D.Lgs. 3 febbraio 1993, n.
29
Razionalizzazione dell'organizzazione delle
amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in
materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre
1992, n. 421
(Pubblicato nella G.U. 6 febbraio 1993, n. 30, S.O.)
TITOLO I
Princìpi generali
1. Finalità ed ambito di applicazione.
1. Le disposizioni del presente decreto disciplinano
l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle autonomie locali
e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell'articolo
97, comma primo, della Costituzione, al fine di:
a) accrescere l'efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei
corrispondenti uffici e servizi dei Paesi della Comunità Europea, anche
mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;
b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva
per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;
c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche
amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei
dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e
applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato (1).
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni
dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le
istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro
consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi
case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e
locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario
nazionale.
3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono princìpi fondamentali
ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le regioni a statuto ordinario
si attengono ad esse tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi
ordinamenti. I princìpi desumibili dall'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992,
n. 421 e dall'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 ,
costituiscono altresì, per le regioni a statuto speciale e per le province
autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma
economico-sociale della Repubblica (2).
(1) Lettera così sostituita dall'art. 1, D.Lgs. 31 marzo
1998, n. 80
(2) Comma così modificato dall'art. 1, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
2. Fonti.
1. Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo
princìpi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi,
mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee
fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore
rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano
le dotazioni organiche complessive. Esse ispirano la loro organizzazione ai
seguenti criteri:
a) funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel
perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. A tal
fine, periodicamente e comunque all'atto della definizione dei programmi
operativi e dell'assegnazione delle risorse, si procede a specifica verifica e
ad eventuale revisione;
b) ampia flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni
operative e gestionali da assumersi ai sensi dell'articolo 4, comma 2;
c) collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di
comunicazione interna ed esterna, ed interconnessione mediante sistemi
informatici e statistici pubblici;
d) garanzia dell'imparzialità e della trasparenza dell'azione amministrativa,
anche attraverso l'istituzione di apposite strutture per l'informazione ai
cittadini e attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della
responsabilità complessiva dello stesso;
e) armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le
esigenze dell'utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Paesi
dell'Unione europea .
2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono
disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice
civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte
salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto. Eventuali
disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei
rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle
amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da
successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono
ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso
contrario .
3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati
contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le
modalità previsti nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali
devono conformarsi ai princìpi di cui all'articolo 49, comma 2. L'attribuzione
di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti
collettivi o, alle condizioni previste, mediante contratti individuali. Le
disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono
incrementi retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a
far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale. I
trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le
modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i risparmi di spesa
che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione
collettiva (1).
4. In deroga ai commi 2 e 3 rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti:
i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori
dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il
personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, quest'ultima
a partire dalla qualifica di vice consigliere di prefettura, nonché i
dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate
dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17
luglio 1947, n. 691, dalla legge 4 giugno 1985, n. 281, e dalla legge 10
ottobre 1990, n. 287 (2) .
5. Il rapporto di impiego dei professori e ricercatori universitari resta
disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della
specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai
princìpi della autonomia universitaria di cui all'articolo 33 della
Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168,
tenuto conto dei princìpi di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 23
ottobre 1992, n. 421 (3).
(1) Commi 1,2,3 così sostituiti dall'art. 2 del D.Lgs. 31
marzo 1998, n. 80
(2) Comma così modificato dall'art. 2 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
(3) Comma così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546
3. Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e
responsabilità.
1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo
politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed
adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e
verificano la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa e della
gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare:
a) le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di
indirizzo interpretativo ed applicativo;
b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali
per l'azione amministrativa e per la gestione;
c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da
destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di
livello dirigenziale generale;
d) la definizione dei criteri generali in materia di ausili finanziari a terzi
e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi;
e) le nomine, designazioni ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche
disposizioni;
f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al
Consiglio di Stato;
g) gli altri atti indicati dal presente decreto.
2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi,
compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, nonché
la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di
spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della
gestione e dei relativi risultati.
3.Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere
derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni
legislative (1).
4. Le amministrazioni pubbliche, i cui organi di vertice non siano direttamente
o indirettamente espressione di rappresentanza politica, adeguano i propri
ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un
lato, e attuazione e gestione dall'altro (2).
(1) Comma così modificato dall'art. 1 del D.Lgs. 29
ottobre 1998, n. 387
(2) Articolo così sostituito prima dall'art. 2 del D.Lgs. 18 novembre 1993, n.
470 e successivamente dall'art. 3 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
4. Potere di organizzazione.
1. Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione
organizzativa al fine di assicurare l'attuazione dei princìpi di cui
all'articolo 2, comma 1, e la rispondenza al pubblico interesse dell'azione
amministrativa .
2. Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2,
comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure
inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi
preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.
3. Gli organismi di controllo interno verificano periodicamente la
rispondenza delle determinazioni organizzative ai princìpi indicati
all'articolo 2, comma 1, anche al fine di proporre l'adozione di eventuali
interventi correttivi e di fornire elementi per l'adozione delle misure
previste nei confronti dei responsabili della gestione (1).
(1) Articolo sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 23 dicembre
1993, n. 546, poi modificato dall'art. 9 del D.Lgs. 4 novembre 1997, n. 396 ed
infine così formulato dall'art. 4 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
5. Criteri di organizzazione.
[1. Le amministrazioni pubbliche sono ordinate secondo i
seguenti criteri:
a) articolazione degli uffici per funzioni omogenee, distinguendo tra funzioni
finali e funzioni strumentali o di supporto;
b) collegamento delle attività degli uffici attraverso il dovere di
comunicazione interna ed esterna ed interconnessione mediante sistemi
informatici e statistici pubblici, nei limiti della riservatezza e della
segretezza di cui all'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ;
c) trasparenza, attraverso l'istituzione di apposite strutture per
l'informazione ai cittadini, e, per ciascun procedimento, attribuzione ad un
unico ufficio della responsabilità complessiva dello stesso, nel rispetto della
legge 7 agosto 1990, n. 241 ;
d) armonizzazione degli orari di servizio, di apertura degli uffici e di lavoro
con le esigenze dell'utenza e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei
Paesi della Comunità europea, nonché con quelli del lavoro privato;
e) responsabilità e collaborazione di tutto il personale per il risultato
dell'attività lavorativa;
f) flessibilità nell'organizzazione degli uffici e nella gestione delle risorse
umane anche mediante processi di riconversione professionale e di mobilità del
personale all'interno di ciascuna amministrazione, nonché tra amministrazioni
ed enti diversi.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80
6. Organizzazione e disciplina degli uffici e
dotazioni organiche.
1. Nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la
disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni
organiche, sono determinate in funzione delle finalità indicate all'articolo 1,
comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa consultazione
delle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 10. Le
amministrazioni pubbliche curano l'ottimale distribuzione delle risorse umane
attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento
del personale.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si
applica l'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. La
distribuzione del personale dei diversi livelli o qualifiche previsti dalla
dotazione organica può essere modificata con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro competente, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ove comporti
riduzioni di spesa o comunque non incrementi la spesa complessiva riferita al
personale effettivamente in servizio al 31 dicembre dell'anno precedente.
3. Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si procede
periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonché ove risulti necessario a
seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimento di funzioni. Ogni
amministrazione procede adottando gli atti previsti dal proprio ordinamento.
4. Le variazioni delle dotazioni organiche già determinate sono approvate
dall'organo di vertice delle amministrazioni in coerenza con la programmazione
triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39 della legge 27
dicembre 1997, n. 449 , e con gli strumenti di programmazione economico-finanziaria
pluriennale. Per le amministrazioni dello Stato, la programmazione triennale
del fabbisogno di personale è deliberata dal Consiglio dei Ministri e le
variazioni delle dotazioni organiche sono determinate ai sensi dell'articolo
17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
5. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il Ministero degli affari
esteri, nonché per le amministrazioni che esercitano competenze istituzionali
in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, sono
fatte salve le particolari disposizioni dettate dalle normative di settore.
L'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503,
relativamente al personale appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento
civile, si interpreta nel senso che al predetto personale non si applica
l'articolo 16 dello stesso decreto. Restano salve le disposizioni vigenti per
la determinazione delle piante organiche del personale degli istituti e scuole
di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative. Le attribuzioni del
Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica relative a
tutto il personale tecnico e amministrativo universitario, compresi i
dirigenti, sono devolute all'università di appartenenza. Parimenti sono attribuite
agli Osservatori astronomici, astrofisici e Vesuviano tutte le attribuzioni del
Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in materia
di personale, ad eccezione di quelle relative al reclutamento del personale di
ricerca.
6. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui
al presente articolo e a quelli previsti dall'articolo 31 non possono assumere
nuovo personale, compreso quello appartenente alle categorie protette (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 4 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546 e poi dall'art. 5 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80,
7. Gestione delle risorse umane.
1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari
opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul
lavoro.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e
l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica,
scientifica e di ricerca.
3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di priorità
nell'impiego flessibile del personale, purché compatibile con l'organizzazione
degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio
personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di
volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266 .
4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l'aggiornamento del
personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresì
l'adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo
della cultura di genere della pubblica amministrazione (1).
5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici
accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.
6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le
amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di
provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e
compenso della collaborazione (2).
(1) Comma così modificato dall'art. 3 del D.Lgs. 29 ottobre
1998, n. 387
(2) Comma così modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546
8. Selezione del personale.
[1. I procedimenti di selezione per l'accesso e per la
progressione del personale nei pubblici uffici sono definiti nel rispetto dei
seguenti criteri fondamentali:
a) concentrazione e rapidità dei tempi e modi di svolgimento;
b) unicità della selezione per identiche qualifiche e professionalità pur se di
amministrazioni ed enti diversi;
c) decentramento, ove opportuno, dei procedimenti di selezione;
d) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata
competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle
amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti
dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano
cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle
confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali;
e) adozione di meccanismi informativi e di altri strumenti atti a ridurre la
discrezionalità della valutazione e ad accelerare le procedure, comprese quelle
di preselezione ] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80.
9. Costo del lavoro, risorse finanziarie e controlli.
1. Le amministrazioni pubbliche adottano tutte le misure
affinché la spesa per il proprio personale sia evidente, certa e prevedibile
nella evoluzione. Le risorse finanziarie destinate a tale spesa sono
determinate in base alle compatibilità economico-finanziarie definite nei
documenti di programmazione e di bilancio.
2. L'incremento del costo del lavoro negli enti pubblici economici e nelle
aziende pubbliche che producono servizi di pubblica utilità, nonché negli enti
di cui all'articolo 73, comma 5, è soggetto a limiti compatibili con gli
obiettivi e i vincoli di finanza pubblica.
10. Partecipazione sindacale.
1. I contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti
sindacali e gli istituti della partecipazione anche con riferimento agli atti
interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 6 del D.Lgs. 31 marzo
1998, n. 80
TITOLO II
Organizzazione
Capo I - Relazioni con il pubblico
11. Trasparenza delle amministrazioni pubbliche.
1. L'organismo di cui all'articolo 2, comma 1, lettera mm),
della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ai fini della trasparenza e rapidità del
procedimento, definisce, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), i
modelli e sistemi informativi utili alla interconnessione tra le
amministrazioni pubbliche (1).
2. La Presidenza
del Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica ed i comitati
metropolitani di cui all'articolo 18, D.L. 24 novembre 1990, n. 344,
convertito, con modificazioni, dalla L. 23 gennaio 1991, n. 21, promuovono,
utilizzando il personale degli uffici di cui all'articolo 12, la costituzione
di servizi di accesso polifunzionale alle amministrazioni pubbliche nell'ambito
dei progetti finalizzati di cui all'art. 26, L. 11 marzo 1988, n. 67 .
(1) Comma così modificato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo
1998, n. 80
12. Ufficio relazioni con il pubblico.
1. Le amministrazioni pubbliche, al fine di garantire la
piena attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241 , individuano, nell'ambito
della propria struttura e nel contesto della ridefinizione degli uffici di cui
all'articolo 31, uffici per le relazioni con il pubblico.
2. Gli uffici per le relazioni con il pubblico provvedono, anche mediante
l'utilizzo di tecnologie informatiche:
a) al servizio all'utenza per i diritti di partecipazione di cui al capo III
della legge 7 agosto 1990, n. 241;
b) all'informazione all'utenza relativa agli atti e allo stato dei
procedimenti;
c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte alla
propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto
con l'utenza .
3. Agli uffici per le relazioni con il pubblico viene assegnato, nell'ambito
delle attuali dotazioni organiche delle singole amministrazioni, personale con
idonea qualificazione e con elevata capacità di avere contatti con il pubblico,
eventualmente assicurato da apposita formazione.
4. Al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e strutture, le
amministrazioni pubbliche programmano ed attuano iniziative di comunicazione di
pubblica utilità; in particolare, le amministrazioni dello Stato, per
l'attuazione delle iniziative individuate nell'ambito delle proprie competenze,
si avvalgono del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza
del Consiglio dei Ministri quale struttura centrale di servizio, secondo un
piano annuale di coordinamento del fabbisogno di prodotti e servizi, da
sottoporre all'approvazione del Presidente del Consiglio dei Ministri .
5. Per le comunicazioni previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, non si
applicano le norme vigenti che dispongono la tassa a carico del destinatario
(1).
5-bis. Il responsabile dell'ufficio per le relazioni con il pubblico e il
personale da lui indicato possono promuovere iniziative volte, anche con il
supporto delle procedure informatiche, al miglioramento dei servizi per il
pubblico, alla semplificazione e all'accelerazione delle procedure e
all'incremento delle modalità di accesso informale alle informazioni in possesso
dell'amministrazione e ai documenti amministrativi (2).
5-ter. L'organo di vertice della gestione dell'amministrazione o dell'ente
verifica l'efficacia dell'applicazione delle iniziative di cui al comma 5-bis,
ai fini dell'inserimento della verifica positiva nel fascicolo personale del
dipendente. Tale riconoscimento costituisce titolo autonomamente valutabile in
concorsi pubblici e nella progressione in carriera del dipendente. Gli organi
di vertice trasmettono le iniziative riconosciute ai sensi del presente comma
al Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di una adeguata
pubblicizzazione delle stesse. Il Dipartimento annualmente individua le forme
di pubblicazione (2).
5-quater. Le disposizioni di cui ai commi 5-bis e 5-ter, a decorrere dal 1° luglio
1997, sono estese a tutto il personale dipendente dalle amministrazioni
pubbliche (2).
(1) Così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 23 dicembre 1993,
n. 546
(2) Comma aggiunto dall'art. 3 del D.L. 12 maggio 1995, n. 163
12-bis. Uffici per la gestione del contenzioso del
lavoro.
1. Le amministrazioni pubbliche provvedono, nell'ambito dei
rispettivi ordinamenti, ad organizzare la gestione del contenzioso del lavoro,
anche creando appositi uffici, in modo da assicurare l'efficace svolgimento di
tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti alle controversie. Più
amministrazioni omogenee o affini possono istituire, mediante convenzione che
ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per
la gestione di tutto o parte del contenzioso comune (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80
Capo II - Dirigenza
Sezione I - Qualifiche, uffici dirigenziali ed
attribuzioni
13. Amministrazioni destinatarie.
1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo (1).
(1) Così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 18 novembre 1993,
n. 470 e poi dall'art. 8 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
14. Indirizzo politico-amministrativo.
1. Il Ministro esercita le funzioni di cui all'articolo 3,
comma 1. A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, anche sulla base delle
proposte dei dirigenti di cui all'articolo 16:
a) definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le
conseguenti direttive generali per l'attività amministrativa e per la gestione;
b) effettua, ai fini dell'adempimento dei compiti definiti ai sensi della
lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità
delle rispettive amministrazioni delle risorse di cui all'articolo 3, comma 1,
lettera c), del presente decreto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 3 del
decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, ad esclusione delle risorse
necessarie per il funzionamento degli uffici di cui al comma 2; provvede alle
variazioni delle assegnazioni con le modalità previste dal medesimo decreto
legislativo 7 agosto 1997, n. 279 , tenendo altresì conto dei procedimenti e
subprocedimenti attribuiti ed adotta gli altri provvedimenti ivi previsti.
2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di
uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di
raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento
adottato ai sensi del comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988,
n. 400 . A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso
regolamento: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo
o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati
dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari
professionalità e specializzazioni, con incarichi di collaborazione coordinata
e continuativa. Per i dipendenti pubblici si applica la disposizione di cui
all'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. Con lo stesso
regolamento si provvede al riordino delle Segreterie particolari dei
Sottosegretari di Stato.
Con decreto adottato dall'autorità di governo competente, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, è
determinato, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera n), della legge
15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato
dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina
contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere
mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di
disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei
Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consistente in un
unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per
la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale. Con
effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al presente
comma sono abrogate le norme del regio decreto-legge 10 luglio 1924, n. 1100, e
successive modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra norma riguardante la
costituzione e la disciplina dei Gabinetti dei Ministri e delle Segreterie
particolari dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato.
3. Il Ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o
altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti. In caso
di inerzia o ritardo il Ministro può fissare un termine perentorio entro il
quale il dirigente deve adottare gli atti o i provvedimenti. Qualora l'inerzia
permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del
dirigente competente, che determinino pregiudizio per l'interesse pubblico, il
Ministro può nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un
commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri
del relativo provvedimento. Resta salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma
3, lettera p) della legge 23 agosto 1988, n. 400.
. Resta altresì salvo quanto previsto dall'articolo 6 del testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n.
773, e successive modificazioni ed integrazioni, e dall'articolo 10 del
relativo regolamento emanato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Resta
salvo il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimità (1).
(1) Articolo così modificato dall'art. 8 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546, poi dall'art. 9 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
16. Funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali
generali.
1. I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque
denominati, nell'ambito di quanto stabilito dall'articolo 3 esercitano, fra gli
altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri al Ministro, nelle materie di sua
competenza;
b) curano l'attuazione dei piani, programmi e direttive generali definite dal
Ministro e attribuiscono ai dirigenti gli incarichi e la responsabilità di
specifici progetti e gestioni; definiscono gli obiettivi che i dirigenti devono
perseguire e attribuiscono le conseguenti risorse umane, finanziarie e
materiali;
c) adottano gli atti relativi all'organizzazione degli uffici di livello
dirigenziale non generale;
d) adottano gli atti e i provvedimenti amministrativi ed esercitano i poteri di
spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei
propri uffici, salvo quelli delegati ai dirigenti;
e) dirigono, coordinano e controllano l'attività dei dirigenti e dei
responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in
caso di inerzia, e propongono l'adozione, nei confronti dei dirigenti, delle
misure previste dall'articolo 21;
f) promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e di
transigere, fermo restando quanto disposto dall'articolo 12, comma 1, della
legge 3 aprile 1979, n. 103 ;
g) richiedono direttamente pareri agli organi consultivi dell'amministrazione e
rispondono ai rilievi degli organi di controllo sugli atti di competenza;
h) svolgono le attività di organizzazione e gestione del personale e di
gestione dei rapporti sindacali e di lavoro;
i) decidono sui ricorsi gerarchici contro gli atti e i provvedimenti
amministrativi non definitivi dei dirigenti;
l) curano i rapporti con gli uffici dell'Unione europea e degli Organismi
internazionali nelle materie di competenza secondo le specifiche direttive
dell'organo di direzione politica, sempreché tali rapporti non siano
espressamente affidati ad apposito ufficio o organo.
2. I dirigenti di uffici dirigenziali generali riferiscono al Ministro
sull'attività da essi svolta correntemente e in tutti i casi in cui il Ministro
lo richieda o lo ritenga opportuno.
3. L'esercizio dei compiti e dei poteri di cui al comma 1 può essere conferito
anche a dirigenti preposti a strutture organizzative comuni a più
amministrazioni pubbliche, ovvero alla attuazione di particolari programmi,
progetti e gestioni.
4. Gli atti e i provvedimenti adottati dai dirigenti preposti al vertice
dell'amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali di cui al
presente articolo non sono suscettibili di ricorso gerarchico.
5. Gli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche al cui vertice è preposto un
segretario generale, capo dipartimento o altro dirigente comunque denominato,
con funzione di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale, ne
definiscono i compiti ed i poteri (1)
(1) Articolo così sostituito dall'art. 9 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546 e poi dall'art. 11 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
17. Funzioni dei dirigenti.
1. I dirigenti, nell'ambito di quanto stabilito
dall'articolo 3, esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri ai dirigenti degli uffici
dirigenziali generali;
b) curano l'attuazione dei progetti e delle gestioni ad essi assegnati dai
dirigenti degli uffici dirigenziali generali, adottando i relativi atti e
provvedimenti amministrativi ed esercitando i poteri di spesa e di acquisizione
delle entrate;
c) svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici
dirigenziali generali;
d) dirigono, coordinano e controllano l'attività degli uffici che da essi
dipendono e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con poteri
sostitutivi in caso di inerzia;
e) provvedono alla gestione del personale e delle risorse finanziarie e
strumentali assegnate ai propri uffici (1) .
(1) Articolo così sostituito dall'art. 10 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546 e poi dall'art. 12 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
18. Criteri di rilevazione e analisi dei costi e dei
rendimenti.
1. Sulla base delle indicazioni di cui all'art. 64 del
presente decreto, i dirigenti generali adottano misure organizzative idonee a
consentire la rilevazione e l'analisi dei costi e dei rendimenti dell'attività
amministrativa, della gestione e delle decisioni organizzative.
2. Il Dipartimento della funzione pubblica può chiedere, all'Istituto nazionale
di statistica ISTAT, la elaborazione di norme tecniche e criteri per le
rilevazioni ed analisi di cui al comma 1 e, all'Autorità per l'informatica
nella pubblica amministrazione, la elaborazione di procedure informatiche
standardizzate allo scopo di evidenziare gli scostamenti dei costi e dei
rendimenti rispetto a valori medi e "standards" (1).
(1) Articolo così modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 18
novembre 1993, n. 470
19. Incarichi di funzioni dirigenziali.
1. Per il conferimento di ciascun incarico di funzione
dirigenziale e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse
si tiene conto della natura e delle caratteristiche dei programmi da
realizzare, delle attitudini e della capacità professionale del singolo
dirigente, anche in relazione ai risultati conseguiti in precedenza, applicando
di norma il criterio della rotazione degli incarichi. Al conferimento degli
incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo 2103,
del codice civile (1).
2. Tutti gli incarichi di direzione degli uffici delle amministrazioni dello
Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti a tempo determinato,
secondo le disposizioni del presente articolo. Gli incarichi hanno durata non
inferiore a due anni e non superiore a sette anni, con facoltà di rinnovo. Sono
definiti contrattualmente, per ciascun incarico, l'oggetto, gli obiettivi da
conseguire, la durata dell'incarico, salvi i casi di revoca di cui all'articolo
21, nonché il corrispondente trattamento economico. Quest'ultimo è regolato ai
sensi dell'articolo 24 ed ha carattere onnicomprensivo (1).
3. Gli incarichi
di segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture
articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello
equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente,
a dirigenti della prima fascia del ruolo unico di cui all'articolo 23 o, con
contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità
professionali richieste dal comma 6.
4. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale generale
sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia del ruolo
unico di cui all'articolo 23 o, in misura non superiore ad un terzo, a
dirigenti del medesimo ruolo unico ovvero, con contratto a tempo determinato, a
persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma
6.
5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale sono
conferiti, dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale, ai
dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera
c) (1).
6. Gli incarichi di cui ai commi precedenti possono essere conferiti con
contratto a tempo determinato, e con le medesime procedure, entro il limite del
5 per cento dei dirigenti appartenenti alla prima fascia del ruolo unico e del
5 per cento di quelli appartenenti alla seconda fascia, a persone di
particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto
attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private
con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o
che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale,
culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e
postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di
lavoro, o provenienti dai settori della ricerca, della docenza universitaria,
delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Il
trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla
specifica qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del
rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze
professionali. Per il periodo di durata del contratto, i dipendenti di
pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con
riconoscimento dell'anzianità di servizio.
7. Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui ai commi
precedenti sono revocati nelle ipotesi di responsabilità dirigenziale per
inosservanza delle direttive generali e per i risultati negativi dell'attività
amministrativa e della gestione, disciplinate dall'articolo 21, ovvero nel caso
di risoluzione consensuale del contratto individuale di cui al comma 2
dell'articolo 24.
8. Gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui al comma 3
possono essere confermati, revocati, modificati o rinnovati entro novanta
giorni dal voto sulla fiducia al Governo. Decorso tale termine, gli incarichi
per i quali non si sia provveduto si intendono confermati fino alla loro
naturale scadenza.
9. Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 è data comunicazione al Senato della
Repubblica ed alla Camera dei deputati, allegando una scheda relativa ai titoli
ed alle esperienze professionali dei soggetti prescelti.
10. I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali
svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne
abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri
incarichi specifici previsti dall'ordinamento. Le modalità per l'utilizzazione
dei predetti dirigenti sono stabilite con il regolamento di cui all'articolo
23, comma 3.
11. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il Ministero degli affari
esteri nonché per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di
difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, la ripartizione
delle attribuzioni tra livelli dirigenziali differenti è demandata ai
rispettivi ordinamenti.
12. Per il personale di cui all'articolo 2, comma 4, il conferimento degli
incarichi di funzioni dirigenziali continuerà ad essere regolato secondo i
rispettivi ordinamenti di settore (2).
(1) Comma così modificato dall'art. 5 del D.Lgs. 29 ottobre
1998, n. 387
(2) Articolo così sostituito prima dall'art. 11 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n.
546 e poi dall'art. 13 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
20. Verifica dei risultati (1).
1. [I dirigenti generali ed i dirigenti sono responsabili
del risultato dell'attività svolta dagli uffici ai quali sono preposti, della
realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati in relazione agli
obiettivi dei rendimenti e dei risultati della gestione finanziaria, tecnica ed
amministrativa, incluse le decisioni organizzative e di gestione del personale.
All'inizio di ogni anno, i dirigenti presentano al direttore generale, e questi
al Ministro, una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente.
2. Nelle amministrazioni pubbliche, ove già non esistano, sono istituiti
servizi di controllo interno, o nuclei di valutazione, con il compito di
verificare, mediante valutazioni comparative dei costi e dei rendimenti, la
realizzazione degli obiettivi, la corretta ed economica gestione delle risorse
pubbliche, l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa. I
servizi o nuclei determinano almeno annualmente, anche su indicazione degli
organi di vertice, i parametri di riferimento del controllo.
3. Gli uffici di cui al comma 2 operano in posizione di autonomia e rispondono
esclusivamente agli organi di direzione politica. Ad essi è attribuito,
nell'ambito delle dotazioni organiche vigenti, un apposito contingente di
personale. Può essere utilizzato anche personale già collocato fuori ruolo. Per
motivate esigenze, le amministrazioni pubbliche possono altresì avvalersi di
consulenti esterni, esperti in tecniche di valutazione e nel controllo di
gestione.
4. I nuclei di valutazione, ove istituiti, sono composti da dirigenti generali
e da esperti anche esterni alle amministrazioni. In casi di particolare complessità,
il Presidente del Consiglio può stipulare, anche cumulativamente per più
amministrazioni, convenzioni apposite con soggetti pubblici o privati
particolarmente qualificati.
5. I servizi e nuclei hanno accesso ai documenti amministrativi e possono richiedere,
oralmente o per iscritto, informazioni agli uffici pubblici. Riferiscono
trimestralmente sui risultati della loro attività agli organi generali di
direzione. Gli uffici di controllo interno delle amministrazioni territoriali e
periferiche riferiscono altresì ai comitati di cui al comma 6.
6. I comitati provinciali delle pubbliche amministrazioni e i comitati
metropolitani di cui all'art. 18 del D.L. 24 novembre 1990, n. 344, convertito,
con modificazioni, dalla L. 23 gennaio 1991, n. 21, e al decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 10 giugno 1992, si avvalgono degli uffici di
controllo interno delle amministrazioni territoriali e periferiche.
7. All'istituzione degli uffici di cui al comma 2 si provvede con regolamenti
delle singole amministrazioni da emanarsi entro il 1° febbraio 1994. È
consentito avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, di uffici già
istituiti in altre amministrazioni .
8. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e per le amministrazioni che
esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia
e di giustizia, le operazioni di cui al comma 2 sono effettuate dal Ministro
per i dirigenti e dal Consiglio dei Ministri per i dirigenti generali. I
termini e le modalità di attuazione del procedimento di verifica dei risultati
da parte del Ministro competente e del Consiglio dei Ministri sono stabiliti
rispettivamente con regolamento ministeriale e con decreto del Presidente della
Repubblica da adottarsi entro sei mesi, ai sensi dell'art. 17, L. 23 agosto
1988, n. 400, ovvero, fino alla data di entrata in vigore di tale decreto, con
provvedimenti dei singoli Ministri interessati.
9. L'inosservanza delle direttive e i risultati negativi della gestione
finanziaria tecnica e amministrativa comportano, in contraddittorio, il
collocamento a disposizione per la durata massima di un anno, con conseguente
perdita del trattamento economico accessorio connesso alle funzioni. Per le
amministrazioni statali tale provvedimento è adottato dal Ministro ove si tratti
di dirigenti e dal Consiglio dei Ministri ove si tratti di dirigenti generali.
Nelle altre amministrazioni, provvedono gli organi amministrativi di vertice.
Per effetto del collocamento a disposizione non si può procedere a nuove nomine
a qualifiche dirigenziali. In caso di responsabilità particolarmente grave o
reiterata, nei confronti dei dirigenti generali o equiparati, può essere
disposto - in contraddittorio - il collocamento a riposo per ragioni di
servizio, anche se non sia mai stato in precedenza disposto il collocamento a
disposizione; nei confronti dei dirigenti si applicano le disposizioni del
codice civile.
10. Restano ferme le disposizioni vigenti in materia di responsabilità penale,
civile amministrativo-contabile e disciplinare previste per i dipendenti delle
amministrazioni pubbliche.
11. Restano altresì ferme le disposizioni vigenti per il personale delle
qualifiche dirigenziali delle forze di polizia, delle carriere diplomatica e
prefettizia e delle Forze armate (2)].
(1) Titolo così modificato dall'art. 6 del D.Lgs. 29 ottobre
1998, n. 387
(2) Articolo abrogato dall'art. 10 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286
21. Responsabilità dirigenziale.
1. I risultati negativi dell'attività amministrativa e della
gestione o il mancato raggiungimento degli obiettivi, valutati con i sistemi e
le garanzie determinati con i decreti legislativi di cui all'articolo 17 della
legge 15 marzo 1997, n. 59, comportano per il dirigente interessato la revoca
dell'incarico, adottata con le procedure previste dall'articolo 19, e la
destinazione ad altro incarico, anche tra quelli di cui all'articolo 19, comma
10 presso la medesima amministrazione ovvero presso altra amministrazione che
vi abbia interesse.
2. Nel caso di grave inosservanza delle direttive impartite dall'organo
competente o di ripetuta valutazione negativa, ai sensi del comma 1, il
dirigente, previa contestazione e contraddittorio, può essere escluso dal
conferimento di ulteriori incarichi, di livello dirigenziale corrispondente a
quello revocato, per un periodo non inferiore a due anni. Nei casi di maggiore
gravità, l'amministrazione può recedere dal rapporto di lavoro, secondo le
disposizioni del codice civile e dei contratti collettivi .
3. I provvedimenti di cui al comma 2 sono adottati previo conforme parere di un
comitato di garanti, i cui componenti sono nominati con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri. Il comitato è presieduto da un magistrato della
Corte dei conti, con esperienza nel controllo di gestione, designato dal
Presidente della Corte dei conti; di esso fanno parte un dirigente della prima
fascia del ruolo unico di cui all'articolo 23, eletto dai dirigenti del
medesimo ruolo con le modalità stabilite dal regolamento di cui al comma 3 del
medesimo articolo e collocato fuori ruolo per la durata del mandato, e un
esperto scelto dal Presidente del Consiglio dei Ministri tra soggetti con
specifica qualificazione ed esperienza nei settori dell'organizzazione
amministrativa e del lavoro pubblico. Il parere viene reso entro trenta giorni
dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine, si prescinde dal parere. Il
comitato dura in carica tre anni. L'incarico non è rinnovabile.
4. In attesa dell'emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 17
della legge 15 marzo 1997, n. 59 1, ai fini di cui al presente articolo la
valutazione dei risultati negativi viene effettuata nelle forme previste
dall'articolo 20.
5. Restano ferme le disposizioni vigenti per il personale delle qualifiche
dirigenziali delle Forze di polizia, delle carriere diplomatica e prefettizia e
delle Forze armate (1).
(1) Articolo così modificato dall'art. 12 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546, poi dall'art. 7 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 e
infine dall'art. 14 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
22. Attribuzioni degli incarichi di direzione in sede
di prima applicazione del presente decreto.
[1. Per la prima applicazione del presente decreto gli
incarichi di direzione degli uffici individuati ai sensi dell'articolo 31 sono
conferiti, con le procedure di cui all'articolo 19, entro un mese dalla
emanazione del decreto per l'individuazione degli uffici medesimi. Nello stesso
termine e con le medesime procedure sono assegnati gli incarichi di funzioni
ispettive e di consulenza, studio e ricerca di livello dirigenziale.
2. In sede di prima applicazione del presente decreto, i dirigenti generali ed
i dirigenti in servizio, anche ai sensi dell'articolo 16 del decreto
legislativo del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1992, n. 503, presso
ciascuna amministrazione, ai quali non sia stata assegnata la direzione di una
unità organizzativa ovvero non siano stati conferiti incarichi di funzioni
ispettive, di consulenza, studio e ricerca, sono collocati in soprannumero e
sono sottoposti ai processi di mobilità, che saranno disciplinati con il
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 23, comma
2.] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 43, D.Lgs. 31 marzo 1998, n.
80
23. Ruolo unico dei dirigenti.
1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri, il ruolo unico dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato, anche
ad ordinamento autonomo, articolato in due fasce. La distinzione in fasce ha
rilievo agli effetti del trattamento economico e, limitatamente a quanto
previsto dall'articolo 19, ai fini del conferimento degli incarichi di
dirigenza generale.
2. Nella prima fascia del ruolo unico sono inseriti in sede di prima
applicazione del presente decreto i dirigenti generali in servizio alla data di
entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3 e, successivamente, i
dirigenti della seconda fascia che abbiano ricoperto incarichi di direzione di
uffici dirigenziali generali ai sensi dell'articolo 19 per un tempo pari ad
almeno a cinque anni, senza essere incorsi nelle misure previste dall'articolo
21, comma 2, per le ipotesi di responsabilità dirigenziale. Nella seconda
fascia sono inseriti gli altri dirigenti in servizio alla medesima data e i
dirigenti reclutati attraverso i meccanismi di accesso di cui all'articolo 28 .
3. Con regolamento da emanare, entro il 31 luglio 1998, ai sensi dell'articolo
17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le modalità
di costituzione e tenuta del ruolo unico, articolato in modo da garantire la
necessaria specificità tecnica. Il regolamento disciplina altresì le modalità
di elezione del componente del comitato di garanti di cui all'articolo 21,
comma 3. Il regolamento disciplina inoltre le procedure, anche di carattere
finanziario, per la gestione del personale dirigenziale collocato presso il
ruolo unico e le opportune forme di collegamento con le altre amministrazioni
interessate .
4. La Presidenza del Consiglio dei Ministri cura una banca dati informatica
contenente i dati curricolari e professionali di ciascun dirigente, al fine di
promuovere la mobilità e l'interscambio professionale degli stessi fra
amministrazioni statali, amministrazioni centrali e locali, organismi ed enti
internazionali e dell'Unione europea (1).
(1) Articolo così modificato dall'art. 15 del D.Lgs. 31
marzo 1998, n. 80 e poi dall'art. 8 del D.Lgs. 29 ottobre 1998. n. 387
24. Trattamento economico.
1. La retribuzione del personale con qualifica di dirigente
è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che
il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite e
alle connesse responsabilità. La graduazione delle funzioni e responsabilità ai
fini del trattamento accessorio è definita, ai sensi dell'art. 3, con decreto
ministeriale per le amministrazioni dello Stato e con provvedimenti dei
rispettivi organi di governo per le altre amministrazioni o enti, ferma
restando comunque l'osservanza dei criteri e dei limiti delle compatibilità
finanziarie fissate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con
il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
2. Per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale ai sensi dei
commi 3 e 4 dell'articolo 19, con contratto individuale è stabilito il
trattamento economico fondamentale, assumendo come parametri di base i valori
economici massimi contemplati dai contratti collettivi per le aree
dirigenziali, e sono determinati gli istituti del trattamento economico
accessorio, collegato al livello di responsabilità attribuito con l'incarico di
funzione ed ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione,
ed
i relativi importi .
3. Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte
le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal
presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del
loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui prestano
servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti
direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse
destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza .
4. Per il restante personale con qualifica dirigenziale indicato dal comma 4
dell'articolo 2, la retribuzione è determinata ai sensi dei commi 5 e 7
dell'articolo 2 della legge 6 marzo 1992, n. 216.
5. Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie, nell'ambito delle
risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie di personale di
cui all'articolo 2, commi 4 e 5, indicano le somme da destinare, in caso di
perequazione, al riequilibrio del trattamento economico del restante personale
dirigente civile e militare non contrattualizzato con il trattamento previsto
dai contratti collettivi nazionali per i dirigenti del comparto Ministeri,
tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli
incrementi comunque determinatisi a partire dal febbraio 1993, e secondo i
criteri indicati nell'articolo 1, comma 2, della legge 2 ottobre 1997, n. 334 .
6. I fondi per la perequazione di cui all'articolo 2 della legge 2 ottobre
1997, n. 334, destinati al personale di cui all'articolo 2, comma 5, sono
assegnati alle Università e da queste utilizzati per l'incentivazione
dell'impegno didattico dei professori e ricercatori universitari, con
particolare riferimento al sostegno dell'innovazione didattica, delle attività
di orientamento e tutorato, della diversificazione dell'offerta formativa. Le
Università possono destinare allo stesso scopo propri fondi, utilizzando anche
le somme attualmente stanziate per il pagamento delle supplenze e degli
affidamenti. Le Università possono erogare, a valere sul proprio bilancio,
appositi compensi incentivanti ai professori e ricercatori universitari che
svolgono attività di ricerca nell'ambito di progetti e programmi dell'Unione
europea e internazionale. L'incentivazione, a valere sui fondi di cui
all'articolo 2 della predetta legge n. 334 del 1997, è erogata come assegno
aggiuntivo pensionabile .
7. I compensi spettanti in base a norme speciali ai dirigenti del ruolo unico o
equiparati sono assorbiti nel trattamento economico attribuito ai sensi dei
commi precedenti .
8. Ai fini della determinazione del trattamento economico accessorio le risorse
che si rendono disponibili ai sensi del comma 7 confluiscono in appositi fondi
istituiti presso ciascuna amministrazione, unitamente agli altri compensi
previsti dal presente articolo .
9. Una quota pari al 10 per cento delle risorse di ciascun fondo confluisce in
un apposito fondo costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Le predette quote sono ridistribuite tra i fondi di cui al comma 8, secondo
criteri diretti ad armonizzare la quantità di risorse disponibili (1).
(1) Articolo così modificato prima dall'art. 13 del D.Lgs.
23 dicembre 1993, n. 546, poi dall'art. 16 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e
infine dall'art. 9 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387
25. Norma transitoria.
1. [Le qualifiche di primo dirigente e di dirigente
superiore sono conservate ad personam fino all'adozione dei provvedimenti di
attribuzione della qualifica di dirigente prevista dall'articolo 22. Nel nuovo
ruolo il personale dell'ex qualifica di dirigente superiore precede quello
dell'ex qualifica di primo dirigente secondo l'ordine di iscrizione nei ruoli
di provenienza] (1).
2. Sono portate a
compimento le procedure concorsuali per le qualifiche dirigenziali per le
quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano stati emanati
i relativi bandi ovvero siano stati adottati i provvedimenti autorizzativi del
concorso dai competenti organi. Restano salve le procedure concorsuali da
attivare in base a specifiche disposizioni normative di carattere transitorio.
3. [Il personale di cui al comma 1 mantiene il trattamento economico in
godimento alla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla data
della sottoscrizione del primo contratto collettivo delle aree dirigenziali.
Fino a tale ultima data, al personale che accede alla qualifica di dirigente
prevista dal presente capo compete il trattamento economico in atto previsto
per la qualifica di primo dirigente] (1).
4. Il personale delle qualifiche ad esaurimento di cui agli articoli 60 e
61 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, e successive
modificazioni, e quello di cui all'articolo 15, L. 9 marzo 1989, n. 88 , i cui
ruoli sono contestualmente soppressi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, conserva le qualifiche ad personam. A tale personale sono
attribuite funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di
particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonché compiti di studio,
ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente. Il trattamento
economico è definito nel primo contratto collettivo di comparto di cui
all'articolo 45.
(1) Comma abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n.
80
25-bis. Dirigenti delle istituzioni scolastiche.
1. Nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica è
istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle
istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità
giuridica ed autonomia a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n.
59. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e
rispondono, agli effetti dell'articolo 20, in ordine ai risultati, che sono
valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle
verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso
l'amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto
da esperti anche non appartenenti all'amministrazione stessa .
2. Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione, ne
ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione delle risorse
finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle
competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico
autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle
risorse umane. In particolare il dirigente scolastico organizza l'attività
scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare
delle relazioni sindacali.
3. Nell'esercizio delle competenze di cui al comma 2 il dirigente scolastico
promuove gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la
collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche
del territorio, per l'esercizio della libertà di insegnamento, intesa anche
come libertà di ricerca e innovazione metodologica e didattica, per l'esercizio
della libertà di scelta educativa delle famiglie e per l'attuazione del diritto
all'apprendimento da parte degli alunni.
4. Nell'ambito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta
al dirigente l'adozione dei provvedimenti di gestione delle risorse e del
personale.
5. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il
dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere
delegati specifici compiti, ed è coadiuvato dal responsabile amministrativo,
che sovrintende, con autonomia operativa, nell'ambito delle direttive di
massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai
servizi generali dell'istituzione scolastica, coordinando il relativo
personale.
6. Il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio
di istituto motivata relazione sulla direzione e il coordinamento dell'attività
formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia
informazione e un efficace raccordo per l'esercizio delle competenze degli
organi della istituzione scolastica (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 6 marzo 1998,
n. 59
25-ter. Inquadramento nei ruoli regionali dei
dirigenti scolastici dei capi d'istituto in servizio.
1. I capi di istituto con rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, ivi compresi i rettori e i vicerettori dei convitti nazionali,
le direttrici e vicedirettrici degli educandati, assumono la qualifica di
dirigente, previa frequenza di appositi corsi di formazione, all'atto della
preposizione alle istituzioni scolastiche dotate di autonomia e della
personalità giuridica a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59
, salvaguardando, per quanto possibile, la titolarità della sede di servizio.
2. Il Ministro della pubblica istruzione, con proprio decreto, definisce gli
obiettivi, i contenuti e la durata della formazione; determina le modalità di
partecipazione ai diversi moduli formativi e delle connesse verifiche;
definisce i criteri di valutazione e di certificazione della qualità di ciascun
corso; individua gli organi dell'amministrazione scolastica responsabili
dell'articolazione e del coordinamento dei corsi sul territorio, definendone i
criteri; stabilisce le modalità di svolgimento dei corsi con il loro
affidamento ad università, agenzie specializzate ed enti pubblici e privati
anche tra loro associati o consorziati.
3. La direzione dei conservatori di musica, delle accademie di belle arti,
degli istituti superiori per le industrie artistiche e delle accademie
nazionali di arte drammatica e di danza, è equiparata alla dirigenza dei capi
d'istituto. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono
disciplinate le modalità di designazione e di conferimento e la durata
dell'incarico, facendo salve le posizioni degli attuali direttori di ruolo.
4. Contestualmente all'attribuzione della qualifica dirigenziale ai vicerettori
dei convitti nazionali e alle vicedirettrici degli educandati sono soppressi i
corrispondenti posti. Alla conclusione delle operazioni sono soppressi i
relativi ruoli.
5. I capi d'istituto che rivestano l'incarico di Ministro o Sottosegretario di
Stato, ovvero siano in aspettativa per mandato parlamentare o amministrativo o
siano in esonero sindacale, distaccati, comandati, utilizzati o collocati fuori
ruolo possono assolvere all'obbligo di formazione mediante la frequenza di
appositi moduli nell'ambito della formazione prevista dal presente articolo,
ovvero della formazione di cui all'articolo 28-bis. In tale ultimo caso
l'inquadramento decorre ai fini giuridici dalla prima applicazione degli
inquadramenti di cui al comma 1 ed ai fini economici dalla data di assegnazione
ad una istituzione scolastica autonoma (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 6 marzo 1998,
n. 59
26. Norme per la dirigenza del Servizio sanitario
nazionale.
1. Alla qualifica di dirigente dei ruoli professionale,
tecnico ed amministrativo del Servizio sanitario nazionale si accede mediante
concorso pubblico per titoli ed esami, al quale sono ammessi candidati in
possesso del relativo diploma di laurea, con cinque anni di servizio effettivo
corrispondente alla medesima professionalità prestato in enti del Servizio
sanitario nazionale nella posizione funzionale di settimo e ottavo livello,
ovvero in qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre
pubbliche amministrazioni. Relativamente al personale del ruolo tecnico e
professionale, l'ammissione è altresì consentita ai candidati in possesso di esperienze
lavorative con rapporto di lavoro libero-professionale o di attività coordinata
e continuata presso enti o pubbliche amministrazioni, ovvero di attività
documentate presso studi professionali privati, società o istituti di ricerca,
aventi contenuto analogo a quello previsto per corrispondenti profili del ruolo
medesimo (1).
2. In sede di prima applicazione del presente decreto, il personale dei ruoli
professionale, tecnico ed amministrativo già appartenente alle posizioni
funzionali di decimo ed undicesimo livello è inquadrato nella qualifica di
dirigente di cui all'articolo 15 del presente decreto, articolata, fino alla
sottoscrizione del primo contratto collettivo dell'area dirigenziale di cui
all'articolo 46, in due fasce economiche corrispondenti al trattamento
economico in godimento, rispettivamente, dei livelli decimo e undicesimo (1).
2-bis. In sede di prima applicazione del presente decreto, è altresì inquadrato
nella qualifica di dirigente di cui al comma 2 anche il personale già
ricompreso nella posizione funzionale corrispondente al nono livello dei
medesimi ruoli, il quale mantiene il trattamento economico in godimento (2).
2-ter. Il personale di cui al comma 2-bis, in possesso dell'anzianità di cinque
anni nella posizione medesima, può partecipare a concorsi, disciplinati
dall'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , e
successive modificazioni ed integrazioni, per il conseguimento della fascia
economica già corrispondente al decimo livello, in relazione alla disponibilità
di posti vacanti in tale fascia (2).
2-quater. Con il regolamento di cui all'articolo 18, comma 1, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n 502, e successive modificazioni ed
integrazioni, sono determinati i tempi, le procedure e le modalità per lo
svolgimento dei concorsi di cui al comma 2-ter (2).
2-quinquies. Nell'attribuzione degli incarichi dirigenziali di cui agli
articoli 19, 22, 30 e 31 del presente capo, determinati in relazione alla
struttura organizzativa derivante dalle leggi regionali di cui all'articolo 3
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 , si deve tenere conto della
posizione funzionale posseduta dal relativo personale all'atto
dell'inquadramento nella qualifica di dirigente. È assicurata la corrispondenza
di funzioni, a parità di struttura organizzativa, dei dirigenti di più elevato
livello dei ruoli di cui al comma 1 con i dirigenti di secondo livello del
ruolo sanitario (2).
3. Fino alla
ridefinizione delle piante organiche non può essere disposto alcun incremento
delle
dotazioni organiche per ciascuna delle attuali posizioni funzionali
dirigenziali del ruolo sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo. [I
profili ricompresi nella nona posizione funzionale dei predetti ruoli sono
soppressi ed il relativo personale rimane collocato in detta posizione ad
esaurimento mantenendo il trattamento economico in godimento] (3).
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i concorsi
per la posizione funzionale corrispondente al nono livello retributivo dei
ruoli professionale, tecnico ed amministrativo relativi al personale di cui al
comma 1, per i quali non siano iniziate le prove di esame, sono revocati.
(1) Comma così sostituito dall'art. 14 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546 e successivamente dall'art. 45 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80
(2) Comma aggiunto dall'art. 14 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546
(3) Periodo soppresso dall'art. 14 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546
27. Norma di richiamo.
1. Per le regioni, il dirigente cui sono conferite funzioni
di coordinamento è sovraordinato, limitatamente alla durata dell'incarico, al
restante personale dirigenziale.
2. [Nelle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2, ove è
prevista la figura di segretario generale, capo di dipartimento, o figure
equivalenti, restano ferme le competenze attribuite a tali figure dalla legge e
dai rispettivi ordinamenti, fatto salvo quanto disposto dall'art. 15, comma 2]
(1).
3. Per il Consiglio di Stato e per i tribunali amministrativi regionali, per la
Corte dei conti e per l'Avvocatura generale dello Stato, le attribuzioni che il
presente decreto demanda agli organi di governo sono di competenza
rispettivamente, del presidente del Consiglio di Stato, del presidente della
Corte dei conti e dell'avvocato generale dello Stato; le attribuzioni che il
presente decreto demanda ai dirigenti generali sono di competenza dei segretari
generali dei predetti istituti (2).
(1) Comma abrogato dell'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n.
80
(2) Così sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. 18 novembre 1993, n. 470
27-bis. Criteri di adeguamento per le pubbliche
amministrazioni non statali.
1. Le regioni a statuto ordinario, nell'esercizio della
propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche
amministrazioni, nell'esercizio della propria potestà statutaria e
regolamentare, adeguano ai princìpi dell'articolo 3 e del presente capo i
propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità. Gli enti pubblici
non economici nazionali si adeguano, anche in deroga alle speciali disposizioni
di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione.
2. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 trasmettono, entro due mesi
dalla adozione, le deliberazioni, le disposizioni ed i provvedimenti adottati
in attuazione del medesimo comma alla Presidenza del Consiglio dei Ministri,
che ne cura la raccolta e la pubblicazione (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 17 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80
Sezione II - Accesso alla dirigenza e riordino della
Scuola superiore della pubblica amministrazione.
28. Accesso alla qualifica di dirigente.
1. L'accesso alla qualifica di dirigente di ruolo nelle
amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici
non economici avviene esclusivamente a seguito di concorso per esami.
2. In sede di programmazione del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39
della legge 27 dicembre 1997, n. 449, sono determinati i posti di dirigente da
coprire con due distinte procedure concorsuali, cui possono rispettivamente
partecipare:
a) i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che
abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio, svolti in posizioni funzionali
per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i
dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso,
il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi
soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche
non ricomprese nel campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, muniti del
diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni
dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi
dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non
inferiore a cinque anni;
b) i soggetti muniti di laurea nonché di uno dei seguenti titoli: diploma di
specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo postuniversitario
rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie
istituzioni formative pubbliche o private, secondo modalità di riconoscimento
disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il
Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e la Scuola
superiore della pubblica amministrazione. Sono ammessi, altresì, soggetti in
possesso della qualifica di dirigente in strutture private, muniti del diploma
di laurea, che hanno svolto per almeno cinque anni le funzioni dirigenziali.
3. Con regolamento governativo di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 23
agosto 1988, n. 400, sono definiti, sentita la Scuola superiore della pubblica
amministrazione, distintamente per i concorsi di cui alle lettere a) e b) del
comma 2:
a) i criteri per la composizione e la nomina delle commissioni esaminatrici;
b) le modalità di svolgimento delle selezioni.4. I vincitori dei concorsi di
cui al comma 1, anteriormente al conferimento del primo incarico dirigenziale,
frequentano un ciclo di attività formative organizzato dalla Scuola superiore
della pubblica amministrazione e disciplinato dal regolamento di cui
all'articolo 29, comma 5. Tale ciclo comprende anche l'applicazione presso
amministrazioni italiane e straniere, enti o organismi internazionali, istituti
o aziende pubbliche o private. Per i vincitori dei concorsi di cui alla lettera
a) del comma 2, il regolamento può prevedere che il ciclo formativo, di durata
complessivamente non superiore a dodici mesi, si svolga anche in collaborazione
con istituti universitari italiani o stranieri, ovvero primarie istituzioni
formative pubbliche o private.
5. Ai vincitori dei concorsi di cui al comma 1, sino al conferimento del primo
incarico, spetta il trattamento economico appositamente determinato dai
contratti collettivi.
6. I concorsi di cui al comma 2 sono indetti dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Gli enti pubblici non economici provvedono a bandire direttamente i
concorsi di cui alla lettera a) del comma 2.
7. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso delle qualifiche
dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle Forze di polizia,
delle Forze armate e dei Vigili del fuoco (1).
(1) Articolo prima sostituito dall'art. 15 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546, poi modificato dall'art. 5-bis del D.L. 12 maggio 1995,
n. 163 ed infine così sostituito dall'art. 10 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n.
387
28-bis. Reclutamento dei dirigenti scolastici.
1. Il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza
mediante un corso concorso selettivo di formazione, indetto con decreto del
Ministro della pubblica istruzione, svolto in sede regionale con cadenza
periodica, comprensivo di moduli di formazione comune e di moduli di formazione
specifica per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore
e per gli istituti educativi. Al corso concorso è ammesso il personale docente
ed educativo delle istituzioni statali che abbia maturato, dopo la nomina in
ruolo, un servizio effettivamente prestato di almeno sette anni con possesso di
laurea, nei rispettivi settori formativi, fatto salvo quanto previsto al comma
4.
2. Il numero di posti messi a concorso in sede regionale rispettivamente per la
scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per le istituzioni
educative è calcolato sommando i posti già vacanti e disponibili per la nomina
in ruolo alla data della sua indizione, residuati dopo gli inquadramenti di cui
all'articolo 25-ter, ovvero dopo la nomina di tutti i vincitori del precedente
concorso, e i posti che si libereranno nel corso del triennio successivo per
collocamento a riposo per limiti di età, maggiorati della percentuale media
triennale di cessazioni dal servizio per altri motivi e di un'ulteriore
percentuale del 25 per cento, tenendo conto dei posti da riservare alla
mobilità.
3. Il corso concorso, si articola in una selezione per titoli, in un concorso
di ammissione, in un periodo di formazione e in un esame finale. Al concorso di
ammissione accedono coloro che superano la selezione per titoli disciplinata
dal bando di concorso. Sono ammessi al periodo di formazione i candidati
utilmente inseriti nella graduatoria del concorso di ammissione entro il limite
del numero dei posti messi a concorso a norma del comma 2 rispettivamente per la
scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per le
istituzioni educative, maggiorati del dieci per cento. Nel primo corso
concorso, bandito per il numero di posti determinato ai sensi del comma 2 dopo
l'avvio delle procedure di inquadramento di cui all'articolo 25-ter, il 50 per
cento dei posti così determinati è riservato a coloro che abbiano
effettivamente ricoperto per almeno un triennio la funzione di preside
incaricato previo superamento di un esame di ammissione a loro riservato. Ai
fini dell'accesso al corso di formazione il predetto personale viene graduato
tenendo conto dell'esito del predetto esame di ammissione, dei titoli culturali
e professionali posseduti e dell'anzianità di servizio maturata quale preside
incaricato (1).
4. Il periodo di formazione, di durata non inferiore a quello previsto dal
decreto di cui all'articolo 25-ter, comma 2, comprende periodi di tirocinio ed
esperienze presso enti e istituzioni; il numero dei moduli di formazione comune
e specifica, i contenuti, la durata e le modalità di svolgimento sono
disciplinati con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con
il Ministro per la funzione pubblica, che individua anche i soggetti abilitati
a realizzare la formazione. Con lo stesso decreto sono disciplinati i requisiti
e i limiti di partecipazione al corso concorso per posti non coerenti con la
tipologia del servizio prestato.
5. In esito all'esame finale sono dichiarati vincitori coloro che l'hanno
superato, in numero non superiore ai posti messi a concorso, rispettivamente
per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per le
istituzioni educative. Nel primo corso concorso bandito dopo l'avvio delle
procedure d'inquadramento di cui all'articolo 25-ter il 50 per cento dei posti
messi a concorso è riservato al personale in possesso dei requisiti di servizio
come preside incaricato indicati al comma 3. I vincitori sono assunti in ruolo
nel limite dei posti annualmente vacanti e disponibili, nell'ordine delle
graduatorie definitive. In caso di rifiuto della nomina sono depennati dalla
graduatoria. L'assegnazione della sede è disposta sulla base dei princìpi del
presente decreto legislativo, tenuto conto delle specifiche esperienze
professionali. I vincitori in attesa di nomina continuano a svolgere l'attività
docente. Essi possono essere temporaneamente utilizzati, per la sostituzione
dei dirigenti assenti per almeno tre mesi. Dall'anno scolastico successivo alla
data di approvazione della prima graduatoria non sono più conferiti incarichi
di presidenza (1).
6. Alla frequenza dei moduli di formazione specifica sono ammessi, nel limite
del contingente stabilito in sede di contrattazione collettiva, anche i
dirigenti che facciano domanda di mobilità professionale tra i diversi settori.
L'accoglimento della domanda è subordinato all'esito positivo dell'esame finale
relativo ai moduli frequentati.
7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro della pubblica istruzione, di concerto col Ministro per la funzione
pubblica sono definiti i criteri per la composizione delle commissioni
esaminatrici (2).
(1) Comma così modificato dall'art. 11 della L. 3 maggio
1999, n. 124
(2) Articolo aggiunto dall'art. 1 del D.Lgs. 6 marzo 1998, n. 59
29. Attività della Scuola superiore della pubblica
amministrazione.
[1. La Scuola superiore della pubblica amministrazione è
organo della Presidenza del Consiglio dei Ministri e svolge attività di
formazione preliminare all'accesso alle attuali qualifiche VIII e IX, di
reclutamento dei dirigenti sulla base di direttive emanate dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, nonché di
formazione permanente per le medesime qualifiche e di ricerca, per lo
svolgimento di tali attività. Esprime parere al Presidente del Consiglio dei
Ministri o, per sua delega, al Ministro per la funzione pubblica, sui piani
formativi delle amministrazioni statali e degli enti pubblici non economici e
sui programmi formativi predisposti dagli enti ai quali compete l'attività di
formazione per il personale degli enti locali e per il personale delle
amministrazioni statali appartenente a qualifiche funzionali diverse dalle
attuali VIII e IX. Sulla base dei dati forniti dalla Scuola, il Dipartimento
prepara annualmente una relazione sulla formazione nelle pubbliche
amministrazioni, che viene presentata al Parlamento.
2. La Scuola superiore della pubblica amministrazione utilizza, a tempo pieno
in posizione di fuori ruolo, ovvero per incarico, personale docente di
comprovata professionalità. Per progetti speciali può stipulare convenzioni con
università ed altri enti di formazione e ricerca.
3. Al direttore della Scuola superiore della pubblica amministrazione, che
presiede l'organo deliberante, fanno capo le responsabilità
didattico-scientifiche. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
del direttore nomina un segretario generale, scelto tra il personale con
qualifica di dirigente generale dello Stato od equiparata, il quale ha la
responsabilità dell'organizzazione e della gestione degli uffici della Scuola.
4. La Scuola superiore della pubblica amministrazione provvede all'autonoma
gestione delle spese per il proprio funzionamento nei limiti di un fondo
previsto a tale scopo nel bilancio dello Stato e iscritto in un unico capitolo
dello stato di previsione della spesa della Presidenza del Consiglio dei
Ministri. La gestione finanziaria è sottoposta a controllo consuntivo della
Corte dei conti.
5. Sono disciplinati con regolamento emanato dal Presidente del Consiglio dei
Ministri, ai sensi dell'articolo 17 della L. 23 agosto 1988, n. 400:
a) gli organi della Scuola superiore della pubblica amministrazione, loro
composizione e competenze;
b) la collocazione della sede della Scuola superiore della pubblica amministrazione
e delle eventuali sue articolazioni periferiche, nel rispetto delle leggi
vigenti;
c) il regolamento di amministrazione e contabilità della Scuola superiore della
pubblica amministrazione, comprendente anche i tempi e le modalità di presentazione
del rendiconto alla Corte dei conti;
d) il contingente di personale funzionale alle attività permanenti di
organizzazione;
e) il contingente e le modalità di utilizzazione del personale docente
correlato alla realizzazione dei programmi;
f) le modalità relative alle convenzioni di cui al comma 2;
g) la possibilità che la Scuola superiore della pubblica amministrazione si
avvalga anche di strutture di formazione, aggiornamento e perfezionamento già
esistenti.
6. È abrogato l'art. 2, comma 2, lettere a) e b), del D.P.R. 9 giugno 1992, n.
336. Sono altresì abrogate le norme in contrasto con il presente decreto. Il
regolamento di cui al comma 5 raccoglie, in forma di testo unico, tutte le
disposizioni relative alla Scuola, coordinandole con quelle del presente
decreto.
7. Le attività della Scuola superiore della pubblica amministrazione, non
previste dal nuovo ordinamento ed in corso di svolgimento al momento
dell'entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, continuano ad
essere espletate fino al loro compimento. Fino alla costituzione dei nuovi
organi, come ridefiniti sulla base delle disposizioni del presente capo,
continuano ad operare quelli attualmente in carica (1)] (2).
(1) Così sostituito dall'art. 9 del D.Lgs. 18 novembre 1993,
n. 470
(2) Articolo abrogato dall'art. 10 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286.
Capo III - Uffici, piante organiche, mobilità e
accessi
30. Individuazione di uffici e piante organiche;
gestione delle risorse umane.
[1. Le amministrazioni pubbliche individuano i propri uffici
e, previa informazione alle rappresentanze sindacali di cui all'articolo 48,
comma 1, definiscono le relative piante organiche, in funzione delle finalità
indicate all'articolo 1, comma 1, e sulla base dei criteri di cui all'articolo
5. Esse curano la ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la
coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale.
2. Per la ridefinizione degli uffici e delle piante organiche si procede
periodicamente, e comunque a scadenza triennale, secondo il disposto
dell'articolo 6 in base alle direttive della Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero
del tesoro. Restano salve le disposizioni vigenti per la determinazione delle
dotazioni organiche del personale degli istituti e scuole di ogni ordine e
grado e delle istituzioni educative.] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80
31. Individuazione degli uffici dirigenziali e
determinazione delle piante organiche in sede di prima
applicazione del presente decreto.
1. In sede di prima applicazione del presente decreto, le
amministrazioni pubbliche procedono:
a) alla rilevazione di tutto il personale distinto per circoscrizione
provinciale e per sedi di servizio, nonché per qualifiche e specifiche
professionalità, evidenziando le posizioni di ruolo numerarie e
soprannumerarie, non di ruolo, fuori ruolo, comando, distacco e con contratto a
tempo determinato e a tempo parziale;
b) alla formulazione di una proposta di ridefinizione dei propri uffici e delle
piante organiche in relazione ai criteri di cui all'articolo 5, ai carichi di
lavoro, nonché alla esigenza di integrazione per obiettivi delle risorse umane
e materiali, evitando le eventuali duplicazioni e sovrapposizioni di funzioni
ed al fine di conseguire una riduzione per accorpamento degli uffici
dirigenziali, e, in conseguenza, delle dotazioni organiche del personale
dirigenziale, in misura non inferiore al dieci per cento, riservando un contingente
di dirigenti per l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera b);
c) alla revisione delle tabelle annesse al decreto del Presidente della
Repubblica 31 maggio 1974, n. 420, al fine di realizzare, anche con riferimento
ai princìpi ed ai criteri fissati nel titolo I del presente decreto ed in
particolare negli articoli 4, 5 e 7, una più razionale assegnazione e
distribuzione dei posti delle varie qualifiche per ogni singola unità
scolastica, nel limite massimo della consistenza numerica complessiva delle
unità di personale previste nelle predette tabelle.
2. Sulla base di criteri definiti, previo eventuale esame con le
confederazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, di
cui all'art. 45, comma 8, e secondo le modalità di cui all'articolo 10, le
amministrazioni pubbliche determinano i carichi di lavoro con riferimento alla
quantità totale di atti e di operazioni per unità di personale prodotti negli
ultimi tre anni, ai tempi standard di esecuzione delle attività e, ove rilevi,
al grado di copertura del servizio reso, in rapporto alla domanda espressa e
potenziale. Le amministrazioni informano le organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative sul piano nazionale, di cui all'art. 45, comma 8,
sulla applicazione dei criteri di determinazione dei carichi di lavoro .(1)
3. Le rilevazioni e le proposte di cui al comma 1 sono trasmesse, anche
separatamente, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
funzione pubblica e al Ministero del tesoro entro centocinquanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto.
4. All'approvazione delle proposte si procede secondo le modalità e nei limiti
previsti dall'articolo 6 quanto alle amministrazioni statali, comprese le
aziende e le amministrazioni anche ad ordinamento autonomo, e con i
provvedimenti e nei termini previsti dai rispettivi ordinamenti quanto alle
altre amministrazioni pubbliche.
5. In caso di inerzia, il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa
diffida, assume in via sostitutiva le iniziative e adotta direttamente i
provvedimenti di cui ai commi 1 e 3.
6. Non sono consentite assunzioni di personale presso le amministrazioni
pubbliche fintanto che non siano state approvate le proposte di cui al comma 1.
Per il 1993 si applica l'articolo 7, comma 8, del decreto-legge 19 settembre
1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n.
438. Le richieste di deroga devono essere corredate dalla rilevazione di cui al
comma 1, lettera a). Sono fatti salvi i contratti previsti dall'articolo 36
della legge 20 marzo 1975, n. 70 , e dall'articolo 23 dell'accordo sindacale
reso esecutivo dal decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1991, n.
171.
6-bis. Fino alla revisione delle tabelle di cui al comma 1, lettera c), è
consentita l'utilizzazione nei provveditorati agli studi di personale
amministrativo, tecnico ed ausiliario della scuola in mansioni corrispondenti
alla qualifica di appartenenza; le stesse utilizzazioni possono essere disposte
dai provveditori agli studi fino al limite delle vacanze nelle dotazioni
organiche degli uffici scolastici provinciali, sulla base di criteri definiti
previo esame con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a
norma dell'art. 10 e, comunque, con precedenza nei confronti di chi ne fa
richiesta (2).
(1) Così sostituito dall'art. 11 del D.Lgs. 18 novembre
1993, n. 470
(2) Comma aggiunto dall'art. 11 del D.Lgs. 18 novembre 1993, n. 470
32. Ricognizione delle vacanze di organico.
[1. Le amministrazioni pubbliche e gli enti di cui all'art.
1 e all'art. 4, comma 2, della L. 29 dicembre 1988, n. 554 , comunicano alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica la
consistenza del personale come definita all'art. 31, comma 1, nonché le
conseguenti carenze ed esuberi, unitamente all'elenco nominativo di tutti i
dipendenti appartenenti alle qualifiche ed ai profili professionali che
presentano esuberi.
2. I dipendenti appartenenti a qualifiche o professionalità che presentino
esubero sono assoggettati a mobilità con trasferimento a domanda o d'ufficio,
privilegiando la mobilità all'interno dello stesso comparto di contrattazione.
Le amministrazioni di cui al comma 1 comunicano al personale interessato
l'appartenenza ad una qualifica e ad una professionalità che presenti esubero.
3. Le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 trasmettono altresì alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica
l'elenco nominativo delle domande di trasferimento presentate dal proprio
personale con indicazione delle qualifiche, della sede di servizio e delle sedi
richieste accorpate per provincia.
4. Le amministrazioni pubbliche che non provvedano agli adempimenti di cui ai
commi 1, 2 e 3 non possono assumere nuovo personale, compreso quello
appartenente alle categorie protette.
5. La mobilità fra le singole regioni, i relativi enti strumentali e gli enti
pubblici non economici da esse dipendenti, è attuata dalle regioni interessate
nel rispetto delle disposizioni dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 5 della legge 29
dicembre 1988, n. 554 e secondo la disciplina stabilita dal successivo art. 35.
Le singole regioni, anche per conto dei rispettivi enti strumentali e
dipendenti, possono aderire alla mobilità di livello nazionale sulla base di
preventive intese con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica. Le regioni, in armonia con la disciplina di cui al
comma 1 dell'art. 35 disciplinano la mobilità del proprio personale, anche in relazione
alla delega di funzioni agli enti locali, dopo consultazione delle associazioni
regionali degli enti interessati. 6. Fino al 31 dicembre 1994, in relazione
all'attuazione dell'art. 89 dello statuto della regione Trentino-Alto Adige,
approvato con D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, possono essere banditi concorsi e
attuate assunzioni di personale per i ruoli locali delle amministrazioni
pubbliche nella provincia di Bolzano, nei limiti delle dotazioni organiche di
ciascun profilo professionale.
7. Le norme di cui al presente articolo non si applicano ai ricercatori,
tecnologi e tecnici specializzati delle istituzioni ed enti di ricerca e
sperimentazione, nonché al personale delle istituzioni universitarie.
8. Continuano ad applicarsi le disposizioni dello art. 16-bis del D.L. 18
gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 marzo 1993, n.
68 .] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80
33. Passaggio diretto di personale tra
amministrazioni diverse.
1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in
organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa
qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di
trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso dell'amministrazione
di appartenenza .
2. [Il trasferimento di personale fra comparti diversi avviene a seguito di
apposito accordo stipulato fra le amministrazioni, con il quale sono indicate
le modalità ed i criteri per il trasferimento dei lavoratori in possesso di
specifiche professionalità, tenuto conto di quanto stabilito ai sensi del comma
3] (1).
3. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri
generali per l'attuazione di quanto previsto dai commi 1 e 2 (2).
(1) Comma abrogato dall'art. 20, comma 2, L. 23 dicembre
1999, n. 488.
(2) Articolo così sostituito prima dall'art. 13 del D.Lgs. 18 novembre 1993, n.
470, poi dall'art. 18 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e infine dall'art. 20
della L. 23 dicembre 1999, n. 488.
33-bis. Scambio di funzionari appartenenti a Paesi
diversi e temporaneo servizio all'estero.
1. Anche al fine di favorire lo scambio internazionale di
esperienze amministrative, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, a
seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra le amministrazioni
interessate, d'intesa con il Ministero degli affari esteri ed il Dipartimento
della funzione pubblica, possono essere destinati a prestare temporaneamente
servizio presso amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell'Unione
europea, degli Stati candidati all'adesione e di altri Stati con cui l'Italia
intrattiene rapporti di collaborazione, nonché presso gli organismi dell'Unione
europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l'Italia aderisce.
2. Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di
provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso tra esse, ovvero
essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall'Unione europea o
da una organizzazione o ente internazionale.
3. Il personale che presta temporaneo servizio all'estero resta a tutti gli
effetti dipendente dell'amministrazione di appartenenza. L'esperienza maturata
all'estero è valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati
(1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 11 del D.Lgs. 29 ottobre
1998, n. 387.
34. Passaggio di dipendenti per effetto di
trasferimenti di attività.
1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di
trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni,
enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o
privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applica
l'articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e
di consultazione di cui all'art. 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre
1990, n. 428 (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 19 del D.Lgs. 31
marzo 1998, n. 80
35. Eccedenze di personale e mobilità collettiva.
1. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di
personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni sindacali
di cui al comma 3 e ad osservare le procedure previste dal presente articolo.
Si applicano, salvo quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni di
cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223 , ed in particolare il comma 11
dell'articolo 4 ed i commi 1 e 2 dell'articolo 5.
2. Il presente articolo trova applicazione quando l'eccedenza rilevata riguardi
almeno dieci dipendenti. Il numero di dieci unità si intende raggiunto anche in
caso di dichiarazioni di eccedenza distinte nell'arco di un anno. In caso di
eccedenze per un numero inferiore a 10 unità agli interessati si applicano le
disposizioni previste dai commi 7 e 8 .
3. La comunicazione preventiva di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 23
luglio 1991, n. 223 , viene fatta alle rappresentanze unitarie del personale e
alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del
comparto o area. La comunicazione deve contenere l'indicazione dei motivi che
determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici e organizzativi per
i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le
eccedenze all'interno della medesima amministrazione; del numero, della
collocazione, delle qualifiche del personale eccedente, nonché del personale
abitualmente impiegato, delle eventuali proposte per risolvere la situazione di
eccedenza e dei relativi tempi di attuazione, delle eventuali misure
programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell'attuazione
delle proposte medesime.
4. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, a
richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al comma 3, si procede
all'esame delle cause che hanno contribuito a determinare l'eccedenza del
personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente,
o di una sua parte. L'esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire
ad un accordo sulla ricollocazione totale o parziale del personale eccedente, o
nell'ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme
flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero
presso altre amministrazioni comprese nell'ambito della provincia o in quello
diverso determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che
partecipano all'esame hanno diritto di ricevere, in relazione a quanto
comunicato dall'amministrazione, le informazioni necessarie ad un utile
confronto.
5. La procedura si conclude, decorsi quarantacinque giorni dalla data del
ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, o con l'accordo o con
apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In
caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto
prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e
gli enti pubblici nazionali, presso il Dipartimento della funzione pubblica
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con l'assistenza dell'Aran, e per
le altre amministrazioni, ai sensi degli articoli 3 e 4 del decreto legislativo
23 dicembre 1997, n. 469. La procedura si conclude in ogni caso entro sessanta
giorni dalla comunicazione di cui al comma 1.
6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e
procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la
gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre
amministrazioni nell'ambito della provincia o in quello diverso che, in
relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla
situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi
nazionali. Si applicano le disposizioni dell'articolo 33.
7. Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5, l'amministrazione colloca in
disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente
nell'ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato
presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la
diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi
precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione.
8. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le
obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad una
indennità pari all'80 per cento dello stipendio e dell'indennità integrativa
speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque
denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento
dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di
accesso alla pensione e della misura della stessa. È riconosciuto altresì il
diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del
decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge
13 maggio 1988, n. 153 (1).
(1) Articolo così sostituito prima dall'art. 16 del D.Lgs.
23 dicembre 1993, n. 546, poi dall'art. 20 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e
infine dall'art. 12 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387
35-bis. Gestione del personale in disponibilità.
1. Il personale in disponibilità è iscritto in appositi
elenchi.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli
enti pubblici non economici nazionali, il Dipartimento della funzione pubblica
della Presidenza del Consiglio dei Ministri forma e gestisce l'elenco,
avvalendosi anche, ai fini della riqualificazione professionale del personale e
della sua ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle
strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre
1997, n. 469, e realizzando opportune forme di coordinamento con l'elenco di
cui al comma 3.
3. Per le altre amministrazioni, l'elenco è tenuto dalle strutture regionali e
provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, alle quali
sono affidate i compiti di riqualificazione professionale e ricollocazione
presso altre amministrazioni del personale. Le leggi regionali previste dal
decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, nel provvedere all'organizzazione
del sistema regionale per l'impiego, si adeguano ai princìpi di cui al comma 2.
4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto
all'indennità di cui al comma 8 dell'articolo 35 per la durata massima ivi
prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell'amministrazione di
appartenenza sino al trasferimento ad altra amministrazione, ovvero al
raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell'indennità di cui al
medesimo comma 8. Il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto a
tale data, fermo restando quanto previsto nell'articolo 35. Gli oneri sociali
relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità
sono corrisposti dall'amministrazione di appartenenza all'ente previdenziale di
riferimento per tutto il periodo della disponibilità.
5. I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi fondi per la
riqualificazione professionale del personale trasferito ai sensi dell'articolo
35 o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla
ricollocazione del personale, in particolare mediante mobilità volontaria.
6. Nell'ambito della programmazione triennale del personale di cui all'articolo
39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le nuove assunzioni sono subordinate
alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità
iscritto nell'apposito elenco.
7. Per gli enti pubblici territoriali le economie derivanti dalla minore spesa
per effetto del collocamento in disponibilità restano a disposizione del loro
bilancio e possono essere utilizzate per la formazione e la riqualificazione
del personale nell'esercizio successivo.
8. Sono fatte salve le procedure di cui al decreto legislativo 25 febbraio
1995, n. 77, e successive modificazioni e integrazioni, relative al
collocamento in disponibilità presso gli enti locali che hanno dichiarato il
dissesto (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 21 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80
36. Reclutamento del personale.
1. L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con
contratto individuale di lavoro:
a) tramite procedure selettive, conformi ai princìpi del comma 3, volte
all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura
adeguata l'accesso dall'esterno;
b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi
della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto
il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali
ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende
ed enti pubblici dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge 2 aprile 1968,
n. 482, come integrato dall'articolo 19 della legge 5 febbraio 1992, n. 104,
avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai
sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della
invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli
del personale delle Forze armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale
dei Vigili del fuoco e del personale della polizia municipale, deceduto
nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della
criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, tali
assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa.
3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano
ai seguenti princìpi:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che
garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di
espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi
automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il
possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla
posizione da ricoprire;
c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
d) decentramento delle procedure di reclutamento;
e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata
competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle
amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti
dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano
cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle
confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.
4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono
adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione
triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39
della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Per le amministrazioni dello Stato, anche
ad ordinamento autonomo, l'avvio delle procedure è subordinato alla previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata ai sensi dell'articolo 39,
comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e
nelle aziende autonome si espletano di norma a livello regionale. Eventuali
deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità, sono autorizzate
dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Per gli uffici aventi sede
regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi concorsi unici
circoscrizionali per l'accesso alle varie professionalità.
Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri e le Amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in
materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria,
amministrativa, contabile e di difesa in giudizio dello Stato, si applica il
disposto di cui all'articolo 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53.
7. Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul
reclutamento del personale di cui ai commi precedenti, si avvalgono delle forme
contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal
codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. I
contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei
contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli
altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo,
in applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962, n. 230,
dall'articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, dall'articolo 3 del
decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla
legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall'articolo 16 del decreto legge 16 maggio
1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n.
451, dalla legge 24 giugno 1997, n. 196 , nonché da ogni successiva
modificazione o integrazione della relativa disciplina.
8. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti
l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche
amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a
tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando
ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al
risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di
disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le
somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la
violazione sia dovuta a dolo o colpa grave (1).
(1) Articolo così sostituito prima dall'art. 17 del D.Lgs.
23 dicembre 1993, n. 546 e poi dall'art. 22 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
36-bis. Norme sul reclutamento per gli enti locali.
1. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei
servizi degli enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalità di
assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali,
nel rispetto dei princìpi fissati nell'articolo 36.
[2. Nei comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione a
flussi turistici o a particolari manifestazioni anche a carattere periodico, al
fine di assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e
qualitativi dei servizi pubblici, il regolamento può prevedere particolari
modalità di selezione per l'assunzione del personale a tempo determinato per
esigenze temporanee o stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza ed
escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in ogni caso, le
disposizioni dei commi 7 e 8 dell'articolo 36] (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 23 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80. Il comma 2 è stato successivamente abrogato dall’articolo 274 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
36-ter. Accertamento delle conoscenze informatiche e
di lingue straniere nei concorsi pubblici.
1. A decorrere dal 1° gennaio 2000 i bandi di concorso per
l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2,
prevedono l'accertamento della conoscenza dell'uso delle apparecchiature e
delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua straniera.
2. Per i dirigenti il regolamento di cui all'articolo 28 definisce il livello
di conoscenza richiesto e le modalità per il relativo accertamento.
3. Per gli altri dipendenti delle amministrazioni dello Stato, con regolamento
emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono stabiliti i livelli
di conoscenza, anche in relazione alla professionalità cui si riferisce il
bando, e le modalità per l'accertamento della conoscenza medesima. Il
regolamento stabilisce altresì i casi nei quali il comma 1 non si applica (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 13 del D.Lgs. 29 ottobre
1998, n. 387.
37. Accesso dei cittadini degli Stati membri
dell'Unione europea (1).
1. I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea
possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non
implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non
attengono alla tutela dell'interesse nazionale (2).
2. Con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23
agosto 1988, n. 400 , sono individuati i posti e le funzioni per i quali non
può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana, nonché i requisiti
indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.
3. Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario,
all'equiparazione dei titoli di studio e professionali si provvede con decreto
del presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta dei Ministri
competenti. Con eguale procedura si stabilisce la equivalenza tra i titoli
accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della
nomina.
(1)Titolo così modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
(2) Comma così modificato dall'art. 24 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
38. Concorsi unici.
[1. Le amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle
regioni, delle amministrazioni, aziende ed enti del Servizio sanitario
nazionale, degli enti locali, e loro consorzi, delle istituzioni universitarie
e delle istituzioni ed enti di ricerca e di sperimentazione, reclutano il
personale di cui necessitano mediante ricorso alle graduatorie dei vincitori
dei concorsi unici, predisposte presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
- Dipartimento della funzione pubblica.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri possono essere
stabilite ulteriori eccezioni al disposto del comma 1 e può essere autorizzato
lo svolgimento di concorsi da parte di singole amministrazioni.
3. Previe intese anche ai fini della ripartizione degli oneri relativi, le
amministrazioni non ricomprese nell'ambito di applicazione del comma 1 possono
bandire concorsi unici] (1).
(1) Articolo così sostituito prima dall'art. 18 del D.Lgs.
23 dicembre 1993, n. 546 e poi abrogato dall'art. 11 della L. 15 marzo 1997, n.
59.
39. Svolgimento del concorso unico ed assegnazione
del personale.
[1. Le amministrazioni di cui all'articolo 38, comma 1,
comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
funzione pubblica le proprie necessità di personale per un biennio. La
Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla base di dette comunicazioni,
fissa, previa informazione alle confederazioni sindacali maggiormente
rappresentative sul piano nazionale, il contingente di posti, definito per
specifiche professionalità e sedi di destinazione, da coprire mediante i
vincitori dei rispettivi concorsi unici.
2. A cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
funzione pubblica sono banditi i concorsi unici ed avviate le relative
procedure, anche mediante l'ausilio di strumenti automatizzati.
3. Sono dichiarati vincitori i candidati utilmente collocati nella graduatoria
di merito in misura corrispondente ai posti messi a concorso. Le relative
graduatorie restano valide fino al loro esaurimento.
4. In rapporto alla consistenza dei candidati al concorso, si può procedere a
preselezioni mediante il ricorso a prove psico-attitudinali.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, il personale
utilmente collocato nella graduatoria viene assegnato, nell'ordine, tenendo
conto delle domande di assegnazione degli interessati secondo l'ordine della
graduatoria, alle singole amministrazioni che ne abbiano fatto richiesta; le
quali provvedono alle relative assunzioni] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 11 della L. 15 marzo 1997,
n. 59.
40. Concorsi circoscrizionali.
[1. Per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o
provinciale possono essere banditi concorsi unici circoscrizionali, secondo le
modalità previste dall'articolo 41, per l'accesso alle varie professionalità,
salva la facoltà di partecipazione per tutti i cittadini.
2. Ove il numero dei candidati al concorso lo renda necessario, le prove di
esame possono svolgersi in più sedi decentrate. I dirigenti preposti agli
uffici periferici interessati sovrintendono allo svolgimento delle operazioni
concorsuali.] (1)
(1) Articoli abrogati dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80
41. Requisiti di accesso e modalità concorsuali.
[1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, con
decreto del Presidente della Repubblica da adottare ai sensi dell'articolo 17
della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati:
a) i requisiti generali di accesso all'impiego e la relativa documentazione;
b) i contenuti dei bandi di concorso, le modalità di svolgimento delle prove
concorsuali, anche con riguardo agli adempimenti dei partecipanti;
c) le categorie riservatarie ed i titoli di precedenza e preferenza per
l'ammissione all'impiego;
d) le procedure di reclutamento tramite apposite liste di collocamento per le
qualifiche previste da disposizioni di legge;
e) la composizione e gli adempimenti delle commissioni esaminatrici.
2. Ai fini delle assunzioni di personale, compreso quello di cui all'articolo
42, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le amministrazioni che
esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello
Stato, di polizia e di giustizia, si applica il disposto di cui all'articolo 26
della legge 1° febbraio 1989, n. 53 .
3. Per quanto non espressamente previsto dal presente capo ed in attesa
dell'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica di cui al comma 1,
restano ferme le disposizioni vigenti in materia di assunzione all'impiego.
Sono comunque portate a compimento le procedure concorsuali attivate alla data
di entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica di cui al
comma 1.
3-bis. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti
locali disciplina le dotazioni organiche, le modalità di assunzione agli
impieghi, i requisiti di accesso e le modalità concorsuali, nel rispetto dei
princìpi fissati nei commi 1 e 2 dell'articolo 36.
3-ter. Nei comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione
a flussi turistici o a particolari manifestazioni anche a carattere periodico,
al fine di assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e
qualitativi dei servizi pubblici, il regolamento può prevedere particolari
modalità di selezione per l'assunzione del personale a tempo determinato per
esigenze temporanee o stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza ed
escludendo ogni forma di discriminazione. I rapporti a tempo determinato non
possono, a pena di nullità, essere in nessun caso trasformati in rapporti a
tempo indeterminato ] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80.
42. Assunzioni obbligatorie delle categorie protette
e tirocinio per portatori di handicap.
1. [Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni
pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui all'articolo 1 della
legge 2 aprile 1968, n. 482, come integrato dall'articolo 19 della legge 5
febbraio 1992, n. 104, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle
liste di collocamento sulla base delle graduatorie stabilite dagli uffici
provinciali del lavoro e della massima occupazione, previa verifica della
compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge
superstite e per i figli del personale delle forze dell'ordine deceduto
nell'espletamento del loro servizio, nonché delle vittime del terrorismo e
della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n. 466, tali
assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa] (1).
2. Le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, sulla base delle direttive
impartite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimenti della
funzione pubblica e degli affari sociali, promuovono o propongono alle
commissioni regionali per l'impiego, ai sensi degli articoli 5 e 17 della legge
28 febbraio 1987, n. 56, programmi di assunzioni per portatori di handicap, che
comprendano anche periodi di tirocinio prelavorativo pratico presso le
strutture delle amministrazioni medesime realizzati dai servizi di cui
all'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
(1) Comma abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80,
abrogazione precisata dall'art. 22 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387
43. Assunzione e sede di prima destinazione
[ 1. Agli assunti all'impiego presso le amministrazioni
pubbliche si applicano le disposizioni dell'articolo 7, commi 5 e 6, della
legge 22 agosto 1985, n. 444.
2. Salva la possibilità dei trasferimenti di ufficio nei casi previsti dalla
legge, il personale di cui al comma 1 è tenuto a permanere nella sede di prima
destinazione per un periodo non inferiore a sette anni, con l'esclusione in
tale periodo della possibilità di comando o distacco presso sedi con dotazioni
organiche complete nella qualifica posseduta. Non può essere inoltre attivato alcun
comando o distacco ove la sede di prima destinazione abbia posti vacanti nella
qualifica posseduta, salvo che il dirigente della sede di appartenenza lo
consenta espressamente ] (1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80.
44. Formazione e lavoro.
[1. Con il regolamento governativo di cui all'articolo 41
sono definite le qualifiche e le modalità di accesso all'impiego, di giovani da
18 a 32 anni, attraverso un periodo biennale di formazione e lavoro.
2. Durante il biennio di cui al comma 1, i giovani, oltre a espletare le
mansioni pertinenti alla propria qualifica, dovranno seguire appositi corsi di
formazione, di aggiornamento e di perfezionamento e avranno diritto a una quota
parte della retribuzione iniziale della qualifica stessa nella misura stabilita
dai contratti collettivi nazionali ] (1)
(1) Articolo abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80.
TITOLO III
Contrattazione collettiva e rappresentatività
sindacale
45. Contratti collettivi nazionali e integrativi.
1. La contrattazione collettiva si svolge su tutte le
materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali.
2. [Gli atti interni di organizzazione aventi riflessi sui rapporti di
lavoro formano oggetto delle procedure di informazione e di esame regolate
dall'articolo 10 e dai contratti collettivi] (1).
3. Mediante appositi accordi tra l'ARAN e le confederazioni
rappresentative ai sensi dell'articolo 47-bis, comma 4, sono stabiliti i
comparti della contrattazione collettiva nazionale riguardanti settori omogenei
o affini. I dirigenti costituiscono un'area contrattuale autonoma relativamente
a uno o più comparti. Resta fermo per l'area contrattuale della dirigenza del
ruolo sanitario quanto previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche. Agli accordi che definiscono i
comparti o le aree contrattuali si applicano le procedure di cui all'articolo
46, comma 5. Per le figure professionali che, in posizione di elevata
responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad
albi oppure tecnico scientifici e di ricerca, sono stabilite discipline
distinte nell'ambito dei contratti collettivi di comparto.
4. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato,
la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi, la struttura
contrattuale e i rapporti tra i diversi livelli. Le pubbliche amministrazioni
attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel
rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione
annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. La contrattazione collettiva
integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti
collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi
ultimi prevedono; essa può avere ambito territoriale e riguardare più
amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede
decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti
dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli
strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione.
Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate.
5. Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti
collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e
ne assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti (2).
(1) Comma abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n.
80
(2) Articolo così sostituito dall'art. 1 del D.Lgs. 4 novembre 1997, n. 396
46. Poteri di indirizzo nei confronti dell'ARAN.
1. Le pubbliche amministrazioni esercitano il potere di
indirizzo nei confronti dell'ARAN e le altre competenze relative alle procedure
di contrattazione collettiva nazionale attraverso le loro istanze associative o
rappresentative, le quali danno vita a tal fine a comitati di settore. Ciascun
comitato di settore regola autonomamente le proprie modalità di funzionamento e
di deliberazione. In ogni caso, le deliberazioni assunte in materia di
indirizzo all'ARAN o di parere sull'ipotesi di accordo nell'ambito della
procedura di contrattazione collettiva di cui all'articolo 51, si considerano
definitive e non richiedono ratifica da parte delle istanze associative o
rappresentative delle pubbliche amministrazioni del comparto.
2. Per le amministrazioni, le agenzie e le aziende autonome dello Stato, opera
come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei Ministri tramite il
Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica nonché, per il sistema scolastico, di
concerto con il Ministro della pubblica istruzione.
3. Per le altre pubbliche amministrazioni, un comitato di settore per ciascun
comparto di contrattazione collettiva viene costituito:
a) nell'ambito della Conferenza dei presidenti delle regioni, per le
amministrazioni regionali e per le amministrazioni del Servizio sanitario
nazionale, e dell'ANCI e dell'UPI e dall'UNIONCAMERE, per gli enti locali
rispettivamente rappresentati;
b) nell'ambito della Conferenza dei rettori, per le università;
c) nell'ambito delle istanze rappresentative promosse, ai fini del presente
articolo, dai presidenti degli enti, d'intesa con il Presidente del Consiglio
dei Ministri tramite il Ministro per la funzione pubblica, rispettivamente per
gli enti pubblici non economici e per gli enti di ricerca.
3-bis. Un rappresentante del Governo, designato dal Ministro della sanità,
partecipa al comitato di settore per il comparto di contrattazione collettiva
delle amministrazioni del Servizio sanitario nazionale.
4. L'ARAN regola i rapporti con i comitati di settore sulla base di appositi
protocolli.
5. Per la stipulazione degli accordi che definiscono o modificano i comparti o
le aree di cui all'articolo 45, comma 3, o che regolano istituti comuni a più
comparti o a tutte le pubbliche amministrazioni, le funzioni di indirizzo e le
altre competenze inerenti alla contrattazione collettiva sono esercitate in
forma collegiale, tramite un apposito organismo di coordinamento dei comitati
di settore costituito presso l'ARAN, al quale partecipa il Governo, tramite il
Ministro per la funzione pubblica, che lo presiede (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. 4
novembre 1997, n. 396, poi dall'art. 44 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e
infine dall'art. 55 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300
47. Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di
lavoro.
1. Nelle pubbliche amministrazioni la libertà e l'attività
sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni. Fino a quando non vengano
emanate norme di carattere generale sulla rappresentatività sindacale che
sostituiscano o modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni, in
attuazione dei criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), della legge
23 ottobre 1992, n. 421, osservano le disposizioni seguenti in materia di
rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini dell'attribuzione dei
diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e dell'esercizio
della contrattazione collettiva.
2. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma
8, le organizzazioni sindacali che, in base ai criteri dell'articolo 47-bis,
siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi,
possono costituire rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19
e seguenti della legge 20 maggio 1970, n. 300. Ad esse spettano, in proporzione
alla rappresentatività, le garanzie previste dagli articoli 23, 24 e 30 della
medesima legge 20 maggio 1970, n. 300, e le migliori condizioni derivanti dai
contratti collettivi nonché dalla gestione dell'accordo recepito nel decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 ottobre 1994, n. 770, e dai
successivi accordi.
3. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma
8, ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni sindacali di cui al comma
2, viene altresì costituito, con le modalità di cui ai commi seguenti, un
organismo di rappresentanza unitaria del personale mediante elezioni alle quali
è garantita la partecipazione di tutti i lavoratori.
4. Con appositi accordi o contratti collettivi nazionali, tra l'ARAN e le
confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi
dell'articolo 47-bis, sono definite la composizione dell'organismo di
rappresentanza unitaria del personale e le specifiche modalità delle elezioni,
prevedendo in ogni caso il voto segreto, il metodo proporzionale e il periodico
rinnovo, con esclusione della prorogabilità. Deve essere garantita la facoltà
di presentare liste, oltre alle organizzazioni che, in base ai criteri
dell'articolo 47-bis, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei
contratti collettivi, anche ad altre organizzazioni sindacali, purché siano
costituite in associazione con un proprio statuto e purché abbiano aderito agli
accordi o contratti collettivi che disciplinano l'elezione e il funzionamento
dell'organismo. Per la presentazione delle liste, può essere richiesto a tutte
le organizzazioni sindacali promotrici un numero di firme di dipendenti con
diritto al voto non superiore al 3 per cento del totale dei dipendenti nelle
amministrazioni, enti o strutture amministrative fino a duemila dipendenti, e
del 2 per cento in quelle di dimensioni superiori.
5. I medesimi accordi o contratti collettivi possono prevedere che, alle
condizioni di cui al comma 8, siano costituite rappresentanze unitarie del
personale comuni a più amministrazioni o enti di modeste dimensioni ubicati nel
medesimo territorio. Essi possono altresì prevedere che siano costituiti
organismi di coordinamento tra le rappresentanze unitarie del personale nelle
amministrazioni e enti con pluralità di sedi o strutture di cui al comma 8.
6. I componenti della rappresentanza unitaria del personale sono equiparati ai
dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali ai fini della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni e del presente decreto
legislativo. Gli accordi o contratti collettivi che regolano l'elezione e il
funzionamento dell'organismo, stabiliscono i criteri e le modalità con cui sono
trasferite ai componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le
garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali delle organizzazioni
sindacali di cui al comma 2 che li abbiano sottoscritti o vi aderiscano.
7. I medesimi accordi possono disciplinare le modalità con le quali la
rappresentanza unitaria del personale esercita in via esclusiva i diritti di
informazione e di partecipazione riconosciuti alle rappresentanze sindacali
aziendali dall'articolo 10 e successive modificazioni o da altre disposizioni
della legge e della contrattazione collettiva. Essi possono altresì prevedere
che, ai fini dell'esercizio della contrattazione collettiva integrativa, la
rappresentanza unitaria del personale sia integrata da rappresentanti delle
organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del
comparto.
8. Salvo che i contratti collettivi non prevedano, in relazione alle
caratteristiche del comparto, diversi criteri dimensionali, gli organismi di
cui ai commi 2 e 3 del presente articolo possono essere costituiti, alle
condizioni previste dai commi precedenti, in ciascuna amministrazione o ente
che occupi oltre quindici dipendenti. Nel caso di amministrazioni o enti con
pluralità di sedi o strutture periferiche, possono essere costituiti anche
presso le sedi o strutture periferiche che siano considerate livelli decentrati
di contrattazione collettiva dai contratti collettivi nazionali.
9. Fermo restando quanto previsto dal comma 2 per la costituzione di
rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 della legge 20
maggio 1970, n. 300 , la rappresentanza dei dirigenti nelle amministrazioni,
enti o strutture amministrative è disciplinata, in coerenza con la natura delle
loro funzioni, dagli accordi o contratti collettivi riguardanti la relativa
area contrattuale.
10. Alle figure professionali per le quali nel contratto collettivo del
comparto sia prevista una disciplina distinta ai sensi dell'articolo 45, comma
3, deve essere garantita una adeguata presenza negli organismi di
rappresentanza unitaria del personale, anche mediante l'istituzione, tenuto
conto della loro incidenza quantitativa e del numero dei componenti
dell'organismo, di specifici collegi elettorali.
11. Per quanto riguarda i diritti e le prerogative sindacali delle
organizzazioni sindacali delle minoranze linguistiche, nell'ambito della
provincia di Bolzano e della regione Valle d'Aosta, si applica quanto previsto
dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n.
58, e dal decreto legislativo 28 dicembre 1989, n. 430 (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 6 del D.Lgs. 4
novembre 1997, n. 396
47-bis. Rappresentatività sindacale ai fini della
contrattazione collettiva.
1. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale
le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una
rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tal fine la media tra il
dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla
percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto
al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Il dato elettorale
è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle
rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi
nell'ambito considerato.
2. Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area
partecipano altresì le confederazioni alle quali le organizzazioni sindacali
ammesse alla contrattazione collettiva ai sensi del comma 1 siano affiliate.
3. L'ARAN sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente, sulla
base della rappresentatività accertata per l'ammissione alle trattative ai
sensi del comma 1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi
di accordo rappresentino nel loro complesso almeno il 51 per cento come media
tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell'area contrattuale, o
almeno il 60 per cento del dato elettorale nel medesimo ambito.
4. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva per la stipulazione degli
accordi o contratti collettivi che definiscono o modificano i comparti o le
aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o
riguardanti più comparti, le confederazioni sindacali alle quali, in almeno due
comparti o due aree contrattuali, siano affiliate organizzazioni sindacali
rappresentative ai sensi del comma 1.
5. I soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono
disciplinati, in conformità all'articolo 45, comma 4, dai contratti collettivi
nazionali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 47, comma 7, per gli
organismi di rappresentanza unitaria del personale.
6. Agli effetti dell'accordo tra l'ARAN e le confederazioni sindacali
rappresentative, previsto dal comma 1 dell'articolo 54, e dai contratti collettivi
che regolano la materia, le confederazioni e le organizzazioni sindacali
ammesse alla contrattazione collettiva nazionale ai sensi dei commi precedenti,
hanno titolo ai permessi, aspettative e distacchi sindacali, in quota
proporzionale alla loro rappresentatività ai sensi del comma 1, tenendo conto
anche della diffusione territoriale e della consistenza delle strutture
organizzative nel comparto o nell'area (1).
7. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe è assicurata dall'ARAN. I dati
relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna amministrazione nell'anno
considerato sono rilevati e trasmessi all'ARAN non oltre il 31 marzo dell'anno
successivo dalle pubbliche amministrazioni, controfirmati da un rappresentante
dell'organizzazione sindacale interessata, con modalità che garantiscano la
riservatezza delle informazioni. Le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo
di indicare il funzionario responsabile della rilevazione e della trasmissione
dei dati. Per il controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei
dati relativi alle deleghe l'ARAN si avvale, sulla base di apposite
convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica, del
Ministero del lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle
pubbliche amministrazioni.
8. Per garantire modalità di rilevazione certe ed obiettive, per la
certificazione dei dati e per la risoluzione delle eventuali controversie è
istituito presso l'ARAN un comitato paritetico, che può essere articolato per
comparti, al quale partecipano le organizzazioni sindacali ammesse alla
contrattazione collettiva nazionale.
9. Il comitato procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe.
Può deliberare che non siano prese in considerazione, ai fini della misurazione
del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che
richiedano ai lavoratori un contributo economico inferiore di più della metà
rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del
comparto o dell'area.
10. Il comitato delibera sulle contestazioni relative alla rilevazione dei voti
e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in ogni caso quando la
contestazione sia avanzata da un soggetto sindacale non rappresentato nel
comitato, la deliberazione è adottata su conforme parere del CNEL, che lo emana
entro quindici giorni dalla richiesta. La richiesta di parere è trasmessa dal
comitato al Ministro per la funzione pubblica, che provvede a presentarla al
CNEL entro cinque giorni dalla ricezione.
11. Ai fini delle deliberazioni, l'ARAN e le organizzazioni sindacali
rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto delle seconde è
espresso dalla maggioranza dei rappresentanti presenti.
12. A tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate forme di
informazione e di accesso ai dati, nel rispetto della legislazione sulla
riservatezza delle informazioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e
successive disposizioni correttive ed integrative (2).
(1) Comma così modificato dell'art. 44 del D.Lgs. 31 marzo
1998, n. 80
(2) Articolo aggiunto dall'art. 7 del D.Lgs. 4 novembre 1997, n. 396
48. Nuove forme di partecipazione alla organizzazione
del lavoro.
1. In attuazione dell'art. 2, comma 1, lettera a), della L.
23 ottobre 1992, n. 4211, la contrattazione collettiva nazionale definisce
nuove forme di partecipazione delle rappresentanze del personale ai fini
dell'organizzazione del lavoro nelle amministrazioni pubbliche di cui all'art.
1, comma 2. Sono abrogate le norme che prevedono ogni forma di rappresentanza,
anche elettiva, del personale nei consigli di amministrazione delle predette
amministrazioni pubbliche, nonché nelle commissioni di concorso. La
contrattazione collettiva nazionale indicherà forme e procedure di
partecipazione che sostituiranno commissioni del personale e organismi di
gestione, comunque denominati (1).
(1) Così sostituito dall'art. 16 del D.Lgs. 18 novembre
1993, n. 470
49. Trattamento economico.
1. Il trattamento economico fondamentale ed accessorio è
definito dai contratti collettivi.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui
all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque
trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti
collettivi.
3. I contratti collettivi definiscono, secondo criteri obiettivi di
misurazione, trattamenti economici accessori collegati:
a) alla produttività individuale;
b) alla produttività collettiva tenendo conto dell'apporto di ciascun
dipendente;
c) all'effettivo svolgimento di attività particolarmente disagiate
obiettivamente ovvero pericolose o dannose per la salute. Compete ai dirigenti
la valutazione dell'apporto partecipativo di ciascun dipendente, nell'ambito di
criteri obiettivi definiti dalla contrattazione collettiva.
4. I dirigenti sono responsabili dell'attribuzione dei trattamenti economici
accessori.
5. Le funzioni ed i relativi trattamenti economici accessori del personale
non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i servizi che si
prestano all'estero presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari
e le istituzioni culturali e scolastiche, sono disciplinati, limitatamente al
periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del decreto del Presidente
della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni, nonché
dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri
(1).
(1) Così sostituito dall'art. 23 del D.Lgs. 23 dicembre
1993, n. 546
50. Agenzia per la rappresentanza negoziale delle
pubbliche amministrazioni.
1. Le pubbliche amministrazioni sono legalmente
rappresentate dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni - ARAN, agli effetti della contrattazione collettiva nazionale.
L'ARAN esercita a livello nazionale, in base agli indirizzi ricevuti ai sensi
degli articoli 46 e 51, ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla
negoziazione dei contratti collettivi e alla assistenza delle pubbliche
amministrazioni ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi.
Sottopone alla valutazione della commissione di garanzia dell'attuazione della
legge 12 giugno 1990, n. 146, gli accordi nazionali sulle prestazioni
indispensabili ai sensi dell'articolo 2 della legge citata.
2. Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi dell'assistenza dell'ARAN ai
fini della contrattazione integrativa. Sulla base di apposite intese,
l'assistenza può essere assicurata anche collettivamente ad amministrazioni
dello stesso tipo o ubicate nello stesso ambito territoriale. Su richiesta dei
comitati di settore, in relazione all'articolazione della contrattazione
collettiva integrativa nel comparto ed alle specifiche esigenze delle pubbliche
amministrazioni interessate, possono essere costituite, anche per periodi
determinati, delegazioni dell'ARAN su base regionale o pluriregionale.
3. L'ARAN cura le attività di studio, monitoraggio e documentazione necessarie
all'esercizio della contrattazione collettiva. Predispone a cadenza
trimestrale, ed invia al Governo, ai comitati di settore e alle commissioni
parlamentari competenti, un rapporto sull'evoluzione delle retribuzioni di
fatto dei pubblici dipendenti. A tal fine l'ARAN si avvale della collaborazione
dell'ISTAT per l'acquisizione di informazioni statistiche e per la formulazione
di modelli statistici di rilevazione, ed ha accesso ai dati raccolti dal
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in sede di
predisposizione del bilancio dello Stato, del conto annuale del personale e del
monitoraggio dei flussi di cassa e relativi agli aspetti riguardanti il costo
del lavoro pubblico.
4. Per il monitoraggio sull'applicazione dei contratti collettivi nazionali e
sulla contrattazione collettiva integrativa, viene istituito presso l'ARAN, un
apposito osservatorio a composizione paritetica. I suoi componenti sono
designati dall'ARAN, dai comitati di settore e dalle organizzazioni sindacali
firmatarie dei contratti collettivi nazionali.
5. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere all'ARAN, entro
cinque giorni dalla sottoscrizione, il testo contrattuale e la indicazione
delle modalità di copertura dei relativi oneri con riferimento agli strumenti
annuali e pluriennali di bilancio.
6. Il comitato direttivo dell'ARAN è costituito da cinque componenti ed è
nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica
di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, designa tre dei componenti, tra i quali, sentita la Conferenza
unificata Stato-regioni e Stato-città, il presidente. Degli altri componenti,
uno è designato dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e l'altro
dall'ANCI e dall'UPI.
7. I componenti sono scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia
di relazioni sindacali e di gestione del personale, anche estranei alla
pubblica amministrazione, e nominati ai sensi dell'articolo 31 della legge 23
agosto 1988, n. 400. Il comitato dura in carica quattro anni e i suoi
componenti possono essere riconfermati. Il comitato delibera a maggioranza dei
componenti. Non possono far parte del comitato persone che rivestano incarichi
pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali
ovvero che ricoprano rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza
con le predette organizzazioni.
8. Per la sua attività, l'ARAN si avvale:
a) delle risorse derivanti da contributi posti a carico delle singole
amministrazioni dei vari comparti, corrisposti in misura fissa per dipendente
in servizio. La misura annua del contributo individuale è concordata tra l'ARAN
e l'organismo di coordinamento di cui all'articolo 46, comma 5, ed è riferita a
ciascun biennio contrattuale;
b) di quote per l'assistenza alla contrattazione integrativa e per le altre
prestazioni eventualmente richieste, poste a carico dei soggetti che se ne
avvalgano.
9. La riscossione dei contributi di cui al comma 8 è effettuata:
a) per le amministrazioni dello Stato direttamente attraverso la previsione di
spesa complessiva da iscrivere nell'apposito capitolo dello stato di previsione
di spesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
b) per le amministrazioni diverse dallo Stato, mediante un sistema di
trasferimenti da definirsi tramite decreti del Ministro per la funzione
pubblica di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica e, a seconda del comparto, dei Ministri competenti,
nonché, per gli aspetti di interesse regionale e locale, previa intesa espressa
dalla Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città.
10. L'ARAN ha personalità giuridica di diritto pubblico. Ha autonomia
organizzativa e contabile nei limiti del proprio bilancio. Affluiscono
direttamente al bilancio dell'ARAN i contributi di cui al comma 8. L'ARAN
definisce con propri regolamenti le norme concernenti l'organizzazione interna,
il funzionamento e la gestione finanziaria. I regolamenti sono soggetti al
controllo del Dipartimento della funzione pubblica da esercitarsi entro
quindici giorni dal ricevimento degli stessi. La gestione finanziaria è
soggetta al controllo consuntivo della Corte dei conti.
11. Il ruolo del personale dipendente dell'ARAN è costituito da cinquanta unità
ripartite tra il personale dei livelli e delle qualifiche dirigenziali in base
ai regolamenti di cui al comma 10. Alla copertura dei relativi posti si
provvede nell'ambito delle disponibilità di bilancio tramite concorsi pubblici,
ovvero mediante assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato,
regolati dalle norme di diritto privato.
12. L'ARAN può altresì avvalersi di un contingente di venticinque unità di
personale anche di qualifica dirigenziale proveniente dalle pubbliche
amministrazioni rappresentate, in posizione di comando o collocati fuori ruolo.
I dipendenti comandati o collocati fuori ruolo conservano lo stato giuridico ed
il trattamento economico delle amministrazioni di provenienza. Ad essi sono
attribuite dall'ARAN, secondo le disposizioni contrattuali vigenti, le voci
retributive accessorie, ivi compresa la produttività per il personale non
dirigente e per i dirigenti la retribuzione di posizione e di risultato. Il
collocamento in posizione di comando o di fuori ruolo è disposto secondo le
disposizioni vigenti nonché ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15
maggio 1997, n. 127. L'ARAN può utilizzare, sulla base di apposite intese,
anche personale direttamente messo a disposizione dalle amministrazioni e dagli
enti rappresentati, con oneri a carico di questi. Nei limiti di bilancio,
l'ARAN può avvalersi di esperti e collaboratori esterni con modalità di
rapporto stabilite con i regolamenti adottati ai sensi del comma 10.
13. In sede di prima applicazione del comma 11, il personale in servizio presso
l'ARAN da almeno un anno alla data di entrata in vigore del presente decreto
può presentare richiesta di trasferimento all'ARAN entro il termine da questa
fissato, ai sensi della normativa vigente. Il comitato direttivo dell'ARAN
procede ad apposita selezione ai fini dell'inquadramento nel relativo ruolo per
la qualifica ricoperta nell'amministrazione di appartenenza e con salvaguardia
del trattamento economico in godimento.
14. Sino all'applicazione del comma 12, l'ARAN utilizza personale in posizione
di comando e fuori ruolo nei limiti massimi delle tabelle previste dal decreto
del Presidente della Repubblica 25 gennaio 1994, n. 144, come modificato
dall'articolo 8, comma 4, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
15. In via transitoria il conferimento finanziario rimane fissato nell'importo
complessivo iscritto nell'apposito capitolo dello stato di previsione di spesa
della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
16. Le regioni a statuto speciale e le province autonome possono avvalersi, per
la contrattazione collettiva di loro competenza, di agenzie tecniche istituite
con legge regionale o provinciale ovvero dell'assistenza dell'ARAN ai sensi del
comma 2 (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 2 del D.Lgs. 4
novembre 1997, n. 396
51. Procedimento di contrattazione collettiva.
1. Gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale
sono deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e
negli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale dell'ARAN. Gli atti
di indirizzo delle amministrazioni diverse dallo Stato sono sottoposti al
Governo che, non oltre dieci giorni, può esprimere le sue valutazioni per
quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilità con le linee di
politica economica e finanziaria nazionale.
2. L'ARAN informa costantemente i comitati di settore e il Governo sullo
svolgimento delle trattative.
3. Raggiunta l'ipotesi di accordo, l'ARAN acquisisce il parere favorevole del
comitato di settore sul testo contrattuale e sugli oneri finanziari diretti e
indiretti che ne conseguono a carico dei bilanci delle amministrazioni
interessate. Il comitato di settore esprime, con gli effetti di cui
all'articolo 46, comma 1, il proprio parere entro cinque giorni dalla
comunicazione dell'ARAN. Per le amministrazioni di cui all'articolo 46, comma
2, il parere è espresso dal Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite il
Ministro per la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
Ministri.
4. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di accordo, il giorno successivo
l'ARAN trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei conti
ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di
programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto
1978, n. 468, e successive modificazioni. La Corte dei conti certifica l'attendibilità
dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di
programmazione e di bilancio, e può acquisire a tal fine elementi istruttori e
valutazioni da tre esperti designati dal Presidente del Consiglio dei Ministri,
di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica. La designazione degli esperti, per la certificazione dei contratti
collettivi delle amministrazioni delle regioni e degli enti locali, avviene
previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e con la Conferenza Stato-città.
Gli esperti sono nominati prima che l'ipotesi di accordo sia trasmessa alla
Corte dei conti.
5. La Corte dei conti delibera entro quindici giorni dalla trasmissione della
quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la certificazione si
intende effettuata positivamente. L'esito della certificazione viene comunicato
dalla Corte all'ARAN, al comitato di settore e al Governo. Se la certificazione
è positiva, il Presidente dell'ARAN sottoscrive definitivamente il contratto
collettivo.
6. Se la certificazione della Corte dei conti non è positiva, l'ARAN, sentito
il comitato di settore o il Presidente del Consiglio dei Ministri, assume le
iniziative necessarie per adeguare la quantificazione dei costi contrattuali ai
fini della certificazione, ovvero, qualora non lo ritenga possibile, convoca le
organizzazioni sindacali ai fini della riapertura delle trattative. Le
iniziative assunte dall'ARAN in seguito alla valutazione espressa dalla Corte
dei conti sono comunicate, in ogni caso, al Governo ed alla Corte dei conti, la
quale riferisce al Parlamento sulla definitiva quantificazione dei costi
contrattuali, sulla loro copertura finanziaria e sulla loro compatibilità con
gli strumenti di programmazione e di bilancio.
7. In ogni caso, la procedura di certificazione deve concludersi entro quaranta
giorni dall'ipotesi di accordo, decorsi i quali il presidente dell'ARAN ha
mandato di sottoscrivere definitivamente il contratto collettivo, salvo che non
si renda necessaria la riapertura delle trattative ai sensi del comma
precedente (1).
(1) Articolo così sostituito, da ultimo, dall'art. 4 del
D.Lgs. 4 novembre 1997, n. 396
52. Disponibilità destinate alla contrattazione
collettiva nelle amministrazioni pubbliche e verifica.
1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, quantifica, in coerenza con i parametri previsti
dagli strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della
legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni e integrazioni, l'onere
derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello
Stato con apposita norma da inserire nella legge finanziaria ai sensi
dell'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed
integrazioni. Allo stesso modo sono determinati gli eventuali oneri aggiuntivi
a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione integrativa delle
amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 45, comma 4.
1-bis. Per le altre pubbliche amministrazioni gli oneri derivanti dalla
contrattazione collettiva nazionale sono determinati a carico dei rispettivi
bilanci in coerenza con i medesimi parametri di cui al comma 1.
2. I contratti collettivi sono corredati da prospetti contenenti la
quantificazione degli oneri nonché l'indicazione della copertura complessiva
per l'intero periodo di validità contrattuale, prevedendo con apposite clausole
la possibilità di prorogare l'efficacia temporale del contratto ovvero di
sospenderne l'esecuzione parziale o totale in caso di accertata esorbitanza dai
limiti di spesa.
3. La spesa posta a carico del bilancio dello Stato è iscritta in apposito
fondo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica in ragione dell'ammontare complessivo. In esito alla
sottoscrizione dei singoli contratti di comparto, il Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica è autorizzato a ripartire, con propri
decreti, le somme destinate a ciascun comparto mediante assegnazione diretta a
favore dei competenti capitoli di bilancio, anche di nuova istituzione, per il
personale dell'amministrazione statale, ovvero mediante trasferimento ai
bilanci delle amministrazioni autonome e degli enti in favore dei quali sia
previsto l'apporto finanziario dello Stato a copertura dei relativi oneri. Per
le amministrazioni diverse dalle amministrazioni dello Stato e per gli altri
enti cui si applica il presente decreto legislativo, l'autorizzazione di spesa
relativa al rinnovo dei contratti collettivi è disposta nelle stesse forme con
cui vengono approvati i bilanci, con distinta indicazione dei mezzi di
copertura.
4. Le somme provenienti dai trasferimenti di cui al comma 3 devono trovare
specifica allocazione nelle entrate dei bilanci delle amministrazioni ed enti
beneficiari, per essere assegnate ai pertinenti capitoli di spesa dei medesimi
bilanci. I relativi stanziamenti sia in entrata che in uscita non possono
essere incrementati se non con apposita autorizzazione legislativa.
5. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva
integrativa con i vincoli di bilancio ai sensi dell'articolo 45, comma 4, è
effettuato dal collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non
sia previsto, dai nuclei di valutazione o dai servizi di controllo interno ai
sensi dell'articolo 20.
6. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo V del presente decreto, la
Corte dei conti, anche nelle sue articolazioni regionali di controllo, verifica
periodicamente gli andamenti della spesa per il personale delle pubbliche
amministrazioni, utilizzando, per ciascun comparto, insiemi significativi di
amministrazioni. A tal fine, la Corte dei conti può avvalersi, oltre che dei
servizi di controllo interno o nuclei di valutazione, di esperti designati a
sua richiesta da amministrazioni ed enti pubblici (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 5 del D.Lgs. 4
novembre 1997, n. 396 e poi dall'art. 14 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387
53. Interpretazione autentica dei contratti collettivi.
1. Quando insorgano controversie sull'interpretazione dei
contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per
definire consensualmente il significato della clausola controversa. L'eventuale
accordo, stipulato con le procedure di cui all'articolo 51, sostituisce la
clausola in questione sin dall'inizio della vigenza del contratto.
2. [L'accordo di interpretazione autentica del contratto ha effetto sulle
controversie individuali aventi ad oggetto le materie regolate dall'accordo
medesimo con il consenso delle parti interessate] (1).
(1) Così sostituito dall'art. 24 del D.Lgs. 23 dicembre
1993, n. 546. Il comma 2 è stato poi abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo
1998, n. 80.
54. Aspettative e permessi sindacali.
1. Al fine del contenimento, della trasparenza e della
razionalizzazione delle aspettative e dei permessi sindacali nel settore
pubblico, la contrattazione collettiva ne determina i limiti massimi in un
apposito accordo, tra l'ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative ai
sensi dell'articolo 47-bis (1).
2. La gestione dell'accordo di cui al comma 1, ivi comprese le modalità di
utilizzo e distribuzione delle aspettative e dei permessi sindacali tra le
confederazioni e le organizzazioni sindacali aventi titolo sulla base della
loro rappresentatività e con riferimento a ciascun comparto e area separata di
contrattazione, è demandata alla contrattazione collettiva, garantendo a
decorrere dal 1° agosto 1996 in ogni caso l'applicazione della L. 20 maggio
1970, n. 300, e successive modificazioni. Per la provincia autonoma di Bolzano
si terrà conto di quanto previsto dall'articolo 9 del D.P.R. 6 gennaio 1978, n.
58 (2).
3. [Alla ripartizione delle aspettative sindacali tra le confederazioni e le
organizzazioni sindacali aventi titolo provvede, in proporzione alla
rappresentatività delle medesime accertata ai sensi dell'articolo 47, la
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica,
sentite le confederazioni ed organizzazioni sindacali interessate. Per la
provincia autonoma di Bolzano si terrà conto di quanto previsto dall'articolo
9, D.P.R. 6 gennaio 1978, n. 58] (2).
4. Le
amministrazioni pubbliche sono tenute a fornire alla Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica il numero complessivo ed i
nominativi dei beneficiari dei permessi sindacali.
5. Contestualmente alla definizione della nuova normativa contenente la
disciplina dell'intera materia, sono abrogate le disposizioni che regolano
attualmente la gestione e la fruizione delle aspettative e dei permessi
sindacali nelle amministrazioni pubbliche. [Con l'accordo di cui al comma 1
sono anche definiti tempi e modalità per l'applicazione della legge 20 maggio
1970, n. 300 , e successive modificazioni, in materia di aspettative e permessi
sindacali] (2). Fino alla emanazione del decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri di cui al comma 1, restano in vigore i decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri che ripartiscono attualmente i
contingenti delle aspettative sindacali nell'ambito delle amministrazioni
pubbliche. Resta salva la disposizione di cui all'ultimo periodo del comma 2 e
sono a tal fine aumentati di una unità, fino alla data di entrata in vigore del
decreto di cui al comma 1, i contingenti attualmente previsti (2).
6. Oltre ai dati relativi ai permessi sindacali, le pubbliche amministrazioni
sono tenute a fornire alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica gli elenchi nominativi, suddivisi per qualifica, del
personale dipendente collocato in aspettativa, in quanto chiamato a ricoprire
una funzione pubblica elettiva, ovvero per motivi sindacali. I dati
riepilogativi dei predetti elenchi sono pubblicati in allegato alla relazione
annuale da presentare al Parlamento ai sensi dell'articolo 16 della legge 29
marzo 1983, n. 93 .
(1) Comma così modificato dall'art. 20 del D.Lgs. 18
novembre 1993, n. 470 e poi dall'art. 44 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
(2) Comma così modificato dall'art. 2 del D.L. 10 maggio 1996, n. 254 e dalla
relativa legge di conversione 11 luglio 1996, n. 365 .
TITOLO IV
Rapporto di lavoro
55. Disciplina del rapporto di lavoro.
1. Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle
amministrazioni pubbliche è disciplinato secondo le disposizioni dell'articolo
2, commi 2, 3 e 4.
2. La legge 20 maggio 1970, n. 300, si applica alle pubbliche amministrazioni a
prescindere dal numero dei dipendenti.
56. Disciplina delle mansioni.
1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni
per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti
nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti
collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia
successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di
procedure concorsuali o selettive. L'esercizio di fatto di mansioni non
corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini
dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di
direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere
adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi,
prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la
copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla
conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata
dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente
articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo
qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il
lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore.
Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei
posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta
giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni,
devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del
lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è
corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore.
Il dirigente che ha disposto l'assegnazione risponde personalmente del maggior
onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazione
della nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti
collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti
collettivi possono regolare diversamente gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4.
Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto
alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto ad avanzamenti
automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 31
marzo 1998, n. 80 e poi così modificato dall'art. 15 del D.Lgs. 29 ottobre
1998, n. 387.
57. Attribuzione temporanea di mansioni superiori.
1. [Per obiettive esigenze di servizio, il prestatore di
lavoro può essere adibito a mansioni immediatamente superiori:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per un periodo non superiore a tre
mesi dal verificarsi della vacanza, salva possibilità di attribuire le mansioni
superiori ad altri dipendenti per non oltre tre mesi ulteriori della vacanza
stessa;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente con diritto alla conservazione
del posto per tutto il periodo di assenza, tranne quello per ferie.
2. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori, il dipendente ha diritto al
trattamento economico corrispondente all'attività svolta per il periodo di
espletamento delle medesime. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2,
in deroga all'articolo 2103 del codice civile l'esercizio temporaneo di
mansioni superiori non attribuisce il diritto all'assegnazione definitiva delle
stesse.
3. L'assegnazione alle mansioni superiori è disposta, con le procedure previste
dai rispettivi ordinamenti, dal dirigente preposto all'unità organizzativa
presso cui il dipendente presta servizio, anche se in posizione di fuori ruolo
o comando, con provvedimento motivato, ferma restando la responsabilità
disciplinare e patrimoniale del dirigente stesso. Qualora l'utilizzazione del
dipendente per lo svolgimento di mansioni superiori sia disposta per sopperire
a vacanze dei posti di organico, contestualmente alla data in cui il dipendente
è assegnato alle predette mansioni devono essere avviate le procedure per la
copertura dei posti vacanti.
4. Non costituisce esercizio di mansioni superiori l'attribuzione di alcuni
soltanto dei compiti propri delle mansioni stesse, disposta ai sensi
dell'articolo 56, comma 2.
5. In deroga a quanto previsto dal comma 1, gli incarichi di presidenza di
istituto secondario e di direzione dei conservatori e delle accademie restano
disciplinati dalla legge 14 agosto 1971, n. 821, e dall'articolo 2, terzo
comma, del R.D.L. 2 dicembre 1935, n. 2081, convertito dalla legge 16 marzo
1936, n. 498.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dalla data di
emanazione, in ciascuna amministrazione, dei provvedimenti di ridefinizione
degli uffici e delle piante organiche di cui agli articoli 30 e 31 e, comunque,
a decorrere dal 31 dicembre 1998 .(1)
7. Sono abrogati il decreto legislativo 19 luglio 1993, n. 247, nonché
l'articolo 10, comma 2, del D.Lgs. 18 novembre 1993, n. 470, e sono fatti salvi
tutti gli atti connessi al conferimento e allo svolgimento di mansioni
superiori adottati ai sensi delle disposizioni stesse (2) ] (3).
(1) Comma così sostituito dall'art. 1 del D.L. 10 maggio
1996, n. 254 e dalla relativa legge di conversione 11 luglio 1996, n. 365 . La
stessa legge ha disposto che restano validi i provvedimenti adottati e sono
fatti salvi i rapporti giuridici sorti sulla base del D.L. 13 novembre 1995, n.
471, del D.L. 8 gennaio 1996, n. 12, e del D.L. 12 marzo 1996, n. 117. Il
differimento dei termini è stato effettuato prima dall'art. 12 del D.L. 31
dicembre 1996, n. 669 e poi dall'art. 39 della L. 27 dicembre 1997, n. 449
(2) Così sostituito dall'art. 25 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546
(3) Articolo abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80. Ai sensi
dell'art. 45, comma 6, dello stesso D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 il comma 5
rimane in vigore fino all'attuazione dell'art. 21, commi 16 e 17 della legge 15
marzo 1997, n. 59.
58. Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi.
1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina
delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico
approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 , nonché, per i rapporti di lavoro a
tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del D.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117.
Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli da 89 a 93 del
D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, agli articoli da 68 a 70 della L. 11 luglio
1980, n. 312, e successive modificazioni, all'art. 9, commi 1 e 2, della L. 23
dicembre 1992, n. 498, all'art. 4, comma 7, della L. 30 dicembre 1991, n. 412,
ed all'art. 1, comma 9, del D.L. 30 dicembre 1992, n. 510.
2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi,
non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente
previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano
espressamente autorizzati.
3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai
sensi dell'articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro il
termine di centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, sono emanate norme dirette a determinare gli incarichi consentiti e
quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari,
nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse
magistrature, i rispettivi istituti (1).
4. Decorso il termine, di cui al comma 3, l'attribuzione degli incarichi è
consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti
normative.
5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione,
nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da
amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o
persone fisiche, che svolgano attività d'impresa o commerciale, sono disposti
dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati,
che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di
incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento
della pubblica amministrazione.
6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di
cui all'articolo 2, commi 4 e 5, con esclusione dei dipendenti con rapporto di
lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta
per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e
delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da
disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Gli
incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche
occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è
previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi
derivanti:
a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere
dell'ingegno e di invenzioni industriali;
c) dalla partecipazione a convegni e seminari;
d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese
documentate;
e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione
di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le
stesse distaccati o in aspettativa non retribuita (2) (3).
7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non
siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di
appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli
statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per
il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso
di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la
responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni
eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto,
del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di
appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di
produttività o di fondi equivalenti (2).
8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a
dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione
dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi
sanzioni, il conferimento dei predetti incarichi, senza la previa
autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il
funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di
diritto. In tal caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico, ove
gravi su fondi in disponibilità dell'amministrazione conferente, è trasferito
all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di
produttività o di fondi equivalenti (2).
9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire
incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione
dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di
inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto
legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28
maggio 1997, n. 140. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle
sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di
finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689. Le somme
riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze.
10. L'autorizzazione di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all'amministrazione
di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati che intendono
conferire l'incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente
interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla
richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta
stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni
pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione è subordinata
all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è
per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa
se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si
pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte
dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere,
l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni
pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente
negata (2).
11. Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che
erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono
tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti
stessi dei compensi erogati nell'anno precedente (2).
12. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che
conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono
tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al
Dipartimento della funzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o
autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione
dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto. L'elenco è
accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in
applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le
ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei
dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza
dei medesimi ai princìpi di buon andamento dell'amministrazione, nonché le
misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso
termine e con le stesse modalità le amministrazioni che, nell'anno precedente,
non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se
comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato
incarichi .
13. Entro lo stesso termine di cui al comma 12, le amministrazioni di
appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica,
in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri
dipendenti e distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i
compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione
abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11 .
14. Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1,
commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 , le amministrazioni
pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica, in
via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i
compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti
e doveri d'ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l'elenco
dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di
consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei
compensi corrisposti .
15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi 11, 12, 13
e 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I
soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11
incorrono nella sanzione di cui allo stesso comma 9 .
16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun
anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti e formula proposte per il
contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei
criteri di attribuzione degli incarichi stessi . (2)
(1) Il termine già differito al 31 dicembre 1993 dall'art. 2
del D.L. 14 settembre 1993, n. 358 è stato ulteriormente
prorogato al 30 ottobre 1995, dall'art. 1 del D.L. 28 agosto 1995, n. 361.
(2) Gli attuali commi da 6 a 16 sostituiscono i precedenti commi 6, 7, 8 e 9
per effetto dell'art. 26 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
(3) Comma così modificato dall'art. 16 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387.
58-bis. Codice di comportamento.
1. Il Dipartimento della funzione pubblica, sentite le
confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 47-bis,
definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da
adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse
amministrazioni rendono ai cittadini.
2. Il codice è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente
all'atto dell'assunzione.
3. Le pubbliche amministrazioni formulano all'Agenzia per la rappresentanza
negoziale delle pubbliche amministrazioni indirizzi, ai sensi dell'articolo 46,
comma 2, e dell'articolo 73, comma 5, affinché il codice venga recepito nei
contratti, in allegato, e perché i suoi princìpi vengano coordinati con le
previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare.
4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle
associazioni di categoria adottano, entro il termine di centoventi giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, un codice etico che viene
sottoposto all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata.
Decorso inutilmente detto termine, il codice è adottato dall'organo di
autogoverno.
5. Entro il 31 dicembre 1998, l'organo di vertice di ciascuna pubblica
amministrazione verifica, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative
ai sensi dell'articolo 47-bis e le associazioni di utenti e consumatori,
l'applicabilità del codice di cui al comma 1, anche per apportare eventuali
integrazioni e pecificazioni al fine della pubblicazione e dell'adozione di uno
specifico codice di comportamento per ogni singola amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i
dirigenti responsabili di ciascuna
struttura.
7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del
personale per la conoscenza e la
corretta applicazione dei codici di cui al presente articolo (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 26 del D.Lgs. 23 dicembre
1993, n. 546 e poi così sostituito dall'art. 27 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
59. Sanzioni disciplinari e responsabilità.
1. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, resta
ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile,
amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche
(1).
2. Ai dipendenti
di cui all'articolo 2, comma 2, si applicano l'articolo 2106 del codice civile
e l'articolo 7, commi primo, quinto e ottavo, della legge 20 maggio 1970, n.
300.
3. Salvo quanto previsto dagli articoli 20, comma 1, e 58, comma 1, e ferma
restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di
comportamento di cui all'articolo 58-bis, la tipologia delle infrazioni e delle
relative sanzioni è definita dai contratti collettivi (2).
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua
l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su
segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta
l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e
applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e
censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede
direttamente.
5. Ogni provvedimento disciplinare, ad eccezione del rimprovero verbale, deve
essere adottato previa tempestiva contestazione scritta dell'addebito al
dipendente, che viene sentito a sua difesa con l'eventuale assistenza di un
procuratore ovvero di un rappresentante dell'associazione sindacale cui
aderisce o conferisce mandato. Trascorsi inutilmente quindici giorni dalla
convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei
successivi quindici giorni.
6. Con il consenso del dipendente la sanzione applicabile può essere ridotta,
ma in tal caso non è più suscettibile di impugnazione.
7. Ove i contratti collettivi non prevedano procedure di conciliazione, entro
venti giorni dall'applicazione della sanzione, il dipendente, anche per mezzo
di un procuratore o dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce
mandato, può impugnarla dinanzi al collegio arbitrale di disciplina
dell'amministrazione in cui lavora. Il collegio emette la sua decisione entro
novanta giorni dall'impugnazione e l'amministrazione vi si conforma. Durante
tale periodo la sanzione resta sospesa.
8. Il collegio arbitrale si compone di due rappresentanti dell'amministrazione
e di due rappresentanti dei dipendenti ed è presieduto da un esterno
all'amministrazione, di provata esperienza e indipendenza.
Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, stabilisce, sentite
le organizzazioni sindacali, le modalità per la periodica designazione di dieci
rappresentanti dell'amministrazione e dieci rappresentanti dei dipendenti, che,
di comune accordo, indicano cinque presidenti. In mancanza di accordo, l'amministrazione
richiede la nomina dei presidenti al presidente del tribunale del luogo in cui
siede il collegio. Il collegio opera con criteri oggettivi di rotazione dei
membri e di assegnazione dei procedimenti disciplinari che ne garantiscano
l'imparzialità .
9. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire un unico collegio
arbitrale mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di
funzionamento nel rispetto dei princìpi di cui ai precedenti commi.
10. Fino al riordinamento degli organi collegiali della scuola, nei
confronti del personale ispettivo tecnico, direttivo, docente ed educativo
delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative statali si
applicano le norme di cui al titolo IV, capo II, del decreto del Presidente
della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417 (3).
(1) Comma così modificato dall'art. 45 del D.Lgs. 31 marzo
1998, n. 80.
(2) Comma così sostituito dall'art. 27 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
(3) Così sostituito dall'art. 27 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546 e poi
dall'art. 2 del D.L. 28 agosto 1995, n. 361.
59-bis. Impugnazione delle sanzioni disciplinari.
1. Se i contratti collettivi nazionali non hanno istituito
apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni disciplinari possono
essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di conciliazione di cui
all'articolo 69-bis, con le modalità e con gli effetti di cui all'articolo 7,
commi 6 e 7, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (1).
(1) Articolo aggiunto dall'art. 28 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80.
60. Orario di servizio e orario di lavoro.
[1. L'orario di servizio si articola di norma su sei giorni,
dei quali cinque anche nelle ore pomeridiane, in attuazione dei princìpi
generali di cui al titolo I e al fine di corrispondere alle esigenze
dell'utenza. Sono fatte salve le particolari esigenze dei servizi che
richiedano orari continuativi o prestazioni per tutti i giorni della settimana
e quelle delle istituzioni scolastiche.
2. L'orario di lavoro, nell'ambito dell'orario d'obbligo contrattuale, è
funzionale all'orario di servizio] (1).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 28 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546 e poi abrogato dall'art. 22 della L. 23 dicembre 1994, n.
724.
61. Pari opportunità.
1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari
opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul
lavoro:
a) riservano alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei
posti di componente delle commissioni di concorso, fermo restando il principio
di cui all'articolo 36, comma 3, lettera e) (1);
b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità di uomini
e donne sul lavoro, conformemente alle direttive impartite dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica (2);
c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di
formazione e di aggiornamento professionale in rapporto proporzionale alla loro
presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando
modalità organizzative atte a favorirne la partecipazione, consentendo la
conciliazione fra vita professionale e vita familiare (2);
d) possono finanziare programmi di azioni positive e l'attività dei Comitati
pari opportunità nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio (3).
2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalità di cui all'articolo 10,
adottano tutte le misure per attuare le direttive della Unione europea in
materia di pari opportunità, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica (4)
(1) Lettera così modificata dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo
1998, n. 80
(2) Lettera così modificata dall'art. 17 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387.
(3) Lettera aggiunta dall'art. 17 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387.
(4) Comma così modificato dall'art. 17 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387.
62. Passaggio di dipendenti da amministrazioni
pubbliche ad aziende o società private.
[1. Fatte salve le disposizioni di leggi speciali, la
disciplina del trasferimento di azienda di cui all'articolo 2112 del codice
civile si applica anche nel caso di passaggio dei dipendenti degli enti
pubblici e delle aziende municipalizzate o consortili a società private per
effetto di norme di legge, di regolamento convenzione, che attribuiscono alle
stesse società le funzioni esercitate dai citati enti pubblici ed aziende. ]
(1).
(1) Articolo abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998,
n. 80.
TITOLO V
Controllo della spesa
63. Finalità.
1. Al fine di realizzare il più efficace controllo dei
bilanci, anche articolati per funzioni e per programmi, e la rilevazione dei
costi, con particolare riferimento al costo del lavoro, il Ministero del
tesoro, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica, provvede alla acquisizione delle informazioni sui
flussi finanziari relativi a tutte le amministrazioni pubbliche.
2. Per le finalità di cui al comma 1, tutte le amministrazioni pubbliche
impiegano strumenti di rilevazione e sistemi informatici e statistici definiti
o valutati dall'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione di
cui al decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, sulla base delle
indicazioni definite dal Ministero del tesoro, d'intesa con la Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
3. Per l'immediata attivazione del sistema di controllo della spesa del
personale di cui al comma 1, il Ministero del tesoro, d'intesa con la
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica,
avvia un processo di integrazione dei sistemi informativi delle amministrazioni
pubbliche che rilevano i trattamenti economici e le spese del personale,
facilitando la razionalizzazione delle modalità di pagamento delle
retribuzioni. Le informazioni acquisite dal sistema informativo della
Ragioneria generale dello Stato sono disponibili per tutte le amministrazioni e
gli enti interessati (1).
(1) Così sostituito dall'art. 30 del D.Lgs. 23 dicembre
1993, n. 546.
64. Rilevazione dei costi.
1. Le amministrazioni pubbliche individuano i singoli
programmi di attività e trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
- Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero del tesoro e al Ministero
del bilancio e della programmazione economica tutti gli elementi necessari alla
rilevazione ed al controllo dei costi.
2. Ferme restando le attuali procedure di evidenziazione della spesa ed i
relativi sistemi di controllo, il Ministero del tesoro, al fine di rappresentare
i profili economici della spesa, previe intese con la Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, definisce procedure
interne e tecniche di rilevazione e provvede, in coerenza con le funzioni di
spesa riconducibili alle unità amministrative cui compete la gestione dei
programmi, ad un'articolazione dei bilanci pubblici a carattere sperimentale.
3. Per la omogeneizzazione delle procedure presso i soggetti pubblici
diversi dalle amministrazioni sottoposte alla vigilanza ministeriale, la
Presidenza del Consiglio dei Ministri adotta apposito atto di indirizzo e
coordinamento (1).
(1) Così sostituito dall'art. 31 del D.Lgs. 23 dicembre
1993, n. 546.
65. Controllo del costo del lavoro.
1. Il Ministero del tesoro, d'intesa con la Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, definisce un
modello di rilevazione della consistenza del personale, in servizio e in
quiescenza, e delle relative spese, ivi compresi gli oneri previdenziali e le entrate
derivanti dalle contribuzioni, anche per la loro evidenziazione a preventivo e
a consuntivo, mediante allegati ai bilanci. Il Ministero del tesoro elabora,
altresì, un conto annuale che evidenzi anche il rapporto tra contribuzioni e
prestazioni previdenziali relative al personale delle amministrazioni statali.
2. Le amministrazioni pubbliche presentano, entro il mese di maggio di ogni
anno, alla Corte dei conti, per il tramite della Ragioneria generale dello
Stato ed inviandone contestualmente copia alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il conto annuale delle spese
sostenute per il personale, rilevate secondo il modello di cui al comma 1. Il
conto è accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni pubbliche
espongono i risultati della gestione del personale, con riferimento agli
obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai
regolamenti e dagli atti di programmazione. La mancata presentazione del conto
e della relativa relazione determina, per l'anno successivo a quello cui il
conto si riferisce, l'applicazione delle misure di cui all'articolo 30, comma
11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed
integrazioni.
3. Gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica
utilità nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 73, comma 5, sono
tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento
della funzione pubblica e al Ministero del tesoro il costo annuo del personale
comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero del
tesoro, d'intesa con il predetto Dipartimento della funzione pubblica.
4. La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle
risorse finanziarie destinate al personale del settore pubblico, avvalendosi di
tutti i dati e delle informazioni disponibili presso le amministrazioni
pubbliche. Con apposite relazioni in corso d'anno, anche a richiesta del
Parlamento, la Corte riferisce altresì in ordine a specifiche materie, settori
ed interventi.
5. Il Ministero del tesoro, anche su espressa richiesta del Ministro per la
funzione pubblica, dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di
finanza della Ragioneria generale dello Stato, coordinate anche con altri
analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare
riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati,
denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate. Tali verifiche
vengono eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonché presso gli enti e
le aziende di cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato delle
verifiche ispettive, i servizi ispettivi di finanza della Ragioneria generale
dello Stato esercitano presso le predette amministrazioni, enti e aziende sia
le funzioni di cui all'articolo 3 della legge 26 luglio 1939, n. 1037, che i
compiti di cui all'articolo 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983, n. 93.
6. Allo svolgimento delle verifiche ispettive integrate di cui al comma 5 può
partecipare l'ispettorato operante presso il Dipartimento della funzione
pubblica. L'ispettorato stesso si avvale di cinque ispettori di finanza, in
posizione di comando o fuori ruolo, del Ministero del tesoro, cinque
funzionari, particolarmente esperti in materia, in posizione di comando o fuori
ruolo, del Ministero dell'interno e di altro personale comunque in servizio
presso il Dipartimento della funzione pubblica. L'ispettorato svolge compiti
ispettivi vigilando sulla razionale organizzazione delle pubbliche
amministrazioni, l'ottimale utilizzazione delle risorse umane, la conformità
dell'azione amministrativa ai princìpi di imparzialità e buon andamento e
l'osservanza delle disposizioni vigenti sul controllo dei costi, dei rendimenti
e dei risultati e sulla verifica dei carichi di lavoro (1).
(1) Così sostituito dall'art. 32 del D.Lgs. 23 dicembre
1993, n. 546.
66. Interventi correttivi del costo del personale.
1. Fermo restando il disposto dell'articolo 11-ter, comma 7,
della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni,
e salvi i casi di cui ai commi successivi, qualora si verifichino o siano
prevedibili, per qualunque causa, scostamenti rispetto agli stanziamenti
previsti per le spese destinate al personale, il Ministro del tesoro, informato
dall'amministrazione competente, ne riferisce al Parlamento, proponendo
l'adozione di misure correttive idonee a ripristinare l'equilibrio del
bilancio. La relazione è trasmessa altresì al nucleo di valutazione della spesa
relativa al pubblico impiego istituito presso il Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro.
2. Le pubbliche amministrazioni che vengono, in qualunque modo, a conoscenza di
decisioni giurisdizionali che comportino oneri a carico del bilancio, ne danno
immediata comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero del bilancio e della
programmazione economica ed al Ministero del tesoro. Ove tali decisioni
producano nuovi o maggiori oneri rispetto alle spese autorizzate, i Ministri
del bilancio e della programmazione economica e del tesoro presentano, entro
trenta giorni dalla data di pubblicazione delle sentenze della Corte
costituzionale o dalla conoscenza delle decisioni esecutive di altre autorità
giurisdizionali, una relazione al Parlamento, impegnando Governo e Parlamento a
definire con procedura d'urgenza una nuova disciplina legislativa idonea a
ripristinare i limiti della spesa globale.
3. I Ministri del bilancio e della programmazione economica e del tesoro
provvedono, con la stessa procedura di cui al comma 2, a seguito di richieste
pervenute alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
funzione pubblica per la estensione generalizzata di decisioni giurisdizionali
divenute esecutive, atte a produrre gli effetti indicati nel medesimo comma 2
sulla entità della spesa autorizzata.
67. Commissario del Governo.
1. Il Commissario del Governo rappresenta lo Stato nel
territorio regionale. Egli è responsabile, nei confronti del Governo, del
flusso di informazioni degli enti pubblici operanti nel territorio, in
particolare di quelli attivati attraverso gli allegati ai bilanci e il conto
annuale di cui all'articolo 65, comma 1. Ogni comunicazione del Governo alla regione
avviene tramite il Commissario del Governo.
TITOLO VI
Giurisdizione
68. Controversie relative ai rapporti di lavoro.
1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di
giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze
delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di
quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le
controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca
degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle
concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte,
ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi
ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se
illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto
amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del
processo .
2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i
provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla
natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto
all'assunzione, ovvero accerta che l'assunzione è avvenuta in violazione di
norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente
costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro.
3. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le
controversie relative a comportamenti antisindacali delle pubbliche
amministrazioni ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e
le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall'ARAN o dalle
pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva
di cui all'articolo 45 e seguenti del presente decreto.
4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le
controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei
dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione
esclusiva, le controversie relative ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2
commi 4 e 5, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.
5. Nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 e nel caso di cui al comma 3
dell'articolo 68-bis, il ricorso per cassazione può essere proposto anche per
violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di
cui all'articolo 45 (1).
(1) Articolo così modificato dall'art. 33 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546, poi dall'art. 29 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e
infine dall'art. 18 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387
68-bis. Accertamento pregiudiziale sull'efficacia,
validità ed interpretazione dei contratti collettivi.
1. Quando per la definizione di una controversia individuale
di cui all'articolo 68 è necessario risolvere in via pregiudiziale una
questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle
clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale, sottoscritto
dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni -
ARAN - ai sensi dell'articolo 45 e seguenti, il giudice, con ordinanza non
impugnabile, nella quale indica la questione da risolvere, fissa una nuova
udienza di discussione non prima di centoventi giorni e dispone la
comunicazione, a cura della cancelleria, dell'ordinanza, del ricorso
introduttivo e della memoria difensiva all'ARAN (1).
2. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, l'ARAN convoca le
organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la possibilità di un accordo
sull'interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla
modifica della clausola controversa. All'accordo sull'interpretazione autentica
o sulla modifica della clausola si applicano le disposizioni dell'articolo 53.
Il testo dell'accordo è trasmesso, a cura dell'ARAN, alla cancelleria del
giudice procedente, la quale provvede a darne avviso alle parti almeno dieci
giorni prima dell'udienza. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al
comma 1, in mancanza di accordo la procedura si intende conclusa.
3. Se non interviene l'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica
della clausola controversa, il giudice decide con sentenza sulla sola questione
di cui al comma 1, impartendo distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione
o, comunque, per la prosecuzione della causa. La sentenza è impugnabile
soltanto con ricorso immediato per cassazione, proposto nel termine di sessanta
giorni dalla comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. Il deposito
nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa di una copia del
ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle altre parti, determina la
sospensione del processo (1).
4. La Corte di cassazione, quando accoglie il ricorso a norma dell'articolo 383
del codice di procedura civile, rinvia la causa allo stesso giudice che ha
pronunciato la sentenza cassata. La riassunzione della causa può essere fatta
da ciascuna delle parti entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla
comunicazione della sentenza di cassazione. In caso di estinzione del processo,
per qualsiasi causa, la sentenza della Corte di cassazione conserva i suoi
effetti.
5. L'ARAN e le organizzazioni sindacali firmatarie possono intervenire nel
processo anche oltre il termine previsto dall'articolo 419 del codice di
procedura civile e sono legittimate, a seguito dell'intervento, alla
proposizione dei mezzi di impugnazione delle sentenze che decidono una
questione di cui al comma 1. Possono, anche se non intervenute, presentare
memorie nel giudizio di merito ed in quello per cassazione. Della presentazione
di memorie è dato avviso alle parti, a cura della cancelleria.
6. In pendenza del giudizio davanti alla Corte di cassazione, possono essere
sospesi i processi la cui definizione dipende dalla risoluzione della medesima
questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi. Intervenuta la
decisione della Corte di cassazione, il giudice fissa, anche d'ufficio,
l'udienza per la prosecuzione del processo.
7. Quando per la definizione di altri processi è necessario risolvere una
questione di cui al comma 1 sulla quale è già intervenuta una pronuncia della
Corte di cassazione e il giudice non ritiene di uniformarsi alla pronuncia
della Corte, si applica il disposto del comma 3.
8. La Corte di cassazione, nelle controversie di cui è investita ai sensi del
comma 3, può condannare la parte soccombente, a norma dell'articolo 96 del
codice di procedura civile, anche in assenza di istanza di parte (2).
(1) Comma così modificato dall'art. 19, D.Lgs. 29 ottobre
1998, n. 387.
(2) Articolo aggiunto dall'art. 30, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
69. Tentativo obbligatorio di conciliazione delle
controversie individuali.
1. Per le controversie individuali di cui all'articolo 68,
il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice
di procedura civile si svolge con le procedure previste dai contratti
collettivi, ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui all'articolo
69-bis, secondo le disposizioni dettate dal presente decreto.
2. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla
promozione del tentativo di conciliazione.
3. Il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione
secondo le disposizioni di cui all'articolo 69-bis, commi 2 e 3, o che la
domanda giudiziale è stata proposta prima della scadenza del termine di novanta
giorni dalla promozione del tentativo sospende il giudizio e fissa alle parti
il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di
conciliazione. Si applicano i commi secondo e quinto dell'articolo 412-bis del
codice di procedura civile. Espletato il tentativo di conciliazione o decorso
il termine di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro il termine
perentorio di centottanta giorni. La parte contro la quale è stata proposta la
domanda in violazione dell'articolo 410 del codice di procedura civile, con
l'atto di riassunzione o con memoria depositata in cancelleria almeno dieci
giorni prima dell'udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese
e proporre nuove eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili
d'ufficio. Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice
dichiara d'ufficio l'estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione
di cui all'articolo 308 del codice di procedura civile (1).
3-bis. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di intesa con la
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per la funzione pubblica
ed il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
provvede, mediante mobilità volontaria interministeriale, a dotare le
Commissioni di conciliazione territoriali degli organici indispensabili per la
tempestiva realizzazione del tentativo obbligatorio di conciliazione delle
controversie individuali di lavoro nel settore pubblico e privato (2).
(1) Articolo così sostituito dall'art. 34 del D.Lgs. 23
dicembre 1993, n. 546, poi dall'art. 31 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80
(2) Comma aggiunto dall'art. 45 della L. 23 dicembre 1998, n. 448.
69-bis. Collegio di conciliazione.
1. Ferma restando la facoltà del lavoratore di avvalersi
delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il
tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 69 si svolge, con
le procedure di cui ai commi seguenti, dinanzi ad un collegio di conciliazione
istituito presso l'Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione
nella cui circoscrizione si trova l'ufficio cui il lavoratore è addetto, ovvero
era addetto al momento della cessazione del rapporto. Le medesime procedure si
applicano, in quanto compatibili, se il tentativo di conciliazione è promosso
dalla pubblica amministrazione. Il collegio di conciliazione è composto dal
direttore dell'Ufficio o da un suo delegato, che lo presiede, da un
rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione (1).
2. La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, è
consegnata all'Ufficio presso il quale è istituito il collegio di conciliazione
competente o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia
della richiesta deve essere consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore
all'amministrazione di appartenenza.
3. La richiesta deve precisare:
a) l'amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore è
addetto;
b) il luogo dove gli devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla
procedura;
c) l'esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della
pretesa;
d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la
delega per la nomina medesima ad un'organizzazione sindacale.
4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia della richiesta,
l'amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore, deposita
presso l'Ufficio osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio
rappresentante in seno al collegio di conciliazione. Entro i dieci giorni
successivi al deposito, il presidente fissa la comparizione delle parti per il
tentativo di conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione il lavoratore
può farsi rappresentare o assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o
conferisce mandato. Per l'amministrazione deve comparire un soggetto munito del
potere di conciliare.
5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa
avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo verbale sottoscritto
dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale
costituisce titolo esecutivo. Alla conciliazione non si applicano le
disposizioni dell'articolo 2113, commi primo, secondo e terzo, del codice
civile.
6. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, il Collegio di conciliazione
deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se
la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con
indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali
concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Il giudice valuta il
comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del
regolamento delle spese.
8. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica
amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio di cui al
comma 1, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell'articolo 420, commi primo,
secondo e terzo, del codice di procedura civile, non può dar luogo a
responsabilità amministrativa (2).
(1) Comma così modificato dall'art. 19 del D.Lgs. 29 ottobre
1998, n. 387.
(2) Articolo aggiunto dall'art. 32 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80.
TITOLO VII
Disposizioni diverse e norme
transitorie e finali
Capo I - Disposizioni diverse
70. Integrazione funzionale del Dipartimento della
funzione pubblica con la Ragioneria generale dello
Stato.
1. Il più efficace perseguimento degli obiettivi di cui
all'articolo 52, commi 1, 2 e 3, ed agli articoli 63, 64 e 65 è realizzato
attraverso l'integrazione funzionale della Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica con il Ministero del tesoro -
Ragioneria generale dello Stato, da conseguirsi mediante apposite conferenze di
servizi presiedute dal Ministro per la funzione pubblica o da un suo delegato.
2. L'applicazione dei contratti collettivi di lavoro, nazionali e decentrati,
per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, è oggetto di verifica del
Ministero del tesoro, del Ministero del bilancio e della programmazione
economica e del Dipartimento della funzione pubblica, con riguardo, rispettivamente,
al rispetto dei costi prestabiliti ed agli effetti degli istituti contrattuali
sull'efficiente organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sulla
efficacia della loro azione.
3. Gli schemi di provvedimenti legislativi e i progetti di legge, comunque
sottoposti alla valutazione del Governo, contenenti disposizioni relative alle
amministrazioni pubbliche richiedono il necessario concerto del Ministero del
tesoro, del Ministero del bilancio e della programmazione economica e del
Dipartimento della funzione pubblica. I provvedimenti delle singole
amministrazioni dello Stato incidenti nella medesima materia sono adottati
d'intesa con il Ministero del tesoro e con il Dipartimento della funzione
pubblica in apposite conferenze di servizi da indire ai sensi e con le modalità
di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (1).
(1) Così sostituito dall'art. 35 del D.Lgs. 23 dicembre
1993, n. 546
71. Aspettativa per mandato parlamentare.
1. I dipendenti delle pubbliche amministrazioni eletti al
Parlamento nazionale, al Parlamento europeo e nei Consigli regionali sono
collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato. Essi possono
optare per la conservazione, in luogo dell'indennità parlamentare e
dell'analoga indennità corrisposta ai consiglieri regionali, del trattamento
economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, che resta a
carico della medesima .
2. Il periodo di aspettativa è utile ai fini dell'anzianità di servizio e del
trattamento di quiescenza e di previdenza.
3. Il collocamento in aspettativa ha luogo all'atto della proclamazione degli
eletti; di questa le Camere ed i Consigli regionali danno comunicazione alle
amministrazioni di appartenenza degli eletti per i conseguenti provvedimenti.
4. In sede di prima applicazione del presente decreto, la disposizione di cui
al comma 1 si applica a decorrere dal 31 marzo 1993.
5. Le regioni adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di cui ai commi 1, 2 e
3 entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Capo II - Norme transitorie e finali
72. Norma transitoria.
1. Salvo che per le materie di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera c), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, gli accordi sindacali recepiti
in decreti del Presidente della Repubblica in base alla legge 29 marzo 1983, n.
93, e le norme generali e speciali del pubblico impiego, vigenti alla data di
entrata in vigore del presente decreto e non abrogate, costituiscono,
limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro, la disciplina di cui
all'art. 2, comma 2. Tali disposizioni sono inapplicabili a seguito della
stipulazione dei contratti collettivi disciplinati dal presente decreto in
relazione ai soggetti e alle materie dagli stessi contemplati. Le disposizioni
vigenti cessano in ogni caso di produrre effetti dal momento della
sottoscrizione, per ciascun ambito di riferimento, del secondo contratto
collettivo previsto dal presente decreto.
2. [Fino all'adozione di una diversa disciplina contrattuale secondo quanto
previsto dal comma 1 in materia di infrazioni e sanzioni disciplinari, per
quanto non espressamente modificato dall'articolo 59, continuano ad applicarsi
le disposizioni dei capi I e II del titolo VII del decreto del Presidente della
Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, nonché le norme che regolano le
corrispondenti materie nelle amministrazioni pubbliche in cui tale decreto non
si applica] (1).
3. [Contestualmente alla sottoscrizione dei primi contratti collettivi
stipulati ai sensi del titolo III, sono abrogate le disposizioni che prevedono
automatismi che influenzano il trattamento economico, nonché le disposizioni
che prevedono trattamenti economici accessori comunque denominati a favore di
dipendenti pubblici. I contratti collettivi fanno comunque salvi i trattamenti
economici fondamentali ed accessori in godimento aventi natura retributiva
ordinaria o corrisposti con carattere di generalità per ciascuna
amministrazione o ente] 1).
4. In attesa di una nuova regolamentazione contrattuale della materia, resta
ferma per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, la disciplina vigente in
materia di trattamento di fine rapporto.
5. Resta ferma, per quanto non modificato dal presente decreto, la
disciplina dell'accordo sindacale riguardante tutto il personale delle
istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione, reso esecutivo con
decreto del Presidente della Repubblica 12 febbraio 1991, n. 171, fino alla
sottoscrizione del primo contratto collettivo previsto dal titolo III
nell'ambito di riferimento di esso (2).
(1) Comma abrogato dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n.
80.
(2) Così sostituito dall'art. 36 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546.
73. Norma finale.
1. Restano salve per la regione Valle d'Aosta le competenze
in materia, le norme di attuazione e la disciplina sul bilinguismo. Restano
comunque salve, per la provincia autonoma di Bolzano, le competenze in materia,
le norme di attuazione, la disciplina vigente sul bilinguismo e la riserva
proporzionale di posti nel pubblico impiego.
2. In attesa di una organica normativa nella materia, restano ferme le norme
che disciplinano, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, l'esercizio
delle professioni per le quali sono richieste l'abilitazione o l'iscrizione ad
ordini o albi professionali. Il personale di cui all'articolo 6, comma 5, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, può iscriversi, se in possesso
dei prescritti requisiti, al relativo ordine professionale.
3. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 52, comma 2, della legge 8
giugno 1990, n. 142, riguardanti i segretari comunali e provinciali, e alla
legge 7 marzo 1986, n. 65 - esclusi gli articoli 10 e 13 - sull'ordinamento
della polizia municipale. Per il personale disciplinato dalla stessa legge 7
marzo 1986, n. 65, nonché per i segretari comunali e provinciali il trattamento
economico è definito nei contratti collettivi previsti dal presente decreto.
4. Il rapporto di lavoro dei dipendenti degli enti locali è disciplinato dai
contratti collettivi previsti dal presente decreto.
5. Le aziende e gli enti di cui alle L. 26 dicembre 1936, n. 2174, e
successive modificazioni ed integrazioni, L. 13 luglio 1984, n. 312, L. 30
maggio 1988, n. 186, L. 11 luglio 1988, n. 266, L. 31 gennaio 1992, n. 138, L.
30 dicembre 1986, n. 936, decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250
provvederanno ad adeguare i propri ordinamenti ai princìpi di cui al titolo I.
I rapporti di lavoro dei dipendenti dei predetti enti ed aziende sono regolati
da contratti collettivi ed individuali in base alle disposizioni di cui
all'articolo 2, comma 2, all'articolo 9, comma 2, ed all'articolo 65, comma 3.
Le predette aziende o enti sono rappresentati dall'ARAN ai fini della
stipulazione dei contratti collettivi che li riguardano. Il potere di indirizzo
e le altre competenze inerenti alla contrattazione collettiva sono esercitati
dalle aziende ed enti predetti d'intesa con il Presidente del Consiglio dei
Ministri, che la esprime tramite il Ministro per la funzione pubblica, ai sensi
dell'articolo 46, comma 2. La certificazione dei costi contrattuali al fine
della verifica della compatibilità con gli strumenti di programmazione e
bilancio avviene con le procedure dell'articolo 51 (1).
6. Con uno o più regolamenti, da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, sono emanate norme di adeguamento alla disciplina
contenuta nell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, relative
all'organizzazione ed al funzionamento delle strutture amministrative del
Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, della Corte dei
conti e dell'Avvocatura dello Stato.
6-bis. Le disposizioni di cui all'articolo 7 del decreto-legge 19 settembre
1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n.
438, vanno interpretate nel senso che le medesime, salvo quelle di cui al comma
7, non si riferiscono al personale di cui al decreto legislativo
luogotenenziale 17 maggio 1945, n. 331 (2).
(1) Comma così modificato dall'art. 9 del D.Lgs. 4 novembre
1997, n. 396, poi dall'art. 45 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e infine
dall'art. 20 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n. 387.
(2) Comma aggiunto dall'art. 37 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546.
74. Norme abrogate.
1. Sono abrogate le disposizioni incompatibili con il
presente decreto ed in particolare le seguenti norme:
articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20, 21,
23, 26, comma quarto, 27, comma primo, n. 5, 28, 30, comma terzo, della legge
29 marzo 1983, n. 93;
legge 10 luglio 1984, n. 301, fatte salve quelle che riguardano l'accesso alla
qualifica di primo dirigente del Corpo forestale dello Stato;
articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400;
articolo 9 della legge 9 maggio 1989, n. 168;
articolo 32, comma 2, lettera c), limitatamente all'espressione "la
disciplina dello stato giuridico e delle assunzioni del personale" e
articolo 51, comma 8, della legge 8 giugno 1990, n. 142;
articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, limitatamente alla
disciplina sui contratti di lavoro riguardanti i dipendenti delle
amministrazioni, aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale;
articolo 10, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412;
articolo 4, commi decimo, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo, della legge 11
luglio 1980, n. 312;
articolo 2 del decreto-legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 1981, n. 432;
articoli 27 e 28 del decreto del Presidente della Repubblica 8 maggio 1987, n.
266, come integrato dall'articolo 10 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 settembre 1987, n. 494;
articolo 4, commi 3 e 4, e articolo 5, della legge 7 luglio 1988, n. 254;
articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 534;
articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 533, fatti
salvi i concorsi banditi alla data di entrata in vigore del presente decreto;
articolo 6 della legge 11 luglio 1980, n. 312; articolo 6-bis del decreto legge
18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo
1993, n. 67;
i riferimenti alla legge 4 giugno 1985, n. 281, e alla legge 10 ottobre 1990,
n. 287, contenuti nell'articolo 7, comma 1, del decreto legge 19 settembre
1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n.
438, e nell'articolo 2, comma 8, del decreto legge 11 luglio 1992, n. 333,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359.
2. Sono abrogate le disposizioni del capo I, titolo I, del decreto del
Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 , e successive modificazioni
ed integrazioni, ad eccezione delle disposizioni di cui agli articoli da 4 a
12, nonché 15, 19, 21 24 e 25, che, nei limiti di rispettiva applicazione,
continuano ad applicarsi al personale dirigenziale delle carriere previste
dall'articolo 15, comma 1, secondo periodo del presente decreto, l'articolo 2
della legge 8 marzo 1985, n. 72, il decreto del Presidente della Repubblica 5
dicembre 1987, n. 551, nonché le altre disposizioni del medesimo decreto n. 748
del 1972 incompatibili con quelle del presente decreto (1).
3. A far data dalla stipulazione del primo contratto collettivo, ai dipendenti
di cui all'articolo 2, comma 2, non si applicano gli articoli da 100 a 123 del
decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e le
disposizioni ad essi collegate. Dalla stessa data sono abrogati gli articoli 22
della legge 29 marzo 1983, n. 93, e 51, commi 9 e 10, della legge 8 giugno
1990, n. 142, nonché tutte le restanti disposizioni in materia di sanzioni
disciplinari per i pubblici impiegati incompatibili con le disposizioni del
presente decreto (2).
(1) Comma prima sostituito dall'art. 43 del D.Lgs. 31 marzo
1998, n. 80 e poi così modificato dall'art. 21 del D.Lgs. 29 ottobre 1998, n.
387.
(2) Così sostituito dall'art. 38 del D.Lgs. 23 dicembre 1993, n. 546.