezione rispondenti ai
requisiti essenziali di sicurezza previsti nelle disposizioni legislative e
regolamentari vigenti (1).
2. Sono vietati la
fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di
attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni
legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede in
locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di
omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle
previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge (2).
3. Gli installatori e
montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici devono attenersi alle
norme di sicurezza e di igiene del lavoro, nonchè alle istruzioni fornite dai
rispettivi fabbricanti dei macchinari e degli altri mezzi tecnici per la parte
di loro competenza.
(1) Comma così modificato dall’art. 4,
comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996,
n. 242.
(2) Comma così sostituito
dall’art. 4, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
. 1. Il datore di lavoro, in
caso di affidamento dei lavori all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità
produttiva, ad imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:
a) verifica, anche
attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato,
l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori
autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o contratto d'opera;
b) fornisce agli stessi
soggetti dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente
in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza
adottate in relazione alla propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al
comma 1 i datori di lavoro:
a) cooperano all'attuazione
delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti
sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi
di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori,
informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle
interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione
dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro
committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2. Tale
obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese
appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi (1).
(1) Comma così sostituito dall’art. 5 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Salvo quanto previsto
dall'art. 10, il datore di lavoro organizza all'interno dell'azienda, ovvero
dell'unità produttiva, il servizio di prevenzione e protezione, o incarica
persone o servizi esterni all'azienda, secondo le regole di cui al presente
articolo.
2. Il datore di lavoro
designa all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, una o più persone
da lui dipendenti per l'espletamento dei compiti di cui all'articolo 9, tra cui
il responsabile del servizio in possesso di attitudini e capacità adeguate,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
3. I dipendenti di cui al
comma 2 devono essere in numero sufficiente, possedere le capacità necessarie e
disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro
assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell'attività svolta
nell'espletamento del proprio incarico.
4. Salvo quanto previsto dal
comma 2, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all'azienda in
possesso delle conoscenze professionali necessarie per integrare l'azione di
prevenzione o protezione (1).
5. L'organizzazione del
servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità
produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali
di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio
1988, n. 175 e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o
notifica, ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso;
b) nelle centrali
termoelettriche;
c) negli impianti e
laboratori nucleari;
d) nelle aziende per la
fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali
con oltre 200 dipendenti;
f) nelle industrie
estrattive con oltre 50 lavoratori dipendenti;
g) nelle strutture di
ricovero e cura sia pubbliche sia private (2).
6. Salvo quanto previsto dal
comma 5, se le capacità dei dipendenti all'interno dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva sono insufficienti, il datore di lavoro può far ricorso a
persone o servizi esterni all'azienda, previa consultazione del rappresentante
per la sicurezza (3).
7. Il servizio esterno deve
essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda, ovvero unità produttiva, a
favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento
al numero degli operatori.
8. Il responsabile del
servizio esterno deve possedere attitudini e capacità adeguate.
9. Il Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, con decreto di concerto con i Ministri della sanità e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente, può individuare specifici requisiti, modalità e
procedure, per la certificazione dei servizi, nonchè il numero minimo degli
operatori di cui ai commi 3 e 7.
10. Qualora il datore di
lavoro ricorra a persone o servizi esterni egli non è per questo liberato dalla
propria responsabilità in materia.
11. Il datore di lavoro
comunica all'ispettorato del lavoro e alle unità sanitarie locali
territorialmente competenti il nominativo della persona designata come
responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ovvero esterno
all'azienda. Tale comunicazione è corredata da una dichiarazione nella quale si
attesti con riferimento alle persone designate:
a) i compiti svolti in
materia di prevenzione e protezione;
b) il periodo nel quale tali
compiti sono stati svolti;
c) il curriculum
professionale.
(1) Comma così sostituito
dall’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così sostituito
dall’art. 6, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Comma così sostituito
dall’art. 6, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Il servizio di
prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede:
a) all'individuazione dei
fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle
misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto
della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza
dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto
di competenza, le misure preventive e protettive e i sistemi di cui all'art. 4,
comma 2, lettera b) e i sistemi di controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure
di sicurezza per le varie attività aziendali;
d) a proporre i programmi di
informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle
consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all'art.
11;
f) a fornire ai lavoratori
le informazioni di cui all'art. 21.
2. Il datore di lavoro
fornisce ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del
lavoro, la programmazione e l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli
impianti e dei processi produttivi;
d) i dati del registro degli
infortuni e delle malattie professionali;
e) le prescrizioni degli
organi di vigilanza.
3. I componenti del servizio
di prevenzione e protezione e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a
conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto.
4. Il servizio di
prevenzione e protezione è utilizzato dal datore di lavoro.
1. Il datore di lavoro può
svolgere direttamente i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi nonchè di prevenzione incendi e di evacuazione, nei casi previsti
nell'allegato I, dandone preventiva informazione al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi successivi. Esso
può avvalersi della facoltà di cui all'art. 8, comma 4.
2. Il datore di lavoro che
intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di
formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche
dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all'organo di vigilanza
competente per territorio:
a) una dichiarazione
attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione
dai rischi;
b) una dichiarazione
attestante gli adempimenti di cui all'art. 4, commi 1, 2, 3 e 11 (1);
c) una relazione
sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria
azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni
o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla
legislazione vigente;
d) l'attestazione di
frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di
lavoro.
(1) Lettera così sostituita dall’art. 7,
comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Nelle aziende, ovvero
unità produttive, che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro,
direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi,
indice almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un
suo rappresentante;
b) il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente ove
previsto;
d) il rappresentante per la
sicurezza.
2. Nel corso della riunione
il datore di lavoro sottopone all'esame dei partecipanti:
a) il documento, di cui
all'art. 4, commi 2 e 3;
b) l'idoneità dei mezzi di
protezione individuale;
c) i programmi di
informazione e formazione dei lavoratori ai fini della sicurezza e della
protezione della loro salute.
3. La riunione ha altresì
luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di
esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove
tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori.
4. Nelle aziende, ovvero
unità produttive, che occupano fino a 15 dipendenti, nelle ipotesi di cui al
comma 3, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza può chiedere la
convocazione di una apposita riunione.
5. Il datore di lavoro,
anche tramite il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, provvede alla
redazione del verbale della riunione che è tenuto a disposizione dei
partecipanti per la sua consultazione.
. 1. Ai fini degli adempimenti
di cui all'art. 4, comma 5, lettera q), il datore di lavoro:
a) organizza i necessari
rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di pronto soccorso,
salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i
lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'art. 4, comma 5, lettera
a) (1);
c) informa tutti i
lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato circa le
misure predisposte ed i comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi,
prende i provvedimenti e dà istruzioni affinchè i lavoratori possano, in caso di
pericolo grave ed immediato che non può essere evitato, cessare la loro
attività, ovvero mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di
lavoro;
e) prende i provvedimenti
necessari affinchè qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato
per la propria sicurezza ovvero per quella di altre persone e nell'impossibilità
di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure
adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue
conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle
designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro tiene conto
delle dimensioni dell'azienda ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva.
3. I lavoratori non possono,
se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere
formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate,
tenendo conto delle dimensioni ovvero dei rischi specifici dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve,
salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di
riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un
pericolo grave ed immediato.
(1) Lettera così sostituita dall’art. 7,
comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
. 1. Fermo restando quanto
previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i
Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in relazione al
tipo di attività, al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori di rischio,
adottano uno o più decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad
individuare:
1) misure intese ad evitare
l'insorgere di un incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si
verifichi;
2) misure precauzionali di
esercizio;
3) metodi di controllo e
manutenzione degli impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione
delle emergenze;
b) le caratteristiche dello
specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio di cui all'art. 12,
compresi i requisiti del personale addetto e la sua formazione.
2. Per il settore minerario
il decreto di cui al comma 1 è adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e
della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
. 1. Il lavoratore che, in
caso di pericolo grave, immediato e che non può essere evitato, si allontana dal
posto di lavoro ovvero da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno
e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in
caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare il
competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di
tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia
commesso una grave negligenza.
1. Il datore di lavoro,
tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i
provvedimenti necessari in materia di pronto soccorso e di assistenza medica di
emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di
lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il
trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Il datore di lavoro,
qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati
dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
3. Le caratteristiche minime
delle attrezzature di pronto soccorso, i requisiti del personale addetto e la
sua formazione sono individuati in relazione alla natura dell'attività, al
numero dei lavoratori occupati e ai fattori di rischio, con decreto dei Ministri
della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della funzione pubblica e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente e il Consiglio superiore di sanità.
4. Fino all'emanazione del
decreto di cui al comma 3 si applicano le disposizioni vigenti in materia.
1. La sorveglianza sanitaria
è effettuata nei casi previsti dalla normativa vigente.
2. La sorveglianza di cui al
comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:
a) accertamenti preventivi
intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori
sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione
specifica;
b) accertamenti periodici
per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di
idoneità alla mansione specifica.
3. Gli accertamenti di cui
al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati
al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
. 1. Il medico competente:
a) collabora con il datore
di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'art. 8, sulla
base della specifica conoscenza dell'organizzazione dell'azienda ovvero
dell'unità produttiva e delle situazioni di rischio, alla predisposizione
dell'attuazione delle misure per la tutela della salute e dell'integrità
psico-fisica dei lavoratori;
b) effettua gli accertamenti
sanitari di cui all'art. 16;
c) esprime i giudizi di
idoneità alla mansione specifica al lavoro, di cui all'art. 16;
d) istituisce ed aggiorna,
sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza
sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di
lavoro con salvaguardia del segreto professionale;
e) fornisce informazioni ai
lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e,
nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità
di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività
che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta,
informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
f) informa ogni lavoratore
interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera B) e,
a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
g) comunica, in occasione
delle riunioni di cui all'art. 11, ai rappresentanti per la sicurezza, i
risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati
e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati;
h) congiuntamente al
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi, visita gli
ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla programmazione del
controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con
tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza;
i) fatti salvi i controlli
sanitari di cui alla lettera b), effettua le visite mediche richieste dal
lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali;
l) collabora con il datore
di lavoro alla predisposizione del servizio di pronto soccorso di cui all'art.
15;
m) collabora all'attività di
formazione e informazione di cui al capo VI.
2. Il medico competente può
avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti
scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
3. Qualora il medico
competente, a seguito degli accertamenti di cui all'art. 16, comma 2, esprima un giudizio sull'inidoneità
parziale o temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore
di lavoro e il lavoratore (1).
4. Avverso il giudizio di
cui al comma 3 è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di
comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente
competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la
modifica o la revoca del giudizio stesso.
5. Il medico competente
svolge la propria opera in qualità di:
a) dipendente da una
struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l'imprenditore per lo
svolgimento dei compiti di cui al presente capo;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di
lavoro.
6. Qualora il medico
competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e
gli assicura le condizioni necessarie per lo svolgimento dei suoi compiti.
7. Il dipendente di una
struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico competente qualora
esplichi attività di vigilanza (1).
(1) Comma così modificato dall’art. 8
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. In tutte le aziende, o
unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.
2. Nelle aziende, o unità
produttive, che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza
è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle aziende che occupano
fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato
per più aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto produttivo. Esso
può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze
sindacali, così come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.
3. Nelle aziende, ovvero
unità produttive, con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è
eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in
azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda
al loro interno.
4. Il numero, le modalità di
designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonchè il tempo
di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono
stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
5. In caso di mancato
accordo nella contrattazione collettiva di cui al comma 4, il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, sentite le parti, stabilisce con proprio
decreto, da emanarsi entro tre mesi dalla comunicazione del mancato accordo, gli
standards relativi alle materie di cui al comma 4. Per le amministrazioni
pubbliche provvede il Ministro per la funzione pubblica sentite la
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
6. In ogni caso il numero
minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:
a) un rappresentante nelle
aziende ovvero unità produttive sino a 200 dipendenti;
b) tre rappresentanti nelle
aziende ovvero unità produttive da 201 a 1.000 dipendenti;
c) sei rappresentanti in
tutte le altre aziende ovvero unità produttive.
7. Le modalità e i contenuti
specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in
sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria con il rispetto dei
contenuti minimi previsti dal decreto di cui all'art. 22, comma 7.
. 1. Il rappresentante per la
sicurezza:
a) accede ai luoghi di
lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) è consultato
preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla
individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione
nell'azienda ovvero unità produttiva;
c) è consultato sulla
designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività di
prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;
d) è consultato in merito
all'organizzazione della formazione di cui all'art. 22, comma 5;
e) riceve le informazioni e
la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di
prevenzione relative, nonchè quelle inerenti le sostanze e i preparati
pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti di
lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
f) riceve le informazioni
provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione
adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art. 22;
h) promuove l'elaborazione,
l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la
salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in
occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;
l) partecipa alla riunione
periodica di cui all'art. 11;
m) fa proposte in merito
all'attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile
dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle
autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione
dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non
sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante per la
sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico
senza perdita di retribuzione, nonchè dei mezzi necessari per l'esercizio delle
funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
3. Le modalità per
l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di
contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante per la
sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa delle svolgimento della
propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste
dalla legge per le rappresentanze sindacali.
5. Il
rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l'espletamento della sua
funzione, al documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, nonchè al registro degli
infortuni sul lavoro di cui all'art. 4, comma 5, lettera o).
1. A livello territoriale
sono costituiti organismi paritetici tra le organizzazioni sindacali dei datori
di lavoro e dei lavoratori, con funzioni di orientamento e di promozione di
iniziative formative nei confronti dei lavoratori. Tali organismi sono inoltre
prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione
dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme
vigenti.
2. Sono fatti salvi, ai fini
del comma 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi
interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
3. Agli effetti dell'art. 10
del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, gli organismi di cui al comma 1
sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo articolo.
1. Il datore di lavoro
provvede affinchè ciascun lavoratore riceva un'adeguata informazione su:
a) i rischi per la sicurezza
e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;
b) le misure e le attività
di protezione e prevenzione adottate;
c) i rischi specifici cui è
esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le
disposizioni aziendali in materia;
d) i pericoli connessi
all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei
dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona
tecnica;
e) le procedure che
riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei
lavoratori;
f) il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente;
g) i nominativi dei
lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 12 e 15.
2. Il datore di lavoro
fornisce le informazioni di cui al comma 1, lettere a), b), c), anche ai
lavoratori di cui all'art. 1, comma 3.
1. Il datore di lavoro
assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all'art. 1,
comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e
di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle
proprie mansioni (1).
2. La formazione deve
avvenire in occasione:
a) dell'assunzione;
b) del trasferimento o
cambiamento di mansioni;
c) dell'introduzione di
nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e
preparati pericolosi.
3. La formazione deve essere
periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero
all'insorgenza di nuovi rischi.
4. Il rappresentante per la
sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e
sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi
specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli
adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi
stessi.
5. I lavoratori incaricati
dell'attività di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei
lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto
soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono essere adeguatamente
formati (2).
6. La formazione dei
lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in
collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario
di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
7. I Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente, possono stabilire i contenuti minimi della formazione dei
lavoratori, dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro di cui
all'art. 10, comma 3, tenendo anche conto delle dimensioni e della tipologia
delle imprese.
(1) Comma così sostituito
dall’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così sostituito
dall’art. 9, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(1). 1. La vigilanza
sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi
di lavoro è svolta dall'Unità sanitaria locale e, per quanto di specifica
competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè, per il settore
minerario, dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e per
le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle
regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
2.
Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla
legislazione vigente all'Ispettorato del lavoro, per attività lavorative
comportanti rischi particolarmente elevati, da individuare con decreto del
Presidente del consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e
della previdenza sociale e della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente, l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in
materia di sicurezza può essere esercitata anche dall'Ispettorato del lavoro che
ne informa preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Unità
sanitaria locale competente per territorio.
3. Il decreto di cui al
comma 2 è emanato entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto.
4. Restano ferme le
competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle
disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima e alle autorità
marittime, portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei
lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed
aeroportuale, ed ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e
per le forze di polizia; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree
riservate o operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da
individuarsi, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto
del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della sanità. L'amministrazione della giustizia può avvalersi dei
servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione
con i rispettivi Ministeri, nonchè dei servizi istituiti con riferimento alle
strutture penitenziarie.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 10
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n.
242.
. 1. Le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, il Ministero dell'interno tramite le strutture
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza sul lavoro, anche mediante i propri dipartimenti
periferici, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo degli
Ispettorati del lavoro, il Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, per il settore estrattivo, tramite gli uffici della direzione
generale delle miniere, l'Istituto italiano di medicina sociale, l'Istituto
nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e gli enti di
patronato svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in materia
di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle
imprese artigiane e delle piccole e medie imprese delle rispettive associazioni
dei datori di lavoro (1).
2. L'attività di consulenza
non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di controllo e di
vigilanza.
(1) Comma così sostituito dall’art. 11
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Con atto di indirizzo e
coordinamento, da emanarsi, su proposta dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
sono individuati criteri al fine di assicurare unità ed omogeneità di
comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione delle
disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e di
radioprotezione (1).
(1) Comma così modificato dall’art. 12
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. L'art. 393 del decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal
seguente:
"Art. 393. (Costituzione
della commissione). 1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
è istituita una commissione consultiva permanente per la prevenzione degli
infortuni e per l'igiene del lavoro. Essa è presieduta dal Ministro del lavoro e
della previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione generale dei
rapporti di lavoro da lui delegato, ed è composta da:
a) cinque funzionari esperti
designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di cui tre
ispettori del lavoro, laureati uno in ingegneria, uno in medicina e chirurgia e
uno in chimica o fisica;
b) il direttore e tre
funzionari dell'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro;
c) un funzionario
dell'Istituto superiore di sanità;
d) il direttore generale
competente del Ministero della sanità ed un funzionario per ciascuno dei
seguenti Ministeri: industria; commercio ed artigianato; interno; difesa;
trasporti; risorse agricole, alimentari e forestali; ambiente e della Presidenza
del consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e degli affari
regionali (1);
e) sei rappresentanti delle
regioni e province autonome designati dalla Conferenza Stato-regioni;
f) un rappresentante dei
seguenti organismi: Istituto nazionale assicurazioni e infortuni sul lavoro;
Corpo nazionale dei vigili del fuoco; Consiglio nazionale delle ricerche; UNI;
CEI; Agenzia nazionale protezione ambiente; Istituto italiano di medicina
sociale (2);
g) otto esperti nominati dal
Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle
organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello
nazionale (2);
h) otto esperti nominati dal
Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle
organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della
piccola e media impresa maggiormente rappresentative a livello nazionale (3);
i) un esperto nominato dal
Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle
organizzazioni sindacali dei dirigenti d'azienda maggiormente rappresentative a
livello nazionale.
Ai predetti componenti, per
le riunioni o giornate di lavoro, non spetta il gettone di presenza di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 11 gennaio 1956, n. 5, e successive
modificazioni (4).
2. Per ogni rappresentante
effettivo è designato un membro supplente.
3. All'inizio di ogni
mandato la commissione può istituire comitati speciali permanenti dei quali
determina la composizione e la funzione.
4. La commissione può
chiamare a far parte dei comitati di cui al comma 3 persone particolarmente
esperte, anche su designazione delle associazioni professionali, dell'università
e degli enti di ricerca, in relazione alle materie trattate.
5. Le funzioni inerenti alla
segreteria della commissione sono disimpegnate da due funzionari del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale.
6. I componenti della
commissione consultiva permanente ed i segretari sono nominati con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione degli organismi
competenti e durano in carica tre anni.".
2. L'art. 394 del decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal
seguente:
"Art. 394. (Compiti della
commissione). 1. La commissione consultiva permanente ha il compito di:
a) esaminare i problemi
applicativi della normativa in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro
e predisporre una relazione annuale al riguardo;
b) formulare proposte per lo
sviluppo e il perfezionamento della legislazione vigente e per il suo
coordinamento con altre disposizioni concernenti la sicurezza e la protezione
della salute dei lavoratori, nonchè per il coordinamento degli organi preposti
alla vigilanza;
c) esaminare le
problematiche evidenziate dai comitati regionali sulle misure preventive e di
controllo dei rischi adottate nei luoghi di lavoro;
d) proporre linee guida
applicative della normativa di sicurezza;
e) esprimere parere sugli
adeguamenti di natura strettamente tecnica relativi alla normativa CEE da
attuare a livello nazionale;
f) esprimere parere sulle
richieste di deroga previste dall'art. 48 del decreto legislativo 15 agosto
1991, n. 277;
g) esprimere parere sulle
richieste di deroga previste dall'art. 8 del decreto legislativo 25 gennaio
1992, n. 77;
h) esprimere parere sul
riconoscimento della conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute
dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza (5);
i) esprimere il parere sui
ricorsi avverso le disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro
nell'esercizio della vigilanza, sulle attività comportanti rischi
particolarmente elevati, individuate ai sensi dell'art. 43, comma 1, lettera g),
n. 4, della legge 19 febbraio 1991, n. 142, secondo le modalità di cui all'art.
402;
l) esprimere parere, su
richiesta del Ministero del lavoro e della previdenza sociale o del Ministero
della sanità o delle regioni, su qualsiasi questione relativa alla sicurezza del
lavoro e alla protezione della salute dei lavoratori.
2. La relazione di cui al
comma precedente, lettera a), è resa pubblica ed è trasmessa alle commissioni
parlamentari competenti ed ai presidenti delle regioni.
3. La commissione, per
l'espletamento dei suoi compiti, può chiedere dati o promuovere indagini e, su
richiesta o autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
effettuare sopralluoghi.".
3. L'art. 395 del decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è soppresso.
(1) Lettera così modificata
dall'art. 13, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Lettera così modificata
dall'art. 13, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Lettera così sostituita
dall'art. 13, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(4) Comma così modificato
dall'art. 13, comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(5) Lettera così sostituita
dall'art. 13, comma 5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Con atto di indirizzo e
coordinamento, da emanarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta dei Ministri
del lavoro e della previdenza sociale e della sanità, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, sono individuati criteri generali relativi
all'individuazione di organi operanti nella materia della sicurezza e della
salute sul luogo di lavoro al fine di realizzare uniformità di interventi ed il
necessario raccordo con la commissione consultiva permanente.
2. Alle riunioni della
Conferenza Stato-regioni, convocate per i pareri di cui al comma 1, partecipano
i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNICEM.
1. Con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della sanità e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente:
a) è riconosciuta la
conformità alle vigenti norme per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul
luogo di lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza (1);
b) si dà attuazione alle
direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro
della Comunità europea per le parti in cui modificano modalità esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico di altre direttive già recepite
nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede
all'adeguamento della normativa di natura strettamente tecnica e degli allegati
al presente decreto in relazione al progresso tecnologico.
(1) Lettera così sostituita dall’art.
14 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n.
242.
. 1. L'INAIL e l'ISPESL si
forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni ed alle malattie
professionali anche con strumenti telematici.
2. L'ISPESL e l'INAIL
indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il necessario
coordinamento in relazione a quanto previsto dall'art. 8, comma 3, del decreto
legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonchè per verificare l'adeguatezza dei
sistemi di prevenzione ed assicurativi, e per studiare e proporre soluzioni
normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie
professionali.
3. I criteri per la raccolta
ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti da
infortunio durante l'attività lavorativa sono individuati nelle norme UNI,
riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di infortunio, ed i
criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità e loro successivi
aggiornamenti.
4. Con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente, possono essere individuati criteri
integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari rischi.
5. I criteri per la raccolta
e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti
dalle malattie professionali, nonchè ad altre malattie e forme patologiche
eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto del Ministro
del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità, sentita la
commissione consultiva permanente, sulla base delle norme di buona tecnica.
. 1. Ai fini dell'applicazione
delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a
contenere i posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, nonchè ogni altro luogo nell'area della medesima azienda ovvero
unità produttiva comunque accessibile per il lavoro.
2. Le disposizioni del
presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o
mobili;
c) alle industrie
estrattive;
d) ai pescherecci;
e) ai campi, boschi e altri
terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori
dall'area edificata dell'azienda.
3. Ferme restando le
disposizioni di legge vigenti, le prescrizioni di sicurezza e di salute per i
luoghi di lavoro sono specificate nell'allegato II.
4. I luoghi di lavoro devono
essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori
di handicap.
5. L'obbligo di cui al comma
4 vige, in particolare, per le porte, le vie di circolazione, le scale, le
docce, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da
lavoratori portatori di handicap.
6. La disposizione di cui al
comma 4 non si applica ai luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio
1993, ma debbono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e
l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
(1). 1. Ferme restando le disposizioni
legislative e regolamentari vigenti e fatte salve le disposizioni di cui
all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come
modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i luoghi di lavoro
costruiti o utilizzati anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto
devono essere adeguati alle prescrizioni di sicurezza e salute di cui al
presente titolo entro il 1° gennaio 1997.
2. Se gli adeguamenti di cui
al comma 1 richiedono un provvedimento concessorio o autorizzatorio il datore di
lavoro deve immediatamente iniziare il procedimento diretto al rilascio
dell'atto ed ottemperare agli obblighi entro sei mesi dalla data del
provvedimento stesso.
3. Sino a che i luoghi di
lavoro non vengano adeguati, il datore di lavoro, previa consultazione del
rappresentante per la sicurezza, adotta misure alternative che garantiscono un
livello di sicurezza equivalente.
4. Ove vincoli urbanistici o
architettonici ostino agli adeguamenti di cui al comma 1, il datore di lavoro,
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, adotta le misure
alternative di cui al comma 3. Le misure, nel caso di cui al presente comma,
sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente per territorio.
(1) Articolo così sostituito dall’art. 15
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
. 1. Il datore di lavoro
provvede affinchè:
a) le vie di circolazione
interne o all'aperto che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite
di emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni
evenienza;
b) i luoghi di lavoro, gli
impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e
vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che
possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
c) i luoghi di lavoro, gli
impianti e i dispositivi vengano sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare
condizioni igieniche adeguate;
d) gli impianti e i
dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei
pericoli, vengano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro
funzionamento.
. 1. L'art. 13 del decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è sostituito dal seguente:
"Art.
13. (Vie e uscite di emergenza). 1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a)
via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone
che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
b)
uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
c)
luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli
effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza;
c-bis)
larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al
netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se
scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile
di passaggio) (1).
2.
Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di
raggiungere il più rapidamente possibile un luogo sicuro.
3.
In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati
rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
4.
Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di
emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro
ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate,
nonchè al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
5.
Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2,0 e larghezza
minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
6.
Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere
apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere
aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia
bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. L'apertura delle porte delle uscite
di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa determinare
pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione di
altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando provinciale
dei vigili del fuoco competente per territorio (2).
7.
Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave, se non in
casi specificamente autorizzati dall'autorità competente.
8.
Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali
porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli
verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
9.
Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie di circolazione e le porte che vi
danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere
utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
10.
Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita
segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi
appropriati.
11.
Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere
dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in
funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
12.
Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che
presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono
adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di
facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa
antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità,
quando non ne esista l'impossibilità accertata dall'organo di vigilanza: in
quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le
deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento
dell'organo di vigilanza (3)
13.
Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica
la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi debbono avere un numero
sufficiente di vie ed uscite di emergenza.".
2.
L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1995, n. 547, è
sostituito dal seguente:
"Art.
14. (Porte e portoni). 1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero,
dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida
uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il
lavoro.
2.
Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli di
esplosione o specifici rischi di
incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di
5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso
dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20 (4).
3.
Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma
2, la larghezza minima delle porte è la seguente:
a)
quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a
25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80
(5);
b)
quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in
numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;
c)
quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in
numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente
larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che
si aprano entrambe nel verso dell'esodo (5);
d)
quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in
numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il
locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo
avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi
occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza
rispetto a 100.
4.
Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore,
purchè la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
5.
Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile
una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è
prevista una larghezza minima di m 0,80 è applicabile una tolleranza in meno del
2% (due per cento) (6).
6.
Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13, comma
5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di
cui all'art. 13, comma 5.
7.
Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte
scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando
non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale.
8.
Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei
veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte
per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed
essere sgombre in permanenza.
9.
Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere
muniti di pannelli trasparenti.
10.
Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza
degli occhi.
11.
Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte e dei portoni non sono
costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori possano
rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere
protette contro lo sfondamento.
12.
Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca
loro di uscire dalle guide o di cadere.
13.
Le porte ed i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema
di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
14.
Le porte ed i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di
infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto
di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti
anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in
caso di mancanza di energia elettrica.
15.
Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere
contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente
alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento,
dall'interno senza aiuto speciale.
16.
Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.
17.
I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere
provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida
uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall'interno durante il
lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle
disposizioni di cui ai precedenti commi 9 e 10. Per i luoghi di lavoro costruiti
o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei
commi 2, 3, 4, 5 e 6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la
larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a
quanto previsto dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità
(7).”.
3.
L'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è
sostituito dal seguente:
"Art.
8. (Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi). 1. Le vie di
circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono
essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano
utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione
e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non
corrano alcun rischio.
2.
Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci
dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo di impresa.
3.
Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà
essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
4.
Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza
sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
5.
Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire
la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere
evidenziato.
6.
Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del
lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute
d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i
lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
7.
Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati
ad accedere alle zone di pericolo.
8.
Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
9. I
pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non
devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni
tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di
trasporto.
10.
I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che
ostacolano la normale circolazione.
11.
Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare
dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per
i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono
essere adeguatamente segnalati.".
4.
L'intestazione del titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 19
marzo 1956, n. 303, è sostituita dalla seguente:
"Titolo
II
Disposizioni
particolari".
5.
L'art. 6, del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è
sostituito dal seguente:
"Art.
6. (Altezza, cubatura e superficie). 1. I limiti minimi per altezza, cubatura e
superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende
industriali che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che
eseguono le lavorazioni indicate nell'articolo 33, sono i seguenti:
a)
altezza netta non inferiore a m 3;
b)
cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;
c)
ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di
almeno mq 2.
2. I
valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza
deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
3.
L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della
copertura dei soffitti o delle volte.
4.
Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza
competente per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra
indicate e prescrivere che siano adottati adeguati mezzi di ventilazione
dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa
l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa
anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le
lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di
vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
5.
Per i locali destinati o da destinarsi a uffici, indipendentemente dal tipo di
azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli
individuati dalla normativa urbanistica vigente." (8).
6.
L'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è
sostituito dal seguente:
"Art.
9. (Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi). 1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è
necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici
ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in
quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di areazione (9).
2.
Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto
funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di
controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.
3.
Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione
meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a
correnti d'aria fastidiosa.
4.
Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato
per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve
essere eliminato rapidamente.".
7.
L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è
sostituito dal seguente:
"Art.
11. (Temperatura dei locali). 1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere
adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi
di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
2.
Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto
della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il
movimento dell'aria concomitanti.
3.
La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di
sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso
deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.
4.
Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un
soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività
e della natura del luogo di lavoro.
5.
Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve
provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo
basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.".
8.
L'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è
sostituito dal seguente:
"Art.
10. (Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro). 1. A meno che
non sia richisto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non
si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di
sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di
lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione
artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di
lavoratori (10).
2.
Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione
devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non
rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori.
3. I
luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in
caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di
un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
4.
Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono
essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.".
9.
L'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è
sostituito dal seguente:
"Art.
7. (Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e
marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico). 1. A meno che non sia richiesto
diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori
continuativi locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni:
a)
essere ben difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento
termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei
lavoratori;
b)
avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
c)
essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
d)
avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter
essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene (11).
2. I
pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani
inclinati pericolosi, devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli.
3.
Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze
putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile
e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di
raccolta e scarico.
4.
Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene
bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se
i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
5.
Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di
lavoro devono essere a tinta chiara.
6.
La pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente
vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di
circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di
sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai
posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che i
lavoratori non possono entrare in contatto con le pareti, nè rimanere feriti
qualora esse vadano in frantumi.
Nel caso in cui vengono utilizzati materiali di sicurezza fino
all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando ciò è
necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangano feriti qualora
esse vadano in frantumi (12).
7.
Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere
aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando
sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo
per i lavoratori.
8.
Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con
l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentono la loro pulitura senza
rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè per i lavoratori
presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
9.
L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può
essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettono di
eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
10.
Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono
essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere
dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
11.
Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi
trasportati.
12.
Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è tecnicamente
possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono
disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
13.
Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori
possono cadere.
13-bis.
Le disposizioni di cui ai commi 10, 11, 12 e 13 sono altresì applicabili alle
vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di
circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione
utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti
dell'impresa, nonchè alle banchine di carico (13).”.
10.
L'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è
sostituito dal seguente:
"Art.
14. (Locali di riposo). 1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori,
segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono
poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
2.
La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in
uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di
riposo durante la pausa.
3. I
locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un
numero di tavoli e sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori.
4.
Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei
non fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
5.
Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non
esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale
altri locali affinchè questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del
lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige. In
detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non
fumatori contro gli inconvenienti del fumo.
6.
L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il
datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni
qualvolta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
7.
Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di
riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.".
11.
L'art. 40 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, è
sostituito dal seguente:
"Art.
40. (Spogliatoi e armadi per il vestiario). 1. Locali appositamente destinati a
spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi
devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o
di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali.
2.
Gli spogliatoi devono essere distinti fra i due sessi e convenientemente
arredati. Nelle aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può
essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono
utilizzati dal personale dei due sessi, secondo oppotuni turni prestabiliti e
concordati nell'ambito dell'orario di lavoro (14).
3. I
locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere
possibilmente vicini ai locali di lavoro aerati, illuminati, ben difesi dalle
intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
4.
Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun
lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
5.
Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di
fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonchè
in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque
pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da
quelli per gli indumenti privati.
6.
Qualora non si applichi il comma 1 ciascun lavoratore deve poter disporre delle
attrezzature di cui al comma 4 per poter riporre i propri indumenti.".
12.
Gli articoli 37 e 39 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, sono sostituiti dai seguenti:
"Art.
37. (Docce). 1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a
disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo
esigono.
2.
Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o
un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono
comunque facilmente comunicare tra loro.
3. I
locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun
lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.
4.
Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi
detergenti e per asciugarsi (15).
Art.
39. (Gabinetti e lavabi). 1. I lavoratori devono disporre, in prossimità dei
loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di
gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi
detergenti e per asciugarsi.
2.
Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quando ciò sia
impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che
occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, è ammessa
un'utilizzazione separata degli stessi (16).”.
13.
L'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, è
sostituito dal seguente:
"Art.
11. (Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni). 1. I posti di
lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o
l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa.
2.
Ove non è possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre
misure o cautele adeguate.
3. I
posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto
utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere
concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire
in modo sicuro.
4.
Le disposizioni di cui all'art. 8, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, sono altresì
applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle
vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di
circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli
impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico (17).
5.
Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui all'art. 8,
commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8, si applicano per analogia ai luoghi di lavoro
esterni (17).
6. I
luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce
artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
7.
Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere
strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale che i lavoratori:
a)
sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta
di oggetti;
b)
non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas,
vapori, polveri;
c)
possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono
essere soccorsi rapidamente;
d)
non possono scivolare o cadere.".
14.
Le disposizioni di cui al presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la
pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
(1) Lettera aggiunta
dall'art. 16, comma 2, lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così modificato
dall'art. 16, comma 2, lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Comma così sostituito
dall'art. 16, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(4) Comma così modificato
dall'art. 16, comma 3, lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(5) Comma così modificato
dall'art. 16, comma 3, lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(6) Comma così sostituito
dall'art. 16, comma 3, lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(7) Comma così sostituito
dall'art. 16, comma 3, lett. d), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(8) Comma così sostituito
dall'art. 16, comma 4, del D.Lgs.
19 marzo 1996, n. 242.
(9) Comma così modificato
dall'art. 16, comma 6, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(10) Comma così sostituito
dall'art. 16, comma 7, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(11) Comma così modificato
dall'art. 16, comma 5, lett. a), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(12) Comma così sostituito
dall'art. 16, comma 5, lett. b), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(13) Comma aggiunto
dall'art. 16, comma 5, lett. c), del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(14) Comma così modificato
dall'art. 16, comma 11, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(15) Articolo così
sostituito dall'art. 16, comma 8, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(16) Articolo così
sostituito dall'art. 16, comma 10, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(17) Comma così sostituito
dall'art. 16, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Agli effetti delle
disposizioni di cui al presente titolo si intendono per:
a) attrezzatura di lavoro:
qualsiasi macchina, apparecchio, utensile od impianto destinato ad essere usato
durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura
di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad una attrezzatura di
lavoro, quale la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la
riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;
c) zona pericolosa:
qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di una attrezzatura di lavoro
nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o
la sicurezza dello stesso.
. (1)
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature
adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini
della sicurezza e della salute.
2. Il datore di lavoro attua
le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi
connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per
impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e
secondo condizioni per le quali non sono adatte. Inoltre il datore di lavoro
prende le misure necessarie affinché durante l'uso delle attrezzature di lavoro
siano rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter.
3. All'atto della scelta
delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in
considerazione:
a) le condizioni e le
caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti
nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti
dall'impiego delle attrezzature stesse.
cbis) i sistemi di comando,
che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle
sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato
dell'attrezzatura.
4. Il datore di lavoro
prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro
siano:
a) installate in conformità
alle istruzioni del fabbricante;
b) utilizzate
correttamente;
c) oggetto di idonea
manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui
all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni
d'uso;
c-bis) disposte in maniera
tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre persone,
assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi
mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e
sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo
sicuro.
4-bis. Il datore di lavoro
provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro mobili, semoventi o non
semoventi sia assicurato che:
a) vengano disposte e fatte
rispettare regole di circolazione per attrezzature di lavoro che manovrano in
una zona di lavoro;
b) vengano adottate misure
organizzative atte a evitare che i lavoratori a piedi si trovino nella zona di
attività di attrezzature di lavoro semoventi e comunque misure appropriate per
evitare che, qualora la presenza di lavoratori a piedi sia necessaria per la
buona esecuzione dei lavori, essi subiscano danno da tali
attrezzature;
c) il trasporto di
lavoratori su attrezzature di lavoro mobili mosse meccanicamente avvenga
esclusivamente su posti sicuri, predisposti a tale fine, e che, se si devono
effettuare lavori durante lo spostamento, la velocità dell'attrezzatura sia
adeguata;
d) le attrezzature di lavoro
mobili, dotate di motore a combustione, siano utilizzate nelle zone di lavoro
soltanto qualora sia assicurata una quantità sufficiente di aria senza rischi
per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
4-ter. Il datore di lavoro
provvede affinché nell'uso di attrezzature di lavoro destinate a sollevare
carichi sia assicurato che:
a) gli accessori di
sollevamento siano scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di
presa, del dispositivo di aggancio, delle condizioni atmosferiche, nonché
tenendo conto del modo e della configurazione dell'imbracatura; le combinazioni
di più accessori di sollevamento siano contrassegnate in modo chiaro per
consentire all'utilizzatore di conoscerne le caratteristiche qualora esse non
siano scomposte dopo l'uso; gli accessori di sollevamento siano depositati in
modo tale da non essere danneggiati o deteriorati;
b) allorché due o più
attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati sono
installate o montate in un luogo di lavoro in modo che i loro raggi di azione si
intersecano, siano prese misure appropriate per evitare la collisione tra i
carichi e gli elementi delle attrezzature di lavoro stesse;
c) i lavori siano
organizzati in modo tale che, quando un lavoratore aggancia o sgancia
manualmente un carico, tali operazioni possano svolgersi con la massima
sicurezza e, in particolare, in modo che il lavoratore ne conservi il controllo
diretto o indiretto;
d) tutte le operazioni di
sollevamento siano correttamente progettate nonché adeguatamente controllate ed
eseguite al fine di tutelare la sicurezza dei lavoratori; in particolare, per un
carico da sollevare simultaneanente da due o più attrezzature di lavoro che
servono al sollevamento di carichi non guidati, sia stabilita e applicata una
procedura d'uso per garantire il buon coordinamento degli
operatori;
e) qualora attrezzature di
lavoro che servono al sollevamento di carichi non guidati non possano trattenere
i carichi in caso di interruzione parziale o totale dell'alimentazione di
energia, siano prese misure appropriate per evitare di esporre i lavoratori ai
rischi relativi; i carichi sospesi non devono rimanere senza sorveglianza salvo
il caso in cui l'accesso alla zona di pericolo sia precluso e il carico sia
stato agganciato e sistemato con la massima sicurezza;
f) allorché le condizioni
meteorologiche si degradano ad un punto tale da mettere in pericolo la sicurezza
di funzionamento, esponendo così i lavoratori a rischi, l'utilizzazione all'aria
aperta di attrezzature di lavoro che servono al sollevamento di carichi non
guidati sia sospesa e siano adottate adeguate misure di protezione per i
lavoratori e, in particolare, misure che impediscano il ribaltamento
dell'attrezzatura di lavoro.
4-quater. Il datore di
lavoro, sulla base della normativa vigente, provvede affinché le attrezzature di
cui all'allegato XIV siano sottoposte a verifiche di prima installazione o di
successiva installazione e a verifiche periodiche o eccezionali, di seguito
denominate "verifiche", al fine di assicurarne l'installazione corretta e il
buon funzionamento.
4-quinquies. I risultati
delle verifiche di cui al comma 4-quater sono tenuti a disposizione
dell'autorità di vigilanza competente per un periodo di cinque anni dall'ultima
registrazione o fino alla messa fuori esercizio dell'attrezzatura, se avviene
prima. Un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica deve
accompagnare le attrezzature di lavoro ovunque queste sono
utilizzate".
5. Qualora le attrezzature
richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in
relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura
che:
a) l'uso dell'attrezzatura
di lavoro é riservato a lavoratori all'uopo incaricati;
b) in caso di riparazione,
di trasformazione o manutenzione, il lavoratore interessato é qualificato in
maniera specifica per svolgere tali compiti.
(1) Come modificato
dall’articolo 2 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359, riportato in Appendice di
aggiornamento.
. (1)
1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori
devono soddisfare alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
tutela della sicurezza e salute dei lavoratori stessi ad esse
applicabili.
2. Le modalità e le
procedure tecniche delle verifiche seguono il regime giuridico corrispondente a
quello in base al quale l'attrezzatura é stata costruita e messa in
servizio.
3. Il Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, di concerto con i Ministri dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e della sanità, sentita la commissione consultiva
permanente stabilisce modalità e procedure per l'effettuazione delle verifiche
di cui al comma 2.
4. Nell'art. 52 del decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é
aggiunto, in fine, il seguente comma: "Se ciò é appropriato e funzionale
rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale,
un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di
emergenza.".
5. Nell'art. 53 del decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 3 é
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Qualora i mezzi di cui al
comma 1 svolgano anche la funzione di allarme essi devono essere ben visibili
ovvero comprensibili senza possibilità di errore.". (2)
6. Nell'art. 374 del decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, dopo il comma 2 é
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Ove per le apparecchiature
di cui al comma 2 é fornito il libretto di manutenzione occorre prevedere
l'aggiornamento di questo libretto.".
7. Nell'art. 20 del decreto del
Presidente della Repubblica 18 marzo 1956, n. 303, dopo il comma 2 sono
aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Un'attrezzatura che
presenta pericoli causati da cadute o da proiezione di oggetti deve essere
munita di dispositivi appropriati di sicurezza corrispondenti a tali
pericoli.
Un'attrezzatura di lavoro
che comporta pericoli dovuti ad emanazione di gas, vapori o liquidi ovvero ad
emissioni di polvere, deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta
ovvero di estrazione vicino alla fonte corrispondente a tali pericoli.".
(3)
8. Le disposizioni del
presente articolo entrano in vigore tre mesi dopo la pubblicazione del
D.Lgs.359/99 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
8-bis. Il datore di lavoro
adegua ai requisiti di cui all'allegato XV, entro il 30 giugno 2001, le
attrezzature di lavoro indicate nel predetto allegato, già messe a disposizione
dei lavoratori alla data del 5 dicembre 1998 e non soggette a norme nazionali di
attuazione di direttive comunitarie concernenti disposizioni di carattere
costruttivo, allorché esiste per l'attrezzatura di lavoro considerata un rischio
corrispondente.
8-ter. Fino a che le
attrezzature di lavoro di cui al comma 8-bis non vengono adeguate il datore di
lavoro adotta misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza
equivalente.
8-quater. Le modifiche
apportate alle macchine definite all'art. 1, comma 2, del decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1996, n. 459, a seguito dell'applicazione delle
disposizioni del comma 8- bis, e quelle effettuate per migliorare le condizioni
di sicurezza sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e
delle prestazioni previste dal costruttore, non configurano immissione sul
mercato ai sensi dell'art. 1, comma 3, secondo periodo, del predetto
decreto.
(1) Come modificato
dall’articolo 3 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359, riportato in Appendice di
aggiornamento.
(2) Comma così modificato
dall'art. 17, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Comma abrogato dall'art. 17, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Il datore di lavoro
provvede affinché per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori
incaricati dispongano di ogni informazione e di ogni istruzione d'uso necessaria
in rapporto alla sicurezza e relativa:
a) alle condizioni di
impiego delle attrezzature anche sulla base delle conclusioni eventualmente
tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle attrezzature
di lavoro;
b) alle situazioni anormali
prevedibili.
1-bis. Il datore di lavoro
provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante
l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti
nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate
direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.
2. Le informazioni e le
istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori
interessati.
(1) Come modificato
dall’articolo 5 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359, riportato in Appendice di
aggiornamento.
. 1. Il datore di lavoro si
assicura che:
a) i lavoratori incaricati
di usare le attrezzature di lavoro ricevono una formazione adeguata sull'uso
delle attrezzature di lavoro;
b) i lavoratori incaricati
dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità
particolari di cui all'art. 35, comma 5, ricevono un addestramento adeguato e
specifico che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e
sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.
1. I lavoratori si
sottopongono ai programmi di formazione o di addestramento eventualmente
organizzati dal datore di lavoro.
2. I lavoratori utilizzano
le attrezzature di lavoro messe a loro disposizione conformemente
all'informazione, alla formazione ed all'addestramento ricevuti.
3. I lavoratori:
a) hanno cura delle
attrezzature di lavoro messe a loro disposizione;
b) non vi apportano
modifiche di propria iniziativa;
c) segnalano immediatamente
al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto od
inconveniente da essi rilevato nelle attrezzature di lavoro messe a loro
disposizione.
. 1. Si intende per
dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad
essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o
più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il
lavoro, nonchè ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non sono dispositivi di
protezione individuale:
a) gli indumenti di lavoro
ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e
la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei
servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di
protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del
personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di
protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi;
f) i materiali per
l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili
per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.
. 1. I DPI devono essere
impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti
da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure,
metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
. 1. I DPI devono essere
conformi alle norme di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475.
2. I DPI di cui al comma 1
devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi
da prevenire, senza comportare di per sè un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle
condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle
esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati
all'utilizzatore secondo le sue necessità.
3. In caso di rischi
multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi devono essere tra
loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria
efficacia nei confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.
1. Il datore di lavoro ai
fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la
valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le
caratteristiche dei DPI necessarie affinchè questi siano adeguati ai rischi di
cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio
rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle
informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante e delle norme d'uso di
cui all'art. 45 le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le
raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni
qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione
(1).
2. Il datore di lavoro,
anche sulla base delle norme d'uso di cui all'art. 45, individua le condizioni
in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso,
in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza
dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto
di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dall'art. 42 e dal
decreto di cui all'art. 45, comma 2.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i
DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le
riparazioni e le sostituzioni necessarie;
b) provvede a che i DPI
siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed
eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni
comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un
uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da
parte di più persone, prende misure adeguate affinchè tale uso non ponga alcun
problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente
il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;
f) rende disponibile
nell'azienda ovvero unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;
g) assicura una formazione
adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso
corretto e l'utilizzo pratico dei DPI.
5. In ogni caso
l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai
sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza
categoria;
b) per i dispositivi di
protezione dell'udito.
(1) Lettera così modificata dall’art. 18
del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. I lavoratori si
sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore
di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'art. 43, commi 4, lettera
g), e 5.
2. I lavoratori utilizzano i
DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione
ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato.
3. I lavoratori:
a) hanno cura dei DPI messi
a loro disposizione;
b) non vi apportano
modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo
i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano
immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi
difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
1. Il contenuto degli
allegati III, IV e V costituisce elemento di riferimento per l'applicazione di
quanto previsto all'art. 43, commi 1 e 4.
2. Il Ministro del lavoro e
della previdenza sociale di concerto con il Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente,
tenendo conto della natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio,
indica:
a) i criteri per
l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le
situazioni in cui, ferme restando le priorità delle misure di protezione
collettiva, si rende necessario l'impiego dei DPI.
1. Fino alla data del 31
dicembre 1998 e, nel caso di dispositivi di emergenza destinati
all'autosalvataggio in caso di evacuazione, fino al 31 dicembre 2004, possono
essere impiegati:
a) i DPI commercializzati ai
sensi dell'art. 15, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475;
b) i DPI già in uso alla
data di entrata in vigore del presente decreto prodotti conformemente alle
normative vigenti nazionali o di altri Paesi della Comunità europea.
. 1. Le norme del presente
titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione manuale dei
carichi con i rischi, tra l'altro, di lesioni dorso-lombari per i lavoratori
durante il lavoro.
2. Si intendono per:
a) movimentazione manuale
dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di
uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere,
tirare, portare o spostare un carico che, per le loro caratteristiche o in
conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano tra l'altro
rischi di lesioni dorso-lombari;
b) lesioni dorso-lombari:
lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello
dorso lombare.
1. Il datore di lavoro
adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in
particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una
movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile
evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore
di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi
appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di
ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in
base all'allegato VI.
3. Nel caso in cui la
necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non
può essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che
detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana.
4. Nei casi di cui al comma
3 il datore di lavoro:
a) valuta, se possibile,
preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in
questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico in base
all'allegato VI;
b) adotta le misure atte ad
evitare o ridurre tra l'altro i rischi di lesioni dorso-lombari, tenendo conto
in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche
dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base
all'allegato VI;
c) sottopone alla
sorveglianza sanitaria di cui all'art. 16 gli addetti alle attività di cui al
presente decreto.
. 1. Il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) il peso di un carico;
b) il centro di gravità o il
lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una
collocazione eccentrica;
c) la movimentazione
corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non
vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui
all'allegato VI.
2. Il datore di lavoro
assicura ai lavoratori una formazione adeguata, in particolare in ordine a
quanto indicato al comma 1.
. 1. Le norme del presente
titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di
attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente
titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di
veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici
montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici
destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) ai sistemi denominati
"portatili" ove non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di
lavoro;
e) alle macchine
calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un
piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario
all'uso diretto di tale attrezzatura;
f) alle macchine di
videoscrittura senza schermo separato (1).
(1) Comma così modificato dall’art. 19,
comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Ai fini del presente titolo si intende
per:
a) videoterminale: uno
schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal tipo di procedimento di
visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di immissione dati, ovvero software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonchè l'ambiente di lavoro immediatamente circostanze;
c) lavoratore: il lavoratore
che utilizza una attrezzatura munita di videoterminali, in modo sistematico ed
abituale, per almeno venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui
all'art. 54. (1).
(1) Lettera così modificata dall’art. 19,
comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242
e dall’art. 21 della L. 29
dicembre 2000, n. 422.
1. Il datore di lavoro,
all'atto della valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, analizza i
posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e
per gli occhi;
b) ai problemi legati alla
postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
c) alle condizioni
ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro
adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle
valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della
combinazione della incidenza dei rischi riscontrati.
. 1. Il datore di lavoro
assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l'uso dei videoterminali
anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più
possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.
. 1. Il lavoratore, qualora
svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad una
interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.
2. Le modalità di tali
interruzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una
disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il
lavoratore comunque ha diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi
minuti di applicazione continuativa al viedoterminale.
4. Le modalità e la durata
delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello
individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
5. E' comunque esclusa la
cumulabilità delle interruzioni all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di
interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del
sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro,
ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa è considerata a
tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è
riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario
complessivo di lavoro.
1. I lavoratori, prima di
essere addetti alle attività di cui al presente titolo, sono sottoposti ad una
visita medica per evidenziare eventuali malformazioni strutturali e ad un esame
degli occhi e della vista effettuati dal medico competente. Qualora l'esito
della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad
esami specialistici (1).
2. In base alle risultanze
degli accertamenti di cui al comma 1 i lavoratori vengono classificati in:
a) idonei, con o senza
prescrizioni;
b) non idonei.
3. I lavoratori sono
sottoposti a sorveglianza sanitaria, ai sensi dell’art.
16.
3-bis. Le visite di
controllo sono effettuate con le modalità di cui ai commi 1 e
2.
3-ter. La periodicità delle
visite di controllo, fatti salvi i casi particolari che richiedono una frequenza
diversa stabilita dal medico competente, è biennale per i lavoratori che abbiano
compiuto il cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.
4. Il lavoratore è
sottoposto a controllo oftalmologico a sua richiesta, ogni qualvolta sospetta
una sopravvenuta alterazione della funzione visiva, confermata dal medico
competente, oppure ogniqualvolta l’esito della visita di cui ai commi 1 e 3 ne
evidenzi la necessità. (2)
5. La spesa relativa alla
dotazione di dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta
è a carico del datore di lavoro.
(1) Comma così modificato dall’art. 19,
comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2) Comma così modificato dall’art. 21 della L. 29 dicembre 2000, n. 422.
. 1. Il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto riguarda:
a) le misure applicabili al
posto di lavoro, in base all'analisi dello stesso di cui all'art. 52;
b) le modalità di
svolgimento dell'attività;
c) la protezione degli occhi
e della vista.
2. Il datore di lavoro
assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto
indicato al comma 1.
3. Il Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, stabilisce
con decreto una guida d'uso dei videoterminali.
. 1. Il datore di lavoro
informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza dei
cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nell'organizzazione del lavoro,
in riferimento alle attività di cui al presente titolo.
I posti di lavoro dei
lavoratori di cui all’art. 51, comma1, lettera c), devono essere conformi alle
prescrizioni minime di cui all’ allegato VII. (1)
(1) Comma così modificato dall’art. 19,
comma 4, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242
e dall’art. 21 della
L. 29 dicembre 2000, n. 422.
1. Con decreto dei Ministri
del lavoro e della previdenza sociale, della sanità e dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente, sono
disposti, anche in recepimento di direttive comunitarie, gli adattamenti di
carattere tecnico all'allegato VII in funzione del progresso tecnico, della
evoluzione delle normative e specifiche internazionali oppure delle conoscenze
nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali.
Titolo
VII
PROTEZIONE DA AGENTI
CANCEROGENI MUTAGENI
1. Le norme del
presente titolo si applicano a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono o
possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro
attività lavorativa.
2.
Le norme del presente titolo non si applicano alle attivita' disciplinate dal
decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, capo III.(1)
3.
Il presente titolo non si applica ai lavoratori esposti soltanto alle radiazioni
previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica.
(1) comma così
sostituito dall’art. 2 del Dlgs 66/00
1. Agli effetti del presente decreto si
intende per:
a)
agente cancerogeno:
1)
una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione quali
categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto legislativo 3
febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2)
un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al punto 1), quando la
concentrazione di una o piu' delle singole sostanze risponde ai requisiti
relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato
nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti
legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n.
285;
3)
una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato VIII, nonche' una
sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto dall'allegato
VIII;
b)
agente mutageno:
1)
una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione nelle
categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
52, e successive modificazioni;
2)
un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al punto 1), quando la
concentrazione di una o piu' delle singole sostanze risponde ai requisiti
relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione di un preparato
nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri stabiliti dai decreti
legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 16 luglio 1998, n.
285;
c)
valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della concentrazione
media, ponderata in funzione del tempo, di un agente cancerogeno o mutageno
nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di un lavoratore, in
relazione ad un periodo di riferimento determinato stabilito nell'allegato
VIII-bis.
(Art. così sostituito dall’art.3 del Dlgs
66/00)
Art. 62 (Sostituzione e
riduzione).
1. Il datore di
lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente cancerogeno o mutageno sul
luogo di lavoro in particolare sostituendolo, sempre che ciò è tecnicamente
possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle
condizioni in cui viene utilizzato non è o è meno nocivo alla salute e
eventualmente alla sicurezza dei lavoratori.
2.
Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o mutageno il
datore di lavoro provvede affinchè la produzione o l'utilizzazione dell'agente
cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso sempre che ciò è
tecnicamente possibile.
3.
Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente possibile il datore di
lavoro provvede affinchè il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al
più basso valore tecnicamente possibile.
L’esposizione non deve
comunque superare il valore limite dell’agente stabilito nell’allegato
VIII-bis.
(Art. così modificato dall’art. 1, comma 3
eart. 4 del Dlgs 66/00 )
Art. 63 (Valutazione del
rischio).
1. Fatto salvo quanto
previsto all'art. 62, il datore di lavoro effettua una valutazione
dell'esposizione a agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono
riportati nel documento di cui all'art. 4, comma 2 (1).
2.
Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle
lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di
agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro
concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le
diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e,
qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o informa
polverulente e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o nei
impedisce la fuoriuscita.
La
valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi di esposizione, compreso
quello in cui vi è assorbimento cutaneo.
3.
Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di cui al comma
1, adotta le misure preventive e protettive del presente titolo, adattandole
alle particolarità delle situazioni lavorative.
4.
Il documento di cui all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato con i seguenti dati:
a)
le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati
cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui all'allegato VIII, con
l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni o
mutageni;
b)
i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni prodotti
ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti;
c)
il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti
cancerogeni o mutageni;
d)
l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa;
e)
le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di
protezione individuale utilizzati;
f)
le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni o
mutageni
e
le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
5.
Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in
occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della
sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni
dall'ultima valutazione effettuata.
6.
Il rappresentante per la sicurezza ha accesso anche ai dati di cui al comma 4,
fermo restando l'obbligo di cui all'art. 9, comma 3.
(1) Comma così
modificato dall’art. 20, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(Art. così modificato dall’art. 1, comma 3 e
art.5 del Dlgs 66/00 )
Art. 64 (Misure tecniche,
organizzative, procedurali)
. 1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando
metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle varie operazioni lavorative
sono impiegati quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle
necessità delle lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di
impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono
accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità
predette;
b) limita al minimo
possibile il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti ad
agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando le lavorazioni in aree
predeterminate provviste di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza,
compresi i segnali "vietato fumare", ed accessibili soltanto ai lavoratori che
debbono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o con la loro
funzione. In dette aree è fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e
sorveglia le lavorazioni in modo che non vi è emissione di agenti cancerogeni o
mutageni nell'aria. Se ciò non è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli
agenti cancerogeni o mutageni deve avvenire il più vicino possibile al punto di
emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'art. 4, comma 5,
lettera n). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato
sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione
di agenti cancerogeni o mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui
alla lettera c) e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da
un evento non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di
misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato VIII del decreto legislativo
15 agosto 1991, n. 277;
e) provvede alla regolare e
sistematica pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i
casi di emergenza che possono comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti
cancerogeni sono conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta
e l'immagazzinamento, ai fini dello smaltimento degli scarti e dei residui delle
lavorazioni contenenti agenti cancerogeni o mutageni, avvengano in condizioni di
sicurezza, in particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo
chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme
parere del medico competente, misure protettive particolari con quelle categorie
di lavoratori per i quali l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni
presenta rischi particolarmente elevati.
(Art. così modificato
dall’art. 1, comma 3 del Dlgs 66/00)
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori
dispongano di servizi igienici appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori
abbiano in dotazione idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati
dagli abiti civili;
c) provvede affinchè i
dispositivi di protezione individuale siano custoditi in luoghi determinati,
controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare
o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. E' vietato assumere cibi
e bevande o fumare nelle zone di lavoro di cui all'art. 64, lettera b).
Art. 66 (Informazione e
formazione).
1. Il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed
istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o
mutageni presenti nei cicli lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la
salute connessi al loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al
fumare;
b) le precauzioni da
prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da
osservare;
d) la necessità di indossare
e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi individuali di
protezione ed il loro corretto impiego;
e) il modo di prevenire il
verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurre al minimo le
conseguenze.
2. Il datore di lavoro
assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto
indicato al comma 1.
3. L'informazione e la
formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano
adibiti alle attività in questione e vengono ripetute, con frequenza almeno
quinquiennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro
provvede inoltre affinchè gli impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti
agenti cancerogeni o mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile
e comprensibile. I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere
conformi al disposto della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modifiche
ed integrazioni.
(Art.
così modificato dall’art. 1, comma 3 del Dlgs 66/00)
Art. 67 (Esposizione non
prevedibile)
. 1. Se si verificano eventi
non prevedibili o incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei
lavoratori, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per
identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori e il
rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono
abbandonare immediatamente l'area interessata, cui possono accedere soltanto gli
addetti agli interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie,
indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione delle vie
respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso
dei dispositivi di protezione non può essere permanente e la sua durata, per
ogni lavoratore, è limitata al minimo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro
comunica al più presto all'organo di vigilanza il verificarsi degli eventi di
cui al comma 1 e riferisce sulle misure adottate per ridurre al minimo le
conseguenze.
Art. 68 (Operazioni
lavorative particolari).
1. Nel caso di determinate
operazione lavorative, come quella di manutenzione, per le quali, nonostante
l'adozione di tutte le misure di prevenzione tecnicamente applicabili, è
prevedibile un'esposizione rilevante dei lavoratori addetti, il datore di lavoro
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali
lavoratori hanno accesso alle suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente
possibile, all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante
appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori
speciali indumenti e dispositivi di protezione individuale che devono essere
indossati dai lavoratori adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di
cui al comma 1 dei lavoratori addetti è in ogni caso ridotta al minimo
compatibilmente con le necessità delle lavorazioni.
Art. 69 (Accertamenti
sanitari e norme preventive e protettive specifiche).
1. I lavoratori per i quali
la valutazione di cui all'art. 63 ha evidenziato un rischio per la salute sono
sottoposti a sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su
conforme parere del medico competente, adotta misure preventive e protettive per
singoli lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici
effettuati.
3. Le misure di cui al comma
2 possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure
dell'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
4. Ove gli accertamenti
sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno
stesso agente, l'esistenza di una anomalia imputabile a tale esposizione, il
medico competente ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito
dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del
rischio in conformità all'art. 63;
b) ove sia tecnicamente
possibile, una misurazione della concentrazione dell'agente in aria per
verificare l'efficacia delle misure adottate (1).
6. Il medico competente
fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui
sono sottoposti, con particolare riguardo all'opportunità di sottoporsi ad
accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
(1) Comma così sostituito dall’art. 20,
comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996,
n. 242.
Art. 70 (Registro di
esposizione e cartelle sanitarie)
1.
I lavoratori di cui all'articolo 69 sono iscritti in un registro nel quale e'
riportata, per ciascuno di essi, l'attivita' svolta, l'agente cangerogeno o
mutageno utilizzato e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente. Detto
registro e' istituito ed aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta
per il tramite del medico competente. Il responsabile del servizio di
prevenzione ed i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto
registro.
2.
Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 69,
provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio,
custodita presso l'azienda o l'unita' produttiva sotto la responsabilita' del
datore di lavoro.
3.
Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta, le
relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e,
tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria e di
rischio.
4.
In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro invia
all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro - ISPESL la
cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato unitamente alle
annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna copia al lavoratore
stesso.
5.
In caso di cessazione di attivita' dell'azienda, il datore di lavoro consegna il
registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio
all'ISPESL.
6.
Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le
cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro almeno fino
a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla
cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti cangerogeni o
mutageni.
7.
I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle sanitarie e
di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del segreto professionale
e del trattamento dei dati personali.
8.
Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti
cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a)
consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed all'organo di
vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni tre anni, e comunque
ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le variazioni
intervenute;
b)
consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanita' copia del registro di
cui al comma 1;
c)
in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna copia del registro di
cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per
territorio;
d)
in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza esercitato attivita'
con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di lavoro chiede all'ISPESL
copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1,
nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non
ne sia in possesso ai sensi del comma 4.
9.
I modelli e le modalita' di tenuta del registro e delle cartelle sanitarie e di
rischio sono determinati con decreto del Ministro della sanita', di concerto con
i Ministri per la funzione pubblica e del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva permanente.
10.
L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della sanita' dati di sintesi
relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a richiesta li rende
disponibili alle regioni.".
(Art. così sostituito
dall’art. 6 del Dlgs 66/00)
Art. 71 (Registrazione dei
tumori).
1. I medici, le
strutture sanitarie pubbliche e private, nonchè gli istituti previdenziali
assicurativi pubblici o privati, che refertano casi di neoplasie da loro
ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni, trasmettono
all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica ovvero anatomopatologica
e quella inerente l'anamnesi lavorativa.
2.
L'ISPESL realizza, nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, sistemi di
monitoraggio dei rischi cancerogeni di origine professionale utilizzando i
flussi informativi di cui al comma 1, le informazioni raccolte dai sistemi di
registrazione delle patologie attivi sul territorio regionale, nonche' i dati di
carattere occupazionale, anche a livello nominativo, rilevati nell'ambito delle
rispettive attivita' istituzionali dall'Istituto nazionale della previdenza
sociale - INPS, dall'Istituto nazionale di statistica - ISTAT, dall'Istituto
nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro - INAIL e da altre
istituzioni pubbliche.
L'ISPESL rende disponibile
al Ministero della sanita' ed alle regioni i risultati del monitoraggio con
periodicita' annuale.(1)
3.
Con decreto dei Ministri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale,
sentita la commissione consultiva permanente, sono determinate le
caratteristiche dei sistemi informativi che, in funzione del tipo di neoplasia
accertata, ne stabiliscono la raccolta, l'acquisizione, l'elaborazione e
l'archiviazione, nonchè le modalità di registrazione di cui al comma 2, e le
modalità di trasmissione di cui al comma 1.
4.
Il Ministero della sanità fornisce, su richiesta, alla Commissione CE,
informazioni sulle utilizzazioni dei dati del registro di cui al comma 1.
(1) comma così
sostituito dall’art. 7 del Dlgs 66/00
Art. 72 (Adeguamenti
normativi).
1.
La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua periodicamente le
sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione che, pur non
essendo classificate ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52,
rispondono ai criteri di classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai
Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della sanita', su richiesta,
in tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2.
Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della sanita',
sentita la commissione consultiva permanente e la Commissione consultiva
tossicologica nazionale:
a)
sono aggiornati gli allegati VIII e VIII-bis in funzione del progresso tecnico,
dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle
conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o
mutageni;
b)
e' pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione effettuata
ai sensi del comma 1.
(Art. così sostituito
dall’art. 8 del Dlgs 66/00)
. 1. Le norme del presente
titolo si applicano a tutte le attività lavorative nelle quali vi è rischio di
esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le
disposizioni particolari di recepimento delle norme comunitarie sull'impiego
confinato di microrganismi geneticamente modificati e sull'emissione deliberata
nell'ambiente di organismi geneticamente modificati. Il comma 1 dell'art. 7 del
decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91, è soppresso (1).
(1) Comma così sostituito dall’art. 21,
comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
. 1. Ai sensi del presente
titolo si intende per:
a) agente biologico:
qualsiasi microorganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed
endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microorganismo: qualsiasi
entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire
materiale genetico;
c) coltura cellulare: il
risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi
pluricellulari.
. 1. Gli agenti biologici sono
ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del
gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in
soggetti umani;
b) agente biologico del
gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un
rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono
di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del
gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e
costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi
nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o
terapeutiche;
d) agente biologico del
gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani
e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato
rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci
misure, profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente
biologico oggetto di classificazione non può essere attribuito in modo
inequivocabile ad uno fra i due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel
gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità.
3. L'allegato XI riporta
l'elenco degli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3, 4.
1. Il datore di lavoro che
intende esercitare attività che comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2
o 3, comunica all'organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti
informazioni, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo
dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui
all'art. 78, comma 5.
2. Il datore di lavoro che è
stato autorizzato all'esercizio di attività che comporta l'utilizzazione di un
agente biologico del gruppo 4 è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia
una nuova comunicazione ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti
che comportano una variazione significativa del rischio per la salute sul posto
di lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente
classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la
sicurezza ha accesso alle informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le attività di cui al
comma 1 comportano la presenza di microorganismi geneticamente modificati
appartenenti al gruppo II, come definito all'art. 4 del decreto legislativo 3
marzo 1993, n. 91, il documento di cui al comma 1, lettera b), è sostituito da
copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal predetto
decreto.
6. I laboratori che
forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla comunicazione di cui al
comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti biologici del gruppo 4.
. 1. Il datore di lavoro che
intende utilizzare, nell'esercizio della propria attività, un agente biologico
del gruppo 4 deve munirsi di autorizzazione del Ministero della sanità.
2. La richiesta di
autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui
all'art. 76, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che
si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione è
rilasciata dal Ministero della sanità sentito il parere dell'Istituto superiore
di sanità. Essa ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile. L'accertamento del
venir meno di una delle condizioni previste per l'autorizzazione ne comporta la
revoca.
4. Il datore di lavoro in
possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1 informa il Ministero della sanità
di ogni nuovo agente biologico del gruppo 4 utilizzato, nonchè di ogni avvenuta
cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che
forniscono un servizio diagnostico sono esentati dagli adempimenti di cui al
comma 4.
6. Il Ministero della sanità
comunica all'organo di vigilanza competente per territorio le autorizzazioni
concesse e le variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di agenti biologici del
gruppo 4. Il Ministero della sanità istituisce ed aggiorna un elenco di tutti
gli agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata l'utilizzazione
sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
. 1. Il datore di lavoro,
nella valutazione del rischio di cui all'art. 4, comma 1, tiene conto di tutte
le informazioni disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico
e delle modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione
degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la
salute umana quale risultante dall'allegato XI o, in assenza, di quella
effettuata dal datore di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e
seguendo i criteri di cui all'art. 75, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle
malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti
allergici e tossici;
d) della conoscenza di una
patologia della quale è affetto un lavoratore, che è da porre in correlazione
diretta all'attività lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori
situazioni rese note dall'autorità sanitaria competente che possono influire sul
rischio;
f) del sinergismo dei
diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro
applica i principi di buona prassi microbiologica, ed adotta, in relazione ai
rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo,
adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative (1).
3. Il datore di lavoro
effettua nuovamente la valutazione di cui al comma 1 in occasione di modifiche
dell'attività lavorativa significative ai fini della sicurezza e della salute
sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione
effettuata.
4. Nelle attività, quali
quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato IX, che, pur non
comportando la deliberata intenzione di operare con agenti biologici, possono
implicare il rischio di esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di
lavoro può prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli
80, 81, commi 1 e 2, 82, comma 3, e 86, qualora i risultati della valutazione
dimostrano che l'attuazione di tali misure non è necessaria.
5. Il documento di cui
all'art. 4, commi 2 e 3, è integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento
lavorativo che comportano il rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori
addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalità del
responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure
lavorative adottate, nonchè le misure preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza
per la protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente
biologico del gruppo 3 o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento
fisico.
6. Il rappresentante per la
sicurezza è consultato prima dell'effettuazione della valutazione di cui al
comma 1 ed ha accesso anche ai dati di cui al comma 5.
(1) Comma così sostituito dall’art. 21,
comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
Art.
79 (Misure tecniche, organizzative, procedurali)
. 1. In tutte le attività per
le quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei
lavoratori il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e
procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore
di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di
agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i
lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i
processi lavorativi;
d) adotta misure collettive
di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile
evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche
per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente
biologico fuori dal luogo di lavoro;
f) usa il segnale di rischio
biologico, rappresentato nell'allegato X, e altri segnali di avvertimento
appropriati;
g) elabora idonee procedure
per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di
emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di
agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico
primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi
necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in
condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed
identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la
manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici
all'interno del luogo di lavoro.
. 1. In tutte le attività
nelle quali in valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei
lavoratori, il datore di lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano
dei servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e fredda,
nonchè, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in
dotazione indumenti protettivi od altri indumenti idonei, da riporre in posti
separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di
protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi
prima dell'utilizzazione successiva;
d) gli indumenti di lavoro e
protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici vengano tolti
quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli
altri indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.
2. E' vietato assumere cibi
o bevande e fumare nelle aree di lavoro in cui c'è rischio di esposizione.
. 1. Il datore di lavoro,
nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede di valutazione dei rischi,
presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici
nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e
al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di attività svolta.
2. In relazione ai risultati
della valutazione, il datore di lavoro definisce e provvede a che siano
applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare
senza rischi per l'operatore e per la comunità, i materiali ed i rifiuti
contaminati.
3. Nei servizi di isolamento
che ospitano pazienti od animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da
agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da
attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono indicate
nell'allegato XII.
. 1. Fatto salvo quanto
specificatamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei laboratori comportanti
l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o
diagnostici, e nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberamente
contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di
contenimento in conformità all'allegato XII.
2. Il datore di lavoro
assicura che l'uso di agenti biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro
corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, se l'agente appartiene
al gruppo 2;
b) in aree di lavoro
corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, se l'agente appartiene
al gruppo 3;
c) in aree di lavoro
corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, se l'agente appartiene
al gruppo 4.
3. Nei laboratori
comportanti l'uso di materiali con possibile contaminazione da agenti biologici
patogeni per l'uomo e nei locali destinati ad animali da esperimento, possibili
portatori di tali agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti
almeno a quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai
commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici non ancora classificati, ma il
cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore
di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di
contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di
cui ai commi 3 e 4, il Ministero della sanità, sentito l'Istituto superiore di
sanità, può individuare misure di contenimento più elevate.
1. Fatto salvo quanto
specificamente previsto all'allegato XI, punto 6, nei processi industriali
comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro
adotta misure opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato XIII,
tenendo anche conto dei criteri di cui all'art. 82, comma 2.
2. Nel caso di agenti
biologici non ancora classificati, il cui uso può far sorgere un rischio grave
per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti
almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
1. Se si verificano incidenti che possono
provocare la dispersione nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai
gruppi 2, 3 o 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona
interessata, cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari
interventi, con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro
informa al più presto l'organo di vigilanza territorialmente competente, nonchè
i lavoratori ed il rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle cause che
lo hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha già adottato,
per porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano
immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi
infortunio o incidente relativo all'uso di agenti biologici.
. 1. Nelle attività per le
quali la valutazione di cui all'art. 78 evidenzia rischi per la salute dei
lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle
conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto
riguarda:
a) i rischi per la salute
dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da
prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da
osservare;
d) la funzione degli
indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi di protezione individuale ed
il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire
per la manipolazione di agenti biologici del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il
verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le
conseguenze.
2. Il datore di lavoro
assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in ordine a quanto
indicato al comma 1.
3. L'informazione e la
formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite prima che i lavoratori siano
adibiti alle attività in questione, e ripetute, con frequenza almeno
quinquennale, e comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni
cambiamenti che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono
apposti in posizione ben visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da
seguire in caso di infortunio od incidente.
. 1. I lavoratori addetti alle
attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la
salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su
conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per
quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si
richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione
di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente
biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico
competente;
b) l'allontanamento
temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'art. 8 del decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277.
2-bis. Ove gli accertamenti
sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno
stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico
competente ne informa il datore di lavoro (1).
2-ter. A seguito
dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova
valutazione del rischio in conformità all'art. 78 (1).
2-quater. Il medico
competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario
cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari
anche dopo la cessazione dell'attività che comporta rischio di esposizione a
particolari agenti biologici individuati nell'allegato XI, nonchè sui vantaggi
ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione (1).
(1) Comma aggiunto dall’ art. 21, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. I lavoratori addetti ad
attività comportanti uso di agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un
registro in cui sono riportati, per ciascuno di essi, l'attività svolta,
l'agente utilizzato e gli eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro
istituisce ed aggiorna il registro di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite
il medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e
il rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del
registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore di sanità, all'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza
competente per territorio, comunicando ad essi, ogni tre anni e comunque ogni
qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute (1);
b) comunica all'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza
competente per territorio la cessazione del rapporto di lavoro dei lavoratori di
cui al comma 1 fornendo al contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e
consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio (1);
c) in caso di cessazione di
attività dell'azienda, consegna all'Istituto superiore di sanità e all'organo di
vigilanza competente per territorio, copia del registro di cui al comma 1 e
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del
medesimo registro nonchè le cartelle sanitarie e di rischio (1);
d) in caso di assunzione di
lavoratori che hanno esercitato attività che comportano rischio di esposizione
allo stesso agente richiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1, nonchè copia della cartella sanitaria
e di rischio (2);
e) tramite il medico
competente comunica ai lavoratori interessati le relative annotazioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria
e di rischio ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi
contenuti nel registro di cui al comma 1 (2).
4. Le annotazioni
individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e
di rischio sono conservate dal datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto
di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attività che
espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali è noto che possono
provocare infezioni consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con
recrudescenza periodica per lungo tempo o che possono avere gravi sequele a
lungo termine tale periodo è di quaranta anni (3).
5. La documentazione di cui
ai precedenti commi è custodita e trasmessa con salvaguardia del segreto
professionale.
6. I modelli e le modalità
di tenuta del registro di cui al comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio
sono determinati con decreto del Ministro della sanità e del lavoro e della
previdenza sociale sentita la commissione consultiva permanente (4).
7. L'ISPESL trasmette
annualmente al Ministero della sanità dati di sintesi relativi alle risultanze
del registro di cui al comma 1.
(1) Lettera così sostituita
dall’art. 21, comma 4, del D.Lgs.
19 marzo 1996, n. 242.
(2) Lettera così modificata
dall’art. 21, comma 5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(3) Comma così modificato
dall’art. 21, comma 5, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(4) Comma così sostituito
dall’art. 21, comma 6, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Presso l'ISPESL è tenuto
un registro dei casi di malattia ovvero di decesso dovuti all'esposizione ad
agenti biologici.
2. I medici, nonchè le
strutture sanitarie, pubbliche o private, che refertano i casi di malattia,
ovvero di decesso di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL copia della relativa
documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri
della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, sentita la commissione
consultiva, sono determinati il modello e le modalità di tenuta del registro di
cui al comma 1, nonchè le modalità di trasmissione della documentazione di cui
al comma 2.
4. Il Ministero della sanità
fornisce alla commissione CE, su richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei
dati del registro di cui al comma 1.
Art. 89 (Contravvenzioni
commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti)
(1) 1. Il datore di
lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre
milioni a otto milioni per la violazione degli articoli 4, commi 2, 4, lettera
a), 6, 7 e 11, primo periodo; 63, commi 1, 4 e 5; 69, comma 5, lettera a); 78,
commi 3 e 5; 86, comma 2-ter.
2.
Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a)
con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da lire tre milioni a lire otto
milioni per la violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l),
n) e q); 7, comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e) e 4; 15, comma 1; 22, commi 1
a 5; 30, commi 3, 4, 5 e 6; 31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis,
4-ter, 4-quater e 5; 36, comma 8-ter; 38; 41; 43, commi 3, 4, lettere a), b), d)
e g) e 5; 48; 49, comma 2; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 56, comma 2; 58;
62; 63, comma 3; 64; 65, comma 1; 66, comma 2; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1,
2 e 5, lettera b); 77, comma 1; 78, comma 2; 79; 80, comma 1; 81, commi 2 e 3;
82; 85, comma 2; 86, commi 1 e 2;
b)
con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire 5
milioni per la violazione degli articoli 4, commi 4, lettere b) e c), 5, lettere
c), f), g), i), m) e p); 7, commi 1 e 3; 9, comma 2; 10; 12, comma 1, lettere
a), b) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed f); 49, comma 1; 56, comma
1; 57; 66, commi 1 e 4; 67, comma 3; 70, comma 1; 76, commi 1, 2 e 3; 77, comma
4; 84, comma 2; 85, commi 1 e 4; 87, commi 1 e 2.
3.
ll datore di lavoro ed il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa
pecuniaria da lire 1 milione a lire 6 milioni per la violazione degli articoli
4, commi 5, lettera o), e 8; 8, comma 11; 11; 70, commi 3,4,5,6 e 8 ; 87, commi
3 e 4.
(1)
Articolo così sostituito dall’art. 22 del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 e
modificiato dall’articolo 6 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359 e dall’art. 11 del
Dlgs 25/ febbraio 2000, n. 66.
(1). 1. I preposti sono
puniti:
a) con l'arresto sino a due
mesi o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire due milioni per la
violazione degli articoli 4, comma 5, lettere b), d), e), h), l), n) e q); 7,
comma 2; 12, commi 1, lettere d) ed e), e 4; 15, comma 1; 30, commi 3, 4, 5 e 6;
31, commi 3 e 4; 32; 35, commi 1, 2, 4, 4-bis, 4-ter e 4-quater, 41; 43, commi,
3, 4, lettere a), b) e d); 48; 52, comma 2; 54; 55, commi 1, 3 e 4; 58; 62; 63,
comma 3; 64; 65, comma 1; 67, commi 1 e 2; 68; 69, commi 1 e 2; 78, comma 2; 79;
80, comma 1; 81, commi 2 e 3; 82; 83; 86, commi 1 e 2;
b) con l'arresto sino a un
mese o con l'ammenda da lire 300 mila a lire 1 milione per la violazione degli
articoli 4, comma 5, lettere c), f), g), i) e m); 7, commi 1, lettera b), e 3;
9, comma 2; 12, comma 1, lettere a) e c); 21; 37; 43, comma 4, lettere c), e) ed
f); 49, comma 1; 56, comma 1; 57; 66, commi 1 e 4; 85, commi 1 e 4.
(1) Articolo così sostituito
dall’art. 23 del D.Lgs. 19 marzo
1996, n. 242. e modificiato dall’articolo 6 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359,
riportato in Appendice di aggiornamento.
(1). 1. La violazione dell'art. 6, comma
2, è punita con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire quindici
milioni a lire sessanta milioni.
2. La violazione dell'art.
6, commi 1 e 3, è punita con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da lire
seicentomila a lire due milioni.
(1) Rubrica così sostituita
dall’art. 24, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
.
1. Il medico competente è punito:
a)
con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a lire sei
milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere b), d), h) e l);
69, comma 4; 86, comma 2 bis (1);
b)
con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da lire cinquecentomila a lire tre
milioni per la violazione degli articoli 17, comma 1, lettere e), f), g) ed i),
nonchè del comma 3 e 70, comma 2. (2).
(1)
Lettera così modificata dall’art. 24, comma 2, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
(2)
Lettera così modificata dall’art. 24, comma 3, del D.Lgs. 19 marzo 1996, n.
242
e dall’art. 11 del
Dlgs 25 febbraio 2000, n. 66.
(1). 1. I lavoratori sono
puniti:
a) con l'arresto fino a un
mese o con l'ammenda da lire
quattrocentomila a lire un milione e duecentomila per la violazione degli
articoli 5, comma 2; 12, comma 3, primo periodo; 39; 44; 84, comma 3 (2);
b) con l'arresto fino a
quindici giorni o con l'ammenda da lire duecentomila a lire seicentomila per la
violazione degli articoli 67, comma 2; 84, comma 1.
(1) Articolo così modificato
dall'art. 27, comma 13, del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758.
(2) Lettera così modificata
dall’art. 24, comma 4, del D.Lgs.
19 marzo 1996, n. 242.
. 1. Chiunque viola le
disposizioni di cui agli articoli 65, comma 2, e 80, comma 2, è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire trecentomila.
. 1. In sede di prima
applicazione del presente decreto e comunque non oltre il 31 dicembre 1996 il
datore di lavoro che intende svolgere direttamente i compiti di prevenzione e
protezione dai rischi è esonerato dalla frequenza del corso di formazione di cui
al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza degli adempimenti previsti
dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b) e c).
. 1. E' fatto obbligo di
adottare le misure di cui all'art. 4 nel termine di dodici mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto.
(1). 1. Il datore di lavoro che intraprende
un'attività lavorativa di cui all'art. 1 è tenuto a elaborare il documento di
cui all'art. 4, comma 2, del presente decreto entro tre mesi dall'effettivo
inizio dell'attività.
(1) Articolo inserito dall’art. 25 del
D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242.
1. Il Ministero del lavoro e
della previdenza sociale trasmette alla commissione:
a) il testo delle
disposizioni di diritto interno adottate nel settore della sicurezza e della
salute dei lavoratori durante il lavoro;
b) ogni cinque anni, una
relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli I, II, III e IV;
c) ogni quattro anni, una
relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni dei titoli V e VI.
2. Le relazioni di cui al
comma 1 sono trasmesse anche alle commissioni parlamentari.
1. Restano in vigore, in
quanto non specificatamente modificate dal presente decreto, le disposizioni
vigenti in materia di prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro.