Legge 30 dicembre 1971, n. 1204
"Tutela delle lavoratrici madri"
(Pubblicata nella Gazz. Uff. 18 gennaio 1972, n. 14)
Nota bene: testo aggiornato con le modifiche apportate dalla legge
8 marzo 2000, n. 53
Nota bene: la presente legge è stata abrogata dal Decreto
Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 "Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità,
a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53"
TITOLO I
Norme protettive
Articolo 1. Le disposizioni del presente titolo si applicano alle
lavoratrici, comprese le apprendiste, che prestano la loro opera alle
dipendenze di privati datori di lavoro, nonché alle dipendenti dalle
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, dalle regioni,
dalle province, dai comuni, dagli altri enti pubblici e dalle società
cooperative, anche se socie di queste ultime.
Alle lavoratrici a domicilio si applicano le norme del presente
titolo di cui agli articoli 2, 4, 6 e 9.
Alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari si
applicano le norme del presente titolo di cui agli articoli 4, 5, 6, 8 e 9.
Il diritto di astenersi dal lavoro di cui all'articolo 7, ed il
relativo trattamento economico, sono riconosciuti anche se l'altro genitore non
ne ha diritto. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 e al comma 2
dell'articolo 15 sono estese alle lavoratrici di cui alla legge 29 dicembre
1987, n. 546, madri di bambini nati a decorrere dal 1º gennaio 2000. Alle
predette lavoratrici i diritti previsti dal comma 1 dell'articolo 7 e dal comma
2 dell'articolo 15 spettano limitatamente ad un periodo di tre mesi, entro il
primo anno di vita del bambino.
Sono fatte salve, in ogni caso, le condizioni di maggior favore
stabilite da leggi, regolamenti, contratti, e da ogni altra disposizione.
Articolo 2. Le lavoratrici non possono essere licenziate
dall'inizio del periodo di gestazione fino al termine del periodo di
interdizione dal lavoro previsto dall'articolo 4 della presente legge, nonché
fino al compimento di un anno di età del bambino.
Il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato
oggettivo di gravidanza e puerperio, e la lavoratrice, licenziata nel corso del
periodo in cui opera il divieto, ha diritto di ottenere il ripristino del
rapporto di lavoro mediante presentazione, entro novanta giorni dal
licenziamento, di idonea certificazione dalla quale risulti l'esistenza,
all'epoca del licenziamento, delle condizioni che lo vietavano.
Il divieto di licenziamento non si applica nel caso:
a) di colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta
causa per la risoluzione del rapporto di lavoro;
b) di cessazione dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;
c) di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è
stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del
termine.
Le lavoratrici addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo
a disoccupazione stagionale, di cui alla tabella annessa al decreto
ministeriale 30 novembre 1964, e successive modificazioni, le quali siano
licenziate a norma della lettera b) del terzo comma del presente articolo,
hanno diritto, per tutto il periodo in cui opera il divieto di licenziamento,
alla ripresa dell'attività lavorativa stagionale e, sempreché non si trovino in
periodo di astensione obbligatoria dal lavoro, alla precedenza nelle
riassunzioni.
Durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la
lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa
l'attività dell'azienda o del reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto
stesso abbia autonomia funzionale.
Al termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto
dall'articolo 4 della presente legge le lavoratrici hanno diritto, salvo che
espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove
erano occupate all'inizio del periodo di gestazione o in altra ubicata nel
medesimo comune, e di permanervi fino al compimento di un anno di età del
bambino; hanno altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte
o a mansioni equivalenti
Articolo 3. È vietato adibire al trasporto e al sollevamento di
pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri le lavoratrici durante
il periodo di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto. In attesa della
pubblicazione del regolamento di esecuzione della presente legge, i lavori
pericolosi, faticosi ed insalubri restano determinati dalla tabella annessa al
decreto del Presidente della Repubblica 21 maggio 1953, n. 568.
Le lavoratrici saranno addette ad altre mansioni per il periodo
per il quale è previsto il divieto di cui al comma precedente.
Le lavoratrici saranno, altresì, spostate ad altre mansioni
durante la gestazione e fino a sette mesi dopo il parto nei casi in cui l'ispettorato
del lavoro accerti che le condizioni di lavoro o ambientali sono
pregiudizievoli alla salute della donna.
Le lavoratrici che vengano adibite a mansioni inferiori a quelle
abituali conservano la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente
svolte, nonché la qualifica originale. Si applicano le norme di cui
all'articolo 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora le lavoratrici
vengano adibite a mansioni equivalenti o superiori.
Articolo 4. È vietato adibire al lavoro le donne:
a) durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
b) ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo
intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
c) durante i tre mesi dopo il parto.
L'astensione obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi dalla
data presunta del parto quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in
relazione all'avanzato stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o
pregiudizievoli.
Tali lavori sono determinati con propri decreti dal Ministro per
il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali.
Qualora il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella
presunta, i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto
vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria dopo il parto. La
lavoratrice è tenuta a presentare, entro trenta giorni, il certificato
attestante la data del parto.
Articolo 4-bis. - 1. Ferma restando la durata complessiva
dell'astensione dal lavoro, le lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal
lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei quattro
mesi successivi al parto, a condizione che il medico specialista del Servizio
sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini
della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale
opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
Articolo 5. L'ispettorato del lavoro può disporre, sulla base di
accertamento medico, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di
gravidanza, fino al periodo di astensione di cui alla lettera a) del precedente
articolo, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata
dall'ispettorato stesso, per i seguenti motivi:
a) nel caso di gravi complicanze della gestazione o di
preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato
di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute
pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre
mansioni, secondo il disposto del precedente articolo 3.
Articolo 6. I periodi di astensione obbligatoria dal lavoro ai
sensi degli articoli 4 e 5 della presente legge devono essere computati nell'anzianità
di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima
mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.
Articolo 7. - 1. Nei primi otto anni di vita del bambino ciascun
genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal
presente articolo. Le astensioni dal lavoro dei genitori non possono
complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del
comma 2 del presente articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi
dal lavoro compete:
a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di astensione
obbligatoria di cui all'articolo 4, primo comma, lettera c), della presente
legge, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
b) al padre lavoratore, per un periodo continuativo o frazionato
non superiore a sei mesi;
c) qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o
frazionato non superiore a dieci mesi.
2. Qualora il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi
dal lavoro per un periodo non inferiore a tre mesi, il limite di cui alla
lettera b) del comma 1 è elevato a sette mesi e il limite complessivo delle
astensioni dal lavoro dei genitori di cui al medesimo comma è conseguentemente
elevato a undici mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del diritto di cui al comma 1, il
genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva impossibilità, a preavvisare il
datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti
collettivi, e comunque con un periodo di preavviso non inferiore a quindici
giorni.
4. Entrambi i genitori, alternativamente, hanno diritto, altresì,
di astenersi dal lavoro durante le malattie del bambino di età inferiore a otto
anni ovvero di età compresa fra tre e otto anni, in quest'ultimo caso nel
limite di cinque giorni lavorativi all'anno per ciascun genitore, dietro
presentazione di certificato rilasciato da un medico specialista del Servizio
sanitario nazionale o con esso convenzionato. La malattia del bambino che dia
luogo a ricovero ospedaliero interrompe il decorso del periodo di ferie in
godimento da parte del genitore.
5. I periodi di astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4 sono
computati nell'anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e
alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia. Ai fini della fruizione
del congedo di cui al comma 4, la lavoratrice ed il lavoratore sono tenuti a
presentare una dichiarazione rilasciata ai sensi dell'articolo 4 della legge 4
gennaio 1968, n. 15, attestante che l'altro genitore non sia in astensione dal
lavoro negli stessi giorni per il medesimo motivo.
Articolo 8. Le ferie e le assenze eventualmente spettanti alla
lavoratrice ad altro titolo non possono essere godute contemporaneamente ai
periodi di astensione obbligatoria dal lavoro di cui agli articoli 4 e 5,
nonché a quelli di assenza facoltativa di cui all'articolo 7 della presente
legge.
Articolo 9. Alle lavoratrici spetta l'assistenza di parto da parte
dell'istituto presso il quale sono assicurate per il trattamento di malattia,
anche quando sia stato interrotto il rapporto di lavoro, purché la gravidanza
abbia avuto inizio quando tale rapporto era ancora sussistente.
Alle lavoratrici spetta, altresì, l'assistenza ospedaliera anche
nei casi di parto normale nelle forme e con le modalità previste dalle norme
vigenti.
Le lavoratrici gestanti possono sottoporsi a visite sanitarie
periodiche gratuite a cura dell'istituto presso il quale sono assicurate.
Le norme di cui al presente articolo si applicano anche alle
familiari dei lavoratori aventi diritto all'assistenza sanitaria.
Articolo 10. Il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici
madri, durante il primo anno di vita del bambino, due periodi di riposo, anche
cumulabili durante la giornata. Il riposo è uno solo quando l'orario
giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.
I periodi di riposo di cui al precedente comma hanno la durata di
un'ora ciascuno e sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e
della retribuzione del lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire
dall'azienda.
I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno, e in tal caso non
comportano il diritto ad uscire dall'azienda, quando la lavoratrice voglia
usufruire della camera di allattamento o dell'asilo nido, istituiti dal datore
di lavoro nelle dipendenze dei locali di lavoro.
I riposi di cui ai precedenti commi sono indipendenti da quelli
previsti dagli articoli 18 e 19 della legge 26 aprile 1934, n. 653, sulla
tutela del lavoro delle donne.
Ai periodi di riposo di cui al presente articolo si applicano le
disposizioni in materia di contribuzione figurativa, nonché di riscatto ovvero
di versamento dei relativi contributi previsti dal comma 2, lettera b),
dell'articolo 15. In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono
raddoppiati e le ore aggiuntive rispetto a quelle previste dal primo comma del
presente articolo possono essere utilizzate anche dal padre.
Articolo 11. In sostituzione delle lavoratrici assenti dal lavoro,
in virtù delle disposizioni della presente legge, il datore di lavoro può
assumere personale con contratto a tempo determinato in conformità al disposto
dell'articolo 1, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla
disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato e con l'osservanza delle
norme della legge stessa.
Articolo 12. In caso di dimissioni volontarie presentate durante
il periodo per cui è previsto, a norma del precedente articolo 2, il divieto di
licenziamento, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste da disposizioni
di legge e contrattuali per il caso di licenziamento.
TITOLO II
Trattamento economico
Articolo 13. Le disposizioni del presente titolo si applicano alle
lavoratrici di cui all'articolo 1, comprese le lavoratrici a domicilio e le
addette ai servizi domestici e familiari, salvo quanto previsto dal successivo
comma.
Alle dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, dalle regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri
enti pubblici si applica il trattamento economico previsto dai relativi
ordinamenti salve le disposizioni di maggior favore risultanti dalla presente
legge.
Articolo 14. A decorrere dal primo giorno del mese successivo a
quello di entrata in vigore della presente legge, al fine di consentire nel periodo
immediatamente precedente e seguente il parto, l'astensione delle lavoratrici
mezzadre e colone dal lavoro dei campi e la buona coltivazione del fondo, il
mezzadro e il concedente, nei casi di provata necessità, sono tenuti a
concordare l'assunzione di una unità lavorativa, la cui spesa sarà ripartita a
meta tra mezzadro e concedente.
A partire dalla stessa data, alle lavoratrici mezzadre e colone
spetta, per tutto il periodo di astensione obbligatoria precedente e successivo
al parto previsto per le salariate e braccianti agricole, una indennità
giornaliera, che verrà erogata dall'INAM in misura pari all'80 per cento del
reddito medio giornaliero colonico. Tale reddito viene stabilito, in via
presuntiva, per ogni due anni, con decreto del Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali di categoria; per la
prima applicazione della presente legge tale reddito è fissato in lire 1.300
giornaliere.
Trova applicazione anche nei confronti delle colone e mezzadre la
norma di cui all'articolo 9 della presente legge.
Articolo 15. - 1. Le lavoratrici hanno diritto ad un'indennità
giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione per tutto il periodo di
astensione obbligatoria dal lavoro stabilita dagli articoli 4 e 5 della
presente legge. Tale indennità è comprensiva di ogni altra indennità spettante
per malattia.
2. Per i periodi di astensione facoltativa di cui all'articolo 7,
comma 1, ai lavoratori e alle lavoratrici è dovuta:
a) fino al terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30
per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori
di sei mesi; il relativo periodo, entro il limite predetto, è coperto da
contribuzione figurativa;
b) fuori dei casi di cui alla lettera a), fino al compimento
dell'ottavo anno di vita del bambino, e comunque per il restante periodo di
astensione facoltativa, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione,
nell'ipotesi in cui il reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5
volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione
generale obbligatoria; il periodo medesimo è coperto da contribuzione
figurativa, attribuendo come valore retributivo per tale periodo il 200 per
cento del valore massimo dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi di
riferimento, salva la facoltà di integrazione da parte dell'interessato, con
riscatto ai sensi dell'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, ovvero
con versamento dei relativi contributi secondo i criteri e le modalità della
prosecuzione volontaria.
3. Per i periodi di astensione per malattia del bambino di cui
all'articolo 7, comma 4, è dovuta:
a) fino al compimento del terzo anno di vita del bambino, la
contribuzione figurativa;
b) successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al
compimento dell'ottavo anno, la copertura contributiva calcolata con le
modalità previste dal comma 2, lettera b).
4. Il reddito individuale di cui al comma 2, lettera b), è
determinato secondo i criteri previsti in materia di limiti reddituali per
l'integrazione al minimo.
5. Le indennità di cui al presente articolo sono corrisposte con
gli stessi criteri previsti per l'erogazione delle prestazioni
dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie dall'ente assicuratore della
malattia presso il quale la lavoratrice o il lavoratore è assicurato e non sono
subordinate a particolari requisiti contributivi o di anzianità assicurativa.
Articolo 16. Agli effetti della determinazione della misura delle
indennità previste nell'articolo precedente, per retribuzione s'intende la
retribuzione media globale giornaliera percepita nel periodo di paga
quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel
corso del quale ha avuto inizio l'astensione obbligatoria dal lavoro per
maternità.
Al suddetto importo va aggiunto, eccezion fatta per l'indennità di
cui al secondo comma dell'articolo precedente, il rateo giornaliero relativo
alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità
eventualmente erogati alla lavoratrice.
Concorrono a formare la retribuzione gli stessi elementi che
vengono considerati agli effetti della determinazione delle prestazioni
dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie.
Nei confronti delle operaie dei settori non agricoli, per
retribuzione media globale giornaliera s'intende:
a) nei casi in cui, o per contratto di lavoro o per la
effettuazione di ore di lavoro straordinario, l'orario medio effettivamente
praticato superi le otto ore giornaliere, l'importo che si ottiene dividendo
l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in
considerazione per il numero dei giorni lavorati o comunque retribuiti;
b) nei casi in cui, o per esigenze organizzative contingenti dell'azienda
o per particolari ragioni di carattere personale della lavoratrice, l'orario
medio effettivamente praticato risulti inferiore a quello previsto dal
contratto di lavoro della categoria, l'importo che si ottiene dividendo
l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in
considerazione per il numero delle ore di lavoro effettuato e moltiplicando il
quoziente ottenuto per il numero delle ore giornaliere di lavoro previste dal
contratto stesso.
Nei casi in cui i contratti di lavoro prevedano, nell'ambito di
una settimana, un orario di lavoro identico per i primi cinque giorni della
settimana e un orario ridotto per il sesto giorno, l'orario giornaliero è
quello che si ottiene dividendo per sei il numero complessivo delle ore
settimanali contrattualmente stabilite;
c) in tutti gli altri casi, l'importo che si ottiene dividendo
l'ammontare complessivo degli emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in
considerazione per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti,
risultanti dal periodo stesso.
Nei confronti delle impiegate, per retribuzione media globale
giornaliera si intende l'importo che si ottiene dividendo per trenta l'importo
totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto
inizio l'astensione.
Articolo 17. L'indennità di cui al primo comma dell'art. 15 è
corrisposta anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti
dall'articolo 2, lettera b) e c), che si verifichino durante i periodi di
interdizione dal lavoro previsti dagli articoli 4 e 5 della presente legge.
Le lavoratrici gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di
astensione obbligatoria dal lavoro, sospese, assenti dal lavoro senza
retribuzione, ovvero, disoccupate, sono ammesse al godimento dell'indennità
giornaliera di maternità di cui al primo comma dell'articolo 15 purché tra
l'inizio della sospensione, dall'assenza o della disoccupazione e quello di
detto periodo non siano decorsi più di 60 giorni. Ai fini del computo dei
predetti 60 giorni, non si tiene conto delle assenze dovute a malattia o ad
infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle
relative assicurazioni sociali.
Qualora l'astensione obbligatoria dal lavoro abbia inizio
trascorsi sessanta giorni dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la
lavoratrice si trovi, all'inizio della astensione obbligatoria, disoccupata e
in godimento dell'indennità di disoccupazione, essa ha diritto all'indennità
giornali era di maternità anziché all'indennità ordinaria di disoccupazione.
La lavoratrice, che si trova nelle condizioni indicate nel
precedente comma ma che non è in godimento della indennità di disoccupazione
perché nell'ultimo biennio ha effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi
non soggette all'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione, ha
diritto all'indennità giornaliera di maternità, purché al momento
dell'astensione obbligatoria dal lavoro non siano trascorsi più di 180 giorni
dalla data di risoluzione del rapporto e, nell'ultimo biennio che precede il
suddetto periodo, risultino a suo favore ai fini dell'assicurazione di malattia
26 contributi settimanali.
La lavoratrice che, nel caso di astensione obbligatoria dal lavoro
iniziata dopo 60 giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi,
all'inizio dell'astensione obbligatoria, sospesa e in godimento del trattamento
di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni, ha
diritto, in luogo di tale trattamento, all'indennità giornaliera di maternità.
Articolo 18. Durante il periodo di assenza obbligatoria dal lavoro
di cui all'articolo 4 della presente legge, spetta alle lavoratrici a
domicilio, a carico dell'INAM, l'indennità giornaliera di cui al precedente
articolo 15 in misura pari all'80 per cento del salario medio contrattuale
giornaliero, vigente nella provincia per i lavoratori interni, aventi qualifica
operaia, della stessa industria.
Qualora, per l'assenza nella stessa provincia di industrie
similari che occupano lavoratori interni, non possa farsi riferimento al
salario contrattuale provinciale di cui al comma precedente, si farà
riferimento alla media dei salari contrattuali provinciali vigenti per la
stessa industria nella regione, e, qualora anche ciò non fosse possibile, si
farà riferimento alla media dei salari provinciali vigenti nella stessa
industria nel territorio nazionale.
Per i settori di lavoro, a domicilio per i quali non esistono
corrispondenti industrie che occupano lavoratori interni, con apposito decreto
del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni
sindacali interessate, si prenderà a riferimento il salario medio contrattuale
giornaliero vigente nella provincia per i lavoratori aventi qualifica operaia
dell'industria che presenta maggiori caratteri di affinità.
La corresponsione dell'indennità di cui al primo comma del
presente articolo è subordinata alla condizione che, all'inizio della
astensione obbligatoria, la lavoratrice riconsegni al committente tutte le
merci e il lavoro avuto in consegna, anche se non ultimato.
Articolo 19. Per le lavoratrici addette ai servizi domestici
familiari, l'indennità di maternità di cui all'articolo 15 ed il relativo
finanziamento sono regolati secondo le modalità e le norme stabilite dal
decreto delegato emanato ai sensi dell'articolo 35, lettera d), della legge 30
aprile 1969, n. 153.
Fino al momento in cui entreranno in vigore le norme del decreto
delegato indicato nel comma precedente, continuano ad applicarsi le
disposizioni del titolo III della legge 26 agosto 1950, n. 860, relative alle
lavoratrici domestiche.
Articolo 20. L'interruzione della gravidanza, spontanea o
terapeutica, esclusa quella procurata, è considerata a tutti gli effetti come
malattia, salvo quanto disposto dall'articolo 12 del D.P.R. 21 maggio 1953, n.
568.
Articolo 21. Per la copertura degli oneri derivanti dalle norme di
cui ai titoli primo e secondo della presente legge, di competenza degli enti
che gestiscono l'assicurazione contro le malattie, è dovuto dai datori di
lavoro agli enti predetti un contributo sulle retribuzioni di tutti i
lavoratori dipendenti nelle seguenti misure:
a) dello 0,53 per cento sulla retribuzione per il settore
dell'industria;
b) dello 0,31 per cento sulla retribuzione per il settore del
commercio;
c) dello 0,20 per cento sulla retribuzione per il settore del
credito, assicurazione e servizi tributari appaltati;
d) di lire 2,43 per ogni giornata di uomo e di lire 1,95 per ogni
giornata di donna o ragazzo per i salariati fissi; di lire 2,95 per ogni
giornata di uomo e di lire 2,32 per ogni giornata di donna o ragazzo per i
giornalieri di campagna e compartecipanti per il settore dell'agricoltura.
Il contributo è dovuto per ogni giornata di lavoro accertata ai
fini dei contributi unificati in agricoltura di cui al decreto-legge 28
novembre 1938, n. 2138, e successive modificazioni, ed è riscosso unitamente ai
contributi predetti.
A partire dal 1° gennaio 1973 è dovuto all'Istituto nazionale per
l'assicurazione contro le malattie un contributo annuo di lire 25.000 milioni
da parte della Cassa unica assegni familiari.
Per gli apprendisti è dovuto un contributo di lire 32 settimanali.
Per i lavoratori a domicilio tradizionali è dovuto un contributo
di lire 120 settimanali.
Per i giornalisti iscritti all'Istituto nazionale di previdenza
per i giornalisti italiani "Giovanni Amendola" è dovuto un contributo
pari allo 0,15 per cento della retribuzione.
Per i lavoratori iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed
assistenza per i lavoratori dello spettacolo è dovuto un contributo pari allo
0,53 per cento della retribuzione.
Per i lavoratori iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed
assistenza per gli impiegati dell'agricoltura è dovuto un contributo pari allo
0,50 per cento della retribuzione.
Per i lavoratori iscritti alle Casse di soccorso di cui al regio
decreto 8 gennaio 1931, numero 148, e successive modificazioni, è dovuto un
contributo pari allo 0,53 per cento della retribuzione. Tale contributo non è
dovuto per il personale addetto alle autolinee extraurbane in concessione
iscritto alle Casse di soccorso istituite per effetto della legge 22 settembre
1960, n. 1054,per le quali il contributo previsto a carico dei datori di lavoro
dall'articolo 2, n. 2), dei rispettivi statuti è comprensivo dell'onere derivante
dalla erogazione del trattamento economico per le lavoratrici madri.
Le eventuali eccedenze fra il gettito dei contributi e le
prestazioni erogate saranno devolute, nell'ambito di ciascun istituto, ente o
cassa, all'assicurazione obbligatoria contro le malattie.
Riguardo al versamento del contributo di cui al presente articolo,
alle trasgressioni degli obblighi relativi ed a quanto altro concerne il
contributo medesimo, si applicano le norme relative ai contributi per
l'assicurazione obbligatoria contro le malattie.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con quello per il
tesoro, la misura dei contributi stabiliti dalla presente legge può essere
modificata in relazione alle effettive esigenze delle relative gestioni.
Articolo 22. L'assicurazione di maternità per le lavoratrici a
domicilio tradizionali e per le addette ai servizi domestici familiari, gestita
dall'INPS, è trasferita con i relativi avanzi di gestione all'INAM.
TITOLO III
Corresponsione di un assegno di natalità alle coltivatrici
dirette, alle lavoratrici artigiane e alle lavoratrici esercenti attività
commerciale [abrogato]
Articolo 23. [Alle coltivatrici dirette, artigiane ed esercenti
attività commerciale di cui rispettivamente alle leggi 22 novembre 1954, n.
1136, 29 dicembre 1956, n. 1533, e 27 novembre 1960, n. 1397 (11), è
corrisposto, in caso di parto o di aborto spontaneo o terapeutico, un assegno,
una volta tanto, di lire 50.000]. [abrogato]
Articolo 24. [L'assegno di cui il precedente articolo è,
rispettivamente, corrisposto in un'unica soluzione dalle Casse mutue comunali
di malattia per i coltivatori diretti, dalle Casse mutue provinciali di
malattia per gli artigiani e dalle Casse mutue provinciali di malattia per gli
esercenti attività commerciali competenti per territorio, a seguito di apposita
domanda in carta libera da presentarsi, a cura dell'interessata, entro novanta
giorni successivi al parto o all'aborto. Alla domanda dovrà essere allegato, in
caso di parto, il certificato di nascita o il certificato di assistenza al
parto di cui al regio decreto-legge 15 ottobre 1936, n. 2128; in caso di aborto
un certificato medico attestante il mese di gravidanza alla data dell'aborto].
[abrogato]
Articolo 25. [Alla spesa derivante dall'applicazione dell'articolo
23 si provvede:
a) con un contributo annuo a carico dello Stato di lire 4.000
milioni;
b) con un contributo annuo:
di lire 250 a carico dei titolari di aziende diretto-coltivatrici,
per unità iscritta alle Casse mutue di malattia per i coltivatori diretti;
di lire 200 a carico dei titolari di imprese artigiane, per unità
iscritta alle Casse mutue di malattia per gli artigiani;
di lire 500, 1.000, 1.500, 2.000 e 2.500 a carico degli esercenti
attività commerciale, titolari di imprese, appartenenti rispettivamente alla
prima, seconda, terza quarta e quinta classe di reddito di cui all'articolo 38,
primo comma, lettera c), della legge 27 novembre 1960, n. 1397.
Il contributo dello Stato di cui al precedente comma è
corrisposto:
a) per lire 1.700 milioni alla Federazione nazionale delle Casse
mutue di malattia dei coltivatori diretti, che provvederà a ripartirlo tra le
Casse mutue comunali in proporzione agli oneri da ciascuna di esse sostenuti;
b) per lire 950 milioni alla Federazione nazionale delle Casse
mutue di malattia degli artigiani, che provvederà a ripartirlo tra le Casse
mutue provinciali in proporzione agli oneri da ciascuna di esse sostenuti;
c) per lire 1.350 milioni alla Federazione nazionale delle Casse
mutue di malattia per gli esercenti attività commerciale, che provvederà a
ripartirlo tra le casse mutue provinciali in proporzione degli oneri da
ciascuna di esse sostenuti]. [abrogato]
Articolo 26. [All'onere derivante allo Stato dall'applicazione del
precedente articolo 25 si provvede, per l'anno finanziario 1972, mediante
riduzione, per lire 2.000 milioni, del Fondo speciale iscritto al capitolo n.
3523 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'anno
medesimo.
Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri
decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio]. [abrogato]
Articolo 27. [Le disposizioni di cui al presente titolo si
applicano a tutti gli eventi verificatisi dal 1° luglio 1972]. [abrogato]
TITOLO IV
Disposizioni varie, vigilanza e penalità
Articolo 28. Prima dell'inizio dell'astensione obbligatoria dal
lavoro di cui all'articolo 4, lettera a), della presente legge le lavoratrici
di cui all'articolo 1 della presente legge dovranno consegnare al datore di
lavoro e all'istituto erogatore delle indennità giornaliere di maternità il
certificato medico indicante la data presunta del parto. La data indicata nel
certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di previsione.
Articolo 29. Tutti i documenti occorrenti per l'applicazione della
presente legge sono esenti da ogni imposta, tassa, diritto o spesa di qualsiasi
specie e natura.
Articolo 30. La vigilanza sulla presente legge è demandata al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale che la esercita attraverso
l'ispettorato del lavoro.
Al rilascio dei certificati medici di cui alla presente legge sono
abilitati gli ufficiali sanitari, i medici condotti, i medici dell'istituto
presso il quale la lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità,
salvo quanto previsto dai commi successivi.
Qualora i certificati siano redatti da medici diversi da quelli di
cui al precedente comma, il datore di lavoro o l'istituto presso il quale la
lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità hanno facoltà di
accettare i certificati stessi ovvero, di richiederne la regolarizzazione alla
lavoratrice interessata.
I medici dell'ispettorato del lavoro hanno facoltà di controllo.
Il certificato medico attestante la malattia del bambino, di cui
al secondo comma dell'articolo 7 della presente legge, può essere redatto da un
medico di libera scelta della lavoratrice.
L'astensione dal lavoro di cui all'articolo 5, lettera a), della
presente legge è disposta dall'ispettorato del lavoro in base ad accertamento
rnedico, per il quale l'ispettorato del lavoro ha facoltà di delegare gli
ufficiali sanitari o di avvalersi dei servizi ispettivi degli istituti
previdenziali competenti o di enti pubblici e di istituti specializzati di
diritto pubblico. In ogni caso il provvedimento dovrà essere emanato entro
sette giorni dalla ricezione dell'istanza della lavoratrice.
L'astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) dell'articolo
5 della presente legge è disposta dall'ispettorato del lavoro, oltreché su
istanza della lavoratrice, anche di propria iniziativa, qualora nel corso della
propria attività di vigilanza constati l'esistenza delle condizioni che danno
luogo all'astensione medesima.
Parimenti, lo spostamento delle lavoratrici ad altre mansioni, di
cui al terzo comma dell'articolo 3 della presente legge, è disposto
dall'ispettorato del lavoro sia di propria iniziativa, sia su istanza della
lavoratrice.
Fino all'emanazione del primo decreto ministeriale di cui
all'ultimo comma dell'articolo 4 della presente legge, l'anticipazione
dell'astensione obbligatoria dal lavoro di cui al secondo comma dell'articolo
sopracitato è disposta dall'ispettorato del lavoro.
I provvedimenti dell'ispettorato del lavoro in ordine a quanto
previsto dai commi sesto, settimo, ottavo e nono del presente articolo sono
definitivi.
Articolo 31. 1. L'inosservanza delle disposizioni contenute negli
articoli 3, primo, secondo e terzo comma, 4 e 5 è punita con l'arresto fino a
sei mesi.
2. L'inosservanza delle disposizioni contenute nell'articolo 2 è
punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire cinque
milioni.
3. L'inosservanza delle disposizioni contenute nell'articolo 10 e
il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti di assenza dal
lavoro di cui all'art. 7 della presente legge sono puniti con la sanzione
amministrativa da lire un milione a lire cinque milioni.
4. L'autorità competente a ricevere il rapporto per le violazioni
amministrative previste dal presente articolo e ad emettere l'ordinanza di
ingiunzione è l'ispettorato del lavoro.
Articolo 32. Con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, entro 90 giorni,
saranno emanate norme regolamentari per l'applicazione della presente legge.
Articolo 33. Sono abrogate le disposizioni della legge 26 agosto
1950, n. 860, sulla tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri e
successive modificazioni in contrasto con le norme della presente legge.
Articolo 34. Le disposizioni contenute negli articoli 11, 12 e 13
della legge 26 agosto 1950, n. 860, continuano ad applicarsi in via transitoria
ai datori di lavoro che, ai sensi della legge stessa, abbiano istituito camere
di allattamento o asili nido aziendali funzionanti alla data del 15 dicembre
1971.
L'ispettorato del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali
aziendali, può autorizzare la chiusura delle camere di allattamento e degli
asili nido aziendali di cui al precedente comma in relazione alle effettive
esigenze delle lavoratrici occupate nell'azienda ed all'attuazione del piano
quinquennale per l'istituzione di asili nido comunali con il concorso dello
Stato.
Articolo 35. La presente legge entra in vigore alla data della
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale salvo le diverse decorrenze fissate
dagli articoli precedenti e salvo quanto previsto dal successivo comma.
Alle lavoratrici che al momento dell'entrata in vigore della
presente legge sono assenti dal lavoro ai sensi dell'articolo 5, lettera a),
della legge 26 agosto 1950, n. 860, si continua ad applicare la norma citata
fino all'esaurimento del periodo di cui alla lettera stessa.