Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (1).
(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 28
settembre 2000, n. 227, S.O.
1. È approvato l'unito testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, composto di 275 articoli.
Testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali
(art. 31 legge 3 agosto 1999, n. 265)
Parte I
Ordinamento istituzionale
TITOLO I
Disposizioni generali
Articolo 1
Oggetto.
1. Il presente testo unico
contiene i princìpi e le disposizioni in materia di ordinamento degli enti
locali.
2. Le disposizioni del presente
testo unico non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province
autonome di Trento e di Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste
dagli statuti e dalle relative norme di attuazione.
3. La legislazione in materia di
ordinamento degli enti locali e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad
essi conferite enuncia espressamente i princìpi che costituiscono limite
inderogabile per la loro autonomia normativa. L'entrata in vigore di nuove
leggi che enunciano tali princìpi abroga le norme statutarie con essi
incompatibili. Gli enti locali adeguano gli statuti entro 120 giorni dalla data
di entrata in vigore delle leggi suddette.
4. Ai sensi dell'articolo 128
della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al
presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue
disposizioni.
Articolo 2
Àmbito di applicazione.
1. Ai fini del presente testo
unico si intendono per enti locali i comuni, le province, le città
metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni.
2. Le norme sugli enti locali
previste dal presente testo unico si applicano, altresì, salvo diverse
disposizioni, ai consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli
che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove
previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali.
Articolo 3
Autonomia dei comuni e delle
province.
1. Le comunità locali, ordinate in
comuni e province, sono autonome.
2. Il comune è l'ente locale che
rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo
sviluppo.
3. La provincia, ente locale
intermedio tra comune e Regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli
interessi, ne promuove e ne coordina lo sviluppo.
4. I comuni e le province hanno
autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché
autonomia impositiva e finanziaria nell'àmbito dei propri statuti e regolamenti
e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica.
5. I comuni e le province sono
titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e
della Regione, secondo il principio di sussidiarietà. I comuni e le province
svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere
adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro
formazioni sociali.
Articolo 4
Sistema regionale delle autonomie
locali.
1. Ai sensi dell'articolo 117,
primo e secondo comma, e dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione, le
regioni, ferme restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere
unitario nei rispettivi territori, organizzano l'esercizio delle funzioni
amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province.
2. Ai fini di cui al comma 1, le
leggi regionali si conformano ai princìpi stabiliti dal presente testo unico in
ordine alle funzioni del comune e della provincia, identificando nelle materie
e nei casi previsti dall'articolo 117 della Costituzione, gli interessi
comunali e provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del
territorio.
3. La generalità dei compiti e
delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni, alle province e alle comunità
montane, in base ai princìpi di cui all'articolo 4, comma 3, della L. 15 marzo
1997, n. 59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed
organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario
esercizio a livello regionale.
4. La legge regionale indica i
princìpi della cooperazione dei comuni e delle province tra loro e con la
Regione, al fine di realizzare un efficiente sistema delle autonomie locali al
servizio dello sviluppo economico, sociale e civile.
5. Le regioni, nell'àmbito della
propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e
concertazione, anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione
strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l'azione
coordinata fra regioni ed enti locali nell'àmbito delle rispettive competenze.
Articolo 5
Programmazione regionale e locale.
1. La Regione indica gli obiettivi
generali della programmazione economico-sociale e territoriale e su questi
ripartisce le risorse destinate al finanziamento del programma di investimenti
degli enti locali.
2. Comuni e province concorrono
alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato
e delle regioni e provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro specificazione
ed attuazione.
3. La legge regionale stabilisce
forme e modi della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e
programmi regionali e degli altri provvedimenti della Regione.
4. La legge regionale indica i
criteri e fissa le procedure per gli atti e gli strumenti della programmazione
socio-economica e della pianificazione territoriale dei comuni e delle province
rilevanti ai fini dell'attuazione dei programmi regionali.
5. La legge regionale disciplina,
altresì, con norme di carattere generale, modi e procedimenti per la verifica
della compatibilità fra gli strumenti di cui al comma 4 e i programmi
regionali, ove esistenti.
Articolo 6
Statuti comunali e provinciali.
1. I comuni e le province adottano
il proprio statuto.
2. Lo statuto, nell'àmbito dei
princìpi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali
dell'organizzazione dell'ente e, in particolare, specifica le attribuzioni
degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, i modi
di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio. Lo
statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia di organizzazione
dell'ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della
partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei cittadini alle
informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e
quanto ulteriormente previsto dal presente testo unico.
3. Gli statuti comunali e
provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità
tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere
la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del
comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi
dipendenti.
4. Gli statuti sono deliberati dai
rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri
assegnati. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, la votazione è
ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è
approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza
assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma si
applicano anche alle modifiche statutarie.
5. Dopo l'espletamento del
controllo da parte del competente organo regionale, lo statuto è pubblicato nel
bollettino ufficiale della Regione, affisso all'albo pretorio dell'ente per
trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero dell'interno per essere
inserito nella raccolta ufficiale degli statuti. Lo statuto entra in vigore
decorsi trenta giorni dalla sua affissione all'albo pretorio dell'ente.
6. L'ufficio del Ministero
dell'interno, istituito per la raccolta e la conservazione degli statuti
comunali e provinciali, cura anche adeguate forme di pubblicità degli statuti
stessi.
Articolo 7
Regolamenti.
1. Nel rispetto dei princìpi
fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano
regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per
l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di
partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per
l'esercizio delle funzioni.
Articolo 8
Partecipazione popolare.
1. I comuni, anche su base di
quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono
organismi di partecipazione popolare all'amministrazione locale. I rapporti di
tali forme associative sono disciplinati dallo statuto.
2. Nel procedimento relativo
all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono
essere previste forme di partecipazione degli interessati secondo le modalità
stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei princìpi stabiliti dalla legge 7
agosto 1990, n. 241.
3. Nello statuto devono essere
previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per
l'ammissione di istanze, petizioni e proposte di cittadini singoli o associati
dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi
e devono essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame.
Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di un adeguato
numero di cittadini.
5. Le consultazioni e i referendum
di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza
locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali
provinciali, comunali e circoscrizionali.
5. Lo statuto, ispirandosi ai
princìpi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203 e al decreto legislativo 25
luglio 1998, n. 286, promuove forme di partecipazione alla vita pubblica locale
dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.
Articolo 9
Azione popolare e delle
associazioni di protezione ambientale.
1. Ciascun elettore può far valere
in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia.
2. Il giudice ordina
l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune ovvero della
provincia.
In caso di soccombenza, le spese
sono a carico di chi ha promosso l'azione o il ricorso, salvo che l'ente
costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi promossi dall'elettore.
3. Le associazioni di protezione
ambientale di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono
proporre le azioni risarcitorie di competenza del giudice ordinario che
spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale.
L'eventuale risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese
processuali sono liquidate in favore o a carico dell'associazione.
Articolo 10
Diritto di accesso e di
informazione.
1. Tutti gli atti
dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di
quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una
temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della
provincia che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto previsto dal
regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla
riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese.
2. Il regolamento assicura ai
cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi
e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi;
individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i
responsabili dei procedimenti; detta le norme necessarie per assicurare ai
cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine
di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino;
assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni
di cui è in possesso l'amministrazione.
3. Al fine di rendere effettiva la
partecipazione dei cittadini all'attività dell'amministrazione, gli enti locali
assicurano l'accesso alle strutture ed ai servizi agli enti, alle
organizzazioni di volontariato e alle associazioni.
Articolo 11
Difensore civico.
1. Lo statuto comunale e quello
provinciale possono prevedere l'istituzione del difensore civico, con compiti
di garanzia dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica
amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria
iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi
dell'amministrazione nei confronti dei cittadini.
2. Lo statuto disciplina
l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi
rapporti con il consiglio comunale o provinciale.
3. Il difensore civico comunale e
quello provinciale svolgono altresì la funzione di controllo nell'ipotesi
prevista all'articolo 127.
Articolo 12
Sistemi informativi e statistici.
1. Gli enti locali esercitano i
compiti conoscitivi e informativi concernenti le loro funzioni in modo da
assicurare, anche tramite sistemi informativo-statistici automatizzati, la
circolazione delle conoscenze e delle informazioni fra le amministrazioni, per
consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio nazionale.
2. Gli enti locali, nello
svolgimento delle attività di rispettiva competenza e nella conseguente
verifica dei risultati, utilizzano sistemi informativo-statistici che operano
in collegamento con gli uffici di statistica in applicazione del decreto
legislativo 6 settembre 1989, n. 322. È in ogni caso assicurata l'integrazione
dei sistemi informativo-statistici settoriali con il sistema statistico
nazionale.
3. Le misure necessarie sono
adottate con le procedure e gli strumenti di cui agli articoli 6 e 9 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
TITOLO II
Soggetti
Capo I - Comune
Articolo 13
Funzioni.
1. Spettano al comune tutte le
funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio
comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla
comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo
economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti
dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
2. Il comune, per l'esercizio
delle funzioni in àmbiti territoriali adeguati, attua forme sia di
decentramento sia di cooperazione con altri comuni e con la provincia.
Articolo 14
Compiti del comune per servizi di
competenza statale.
1. Il comune gestisce i servizi
elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica.
2. Le relative funzioni sono
esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell'articolo 54.
3. Ulteriori funzioni
amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai
comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando
le risorse necessarie.
Articolo 15
Modifiche territoriali, fusione ed
istituzione di comuni.
1. A norma degli articoli 117 e
133 della Costituzione, le regioni possono modificare le circoscrizioni
territoriali dei comuni sentite le popolazioni interessate, nelle forme
previste dalla legge regionale.
Salvo i casi di fusione tra più
comuni, non possono essere istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore ai
10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri
comuni scendano sotto tale limite.
2. La legge regionale che
istituisce nuovi comuni, mediante fusione di due o più comuni contigui, prevede
che alle comunità di origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate
forme di partecipazione e di decentramento dei servizi.
3. Al fine di favorire la fusione
dei comuni, oltre ai contributi della Regione, lo Stato eroga, per i dieci anni
successivi alla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad
una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono.
4. La denominazione delle borgate
e frazioni è attribuita ai comuni ai sensi dell'articolo 118 della
Costituzione.
Articolo 16
Municipi.
1. Nei comuni istituiti mediante
fusione di due o più comuni contigui lo statuto comunale può prevedere
l'istituzione di municipi nei territori delle comunità di origine o di alcune
di esse.
2. Lo statuto e il regolamento
disciplinano l'organizzazione e le funzioni dei municipi, potendo prevedere
anche organi eletti a suffragio universale diretto. Si applicano agli
amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni
con pari popolazione.
Articolo 17
Circoscrizioni di decentramento
comunale.
1. I comuni con popolazione
superiore a 100.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le
circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di
consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle
funzioni delegate dal comune.
2. L'organizzazione e le funzioni
delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito
regolamento.
3. I comuni con popolazione tra i
30.000 ed i 100.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per
istituire le circoscrizioni di decentramento secondo quanto previsto dal comma
2.
4. Gli organi delle circoscrizioni
rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell'àmbito
dell'unità del comune e sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal
regolamento.
5. Nei comuni con popolazione
superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più
accentuate forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e
funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa
applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di
decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di
elezione, nomina o designazione.
Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri
assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni
esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi
della normativa statutaria.
Articolo 18
Titolo di città.
1. Il titolo di città può essere
concesso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro
dell'interno ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale
importanza.
Capo II - Provincia
Articolo 19
Funzioni.
1. Spettano alla provincia le
funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone
intercomunali o l'intero territorio provinciale nei seguenti settori:
a) difesa del suolo, tutela e
valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamità;
b) tutela e valorizzazione delle
risorse idriche ed energetiche;
c) valorizzazione dei beni
culturali;
d) viabilità e trasporti;
e) protezione della flora e della
fauna parchi e riserve naturali;
f) caccia e pesca nelle acque
interne;
g) organizzazione dello
smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e
controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;
h) servizi sanitari, di igiene e
profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;
i) compiti connessi alla
istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione
professionale, compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione
statale e regionale;
l) raccolta ed elaborazione dati,
assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
2. La provincia, in collaborazione
con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina
attività, nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel
settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale,
culturale e sportivo.
3. La gestione di tali attività ed
opere avviene attraverso le forme previste dal presente testo unico per la
gestione dei servizi pubblici locali.
Articolo 20
Compiti di programmazione.
1. La provincia:
a) raccoglie e coordina le
proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica,
territoriale ed ambientale della Regione;
b) concorre alla determinazione
del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali
secondo norme dettate dalla legge regionale;
c) formula e adotta, con
riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di
sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale
e promuove il coordinamento dell'attività programmatoria dei comuni.
2. La provincia, inoltre, ferme
restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei
programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di
coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e,
in particolare, indica:
a) le diverse destinazioni del
territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;
b) la localizzazione di massima
delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;
c) le linee di intervento per la
sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il
consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;
d) le aree nelle quali sia
opportuno istituire parchi o riserve naturali.
3. I programmi pluriennali e il
piano territoriale di coordinamento sono trasmessi alla Regione ai fini di
accertarne la conformità agli indirizzi regionali della programmazione
socio-economica e territoriale.
4. La legge regionale detta le
procedure di approvazione, nonché norme che assicurino il concorso dei comuni
alla formazione dei programmi pluriennali e dei piani territoriali di
coordinamento.
5. Ai fini del coordinamento e
dell'approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale predisposti
dai comuni, la provincia esercita le funzioni ad essa attribuite dalla Regione
ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la compatibilità di detti
strumenti con le previsioni del piano territoriale di coordinamento.
6. Gli enti e le amministrazioni
pubbliche, nell'esercizio delle rispettive competenze, si conformano ai piani
territoriali di coordinamento delle province e tengono conto dei loro programmi
pluriennali.
Articolo 21
Circondari e revisione delle
circoscrizioni provinciali.
1. La provincia, in relazione
all'ampiezza e peculiarità del territorio, alle esigenze della popolazione ed
alla funzionalità dei servizi, può disciplinare nello statuto la suddivisione
del proprio territorio in circondari e sulla base di essi organizzare gli
uffici, i servizi e la partecipazione dei cittadini.
2. Nel rispetto della disciplina
regionale, in materia di circondario, lo statuto della provincia può demandare
ad un apposito regolamento l'istituzione dell'assemblea dei sindaci del
circondario, con funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la
previsione della nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza
assoluta dall'assemblea dei sindaci e componente del consiglio comunale di uno
dei comuni appartenenti al circondario. Il presidente ha funzioni di
rappresentanza, promozione e coordinamento. Al presidente del circondario si
applicano le disposizioni relative allo status del presidente del consiglio di
comune con popolazione pari a quella ricompresa nel circondario.
3. Per la revisione delle
circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province i comuni
esercitano l'iniziativa di cui all'articolo 133 della Costituzione, tenendo
conto dei seguenti criteri ed indirizzi:
a) ciascun territorio provinciale
deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei
rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente;
b) ciascun territorio provinciale
deve avere dimensione tale, per ampiezza, entità demografica, nonché per le
attività produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione
dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e
culturale del territorio provinciale e regionale;
c) l'intero territorio di ogni
comune deve far parte di una sola provincia;
d) l'iniziativa dei comuni, di cui
all'articolo 133 della Costituzione, deve conseguire l'adesione della
maggioranza dei comuni dell'area interessata, che rappresentino, comunque, la
maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera
assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati;
e) di norma, la popolazione delle
province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore
a 200.000 abitanti;
f) l'istituzione di nuove province
non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle
amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici;
g) le province preesistenti
debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione
trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie
adeguati.
4. Ai sensi del secondo comma
dell'articolo 117 della Costituzione le regioni emanano norme intese a
promuovere e coordinare l'iniziativa dei comuni di cui alla lettera d) del
comma 3.
Capo III - Aree metropolitane
Articolo 22
Aree metropolitane.
1. Sono considerate aree
metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova,
Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti
abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle
attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle
relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.
2. Su conforme proposta degli enti
locali interessati la Regione procede entro centottanta giorni dalla proposta
stessa alla delimitazione territoriale dell'area metropolitana. Qualora la
Regione non provveda entro il termine indicato, il Governo, sentita la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, invita la Regione a provvedere entro un ulteriore termine,
scaduto il quale procede alla delimitazione dell'area metropolitana.
3. Restano ferme le città
metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a statuto
speciale.
Articolo 23
Città metropolitane.
1. Nelle aree metropolitane di cui
all'articolo 22, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da
contiguità territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine
all'attività economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle
relazioni sociali e culturali possono costituirsi in città metropolitane ad
ordinamento differenziato.
2. A tale fine, su iniziativa
degli enti locali interessati, il sindaco del comune capoluogo e il presidente
della provincia convocano l'assemblea dei rappresentanti degli enti locali
interessati. L'assemblea, su conforme deliberazione dei consigli comunali,
adotta una proposta di statuto della città metropolitana, che ne indichi il
territorio, l'organizzazione, l'articolazione interna e le funzioni.
3. La proposta di istituzione
della città metropolitana è sottoposta a referendum a cura di ciascun comune
partecipante, entro centottanta giorni dalla sua approvazione. Se la proposta
riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al voto
espressa nella metà più uno dei comuni partecipanti, essa è presentata dalla
Regione entro i successivi novanta giorni ad una delle due Camere per
l'approvazione con legge.
4. All'elezione degli organi della
città metropolitana si procede nel primo turno utile ai sensi delle leggi
vigenti in materia di elezioni degli enti locali.
5. La città metropolitana,
comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia; attua il
decentramento previsto dallo statuto, salvaguardando l'identità delle
originarie collettività locali.
6. Quando la città metropolitana
non coincide con il territorio di una provincia, si procede alla nuova
delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove
province, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 21, considerando
l'area della città come territorio di una nuova provincia.
Le regioni a statuto speciale
possono adeguare il proprio ordinamento ai princìpi contenuti nel presente
comma.
7. Le disposizioni del comma 6
possono essere applicate anche in materia di riordino, ad opera dello Stato,
delle circoscrizioni provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali
siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale.
Articolo 24
Esercizio coordinato di funzioni.
1. La Regione, previa intesa con
gli enti locali interessati, può definire àmbiti sovracomunali per l'esercizio
coordinato delle funzioni degli enti locali, attraverso forme associative e di
cooperazione, nelle seguenti materie:
a) pianificazione territoriale;
b) reti infrastrutturali e servizi
a rete;
c) piani di traffico
intercomunali;
d) tutela e valorizzazione
dell'ambiente e rilevamento dell'inquinamento atmosferico;
e) interventi di difesa del suolo
e di tutela idrogeologica;
f) raccolta, distribuzione e depurazione
delle acque;
g) smaltimento dei rifiuti;
h) grande distribuzione
commerciale;
i) attività culturali;
l) funzioni dei sindaci ai sensi
dell'articolo 50, comma 7.
2. Le disposizioni regionali
emanate ai sensi del comma 1 si applicano fino all'istituzione della città
metropolitana.
Articolo 25
Revisione delle circoscrizioni
comunali.
1. Istituita la città
metropolitana, la Regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può
procedere alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni compresi
nell'area metropolitana.
Articolo 26
Norma transitoria.
1. Sono fatte salve le leggi
regionali vigenti in materia di aree metropolitane.
2. La legge istitutiva della città
metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della Regione,
dei compiti e delle funzioni amministrative in base ai princìpi dell'articolo
4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le modalità per l'esercizio
dell'intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto
dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Capo IV - Comunità montane
Articolo 27
Natura e ruolo.
1. Le comunità montane sono unioni
di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani,
anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane
per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio
associato delle funzioni comunali.
2. La comunità montana ha un
organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o
consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con
quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I rappresentanti dei comuni
della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il
sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze.
3. La Regione individua,
concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4, gli àmbiti o le
zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, in modo da consentire
gli interventi per la valorizzazione della montagna e l'esercizio associato
delle funzioni comunali. La costituzione della
comunità montana avviene con
provvedimento del presidente della Giunta regionale.
4. La legge regionale disciplina
le comunità montane stabilendo in particolare:
a) le modalità di approvazione
dello statuto;
b) le procedure di concertazione;
c) la disciplina dei piani zonali
e dei programmi annuali;
d) i criteri di ripartizione tra
le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell'Unione
europea;
e) i rapporti con gli altri enti
operanti nel territorio.
5. La legge regionale può
escludere dalla comunità montana i comuni parzialmente montani nei quali la
popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento
della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di
provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti.
L'esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefìci e degli
interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi
statali e regionali.
La legge regionale può prevedere,
altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in
forma associata, l'inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore
a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e
socio-economico della comunità.
6. Al comune montano nato dalla
fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità
montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base
a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche
nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con
la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento
della comunità montana.
7. Ai fini della graduazione e
differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità
montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare
nell'àmbito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di
territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della
vegetazione, delle difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, della
fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio-economica.
8. Ove in luogo di una
preesistente comunità montana vengano costituite più comunità montane, ai nuovi
enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali attribuiti all'ente
originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall'articolo 36 del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni.
Articolo 28
Funzioni.
1. L'esercizio associato di
funzioni proprie dei comuni o a questi conferite dalla Regione spetta alle
comunità montane. Spetta, altresì, alle comunità montane l'esercizio di ogni
altra funzione ad esse conferita dai comuni, dalla provincia e dalla Regione.
2. Spettano alle comunità montane
le funzioni attribuite dalla legge e gli interventi speciali per la montagna
stabiliti dalla Unione europea o dalle leggi statali e regionali.
3. Le comunità montane adottano
piani pluriennali di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei a
perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, ivi compresi quelli
previsti dalla Unione europea, dallo Stato e dalla Regione, che possono
concorrere alla realizzazione dei programmi annuali
operativi di esecuzione del piano.
4. Le comunità montane, attraverso
le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla
formazione del piano territoriale di coordinamento.
5. Il piano pluriennale di
sviluppo socioeconomico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle comunità
montane ed approvati dalla provincia secondo le procedure previste dalla legge
regionale.
6. Gli interventi finanziari disposti
dalle comunità montane e da altri soggetti pubblici a favore della montagna
sono destinati esclusivamente ai territori classificati montani.
7. Alle comunità montane si
applicano le disposizioni dell'articolo 32, comma 5.
Articolo 29
Comunità isolane o di arcipelago.
1. In ciascuna isola o arcipelago
di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più comuni,
può essere istituita, dai comuni interessati, la comunità isolana o
dell'arcipelago, cui si estendono le norme sulle comunità montane.
Capo V - Forme associative
Articolo 30
Convenzioni.
1. Al fine di svolgere in modo
coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare
tra loro apposite convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire
i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro
rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo
determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera lo
Stato e la Regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere
forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un
disciplinare-tipo.
4. Le convenzioni di cui al
presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che
operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare
l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti
all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti
all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti
deleganti.
Articolo 31
Consorzi.
1. Gli enti locali per la gestione
associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono
costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di
cui all'articolo 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare
altri enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle
quali sono soggetti.
2. A tal fine i rispettivi
consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai
sensi dell'articolo 30, unitamente allo statuto del consorzio.
3. In particolare la convenzione
deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili
coerentemente a quanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell'articolo 50 e
dell'articolo 42, comma 2, lettera m), e prevedere la trasmissione, agli enti
aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo
statuto, in conformità alla
convenzione, deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni degli
organi consortili.
4. Salvo quanto previsto dalla
convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei
rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi dagli enti locali,
l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati
nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con
responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e
dallo statuto.
5. L'assemblea elegge il consiglio
di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.
6. Tra gli stessi enti locali non
può essere costituito più di un consorzio.
7. In caso di rilevante interesse
pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi
obbligatori per l'esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge
ne demanda l'attuazione alle leggi regionali.
8. Ai consorzi che gestiscono
attività aventi rilevanza economica e imprenditoriale e ai consorzi creati per
la gestione dei servizi sociali se previsto nello statuto, si applicano le
norme previste per le aziende
speciali.
Articolo 32
Unioni di comuni.
1. Le unioni di comuni sono enti
locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di
esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza.
2. L'atto costitutivo e lo statuto
dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le
procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto
individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e
individua altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.
3. Lo statuto deve comunque
prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati
e deve prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e
dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle
minoranze.
4. L'unione ha potestà
regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo
svolgimento delle funzioni ad essa affidate e per i rapporti anche finanziari
con i comuni.
5. Alle unioni di comuni si
applicano, in quanto compatibili, i princìpi previsti per l'ordinamento dei
comuni. Si applicano, in particolare, le norme in materia di composizione degli
organi dei comuni; il numero dei componenti degli organi non può comunque
eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione
complessiva dell'ente. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle
tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati.
Articolo 33
Esercizio associato di funzioni e
servizi da parte dei comuni.
1. Le regioni, nell'emanazione
delle leggi di conferimento delle funzioni ai comuni, attuano il trasferimento
delle funzioni nei confronti della generalità dei comuni.
2. Al fine di favorire l'esercizio
associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le
regioni individuano livelli ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli
nelle sedi concertative di cui all'articolo 4. Nell'àmbito della previsione
regionale, i comuni esercitano le funzioni in forma
associata, individuando
autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine temporale
indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui
sopra, la Regione esercita il potere sostitutivo nelle forme stabilite dalla
legge stessa.
3. Le regioni predispongono,
concordandolo con i comuni nelle apposite sedi concertative, un programma di
individuazione degli àmbiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni
e servizi, realizzato anche attraverso le unioni, che può prevedere altresì la
modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione di
contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il programma è aggiornato
ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni di comuni regolarmente
costituite.
4. Al fine di favorire il processo
di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle
strutture, le regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell'àmbito
del programma territoriale di cui al comma 3, le forme di incentivazione
dell'esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, con l'eventuale
previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a
quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni si attengono
ai seguenti princìpi fondamentali:
a) nella disciplina delle
incentivazioni:
1. favoriscono il massimo grado di
integrazione tra i comuni, graduando la corresponsione dei benefìci in
relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici indicatori
con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei
servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei
contributi nelle ipotesi di massima integrazione;
2. prevedono in ogni caso una
maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto
alle altre forme di gestione sovracomunale;
b) promuovono le unioni di comuni,
senza alcun vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori
benefìci da corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme
proposta dei consigli comunali interessati, di procedere alla fusione.
Articolo 34
Accordi di programma.
1. Per la definizione e
l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono,
per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni,
di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici,
o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o
il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza
primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di
intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su
richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il
coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il
finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.
2. L'accordo può prevedere altresì
procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali
inadempienze dei soggetti partecipanti.
3. Per verificare la possibilità
di concordare l'accordo di programma, il presidente della Regione o il
presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i
rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.
4. L'accordo, consistente nel
consenso unanime del presidente della Regione, del presidente della provincia,
dei sindaci e delle altre amministrazioni interessate, è approvato con atto
formale del presidente della Regione o del presidente della provincia o del
sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione. L'accordo,
qualora adottato con decreto del presidente della Regione, produce gli effetti
della intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni
degli strumenti urbanistici e sostituendo le
concessioni edilizie, sempre che
vi sia l'assenso del comune interessato.
5. Ove l'accordo comporti
variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve
essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di
decadenza.
6. Per l'approvazione di progetti
di opere pubbliche comprese nei programmi dell'amministrazione e per le quali
siano immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma
dei precedenti commi. L'approvazione dell'accordo di programma comporta la
dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime
opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto
inizio entro tre anni.
7. La vigilanza sull'esecuzione
dell'accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da
un collegio presieduto dal presidente della Regione o dal presidente della
provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali
interessati, nonché dal commissario del Governo
nella Regione o dal prefetto nella
provincia interessata se all'accordo partecipano amministrazioni statali o enti
pubblici nazionali.
8. Allorché l'intervento o il
programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la
conclusione dell'accordo di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio
dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il
collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un
rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è composto dai
rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all'accordo. La
Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le funzioni attribuite dal comma
7 al commissario del Governo ed al prefetto.
Articolo 35
Norma transitoria.
1. L'adozione delle leggi
regionali previste dall'articolo 33, comma 4, avviene entro il 21 febbraio
2001.
Trascorso inutilmente tale
termine, il Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite le regioni
inadempienti e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare la relativa disciplina
nel rispetto dei princìpi enunciati nel citato articolo del presente testo
unico. La disciplina adottata nell'esercizio dei poteri sostitutivi si applica
fino alla data di entrata in vigore della legge regionale.
TITOLO III
Organi
Capo I - Organi di governo del
comune e della provincia
Articolo 36
Organi di governo.
1. Sono organi di governo del
comune il consiglio, la Giunta, il sindaco.
2. Sono organi di governo della
provincia il consiglio, la Giunta, il Presidente.
Articolo 37
Composizione dei consigli.
1. Il consiglio comunale è
composto dal sindaco e:
a) da 60 membri nei comuni con
popolazione superiore ad un milione di abitanti;
b) da 50 membri nei comuni con
popolazione superiore a 500.000 abitanti;
c) da 46 membri nei comuni con
popolazione superiore a 250.000 abitanti;
d) da 40 membri nei comuni con
popolazione superiore a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione
inferiore, siano capoluoghi di provincia;
e) da 30 membri nei comuni con
popolazione superiore a 30.000 abitanti;
f) da 20 membri nei comuni con
popolazione superiore a 10.000 abitanti;
g) da 16 membri nei comuni con
popolazione superiore a 3.000 abitanti;
h) da 12 membri negli altri
comuni.
2. Il consiglio provinciale è
composto dal presidente della provincia e:
a) da 45 membri nelle province con
popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;
b) da 36 membri nelle province con
popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;
c) da 30 membri nelle province con
popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;
d) da 24 membri nelle altre
province.
3. Il presidente della provincia e
i consiglieri provinciali rappresentano l'intera provincia.
4. La popolazione è determinata in
base ai risultati dell'ultimo censimento ufficiale.
Articolo 38
Consigli comunali e provinciali.
1. L'elezione dei consigli
comunali e provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e
la loro posizione giuridica sono regolati dal presente testo unico.
2. Il funzionamento dei consigli,
nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal
regolamento, approvato a maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le
modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle
proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario
per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la
presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza
computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia.
3. I consigli sono dotati di
autonomia funzionale e organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le
province fissano le modalità per fornire ai consigli servizi, attrezzature e
risorse finanziarie. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e
nelle province possono essere previste strutture
apposite per il funzionamento dei
consigli. Con il regolamento di cui al comma 2 i consigli disciplinano la
gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per
quello dei gruppi consiliari regolarmente costituiti.
4. I consiglieri entrano in carica
all'atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena
adottata dal consiglio la relativa deliberazione.
5. I consigli durano in carica
sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di
indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili.
6. Quando lo statuto lo preveda,
il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio
proporzionale. Il regolamento determina i poteri delle commissioni e ne
disciplina l'organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori.
7. Le sedute del consiglio e delle
commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento.
8. Le dimissioni dalla carica di
consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere assunte
immediatamente al protocollo dell'ente nell'ordine temporale di presentazione.
Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e sono immediatamente
efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla
surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo
l'ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si
fa luogo alla surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere
allo scioglimento del consiglio a norma dell'articolo 141.
9. In occasione delle riunioni del
consiglio vengono esposte all'esterno degli edifici, ove si tengono, la
bandiera della Repubblica italiana e quella dell'Unione europea per il tempo in
cui questi esercita le rispettive funzioni e attività. Sono fatte salve le
ulteriori disposizioni emanate sulla base della legge 5 febbraio 1998, n. 22,
concernente disposizioni generali sull'uso della bandiera italiana ed europea.
Articolo 39
Presidenza dei consigli comunali e
provinciali.
1. I consigli provinciali e i consigli
comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti
da un presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al
presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di
convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando lo
statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di presidente del
consiglio sono esercitate dal consigliere anziano individuato secondo le
modalità di cui all'articolo 40. Nei comuni con popolazione sino a 15.000
abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio.
2. Il presidente del consiglio
comunale o provinciale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non
superiore ai venti giorni, quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il
sindaco o il presidente della provincia, inserendo all'ordine del giorno le
questioni richieste.
3. Nei comuni con popolazione
inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio è presieduto dal sindaco che provvede
anche alla convocazione del consiglio salvo differente previsione statutaria.
4. Il presidente del consiglio
comunale o provinciale assicura una adeguata e preventiva informazione ai
gruppi consiliari ed ai singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al
consiglio.
5. In caso di inosservanza degli
obblighi di convocazione del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto.
Articolo 40
Convocazione della prima seduta
del consiglio.
1. La prima seduta del consiglio
comunale e provinciale deve essere convocata entro il termine perentorio di
dieci giorni dalla proclamazione e deve tenersi entro il termine di dieci
giorni dalla convocazione.
2. Nei comuni con popolazione
superiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta, è convocata dal sindaco ed è
presieduta dal consigliere anziano fino alla elezione del presidente del
consiglio. La seduta prosegue poi sotto la presidenza del presidente del
consiglio per la comunicazione dei componenti della Giunta e per gli ulteriori
adempimenti. È consigliere anziano colui che ha ottenuto la maggior cifra
individuale ai sensi dell'articolo 73 con esclusione del sindaco neoeletto e
dei candidati alla carica di sindaco, proclamati consiglieri ai sensi del comma
11 del medesimo articolo 73.
3. Qualora il consigliere anziano
sia assente o rifiuti di presiedere l'assemblea, la presidenza è assunta dal
consigliere che, nella graduatoria di anzianità determinata secondo i criteri
di cui al comma 2, occupa il posto immediatamente successivo.
4. La prima seduta del consiglio
provinciale è presieduta e convocata dal presidente della provincia sino alla
elezione del presidente del consiglio.
5. Nei comuni con popolazione
inferiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta del consiglio è convocata e
presieduta dal sindaco sino all'elezione del presidente del consiglio.
6. Le disposizioni di cui ai commi
2, 3, 4, 5 si applicano salvo diversa previsione regolamentare nel quadro dei
princìpi stabiliti dallo statuto.
Articolo 41
Adempimenti della prima seduta.
1. Nella prima seduta il consiglio
comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto,
ancorché non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione
degli eletti a norma del capo II Titolo III e dichiarare la ineleggibilità di
essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la
procedura indicata dall'articolo 69.
2. Il consiglio comunale, nella
prima seduta, elegge tra i propri componenti la commissione elettorale comunale
ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della
Repubblica 20 marzo 1967, n. 223.
Articolo 42
Attribuzioni dei consigli.
1. Il consiglio è l'organo di
indirizzo e di controllo politico-amministrativo.
2. Il consiglio ha competenza
limitatamente ai seguenti atti fondamentali:
a) statuti dell'ente e delle
aziende speciali, regolamenti salva l'ipotesi di cui all'articolo 48, comma 3,
criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi;
b) programmi, relazioni
previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco
annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative
variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e
pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da
rendere per dette materie;
c) convenzioni tra i comuni e
quelle tra i comuni e provincia, costituzione e modificazione di forme
associative;
d) istituzione, compiti e norme
sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione;
e) assunzione diretta dei pubblici
servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei
pubblici servizi, partecipazione dell'ente locale a società di capitali,
affidamento di attività o servizi mediante convenzione;
f) istituzione e ordinamento dei
tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote;
disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi;
g) indirizzi da osservare da parte
delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a
vigilanza;
h) contrazione dei mutui non previsti
espressamente in atti fondamentali del consiglio comunale ed emissione dei
prestiti obbligazionari;
i) spese che impegnino i bilanci
per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili
ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere
continuativo;
l) acquisti e alienazioni
immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti
espressamente in atti fondamentali del consiglio o che non ne costituiscano
mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione
di funzioni e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri
funzionari;
m) definizione degli indirizzi per
la nomina e la designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende
ed istituzioni, nonché nomina dei rappresentanti del consiglio presso enti,
aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge.
3. Il consiglio, nei modi
disciplinati dallo statuto, partecipa altresì alla definizione, all'adeguamento
e alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte
del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori.
4. Le deliberazioni in ordine agli
argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via
d'urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo quelle attinenti
alle variazioni di bilancio adottate dalla Giunta da sottoporre a ratifica del
consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.
Articolo 43
Diritti dei consiglieri.
1. I consiglieri comunali e
provinciali hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla
deliberazione del consiglio. Hanno inoltre il diritto di chiedere la
convocazione del consiglio secondo le modalità dettate dall'articolo 39, comma
2, e di presentare interrogazioni e mozioni.
2. I consiglieri comunali e
provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune
e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le
notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio
mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla
legge.
3. Il sindaco o il presidente
della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni,
alle interrogazioni e ad ogni altra istanza di sindacato ispettivo presentata
dai consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle relative
risposte sono disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare.
4. Lo statuto stabilisce i casi di
decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure,
garantendo il diritto del consigliere a far valere le cause giustificative.
Articolo 44
Garanzia delle minoranze e
controllo consiliare.
1. Lo statuto prevede le forme di
garanzia e di partecipazione delle minoranze attribuendo alle opposizioni la
presidenza delle commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di
garanzia, ove costituite.
2. Il consiglio comunale o
provinciale, a maggioranza assoluta dei propri membri, può istituire al proprio
interno commissioni di indagine sull'attività dell'amministrazione. I poteri,
la composizione ed il funzionamento delle suddette commissioni sono
disciplinati dallo statuto e dal regolamento consiliare.
Articolo 45
Surrogazione e supplenza dei
consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali.
1. Nei consigli provinciali,
comunali e circoscrizionali il seggio che durante il quinquennio rimanga
vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato
che nella medesima lista segue immediatamente l'ultimo eletto.
2. Nel caso di sospensione di un
consigliere ai sensi dell'articolo 59, il consiglio, nella prima adunanza
successiva alla notifica del provvedimento di sospensione, procede alla
temporanea sostituzione affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni
di consigliere al candidato della stessa lista che ha
riportato, dopo gli eletti, il
maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la cessazione della
sospensione. Qualora sopravvenga la decadenza si fa luogo alla surrogazione a
norma del comma 1.
Articolo 46
Elezione del sindaco e del
presidente della provincia - Nomina della Giunta.
1. Il sindaco e il presidente
della provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto
secondo le disposizioni dettate dalla legge e sono membri dei rispettivi
consigli.
2. Il sindaco e il presidente
della provincia nominano i componenti della Giunta, tra cui un vicesindaco e un
vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta
successiva alla elezione.
3. Entro il termine fissato dallo
statuto, il sindaco o il presidente della provincia, sentita la Giunta,
presenta al consiglio le linee programmatiche relative alle azioni e ai
progetti da realizzare nel corso del mandato.
4. Il sindaco e il presidente
della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata
comunicazione al consiglio.
Articolo 47
Composizione delle giunte.
1. La Giunta comunale e la Giunta
provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della
provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli
statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente,
del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il
sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a sedici
unità.
2. Gli statuti, nel rispetto di
quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero
il numero massimo degli stessi.
3. Nei comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal
sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del
consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità,
eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.
4. Nei comuni con popolazione
inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di
cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di
candidabilità,
eleggibilità e compatibilità alla
carica di consigliere.
5. Fino all'adozione delle norme
statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da
un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:
a) non superiore a 4 nei comuni
con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con
popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei
comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi
di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12
nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non
superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di
abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000
di abitanti;
b) non superiore a 6 per le
province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province
a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui
sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono
assegnati 45 consiglieri.
Articolo 48
Competenze delle giunte.
1. La Giunta collabora con il
sindaco o con il presidente della provincia nel governo del comune o della
provincia ed opera attraverso deliberazioni collegiali.
2. La Giunta compie tutti gli atti
rientranti ai sensi dell'articolo 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi
di governo, che non siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano
nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del presidente
della provincia o degli organi di decentramento; collabora con il sindaco e con
il presidente della provincia nell'attuazione degli indirizzi generali del
consiglio; riferisce annualmente al consiglio sulla propria attività e svolge
attività propositive e di impulso nei confronti dello stesso.
3. È, altresì, di competenza della
Giunta l'adozione dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi,
nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio.
Articolo 49
Pareri dei responsabili dei
servizi.
1. Su ogni proposta di
deliberazione sottoposta alla Giunta ed al consiglio che non sia mero atto di
indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità
tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno
di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine
alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l'ente non
abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal Segretario dell'ente,
in relazione alle sue competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1
rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi.
Articolo 50
Competenze del sindaco e del
presidente della provincia.
1. Il sindaco e il presidente
della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e
della provincia.
2. Il sindaco e il presidente
della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono la Giunta, nonché
il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono
al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti.
3. Salvo quanto previsto
dall'articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi,
dallo statuto e dai regolamenti e sovrintendono altresì all'espletamento delle
funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia.
4. Il sindaco esercita altresì le
altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da
specifiche disposizioni di legge.
5. In particolare, in caso di
emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le
ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale
rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei
provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di
referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della
dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più àmbiti
territoriali regionali.
6. In caso di emergenza che
interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie
fino a quando non intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente
comma.
7. Il sindaco, altresì, coordina e
riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e
nell'àmbito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli
esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché,
d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni
interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici
localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi
con le esigenze complessive e generali degli utenti.
8. Sulla base degli indirizzi
stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono
alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e
della provincia presso enti, aziende ed istituzioni.
9. Tutte le nomine e le
designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni
dall'insediamento ovvero entro i termini di scadenza del precedente incarico.
In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti
sostitutivi ai sensi dell'articolo 136.
10. Il sindaco e il presidente
della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi,
attribuiscono e definiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di
collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli
articoli 109 e 110, nonché dai rispettivi statuti e regolamenti comunali e
provinciali
11. Il sindaco e il presidente
della provincia prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il
giuramento di osservare lealmente la Costituzione italiana.
12. Distintivo del sindaco è la
fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da
portarsi a tracolla. Distintivo del presidente della provincia è una fascia di
colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria
provincia, da portare a tracolla.
Articolo 51
Durata del mandato del sindaco,
del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei mandati.
1. Il sindaco e il consiglio
comunale, il presidente della provincia e il consiglio provinciale durano in
carica per un periodo di cinque anni.
2. Chi ha ricoperto per due
mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è,
allo scadere del secondo mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime
cariche.
3. È
consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha
avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno, per causa diversa
dalle dimissioni volontarie.
Articolo 52
Mozione di sfiducia.
1. Il voto del consiglio comunale
o del consiglio provinciale contrario ad una proposta del sindaco, del
presidente della provincia o delle rispettive giunte non comporta le dimissioni
degli stessi.
2. Il sindaco, il presidente della
provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione
di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta
dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e
sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a
tal fine il sindaco e il presidente della provincia, e viene messa in
discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua
presentazione.
Se la mozione viene approvata, si
procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai
sensi dell'articolo 141.
Articolo 53
Dimissioni, impedimento,
rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco o del presidente della
provincia.
1. In caso di impedimento
permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della
provincia, la Giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il
consiglio e la Giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo
consiglio e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette
elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte,
rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente.
2. Il vicesindaco ed il
vicepresidente sostituiscono il sindaco e il presidente della provincia in caso
di assenza o di impedimento temporaneo, nonché nel caso di sospensione
dall'esercizio della funzione ai sensi dell'articolo 59.
3. Le dimissioni presentate dal
sindaco o dal presidente della provincia diventano efficaci ed irrevocabili
trascorso il termine di 20 giorni dalla loro presentazione al consiglio. In tal
caso si procede allo scioglimento del rispettivo consiglio, con contestuale
nomina di un commissario.
4. Lo scioglimento del consiglio
comunale o provinciale determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del
presidente della provincia nonché delle rispettive giunte.
Articolo 54
Attribuzioni del sindaco nei
servizi di competenza statale.
1. Il sindaco, quale ufficiale del
Governo, sovraintende:
a) alla tenuta dei registri di
stato civile e di popolazione ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in
materia elettorale, di leva militare e di statistica;
b) alla emanazione degli atti che
gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e di
sicurezza pubblica;
c) allo svolgimento, in materia di
pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle funzioni affidategli dalla
legge;
d) alla vigilanza su tutto quanto
possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone il prefetto.
2. Il sindaco, quale ufficiale del
Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali
dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al fine di
prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei
cittadini; per l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove
occorra, l'assistenza della forza pubblica.
3. In casi di emergenza, connessi
con il traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a
causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità
dell'utenza, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali,
dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i
responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli
orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio,
adottando i provvedimenti di cui al comma 2.
4. Se l'ordinanza adottata ai
sensi del comma 2 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano
all'ordine impartito, il sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli
interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui fossero
incorsi.
5. Chi sostituisce il sindaco
esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.
6. Nell'àmbito dei servizi di cui
al presente articolo, il prefetto può disporre ispezioni per accertare il
regolare funzionamento dei servizi stessi nonché per l'acquisizione di dati e
notizie interessanti altri servizi di carattere generale.
7. Nelle materie previste dalle
lettere a), b), c) e d) del comma 1, nonché dall'articolo 14, il sindaco,
previa comunicazione al prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni ivi
indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti
gli organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega ad un
consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle
frazioni.
8. Ove il sindaco o chi ne
esercita le funzioni non adempia ai compiti di cui al presente articolo, il
prefetto può nominare un commissario per l'adempimento delle funzioni stesse.
9. Alle spese per il commissario
provvede l'ente interessato.
10. Ove il sindaco non adotti i
provvedimenti di cui al comma 2, il prefetto provvede con propria ordinanza.
Capo II - Incandidabilità,
ineleggibilità, incompatibilità
Articolo 55
Elettorato passivo.
1. Sono eleggibili a sindaco,
presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e
circoscrizionale gli elettori di un qualsiasi comune della Repubblica che
abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, nel primo giorno fissato per la
votazione.
2. Per l'eleggibilità alle
elezioni comunali dei cittadini dell'Unione europea residenti nella Repubblica
si applicano le disposizioni del decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197.
Articolo 56
Requisiti della candidatura.
1. Nessuno può presentarsi come
candidato a consigliere in più di due province o in più di due comuni o in più
di due circoscrizioni, quando le elezioni si svolgano nella stessa data. I
consiglieri provinciali, comunali o di circoscrizione in carica non possono
candidarsi, rispettivamente, alla medesima carica in altro consiglio
provinciale, comunale o circoscrizionale.
2. Nessuno può essere candidato
alla carica di sindaco o di presidente della provincia in più di un comune
ovvero di una provincia.
Articolo 57
Obbligo di opzione.
1. Il candidato che sia eletto
contemporaneamente consigliere in due province, in due comuni, in due
circoscrizioni, deve optare per una delle cariche entro cinque giorni
dall'ultima deliberazione di convalida. Nel caso di mancata opzione rimane
eletto nel consiglio della provincia, del comune o della circoscrizione in cui
ha riportato il maggior numero di voti in percentuale rispetto al numero dei
votanti ed è surrogato nell'altro consiglio.
Articolo 58
Cause ostative alla candidatura.
1. Non possono essere candidati
alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque
ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e
consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio
circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei
consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di
comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e
delle istituzioni di cui all'articolo 114, presidente e componente degli organi
delle comunità montane:
a) coloro che hanno riportato
condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice
penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di
sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico
approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui
all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico
di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione,
l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui
sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il
trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il
delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei
predetti reati;
b) coloro che hanno riportato
condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314 (peculato), 316
(peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno
dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319
(corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in
atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico
servizio) del codice penale;
c) coloro che sono stati
condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente
superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con
violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico
servizio diversi da quelli indicati nella lettera b);
d) coloro che sono stati
condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di
reclusione per delitto non colposo;
e) coloro nei cui confronti il
tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una misura di
prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di
cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito
dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646.
2. Per tutti gli effetti
disciplinati dal presente articolo e dall'articolo 59 la sentenza prevista
dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.
3. Le disposizioni previste dal
comma 1 si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale
l'elezione o la nomina è di competenza:
a) del consiglio provinciale,
comunale o circoscrizionale;
b) la Giunta provinciale o del
presidente, della Giunta comunale o del sindaco, di assessori provinciali o
comunali.
4. L'eventuale elezione o nomina
di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla.
L'organo che ha provveduto alla
nomina o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo
provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle condizioni
stesse.
5. Le disposizioni previste dai
commi precedenti non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con
sentenza passata in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di
prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai
sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3
agosto 1988, n. 327.
Articolo 59
Sospensione e decadenza di
diritto.
1. Sono sospesi di diritto dalle
cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58:
a) coloro che hanno riportato una
condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all'articolo 58, comma 1,
lettera a), o per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma,
316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale;
b) coloro che, con sentenza di
primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato,
dopo l'elezione o la nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni
di reclusione per un delitto non colposo;
c) coloro nei cui confronti
l'autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento non definitivo, una
misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una delle
associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come
sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. La
sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l'applicazione di
una delle misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di
procedura penale.
2. Nel periodo di sospensione i
soggetti sospesi, ove non sia possibile la sostituzione ovvero fino a quando
non sia convalidata la supplenza, non sono computati al fine della verifica del
numero legale, né per la determinazione di qualsivoglia quorum o maggioranza
qualificata.
3. La sospensione cessa di diritto
di produrre effetti decorsi diciotto mesi. La cessazione non opera, tuttavia,
se entro i termini di cui al precedente periodo l'impugnazione in punto di
responsabilità è rigettata anche con sentenza non definitiva. In quest'ultima
ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso il termine di dodici
mesi dalla sentenza di rigetto.
4. A cura della cancelleria del
tribunale o della segreteria del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari
che comportano la sospensione sono comunicati al prefetto, il quale, accertata
la sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il relativo
provvedimento agli organi che hanno convalidato l'elezione o deliberato la
nomina.
5. La sospensione cessa nel caso
in cui nei confronti dell'interessato venga meno l'efficacia della misura
coercitiva di cui al comma 1, ovvero venga emessa sentenza, anche se non
passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di
assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di
annullamento ancorché con rinvio. In tal caso la sentenza o il provvedimento di
revoca devono essere pubblicati nell'albo pretorio e comunicati alla prima
adunanza dell'organo che ha proceduto all'elezione, alla convalida
dell'elezione o alla nomina.
6. Chi ricopre una delle cariche
indicate al comma 1 dell'articolo 58 decade da essa di diritto dalla data del
passaggio in giudicato della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene
definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione.
7. Quando, in relazione a fatti o
attività comunque riguardanti gli enti di cui all'articolo 58, l'autorità
giudiziaria ha emesso provvedimenti che comportano la sospensione o la
decadenza dei pubblici ufficiali degli enti medesimi e vi è la necessità di
verificare che non ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei
servizi degli stessi enti, il prefetto può accedere presso gli enti interessati
per acquisire dati e documenti ed accertare notizie concernenti i servizi
stessi.
8. Copie dei provvedimenti di cui
al comma 7 sono trasmesse al Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2
comma 2-quater del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410 e successive modifiche ed
integrazioni.
Articolo 60
Ineleggibilità.
1. Non sono eleggibili a sindaco,
presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e
circoscrizionale:
1) il Capo della polizia, i vice
capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano
servizio presso il Ministero dell'interno, i dipendenti civili dello Stato che
svolgano le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori ed i capi
di gabinetto dei ministri;
2) nel territorio, nel quale
esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della
Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza;
3) nel territorio, nel quale
esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali
superiori delle Forze armate dello Stato;
4) nel territorio, nel quale
esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno
giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci;
5) i titolari di organi
individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di
controllo
istituzionale sull'amministrazione
del comune o della provincia nonché i dipendenti che dirigono o
coordinano i rispettivi uffici;
6) nel territorio, nel quale
esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai
tribunali, ai tribunali amministrativi regionali, nonché i giudici di pace;
7) i dipendenti del comune e della
provincia per i rispettivi consigli;
8) il direttore generale, il
direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie
locali ed ospedaliere;
9) i legali rappresentanti ed i
dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui
territorio coincide con il territorio dell'azienda sanitaria locale o
ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che
concorrono a costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono
convenzionate;
10) i legali rappresentanti ed i
dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario rispettivamente
del comune o della provincia;
11) gli amministratori ed i
dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o
coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente
rispettivamente dal comune o dalla provincia;
12) i sindaci, presidenti di
provincia, consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica,
rispettivamente in altro comune, provincia o circoscrizione.
2. Le cause di ineleggibilità di
cui al numero 8) non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate
almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata
degli organi ivi indicati. In caso di scioglimento anticipato delle rispettive
assemblee elettive, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni
esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del
provvedimento di scioglimento. Il direttore generale, il direttore
amministrativo ed il direttore sanitario, in ogni caso, non sono eleggibili nei
collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio
dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera presso la quale abbiano esercitato
le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di
accettazione della candidatura. I predetti, ove si siano candidati e non siano
stati eletti, non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro
funzioni in aziende sanitarie locali e ospedaliere comprese, in tutto o in
parte, nel collegio elettorale nel cui àmbito si sono svolte le elezioni.
3. Le cause di ineleggibilità
previste nei numeri 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno
effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento,
revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita
non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature.
4. Le strutture convenzionate, di
cui al numero 9) del comma 1, sono quelle indicate negli articoli 43 e 44 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833.
5. La pubblica amministrazione è
tenuta ad adottare i provvedimenti di cui al comma 3 entro cinque giorni dalla
richiesta. Ove l'amministrazione non provveda, la domanda di dimissioni o
aspettativa accompagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni ha effetto
dal quinto giorno successivo alla presentazione.
6. La cessazione delle funzioni
importa la effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito.
7. L'aspettativa è concessa anche
in deroga ai rispettivi ordinamenti per tutta la durata del mandato, ai sensi
dell'articolo 81.
8. Non possono essere collocati in
aspettativa i dipendenti assunti a tempo determinato.
9. Le cause di ineleggibilità
previste dal numero 9) del comma 1 non si applicano per la carica di
consigliere provinciale.
Articolo 61
Ineleggibilità a sindaco e
presidente della provincia.
1. Non può essere eletto alla
carica di sindaco o di presidente della provincia:
1) il ministro di un culto;
2) coloro che hanno ascendenti o
discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle
rispettive amministrazioni il posto di segretario comunale o provinciale, di
appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque modo
loro fideiussore.
Articolo 62
Decadenza dalla carica di sindaco
e di presidente della provincia.
1. Fermo restando quanto previsto
dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.
361, e dall'articolo 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533,
l'accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta, in ogni caso,
per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i
presidenti delle province la decadenza dalle cariche elettive ricoperte.
Articolo 63
Incompatibilità.
1. Non può ricoprire la carica di
sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o
circoscrizionale:
1) l'amministratore o il
dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o
azienda soggetti a vigilanza rispettivamente da parte del comune o della
provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in
tutto o in parte facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il
dieci per cento del totale delle entrate dell'ente;
2) colui che, come titolare,
amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha
parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti,
somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della provincia, ovvero
in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti
in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una
legge dello Stato o della Regione;
3) il consulente legale,
amministrativo e tecnico che presta opera in modo continuativo in favore delle
imprese di cui ai numeri 1) e 2) del presente comma;
4) colui che ha lite pendente, in
quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con
il comune o la provincia. La pendenza di una lite in materia tributaria non
determina incompatibilità. Qualora il contribuente venga eletto amministratore
comunale, competente a decidere sul suo ricorso è la commissione del comune
capoluogo di circondario sede di tribunale ovvero sezione staccata di
tribunale. Qualora il ricorso sia proposto contro tale comune, competente a
decidere è la commissione del comune capoluogo di provincia. Qualora il ricorso
sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere è, in ogni caso,
la commissione del comune capoluogo di Regione. Qualora il ricorso sia proposto
contro quest'ultimo comune, competente a decidere è la commissione del
capoluogo di provincia territorialmente più vicino;
5) colui che, per fatti compiuti
allorché era amministratore o impiegato, rispettivamente, del comune o della
provincia ovvero di istituto o azienda da esso dipendente o vigilato, è stato,
con sentenza passata in giudicato, dichiarato responsabile verso l'ente,
istituto od azienda e non ha ancora estinto il debito;
6) colui che, avendo un debito
liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero
verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora
ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei
riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso di cui
all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 602;
7) colui che, nel corso del
mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nei
precedenti articoli.
2. L'ipotesi di cui al numero 2)
del comma 1 non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi
di cooperative, iscritte regolarmente nei registri pubblici.
3. L'ipotesi di cui al numero 4)
del comma 1 non si applica agli amministratori per fatto connesso con
l'esercizio del mandato.
Articolo 64
Incompatibilità tra consigliere
comunale e provinciale e assessore nella rispettiva Giunta.
1. La carica di assessore è incompatibile
con la carica di consigliere comunale e provinciale.
2. Qualora un consigliere comunale
o provinciale assuma la carica di assessore nella rispettiva Giunta, cessa
dalla carica di consigliere all'atto dell'accettazione della nomina, ed al suo
posto subentra il primo dei non eletti.
3. Le disposizioni di cui ai commi
1 e 2 non si applicano ai comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti.
4. Non possono far parte della
Giunta il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti ed affini fino la
terzo grado, rispettivamente, del sindaco e del presidente della provincia. Gli
stessi non possono essere nominati rappresentanti del comune e della provincia.
Articolo 65
Incompatibilità per consigliere
regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale.
1. Il presidente e gli assessori
provinciali, nonché il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel
territorio della Regione, sono incompatibili con la carica di consigliere
regionale.
2. Le cariche di consigliere
provinciale, comunale e circoscrizionale sono, altresì, incompatibili,
rispettivamente, con quelle di consigliere provinciale di altra provincia, di
consigliere comunale di altro comune, di consigliere circoscrizionale di altra
circoscrizione.
3. La carica di consigliere
comunale è incompatibile con quella di consigliere di una circoscrizione del
comune.
Articolo 66
Incompatibilità per gli organi
delle aziende sanitarie locali e ospedaliere.
1. La carica di direttore
generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende sanitarie
locali e ospedaliere è incompatibile con quella di consigliere provinciale, di
sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore della comunità
montana.
Articolo 67
Esimente alle cause di
ineleggibilità o incompatibilità.
1. Non costituiscono cause di
ineleggibilità o di incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite ad
amministratori del comune, della provincia e della circoscrizione previsti da
norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo.
Articolo 68
Perdita delle condizioni di
eleggibilità e incompatibilità.
1. La perdita delle condizioni di
eleggibilità previste dal presente capo importa la decadenza dalla carica di
sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o
circoscrizionale.
2. Le cause di incompatibilità,
sia che esistano al momento della elezione sia che sopravvengano ad essa,
importano la decadenza dalle predette cariche.
3. Ai fini della rimozione delle
cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni, ovvero delle cause di
incompatibilità sono applicabili le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 5, 6 e 7
dell'articolo 60.
4. La cessazione dalle funzioni
deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi
la causa di ineleggibilità o di incompatibilità.
Articolo 69
Contestazione delle cause di
ineleggibilità ed incompatibilità.
1. Quando successivamente alla
elezione si verifichi qualcuna delle condizioni previste dal presente capo come
causa di ineleggibilità ovvero esista al momento della elezione o si verifichi
successivamente qualcuna delle condizioni di incompatibilità previste dal
presente capo il consiglio di cui l'interessato fa parte gliela contesta.
2. L'amministratore locale ha
dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare le cause di
ineleggibilità sopravvenute o di incompatibilità.
3. Nel caso in cui venga proposta
azione di accertamento in sede giurisdizionale ai sensi del successivo articolo
70, il temine di dieci giorni previsto dal comma 2 decorre dalla data di
notificazione del ricorso.
4. Entro i 10 giorni successivi
alla scadenza del termine di cui al comma 2 il consiglio delibera
definitivamente e, ove ritenga sussistente la causa di ineleggibilità o di
incompatibilità, invita l'amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se del
caso, la opzione per la carica che intende conservare.
5. Qualora l'amministratore non vi
provveda entro i successivi 10 giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Contro
la deliberazione adottata è ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale
competente per territorio.
6. La deliberazione deve essere,
nel giorno successivo, depositata nella segreteria del consiglio e notificata,
entro i cinque giorni successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto.
7. Le deliberazioni di cui al
presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.
Articolo 70
Azione popolare.
1. La decadenza dalla carica di
sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o
circoscrizionale può essere promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino
elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia interesse davanti al
tribunale civile, con ricorso da notificare all'amministratore ovvero agli
amministratori interessati, nonché al sindaco o al presidente della provincia.
2. L'azione può essere promossa
anche dal prefetto.
3. Per tali giudizi si osservano
le norme di procedura ed i termini stabiliti dall'articolo 82 del decreto del
Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
4. Contro la sentenza del Tribunale,
sono ammesse le impugnazioni ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e 82/3
del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
Capo III - Sistema elettorale
Articolo 71
Elezione del sindaco e del
consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti.
1. Nei comuni con popolazione sino
a 15.000 abitanti, l'elezione dei consiglieri comunali si effettua con sistema
maggioritario contestualmente alla elezione del sindaco.
2. Con la lista di candidati al
consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato
alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo
pretorio.
3. Ciascuna candidatura alla
carica di sindaco è collegata ad una lista di candidati alla carica di
consigliere comunale, comprendente un numero di candidati non superiore al
numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti.
4. Nella scheda è indicato, a
fianco del contrassegno, il candidato alla carica di sindaco.
5. Ciascun elettore ha diritto di
votare per un candidato alla carica di sindaco, segnando il relativo
contrassegno. Può altresì esprimere un voto di preferenza per un candidato alla
carica di consigliere comunale compreso nella lista collegata al candidato alla
carica di sindaco prescelto, scrivendone il cognome nella apposita riga
stampata sotto il medesimo contrassegno.
6. È proclamato eletto sindaco il
candidato alla carica che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità
di voti si procede ad un turno di ballottaggio fra i due candidati che hanno
ottenuto il maggior numero di voti, da effettuarsi la seconda domenica
successiva. In caso di ulteriore parità viene eletto il più anziano di età.
7. A ciascuna lista di candidati
alla carica di consigliere si intendono attribuiti tanti voti quanti sono i
voti conseguiti dal candidato alla carica di sindaco ad essa collegato.
8. Alla lista collegata al
candidato alla carica di sindaco che ha riportato il maggior numero di voti
sono attribuiti due terzi dei seggi assegnati al consiglio, con arrotondamento
all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da assegnare alla lista
contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi.
I restanti seggi sono ripartiti
proporzionalmente fra le altre liste. A tal fine si divide la cifra elettorale
di ciascuna lista successivamente per 1, 2, 3, 4,... sino a concorrenza del
numero dei seggi da assegnare e quindi si scelgono, tra i quozienti così
ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei seggi da assegnare,
disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista ottiene tanti seggi
quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A
parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla
lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest'ultima,
per sorteggio.
9. Nell'àmbito di ogni lista i
candidati sono proclamati eletti consiglieri comunali secondo l'ordine delle
rispettive cifre individuali, costituite dalla cifra di lista aumentata dei
voti di preferenza. A parità di cifra, sono proclamati eletti i candidati che
precedono nell'ordine di lista. Il primo seggio spettante a ciascuna lista di
minoranza è attribuito al candidato alla carica di sindaco della lista
medesima.
10. Ove sia stata ammessa e votata
una sola lista, sono eletti tutti i candidati compresi nella lista, ed il
candidato a sindaco collegato, purché essa abbia riportato un numero di voti
validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non
sia stato inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste
elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali, la
elezione è nulla.
11. In caso di decesso di un
candidato alla carica di sindaco, intervenuto dopo la presentazione delle
candidature e prima del giorno fissato per le elezioni, si procede al rinvio
delle elezioni con le modalità stabilite dall'articolo 18, terzo, quarto e
quinto comma del decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n.
570, consentendo, in ogni caso, l'integrale rinnovo del procedimento di
presentazione di tutte le liste e candidature a sindaco e a consigliere
comunale.
Articolo 72
Elezione del sindaco nei comuni
con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
1. Nei comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti, il sindaco è eletto a suffragio universale e
diretto, contestualmente all'elezione del consiglio comunale.
2. Ciascun candidato alla carica
di sindaco deve dichiarare all'atto della presentazione della candidatura il
collegamento con una o più liste presentate per l'elezione del consiglio
comunale. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga
dichiarazione resa dai delegati delle liste interessate.
3. La scheda per l'elezione del
sindaco è quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio. La scheda reca
i nomi e i cognomi dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro un
apposito rettangolo, al cui fianco sono riportati i contrassegni della lista o
delle liste con cui il candidato è collegato. Ciascun elettore può, con un
unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e per una delle
liste ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali
liste. Ciascun elettore può altresì votare per un candidato alla carica di
sindaco, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul
relativo rettangolo.
4. È proclamato eletto sindaco il
candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
5. Qualora nessun candidato
ottenga la maggioranza di cui al comma 4, si procede ad un secondo turno elettorale
che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al
secondo turno i due candidati alla carica di sindaco che hanno ottenuto al
primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti tra i
candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato collegato
con la lista o il gruppo di liste
per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra
elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, partecipa al ballottaggio
il candidato più anziano di età.
6. In caso di impedimento
permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio ai sensi del
comma 5, secondo periodo, partecipa al ballottaggio il candidato che segue
nella graduatoria.
Detto ballottaggio ha luogo la
domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi dell'evento.
7. Per i candidati ammessi al
ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste per l'elezione del
consiglio dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno
tuttavia facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il
collegamento con ulteriori liste rispetto a quelle con cui è stato effettuato
il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni di collegamento hanno
efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese dai delegati
delle liste interessate.
8. La scheda per il ballottaggio
comprende il nome e il cognome dei candidati alla carica di sindaco, scritti
entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli delle
liste collegate. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il
quale è scritto il nome del candidato prescelto.
9. Dopo il secondo turno è
proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di
voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto sindaco il
candidato collegato, ai sensi del comma 7, con la lista o il gruppo di liste
per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra
elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto sindaco
il candidato più anziano d'età.
Articolo 73
Elezione del consiglio comunale
nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
1. Le liste per l'elezione del
consiglio comunale devono comprendere un numero di candidati non superiore al
numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai due terzi, con
arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da
comprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi.
2. Con la lista di candidati al
consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato
alla carica di sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo
pretorio. Più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di
sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma
amministrativo e si considerano fra di loro collegate.
3. Il voto alla lista viene
espresso, ai sensi del comma 3 dell'art. 72, tracciando un segno sul
contrassegno della lista prescelta. Ciascun elettore può esprimere inoltre un
voto di preferenza per un candidato della lista da lui votata, scrivendone il
cognome sull'apposita riga posta a fianco del contrassegno.
4. L'attribuzione dei seggi alle
liste è effettuata successivamente alla proclamazione dell'elezione del sindaco
al termine del primo o del secondo turno.
5. La cifra elettorale di una
lista è costituita dalla somma dei voti validi riportati dalla lista stessa in
tutte le sezioni del comune.
6. La cifra individuale di ciascun
candidato a consigliere comunale è costituita dalla cifra di lista aumentata
dei voti di preferenza.
7. Non sono ammesse
all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al primo turno
meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di
liste che abbia superato tale soglia.
8. Salvo quanto disposto dal comma
10, per l'assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun
gruppo di liste collegate, nel turno di elezione del sindaco, con i rispettivi
candidati alla carica di sindaco si divide la cifra elettorale di ciascuna
lista o gruppo di liste collegate successivamente per 1, 2, 3, 4,... sino a
concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere e quindi si scelgono, fra i
quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri
da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. Ciascuna lista o
gruppo di liste avrà tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad essa
appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre
intere e decimali, il posto è attribuito alla lista o gruppo di liste che ha
ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per
sorteggio. Se ad una lista spettano più posti di quanti sono i suoi candidati,
i posti eccedenti sono distribuiti, fra le altre liste, secondo l'ordine dei
quozienti.
9. Nell'àmbito di ciascun gruppo
di liste collegate la cifra elettorale di ciascuna di esse, corrispondente ai
voti riportati nel primo turno, è divisa per 1, 2, 3, 4, .....sino a
concorrenza del numero dei seggi spettanti al gruppo di liste. Si determinano
in tal modo i quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad
ogni lista.
10. Qualora un candidato alla
carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo
di liste a lui collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8,
almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40
per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché
nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia superato il 50 per
cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia
proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso
collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per
cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi,
semprechè nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno
abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I
restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate
ai sensi del comma 8.
11. Una volta determinato il
numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste collegate, sono
in primo luogo proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla
carica di sindaco, non risultati eletti, collegati a ciascuna lista che abbia
ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di più liste al medesimo
candidato alla carica di sindaco risultato non eletto, il seggio spettante a
quest'ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di
liste collegate.
12. Compiute le operazioni di cui
al comma 11 sono proclamati eletti consiglieri comunali i candidati di ciascuna
lista secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali. In caso di parità di
cifra individuale, sono proclamati eletti i candidati che precedono nell'ordine
di lista.
Articolo 74
Elezione del presidente della
provincia.
1. Il presidente della provincia è
eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente alla elezione del
consiglio provinciale. La circoscrizione per l'elezione del presidente della
provincia coincide con il territorio provinciale.
2. Oltre a quanto previsto
dall'art. 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, il
deposito, l'affissione presso l'albo pretorio della provincia e la
presentazione delle candidature alla carica di consigliere provinciale e di
presidente della provincia sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art.
3, commi 3 e 4, della legge 25 marzo 1993, n. 81, in quanto compatibili.
3. All'atto di presentare la
propria candidatura ciascun candidato alla carica di presidente della provincia
deve dichiarare di collegarsi ad almeno uno dei gruppi di candidati per
l'elezione del consiglio provinciale. La dichiarazione di collegamento ha
efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei
gruppi interessati.
4. La scheda per l'elezione del
presidente della provincia è quella stessa utilizzata per l'elezione del
consiglio e reca, alla destra del nome e cognome di ciascun candidato alla
carica di presidente della provincia, il contrassegno o i contrassegni del
gruppo o dei gruppi di candidati al consiglio cui il candidato ha dichiarato di
collegarsi. Alla destra di ciascun contrassegno è riportato il nome e cognome
del candidato al consiglio provinciale facente parte del gruppo di candidati
contraddistinto da quel contrassegno.
5. Ciascun elettore può votare per
uno dei candidati al consiglio provinciale tracciando un segno sul relativo
contrassegno. Ciascun elettore può, altresì, votare sia per un candidato alla
carica di presidente della provincia, tracciando un segno sul relativo
rettangolo, sia per uno dei candidati al consiglio provinciale ad esso
collegato, tracciando anche un segno sul relativo contrassegno. Il voto
espresso nei modi suindicati si intende attribuito sia al candidato alla carica
di consigliere provinciale corrispondente al contrassegno votato sia al
candidato alla carica di presidente della provincia.
Ciascun elettore può, infine,
votare per un candidato alla carica di presidente della provincia tracciando un
segno sul relativo rettangolo. Il voto in tal modo espresso si intende
attribuito solo al candidato alla carica di presidente della provincia.
6. È proclamato eletto presidente
della provincia il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta
dei voti validi.
7. Qualora nessun candidato
ottenga la maggioranza di cui al comma 6, si procede ad un secondo turno
elettorale che ha luogo la seconda domenica successiva a quella del primo. Sono
ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di presidente della
provincia che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso
di parità di voti fra il secondo ed il terzo candidato è ammesso al ballottaggio
il più anziano di età.
8. In caso di impedimento
permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio, partecipa al
secondo turno il candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio
dovrà aver luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi
dell'evento.
9. I candidati ammessi al
ballottaggio mantengono i collegamenti con i gruppi di candidati al consiglio
provinciale dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio
hanno facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il
collegamento con ulteriori gruppi di candidati rispetto a quelli con cui è
stato effettuato il collegamento nel primo turno. La dichiarazione ha efficacia
solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi
interessati.
10. La scheda per il ballottaggio
comprende il nome ed il cognome dei candidati alla carica di presidente della
provincia, scritti entro l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti
i simboli dei gruppi di candidati collegati. Il voto si esprime tracciando un
segno sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato prescelto.
11. Dopo il secondo turno è
proclamato eletto presidente della provincia il candidato che ha ottenuto il
maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto
presidente della provincia il candidato collegato con il gruppo o i gruppi di
candidati per il consiglio provinciale che abbiano conseguito la maggiore cifra
elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto il
candidato più anziano di età.
Articolo 75
Elezione del consiglio
provinciale.
1. L'elezione dei consiglieri
provinciali è effettuata sulla base di collegi uninominali e secondo le
disposizioni dettate dalla legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive
modificazioni, in quanto compatibili con le norme di cui all'articolo 74 e al
presente articolo.
2. Con il gruppo di candidati
collegati deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla
carica di presidente della provincia e il programma amministrativo da affiggere
all'albo pretorio.
Più gruppi possono presentare lo
stesso candidato alla carica di presidente della provincia. In tal caso i
gruppi debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano
fra di loro collegati.
3. L'attribuzione dei seggi del
consiglio provinciale ai gruppi di candidati collegati è effettuata dopo la
proclamazione dell'elezione del presidente della provincia.
4. La cifra elettorale di ogni
gruppo è data dal totale dei voti validi ottenuti da tutti i candidati del
gruppo stesso nei singoli collegi della provincia.
5. Non sono ammessi
all'assegnazione dei seggi i gruppi di candidati che abbiano ottenuto al primo
turno meno del 3 per cento dei voti validi e che non appartengano a nessuna
coalizione di gruppi che abbia superato tale soglia.
6. Per l'assegnazione dei seggi a
ciascun gruppo di candidati collegati, si divide la cifra elettorale conseguita
da ciascun gruppo di candidati successivamente per 1, 2, 3, 4,.... sino a
concorrenza del numero di consiglieri da eleggere. Quindi tra i quozienti così
ottenuti si scelgono i più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da
eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. A ciascun gruppo di
candidati sono assegnati tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad esso
appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre
intere e decimali, il posto è attribuito al gruppo di candidati che ha ottenuto
la maggior cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio.
Se ad un gruppo spettano più posti
di quanti sono i suoi candidati, i posti eccedenti sono distribuiti tra gli
altri gruppi, secondo l'ordine dei quozienti.
7. Le disposizioni di cui al comma
6 si applicano quando il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato
proclamato eletto presidente della provincia abbiano conseguito almeno il 60
per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale.
8. Qualora il gruppo o i gruppi di
candidati collegati al candidato proclamato eletto presidente della provincia
non abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio
provinciale, a tale gruppo o gruppi di candidati viene assegnato il 60 per
cento dei seggi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri
da attribuire al gruppo o ai gruppi contenga una cifra decimale superiore a 50
centesimi. In caso di collegamento di più gruppi con il candidato proclamato
eletto presidente, per determinare il numero di seggi spettanti a ciascun
gruppo, si dividono le rispettive cifre elettorali corrispondenti ai voti
riportati al primo turno, per 1, 2, 3, 4, ..... sino a concorrenza del numero
dei seggi da assegnare. Si determinano in tal modo i quozienti più alti e,
quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni gruppo di candidati.
9. I restanti seggi sono
attribuiti agli altri gruppi di candidati ai sensi del comma 6.
10. Una volta determinato il
numero dei seggi spettanti a ciascun gruppo di candidati, sono in primo luogo
proclamati eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di
presidente della provincia non risultati eletti, collegati a ciascun gruppo di
candidati che abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di più
gruppi con il candidato alla carica di presidente della provincia non eletto,
il seggio spettante a quest'ultimo è detratto dai seggi complessivamente
attribuiti ai gruppi di candidati collegati.
11. Compiute le operazioni di cui
al comma 10 sono proclamati eletti consiglieri provinciali i candidati di
ciascun gruppo secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali.
12. La cifra individuale dei
candidati a consigliere provinciale viene determinata moltiplicando il numero
dei voti validi ottenuto da ciascun candidato per cento e dividendo il prodotto
per il totale dei voti validi espressi nel collegio per i candidati a
consigliere provinciale. Nel caso di candidature presentate in più di un
collegio si assume, ai fini della graduatoria, la maggiore cifra individuale
riportata dal candidato.
Articolo 76
Anagrafe degli amministratori
locali e regionali.
1. Avvenuta la proclamazione degli
eletti, il competente ufficio del Ministero dell'interno in materia elettorale
raccoglie i dati relativi agli eletti a cariche locali e regionali nella
apposita anagrafe degli amministratori locali, nonché i dati relativi alla
tenuta ed all'aggiornamento anche in corso di mandato.
2. L'anagrafe è costituita dalle
notizie relative agli eletti nei comuni, province e regioni concernenti i dati
anagrafici, la lista o gruppo di appartenenza o di collegamento, il titolo di
studio e la professione esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni,
province e regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione telematica.
3. Per gli amministratori non
elettivi l'anagrafe è costituita dai dati indicati al comma 2 consensualmente
forniti dagli amministratori stessi.
4. Al fine di assicurare la
massima trasparenza è riconosciuto a chiunque il diritto di prendere visione ed
estrarre copia, anche su supporto informatico, dei dati contenuti
nell'anagrafe.
Capo IV - Status degli
amministratori locali
Articolo 77
Definizione di amministratore
locale.
1. La Repubblica tutela il diritto
di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni
degli enti locali ad espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e
delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei modi
e nei limiti previsti dalla legge.
2. Il presente capo disciplina il
regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori
degli enti locali. Per amministratori si intendono, ai soli fini del presente
capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i
consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle
province, i componenti delle
giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli
comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli
assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di
comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli
organi di decentramento.
Articolo 78
Doveri e condizione giuridica.
1. Il comportamento degli
amministratori, nell'esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato
all'imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto
della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli
amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, e quelle
proprie dei dirigenti delle
rispettive amministrazioni.
2. Gli amministratori di cui
all'articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla
discussione ed alla votazione di
delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto
grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di
carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista
una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e
specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto
grado.
3. I componenti la Giunta comunale
competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono
astenersi dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata
e pubblica nel territorio da essi amministrato.
4. Nel caso di piani urbanistici,
ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 2 sia stata
accertata con sentenza passata in
giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della
correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova variante urbanistica
parziale. Nelle more dell'accertamento di tale stato di correlazione immediata
e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi
dell'amministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative
disposizioni del piano urbanistico.
5. Al sindaco ed al presidente
della provincia, nonché agli assessori ed ai consiglieri comunali e provinciali
è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni
dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi
comuni e province.
6. Gli amministratori lavoratori
dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per
consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La
richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto
il mandato amministrativo deve essere esaminata dal
datore di lavoro con criteri di
priorità. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare
di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la
priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a
questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato
nell'ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o
controllato dalla medesima amministrazione.
Articolo 79
Permessi e licenze.
1. I lavoratori dipendenti,
pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali,
metropolitani, delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché dei
consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000
abitanti, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata in cui
sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano in
orario serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro
prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei consigli
si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio
per l'intera giornata successiva.
2. Le disposizioni di cui al comma
1 si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o richiamati e di
coloro che svolgono il servizio sostitutivo previsto dalla legge. Ai sindaci,
ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunità montane che svolgono
servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio
sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata in attesa di congedo
per la durata del mandato.
3. I lavoratori dipendenti facenti
parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunità
montane, nonché degli organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei
municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti
parte delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite
nonché delle commissioni comunali previste per legge, ovvero membri delle
conferenze dei capogruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli
statuti e dai regolamenti consiliari, hanno diritto di assentarsi dal servizio
per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro
effettiva durata. Il diritto di assentarsi di cui al presente comma comprende
il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di
lavoro. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì nei
confronti dei militari di leva o di coloro che sono richiamati o che svolgono
il servizio sostitutivo.
4. I componenti degli organi
esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni
di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e i
presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i
presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai
precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo
di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle
province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti
dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000
abitanti.
5. I lavoratori dipendenti di cui
al presente articolo hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad
un massimo di 24 ore lavorative mensili qualora risultino necessari per
l'espletamento del mandato.
6. L'attività ed i tempi di
espletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono ed ottengono
permessi, retribuiti e non retribuiti, devono essere prontamente e puntualmente
documentati mediante attestazione dell'ente.
Articolo 80
Oneri per permessi retribuiti.
1. Le assenze dal servizio di cui
ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 79 sono retribuite al lavoratore dal datore
di lavoro. Gli oneri per i permessi retribuiti sono a carico dell'ente presso
il quale i lavoratori dipendenti esercitano le funzioni pubbliche di cui
all'articolo 79. L'ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è
tenuto a rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed
assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore. Il
rimborso viene effettuato dall'ente entro trenta giorni dalla richiesta. Le
somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore aggiunto ai sensi
dell'articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 67.
Articolo 81
Aspettative.
1. Gli amministratori locali di
cui all'articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere
collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di
espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio
effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento
del periodo di prova.
Articolo 82
Indennità.
1. Il decreto di cui al comma 8
del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati
dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il
sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei
consigli circoscrizionali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali,
nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro
articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità
montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità
è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto
l'aspettativa.
2. I consiglieri comunali,
provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a
percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la
partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito
nell'àmbito di un mese da un consigliere può superare l'importo pari ad un
terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in
base al decreto di cui al comma 8.
3. Ai soli fini dell'applicazione
delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità
di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi
natura.
4. Gli statuti e i regolamenti
degli enti possono prevedere che all'interessato competa, a richiesta, la
trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che
tale regime di indennità comporti per l'ente pari o minori oneri finanziari. Il
regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l'applicazione di
detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute
degli organi collegiali.
5. Le indennità di funzione
previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L'interessato opta per
la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per
cento di ciascuna.
6. Le indennità di funzione sono
cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi
presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.
7. Agli amministratori ai quali
viene corrisposta l'indennità di funzione prevista dal presente capo non è
dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del
medesimo ente, né di commissioni che di quell'organo costituiscono
articolazioni interne ed esterne.
8. La misura delle indennità di
funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata,
senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del
Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali
nel rispetto dei seguenti criteri:
a) equiparazione del trattamento
per categorie di amministratori;
b) articolazione delle indennità
in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle
fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate
proprie dell'ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell'ammontare del
bilancio di parte corrente;
c) articolazione dell'indennità di
funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti
delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale
indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per
il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di
comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite
le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione
pari alla popolazione dell'unione di comuni, del consorzio fra enti locali o
alla popolazione montana della comunità montana;
d) definizione di speciali
indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in
relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;
e) determinazione dell'indennità
spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione
superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento
economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i
comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione
dell'indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del
segretario comunale;
f) previsione dell'integrazione
dell'indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con
una somma pari a una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.
9. Su richiesta della Conferenza
Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto
ministeriale di cui al comma 8 con la medesima procedura ivi indicata.
10. Il decreto ministeriale di cui
al comma 8 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell'adeguamento della misura
delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici
annuali dell'ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure
stabilite per l'anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio
nell'indice dei prezzi al consumo rilevata dall'ISTAT e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di
termine del biennio.
11. Le indennità di funzione e i
gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere
incrementati o diminuiti con delibera di Giunta e di consiglio per i rispettivi
componenti. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve
superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese
correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal
decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli
enti locali in condizioni di dissesto finanziario.
Articolo 83
Divieto di cumulo.
1. I parlamentari nazionali o
europei, nonché i consiglieri regionali possono percepire solo i gettoni di
presenza previsti dal presente Capo.
Articolo 84
Rimborsi spese e indennità di
missione.
1. Agli amministratori che, in
ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede
il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel
caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio,
nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio
effettivamente sostenute, nonché la indennità di missione alle condizioni
dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre
1973, n. 836, e per l'ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata
alla medesima legge, e successive modificazioni.
2. La liquidazione del rimborso
delle spese o dell'indennità di missione è effettuata dal dirigente competente,
su richiesta dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di
viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla
durata e sulle finalità della missione.
3. Agli amministratori che
risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta
il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la
partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed
esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo
svolgimento delle funzioni proprie o delegate.
4. I consigli e le assemblee
possono sostituire all'indennità di missione il rimborso delle spese
effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si
applica l'uno o l'altro trattamento.
Articolo 85
Partecipazione alle associazioni
rappresentative degli enti locali.
1. Le norme stabilite dal presente
capo, relative alla posizione, al trattamento e ai permessi dei lavoratori
pubblici e privati chiamati a funzioni elettive, si applicano anche per la
partecipazione dei rappresentanti degli enti locali alle associazioni
internazionali, nazionali e regionali tra enti locali.
2. Le spese che gli enti locali
ritengono di sostenere, per la partecipazione dei componenti dei propri organi
alle riunioni e alle attività degli organi nazionali e regionali delle
associazioni, fanno carico ai bilanci degli enti stessi.
Articolo 86
Oneri previdenziali, assistenziali
e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative.
1. L'amministrazione locale prevede
a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il
versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai
rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i
presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti
locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con
popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i presidenti dei consigli dei
comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, per i presidenti dei
consigli provinciali che siano collocati in aspettativa non retribuita ai sensi
del presente testo unico. La medesima disposizione si applica per i presidenti
dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro
confronti un effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle
aziende anche consortili fino all'approvazione della riforma in materia di
servizi pubblici locali che si trovino nelle condizioni previste dall'articolo
81.
2. Agli amministratori locali che
non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1
l'amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al
pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con
decreto dei Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri
per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto
per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la
quale il soggetto era iscritto o
continua ad essere iscritto alla
data dell'incarico.
3. L'amministrazione locale
provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di
accantonamento per l'indennità di fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo
dell'indennità di carica annua da parte dell'ente e per l'eventuale residuo da
parte dell'amministratore.
4. Alle indennità di funzione e ai
gettoni di presenza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 26, comma
1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
5. I comuni, le province, le
comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono
assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all'espletamento
del loro mandato.
6. Al fine di conferire certezza
alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti destinatari dei
benefìci di cui al comma 1 è consentita l'eventuale ripetizione degli oneri
assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del
loro versamento, se precedente alla data di entrata in vigore della legge 3
agosto 1999, n. 265, ed entro tre anni se successiva.
Articolo 87
Consigli di amministrazione delle
aziende speciali.
1. Fino all'approvazione della
riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di
amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le
disposizioni contenute nell'articolo 78, comma 2, nell'articolo 79, commi 3 e
4, nell'articolo 81, nell'articolo 85 e nell'articolo 86.
TITOLO IV
Organizzazione e personale
Capo I - Uffici e personale
Articolo 88
Disciplina applicabile agli uffici
ed al personale degli enti locali.
1. All'ordinamento degli uffici e
del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali
e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre
disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche
amministrazioni nonché quelle contenute nel presente testo unico.
Articolo 89
Fonti.
1. Gli enti locali disciplinano,
con propri regolamenti, in conformità allo statuto, l'ordinamento generale
degli uffici e dei servizi, in base a criteri di autonomia, funzionalità ed
economicità di gestione e secondo princìpi di professionalità e responsabilità.
2. La potestà regolamentare degli
enti locali si esercita, tenendo conto di quanto demandato alla contrattazione
collettiva nazionale, nelle seguenti materie:
a) responsabilità giuridiche attinenti
ai singoli operatori nell'espletamento delle procedure amministrative;
b) organi, uffici, modi di
conferimento della titolarità dei medesimi;
c) princìpi fondamentali di
organizzazione degli uffici;
d) procedimenti di selezione per
l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro;
e) ruoli, dotazioni organiche e
loro consistenza complessiva;
f) garanzia della libertà di
insegnamento ed autonomia professionale nello svolgimento dell'attività
didattica, scientifica e di ricerca;
g) disciplina della responsabilità
e delle incompatibilità tra impiego nelle pubbliche amministrazioni ed altre
attività e casi di divieto di cumulo di impieghi e incarichi pubblici.
3. I regolamenti di cui al comma
1, nella definizione delle procedure per le assunzioni, fanno riferimento ai
princìpi fissati dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.
29, e successive modificazioni ed integrazioni.
4. In mancanza di disciplina
regolamentare sull'ordinamento degli uffici e dei servizi o per la parte non
disciplinata dalla stessa, si applica la procedura di reclutamento prevista dal
decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487.
5. Gli enti locali, nel rispetto
dei princìpi fissati dal presente testo unico, provvedono alla rideterminazione
delle proprie dotazioni organiche, nonché all'organizzazione e gestione del
personale nell'àmbito della propria autonomia normativa ed organizzativa con i
soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di
esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti.
Restano salve le disposizioni
dettate dalla normativa concernente gli enti locali dissestati e
strutturalmente deficitari.
6. Nell'àmbito delle leggi, nonché
dei regolamenti di cui al comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli
uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte
dai soggetti preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato
datore di lavoro.
Articolo 90
Uffici di supporto agli organi di
direzione politica.
1. Il regolamento sull'ordinamento
degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle
dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della Giunta o
degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo
loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente, ovvero, salvo
che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori
assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una
pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni.
2. Al personale assunto con
contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto
collettivo nazionale di lavoro del personale degli enti locali.
3. Con provvedimento motivato della
Giunta, al personale di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio
previsto dai contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento
comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività
collettiva e per la qualità della prestazione
individuale.
Articolo 91
Assunzioni.
1. Gli enti locali adeguano i
propri ordinamenti ai princìpi di funzionalità e di ottimizzazione delle
risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le
disponibilità finanziarie e di bilancio.
Gli organi di vertice delle
amministrazioni locali sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno
di personale, comprensivo delle unità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68,
finalizzata alla riduzione programmata delle spese del personale.
2. Gli enti locali, ai quali non
si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, programmano le proprie
politiche di assunzioni adeguandosi ai princìpi di riduzione complessiva della
spesa di personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2-bis,
3, 3-bis e 3-ter dell'articolo 39 del decreto legislativo 27 dicembre 1997, n.
449, per quanto applicabili, realizzabili anche mediante l'incremento della
quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologie contrattuali
flessibili nel quadro delle assunzioni compatibili con gli obiettivi della
programmazione e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di
funzioni e competenze.
3. Gli enti locali che non versino
nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono prevedere concorsi
interamente riservati al personale dipendente, solo in relazione a particolari
profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita
esclusivamente all'interno dell'ente.
4. Per gli enti locali le graduatorie
concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di
pubblicazione per l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere
successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o
trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo.
Articolo 92
Rapporti di lavoro a tempo
determinato e a tempo parziale.
1. Gli enti locali possono
costituire rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo determinato, pieno o
parziale, nel rispetto della disciplina vigente in materia. I dipendenti degli
enti locali a tempo parziale, purché autorizzati dall'amministrazione di
appartenenza, possono prestare attività lavorativa presso altri enti.
2. Nei comuni interessati da
mutamenti demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a
particolari manifestazioni anche a carattere periodico, al fine di assicurare
il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei servizi
pubblici, il regolamento può prevedere particolari modalità di selezione per
l'assunzione del personale a tempo determinato per esigenze temporanee o
stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza ed escludendo ogni forma
di discriminazione. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni dei commi 7 e 8
dell'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni.
Articolo 93
Responsabilità patrimoniale.
1. Per gli amministratori e per il
personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di
responsabilità degli impiegati civili dello Stato.
2. Il tesoriere ed ogni altro
agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della
gestione dei beni degli enti locali, nonché coloro che si ingeriscano negli
incarichi attribuiti a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione
e sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le
procedure previste dalle leggi vigenti.
3. Gli agenti contabili degli enti
locali, salvo che la Corte dei conti lo richieda, non sono tenuti alla
trasmissione della documentazione occorrente per il giudizio di conto di cui
all'articolo 74 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, ed agli articoli
44 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214.
4. L'azione di responsabilità si
prescrive in cinque anni dalla commissione del fatto. La responsabilità nei
confronti degli amministratori e dei dipendenti dei comuni e delle province è
personale e non si estende agli eredi salvo il caso in cui vi sia stato
illecito arricchimento del dante causa e conseguente illecito arricchimento
degli eredi stessi.
Articolo 94
Responsabilità disciplinare.
1. Qualora ricorra alcuna delle
condizioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 dell'articolo
58, nonché alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 59 nei confronti
del personale dipendente delle amministrazioni locali, compresi gli enti ivi
indicati, si fa luogo alla immediata sospensione dell'interessato dalla
funzione o dall'ufficio ricoperti. La sospensione è disposta dal responsabile
dell'ufficio secondo la specifica competenza, con le modalità e procedure
previste dai rispettivi ordinamenti. A tal fine i provvedimenti emanati dal
giudice sono comunicati, a cura della cancelleria del tribunale o della
segreteria del pubblico ministero, ai responsabili delle amministrazioni o enti
locali indicati nelle predette disposizioni.
2. Al personale dipendente di cui
al comma precedente si applicano altresì le disposizioni del comma 5
dell'articolo 58 e del comma 6 dell'articolo 59 previa attivazione del
procedimento disciplinare.
Articolo 95
Dati sul personale degli enti
locali.
1. Il Ministero dell'interno
aggiorna periodicamente, sentiti l'Associazione nazionale comuni italiani
(Anci), l'Unione delle province d'Italia (Upi) e l'Unione nazionale comuni,
comunità enti montani (Uncem), i dati del censimento generale del personale in
servizio presso gli enti locali.
2. Resta ferma la disciplina sulla
banca dati sulle dotazioni organiche degli enti locali prevista dall'articolo
16-ter del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 marzo 1993, n. 68.
Articolo 96
Riduzione degli organismi
collegiali.
1. Al fine di conseguire risparmi
di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi i
consigli e le giunte, secondo le rispettive competenze, con provvedimento da
emanare entro sei mesi dall'inizio di ogni esercizio finanziario, individuano i
comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con
funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la realizzazione dei fini
istituzionali dell'amministrazione o dell'ente interessato. Gli organismi non
identificati come indispensabili sono soppressi a decorrere dal mese successivo
all'emanazione del provvedimento. Le relative funzioni sono attribuite
all'ufficio che riveste preminente competenza nella materia.
Capo II - Segretari comunali e
provinciali
Articolo 97
Ruolo e funzioni.
1. Il comune e la provincia hanno
un segretario titolare dipendente dall'Agenzia autonoma per la gestione
dell'albo dei segretari comunali e provinciali, di cui all'articolo 102 e
iscritto all'albo di cui all'articolo 98.
2. Il segretario comunale e
provinciale svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa
nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
3. Il sindaco e il presidente
della provincia, ove si avvalgano della facoltà prevista dal comma 1 dell'articolo
108, contestualmente al provvedimento di nomina del direttore generale
disciplinano, secondo l'ordinamento dell'ente e nel rispetto dei loro distinti
ed autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario ed il direttore generale.
4. Il segretario sovrintende allo
svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività, salvo quando
ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell'articolo 108 il sindaco e il
presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale. Il
segretario inoltre:
a) partecipa con funzioni
consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della
Giunta e ne cura la verbalizzazione;
b) esprime il parere di cui
all'articolo 49, in relazione alle sue competenze, nel caso in cui l'ente non
abbia responsabili dei servizi;
c) può rogare tutti i contratti
nei quali l'ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali
nell'interesse dell'ente;
d) esercita ogni altra funzione
attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal
presidente della provincia;
e) esercita le funzioni di
direttore generale nell'ipotesi prevista dall'articolo 108, comma 4.
5. Il regolamento sull'ordinamento
degli uffici e dei servizi, può prevedere un vicesegretario per coadiuvare il
segretario e sostituirlo nei casi di vacanza, assenza o impedimento.
6. Il rapporto di lavoro dei
segretari comunali e provinciali è disciplinato dai contratti collettivi ai
sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni.
Articolo 98
Albo nazionale.
1. L'albo nazionale dei segretari
comunali e provinciali, al quale si accede per concorso, è articolato in
sezioni regionali.
2. Il numero complessivo degli
iscritti all'albo non può essere superiore al numero dei comuni e delle
province ridotto del numero delle sedi unificate, maggiorato di una percentuale
determinata ogni due anni dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia di cui
all'articolo 102 e funzionale all'esigenza di garantire una adeguata
opportunità di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di provincia.
3. I comuni possono stipulare
convenzioni per l'ufficio di segretario comunale comunicandone l'avvenuta
costituzione alla Sezione regionale dell'Agenzia.
4. L'iscrizione all'albo è
subordinata al possesso dell'abilitazione concessa dalla Scuola superiore per
la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica
amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore
dell'amministrazione dell'interno.
5. Al relativo corso si accede
mediante concorso nazionale a cui possono partecipare i laureati in
giurisprudenza, scienze politiche, economia.
Articolo 99
Nomina.
1. Il sindaco e il presidente
della provincia nominano il segretario, che dipende funzionalmente dal capo
dell'amministrazione, scegliendolo tra gli iscritti all'albo di cui
all'articolo 98.
2. Salvo quanto disposto
dall'articolo 100, la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato del
sindaco o del presidente della provincia che lo ha nominato. Il segretario
cessa automaticamente dall'incarico con la cessazione del mandato del sindaco e
del presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla
nomina del nuovo segretario.
3. La nomina è disposta non prima
di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del
sindaco e del presidente della provincia, decorsi i quali il segretario è
confermato.
Articolo 100
Revoca.
1. Il segretario può essere
revocato con provvedimento motivato del sindaco o del presidente della
provincia, previa deliberazione della Giunta, per violazione dei doveri
d'ufficio.
Articolo 101
Disponibilità e mobilità.
1. Il segretario comunale o
provinciale non confermato, revocato o comunque privo di incarico è collocato
in posizione di disponibilità per la durata massima di quattro anni.
2. Durante il periodo di
disponibilità rimane iscritto all'albo ed è posto a disposizione dell'Agenzia
autonoma di cui all'articolo 102 per le attività dell'Agenzia stessa o per
l'attività di consulenza, nonché per incarichi di supplenza e di reggenza,
ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita
presso altre amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a carico
dell'ente presso cui presta servizio. Per il periodo di disponibilità al
segretario compete il trattamento economico in godimento in relazione agli
incarichi conferiti.
3. Nel caso di collocamento in
disponibilità per mancato raggiungimento di risultati imputabile al segretario
oppure motivato da gravi e ricorrenti violazioni dei doveri d'ufficio, allo
stesso, salva diversa sanzione, compete il trattamento economico tabellare
spettante per la sua qualifica detratti i compensi percepiti a titolo di
indennità per l'espletamento degli incarichi di cui al comma 2.
4. Decorsi quattro anni senza che
abbia preso servizio in qualità di titolare in altra sede il segretario viene
collocato d'ufficio in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni nella
piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica.
Articolo 102
Agenzia autonoma per la gestione
dell'albo dei segretari comunali e provinciali.
1. È istituita l'Agenzia autonoma
per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, avente
personalità giuridica di diritto pubblico e sottoposta alla vigilanza del
Ministero dell'Interno.
2. L'Agenzia è gestita da un
consiglio di amministrazione, nominato con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri e composto da due sindaci nominati dall'Anci, da un presidente di
provincia designato dall'Upi, da tre segretari comunali e provinciali eletti
tra gli iscritti all'albo e da due esperti designati dalla Conferenza
Stato-città e autonomie locali. Il consiglio elegge nel proprio seno un
presidente e un vicepresidente.
3. Con la stessa composizione e
con le stesse modalità sono costituiti i consigli di amministrazione delle
sezioni regionali.
4. L'Agenzia, con deliberazione
del consiglio nazionale di amministrazione, può adeguare la dotazione organica
in relazione alle esigenze di funzionamento, entro i limiti derivanti dalle
disponibilità di bilancio.
5. All'Agenzia è attribuito un
fondo finanziario di mobilità a carico degli enti locali, disciplinato dal
regolamento di cui all'articolo 103, percentualmente determinato sul
trattamento economico del segretario dell'ente, graduato in rapporto alla
dimensione dell'ente, e definito in sede di accordo contrattuale.
6. Per il proprio funzionamento e
per quello della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei
dirigenti della pubblica amministrazione locale l'Agenzia si avvale del fondo
di mobilità di cui al comma 5 a cui sono attribuiti i proventi dei diritti di
segreteria di cui all'articolo 42 della legge 8 giugno 1962, n. 604, e
successive modificazioni.
Articolo 103
Organizzazione e funzionamento
dell'Agenzia autonoma.
1. Salvo quanto previsto dal
presente testo unico, sono disciplinati con regolamento, emanato ai sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del
Ministro competente, sentite le organizzazioni sindacali e le rappresentanze
degli enti locali, l'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile
dell'Agenzia, l'amministrazione dell'albo e la sua articolazione in sezioni e
in fasce professionali, le modalità di svolgimento dei concorsi per
l'iscrizione all'albo, il passaggio tra le fasce professionali, il procedimento
disciplinare e le modalità di utilizzazione dei segretari non chiamati a
ricoprire sedi di segreteria.
2. Il regolamento si conforma ai
seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) reclutamento del personale da
destinare all'Agenzia mediante utilizzo delle procedure in materia di mobilità,
ricorrendo prioritariamente, anche in deroga alle disposizioni dell'ordinamento
speciale, al personale dell'amministrazione civile dell'interno, utilizzando
anche l'istituto del comando o del fuori ruolo;
b) previsione di un esame di
idoneità per l'iscrizione all'albo riservato ai frequentatori dei corsi
promossi dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei
dirigenti della pubblica amministrazione locale, ovvero dalla sezione autonoma
della Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno;
c) disciplina dell'ordinamento
contabile dell'Agenzia anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità
generale dello Stato, fermo restando l'obbligo di sottoporre il rendiconto
della gestione finanziaria al controllo della Corte dei Conti;
d) utilizzazione in via
prioritaria dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria per le
esigenze dell'Agenzia e per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per
l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre
amministrazioni pubbliche con oneri retributivi a loro carico.
Articolo 104
Scuola superiore della pubblica
amministrazione locale e scuole regionali e interregionali.
1. L'organizzazione, il
funzionamento e l'ordinamento contabile della Scuola superiore per la
formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione
locale e delle scuole di cui al comma 2 sono disciplinati con regolamento,
determinando i criteri per l'eventuale stipula di convenzioni per l'attività
formativa anche in sede decentrata con istituti, enti, società di formazione e
ricerca.
2. L'Agenzia istituisce scuole
regionali ed interregionali per la formazione e la specializzazione dei
segretari comunali e provinciali e dei dirigenti della pubblica amministrazione
locale ovvero può avvalersi, previa convenzione, della sezione autonoma della
Scuola superiore dell'amministrazione dell'interno.
Articolo 105
Regioni a statuto speciale.
1. Le regioni a statuto speciale e
le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le materie di cui al
presente capo con propria legislazione.
2. Nel territorio della Regione
Trentino-Alto Adige, fino all'emanazione di apposita legge regionale, rimane
ferma l'applicazione del titolo VI della legge 11 marzo 1972, n. 118.
Articolo 106
Disposizioni finali e transitorie.
1. Fino alla stipulazione di una
diversa disciplina del contratto collettivo nazionale di lavoro resta ferma la
classificazione dei comuni e delle province ai fini dell'assegnazione del
segretario prevista dalle tabelle A e B allegate al decreto del Presidente
della Repubblica 23 giugno 1972, n. 749.
2. I segretari già iscritti alla
sezione speciale dell'albo ai sensi dell'articolo 17, comma 82, della legge 15
maggio 1997, n. 127, e trasferiti presso altre pubbliche amministrazioni,
permangono nel ruolo statale e mantengono ad esaurimento qualifica e
trattamento economico pensionabile in godimento.
3. Ai fini dell'attuazione della
legge 8 marzo 1999, n. 50, i segretari comunali di cui all'articolo 18, comma
14, del decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, o
all'articolo 39, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, possono essere
collocati o mantenuti in posizione di fuori ruolo con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, anche dopo il trasferimento alle amministrazioni di
destinazione e con effetto dalla data di entrata in vigore della citata legge
n. 50 del 1999. Gli oneri relativi al trattamento economico, fondamentale ed
accessorio, dei predetti dipendenti rimangono a carico dell'Agenzia autonoma
per la gestione dell'albo dei segretari comunali fino alla data del
trasferimento alle amministrazioni di destinazione; successivamente sono a
queste imputate.
Analogamente si provvede, con
decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la funzione
pubblica, per i segretari comunali in servizio presso il Ministero dell'interno
ai sensi dell'articolo 34, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica
4 dicembre 1997, n. 465.
Capo III - Dirigenza ed incarichi
Articolo 107
Funzioni e responsabilità della
dirigenza.
1. Spetta ai dirigenti la
direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli
statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri
di indirizzo e di controllo politico- amministrativo spettano agli organi di
governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita
ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse
umane, strumentali e di controllo.
2. Spettano ai dirigenti tutti i
compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che
impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla
legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-
amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le
funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli
articoli 97 e 108.
3. Sono attribuiti ai dirigenti
tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli
atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare,
secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:
a) la presidenza delle commissioni
di gara e di concorso;
b) la responsabilità delle
procedure d'appalto e di concorso;
c) la stipulazione dei contratti;
d) gli atti di gestione
finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa;
e) gli atti di amministrazione e
gestione del personale;
f) i provvedimenti di
autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga
accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel rispetto di
criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di
indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie;
g) tutti i provvedimenti di
sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza
comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni
amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in
materia di prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e
paesaggistico-ambientale;
h) le attestazioni,
certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni
ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza;
i) gli atti ad essi attribuiti
dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi, delegati dal sindaco.
4. Le attribuzioni dei dirigenti,
in applicazione del principio di cui all'articolo 1, comma 4, possono essere
derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni
legislative.
5. A decorrere dalla data di
entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono
agli organi di cui al Capo I Titolo III l'adozione di atti di gestione e di
atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa
competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'articolo 50, comma
3, e dall'articolo 54.
6. I dirigenti sono direttamente
responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell'ente, della
correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati della gestione.
7. Alla valutazione dei dirigenti
degli enti locali si applicano i princìpi contenuti nell'articolo 5, commi 1 e
2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, secondo le modalità previste
dall'articolo 147 del presente testo unico.
Articolo 108
Direttore generale.
1. Il sindaco nei comuni con
popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia,
previa deliberazione della Giunta comunale o provinciale, possono nominare un
direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a
tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di
organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli
indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo
le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che
sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia
ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione
del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2, lettera
a), nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo
169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle
funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del
comune e della provincia.
2. Il direttore generale è
revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione
della Giunta comunale o provinciale. La durata dell'incarico non può eccedere
quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia.
3. Nei comuni con popolazione
inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore
generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate
raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà
provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni
interessati.
4. Quando non risultino stipulate
le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore
generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite
dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario.
Articolo 109
Conferimento di funzioni
dirigenziali.
1. Gli incarichi dirigenziali sono
conferiti a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 50, comma 10, con
provvedimento motivato e con le modalità fissate dal regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza
professionale, in relazione agli obiettivi indicati nel programma
amministrativo del sindaco o del presidente della provincia e sono revocati in
caso di inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della
provincia, della Giunta o dell'assessore di riferimento, o in caso di mancato
raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati
nel piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169 o per responsabilità
particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti
collettivi di lavoro. L'attribuzione degli incarichi può prescindere dalla
precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di concorsi.
2. Nei comuni privi di personale
di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e 3,
fatta salva l'applicazione dell'articolo 97, comma 4, lettera d), possono
essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai
responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica
funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione.
Articolo 110
Incarichi a contratto.
1. Lo statuto può prevedere che la
copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche
dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a
tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione
motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla
qualifica da ricoprire.
2. Il regolamento sull'ordinamento
degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza,
stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati,
al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i
dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per
la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura
complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione
organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per almeno una unità.
Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi
stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati,
al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità
analoghe presenti all'interno dell'ente, contratti a tempo determinato di
dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi
restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti
sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della
dotazione organica dell'ente, o ad una unità negli enti con una dotazione
organica inferiore alle 20 unità.
3. I contratti di cui ai precedenti
commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del
presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a
quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il
personale degli enti locali, può essere
integrato, con provvedimento
motivato della Giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica
qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della
temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle
specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale
indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio
dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.
4. Il contratto a tempo
determinato è risolto di diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il
dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.
5. Il rapporto di impiego del
dipendente di una pubblica amministrazione è risolto di diritto con effetto
dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l'ente locale ai sensi del
comma 2.
L'amministrazione di provenienza
dispone, subordinatamente alla vacanza del posto in organico o dalla data in
cui la vacanza si verifica, la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne
faccia richiesta entro i 30 giorni successivi alla cessazione del rapporto di
lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilità del posto in organico.
6. Per obiettivi determinati e con
convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad
alto contenuto di professionalità.
Articolo 111
Adeguamento della disciplina della
dirigenza.
1. Gli enti locali, tenendo conto
delle proprie peculiarità, nell'esercizio della propria potestà statutaria e
regolamentare, adeguano lo statuto ed il regolamento ai princìpi del presente
capo e del capo II del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni ed integrazioni.
TITOLO V
Servizi e interventi pubblici
locali
Articolo 112
Servizi pubblici locali.
1. Gli enti locali, nell'àmbito
delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che
abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini
sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
2. I servizi riservati in via
esclusiva ai comuni e alle province sono stabiliti dalla legge.
3. Ai servizi pubblici locali si
applica il capo III del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, relativo
alla qualità dei servizi pubblici locali e carte dei servizi.
Articolo 113
Forme di gestione.
1. I servizi pubblici locali sono
gestiti nelle seguenti forme:
a) in economia, quando per le
modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio non sia opportuno costituire
una istituzione o una azienda;
b) in concessione a terzi, quando
sussistano ragioni tecniche, economiche e di opportunità sociale;
c) a mezzo di azienda speciale,
anche per la gestione di più servizi di rilevanza economica ed imprenditoriale;
d) a mezzo di istituzione, per
l'esercizio di servizi sociali senza rilevanza imprenditoriale;
e) a mezzo di società per azioni o
a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o
partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio, qualora sia opportuna in
relazione alla natura o all'àmbito territoriale del servizio la partecipazione
di più soggetti pubblici o privati;
f) a mezzo di società per azioni
senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria a norma dell'articolo
116.
Articolo 114
Aziende speciali ed istituzioni.
1. L'azienda speciale è ente
strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia
imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o
provinciale.
2. L'istituzione è organismo
strumentale dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali, dotato di
autonomia gestionale.
3. Organi dell'azienda e
dell'istituzione sono il consiglio di amministrazione, il presidente e il
direttore, al quale compete la responsabilità gestionale. Le modalità di nomina
e revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto dell'ente locale.
4. L'azienda e l'istituzione
informano la loro attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed
hanno l'obbligo del pareggio di bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio
dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti.
5. Nell'àmbito della legge,
l'ordinamento ed il funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dal
proprio statuto e dai regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati
dallo statuto e dai regolamenti dell'ente locale da cui dipendono.
6. L'ente locale conferisce il
capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti
fondamentali; esercita la vigilanza; verifica i risultati della gestione;
provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.
7. Il collegio dei revisori dei
conti dell'ente locale esercita le sue funzioni anche nei confronti delle
istituzioni. Lo statuto dell'azienda speciale prevede un apposito organo di
revisione, nonché forme autonome di verifica della gestione.
8. Ai fini di cui al comma 6 sono
fondamentali i seguenti atti:
a) il piano-programma,
comprendente un contratto di servizio che disciplini i rapporti tra ente locale
ed azienda speciale;
b) i bilanci economici di
previsione pluriennale ed annuale;
c) il conto consuntivo;
d) il bilancio di esercizio.
Articolo 115
Trasformazione delle aziende
speciali in società per azioni.
1. I comuni, le province e gli
altri enti locali possono, per atto unilaterale, trasformare le aziende
speciali costituite ai sensi dell'articolo 113, lett. c), in società per
azioni, di cui possono restare azionisti unici per un periodo comunque non
superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale di tali società
è determinato dalla deliberazione di trasformazione in misura non inferiore al
fondo di dotazione delle aziende speciali risultante dall'ultimo bilancio di
esercizio approvato e comunque in misura non inferiore all'importo minimo
richiesto per la costituzione delle società medesime.
L'eventuale residuo del patrimonio
netto conferito è imputato a riserve e fondi, mantenendo ove possibile le
denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle aziende originarie.
Le società conservano tutti i diritti e gli obblighi anteriori alla
trasformazione e subentrano pertanto in tutti i rapporti attivi e passivi delle
aziende originarie.
2. La deliberazione di
trasformazione tiene luogo di tutti gli adempimenti in materia di costituzione
delle società previsti dalla normativa vigente, ferma l'applicazione delle
disposizioni degli articoli 2330, commi terzo e quarto, e 2330-bis del codice
civile.
3. Ai fini della definitiva
determinazione dei valori patrimoniali conferiti, entro tre mesi dalla
costituzione delle società, gli amministratori devono richiedere a un esperto
designato dal presidente del tribunale una relazione giurata ai sensi e per gli
effetti dell'articolo 2343, primo comma, del codice civile. Entro sei mesi dal
ricevimento di tale relazione gli amministratori e i sindaci determinano i
valori definitivi di conferimento dopo avere controllato le valutazioni
contenute nella relazione stessa e, se sussistono fondati motivi, aver
proceduto alla revisione della stima. Fino a quando i valori di conferimento non
sono stati determinati in via definitiva le azioni delle società sono
inalienabili.
4. Le società di cui al comma 1
possono essere costituite anche ai fini dell'applicazione delle norme di cui al
decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 luglio 1994, n. 474.
5. Le partecipazioni nelle società
di cui al comma 1 possono essere alienate anche ai fini e con le modalità di
cui all'articolo 116.
6. Il conferimento e
l'assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società
di cui al comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette,
statali e regionali.
7. La deliberazione di cui al
comma 1 può anche prevedere la scissione dell'azienda speciale e la
destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa. Si
applicano, in tal caso, per quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi
da 1 a 6 del presente articolo, nonché agli articoli 2504-septies e 2504-decies
del codice civile.
Articolo 116
Società per azioni con
partecipazione minoritaria di enti locali.
1. Gli enti locali possono, per
l'esercizio di servizi pubblici e per la realizzazione delle opere necessarie
al corretto svolgimento del servizio nonché per la realizzazione di
infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico, che non rientrino, ai
sensi della vigente legislazione statale e regionale, nelle competenze
istituzionali di altri enti, costituire apposite società per azioni senza il
vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga a disposizioni
di legge specifiche. Gli enti interessati provvedono alla scelta dei soci
privati e all'eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con
procedure di evidenza pubblica. L'atto costitutivo delle società deve prevedere
l'obbligo dell'ente pubblico di nominare uno o più amministratori e sindaci.
Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata
all'azionariato diffuso e resta comunque sul mercato.
2. La costituzione di società
miste con la partecipazione non maggioritaria degli enti locali è disciplinata
da apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del
decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni dalla legge
29 marzo 1995, n. 95, e successive modifiche e integrazioni.
3. Per la realizzazione delle
opere di qualunque importo si applicano le norme vigenti di recepimento delle
direttive comunitarie in materia di lavori pubblici.
4. Fino al secondo esercizio
successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera, l'ente locale
partecipante potrà rilasciare garanzia fidejussoria agli istituti mutuanti in
misura non superiore alla propria quota di partecipazione alla società di cui
al presente articolo.
5. Per i conferimenti di aziende,
di complessi aziendali o di rami di essi e di ogni altro bene effettuati dai
soggetti di cui al comma 1, anche per la costituzione con atto unilaterale
delle società di cui al medesimo comma, si applicano le disposizioni
dell'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218, e successive
modificazioni.
Articolo 117
Tariffe dei servizi.
1. Gli enti interessati approvano
le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l'equilibrio
economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione. I criteri
per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:
a) la corrispondenza tra costi e
ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli
oneri di ammortamento tecnico-finanziario;
b) l'equilibrato rapporto tra i
finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l'entità dei costi di gestione
delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del
servizio;
d) l'adeguatezza della
remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di
mercato.
2. La tariffa costituisce il
corrispettivo dei servizi pubblici; essa è determinata e adeguata ogni anno dai
soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata poliennale,
nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli
organizzativi prescelti.
3. Qualora i servizi siano gestiti
da soggetti diversi dall'ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e
concessioni dell'ente o per effetto del modello organizzativo di società mista,
la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici.
Articolo 118
Regime del trasferimento di beni.
1. I trasferimenti di beni mobili
ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti
a favore di aziende speciali o di società per azioni costituite ai sensi
dell'articolo 113, lettera e), sono esenti, senza limiti di valore, dalle
imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e
da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli
onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della
stima di cui all'articolo 2343 del codice civile, nonché gli onorari previsti
per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti,
sono ridotti alla metà.
2. Le disposizioni previste nel
comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende,
di complessi aziendali o di rami di essi posti in essere nell'àmbito di
procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende
speciali, adottate a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del
servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure siano
connesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di società per
azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo servizio pubblico in
precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché i beni, i diritti, le aziende
o rami di aziende trasferiti o retrocessi vengano effettivamente conferiti
nella costituenda società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano
altresì ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da
parte delle province e dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei
consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274,
comma 4, per la costituzione di società per azioni ai sensi dell'articolo 116,
ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti
locali, di società per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi
del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni.
3. Ai trasferimenti di beni
destinati a pubblico servizio, da parte di province e comuni, in favore di
società costituite ai sensi dell'articolo 113, lettera e), e dell'articolo 116,
nonché dei consorzi e delle aziende speciali di cui, rispettivamente, agli
articoli 31 e 114 non si applicano le disposizioni relative alla cessione dei
beni patrimoniali degli enti pubblici territoriali.
Articolo 119
Contratti di sponsorizzazione,
accordi di collaborazione e convenzioni.
1. In applicazione dell'articolo
43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di favorire una migliore
qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali
indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di
sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti
pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi.
Articolo 120
Società di trasformazione urbana.
1. Le città metropolitane e i
comuni, anche con la partecipazione della provincia e della Regione, possono
costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di
trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal
fine le deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati
delle società per azioni siano scelti tramite procedura di evidenza pubblica.
2. Le società di trasformazione
urbana provvedono alla preventiva acquisizione delle aree interessate
dall'intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione delle stesse.
Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite ricorso alle
procedure di esproprio da parte del comune.
3. Le aree interessate
dall'intervento di trasformazione sono individuate con delibera del consiglio
comunale. L'individuazione delle aree di intervento equivale a dichiarazione di
pubblica utilità, anche per le aree non interessate da opere pubbliche. Le aree
di proprietà degli enti locali interessate dall'intervento possono essere
attribuite alla società a titolo di concessione.
4. I rapporti tra gli enti locali
azionisti e la società per azioni di trasformazione urbana sono disciplinati da
una convenzione contenente, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle
parti.
Articolo 121
Occupazione d'urgenza di immobili.
1. L'amministrazione comunale può
disporre, in presenza dei presupposti di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1, e
successive modificazioni, l'occupazione d'urgenza degli immobili necessari per
la realizzazione di opere e lavori pubblici o di pubblico interesse, compresi
gli interventi di edilizia residenziale pubblica e quelli necessari per servizi
pubblici locali di cui al presente titolo. Per le opere ed i lavori di cui al
precedente periodo la redazione dello stato di consistenza può avvenire
contestualmente al verbale di immissione nel possesso ai sensi dell'articolo 3
della legge 3 gennaio 1978, n. 1, e successive modificazioni.
Articolo 122
Lavori socialmente utili.
1. Restano salve le competenze dei
comuni e delle province in materia di lavori socialmente utili, previste
dall'articolo 4, commi 6, 7 e 8, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive
modifiche ed integrazioni.
Articolo 123
Norma transitoria.
1. Resta fermo l'obbligo per gli
enti locali di adeguare l'ordinamento delle aziende speciali alle disposizioni
di cui all'articolo 114; gli enti locali iscrivono per gli effetti di cui al
primo comma dell'articolo 2331 del codice civile, le aziende speciali nel
registro delle imprese.
2. Restano salvi gli effetti degli
atti e dei contratti che le medesime aziende speciali hanno posto in essere
anteriormente alla data di attuazione del registro delle imprese, di cui
all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
3. Le norme del regio decreto 15
ottobre 1925, n. 2578, si applicano fino all'adeguamento delle aziende speciali
alla disciplina del presente testo unico; si applicano altresì per l'esercizio
del diritto di riscatto relativo ai rapporti in corso di esecuzione.
TITOLO VI
Controlli
Capo I - Controllo sugli atti
Articolo 124
Pubblicazione delle deliberazioni.
1. Tutte le deliberazioni del
comune e della provincia sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio,
nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche
disposizioni di legge.
2. Tutte le deliberazioni degli
altri enti locali sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio del
comune ove ha sede l'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche
disposizioni.
Articolo 125
Comunicazione delle deliberazioni
ai capigruppo.
1. Contestualmente all'affissione
all'albo le deliberazioni adottate dalla Giunta sono trasmesse in elenco ai
capigruppo consiliari; i relativi testi sono messi a disposizione dei
consiglieri nelle forme stabilite dallo statuto o dal regolamento.
Articolo 126
Deliberazioni soggette in via
necessaria al controllo preventivo di legittimità.
1. Il controllo preventivo di
legittimità di cui all'articolo 130 della Costituzione sugli atti degli enti
locali si esercita esclusivamente sugli statuti dell'ente, sui regolamenti di
competenza del consiglio, esclusi quelli attinenti all'autonomia organizzativa
e contabile dello stesso consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e
relative variazioni, adottate o ratificate dal consiglio, sul rendiconto della
gestione, secondo le disposizioni del presente testo unico.
2. Il controllo preventivo di
legittimità si estende anche agli atti delle Istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza.
Articolo 127
Controllo eventuale.
1. Le deliberazioni della Giunta e
del consiglio sono sottoposte al controllo, nei limiti delle illegittimità
denunziate, quando un quarto dei consiglieri provinciali o un quarto dei
consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un
quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti ne
facciano richiesta scritta e motivata con l'indicazione delle norme violate,
entro dieci giorni dall'affissione all'albo pretorio, quando le deliberazioni
stesse riguardino:
a) appalti e affidamento di
servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario;
b) dotazioni organiche e relative
variazioni;
c) assunzioni del personale.
2. Nei casi previsti dal comma 1,
il controllo è esercitato dal comitato regionale di controllo ovvero, se
istituito, dal difensore civico comunale o provinciale. L'organo che procede al
controllo, se ritiene che la deliberazione sia illegittima, ne da comunicazione
all'ente, entro quindici giorni dalla richiesta, e lo invita ad eliminare i
vizi riscontrati. In tal caso, se l'ente non ritiene di modificare la delibera,
essa acquista efficacia se viene confermata con il voto favorevole della
maggioranza assoluta dei componenti il consiglio.
3. La Giunta può altresì
sottoporre al controllo preventivo di legittimità dell'organo regionale di
controllo ogni altra deliberazione dell'ente secondo le modalità di cui
all'articolo 133.
Articolo 128
Comitato regionale di controllo.
1. Per l'esercizio del controllo
di legittimità è istituito, con decreto del presidente della Giunta regionale,
il comitato regionale di controllo sugli atti dei comuni e delle province.
2. Sono disciplinate con legge
regionale l'elezione, a maggioranza qualificata dei componenti del comitato
regionale di controllo di cui all'articolo 130, comma 1, lettera a), e comma 2,
prima parte, la tempestiva sostituzione degli stessi in caso di morte,
dimissioni, decadenza per reiterate assenze ingiustificate o incompatibilità
sopravvenuta, nonché per la supplenza del presidente.
3. La legge regionale può
articolare il comitato in sezioni per territorio o per materia, salvaguardando
con forme opportune l'unitarietà di indirizzo. A tal fine la Regione, in
collaborazione con gli uffici del comitato, cura la pubblicazione periodica
delle principali decisioni del comitato regionale di controllo con le relative
motivazioni di riferimento.
4. Le pronunce degli organi di controllo
previsti nel presente capo sono provvedimenti definitivi.
5. I componenti dei comitati
regionali di controllo sono personalmente e solidalmente responsabili nei
confronti degli enti locali per i danni a questi arrecati con dolo o colpa
grave nell'esercizio delle loro funzioni.
Articolo 129
Servizi di consulenza del comitato
regionale di controllo.
1. Possono essere attivati
nell'àmbito dei comitati regionali di controllo servizi di consulenza ai quali
gli enti locali possono rivolgersi al fine di ottenere preventivi elementi
valutativi in ordine all'adozione di atti o provvedimenti di particolare
complessità o che attengano ad aspetti nuovi dell'attività deliberativa. La
Regione disciplina con propria normativa le modalità organizzative e di espletamento
dei servizi di consulenza.
Articolo 130
Composizione del comitato.
1. Il comitato regionale di
controllo e ogni sua eventuale sezione sono composti:
a) da quattro esperti eletti dal
consiglio regionale, di cui:
1) uno iscritto da almeno dieci
anni nell'albo degli avvocati, scelto in una terna proposta dal competente
ordine professionale;
2) uno iscritto da almeno dieci
anni all'albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri, scelto in una terna
proposta dai rispettivi ordini professionali;
3) uno scelto tra chi abbia
ricoperto complessivamente per almeno cinque anni la carica di sindaco, di
presidente della provincia, di consigliere regionale o di parlamentare
nazionale, ovvero tra i funzionari statali, regionali o degli enti locali in
quiescenza, con qualifica non inferiore a dirigente od equiparata;
4) uno scelto tra i magistrati o
gli avvocati dello Stato in quiescenza, o tra i professori di ruolo di
università in materie giuridiche ed amministrative ovvero tra i segretari
comunali o provinciali in quiescenza;
b) da un esperto designato dal
commissario del Governo scelto fra funzionari dell'Amministrazione civile
dell'interno in servizio nelle rispettive province.
2. Il consiglio regionale elegge
non più di due componenti supplenti aventi i requisiti di cui alla lettera a)
del comma 1; un terzo supplente, avente i requisiti di cui alla lettera b) del
comma 1, è designato dal commissario del Governo.
3. In caso di assenza od
impedimento dei componenti effettivi, di cui rispettivamente alle lettere a) e
b) del comma 1, intervengono alle sedute i componenti supplenti, eletti o
designati per la stessa categoria.
4. Il comitato ed ogni sua sezione
eleggono nel proprio seno il presidente ed un vicepresidente scelti tra i
componenti eletti dal consiglio regionale.
5. Funge da segretario un
funzionario della Regione.
6. Il comitato e le sezioni sono
rinnovati integralmente a seguito di nuove elezioni del consiglio regionale,
nonché quando si dimetta contemporaneamente la maggioranza dei rispettivi
componenti.
7. Il presidente ed il
vicepresidente del comitato, se dipendenti pubblici, sono collocati fuori
ruolo; se dipendenti privati, sono collocati in aspettativa non retribuita.
8. Ai componenti del comitato si
applicano le norme relative ai permessi ed alle aspettative previsti per gli
amministratori locali.
Articolo 131
Incompatibilità ed ineleggibilità.
1. Non possono essere eletti e non
possono far parte dei comitati regionali di controllo:
a) i deputati, i senatori, i
parlamentari europei;
b) i consiglieri e gli assessori
regionali;
c) gli amministratori di enti
locali o di altri enti soggetti a controllo del comitato, nonché coloro che
abbiano ricoperto tali cariche nell'anno precedente alla costituzione del
medesimo comitato;
d) coloro che si trovano nelle
condizioni di ineleggibilità alle cariche di cui alle lettere b) e c), con
esclusione dei magistrati e dei funzionari dello Stato;
e) i dipendenti ed i contabili
della Regione e degli enti locali sottoposti al controllo del comitato nonché i
dipendenti dei partiti presenti nei consigli degli enti locali della Regione;
f) i componenti di altro comitato
regionale di controllo o delle sezioni di esso;
g) coloro che prestano attività di
consulenza o di collaborazione presso la Regione o enti sottoposti al controllo
regionale;
h) coloro che ricoprono incarichi
direttivi o esecutivi nei partiti a livello provinciale, regionale o nazionale,
nonché coloro che abbiano ricoperto tali incarichi nell'anno precedente alla
costituzione del comitato.
Articolo 132
Funzionamento del comitato.
1. Il funzionamento dei comitati
regionali di controllo e delle loro sezioni, le indennità da attribuire ai
componenti, le funzioni del presidente e del vicepresidente, le forme di
pubblicità della attività dei comitati e di consultazione delle decisioni,
nonché il rilascio di copie di esse sono disciplinati dalla legge regionale.
2. Le spese per il funzionamento
dei comitati regionali di controllo e dei loro uffici, nonché la corresponsione
di un'indennità di carica ai componenti sono a carico della Regione.
3. La Regione provvede alle
strutture serventi del comitato regionale di controllo ispirandosi ai princìpi
dell'adeguatezza funzionale e dell'autonomia dell'organo.
Articolo 133
Modalità del controllo preventivo
di legittimità.
1. Il controllo di legittimità
comporta la verifica della conformità dell'atto alle norme vigenti ed alle
norme statutarie specificamente indicate nel provvedimento di annullamento, per
quanto riguarda la competenza, la forma e la procedura, e rimanendo esclusa
ogni diversa valutazione dell'interesse pubblico perseguito. Nell'esame del
bilancio preventivo e del rendiconto della gestione il controllo di legittimità
comprende la coerenza interna degli atti e la corrispondenza dei dati contabili
con quelli delle deliberazioni, nonché con i documenti giustificativi allegati
alle stesse.
2. Il comitato regionale di
controllo, entro dieci giorni dalla ricezione degli atti di cui all'articolo
126, comma 1, può disporre l'audizione dei rappresentanti dell'ente deliberante
o può richiedere, per una sola volta, chiarimenti o elementi integrativi di
giudizio in forma scritta. In tal caso il termine per l'esercizio del controllo
viene sospeso e riprende a decorrere dalla data della trasmissione dei
chiarimenti o elementi integrativi o dell'audizione dei rappresentanti.
3. Il comitato può indicare
all'ente interessato le modificazioni da apportare alle risultanze del
rendiconto della gestione con l'invito ad adottarle entro il termine massimo di
trenta giorni.
4. Nel caso di mancata adozione
delle modificazioni entro il termine di cui al comma 3, o di annullamento della
deliberazione di adozione del rendiconto della gestione da parte del comitato
di controllo, questo provvede alla nomina di uno o più commissari per la redazione
del conto stesso.
5. Non può essere riesaminato il
provvedimento sottoposto a controllo nel caso di annullamento in sede
giurisdizionale di una decisione negativa di controllo.
Articolo 134
Esecutività delle deliberazioni.
1. La deliberazione soggetta al
controllo necessario di legittimità deve essere trasmessa a pena di decadenza
entro il quinto giorno successivo all'adozione. Essa diventa esecutiva se entro
30 giorni dalla trasmissione della stessa il comitato regionale di controllo
non trasmetta all'ente interessato un provvedimento motivato di annullamento.
Le deliberazioni diventano comunque esecutive qualora prima del decorso dello
stesso termine il comitato regionale di controllo dia comunicazione di non aver
riscontrato vizi di legittimità.
2. Nel caso delle deliberazioni
soggette a controllo eventuale la richiesta di controllo sospende l'esecutività
delle stesse fino all'avvenuto esito del controllo.
3. Le deliberazioni non soggette a
controllo necessario o non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive
dopo il decimo giorno dalla loro pubblicazione.
4. Nel caso di urgenza le
deliberazioni del consiglio o della Giunta possono essere dichiarate
immediatamente eseguibili con il voto espresso dalla maggioranza dei
componenti.
Articolo 135
Comunicazione deliberazioni al
prefetto.
1. Il prefetto, nell'esercizio dei
poteri conferitigli dalla legge o a lui delegati dal Ministro dell'interno, ai
sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n.
345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e
successive modificazioni ed integrazioni, qualora ritenga, sulla base di
fondati elementi comunque acquisiti, che esistano tentativi di infiltrazioni di
tipo mafioso nelle attività riguardanti appalti, concessioni, subappalti,
cottimi, noli a caldo o contratti similari per la realizzazione di opere e di
lavori pubblici, ovvero quando sia necessario assicurare il regolare
svolgimento delle attività delle pubbliche amministrazioni, richiede ai competenti
organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti
dalla legge.
2. Ai medesimi fini indicati nel
comma 1 il prefetto può chiedere che siano sottoposte al controllo preventivo
di legittimità le deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti,
alienazioni, appalti ed in generale a tutti i contratti, con le modalità e i
termini previsti dall'articolo 133, comma 1. Le predette deliberazioni sono
comunicate al prefetto contestualmente all'affissione all'albo.
Articolo 136
Poteri sostitutivi per omissione o
ritardo di atti obbligatori.
1. Qualora gli enti locali,
sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di
compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta
nominato dal difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato
regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni
dal conferimento dell'incarico.
Articolo 137
Poteri sostitutivi del Governo.
1. Con riferimento alle funzioni e
ai compiti spettanti agli enti locali, in caso di accertata inattività che
comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione
europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro competente per materia,
assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere.
2. Decorso inutilmente tale
termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un
commissario che provvede in via sostitutiva.
3. In casi di assoluta urgenza,
non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può
adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri,
di concerto con il Ministro
competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è
immediatamente comunicato alla Conferenza Stato-città e autonomie locali
allargata ai rappresentanti delle comunità montane, che ne può chiedere il
riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'articolo 8, comma 3, della
legge 15 marzo 1997, n. 59.
4. Restano ferme le disposizioni
in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente.
Articolo 138
Annullamento straordinario.
1. In applicazione dell'articolo
2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a
tutela dell'unità dell'ordinamento, con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio
o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali
viziati da illegittimità.
Articolo 139
Pareri obbligatori.
1. Ai pareri obbligatori delle
amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, delle regioni e di ogni
altro ente sottoposto a tutela statale, regionale e subregionale, prescritti da
qualsiasi norma avente forza di legge ai fini della programmazione,
progettazione ed esecuzione di opere pubbliche o di altre attività degli enti
locali, si applicano le disposizioni dell'articolo 16 della legge 7 agosto
1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni, salvo specifiche
disposizioni di legge.
Articolo 140
Norma finale.
1. Le disposizioni del presente
capo si applicano anche agli altri enti di cui all'articolo 2, compresi i
consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono
attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo
statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali, intendendosi
sostituiti alla Giunta e al consiglio del comune o della provincia i
corrispondenti organi di governo.
Capo II - Controllo sugli organi
Articolo 141
Scioglimento e sospensione dei
consigli comunali e provinciali.
1. I consigli comunali e
provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro dell'interno:
a) quando compiano atti contrari
alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per
gravi motivi di ordine pubblico;
b) quando non possa essere
assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti
cause:
1) impedimento permanente,
rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;
2) dimissioni del sindaco o del
presidente della provincia;
3) cessazione dalla carica per
dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché
contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà più uno dei
membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della
provincia;
4) riduzione dell'organo
assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del
consiglio;
c) quando non sia approvato nei
termini il bilancio.
2. Nella ipotesi di cui alla
lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve
essere approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo
schema, l'organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo
predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque
quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di
bilancio predisposto dalla Giunta, l'organo regionale di controllo assegna al
consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non
superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce,
mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del
provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la
procedura per lo scioglimento del consiglio.
3. Nei casi diversi da quelli
previsti dal numero 1) della lettera b) del comma 1, con il decreto di
scioglimento si provvede alla nomina di un commissario, che esercita le
attribuzioni conferitegli con il decreto stesso.
4. Il rinnovo del consiglio nelle
ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile
previsto dalla legge.
5. I consiglieri cessati dalla
carica per effetto dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla
nomina dei successori, gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti.
6. Al decreto di scioglimento è
allegata la relazione del Ministro contenente i motivi del provvedimento;
dell'adozione del decreto di scioglimento è data immediata comunicazione al
parlamento. Il decreto è pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» della Repubblica
italiana.
7. Iniziata la procedura di cui ai
commi precedenti ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per
motivi di grave e urgente necessità, può sospendere, per un periodo comunque
non superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali e nominare un
commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente.
8. Ove non diversamente previsto
dalle leggi regionali le disposizioni di cui al presente articolo si applicano,
in quanto compatibili, agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1 ed
ai consorzi tra enti locali. Il relativo provvedimento di scioglimento degli
organi comunque denominati degli enti locali di cui al presente comma è
disposto con decreto del Ministro dell'interno.
Articolo 142
Rimozione e sospensione di
amministratori locali.
1. Con decreto del Ministro
dell'interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei
consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i
presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano
atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o
per gravi motivi di ordine pubblico.
2. In attesa del decreto, il
prefetto può sospendere gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano
motivi di grave e urgente necessità.
3. Sono fatte salve le
disposizioni dettate dagli articoli 58 e 59.
Articolo 143
Scioglimento dei consigli comunali
e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di
tipo mafioso.
1. Fuori dei casi previsti
dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche
a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7,
emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con
la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori
stessi, che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il
buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare
funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da
arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.
Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione
dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia e di
componente delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle leggi
vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti, nonché
di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte.
2. Lo scioglimento è disposto con
decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno,
previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il provvedimento di
scioglimento deliberato dal Consiglio dei Ministri è trasmesso al Presidente
della Repubblica per l'emanazione del decreto ed è contestualmente trasmesso
alle Camere. Il procedimento è avviato dal prefetto della provincia con una
relazione che tiene anche conto di elementi eventualmente acquisiti con i
poteri delegati dal Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 2, comma
2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni
ed integrazioni. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui
al comma 1 o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto
può richiedere preventivamente informazioni al
procuratore della Repubblica
competente, il quale, in deroga all'articolo 329 del codice di procedura
penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete
per le esigenze del procedimento.
3. Il decreto di scioglimento
conserva i suoi effetti per un periodo da dodici a diciotto mesi prorogabili
fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, dandone
comunicazione alle commissioni parlamentari competenti, al fine di assicurare
il buon andamento delle amministrazioni e il regolare funzionamento dei servizi
ad esse affidati. Il decreto di scioglimento, con allegata la relazione del
Ministro, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
4. Il provvedimento con il quale
si dispone l'eventuale proroga della durata dello scioglimento a norma del
comma 3 è adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente la data
fissata per lo svolgimento delle elezioni relative al rinnovo degli organi. Si
osservano le procedure e le modalità stabilite dal comma 2 del presente
articolo.
5. Quando ricorrono motivi di
urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende
gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa
connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio
di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di 60 giorni e il
termine del decreto di cui al comma 3 decorre dalla data del provvedimento di
sospensione.
6. Si fa luogo comunque allo
scioglimento degli organi a norma del presente articolo quando sussistono le
condizioni indicate nel comma 1, ancorché ricorrano le situazioni previste
dall'articolo 141.
Articolo 144
Commissione straordinaria e
Comitato di sostegno e monitoraggio.
1. Con il decreto di scioglimento
di cui all'articolo 143 è nominata una commissione straordinaria per la
gestione dell'ente, la quale esercita le attribuzioni che le sono conferite con
il decreto stesso. La commissione è composta di tre membri scelti tra
funzionari dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della
giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione rimane
in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile.
2. Presso il Ministero
dell'interno è istituito, con personale della amministrazione, un comitato di
sostegno e di monitoraggio dell'azione delle commissioni straordinarie di cui
al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria.
3. Con decreto del Ministro
dell'interno, adottato a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto
1988, n. 400, sono determinate le modalità di organizzazione e funzionamento
della commissione straordinaria per l'esercizio delle attribuzioni ad essa
conferite, le modalità di pubblicizzazione degli atti adottati dalla
commissione stessa, nonché le modalità di organizzazione e funzionamento del
comitato di cui al comma 2.
Articolo 145
Gestione straordinaria.
1. Quando in relazione alle
situazioni indicate nel comma 1 dell'articolo 143 sussiste la necessità di
assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti nei cui confronti è
stato disposto lo scioglimento, il prefetto, su richiesta della commissione
straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, può disporre, anche in
deroga alle norme vigenti, l'assegnazione in via temporanea, in posizione di
comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed
enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di
sovraordinazione. Al personale assegnato spetta un compenso mensile lordo
proporzionato alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non
superiore al 50 per cento del compenso spettante a ciascuno dei componenti
della commissione straordinaria, nonché, ove dovuto, il trattamento economico
di missione stabilito dalla legge per i dipendenti dello Stato in relazione
alla qualifica funzionale posseduta nell'amministrazione di appartenenza. Tali
competenze sono a carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura, sulla
base di idonea documentazione giustificativa, sugli accreditamenti emessi, in
deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal Ministero dell'interno. La
prefettura, in caso di ritardo nell'emissione degli accreditamenti è
autorizzata a prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della
contabilità speciale. Per il personale non dipendente dalle amministrazioni
centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede al rimborso al
datore di lavoro dello stipendio lordo, per la parte proporzionalmente
corrispondente alla durata delle prestazioni rese. Agli oneri derivanti dalla
presente disposizione si provvede con una quota parte del 10 per cento delle
somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, e
successive modificazioni, nonché del ricavato delle vendite disposte a norma
dell'articolo 4, commi 4 e 6, del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative ai
beni mobili o immobili ed ai beni costituiti in azienda confiscati ai sensi
della medesima legge n. 575/1965. Alla scadenza del periodo di assegnazione, la
commissione straordinaria potrà rilasciare, sulla base della valutazione
dell'attività prestata dal personale assegnato, apposita certificazione di
lodevole servizio che costituisce titolo valutabile ai fini della progressione
di carriera e nei concorsi interni e pubblici nelle amministrazioni dello Stato,
delle regioni e degli enti locali.
2. Per far fronte a situazioni di
gravi disservizi e per avviare la sollecita realizzazione di opere pubbliche
indifferibili, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo
144, entro il termine di sessanta giorni dall'insediamento, adotta un piano di
priorità degli interventi, anche con riferimento a progetti già approvati e non
eseguiti. Gli atti relativi devono essere nuovamente approvati dalla
commissione straordinaria. La relativa deliberazione, esecutiva a norma di
legge, è inviata entro dieci giorni al prefetto il quale, sentito il comitato
provinciale della pubblica amministrazione opportunamente integrato con i
rappresentanti di uffici tecnici delle amministrazioni statali, regionali o
locali, trasmette gli atti all'amministrazione regionale territorialmente
competente per il tramite del commissario del Governo, o alla Cassa depositi e
prestiti, che provvedono alla dichiarazione di priorità di accesso ai
contributi e finanziamenti a carico degli stanziamenti comunque destinati agli
investimenti degli enti locali. Le disposizioni del presente comma si applicano
ai predetti enti anche in deroga alla disciplina sugli enti locali dissestati,
limitatamente agli importi totalmente ammortizzabili con contributi statali o
regionali ad essi effettivamente assegnati.
3. Le disposizioni di cui ai commi
1 e 2 si applicano, a far tempo dalla data di insediamento degli organi e fino
alla scadenza del mandato elettivo, anche alle amministrazioni comunali e
provinciali, i cui organi siano rinnovati al termine del periodo di
scioglimento disposto ai sensi del comma 1 dell'articolo 143.
4. Nei casi in cui lo scioglimento
è disposto anche con riferimento a situazioni di infiltrazione o di
condizionamento di tipo mafioso, connesse all'aggiudicazione di appalti di
opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero l'affidamento in
concessione di servizi pubblici locali, la commissione straordinaria di cui al
comma 1 dell'articolo 144 procede alle necessarie verifiche con i poteri del
collegio degli ispettori di cui all'articolo 14 del decreto-legge 13 maggio
1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.
203. A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria adotta tutti
i provvedimenti ritenuti necessari e può disporre d'autorità la revoca delle
deliberazioni già adottate, in qualunque momento e fase della procedura
contrattuale, o la rescissione del contratto già concluso.
5. Ferme restando le forme di
partecipazione popolare previste dagli statuti in attuazione dell'articolo 8,
comma 3, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, allo
scopo di acquisire ogni utile elemento di conoscenza e valutazione in ordine a
rilevanti questioni di interesse generale si avvale, anche mediante forme di
consultazione diretta, dell'apporto di rappresentanti delle forze politiche in
àmbito locale, dell'Anci, dell'Upi, delle organizzazioni di volontariato e di
altri organismi locali particolarmente interessati alle questioni da trattare.
Articolo 146
Norma finale.
1. Le disposizioni di cui agli
articoli 143, 144, 145 si applicano anche agli altri enti locali di cui
all'articolo 2, comma 1, nonché ai consorzi di comuni e province, agli organi
comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, alle aziende
speciali dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto
compatibili con i relativi ordinamenti.
2. Il Ministro dell'interno
presenta al Parlamento una relazione semestrale sull'attività svolta dalla
gestione straordinaria dei singoli comuni.
Capo III - Controlli interni
Articolo 147
Tipologia dei controlli interni.
1. Gli enti locali, nell'àmbito
della loro autonomia normativa ed organizzativa, individuano strumenti e
metodologie adeguati a:
a) garantire attraverso il
controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità
e correttezza dell'azione amministrativa;
b) verificare, attraverso il
controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione
amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di
correzione, il rapporto tra costi e risultati;
c) valutare le prestazioni del
personale con qualifica dirigenziale;
d) valutare l'adeguatezza delle
scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti
di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra
risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.
2. I controlli interni sono
ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e
compiti di gestione, quale risulta dagli articoli 3, comma 1, lettere b) e c),
e 14 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni
ed integrazioni.
3. L'organizzazione dei controlli
interni è effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri princìpi di
cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
4. Per l'effettuazione dei
controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici,
mediante convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di
funzionamento.
5. Nell'àmbito dei comitati
provinciali per la pubblica amministrazione, d'intesa con le province, sono
istituite apposite strutture di consulenza e supporto, delle quali possono
avvalersi gli enti locali per l'esercizio dei controlli previsti dal decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 286. A tal fine, i predetti comitati possono
essere integrati con esperti nelle materie di pertinenza.
Capo IV - Controlli esterni sulla
gestione
Articolo 148
Controllo della Corte dei Conti.
1. La Corte dei Conti esercita il
controllo sulla gestione degli enti locali, ai sensi delle disposizioni di cui
alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni ed integrazioni.
Parte seconda
Ordinamento finanziario e
contabile
TITOLO I
Disposizioni generali
Articolo 149
Princìpi generali in materia di
finanza propria e derivata.
1. L'ordinamento della finanza
locale è riservato alla legge, che la coordina con la finanza statale e con
quella regionale.
2. Ai comuni e alle province la
legge riconosce, nell'àmbito della finanza pubblica, autonomia finanziaria
fondata su certezza di risorse proprie e trasferite.
3. La legge assicura, altresì,
agli enti locali potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle
tasse e delle tariffe, con conseguente adeguamento della legislazione
tributaria vigente. A tal fine i comuni e le province in forza dell'articolo 52
del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni
possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie,
salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie
imponibili, dei soggetti passivi e dell'aliquota massima dei singoli tributi,
nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei
contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di
legge vigenti.
4. La finanza dei comuni e delle
province è costituita da:
a) imposte proprie;
b) addizionali e compartecipazioni
ad imposte erariali o regionali;
c) tasse e diritti per servizi
pubblici;
d) trasferimenti erariali;
e) trasferimenti regionali;
f) altre entrate proprie, anche di
natura patrimoniale;
g) risorse per investimenti;
h) altre entrate.
5. I trasferimenti erariali sono
ripartiti in base a criteri obiettivi che tengano conto della popolazione, del
territorio e delle condizioni socio-economiche, nonché in base ad una perequata
distribuzione delle risorse che tenga conto degli squilibri di fiscalità
locale.
6. Lo Stato assegna specifici contributi
per fronteggiare situazioni eccezionali.
7. Le entrate fiscali finanziano i
servizi pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità ed integrano
la contribuzione erariale per l'erogazione dei servizi pubblici indispensabili.
8. A ciascun ente locale spettano
le tasse, i diritti, le tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria
competenza. Gli enti locali determinano per i servizi pubblici tariffe o
corrispettivi a carico degli utenti, anche in modo non generalizzato. Lo Stato
e le Regioni, qualora prevedano per legge casi di gratuità nei servizi di
competenza dei comuni e delle province ovvero fissino prezzi e tariffe
inferiori al costo effettivo della prestazione, debbono garantire agli enti
locali risorse finanziarie compensative.
9. La legge determina un fondo
nazionale ordinario per contribuire ad investimenti degli enti locali destinati
alla realizzazione di opere pubbliche di preminente interesse sociale ed
economico.
10. La legge determina un fondo
nazionale speciale per finanziare con criteri perequativi gli investimenti
destinati alla realizzazione di opere pubbliche unicamente in aree o per
situazioni definite dalla legge statale.
11. L'ammontare complessivo dei
trasferimenti e dei fondi è determinato in base a parametri fissati dalla legge
per ciascuno degli anni previsti dal bilancio pluriennale dello Stato e non è
riducibile nel triennio.
12. Le regioni concorrono al
finanziamento degli enti locali per la realizzazione del piano regionale di
sviluppo e dei programmi di investimento, assicurando la copertura finanziaria
degli oneri necessari all'esercizio di funzioni trasferite o delegate.
13. Le risorse spettanti a comuni
e province per spese di investimento previste da leggi settoriali dello Stato
sono distribuite sulla base di programmi regionali. Le regioni, inoltre,
determinano con legge i finanziamenti per le funzioni da esse attribuite agli
enti locali in relazione al costo di gestione dei servizi sulla base della
programmazione regionale.
Articolo 150
Princìpi in materia di ordinamento
finanziario e contabile.
1. L'ordinamento finanziario e
contabile degli enti locali è riservato alla legge dello Stato e stabilito
dalle disposizioni di principio del presente testo unico.
2. L'ordinamento stabilisce per
gli enti locali i princìpi in materia di programmazione, gestione e
rendicontazione, nonché i princìpi relativi alle attività di investimento, al
servizio di tesoreria, ai compiti ed alle attribuzioni dell'organo di revisione
economico-finanziaria e, per gli enti cui sia applicabile, alla disciplina del
risanamento finanziario.
3. Restano salve le competenze
delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Articolo 151
Princìpi in materia di
contabilità.
1. Gli enti locali deliberano
entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo,
osservando i princìpi di unità, annualità, universalità ed integrità,
veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. Il termine può essere differito
con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Stato-città ed
autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.
2. Il bilancio è corredato di una
relazione previsionale e programmatica, di un bilancio pluriennale di durata
pari a quello della Regione di appartenenza e degli allegati previsti
dall'articolo 172 o da altre norme di legge.
3. I documenti di bilancio devono
comunque essere redatti in modo da consentirne la lettura per programmi,
servizi ed interventi.
4. I provvedimenti dei
responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al
responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del
visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria.
5. I risultati di gestione sono
rilevati anche mediante contabilità economica e dimostrati nel rendiconto
comprendente il conto del bilancio e il conto del patrimonio.
6. Al rendiconto è allegata una
relazione illustrativa della Giunta che esprime le valutazioni di efficacia
dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai
programmi ed ai costi sostenuti.
7. Il rendiconto è deliberato
dall'organo consiliare entro il 30 giugno dell'anno successivo.
Articolo 152
Regolamento di contabilità.
1. Con il regolamento di
contabilità ciascun ente locale applica i princìpi contabili stabiliti dal
presente testo unico, con modalità organizzative corrispondenti alle
caratteristiche di ciascuna comunità, ferme restando le disposizioni previste
dall'ordinamento per assicurare l'unitarietà ed uniformità del sistema
finanziario e contabile.
2. Il regolamento di contabilità
assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle
gestioni relative ad enti od organismi costituiti per l'esercizio di funzioni e
servizi.
3. Il regolamento di contabilità
stabilisce le norme relative alle competenze specifiche dei soggetti
dell'amministrazione preposti alla programmazione, adozione ed attuazione dei
provvedimenti di gestione che hanno carattere finanziario e contabile, in
armonia con le disposizioni del presente testo unico e delle altre leggi
vigenti.
4. I regolamenti di contabilità
sono approvati nel rispetto delle norme della parte seconda del presente testo
unico, da considerarsi come princìpi generali con valore di limite
inderogabile, con eccezione delle sottoelencate norme, le quali non si
applicano qualora il regolamento di contabilità dell'ente rechi una differente
disciplina:
a) articoli 177 e 178;
b) articoli 179, commi 2, lettere
b) c) e d), e 3, 180, commi da 1 a 3, 181, commi 1 e 3, 182, 184,
185, commi da 2 a 4;
c) articoli 186, 191, comma 5,
197, 198;
d) articoli 199, 202, comma 2,
203, 205, 207;
e) articoli da 213 a 215, 216,
comma 3, da 217 a 219, 221, 224, 225;
f) articoli 235, commi 2 e 3, 237,
238.
Articolo 153
Servizio economico-finanziario.
1. Con il regolamento
sull'ordinamento degli uffici e dei servizi sono disciplinati l'organizzazione
del servizio finanziario, o di ragioneria o qualificazione corrispondente,
secondo le dimensioni demografiche e l'importanza economico-finanziaria
dell'ente. Al servizio è affidato il coordinamento e la gestione dell'attività
finanziaria.
2. È consentito stipulare apposite
convenzioni tra gli enti per assicurare il servizio a mezzo di strutture
comuni.
3. Il responsabile del servizio
finanziario di cui all'articolo 151, comma 4, si identifica con il responsabile
del servizio o con i soggetti preposti alle eventuali articolazioni previste
dal regolamento di contabilità.
4. Il responsabile del servizio
finanziario, di ragioneria o qualificazione corrispondente, è preposto alla
verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità delle
previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio
annuale o pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento
delle entrate e di impegno delle spese.
5. Il regolamento di contabilità
disciplina le modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità
contabile sulle proposte di deliberazione ed apposto il visto di regolarità
contabile sulle determinazioni dei soggetti abilitati. Il responsabile del
servizio finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in
relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa e,
quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione degli accertamenti di
entrata vincolata secondo quanto previsto dal regolamento di contabilità.
6. Il regolamento di contabilità
disciplina le segnalazioni obbligatorie dei fatti e delle valutazioni del
responsabile finanziario al legale rappresentante dell'ente, al consiglio
dell'ente nella persona del suo presidente, al segretario ed all'organo di
revisione ove si rilevi che la gestione delle entrate o delle spese correnti
evidenzi il costituirsi di situazioni - non compensabili da maggiori entrate o
minori spese - tali da pregiudicare gli equilibri del bilancio. In ogni caso la
segnalazione è effettuata entro sette giorni dalla conoscenza dei fatti. Il
consiglio provvede al riequilibrio a norma dell'articolo 193, entro trenta
giorni dal ricevimento della segnalazione, anche su proposta della Giunta.
7. Lo stesso regolamento prevede
l'istituzione di un servizio di economato, cui viene preposto un responsabile,
per la gestione di cassa delle spese di ufficio di non rilevante ammontare.
Articolo 154
Osservatorio sulla finanza e la
contabilità degli enti locali.
1. È istituito presso il Ministero
dell'interno l'Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali.
2. L'Osservatorio ha il compito di
promuovere la corretta gestione delle risorse finanziarie, strumentali ed
umane, la salvaguardia degli equilibri di bilancio, l'applicazione dei princìpi
contabili e la congruità degli strumenti applicativi, nonché la sperimentazione
di nuovi modelli contabili. L'Osservatorio adotta iniziative di divulgazione e
di approfondimento finalizzate ad agevolare l'applicazione ed il recepimento
delle norme.
3. L'Osservatorio presenta al
Ministro dell'interno almeno una relazione annuale sullo stato di applicazione
delle norme, con proposte di integrazione normativa e di princìpi contabili di
generale applicazione.
4. Il presidente ed i componenti
dell'Osservatorio, in numero non superiore a diciotto, sono nominati dal
Ministro dell'interno con proprio decreto tra funzionari dello Stato, o di
altre pubbliche amministrazioni, professori e ricercatori universitari ed
esperti. L'Upi, l'Anci e l'Uncem designano ciascuna un proprio rappresentante.
L'Osservatorio dura in carica cinque anni.
5. Il Ministro dell'interno può
assegnare ulteriori funzioni nell'àmbito delle finalità generali del comma 2 ed
emanare norme di funzionamento e di organizzazione.
6. L'Osservatorio si avvale delle
strutture e dell'organizzazione della Direzione centrale per la finanza locale
e per i servizi finanziari dell'Amministrazione civile del Ministero
dell'interno.
7. Ai componenti dell'Osservatorio
spettano il trattamento economico ed i rimborsi spese previsti per i componenti
della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali.
Articolo 155
Commissione per la finanza e gli
organici degli enti locali.
1. La Commissione per la finanza e
gli organici degli enti locali operante presso il Ministero dell'interno, già
denominata Commissione di ricerca per la finanza locale, svolge i seguenti
compiti:
a) controllo centrale, da
esercitare prioritariamente in relazione alla verifica della compatibilità
finanziaria, sulle dotazioni organiche e sui provvedimenti di assunzione di
personale degli enti dissestati e degli enti strutturalmente deficitari, ai
sensi dell'articolo 243;
b) parere da rendere al Ministro
dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego del piano di
estinzione delle passività, ai sensi dell'articolo 256, comma 7;
c) proposta al Ministro
dell'interno di misure straordinarie per il pagamento della massa passiva in
caso di insufficienza delle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 256,
comma 12;
d) parere da rendere in merito
all'assunzione del mutuo con la Cassa depositi e prestiti da parte dell'ente locale,
ai sensi dell'articolo 255, comma 5;
e) parere da rendere al Ministro
dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego dell'ipotesi di
bilancio stabilmente riequilibrato, ai sensi dell'articolo 261;
f) proposta al Ministro
dell'interno di adozione delle misure necessarie per il risanamento dell'ente
locale, a seguito del ricostituirsi di disavanzo di amministrazione o
insorgenza di debiti fuori bilancio
non ripianabili con i normali
mezzi o mancato rispetto delle prescrizioni poste a carico dell'ente, ai sensi
dell'articolo 268;
g) parere da rendere al Ministro
dell'interno sul provvedimento di sostituzione di tutto o parte dell'organo
straordinario di liquidazione, ai sensi dell'articolo 254, comma 8;
h) approvazione, previo esame,
della rideterminazione della pianta organica dell'ente locale dissestato, ai
sensi dell'articolo 259, comma 7.
2. La composizione e le modalità
di funzionamento della Commissione sono disciplinate con regolamento da
adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.
400.
Articolo 156
Classi demografiche e popolazione
residente.
1. Ai fini dell'applicazione delle
disposizioni contenute nella parte seconda del presente testo unico
valgono per i comuni, se non
diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche:
a) comuni con meno di 500
abitanti;
b) comuni da 500 a 999 abitanti;
c) comuni da 1.000 a 1.999
abitanti;
d) comuni da 2.000 a 2.999
abitanti;
e) comuni da 3.000 a 4.999
abitanti;
f) comuni da 5.000 a 9.999
abitanti;
g) comuni da 10.000 a 19.999
abitanti;
h) comuni da 20.000 a 59.999
abitanti;
i) comuni da 60.000 a 99.999
abitanti;
l) comuni da 100.000 a 249.999
abitanti;
m) comuni da 250.000 a 499.999
abitanti;
n) comuni da 500.000 abitanti ed
oltre.
2. Le disposizioni del presente
testo unico e di altre leggi e regolamenti relative all'attribuzione di
contributi erariali di qualsiasi natura, nonché all'inclusione nel sistema di
tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, alla disciplina del
dissesto finanziario ed alla disciplina dei revisori dei conti, che facciano
riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non diversamente
disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata alla fine del
penultimo anno precedente per le province ed i comuni secondo i dati
dell'Istituto nazionale di statistica, ovvero secondo i dati dell'Uncem per le
comunità montane. Per le comunità montane e i comuni di nuova istituzione si
utilizza l'ultima popolazione disponibile.
Articolo 157
Consolidamento dei conti pubblici.
1. Ai fini del consolidamento dei
conti pubblici gli enti locali rispettano le disposizioni di cui agli articoli
25, 29 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed
integrazioni.
Articolo 158
Rendiconto dei contributi
straordinari.
1. Per tutti i contributi
straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche agli enti locali è dovuta
la presentazione del rendiconto all'amministrazione erogante entro sessanta
giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo, a cura del segretario e
del responsabile del servizio finanziario.
2. Il rendiconto, oltre alla
dimostrazione contabile della spesa, documenta i risultati ottenuti in termini
di efficienza ed efficacia dell'intervento.
3. Il termine di cui al comma 1 è
perentorio. La sua inosservanza comporta l'obbligo di restituzione del
contributo straordinario assegnato.
4. Ove il contributo attenga ad un
intervento realizzato in più esercizi finanziari l'ente locale è tenuto al
rendiconto per ciascun esercizio.
Articolo 159
Norme sulle esecuzioni nei
confronti degli enti locali.
1. Non sono ammesse procedure di
esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso
soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente
intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura
espropriativa.
2. Non sono soggette ad esecuzione
forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, le somme di
competenza degli enti locali destinate a:
a) pagamento delle retribuzioni al
personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi
successivi;
b) pagamento delle rate di mutui e
di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso;
c) espletamento dei servizi locali
indispensabili.
3. Per l'operatività dei limiti
all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con
deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere,
quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette
finalità.
4. Le procedure esecutive
eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli
sulle somme né limitazioni all'attività del tesoriere.
5. I provvedimenti adottati dai
commissari nominati a seguito dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo
37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'articolo 27, comma 1,
numero 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio
decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell'attestazione di
copertura finanziaria prevista dall'articolo 151, comma 4, e non possono avere
ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate
ai sensi del comma 3.
Articolo 160
Approvazione di modelli e schemi
contabili.
1. Con regolamento, da emanare a
norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono approvati:
a) i modelli relativi al bilancio
di previsione, ivi inclusi i quadri riepilogativi;
b) il sistema di codifica del
bilancio e dei titoli contabili di entrata e di spesa;
c) i modelli relativi al bilancio
pluriennale;
d) i modelli relativi al conto del
tesoriere;
e) i modelli relativi al conto del
bilancio ivi incluse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di
deficitarietà strutturale e la tabella dei parametri gestionali;
f) i modelli relativi al conto
economico ed al prospetto di conciliazione;
g) i modelli relativi al conto del
patrimonio;
h) i modelli relativi alla resa
del conto da parte degli agenti contabili di cui all'articolo 227.
2. Con regolamento, da emanare a
norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è approvato lo
schema relativo alla relazione previsionale e programmatica previo parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome.
Articolo 161
Certificazioni di bilancio.
1. Gli enti locali sono tenuti a
redigere apposite certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione
e del rendiconto. Le certificazioni sono firmate dal segretario e dal
responsabile del servizio finanziario.
2. Le modalità per la struttura,
la redazione e la presentazione delle certificazioni sono stabilite tre mesi
prima della scadenza di ciascun adempimento con decreto del Ministro
dell'interno d'intesa con l'Anci, con l'Upi e con l'Uncem, da pubblicare nella
Gazzetta Ufficiale.
3. La mancata presentazione di un
certificato comporta la sospensione della seconda rata del contributo ordinario
dell'anno nel quale avviene l'inadempienza (2).
4. Il Ministero dell'interno
provvede a rendere disponibili i dati delle certificazioni alle regioni, alle
associazioni rappresentative degli enti locali, alla Corte dei conti ed
all'Istituto nazionale di statistica.
(2) L'art. 3, O.M. 27 ottobre 2000
(Gazz. Uff. 3 novembre 2000, n. 257) ha stabilito che la
disposizioni contenute nel
presente comma sono sospese, per l'anno 2000, nei confronti degli enti locali
delle regioni Valle d'Aosta,
Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria e Calabria.
TITOLO II
Programmazione e bilanci
Capo I - Programmazione
Articolo 162
Princìpi del bilancio.
1. Gli enti locali deliberano
annualmente il bilancio di previsione finanziario redatto in termini di
competenza, per l'anno successivo, osservando i princìpi di unità, annualità,
universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. La
situazione corrente, come definita al comma 6 del presente articolo, non può
presentare un disavanzo.
2. Il totale delle entrate
finanzia indistintamente il totale delle spese, salvo le eccezioni di legge.
3. L'unità temporale della
gestione è l'anno finanziario, che inizia il 1° gennaio e termina il 31
dicembre dello stesso anno; dopo tale termine non possono più effettuarsi
accertamenti di entrate e impegni di spesa in conto dell'esercizio scaduto.
4. Tutte le entrate sono iscritte
in bilancio al lordo delle spese di riscossione a carico degli enti locali e di
altre eventuali spese ad esse connesse. Parimenti tutte le spese sono iscritte
in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate. La
gestione finanziaria è unica come il relativo bilancio di previsione: sono
vietate le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in bilancio.
5. Il bilancio di previsione è
redatto nel rispetto dei princìpi di veridicità ed attendibilità, sostenuti da
analisi riferite ad un adeguato arco di tempo o, in mancanza, da altri idonei
parametri di riferimento.
6. Il bilancio di previsione è
deliberato in pareggio finanziario complessivo. Inoltre le previsioni di
competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza
relative alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e dei
prestiti obbligazionari non possono essere complessivamente superiori alle
previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata e non possono avere
altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni previste per legge. Per le
comunità montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate.
7. Gli enti assicurano ai
cittadini ed agli organismi di partecipazione, di cui all'articolo 8, la
conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale e
dei suoi allegati con le modalità previste dallo statuto e dai regolamenti.
Articolo 163
Esercizio provvisorio e gestione
provvisoria.
1. Nelle more dell'approvazione
del bilancio di previsione da parte dell'organo regionale di controllo,
l'organo consiliare dell'ente delibera l'esercizio provvisorio, per un periodo
non superiore a due mesi, sulla base del bilancio già deliberato. Gli enti
locali possono effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non
superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste nel bilancio
deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o
non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi.
2. Ove non sia stato deliberato il
bilancio di previsione, è consentita esclusivamente una gestione provvisoria,
nei limiti dei corrispondenti stanziamenti di spesa dell'ultimo bilancio
approvato, ove esistenti. La gestione provvisoria è limitata all'assolvimento
delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti
giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla
legge, al pagamento delle spese di personale, di residui passivi, di rate di
mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in generale, limitata alle sole
operazioni necessarie per evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e
gravi all'ente.
3. Ove la scadenza del termine per
la deliberazione del bilancio di previsione sia stata fissata da norme statali
in un periodo successivo all'inizio dell'esercizio finanziario di riferimento,
l'esercizio provvisorio si intende automaticamente autorizzato sino a tale
termine e si applicano le modalità di gestione di cui al comma 1, intendendosi
come riferimento l'ultimo bilancio definitivamente approvato.
Articolo 164
Caratteristiche del bilancio.
1. L'unità elementare del bilancio
per l'entrata è la risorsa e per la spesa è l'intervento per ciascun servizio.
Nei servizi per conto di terzi, sia nell'entrata che nella spesa, l'unità
elementare è il capitolo, che indica l'oggetto.
2. Il bilancio di previsione
annuale ha carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa,
fatta eccezione per i servizi per conto di terzi.
3. In sede di predisposizione del
bilancio di previsione annuale il consiglio dell'ente assicura idoneo
finanziamento agli impegni pluriennali assunti nel corso degli esercizi
precedenti.
Articolo 165
Struttura del bilancio.
1. Il bilancio di previsione
annuale è composto da due parti, relative rispettivamente all'entrata ed alla
spesa.
2. La parte entrata è ordinata
gradualmente in titoli, categorie e risorse, in relazione, rispettivamente,
alla fonte di provenienza, alla tipologia ed alla specifica individuazione
dell'oggetto dell'entrata.
3. I titoli dell'entrata per
province, comuni, città metropolitane ed unioni di comuni sono:
Titolo I - Entrate tributarie;
Titolo II - Entrate derivanti da
contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Regione e di altri enti
pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla Regione;
Titolo III - Entrate
extratributarie;
Titolo IV - Entrate derivanti da
alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti;
Titolo V - Entrate derivanti da
accensioni di prestiti;
Titolo VI - Entrate da servizi per
conto di terzi.
4. I titoli dell'entrata per le
comunità montane sono:
Titolo I - Entrate derivanti da
contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Regione e di altri enti
pubblici anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dalla Regione;
Titolo II - Entrate
extratributarie;
Titolo III - Entrate derivanti da
alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti;
Titolo IV - Entrate derivanti da
accensioni di prestiti;
Titolo V - Entrate da servizi per
conto di terzi.
5. La parte spesa è ordinata
gradualmente in titoli, funzioni, servizi ed interventi, in relazione,
rispettivamente, ai principali aggregati economici, alle funzioni degli enti,
ai singoli uffici che gestiscono un complesso di attività ed alla natura
economica dei fattori produttivi nell'àmbito di ciascun servizio.
La parte spesa è leggibile anche
per programmi dei quali è fatta analitica illustrazione in apposito quadro di
sintesi del bilancio e nella relazione previsionale e programmatica.
6. I titoli della spesa sono:
Titolo I - Spese correnti;
Titolo II - Spese in conto
capitale;
Titolo III - Spese per rimborso di
prestiti;
Titolo IV - Spese per servizi per
conto di terzi.
7. Il programma, il quale
costituisce il complesso coordinato di attività, anche normative, relative alle
opere da realizzare e di interventi diretti ed indiretti, non necessariamente
solo finanziari, per il raggiungimento di un fine prestabilito, nel più vasto
piano generale di sviluppo dell'ente, secondo le indicazioni dell'articolo 151,
può essere compreso all'interno di una sola delle funzioni dell'ente, ma può
anche estendersi a più funzioni.
8. A ciascun servizio è correlato
un reparto organizzativo, semplice o complesso, composto da persone e mezzi,
cui è preposto un responsabile.
9. A ciascun servizio è affidato,
col bilancio di previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati negli
interventi assegnati, del quale risponde il responsabile del servizio.
10. Ciascuna risorsa dell'entrata
e ciascun intervento della spesa indicano:
a) l'ammontare degli accertamenti
o degli impegni risultanti dal rendiconto del penultimo anno precedente
all'esercizio di riferimento e la previsione aggiornata relativa all'esercizio
in corso;
b) l'ammontare delle entrate che
si prevede di accertare o delle spese che si prevede di impegnare
nell'esercizio cui il bilancio si riferisce.
11. L'avanzo ed il disavanzo di
amministrazione sono iscritti in bilancio, con le modalità di cui agli articoli
187 e 188, prima di tutte le entrate e prima di tutte le spese.
12. I bilanci di previsione degli
enti locali recepiscono, per quanto non contrasta con la normativa del presente
testo unico, le norme recate dalle leggi delle rispettive regioni di
appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese relative a funzioni
delegate, al fine di consentire la possibilità del controllo regionale sulla
destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e l'omogeneità delle
classificazioni di dette spese nei bilanci di previsione degli enti rispetto a
quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione regionali. Le entrate e
le spese per le funzioni delegate dalle regioni non possono essere collocate
tra i servizi per conto di terzi nei bilanci di previsione degli enti locali.
13. Il bilancio di previsione si
conclude con più quadri riepilogativi.
14. Con il regolamento di cui
all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al bilancio di previsione,
inclusi i quadri riepilogativi, il sistema di codifica del bilancio ed il
sistema di codifica dei titoli contabili di entrata e di spesa, anche ai fini
di cui all'articolo 157.
Articolo 166
Fondo di riserva.
1. Gli enti locali iscrivono nel
proprio bilancio di previsione un fondo di riserva non inferiore allo 0,30 e
non superiore al 2 per cento del totale delle spese correnti inizialmente
previste in bilancio.
2. Il fondo è utilizzato, con
deliberazioni dell'organo esecutivo da comunicare all'organo consiliare nei
tempi stabiliti dal regolamento di contabilità, nei casi in cui si verifichino
esigenze straordinarie di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa
corrente si rivelino insufficienti.
Articolo 167
Ammortamento dei beni.
1. Gli enti locali iscrivono
nell'apposito intervento di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento
accantonato per i beni relativi, almeno per il trenta per cento del valore
calcolato secondo i criteri dell'articolo 229.
2. L'utilizzazione delle somme
accantonate ai fini del reinvestimento è effettuata dopo che gli importi sono
rifluiti nel risultato di amministrazione di fine esercizio ed è possibile la
sua applicazione al bilancio in conformità all'articolo 187.
Articolo 168
Servizi per conto di terzi.
1. Le entrate e le spese relative
ai servizi per conto di terzi, ivi compresi i fondi economali, e che
costituiscono al tempo stesso un debito ed un credito per l'ente, sono ordinati
esclusivamente in capitoli, secondo la partizione contenuta nel regolamento di
cui all'articolo 160.
2. Le previsioni e gli
accertamenti d'entrata conservano l'equivalenza con le previsioni e gli impegni
di spesa.
Articolo 169
Piano esecutivo di gestione.
1. Sulla base del bilancio di
previsione annuale deliberato dal consiglio, l'organo esecutivo definisce,
prima dell'inizio dell'esercizio, il piano esecutivo di gestione, determinando
gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni
necessarie, ai responsabili dei servizi.
2. Il piano esecutivo di gestione
contiene una ulteriore graduazione delle risorse dell'entrata in capitoli, dei
servizi in centri di costo e degli interventi in capitoli.
3. L'applicazione dei commi 1 e 2
del presente articolo è facoltativa per gli enti locali con popolazione
inferiore a 15.000 abitanti e per le comunità montane.
Articolo 170
Relazione previsionale e
programmatica.
1. Gli enti locali allegano al
bilancio annuale di previsione una relazione previsionale e programmatica che
copra un periodo pari a quello del bilancio pluriennale.
2. La relazione previsionale e
programmatica ha carattere generale. Illustra anzitutto le caratteristiche
generali della popolazione, del territorio, dell'economia insediata e dei
servizi dell'ente, precisandone risorse umane, strumentali e tecnologiche.
Comprende, per la parte entrata, una valutazione generale sui mezzi finanziari,
individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l'andamento storico
degli stessi ed i relativi vincoli.
3. Per la parte spesa la relazione
è redatta per programmi e per eventuali progetti, con espresso riferimento ai
programmi indicati nel bilancio annuale e nel bilancio pluriennale, rilevando
l'entità e l'incidenza percentuale della previsione con riferimento alla spesa
corrente consolidata, a quella di sviluppo ed a quella di investimento.
4. Per ciascun programma è data
specificazione della finalità che si intende conseguire e delle risorse umane e
strumentali ad esso destinate, distintamente per ciascuno degli esercizi in cui
si articola il programma stesso ed è data specifica motivazione delle scelte
adottate.
5. La relazione previsionale e
programmatica fornisce la motivata dimostrazione delle variazioni intervenute
rispetto all'esercizio precedente.
6. Per gli organismi gestionali
dell'ente locale la relazione indica anche gli obiettivi che si intendono
raggiungere, sia in termini di bilancio che in termini di efficacia, efficienza
ed economicità del servizio.
7. La relazione fornisce adeguati
elementi che dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con
gli strumenti urbanistici, con particolare riferimento alla delibera di cui
all'articolo 172, comma 1, lettera c), e relativi piani di attuazione e con i
piani economico-finanziari di cui all'articolo 201.
8. Con il regolamento di cui
all'articolo 160 è approvato lo schema di relazione, valido per tutti gli enti,
che contiene le indicazioni minime necessarie a fini del consolidamento dei
conti pubblici.
9. Nel regolamento di contabilità
sono previsti i casi di inammissibilità e di improcedibilità per le
deliberazioni di Consiglio e di Giunta che non sono coerenti con le previsioni
della relazione previsionale e programmatica.
Articolo 171
Bilancio pluriennale.
1. Gli enti locali allegano al
bilancio annuale di previsione un bilancio pluriennale di competenza, di durata
pari a quello della Regione di appartenenza e comunque non inferiore a tre
anni, con osservanza dei princìpi del bilancio di cui all'articolo 162, escluso
il principio dell'annualità.
2. Il bilancio pluriennale
comprende il quadro dei mezzi finanziari che si prevede di destinare per
ciascuno degli anni considerati sia alla copertura di spese correnti che al
finanziamento delle spese di investimento, con indicazione, per queste ultime,
della capacità di ricorso alle fonti di finanziamento.
3. Il bilancio pluriennale per la
parte di spesa è redatto per programmi, titoli, servizi ed interventi, ed
indica per ciascuno l'ammontare delle spese correnti di gestione consolidate e
di sviluppo, anche derivanti dall'attuazione degli investimenti, nonché le
spese di investimento ad esso destinate, distintamente per ognuno degli anni
considerati.
4. Gli stanziamenti previsti nel
bilancio pluriennale, che per il primo anno coincidono con quelli del bilancio
annuale di competenza, hanno carattere autorizzatorio, costituendo limite agli
impegni di spesa, e sono aggiornati annualmente in sede di approvazione del
bilancio di previsione.
5. Con il regolamento di cui
all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al bilancio pluriennale.
Articolo 172
Altri allegati al bilancio di
previsione.
1. Al bilancio di previsione sono
allegati i seguenti documenti:
a) il rendiconto deliberato del
penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di
previsione, quale documento necessario per il controllo da parte del competente
organo regionale;
b) le risultanze dei rendiconti o
conti consolidati delle unioni di comuni, aziende speciali, consorzi,
istituzioni, società di capitali costituite per l'esercizio di servizi
pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si
riferisce;
c) la deliberazione, da adottarsi
annualmente prima dell'approvazione del bilancio, con la quale i comuni
verificano la quantità e qualità di aree e fabbricati da destinarsi alla
residenza, alle attività produttive e terziarie - ai sensi delle leggi 18
aprile 1962, n. 167, 22 ottobre 1971, n. 865, e 5 agosto
1978, n. 457, - che potranno
essere ceduti in proprietà od in diritto di superficie; con la stessa
deliberazione i comuni stabiliscono il prezzo di cessione per ciascun tipo di
area o di fabbricato;
d) il programma triennale dei
lavori pubblici di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109;
e) le deliberazioni con le quali
sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta
e le eventuali maggiori detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i
tributi locali e per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda
individuale, i tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei
servizi stessi;
f) la tabella relativa ai
parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale prevista
dalle disposizioni vigenti in materia.
Articolo 173
Valori monetari.
1. I valori monetari contenuti nel
bilancio pluriennale e nella relazione previsionale e programmatica sono
espressi con riferimento ai periodi ai quali si riferiscono, tenendo conto del
tasso di inflazione programmato.
Capo II - Competenze in materia di
bilanci
Articolo 174
Predisposizione ed approvazione
del bilancio e dei suoi allegati.
1. Lo schema di bilancio annuale
di previsione, la relazione previsionale e programmatica e lo schema di
bilancio pluriennale sono predisposti dall'organo esecutivo e da questo
presentati all'organo consiliare unitamente agli allegati ed alla relazione
dell'organo di revisione.
2. Il regolamento di contabilità
dell'ente prevede per tali adempimenti un congruo termine, nonché i termini
entro i quali possono essere presentati da parte dei membri dell'organo
consiliare emendamenti agli schemi di bilancio predisposti dall'organo
esecutivo.
3. Il bilancio annuale di
previsione è deliberato dall'organo consiliare entro il termine previsto
dall'articolo 151. La relativa deliberazione ed i documenti ad essa allegati
sono trasmessi dal segretario dell'ente all'organo regionale di controllo.
4. Il termine per l'esame del
bilancio da parte dell'organo regionale di controllo, previsto dall'articolo
134, decorre dal ricevimento.
Articolo 175
Variazioni al bilancio di
previsione ed al piano esecutivo di gestione.
1. Il bilancio di previsione può
subire variazioni nel corso dell'esercizio di competenza sia nella parte prima,
relativa alle entrate, che nella parte seconda, relativa alle spese.
2. Le variazioni al bilancio sono
di competenza dell'organo consiliare.
3. Le variazioni al bilancio
possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno.
4. Ai sensi dell'articolo 42 le
variazioni di bilancio possono essere adottate dall'organo esecutivo in via
d'urgenza, salvo ratifica, a pena di decadenza, da parte dell'organo consiliare
entro i sessanta giorni seguenti e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in
corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine.
5. In caso di mancata o parziale
ratifica del provvedimento di variazione adottato dall'organo esecutivo,
l'organo consiliare è tenuto ad adottare nei successivi trenta giorni, e
comunque sempre entro il 31 dicembre dell'esercizio in corso, i provvedimenti
ritenuti necessari nei riguardi dei rapporti
eventualmente sorti sulla base
della deliberazione non ratificata.
6. Per le province, i comuni, le
città metropolitane e le unioni di comuni sono vietati prelievi dagli
stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli
quarto e quinto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati
con le entrate dei primi tre titoli. Per le comunità montane sono vietati i
prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate
iscritte nei titoli terzo e quarto per aumentare gli stanziamenti per gli
interventi finanziati con le entrate dei primi due titoli.
7. Sono vietati gli spostamenti di
dotazioni dai capitoli iscritti nei servizi per conto di terzi in favore di
altre parti del bilancio. Sono vietati gli spostamenti di somme tra residui e
competenza.
8. Mediante la variazione di
assestamento generale, deliberata dall'organo consiliare dell'ente entro il 30
novembre di ciascun anno, si attua la verifica generale di tutte le voci di
entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva, al fine di assicurare il
mantenimento del pareggio di bilancio.
9. Le variazioni al piano
esecutivo di gestione di cui all'articolo 169 sono di competenza dell'organo
esecutivo e possono essere adottate entro il 15 dicembre di ciascun anno.
Articolo 176
Prelevamenti dal fondo di riserva.
1. I prelevamenti dal fondo di
riserva sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere deliberati
sino al 31 dicembre di ciascun anno.
Articolo 177
Competenze dei responsabili dei
servizi.
1. Il responsabile del servizio,
nel caso in cui ritiene necessaria una modifica della dotazione assegnata per
sopravvenute esigenze successive all'adozione degli atti di programmazione,
propone la modifica con modalità definite dal regolamento di contabilità.
2. La mancata accettazione della
proposta di modifica della dotazione deve essere motivata dall'organo
esecutivo.
TITOLO III
Gestione del bilancio
Capo I - Entrate
Articolo 178
Fasi dell'entrata.
1. Le fasi di gestione delle
entrate sono l'accertamento, la riscossione ed il versamento.
Articolo 179
Accertamento.
1. L'accertamento costituisce la
prima fase di gestione dell'entrata mediante la quale, sulla base di idonea
documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un
idoneo titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma da
incassare, nonché fissata la relativa scadenza.
2. L'accertamento delle entrate avviene:
a) per le entrate di carattere
tributario, a seguito di emissione di ruoli o a seguito di altre forme
stabilite per legge;
b) per le entrate patrimoniali e
per quelle provenienti dalla gestione di servizi a carattere produttivo e di
quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell'utenza, a seguito di
acquisizione diretta o di emissione di liste di carico;
c) per le entrate relative a
partite compensative delle spese, in corrispondenza dell'assunzione del
relativo impegno di spesa;
d) per le altre entrate, anche di
natura eventuale o variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari o
atti amministrativi specifici.
3. Il responsabile del
procedimento con il quale viene accertata l'entrata trasmette al responsabile
del servizio finanziario l'idonea documentazione di cui al comma 2, ai fini
dell'annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti
dal regolamento di contabilità dell'ente.
Articolo 180
Riscossione.
1. La riscossione costituisce la
successiva fase del procedimento dell'entrata, che consiste nel materiale
introito da parte del tesoriere o di altri eventuali incaricati della
riscossione delle somme dovute all'ente.
2. La riscossione è disposta a
mezzo di ordinativo di incasso, fatto pervenire al tesoriere nelle forme e nei
tempi previsti dalla convenzione di cui all'articolo 210.
3. L'ordinativo d'incasso è
sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario o da altro dipendente
individuato dal regolamento di contabilità e contiene almeno:
a) l'indicazione del debitore;
b) l'ammontare della somma da
riscuotere;
c) la causale;
d) gli eventuali vincoli di
destinazione delle somme;
e) l'indicazione della risorsa o
del capitolo di bilancio cui è riferita l'entrata, distintamente per residui o
competenza;
f) la codifica;
g) il numero progressivo;
h) l'esercizio finanziario e la
data di emissione.
4. Il tesoriere deve accettare,
senza pregiudizio per i diritti dell'ente, la riscossione di ogni somma,
versata in favore dell'ente, anche senza la preventiva emissione di ordinativo
d'incasso. In tale ipotesi il tesoriere ne dà immediata comunicazione all'ente,
richiedendo la regolarizzazione.
Articolo 181
Versamento.
1. Il versamento costituisce
l'ultima fase dell'entrata, consistente nel trasferimento delle somme riscosse
nelle casse dell'ente.
2. Gli incaricati della
riscossione, interni ed esterni, versano al tesoriere le somme riscosse nei
termini e nei modi fissati dalle disposizioni vigenti e da eventuali accordi
convenzionali, salvo quelli a cui si applicano gli articoli 22 e seguenti del
decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
3. Gli incaricati interni,
designati con provvedimento formale dell'amministrazione, versano le somme
riscosse presso la tesoreria dell'ente con cadenza stabilita dal regolamento di
contabilità.
Capo II - Spese
Articolo 182
Fasi della spesa.
1. Le fasi di gestione della spesa
sono l'impegno, la liquidazione, l'ordinazione ed il pagamento.
Articolo 183
Impegno di spesa.
1. L'impegno costituisce la prima
fase del procedimento di spesa, con la quale, a seguito di obbligazione
giuridicamente perfezionata è determinata la somma da pagare, determinato il
soggetto creditore, indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle
previsioni di bilancio, nell'àmbito della disponibilità finanziaria accertata
ai sensi dell'articolo 151.
2. Con l'approvazione del bilancio
e successive variazioni, e senza la necessità di ulteriori atti, è costituito
impegno sui relativi stanziamenti per le spese dovute:
a) per il trattamento economico
tabellare già attribuito al personale dipendente e per i relativi oneri
riflessi;
b) per le rate di ammortamento dei
mutui e dei prestiti, interessi di preammortamento ed ulteriori oneri
accessori;
c) per le spese dovute
nell'esercizio in base a contratti o disposizioni di legge.
3. Durante la gestione possono
anche essere prenotati impegni relativi a procedure in via di espletamento. I
provvedimenti relativi per i quali entro il termine dell'esercizio non è stata
assunta dall'ente l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e
costituiscono economia della previsione di bilancio alla quale erano riferiti,
concorrendo alla determinazione del risultato contabile di amministrazione di
cui all'articolo 186. Quando la prenotazione di impegno è riferita a procedure
di gara bandite prima della fine dell'esercizio e non concluse entro tale
termine, la prenotazione si tramuta in impegno e conservano validità gli atti
ed i provvedimenti relativi alla gara già adottati.
4. Costituiscono inoltre economia
le minori spese sostenute rispetto all'impegno assunto, verificate con la
conclusione della fase della liquidazione.
5. Le spese in conto capitale si
considerano impegnate ove sono finanziate nei seguenti modi:
a) con l'assunzione di mutui a
specifica destinazione si considerano impegnate in corrispondenza e per
l'ammontare del mutuo, contratto o già concesso, e del relativo
prefinanziamento accertato in entrata;
b) con quota dell'avanzo di
amministrazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare
dell'avanzo di amministrazione accertato;
c) con l'emissione di prestiti
obbligazionari si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del
prestito sottoscritto;
d) con entrate proprie si
considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare delle entrate accertate.
Si considerano, altresì, impegnati
gli stanziamenti per spese correnti e per spese di investimento correlati ad
accertamenti di entrate aventi destinazione vincolata per legge.
6. Possono essere assunti impegni
di spesa sugli esercizi successivi, compresi nel bilancio pluriennale, nel
limite delle previsioni nello stesso comprese.
7. Per le spese che per la loro
particolare natura hanno durata superiore a quella del bilancio pluriennale e
per quelle determinate che iniziano dopo il periodo considerato dal bilancio
pluriennale si tiene conto nella formazione dei bilanci seguenti degli impegni
relativi, rispettivamente, al periodo residuale ed al periodo successivo.
8. Gli atti di cui ai commi 3, 5 e
6 sono trasmessi in copia al servizio finanziario dell'ente, nel termine e con
le modalità previste dal regolamento di contabilità.
9. Il regolamento di contabilità
disciplina le modalità con le quali i responsabili dei servizi assumono atti di
impegno. A tali atti, da definire «determinazioni» e da classificarsi con
sistemi di raccolta che individuano la cronologia degli atti e l'ufficio di
provenienza, si applicano, in via preventiva, le procedure di cui all'articolo
151, comma 4.
Articolo 184
Liquidazione della spesa.
1. La liquidazione costituisce la
successiva fase del procedimento di spesa attraverso la quale, in base ai
documenti ed ai titoli atti a comprovare il diritto acquisito del creditore, si
determina la somma certa e liquida da pagare nei limiti dell'ammontare
dell'impegno definitivo assunto.
2. La liquidazione compete
all'ufficio che ha dato esecuzione al provvedimento di spesa ed è disposta
sulla base della documentazione necessaria a comprovare il diritto del
creditore, a seguito del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della
prestazione e sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e
qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite.
3. L'atto di liquidazione,
sottoscritto dal responsabile del servizio proponente, con tutti i relativi
documenti giustificativi ed i riferimenti contabili è trasmesso al servizio
finanziario per i conseguenti adempimenti.
4. Il servizio finanziario
effettua, secondo i princìpi e le procedure della contabilità pubblica, i
controlli e riscontri amministrativi, contabili e fiscali sugli atti di
liquidazione.
Articolo 185
Ordinazione e pagamento.
1. L'ordinazione consiste nella
disposizione impartita, mediante il mandato di pagamento, al tesoriere
dell'ente locale di provvedere al pagamento delle spese.
2. Il mandato di pagamento è
sottoscritto dal dipendente dell'ente individuato dal regolamento di
contabilità nel rispetto delle leggi vigenti e contiene almeno i seguenti
elementi:
a) il numero progressivo del
mandato per esercizio finanziario;
b) la data di emissione;
c) l'intervento o il capitolo per
i servizi per conto di terzi sul quale la spesa è allocata e la relativa
disponibilità, distintamente per competenza o residui;
d) la codifica;
e) l'indicazione del creditore e,
se si tratta di persona diversa, del soggetto tenuto a rilasciare quietanza,
nonché, ove richiesto, il relativo codice fiscale o la partita IVA;
f) l'ammontare della somma dovuta
e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge o sia stata concordata con il
creditore;
g) la causale e gli estremi
dell'atto esecutivo che legittima l'erogazione della spesa;
h) le eventuali modalità
agevolative di pagamento se richieste dal creditore;
i) il rispetto degli eventuali
vincoli di destinazione.
3. Il mandato di pagamento è
controllato, per quanto attiene alla sussistenza dell'impegno e della
liquidazione, dal servizio finanziario, che provvede altresì alle operazioni di
contabilizzazione e di trasmissione al tesoriere.
4. Il tesoriere effettua i
pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme iscritte a ruolo, da delegazioni
di pagamento, e da altri obblighi di legge, anche in assenza della preventiva
emissione del relativo mandato di pagamento. Entro quindici giorni e comunque
entro il termine del mese in corso l'ente locale emette il relativo mandato ai
fini della regolarizzazione.
Capo III - Risultato di
amministrazione e residui
Articolo 186
Risultato contabile di
amministrazione.
1. Il risultato contabile di
amministrazione è accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo
esercizio chiuso ed è pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e
diminuito dei residui passivi.
Articolo 187
Avanzo di amministrazione.
1. L'avanzo di amministrazione è
distinto in fondi non vincolati, fondi vincolati, fondi per finanziamento spese
in conto capitale e fondi di ammortamento.
2. L'eventuale avanzo di
amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, può essere utilizzato:
a) per il reinvestimento delle
quote accantonate per ammortamento, provvedendo, ove l'avanzo non sia
sufficiente, ad applicare nella parte passiva del bilancio un importo pari alla
differenza;
b) per la copertura dei debiti
fuori bilancio riconoscibili a norma dell'articolo 194;
c) per i provvedimenti necessari
per la salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all'articolo 193 ove non
possa provvedersi con mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di
funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre
spese correnti solo in sede di assestamento;
d) per il finanziamento di spese
di investimento.
3. Nel corso dell'esercizio al
bilancio di previsione può essere applicato, con delibera di variazione,
l'avanzo di amministrazione presunto derivante dall'esercizio immediatamente
precedente con la finalizzazione di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2. Per
tali fondi l'attivazione delle spese può avvenire solo dopo l'approvazione del
conto consuntivo dell'esercizio precedente, con eccezione dei fondi, contenuti
nell'avanzo, aventi specifica destinazione e derivanti da accantonamenti
effettuati con l'ultimo consuntivo approvato, i quali possono essere
immediatamente attivati.
Articolo 188
Disavanzo di amministrazione.
1. L'eventuale disavanzo di
amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, è applicato al bilancio
di previsione nei modi e nei termini di cui all'articolo 193, in aggiunta alle
quote di ammortamento accantonate e non disponibili nel risultato contabile di
amministrazione.
Articolo 189
Residui attivi.
1. Costituiscono residui attivi le
somme accertate e non riscosse entro il termine dell'esercizio.
2. Sono mantenute tra i residui
dell'esercizio esclusivamente le entrate accertate per le quali esiste un
titolo giuridico che costituisca l'ente locale creditore della correlativa
entrata.
3. Alla chiusura dell'esercizio
costituiscono residui attivi le somme derivanti da mutui per i quali è
intervenuta la concessione definitiva da parte della Cassa depositi e prestiti
o degli Istituti di previdenza ovvero la stipulazione del contratto per i mutui
concessi da altri Istituti di credito.
4. Le somme iscritte tra le
entrate di competenza e non accertate entro il termine dell'esercizio
costituiscono minori accertamenti rispetto alle previsioni e, a tale titolo,
concorrono a determinare i risultati finali della gestione.
Articolo 190
Residui passivi.
1. Costituiscono residui passivi
le somme impegnate e non pagate entro il termine dell'esercizio.
2. È vietata la conservazione nel
conto dei residui di somme non impegnate ai sensi dell'articolo 183.
3. Le somme non impegnate entro il
termine dell'esercizio costituiscono economia di spesa e, a tale titolo,
concorrono a determinare i risultati finali della gestione.
Capo IV - Princìpi di gestione e
controllo di gestione
Articolo 191
Regole per l'assunzione di impegni
e per l'effettuazione di spese.
1. Gli enti locali possono
effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente
intervento o capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della
copertura finanziaria di cui all'articolo 153, comma 5. Il responsabile del
servizio, conseguita l'esecutività del provvedimento di spesa, comunica al
terzo interessato l'impegno e la copertura finanziaria, contestualmente
all'ordinazione della prestazione, con l'avvertenza che la successiva fattura
deve essere completata con gli estremi della suddetta comunicazione. Fermo
restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della
comunicazione, ha facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando i dati
non gli vengano comunicati.
2. Per le spese previste dai
regolamenti economali l'ordinazione fatta a terzi contiene il riferimento agli
stessi regolamenti, all'intervento o capitolo di bilancio ed all'impegno.
3. Per i lavori pubblici di somma
urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile,
l'ordinazione fatta a terzi è regolarizzata, a pena di decadenza, entro trenta
giorni e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non
sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data
contestualmente alla regolarizzazione.
4. Nel caso in cui vi è stata
l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi
1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione
e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera
e), tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che
hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto
effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.
5. Agli enti locali che
presentino, nell'ultimo rendiconto deliberato, disavanzo di amministrazione
ovvero indichino debiti fuori bilancio per i quali non sono stati validamente
adottati i provvedimenti di cui all'articolo 193, è fatto divieto di assumere
impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge. Sono
fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti nei
precedenti esercizi.
Articolo 192
Determinazioni a contrattare e
relative procedure.
1. La stipulazione dei contratti
deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del
procedimento di spesa indicante:
a) il fine che con il contratto si
intende perseguire;
b) l'oggetto del contratto, la sua
forma e le clausole ritenute essenziali;
c) le modalità di scelta del
contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle
pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base.
2. Si applicano, in ogni caso, le
procedure previste dalla normativa della Unione europea recepita o comunque
vigente nell'ordinamento giuridico italiano.
Articolo 193
Salvaguardia degli equilibri di
bilancio.
1. Gli enti locali rispettano
durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e
tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti
e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate
dal presente testo unico.
2. Con periodicità stabilita dal
regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro
il 30 settembre di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera ad
effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale
sede l'organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio
o, in caso di accertamento negativo, adotta
contestualmente i provvedimenti
necessari per il ripiano degli eventuali debiti di cui all'articolo 194, per il
ripiano dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto
approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un
disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di
competenza ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie a
ripristinare il pareggio. La deliberazione è allegata al rendiconto
dell'esercizio relativo.
3. Ai fini del comma 2 possono
essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi tutte le entrate e
le disponibilità, ad eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di
prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonché i proventi
derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili.
4. La mancata adozione, da parte
dell'ente, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente articolo è
equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione
di cui all'articolo 141, con applicazione della procedura prevista dal comma 2
del medesimo articolo.
Articolo 194
Riconoscimento di legittimità di
debiti fuori bilancio.
1. Con deliberazione consiliare di
cui all'articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai
regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei
debiti fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di
consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi
derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato
rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'articolo 114 ed il
disavanzo derivi da fatti di gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti
e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di
capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di
occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi,
in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei
limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente,
nell'àmbito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
2. Per il pagamento l'ente può
provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni
finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori.
3. Per il finanziamento delle
spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a norma dell'articolo
193, comma 3, l'ente locale può far ricorso a mutui ai sensi degli articoli 202
e seguenti.
Nella relativa deliberazione
consiliare viene dettagliatamente motivata l'impossibilità di utilizzare altre
risorse.
Articolo 195
Utilizzo di entrate a specifica
destinazione.
1. Gli enti locali, ad eccezione
degli enti in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto di
cui all'articolo 261, comma 3, possono disporre l'utilizzo, in termini di
cassa, di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese
correnti, anche se provenienti dall'assunzione di mutui con istituti diversi
dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non superiore all'anticipazione
di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222.
2. L'utilizzo di somme a specifica
destinazione presuppone l'adozione della deliberazione della Giunta relativa
all'anticipazione di tesoreria di cui all'articolo 222, comma 1, e viene
deliberato in termini generali all'inizio di ciascun esercizio ed è attivato
dal tesoriere su specifiche richieste del servizio finanziario dell'ente.
3. Il ricorso all'utilizzo delle
somme a specifica destinazione, secondo le modalità di cui ai commi 1 e 2,
vincola una quota corrispondente dell'anticipazione di tesoreria. Con i primi
introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita la
consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di
spese correnti.
4. Gli enti locali che hanno
deliberato alienazioni del patrimonio ai sensi dell'articolo 193 possono, nelle
more del perfezionamento di tali atti, utilizzare in termini di cassa le somme
a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del
settore pubblico allargato e del ricavato dei mutui e dei prestiti, con obbligo
di reintegrare le somme vincolate con il ricavato delle alienazioni.
Articolo 196
Controllo di gestione.
1. Al fine di garantire la
realizzazione degli obiettivi programmati, la corretta ed economica gestione
delle risorse pubbliche, l'imparzialità ed il buon andamento della pubblica
amministrazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, gli enti locali
applicano il controllo di gestione secondo le modalità stabilite dal presente
titolo, dai propri statuti e regolamenti di contabilità.
2. Il controllo di gestione è la
procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi
programmati e, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e della
comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la
funzionalità dell'organizzazione dell'ente, l'efficacia, l'efficienza ed il
livello di economicità nell'attività di realizzazione dei predetti obiettivi.
Articolo 197
Modalità del controllo di
gestione.
1. Il controllo di gestione, di
cui all'articolo 147, comma 1 lettera b), ha per oggetto l'intera attività
amministrativa e gestionale delle province, dei comuni, delle comunità montane,
delle unioni dei comuni e delle città metropolitane ed è svolto con una cadenza
periodica definita dal regolamento di
contabilità dell'ente.
2. Il controllo di gestione si
articola almeno in tre fasi:
a) predisposizione di un piano
dettagliato di obiettivi;
b) rilevazione dei dati relativi
ai costi ed ai proventi nonché rilevazione dei risultati raggiunti;
c) valutazione dei dati predetti
in rapporto al piano degli obiettivi al fine di verificare il loro stato di
attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicità
dell'azione intrapresa.
3. Il controllo di gestione è
svolto in riferimento ai singoli servizi e centri di costo, ove previsti,
verificando in maniera complessiva e per ciascun servizio i mezzi finanziari
acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e
quantitativi ottenuti e, per i servizi a carattere produttivo, i ricavi.
4. La verifica dell'efficacia,
dell'efficienza e della economicità dell'azione amministrativa è svolta
rapportando le risorse acquisite ed i costi dei servizi, ove possibile per
unità di prodotto, ai dati risultanti dal rapporto annuale sui parametri gestionali
dei servizi degli enti locali di cui all'articolo 228, comma 7.
Articolo 198
Referto del controllo di gestione.
1. La struttura operativa alla
quale è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce le conclusioni
del predetto controllo agli amministratori ai fini della verifica dello stato
di attuazione degli obiettivi programmati ed ai responsabili dei servizi
affinché questi ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento
della gestione dei servizi di cui sono responsabili.
TITOLO IV
Investimenti
Capo I - Princìpi generali
Articolo 199
Fonti di finanziamento.
1. Per l'attivazione degli
investimenti gli enti locali possono utilizzare:
a) entrate correnti destinate per
legge agli investimenti;
b) avanzi di bilancio, costituiti
da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle
quote capitali di ammortamento dei prestiti;
c) entrate derivanti
dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni di crediti,
proventi da concessioni edilizie e relative sanzioni;
d) entrate derivanti da
trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle Regioni, da altri interventi
pubblici e privati finalizzati agli investimenti, da interventi finalizzati da
parte di organismi comunitari e internazionali;
e) avanzo di amministrazione,
nelle forme disciplinate dall'articolo 187;
f) mutui passivi;
g) altre forme di ricorso al
mercato finanziario consentite dalla legge.
Articolo 200
Programmazione degli investimenti.
1. Per tutti gli investimenti
degli enti locali, comunque finanziati, l'organo deliberante, nell'approvare il
progetto od il piano esecutivo dell'investimento, dà atto della copertura delle
maggiori spese derivanti dallo stesso nel bilancio pluriennale originario,
eventualmente modificato dall'organo consiliare, ed assume impegno di inserire
nei bilanci pluriennali successivi le ulteriori o maggiori previsioni di spesa
relative ad esercizi futuri, delle quali è redatto apposito elenco.
Articolo 201
Finanziamento di opere pubbliche e
piano economico-finanziario.
1. Gli enti locali e le aziende
speciali sono autorizzate ad assumere mutui, anche se assistiti da contributi
dello Stato o delle regioni, per il finanziamento di opere pubbliche destinate
all'esercizio di servizi pubblici, soltanto se i contratti di appalto sono
realizzati sulla base di progetti «chiavi in mano» ed a prezzo non modificabile
in aumento, con procedura di evidenza pubblica e con esclusione della
trattativa privata.
2. Per le nuove opere di cui al
comma 1 il cui progetto generale comporti una spesa superiore al miliardo di
lire, gli enti di cui al comma 1 approvano un piano economico-finanziario
diretto ad accertare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e
della connessa gestione, anche in relazione agli introiti previsti ed al fine
della determinazione delle tariffe.
3. Il piano economico-finanziario
deve essere preventivamente assentito da una banca scelta tra gli istituti
indicati con decreto emanato dal Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica.
4. Le tariffe dei servizi pubblici
di cui al comma 1 sono determinati in base ai seguenti criteri:
a) la corrispondenza tra costi e
ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli
oneri di ammortamento tecnico finanziario;
b) l'equilibrato rapporto tra i
finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l'entità dei costi di gestione
delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del
servizio.
Capo II - Fonti di finanziamento
mediante indebitamento
Articolo 202
Ricorso all'indebitamento.
1. Il ricorso all'indebitamento da
parte degli enti locali è ammesso esclusivamente nelle forme previste dalle
leggi vigenti in materia e per la realizzazione degli investimenti. Può essere
fatto ricorso a mutui passivi per il finanziamento dei debiti fuori bilancio di
cui all'articolo 194 e per altre destinazioni di legge.
2. Le relative entrate hanno
destinazione vincolata.
Articolo 203
Attivazione delle fonti di
finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento.
1. Il ricorso all'indebitamento è
possibile solo se sussistono le seguenti condizioni:
a) avvenuta approvazione del
rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si
intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento;
b) avvenuta deliberazione del
bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni.
2. Ove nel corso dell'esercizio si
renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli già in atto,
l'organo consiliare adotta apposita variazione al bilancio annuale, fermo
restando l'adempimento degli obblighi di cui al comma 1. Contestualmente
modifica il bilancio pluriennale e la relazione previsionale e programmatica
per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la
copertura delle spese di gestione.
Articolo 204
Regole particolari per
l'assunzione di mutui.
1. Oltre al rispetto delle
condizioni di cui all'articolo 203, l'ente locale può assumere nuovi mutui solo
se l'importo annuale degli interessi sommato a quello dei mutui precedentemente
contratti ed a quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo
207, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera
il 25 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del
rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista
l'assunzione dei mutui. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi due
titoli delle entrate. Per gli enti locali di nuova istituzione si fa
riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del
bilancio di previsione.
2. I contratti di mutuo con enti
diversi dalla Cassa depositi e prestiti, dall'Istituto nazionale di previdenza
per i dipendenti dell'amministrazione pubblica e dall'Istituto per il credito
sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e
contenere le seguenti clausole e condizioni:
a) l'ammortamento non può avere
durata inferiore a dieci anni;
b) la decorrenza dell'ammortamento
deve essere fissata al primo gennaio dell'anno successivo a quello della
stipula del contratto; a richiesta dell'ente mutuatario, gli istituti di
credito abilitati sono tenuti, anche in deroga ai loro statuti, a far decorrere
l'ammortamento dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è
avvenuta la stipula del contratto;
c) la rata di ammortamento deve
essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota
interessi;
d) unitamente alla prima rata di
ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli
eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al
medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla
scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal primo
gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del
contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso
del mutuo dalla data di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo
e dovranno essere versati dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31
dicembre successivo;
e) deve essere indicata la natura
della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla
tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del
progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti;
f) deve essere rispettata la
misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato
periodicamente dal Ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica con
proprio decreto.
3. L'ente mutuatario utilizza il
ricavato del mutuo sulla base dei documenti giustificativi della spesa ovvero
sulla base di stati di avanzamento dei lavori. Ai relativi titoli di spesa è
data esecuzione dai tesorieri solo se corredati di una dichiarazione dell'ente
locale che attesti il rispetto delle predette modalità di utilizzo.
Articolo 205
Attivazione di prestiti
obbligazionari.
1. Gli enti locali sono
autorizzati ad attivare prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla
legge.
Capo III - Garanzie per mutui e
prestiti
Articolo 206
Delegazione di pagamento.
1. Quale garanzia del pagamento
delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti gli enti locali possono
rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi
tre titoli del bilancio annuale. Per le comunità montane il riferimento va
fatto ai primi due titoli dell'entrata.
2. L'atto di delega, non soggetto
ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e
costituisce titolo esecutivo.
Articolo 207
Fideiussione.
1. I comuni, le province e le
città metropolitane possono rilasciare a mezzo di deliberazione consiliare
garanzia fideiussoria per l'assunzione di mutui destinati ad investimenti e per
altre operazioni di indebitamento da parte di aziende da essi dipendenti, da
consorzi cui partecipano nonché dalle comunità montane di cui fanno parte.
2. La garanzia fideiussoria può
essere inoltre rilasciata a favore della società di capitali, costituite ai
sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera e), per l'assunzione di mutui
destinati alla realizzazione delle opere di cui all'articolo 116, comma 1. In
tali casi i comuni, le province e le città metropolitane rilasciano la
fideiussione limitatamente alle rate di ammortamento da corrispondersi da parte
della società sino al secondo esercizio finanziario successivo a quello
dell'entrata in funzione dell'opera ed in misura non superiore alla propria
quota percentuale di partecipazione alla società.
3. La garanzia fideiussoria può
essere rilasciata anche a favore di terzi per l'assunzione di mutui destinati
alla realizzazione o alla ristrutturazione di opere a fini culturali, sociali o
sportivi, su terreni di proprietà dell'ente locale, purché siano sussistenti le
seguenti condizioni:
a) il progetto sia stato approvato
dall'ente locale e sia stata stipulata una convenzione con il soggetto
mutuatario che regoli la possibilità di utilizzo delle strutture in funzione
delle esigenze della collettività locale;
b) la struttura realizzata sia
acquisita al patrimonio dell'ente al termine della concessione;
c) la convenzione regoli i
rapporti tra ente locale e mutuatario nel caso di rinuncia di questi alla
realizzazione o ristrutturazione dell'opera.
4. Gli interessi annuali relativi
alle operazioni di indebitamento garantite con fideiussione concorrono alla
formazione del limite di cui al comma 1 dell'articolo 204 e non possono
impegnare più di un quinto di tale limite.
TITOLO V
Tesoreria
Capo I - Disposizioni generali
Articolo 208
Soggetti abilitati a svolgere il
servizio di tesoreria.
1. Gli enti locali hanno un
servizio di tesoreria che può essere affidato:
a) per i comuni capoluoghi di
provincia, le province, le città metropolitane, ad una banca autorizzata a
svolgere l'attività di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 1° settembre
1993, n. 385;
b) per i comuni non capoluoghi di
provincia, le comunità montane e le unioni di comuni, anche a società per
azioni regolarmente costituite con capitale sociale interamente versato non
inferiore a lire 1 miliardo, aventi per oggetto la gestione del servizio di
tesoreria e la riscossione dei tributi degli enti locali e che alla data del 25
febbraio 1995, risultavano in possesso del codice rilasciato dalla Banca
d'Italia per operare in tesoreria unica, a condizione che abbiano adeguato
entro il 10 marzo 2000 il capitale sociale a quello minimo richiesto dalla
normativa vigente per le banche di credito cooperativo;
c) altri soggetti abilitati per
legge.
Articolo 209
Oggetto del servizio di tesoreria.
1. Il servizio di tesoreria
consiste nel complesso di operazioni legate alla gestione finanziaria dell'ente
locale e finalizzate in particolare alla riscossione delle entrate, al
pagamento delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli adempimenti
connessi previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti dell'ente o da
norme pattizie.
2. Il tesoriere esegue le
operazioni di cui al comma 1 nel rispetto della legge 29 ottobre 1984, n. 720,
e successive modificazioni.
3. Ogni deposito, comunque
costituito, è intestato all'ente locale e viene gestito dal tesoriere.
Articolo 210
Affidamento del servizio di
tesoreria.
1. L'affidamento del servizio
viene effettuato mediante le procedure ad evidenza pubblica stabilite nel
regolamento di contabilità di ciascun ente, con modalità che rispettino i princìpi
della concorrenza.
Qualora ricorrano le condizioni di
legge, l'ente può procedere, per non più di una volta, al rinnovo del contratto
di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto.
2. Il rapporto viene regolato in
base ad una convenzione deliberata dall'organo consiliare dell'ente.
Articolo 211
Responsabilità del tesoriere.
1. Per eventuali danni causati
all'ente affidante o a terzi il tesoriere risponde con tutte le proprie
attività e con il proprio patrimonio.
2. Il tesoriere è responsabile di
tutti i depositi, comunque costituiti, intestati all'ente.
Articolo 212
Servizio di tesoreria svolto per
più enti locali.
1. I soggetti di cui all'articolo
208 che gestiscono il servizio di tesoreria per conto di più enti locali devono
tenere contabilità distinte e separate per ciascuno di essi.
Articolo 213
Gestione informatizzata del
servizio di tesoreria.
1. Qualora l'organizzazione
dell'ente e del tesoriere lo consentano il servizio di tesoreria viene gestito
con metodologie e criteri informatici, con collegamento diretto tra il servizio
finanziario dell'ente ed il tesoriere, al fine di consentire l'interscambio dei
dati e della documentazione relativi alla gestione del servizio.
Capo II - Riscossione delle
entrate
Articolo 214
Operazioni di riscossione.
1. Per ogni somma riscossa il
tesoriere rilascia quietanza, numerata in ordine cronologico per esercizio
finanziario.
Articolo 215
Procedure per la registrazione
delle entrate.
1. Il regolamento di contabilità
dell'ente stabilisce le procedure per la fornitura dei modelli e per la
registrazione delle entrate; disciplina, altresì le modalità per la
comunicazione delle operazioni di riscossione eseguite, nonché la relativa
prova documentale.
Capo III - Pagamento delle spese
Articolo 216
Condizioni di legittimità dei
pagamenti effettuati dal tesoriere.
1. I pagamenti possono avere luogo
solo se i mandati risultano emessi entro i limiti dei rispettivi interventi
stanziati in bilancio o dei capitoli per i servizi per conto di terzi. A tal
fine l'ente trasmette al tesoriere il bilancio di previsione approvato nonché
tutte le delibere di variazione e di prelevamento di quote del fondo di riserva
debitamente esecutive.
2. Nessun mandato di pagamento può
essere estinto dal tesoriere se privo della codifica.
3. Il tesoriere provvede
all'estinzione dei mandati di pagamento emessi in conto residui passivi solo
ove gli stessi trovino riscontro nell'elenco dei residui sottoscritto dal
responsabile del servizio finanziario e consegnato al tesoriere.
Articolo 217
Estinzione dei mandati di
pagamento.
1. L'estinzione dei mandati da
parte del tesoriere avviene nel rispetto della legge e secondo le indicazioni
fornite dall'ente, con assunzione di responsabilità da parte del tesoriere, che
ne risponde con tutto il proprio patrimonio sia nei confronti dell'ente locale
ordinante sia dei terzi creditori, in ordine alla regolarità delle operazioni
di pagamento eseguite.
Articolo 218
Annotazione della quietanza.
1. Il tesoriere annota gli estremi
della quietanza direttamente sul mandato o su documentazione meccanografica da
consegnare all'ente, unitamente ai mandati pagati, in allegato al proprio
rendiconto.
2. Su richiesta dell'ente locale
il tesoriere fornisce gli estremi di qualsiasi operazione di pagamento eseguita
nonché la relativa prova documentale.
Articolo 219
Mandati non estinti al termine
dell'esercizio.
1. I mandati interamente o
parzialmente non estinti alla data del 31 dicembre sono eseguiti mediante
commutazione in assegni postali localizzati o con altri mezzi equipollenti
offerti dal sistema bancario o postale.
Articolo 220
Obblighi del tesoriere per le
delegazioni di pagamento.
1. A seguito della notifica degli
atti di delegazione di pagamento di cui all'articolo 206 il tesoriere è tenuto
a versare l'importo dovuto ai creditori alle scadenze prescritte, con
comminatoria dell'indennità di mora in caso di ritardato pagamento.
Capo IV - Altre attività
Articolo 221
Gestione di titoli e valori.
1. I titoli di proprietà
dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con
versamento delle cedole nel conto di tesoreria alle loro rispettive scadenze.
2. Il tesoriere provvede anche
alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per spese contrattuali,
d'asta e cauzionali a garanzia degli impegni assunti, previo rilascio di
apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente tutti gli
estremi identificativi dell'operazione.
3. Il regolamento di contabilità
dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni.
Articolo 222
Anticipazioni di tesoreria.
1. Il tesoriere, su richiesta
dell'ente corredata dalla deliberazione della Giunta, concede allo stesso
anticipazioni di tesoreria, entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle
entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti per i comuni, le
province, le città metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli di
entrata del bilancio e per le comunità montane ai primi due titoli.
2. Gli interessi sulle
anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le
modalità previste dalla convenzione di cui all'articolo 210.
Capo V - Adempimenti e verifiche
contabili
Articolo 223
Verifiche ordinarie di cassa.
1. L'organo di revisione
economico-finanziaria dell'ente provvede con cadenza trimestrale alla verifica
ordinaria di cassa, alla verifica della gestione del servizio di tesoreria e di
quello degli altri agenti contabili di cui all'articolo 233.
2. Il regolamento di contabilità
può prevedere autonome verifiche di cassa da parte dell'amministrazione
dell'ente.
Articolo 224
Verifiche straordinarie di cassa.
1. Si provvede a verifica
straordinaria di cassa a seguito del mutamento della persona del sindaco, del
Presidente della provincia, del sindaco metropolitano e del presidente della
comunità montana. Alle operazioni di verifica intervengono gli amministratori
che cessano dalla carica e coloro che la assumono, nonché il segretario, il
responsabile del servizio finanziario e l'organo di revisione dell'ente.
Articolo 225
Obblighi di documentazione e
conservazione.
1. Il tesoriere è tenuto, nel
corso dell'esercizio, ai seguenti adempimenti:
a) aggiornamento e conservazione
del giornale di cassa;
b) conservazione del verbale di
verifica di cassa di cui agli articoli 223 e 224;
c) conservazione delle rilevazioni
periodiche di cassa previste dalla legge.
2. Le modalità e la periodicità di
trasmissione della documentazione di cui al comma 1 sono fissate nella
convenzione.
Articolo 226
Conto del tesoriere.
1. Entro il termine di due mesi
dalla chiusura dell'esercizio finanziario, il tesoriere, ai sensi dell'articolo
93, rende all'ente locale il conto della propria gestione di cassa il quale lo
trasmette alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro 60
giorni dall'approvazione del rendiconto.
2. Il conto del tesoriere è
redatto su modello approvato col regolamento di cui all'articolo 160. Il
tesoriere allega al conto la seguente documentazione:
a) gli allegati di svolgimento per
ogni singola risorsa di entrata, per ogni singolo intervento di spesa nonché
per ogni capitolo di entrata e di spesa per i servizi per conto di terzi;
b) gli ordinativi di riscossione e
di pagamento;
c) la parte delle quietanze
originali rilasciate a fronte degli ordinativi di riscossione e di pagamento o,
in sostituzione, i documenti meccanografici contenenti gli estremi delle
medesime;
d) eventuali altri documenti
richiesti dalla Corte dei conti.
TITOLO VI
Rilevazione e dimostrazione dei
risultati di gestione
Articolo 227
Rendiconto della gestione.
1. La dimostrazione dei risultati
di gestione avviene mediante il rendiconto, il quale comprende il conto del
bilancio, il conto economico ed il conto del patrimonio.
2. Il rendiconto è deliberato
dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 giugno dell'anno successivo,
tenuto motivatamente conto della relazione dell'organo di revisione. La
proposta è messa a disposizione dei componenti dell'organo consiliare prima
dell'inizio della sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto
entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal regolamento. Il
rendiconto deliberato è inviato all'organo regionale di controllo ai sensi e
con le modalità di cui all'articolo 133.
3. Per le province, le città
metropolitane, i comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti e quelli i
cui rendiconti si chiudono in disavanzo ovvero rechino la indicazione di debiti
fuori bilancio, il rendiconto è presentato alla Sezione Enti locali della Corte
dei conti per il referto di cui all'articolo 13
del decreto-legge 22 dicembre
1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n.
51, e successive modifiche ed integrazioni.
4. Ai fini del referto di cui
all'articolo 3, commi 4 e 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e del
consolidamento dei conti pubblici, la Sezione Enti locali potrà richiedere i
rendiconti di tutti gli altri enti locali.
5. Sono allegati al rendiconto:
a) la relazione dell'organo
esecutivo di cui all'articolo 151, comma 6;
b) la relazione dei revisori dei
conti di cui all'articolo 239, comma 1, lettera d);
c) l'elenco dei residui attivi e
passivi distinti per anno di provenienza.
6. Qualora l'organizzazione degli
enti locali lo consenta il rendiconto è trasmesso alla Sezione enti locali
anche attraverso strumenti informatici, con modalità da definire attraverso
appositi protocolli di comunicazione.
Articolo 228
Conto del bilancio.
1. Il conto del bilancio dimostra
i risultati finali della gestione autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale
rispetto alle previsioni.
2. Per ciascuna risorsa
dell'entrata e per ciascun intervento della spesa, nonché per ciascun capitolo
dei servizi per conto di terzi, il conto del bilancio comprende, distintamente
per residui e competenza:
a) per l'entrata le somme accertate,
con distinzione della parte riscossa e di quella ancora da riscuotere;
b) per la spesa le somme
impegnate, con distinzione della parte pagata e di quella ancora da pagare.
3. Prima dell'inserimento nel
conto del bilancio dei residui attivi e passivi l'ente locale provvede
all'operazione di riaccertamento degli stessi, consistente nella revisione
delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui.
4. Il conto del bilancio si
conclude con la dimostrazione del risultato contabile di gestione e con quello
contabile di amministrazione, in termini di avanzo, pareggio o disavanzo.
5. Al conto del bilancio sono
annesse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà
strutturale e la tabella dei parametri gestionali con andamento triennale. Le
tabelle sono altresì allegate al certificato del rendiconto.
6. Ulteriori parametri di
efficacia ed efficienza contenenti indicazioni uniformi possono essere
individuati dal regolamento di contabilità dell'ente locale.
7. Il Ministero dell'interno
pubblica un rapporto annuale, con rilevazione dell'andamento triennale a
livello di aggregati, sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali
indicati nella apposita tabella di cui al comma 5. I parametri a livello
aggregato risultanti dal rapporto sono resi disponibili mediante pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
8. I modelli relativi al conto del
bilancio e le tabelle di cui al comma 5 sono approvati con il regolamento di
cui all'articolo 160.
Articolo 229
Conto economico.
1. Il conto economico evidenzia i
componenti positivi e negativi dell'attività dell'ente secondo criteri di
competenza economica. Comprende gli accertamenti e gli impegni del conto del
bilancio, rettificati al fine di costituire la dimensione finanziaria dei
valori economici riferiti alla gestione di competenza, le insussistenze e
sopravvenienze derivanti dalla gestione dei residui e gli elementi economici
non rilevati nel conto del bilancio.
2. Il conto economico è redatto
secondo uno schema a struttura scalare, con le voci classificate secondo la
loro natura e con la rilevazione di risultati parziali e del risultato
economico finale.
3. Costituiscono componenti
positivi del conto economico i tributi, i trasferimenti correnti, i proventi
dei servizi pubblici, i proventi derivanti dalla gestione del patrimonio, i
proventi finanziari, le insussistenze del passivo, le sopravvenienze attive e
le plusvalenze da alienazioni. È espresso, ai fini del pareggio, il risultato
economico negativo.
4. Gli accertamenti finanziari di
competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di
componenti economici positivi, rilevando i seguenti elementi:
a) i risconti passivi ed i ratei
attivi;
b) le variazioni in aumento o in
diminuzione delle rimanenze;
c) i costi capitalizzati
costituiti dai costi sostenuti per la produzione in economia di valori da
porre, dal punto di vista economico, a carico di diversi esercizi;
d) le quote di ricavi già inserite
nei risconti passivi di anni precedenti;
e) le quote di ricavi pluriennali
pari agli accertamenti degli introiti vincolati;
f) imposta sul valore aggiunto per
le attività effettuate in regime di impresa.
5. Costituiscono componenti
negativi del conto economico l'acquisto di materie prime e dei beni di consumo,
la prestazione di servizi, l'utilizzo di beni di terzi, le spese di personale,
i trasferimenti a terzi, gli interessi passivi e gli oneri finanziari diversi,
le imposte e tasse a carico dell'ente locale, gli oneri straordinari compresa
la svalutazione di crediti, le minusvalenze da alienazioni, gli ammortamenti e
le insussistenze dell'attivo come i minori crediti e i minori residui attivi. È
espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico positivo.
6. Gli impegni finanziari di competenza
sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti
economici negativi, rilevando i seguenti elementi:
a) i costi di esercizi futuri, i
risconti attivi ed i ratei passivi;
b) le variazioni in aumento od in
diminuzione delle rimanenze;
c) le quote di costo già inserite
nei risconti attivi degli anni precedenti;
d) le quote di ammortamento di
beni a valenza pluriennale e di costi capitalizzati;
e) l'imposta sul valore aggiunto
per le attività effettuate in regime d'impresa.
7. Gli ammortamenti compresi nel
conto economico sono determinati con i seguenti coefficienti:
a) edifici, anche demaniali, ivi
compresa la manutenzione straordinaria al 3%;
b) strade, ponti ed altri beni
demaniali al 2%;
c) macchinari, apparecchi, attrezzature,
impianti ed altri beni mobili al 15%;
d) attrezzature e sistemi
informatici, compresi i programmi applicativi, al 20%;
e) automezzi in genere, mezzi di
movimentazione e motoveicoli al 20%;
f) altri beni al 20%.
8. Il regolamento di contabilità può
prevedere la compilazione di conti economici di dettaglio per servizi o per
centri di costo.
9. Al conto economico è accluso un
prospetto di conciliazione che, partendo dai dati finanziari della gestione
corrente del conto del bilancio, con l'aggiunta di elementi economici,
raggiunge il risultato finale economico. I valori della gestione non corrente
vanno riferiti al patrimonio.
10. I modelli relativi al conto
economico ed al prospetto di conciliazione sono approvati con il regolamento di
cui all'articolo 160.
Articolo 230
Conto del patrimonio e conti
patrimoniali speciali.
1. Il conto del patrimonio rileva
i risultati della gestione patrimoniale e riassume la consistenza del
patrimonio al termine dell'esercizio, evidenziando le variazioni intervenute
nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza iniziale.
2. Il patrimonio degli enti locali
è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi,
di pertinenza di ciascun ente, suscettibili di valutazione ed attraverso la cui
rappresentazione contabile ed il relativo risultato finale differenziale è
determinata la consistenza netta della dotazione patrimoniale.
3. Gli enti locali includono nel
conto del patrimonio i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme
restando le caratteristiche proprie, in relazione alle disposizioni del codice
civile.
4. Gli enti locali valutano i beni
del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manutenzioni
straordinarie, come segue:
a) i beni demaniali già acquisiti
all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio
1995, n. 77, sono valutati in misura pari all'ammontare del residuo debito dei
mutui ancora in estinzione per lo stesso titolo; i beni demaniali acquisiti
all'ente successivamente sono valutati al costo;
b) i terreni già acquisiti
all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio
1995, n. 77, sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme
fiscali; per i terreni già acquisiti all'ente ai quali non è possibile
attribuire la rendita catastale la valutazione si effettua con le modalità dei
beni demaniali già acquisiti all'ente; i terreni acquisiti successivamente alla
data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono
valutati al costo;
c) i fabbricati già acquisiti
all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio
1995, n. 77, sono valutati al valore catastale, rivalutato secondo le norme
fiscali; i fabbricati acquisiti successivamente sono valutati al costo;
d) i mobili sono valutati al
costo;
e) i crediti sono valutati al
valore nominale;
f) i censi, livelli ed enfiteusi
sono valutati in base alla capitalizzazione della rendita al tasso legale;
g) le rimanenze, i ratei ed i
risconti sono valutati secondo le norme del codice civile;
h) i debiti sono valutati secondo
il valore residuo.
5. Gli enti locali conservano nel
loro patrimonio in apposita voce i crediti inesigibili, stralciati dal conto
del bilancio, sino al compimento dei termini di prescrizione.
6. Il regolamento di contabilità
può prevedere la compilazione di un conto consolidato patrimoniale per tutte le
attività e passività interne ed esterne. Può anche prevedere conti patrimoniali
di inizio e fine mandato degli amministratori.
7. Gli enti locali provvedono
annualmente all'aggiornamento degli inventari.
8. Il regolamento di contabilità
definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della
natura di beni di facile consumo o del modico valore.
9. I modelli relativi al conto del
patrimonio sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.
Articolo 231
Relazione al rendiconto della
gestione.
1. Nella relazione prescritta
dall'articolo 151, comma 6, l'organo esecutivo dell'ente esprime le valutazioni
di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in
rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti. Evidenzia anche i criteri di
valutazione del patrimonio e delle componenti economiche. Analizza, inoltre,
gli scostamenti principali intervenuti rispetto alle previsioni, motivando le
cause che li hanno determinati.
Articolo 232
Contabilità economica.
1. Gli enti locali, ai fini della
predisposizione del rendiconto della gestione, adottano il sistema di
contabilità che più ritengono idoneo per le proprie esigenze.
Articolo 233
Conti degli agenti contabili
interni.
1. Entro il termine di due mesi
dalla chiusura dell'esercizio finanziario, l'economo, il consegnatario di beni
e gli altri soggetti di cui all'articolo 93, comma 2, rendono il conto della
propria gestione all'ente
locale il quale lo trasmette alla
competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni
dall'approvazione del rendiconto.
2. Gli agenti contabili, a danaro
e a materia, allegano al conto, per quanto di rispettiva competenza:
a) il provvedimento di
legittimazione del contabile alla gestione;
b) la lista per tipologie di beni;
c) copia degli inventari tenuti
dagli agenti contabili;
d) la documentazione
giustificativa della gestione;
e) i verbali di passaggio di
gestione;
f) le verifiche ed i discarichi
amministrativi e per annullamento, variazioni e simili;
g) eventuali altri documenti
richiesti dalla Corte dei conti.
3. Qualora l'organizzazione
dell'ente locale lo consenta i conti e le informazioni relative agli allegati
di cui ai precedenti commi sono trasmessi anche attraverso strumenti
informatici, con modalità da definire attraverso appositi protocolli di
comunicazione.
4. I conti di cui al comma 1 sono
redatti su modello approvato con il regolamento previsto dall'articolo 160.
TITOLO VII
Revisione economico-finanziaria
Articolo 234
Organo di revisione
economico-finanziario.
1. I consigli comunali,
provinciali e delle città metropolitane eleggono con voto limitato a due
componenti, un collegio di revisori composto da tre membri.
2. I componenti del collegio dei
revisori sono scelti:
a) uno tra gli iscritti al
registro dei revisori contabili, il quale svolge le funzioni di presidente del
collegio;
b) uno tra gli iscritti nell'albo
dei dottori commercialisti;
c) uno tra gli iscritti nell'albo
dei ragionieri.
3. Nei comuni con popolazione
inferiore a 5.000 abitanti, nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane la
revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal
consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della
comunità montana a maggioranza assoluta dei membri e scelto tra i soggetti di
cui al comma 2.
4. Gli enti locali comunicano ai
propri tesorieri i nominativi dei soggetti cui è affidato l'incarico entro 20
giorni dall'avvenuta esecutività della delibera di nomina.
Articolo 235
Durata dell'incarico e cause di
cessazione.
1. L'organo di revisione contabile
dura in carica tre anni a decorrere dalla data di esecutività della delibera o
dalla data di immediata eseguibilità nell'ipotesi di cui all'articolo 134,
comma 3, e sono rieleggibili per una sola volta. Ove nei collegi si proceda a
sostituzione di un singolo componente la durata dell'incarico del nuovo
revisore è limitata al tempo residuo sino alla scadenza del termine triennale,
calcolata a decorrere dalla nomina dell'intero collegio. Si applicano le norme
relative alla proroga degli organi amministrativi di cui agli articoli 2, 3,
comma 1, 4, comma 1, 5, comma 1, e 6 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.
2. Il revisore è revocabile solo
per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione
alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto
dall'articolo 239, comma 1, lettera d).
3. Il revisore cessa dall'incarico
per:
a) scadenza del mandato;
b) dimissioni volontarie;
c) impossibilità derivante da
qualsivoglia causa a svolgere l'incarico per un periodo di tempo stabilito dal
regolamento dell'ente.
Articolo 236
Incompatibilità ed ineleggibilità
dei revisori.
1. Valgono per i revisori le
ipotesi di incompatibilità di cui al primo comma dell'articolo 2399 del codice
civile, intendendosi per amministratori i componenti dell'organo esecutivo
dell'ente locale.
2. L'incarico di revisione
economico-finanziaria non può essere esercitato dai componenti degli organi
dell'ente locale e da coloro che hanno ricoperto tale incarico nel biennio
precedente alla nomina, dai membri dell'organo regionale di controllo, dal
segretario e dai dipendenti dell'ente locale presso cui deve essere nominato
l'organo di revisione economico-finanziaria e dai dipendenti delle regioni,
delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle
unioni di comuni relativamente agli enti locali compresi nella circoscrizione
territoriale di competenza.
3. I componenti degli organi di
revisione contabile non possono assumere incarichi o consulenze presso l'ente
locale o presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al
controllo o vigilanza dello stesso.
Articolo 237
Funzionamento del collegio dei
revisori.
1. Il collegio dei revisori è
validamente costituito anche nel caso in cui siano presenti solo due
componenti.
2. Il collegio dei revisori redige
un verbale delle riunioni, ispezioni, verifiche, determinazioni e decisioni
adottate.
Articolo 238
Limiti all'affidamento di
incarichi.
1. Salvo diversa disposizione del
regolamento di contabilità dell'ente locale, ciascun revisore non può assumere
complessivamente più di otto incarichi, tra i quali non più di quattro
incarichi in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non più di tre
in comuni con popolazione compresa tra i 5.000 ed i 99.999 abitanti e non più
di uno in comune con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti. Le
province sono equiparate ai comuni con popolazione pari o superiore a 100.000
abitanti e le comunità montane ai comuni con popolazione inferiore a 5.000
abitanti.
2. L'affidamento dell'incarico di
revisione è subordinato alla dichiarazione, resa nelle forme di cui alla legge
4 gennaio 1968, n. 15, e successive modifiche ed integrazioni, con la quale il
soggetto attesta il rispetto dei limiti di cui al comma 1.
Articolo 239
Funzioni dell'organo di revisione.
1. L'organo di revisione svolge le
seguenti funzioni:
a) attività di collaborazione con
l'organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento;
b) pareri sulla proposta di
bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio.
Nei pareri è espresso un motivato
giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle
previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto del
parere espresso dal responsabile del servizio finanziario ai sensi
dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno precedente,
dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro
elemento utile. Nei pareri sono suggerite all'organo consiliare tutte le misure
atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono
obbligatori. L'organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti
conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure
proposte dall'organo di revisione;
c) vigilanza sulla regolarità contabile,
finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle
entrate, all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale,
all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli
adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità; l'organo di revisione
svolge tali funzioni anche con tecniche motivate di campionamento;
d) relazione sulla proposta di
deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di
rendiconto entro il termine, previsto dal regolamento di contabilità e comunque
non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta
approvata dall'organo esecutivo. La relazione contiene l'attestazione sulla
corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi,
considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttività ed
economicità della gestione;
e) referto all'organo consiliare
su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti
organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità;
f) verifiche di cassa di cui
all'articolo 223.
2. Al fine di garantire
l'adempimento delle funzioni di cui al precedente comma, l'organo di revisione
ha diritto di accesso agli atti e documenti dell'ente e può partecipare
all'assemblea dell'organo consiliare per l'approvazione del bilancio di
previsione e del rendiconto di gestione. Può altresì partecipare alle altre
assemblee dell'organo consiliare e, se previsto dallo statuto dell'ente, alle
riunioni dell'organo esecutivo. Per consentire la partecipazione alle predette
assemblee all'organo di revisione sono comunicati i relativi ordini del giorno.
Inoltre all'organo di revisione sono trasmessi:
a) da parte dell'organo regionale
di controllo le decisioni di annullamento nei confronti delle delibere adottate
dagli organi degli enti locali;
b) da parte del responsabile del
servizio finanziario le attestazioni di assenza di copertura finanziaria in
ordine alle delibere di impegni di spesa.
3. L'organo di revisione è dotato,
a cura dell'ente locale, dei mezzi necessari per lo svolgimento dei propri
compiti, secondo quanto stabilito dallo statuto e dai regolamenti.
4. L'organo della revisione può
incaricare della collaborazione nella propria funzione, sotto la propria responsabilità,
uno o più soggetti aventi i requisiti di cui all'articolo 234, comma 2. I
relativi compensi rimangono a carico dell'organo di revisione.
5. I singoli componenti
dell'organo di revisione collegiale hanno diritto di eseguire ispezioni e
controlli individuali.
6. Lo statuto dell'ente locale può
prevedere ampliamenti delle funzioni affidate ai revisori.
Articolo 240
Responsabilità dell'organo di
revisione.
1. I revisori rispondono della
veridicità delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza
del mandatario. Devono inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti
di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Articolo 241
Compenso dei revisori.
1. Con decreto del Ministro
dell'interno di concerto con il Ministro del tesoro del bilancio e della
programmazione economica vengono fissati i limiti massimi del compenso base
spettante ai revisori, da aggiornarsi triennalmente. Il compenso base è
determinato in relazione alla classe demografica ed alle spese di funzionamento
e di investimento dell'ente locale.
2. Il compenso di cui al comma 1
può essere aumentato dall'ente locale fino al limite massimo del 20 per cento
in relazione alle ulteriori funzioni assegnate rispetto a quelle indicate
nell'articolo 239.
3. Il compenso di cui al comma 1
può essere aumentato dall'ente locale quando i revisori esercitano le proprie
funzioni anche nei confronti delle istituzioni dell'ente sino al 10 per cento
per ogni istituzione e per un massimo complessivo non superiore al 30 per cento.
4. Quando la funzione di revisione
economico-finanziaria è esercitata dal collegio dei revisori il compenso
determinato ai sensi dei commi 1, 2 e 3 è aumentato per il presidente del
collegio stesso del 50 per cento.
5. Per la determinazione del
compenso base di cui al comma 1 spettante al revisore della comunità montana ed
al revisore dell'unione di comuni si fa riferimento, per quanto attiene alla
classe demografica, rispettivamente, al comune totalmente montano più popoloso
facente parte della comunità stessa ed al comune più popoloso facente parte
dell'unione.
6. Per la determinazione del
compenso base di cui al comma 1 spettante ai revisori della città metropolitana
si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica, al comune
capoluogo.
7. L'ente locale stabilisce il
compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina.
TITOLO VIII
Enti locali deficitari o
dissestati
Capo I - Enti locali deficitari:
disposizioni generali
Articolo 242
Individuazione degli enti locali
strutturalmente deficitari e relativi controlli.
1. Sono da considerarsi in
condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed
incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da una apposita tabella,
da allegare al certificato sul rendiconto della gestione, contenente parametri
obiettivi dei quali almeno la metà presentino valori deficitari. Il certificato
è quello relativo al rendiconto della gestione del penultimo esercizio
precedente quello di riferimento.
2. Con decreto del Ministro
dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanare
entro settembre e da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono fissati per il
triennio successivo i parametri obiettivi, determinati con riferimento a un
calcolo di normalità dei dati dei rendiconti dell'ultimo triennio disponibile,
nonché le modalità per la compilazione della tabella di cui al comma 1.
3. Le norme di cui al presente
capo si applicano a comuni, province e comunità montane.
Articolo 243
Controlli per gli enti locali
strutturalmente deficitari, enti locali dissestati ed altri enti.
1. Gli enti locali strutturalmente
deficitari, individuati ai sensi dell'articolo 242, sono soggetti al controllo
centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale da parte
della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali. Il controllo
è esercitato prioritariamente in relazione alla verifica sulla compatibilità
finanziaria.
2. Gli enti locali strutturalmente
deficitari sono soggetti ai controlli centrali in materia di copertura del
costo di alcuni servizi. Tali controlli verificano mediante un'apposita
certificazione che:
a) il costo complessivo della
gestione dei servizi a domanda individuale, riferito ai dati della competenza,
sia stato coperto con i relativi proventi tariffari e contributi finalizzati in
misura non inferiore al 36 per cento; a tale fine i costi di gestione degli
asili nido sono calcolati al 50 per cento del loro ammontare;
b) il costo complessivo della
gestione del servizio di acquedotto, riferito ai dati della competenza, sia
stato coperto con la relativa tariffa in misura non inferiore all'80 per cento;
c) il costo complessivo della
gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni ed
equiparati, riferito ai dati della competenza, sia stato coperto con la
relativa tariffa almeno nella misura prevista dalla legislazione vigente.
3. I costi complessivi di gestione
dei servizi di cui al comma 2, lettere a) e b), devono comunque comprendere gli
oneri diretti e indiretti di personale, le spese per l'acquisto di beni e
servizi, le spese per i trasferimenti e per gli oneri di ammortamento degli
impianti e delle attrezzature. Per le quote di ammortamento si applicano i
coefficienti indicati nel decreto del Ministro delle finanze in data 31
dicembre 1988 e successive modifiche o integrazioni. I coefficienti si assumono
ridotti del 50 per cento per i beni ammortizzabili acquisiti nell'anno di
riferimento. Nei casi in cui detti servizi sono forniti da organismi di gestione
degli enti locali, nei costi complessivi di gestione sono considerati gli oneri
finanziari dovuti agli enti proprietari di cui all'articolo 44 del decreto del
Presidente della Repubblica 4 ottobre 1986, n. 902, da versare dagli organismi
di gestione agli enti proprietari entro l'esercizio successivo a quello della
riscossione delle tariffe e della erogazione in conto esercizio. I costi
complessivi di gestione del servizio di cui al comma 2, lettera c), sono
rilevati secondo le disposizioni vigenti in materia.
4. Con decreto del Ministro
dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da
pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono determinati i tempi e le modalità per
la presentazione e il controllo della certificazione di cui al comma 2.
5. Agli enti locali
strutturalmente deficitari che, pur essendo a ciò tenuti, non rispettano i
livelli minimi di copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, è
applicata una sanzione pari alla perdita dell'1 per cento del contributo
ordinario spettante per l'anno per il quale si è verificata l'inadempienza,
mediante trattenuta in unica soluzione sui trasferimenti erariali spettanti per
gli anni successivi.
6. Sono soggetti, in via
provvisoria, ai controlli centrali di cui al comma 2:
a) gli enti locali che non
presentano il certificato del rendiconto con l'annessa tabella di cui al
comma 1 dell'articolo 242, sino
all'avvenuta presentazione della stessa;
b) gli enti locali per i quali non
sia intervenuta nei termini di legge la deliberazione del rendiconto della
gestione, sino all'adempimento.
7. Gli enti locali che hanno
deliberato lo stato di dissesto finanziario sono soggetti, per la durata del
risanamento, ai controlli di cui al comma 1, sono tenuti alla presentazione
della certificazione di cui al comma 2 e sono tenuti per i servizi a domanda
individuale al rispetto, per il medesimo periodo, del livello minimo di
copertura dei costi di gestione di cui al comma 2, lettera a).
Capo II - Enti locali dissestati:
disposizioni generali
Articolo 244
Dissesto finanziario.
1. Si ha stato di dissesto
finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei
servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti
liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le
modalità di cui all'articolo 193, nonché con le modalità di cui all'articolo
194 per le fattispecie ivi previste.
2. Le norme sul risanamento degli
enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni.
Articolo 245
Soggetti della procedura di
risanamento.
1. Soggetti della procedura di
risanamento sono l'organo straordinario di liquidazione e gli organi
istituzionali dell'ente.
2. L'organo straordinario di
liquidazione provvede al ripiano dell'indebitamento pregresso con i mezzi
consentiti dalla legge.
3. Gli organi istituzionali
dell'ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione
finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto.
Articolo 246
Deliberazione di dissesto.
1. La deliberazione recante la
formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal
consiglio dell'ente locale nelle ipotesi di cui all'articolo 244 e valuta le
cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto
non è revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione dell'organo
di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il
dissesto.
2. La deliberazione dello stato di
dissesto è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero
dell'interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per
territorio, unitamente alla relazione dell'organo di revisione. La
deliberazione è pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana a cura del Ministero dell'interno unitamente al decreto del Presidente
della Repubblica di nomina dell'organo straordinario di liquidazione.
3. L'obbligo di deliberazione
dello stato di dissesto si estende, ove ne ricorrano le condizioni, al commissario
nominato ai sensi dell'articolo 141, comma 3.
4. Se, per l'esercizio nel corso
del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente
deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua
efficacia per l'intero esercizio finanziario, intendendosi operanti per l'ente
locale i divieti e gli obblighi previsti dall'articolo 191, comma 5. In tal
caso, la deliberazione di dissesto può essere validamente adottata, esplicando
gli effetti di cui all'articolo 248. Gli ulteriori adempimenti e relativi
termini iniziali, propri dell'organo straordinario di liquidazione e del
consiglio dell'ente, sono differiti al 1° gennaio dell'anno successivo a quello
in cui è stato deliberato il dissesto. Ove sia stato già approvato il bilancio
preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello
stesso.
5. Le disposizioni relative alla
valutazione delle cause di dissesto sulla base della dettagliata relazione
dell'organo di revisione di cui al comma 1 ed ai conseguenti oneri di
trasmissione di cui al comma 2 si applicano solo ai dissesti finanziari
deliberati a decorrere dal 25 ottobre 1997.
Articolo 247
Omissione della deliberazione di
dissesto.
1. Ove dalle deliberazioni
dell'ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte l'organo
regionale di controllo venga a conoscenza dell'eventuale condizione di
dissesto, chiede chiarimenti all'ente e motivata relazione all'organo di
revisione contabile assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni.
2. Ove sia ritenuta sussistente
l'ipotesi di dissesto l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con
lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine, non superiore a venti
giorni, per la deliberazione del dissesto.
3. Decorso infruttuosamente tale
termine l'organo regionale di controllo nomina un commissario ad acta per la
deliberazione dello stato di dissesto.
4. Del provvedimento sostitutivo è
data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del
consiglio dell'ente, ai sensi dell'articolo 141.
Articolo 248
Conseguenze della dichiarazione di
dissesto.
1. A seguito della dichiarazione
di dissesto, e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, sono
sospesi i termini per la deliberazione del bilancio.
2. Dalla data della dichiarazione
di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256 non
possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente
per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di
liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di
dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione giudiziale da
parte dell'ente, o la stessa benché proposta è stata rigettata, sono dichiarate
estinte d'ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell'importo
dovuto a titolo di capitale, accessori e spese.
3. I pignoramenti eventualmente
eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed
il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell'ente e le
finalità di legge.
4. Dalla data della deliberazione
di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256 i
debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già
erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria.
Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano
nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento
della loro liquidità ed esigibilità.
5. Fermo restando quanto previsto
dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte
dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro
prodotti, con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del
dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni,
incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di
rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi
pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno
determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni
od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile.
Articolo 249
Limiti alla contrazione di nuovi
mutui.
1. Dalla data di deliberazione di
dissesto e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3,
gli enti locali non possono contrarre nuovi mutui, con eccezione dei mutui
previsti dall'articolo 255 e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o
delle regioni.
Articolo 250
Gestione del bilancio durante la
procedura di risanamento.
1. Dalla data di deliberazione del
dissesto finanziario e sino alla data di approvazione dell'ipotesi di bilancio
riequilibrato di cui all'articolo 261 l'ente locale non può impegnare per
ciascun intervento somme complessivamente superiori a quelle definitivamente
previste nell'ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate
accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non possono mensilmente
superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle
spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. L'ente applica
princìpi di buona amministrazione al fine di non aggravare la posizione
debitoria e mantenere la coerenza con l'ipotesi di bilancio riequilibrato
predisposta dallo stesso.
2. Per le spese disposte dalla
legge e per quelle relative ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui
nell'ultimo bilancio approvato mancano del tutto gli stanziamenti ovvero gli
stessi sono previsti per importi insufficienti, il consiglio o la Giunta con i
poteri del primo, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese da
finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni per le
quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell'ultimo bilancio
approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base di tali
deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le deliberazioni,
da sottoporre all'esame dell'organo regionale di controllo, sono notificate al
tesoriere.
Articolo 251
Attivazione delle entrate proprie.
1. Nella prima riunione successiva
alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di
esecutività della delibera, il consiglio dell'ente, o il commissario nominato
ai sensi dell'articolo 247, comma 3, è tenuto a deliberare per le imposte e
tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base nella
misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti
dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e
professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto.
2. La delibera non è revocabile ed
ha efficacia per cinque anni, che decorrono da quello dell'ipotesi di bilancio
riequilibrato. In caso di mancata adozione della delibera nei termini predetti
l'organo regionale di controllo procede a norma dell'articolo 136.
3. Per le imposte e tasse locali
di istituzione successiva alla deliberazione del dissesto, l'organo dell'ente
dissestato che risulta competente ai sensi della legge istitutiva del tributo
deve deliberare, entro i termini previsti per la prima applicazione del tributo
medesimo, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. La
delibera ha efficacia per un numero di anni necessario al raggiungimento di un
quinquennio a decorrere da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato.
4. Resta fermo il potere dell'ente
dissestato di deliberare, secondo le competenze, le modalità, i termini ed i
limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, le maggiorazioni, riduzioni,
graduazioni ed agevolazioni previste per le imposte e tasse di cui ai commi 1 e
3, nonché di deliberare la maggiore aliquota dell'imposta comunale sugli
immobili consentita per straordinarie esigenze di bilancio.
5. Per il periodo di cinque anni,
decorrente dall'anno dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della
tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il
dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la
copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi
produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura
massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per i servizi a domanda
individuale il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e
con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti.
Per i termini di adozione delle delibere, per la loro efficacia e per la
individuazione dell'organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti
in materia. Per la prima delibera il termine di adozione è fissato al
trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto.
6. Le delibere di cui ai commi 1,
3 e 5 devono essere comunicate alla Commissione per la finanza e gli organici
degli enti locali presso il Ministero dell'interno entro 30 giorni dalla data
di adozione; nel caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui ai
predetti commi sono sospesi i contributi erariali.
Capo III - Attività dell'organo
straordinario di liquidazione
Articolo 252
Composizione, nomina e
attribuzioni.
1. Per i comuni con popolazione
sino a 5.000 abitanti l'organo straordinario di liquidazione è composto da un
singolo commissario; per i comuni con popolazione superiore ai 5.000 abitanti e
per le province l'organo straordinario di liquidazione è composto da una
commissione di tre membri. Il commissario straordinario di liquidazione, per i
comuni sino a 5.000 abitanti, o i componenti della commissione straordinaria di
liquidazione, per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e per le
province, sono nominati fra magistrati a riposo della Corte dei conti, della
magistratura ordinaria, del Consiglio di Stato, fra funzionari dotati di
un'idonea esperienza nel campo finanziario e contabile in servizio o in
quiescenza degli uffici centrali o periferici del Ministero dell'interno, del Ministero
del tesoro del bilancio e della programmazione economica, del Ministero delle
finanze e di altre amministrazioni dello Stato, fra i segretari ed i ragionieri
comunali e provinciali particolarmente esperti, anche in quiescenza, fra gli
iscritti nel registro dei revisori contabili, gli iscritti nell'albo dei
dottori commercialisti e gli iscritti nell'albo dei ragionieri. La commissione
straordinaria di liquidazione è presieduta, se presente, dal magistrato a
riposo della Corte dei conti o della magistratura ordinaria o del Consiglio di
Stato.
Diversamente la stessa provvede ad
eleggere nel suo seno il presidente. La commissione straordinaria di
liquidazione delibera a maggioranza dei suoi componenti.
2. La nomina dell'organo
straordinario di liquidazione è disposta con decreto del Presidente della
Repubblica su proposta del Ministro dell'interno. L'insediamento presso l'ente
avviene entro 5 giorni dalla notifica del provvedimento di nomina.
3. Per i componenti dell'organo
straordinario di liquidazione valgono le incompatibilità di cui all'articolo
236.
4. L'organo straordinario di
liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione
verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di
bilancio riequilibrato e provvede alla :
a) rilevazione della massa
passiva;
b) acquisizione e gestione dei
mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione
dei beni patrimoniali;
c) liquidazione e pagamento della
massa passiva.
5. In ogni caso di accertamento di
danni cagionati all'ente locale o all'erario, l'organo straordinario di
liquidazione provvede alla denuncia dei fatti alla Procura Regionale presso la
Corte dei conti ed alla relativa segnalazione al Ministero dell'interno tramite
le prefetture.
Articolo 253
Poteri organizzatori.
1. L'organo straordinario di
liquidazione ha potere di accesso a tutti gli atti dell'ente locale, può
utilizzare il personale ed i mezzi operativi dell'ente locale ed emanare
direttive burocratiche.
2. L'ente locale è tenuto a
fornire, a richiesta dell'organo straordinario di liquidazione, idonei locali
ed attrezzature nonché il personale necessario.
3. L'organo straordinario di
liquidazione può auto organizzarsi, e, per motivate esigenze, dotarsi di
personale, acquisire consulenze e attrezzature le quali, al termine
dell'attività di ripiano dei debiti rientrano nel patrimonio dell'ente locale.
Articolo 254
Rilevazione della massa passiva.
1. L'organo straordinario di
liquidazione provvede all'accertamento della massa passiva mediante la
formazione, entro 180 giorni dall'insediamento, di un piano di rilevazione. Il
termine è elevato di ulteriori 180 giorni per i comuni con popolazione
superiore a 250.000 abitanti o capoluogo di provincia e per le province.
2. Ai fini della formazione del
piano di rilevazione, l'organo straordinario di liquidazione entro 10 giorni
dalla data dell'insediamento, dà avviso, mediante affissione all'albo pretorio
ed anche a mezzo stampa, dell'avvio della procedura di rilevazione delle passività
dell'ente locale. Con l'avviso l'organo straordinario di liquidazione invita
chiunque ritenga di averne diritto a presentare, entro un termine perentorio di
sessanta giorni prorogabile per una sola volta di ulteriori trenta giorni con
provvedimento motivato del predetto organo, la domanda in carta libera,
corredata da idonea documentazione, atta a dimostrare la sussistenza del debito
dell'ente, il relativo importo ed eventuali cause di prelazione, per
l'inserimento nel piano di rilevazione.
3. Nel piano di rilevazione della
massa passiva sono inclusi :
a) i debiti di bilancio e fuori
bilancio di cui all'articolo 194 verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno
precedente quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato;
b) i debiti derivanti dalle
procedure esecutive estinte ai sensi dell'articolo 248, comma 2;
c) i debiti derivanti da
transazioni compiute dall'organo straordinario di liquidazione ai sensi del
comma 7.
4. L'organo straordinario di
liquidazione, ove lo ritenga necessario, richiede all'ente che i responsabili
dei servizi competenti per materia attestino che la prestazione è stata
effettivamente resa e che la stessa rientra nell'àmbito dell'espletamento di
pubbliche funzioni e servizi di competenza dell'ente locale. I responsabili dei
servizi attestano altresì che non è avvenuto, nemmeno parzialmente, il
pagamento del corrispettivo e che il debito non è caduto in prescrizione alla
data della dichiarazione di dissesto. I responsabili dei servizi provvedono
entro sessanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali l'attestazione si
intende resa dagli stessi in senso negativo circa la sussistenza del debito.
5. Sull'inserimento nel piano di
rilevazione delle domande di cui al comma 2 e delle posizioni debitorie
di cui al comma 3 decide l'organo
straordinario di liquidazione con provvedimento da notificare agli istanti al
momento dell'approvazione del piano di rilevazione, tenendo conto degli
elementi di prova del debito desunti dalla documentazione prodotta dal terzo
creditore, da altri atti e dall'eventuale attestazione di cui al comma 4.
6. Avverso i provvedimenti di
diniego di inserimento nel piano di rilevazione per insussistenza, totale o
parziale, del debito od avverso il mancato riconoscimento di cause di
prelazione è ammesso ricorso in carta libera, entro il termine di 30 giorni
dalla notifica, al Ministero dell'interno. Il Ministero dell'interno si
pronuncia sui ricorsi entro 60 giorni dal ricevimento decidendo allo stato
degli atti. La decorrenza del termine per la decisione vale quale rigetto del
ricorso.
7. L'organo straordinario di
liquidazione è autorizzato a transigere vertenze giudiziali e stragiudiziali
relative a debiti rientranti nelle fattispecie di cui al comma 3, inserendo il
debito risultante dall'atto di transazione nel piano di rilevazione.
8. In caso di inosservanza del
termine di cui al comma 1, di negligenza o di ritardi non giustificati negli
adempimenti di competenza, può essere disposta la sostituzione di tutti o parte
dei componenti dell'organo straordinario della liquidazione. In tali casi, il
Ministro dell'Interno, previo parere della Commissione per la finanza e gli
organici degli enti locali, dal quale si prescinde ove non espresso entro
trenta giorni dalla richiesta, e sentiti gli interessati, propone al Presidente
della Repubblica l'adozione del provvedimento di sostituzione. Il Ministero
dell'interno stabilisce con proprio provvedimento il trattamento economico dei
commissari sostituiti.
Articolo 255
Acquisizione e gestione dei mezzi
finanziari per il risanamento.
1. Nell'àmbito dei compiti di cui
all'articolo 252, comma 4, lettera b), l'organo straordinario di liquidazione
provvede all'accertamento della massa attiva, costituita dal contributo dello
Stato di cui al presente articolo, da residui da riscuotere, da ratei di mutuo
disponibili in quanto non utilizzati dall'ente, da altre entrate e, se
necessari, da proventi derivanti da alienazione di beni del patrimonio
disponibile.
2. Per il risanamento dell'ente
locale dissestato lo Stato finanzia gli oneri di un mutuo, assunto dall'organo
straordinario di liquidazione, in nome e per conto dell'ente, in unica
soluzione con la Cassa depositi e prestiti al tasso vigente ed ammortizzato in
venti anni, con pagamento diretto di ogni onere finanziario da parte del Ministero
dell'interno.
3. L'importo massimo del mutuo
finanziato dallo Stato, è determinato sulla base di una rata di ammortamento
pari al contributo statale indicato al comma 4.
4. Detto contributo è pari a
cinque volte un importo composto da una quota fissa, solo per taluni enti, ed
una quota per abitante, spettante ad ogni ente. La quota fissa spetta ai comuni
con popolazione sino a 999 abitanti per lire 13.000.000, ai comuni con
popolazione da 1.000 a 1.999 abitanti per lire 15.000.000, ai comuni con
popolazione da 2.000 a 2.999 abitanti per lire 18.000.000, ai comuni con
popolazione da 3.000 a 4.999 abitanti per lire 20.000.000, ai comuni con
popolazione da 5.000 a 9.999 abitanti per lire 22.000.000 ed ai comuni con
popolazione da 10.000 a 19.999 per lire 25.000.000. La quota per abitante è
pari a lire 7.930 per i comuni e lire 1.241 per le province.
5. Il fondo costituito ai sensi
del comma 4 è finalizzato agli interventi a favore degli enti locali in stato
di dissesto finanziario. Le eventuali disponibilità residue del fondo,
rinvenienti dall'utilizzazione dei contributi erariali per un importo inferiore
ai limiti massimi indicati nel comma 4, possono essere destinate su richiesta
motivata dell'organo consiliare e dell'organo straordinario di liquidazione dell'ente
locale, secondo parametri e modalità definiti con decreto del Ministro
dell'interno, all'assunzione di mutui integrativi per necessità emerse nel
corso della procedura di liquidazione e pagamento della massa passiva di cui
all'articolo 256, nonché nei casi di cui al comma 12 del medesimo articolo 256.
Il mutuo, da assumere con la Cassa depositi e prestiti, è autorizzato dal
Ministero dell'interno, previo parere della Commissione finanza ed organici
degli enti locali. La priorità nell'assegnazione è accordata agli enti locali
che non hanno usufruito dell'intera quota disponibile ai sensi del comma 4.
6. Per l'assunzione del mutuo
concesso ai sensi del presente articolo agli enti locali in stato di dissesto
finanziario per il ripiano delle posizioni debitorie non si applica il limite
all'assunzione dei mutui di cui all'articolo 204, comma 1.
7. Secondo le disposizioni vigenti
il fondo per lo sviluppo degli investimenti, di cui all'articolo 28, comma 1,
lettera c) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sul quale sono
imputati gli oneri per la concessione dei nuovi mutui agli enti locali
dissestati, può essere integrato, con le modalità di cui
all'articolo 11, comma 3, lettera
d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni,
in considerazione delle eventuali procedure di risanamento attivate rispetto a
quelle già definite.
8. L'organo straordinario di
liquidazione provvede a riscuotere i ruoli pregressi emessi dall'ente e non
ancora riscossi, totalmente o parzialmente, nonché all'accertamento delle
entrate tributarie per le quali l'ente ha omesso la predisposizione dei ruoli o
del titolo di entrata previsto per legge.
9. Ove necessario ai fini del
finanziamento della massa passiva, ed in deroga a disposizioni vigenti che
attribuiscono specifiche destinazioni ai proventi derivanti da alienazioni di
beni, l'organo straordinario di liquidazione procede alla rilevazione dei beni
patrimoniali disponibili non indispensabili per i fini
dell'ente, avviando, nel contempo,
le procedure per l'alienazione di tali beni. Ai fini dell'alienazione dei beni
immobili possono essere affidati incarichi a società di intermediazione
immobiliare, anche appositamente costituite. Si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni recate dall'articolo 3 del decreto-legge 31
ottobre 1990, n. 310, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre
1990, n. 403, e successive modificazioni ed integrazioni, intendendosi
attribuite all'organo straordinario di liquidazione le facoltà ivi disciplinate.
L'ente locale, qualora intenda evitare le alienazioni di beni patrimoniali
disponibili, è tenuto ad assegnare proprie risorse finanziarie liquide, anche
con la contrazione di un mutuo passivo, con onere a proprio carico, per il
valore stimato di realizzo dei beni. Il mutuo può essere assunto con la Cassa
depositi e prestiti ed altri istituti di credito. Il limite di cui
all'articolo 204, comma 1, è
elevato sino al 40 per cento.
10. Non compete all'organo
straordinario di liquidazione l'amministrazione dei residui attivi e passivi
relativi ai fondi a gestione vincolata ed ai mutui passivi già attivati per
investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese.
11. Per il finanziamento delle
passività l'ente locale può destinare quota dell'avanzo di amministrazione non
vincolato.
12. Nei confronti della massa
attiva determinata ai sensi del presente articolo non sono ammessi sequestri o
procedure esecutive. Le procedure esecutive eventualmente intraprese non
determinano vincoli sulle somme.
Articolo 256
Liquidazione e pagamento della
massa passiva.
1. Il piano di rilevazione della
massa passiva acquista esecutività con il deposito presso il Ministero
dell'interno, cui provvede l'organo straordinario di liquidazione entro 5
giorni dall'approvazione di cui all'articolo 254, comma 1. Al piano è allegato
l'elenco delle passività non inserite nel piano, corredato dai provvedimenti di
diniego e dalla documentazione relativa.
2. Unitamente al deposito l'organo
straordinario di liquidazione chiede l'autorizzazione al perfezionamento del
mutuo di cui all'articolo 255 nella misura necessaria per il finanziamento
delle passività risultanti dal piano di rilevazione e dall'elenco delle
passività non inserite, e comunque entro i limiti massimi stabiliti dall'articolo
255.
3. Il Ministero dell'interno,
accertata la regolarità del deposito, autorizza l'erogazione del mutuo da parte
della Cassa depositi e prestiti.
4. Entro 30 giorni dall'erogazione
del mutuo l'organo straordinario della liquidazione deve provvedere al
pagamento di acconti in misura proporzionale uguale per tutte le passività
inserite nel piano di rilevazione. Nel determinare l'entità dell'acconto
l'organo di liquidazione deve provvedere ad accantonamenti per le pretese
creditorie in contestazione esattamente quantificate. Gli accantonamenti sono
effettuati in misura proporzionale uguale a quella delle passività inserite nel
piano. Ai fini di cui al presente comma l'organo straordinario di liquidazione
utilizza il mutuo erogato da parte della Cassa depositi e prestiti e le poste
attive effettivamente disponibili, recuperando alla massa attiva disponibile
gli importi degli accantonamenti non più necessari, su segnalazione del
Ministero dell'interno, per scadenza dei termini di impugnativa del provvedimento
di diniego di ammissione al passivo o per definitività della pronuncia sui
ricorsi proposti ai sensi dell'articolo 254, comma 6.
5. Successivamente all'erogazione
del primo acconto l'organo straordinario della liquidazione può disporre
ulteriori acconti per le passività già inserite nel piano di rilevazione e per
quelle accertate successivamente, utilizzando le disponibilità nuove e residue,
ivi compresa l'eventuale quota di mutuo a carico dello Stato ancora
disponibile, previa autorizzazione del Ministero dell'interno, in quanto non
richiesta ai sensi del comma 2. Nel caso di pagamento definitivo in misura
parziale dei debiti l'ente locale è autorizzato ad assumere un mutuo a proprio
carico con la Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, nel
rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 255, comma 9, per il
pagamento a saldo delle passività rilevate. A tale fine, entro 30 giorni dalla
data di notifica del decreto ministeriale di approvazione del piano di
estinzione, l'organo consiliare adotta apposita deliberazione, dandone
comunicazione all'organo straordinario di liquidazione, che provvede al
pagamento delle residue passività ad intervenuta erogazione del mutuo contratto
dall'ente. La Cassa depositi e prestiti o altri istituti di credito erogano la
relativa somma sul conto esistente intestato all'organo di liquidazione.
6. A seguito del definitivo
accertamento della massa passiva e dei mezzi finanziari disponibili, di cui
all'articolo 255, e comunque entro il termine di 24 mesi dall'insediamento,
l'organo straordinario di liquidazione predispone il piano di estinzione delle
passività, includendo le passività accertate successivamente all'esecutività
del piano di rilevazione dei debiti e lo deposita presso il Ministero dell'interno.
7. Il piano di estinzione è
sottoposto all'approvazione, entro 120 giorni dal deposito, del Ministro
dell'interno, il quale valuta la correttezza della formazione della massa
passiva e la correttezza e validità delle scelte nell'acquisizione di risorse
proprie. Il Ministro dell'interno si avvale del parere consultivo da parte
della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, la quale può
formulare rilievi e richieste istruttorie cui l'organo straordinario di
liquidazione è tenuto a rispondere entro sessanta giorni dalla comunicazione.
In tale ipotesi il termine per l'approvazione del piano, di cui al presente
comma, è sospeso.
8. Il decreto di approvazione del
piano di estinzione da parte del Ministro dell'interno è notificato all'ente
locale ed all'organo straordinario di liquidazione per il tramite della
prefettura.
9. A seguito dell'approvazione del
piano di estinzione l'organo straordinario di liquidazione provvede, entro 20
giorni dalla notifica del decreto, al pagamento delle residue passività, sino
alla concorrenza della massa attiva realizzata.
10. Con l'eventuale decreto di
diniego dell'approvazione del piano il Ministro dell'interno prescrive
all'organo straordinario di liquidazione di presentare, entro l'ulteriore
termine di sessanta giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento,
un nuovo piano di estinzione che tenga conto delle prescrizioni contenute nel
provvedimento.
11. Entro il termine di sessanta
giorni dall'ultimazione delle operazioni di pagamento, l'organo straordinario
della liquidazione è tenuto ad approvare il rendiconto della gestione ed a
trasmetterlo all'organo regionale di controllo ed all'organo di revisione
contabile dell'ente, il quale è competente sul riscontro della liquidazione e
verifica la rispondenza tra il piano di estinzione e l'effettiva liquidazione.
12. Nel caso in cui
l'insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, è tale da
compromettere il risanamento dell'ente, il Ministro dell'interno, su proposta
della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, può
stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della
massa passiva della liquidazione,
anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.
Articolo 257
Debiti non ammessi alla
liquidazione.
1. In allegato al provvedimento di
approvazione di cui all'articolo 256, comma 8, sono individuate le pretese
escluse dalla liquidazione.
2. Il consiglio dell'ente
individua con propria delibera, da adottare entro 60 giorni dalla notifica del
decreto di cui all'articolo 256, comma 8, i soggetti ritenuti responsabili di
debiti esclusi dalla liquidazione, dandone contestuale comunicazione ai
soggetti medesimi ed ai relativi creditori.
3. Se il consiglio non provvede
nei termini di cui al comma 2 si applicano le disposizioni di cui all'articolo
136.
Articolo 258
Modalità semplificate di
accertamento e liquidazione dei debiti.
1. L'organo straordinario di
liquidazione, valutato l'importo complessivo di tutti i debiti censiti in base
alle richieste pervenute, il numero delle pratiche relative, la consistenza
della documentazione allegata ed il tempo necessario per il loro definitivo
esame, può proporre all'ente locale dissestato l'adozione della modalità
semplificata di liquidazione di cui al presente articolo. Con deliberazione di
Giunta l'ente decide entro trenta giorni ed in caso di adesione s'impegna a
mettere a disposizione le risorse finanziare di cui al comma 2.
2. L'organo straordinario di
liquidazione, acquisita l'adesione dell'ente locale, delibera l'accensione del
mutuo di cui all'articolo 255, comma 2, nella misura necessaria agli
adempimenti di cui ai successivi commi ed in relazione all'ammontare dei debiti
censiti. L'ente locale dissestato è tenuto a deliberare
l'accensione di un mutuo con la
Cassa depositi e prestiti o con altri istituti di credito, con oneri a proprio
carico, nel rispetto del limite del 40 per cento di cui all'articolo 255, comma
9, o, in alternativa, a mettere a disposizione risorse finanziarie liquide, per
un importo che consenta di finanziare, insieme
al ricavato del mutuo a carico
dello Stato, tutti i debiti di cui ai commi 3 e 4, oltre alle spese della
liquidazione. È fatta salva la possibilità di ridurre il mutuo a carico
dell'ente.
3. L'organo straordinario di
liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito
vantato, può definire transattivamente le pretese dei relativi creditori, anche
periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 ed il 60
per cento del debito, in relazione all'anzianità dello stesso, con rinuncia ad
ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla
conoscenza dell'accettazione della transazione. A tal fine, entro sei mesi
dalla data di conseguita disponibilità del mutuo di cui all'articolo 255, comma
2, propone individualmente ai creditori, compresi quelli che vantano crediti
privilegiati, fatta eccezione per i debiti relativi alle retribuzioni per
prestazioni di lavoro subordinato che sono liquidate per intero, la transazione
da accettare entro un termine prefissato comunque non superiore a 30 giorni.
Ricevuta l'accettazione, l'organo straordinario di liquidazione provvede al
pagamento nei trenta giorni successivi.
4. L'organo straordinario di
liquidazione accantona l'importo del 50 per cento dei debiti per i quali non è
stata accettata la transazione. L'accantonamento è elevato al 100 per cento per
i debiti assistiti da privilegio.
5. Si applicano, per il seguito
della procedura, le disposizioni degli articoli precedenti, fatta eccezione per
quelle concernenti la redazione ed il deposito del piano di rilevazione.
Effettuati gli accantonamenti di cui al comma 4, l'organo straordinario di
liquidazione provvede alla redazione del piano di estinzione.
Qualora tutti i debiti siano
liquidati nell'àmbito della procedura semplificata e non sussistono debiti
esclusi in tutto o in parte dalla massa passiva, l'organo straordinario
provvede ad approvare direttamente il rendiconto della gestione della liquidazione
ai sensi dell'articolo 256, comma 11.
6. I debiti transatti ai sensi del
comma 3 sono indicati in un apposito elenco allegato al piano di estinzione
della massa passiva.
7. In caso di eccedenza di
disponibilità si provvede alla riduzione dei mutui, con priorità per quello a
carico dell'ente locale dissestato. È restituita all'ente locale dissestato la
quota di risorse finanziarie liquide dallo stesso messe a disposizione
esuberanti rispetto alle necessità della liquidazione dopo il pagamento dei
debiti.
Capo IV - Bilancio stabilmente
riequilibrato
Articolo 259
Ipotesi di bilancio stabilmente
riequilibrato.
1. Il consiglio dell'ente locale
presenta al Ministro dell'interno, entro il termine perentorio di tre mesi
dalla data di emanazione del decreto di cui all'articolo 252, un'ipotesi di
bilancio di previsione stabilmente riequilibrato.
2. L'ipotesi di bilancio realizza
il riequilibrio mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle
spese correnti.
3. Per l'attivazione delle entrate
proprie, l'ente provvede con le modalità di cui all'articolo 251,
riorganizzando anche i servizi relativi all'acquisizione delle entrate ed
attivando ogni altro cespite.
4. Le province ed i comuni per i
quali le risorse di parte corrente, costituite dai trasferimenti in conto al
fondo ordinario ed al fondo consolidato e da quella parte di tributi locali
calcolata in detrazione ai trasferimenti erariali, sono disponibili in misura
inferiore, rispettivamente, a quella media unica nazionale ed a quella media
della fascia demografica di appartenenza, come definita con il decreto di cui
all'articolo 263, comma 1, richiedono, con la presentazione dell'ipotesi, e
compatibilmente con la quantificazione annua dei contributi a ciò destinati,
l'adeguamento dei contributi statali alla media predetta, quale fattore del
consolidamento finanziario della gestione.
5. Per la riduzione delle spese
correnti l'ente locale riorganizza con criteri di efficienza tutti i servizi,
rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando, o quanto meno riducendo ogni
previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici
indispensabili. L'ente locale emana i provvedimenti necessari per il
risanamento economico-finanziario degli enti od organismi dipendenti, nonché
delle aziende speciali, nel rispetto della normativa specifica in materia.
6. L'ente locale, ugualmente ai
fini della riduzione delle spese, ridetermina la dotazione organica dichiarando
eccedente il personale comunque in servizio in sovrannumero rispetto ai rapporti
medi dipendenti-popolazione di cui all'articolo 263, comma 2, fermo restando
l'obbligo di accertare le compatibilità di bilancio. La spesa per il personale
a tempo determinato deve altresì essere ridotta a non oltre il 50 per cento
della spesa media sostenuta a tale titolo per l'ultimo triennio antecedente
l'anno cui l'ipotesi si riferisce.
7. La rideterminazione della
dotazione organica è sottoposta all'esame della Commissione per la finanza e
gli organici degli enti locali per l'approvazione.
8. Il mancato rispetto degli
adempimenti di cui al comma 6 comporta la denuncia dei fatti alla Procura
regionale presso la Corte dei conti da parte del Ministero dell'interno. L'ente
locale è autorizzato ad iscrivere nella parte entrata dell'ipotesi di bilancio
un importo pari alla quantificazione del danno subito.
È consentito all'ente il
mantenimento dell'importo tra i residui attivi sino alla conclusione del
giudizio di responsabilità.
9. La Cassa depositi e prestiti e
gli altri istituti di credito sono autorizzati, su richiesta dell'ente, a
consolidare l'esposizione debitoria dell'ente locale, al 31 dicembre
precedente, in un ulteriore mutuo decennale, con esclusione delle rate di
ammortamento già scadute. Conservano validità i contributi statali e regionali
già concessi in relazione ai mutui preesistenti.
10. Le regioni a statuto speciale
e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono porre a proprio carico
oneri per la copertura di posti negli enti locali dissestati in aggiunta a
quelli di cui alla dotazione organica rideterminata, ove gli oneri predetti
siano previsti per tutti gli enti operanti nell'àmbito della medesima Regione o
provincia autonoma.
11. Per le province ed i comuni il
termine di cui al comma 1 è sospeso a seguito di indizione di elezioni
amministrative per l'ente, dalla data di indizione dei comizi elettorali e sino
all'insediamento dell'organo esecutivo.
Articolo 260
Collocamento in disponibilità del
personale eccedente.
1. I dipendenti dichiarati in
eccedenza ai sensi dell'articolo 259, comma 6, sono collocati in disponibilità.
Ad essi si applicano le vigenti disposizioni, così come integrate dai contratti
collettivi di lavoro, in tema di eccedenza di personale e di mobilità
collettiva o individuale.
2. Il Ministero dell'interno assegna
all'ente locale per il personale posto in disponibilità un contributo pari alla
spesa relativa al trattamento economico con decorrenza dalla data della
deliberazione e per tutta la durata della disponibilità. Analogo contributo,
per la durata del rapporto di lavoro, è corrisposto all'ente locale presso il
quale il personale predetto assume servizio.
Articolo 261
Istruttoria e decisione
sull'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
1. L'ipotesi di bilancio di
previsione stabilmente riequilibrato è istruita dalla Commissione per la
finanza e gli organici degli enti locali, che formula eventuali rilievi o
richieste istruttorie, cui l'ente locale fornisce risposta entro sessanta
giorni.
2. Entro il termine di quattro
mesi la Commissione esprime un parere sulla validità delle misure disposte
dall'ente per consolidare la propria situazione finanziaria e sulla capacità
delle misure stesse di assicurare stabilità alla gestione finanziaria dell'ente
medesimo. La formulazione di rilievi o richieste
di cui al comma 1 sospende il
decorso del termine.
3. In caso di esito positivo
dell'esame la Commissione sottopone l'ipotesi all'approvazione del Ministro
dell'interno che vi provvede con proprio decreto, stabilendo prescrizioni per
la corretta ed equilibrata gestione dell'ente
4. In caso di esito negativo
dell'esame da parte della Commissione il Ministro dell'interno emana un
provvedimento di diniego dell'approvazione, prescrivendo all'ente locale di
presentare, previa deliberazione consiliare, entro l'ulteriore termine
perentorio di quarantacinque giorni decorrenti dalla data di notifica del
provvedimento di diniego, una nuova ipotesi di bilancio idonea a rimuovere le
cause che non hanno consentito il parere favorevole. La mancata approvazione
della nuova ipotesi di bilancio ha carattere definitivo.
5. Con il decreto di cui al comma
3 è disposto l'eventuale adeguamento dei contributi alla media previsto
dall'articolo 259, comma 4.
Articolo 262
Inosservanza degli obblighi
relativi all'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
1. L'inosservanza del termine per
la presentazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o del
termine per la risposta ai rilievi ed alle richieste di cui all'articolo 261,
comma 1, o del termine di cui all'articolo 261, comma 4, o l'emanazione del
provvedimento definitivo di diniego da parte del Ministro dell'interno
integrano l'ipotesi di cui all'articolo 141, comma 1, lett. a).
2. Nel caso di emanazione del
provvedimento definitivo di diniego di cui all'articolo 261, comma 4, sono
attribuiti al commissario i poteri ritenuti necessari per il riequilibrio della
gestione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico
dello Stato.
Articolo 263
Determinazione delle medie
nazionali per classi demografiche delle risorse di parte corrente e della
consistenza delle dotazioni
organiche.
1. Con decreto a cadenza triennale
il Ministro dell'interno individua le medie nazionali annue, per classe
demografica per i comuni ed uniche per le province, delle risorse di parte
corrente di cui all'articolo 259, comma 4.
2. Con decreto a cadenza triennale
il Ministro dell'interno individua con proprio decreto la media nazionale per
classe demografica della consistenza delle dotazioni organiche per comuni e
province ed i rapporti medi dipendenti-popolazione per classe demografica,
validi per gli enti in condizione di dissesto ai fini di cui all'articolo 259,
comma 6. In ogni caso agli enti spetta un numero di dipendenti non inferiore a
quello spettante agli enti di maggiore dimensione della fascia demografica
precedente.
Capo V - Prescrizioni e limiti
conseguenti al risanamento
Articolo 264
Deliberazione del bilancio di
previsione stabilmente riequilibrato.
1. A seguito dell'approvazione
ministeriale dell'ipotesi di bilancio l'ente provvede entro 30 giorni alla
deliberazione del bilancio dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce.
2. Con il decreto di cui
all'articolo 261, comma 3, è fissato un termine, non superiore a 120 giorni,
per la deliberazione di eventuali altri bilanci di previsione o rendiconti non
deliberati dall'ente nonché per la presentazione delle relative certificazioni.
Articolo 265
Durata della procedura di
risanamento ed attuazione delle prescrizioni recate dal decreto di
approvazione dell'ipotesi di bilancio
stabilmente riequilibrato.
1. Il risanamento dell'ente locale
dissestato ha la durata di cinque anni decorrenti da quello per il quale viene
redatta l'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. Durante tale periodo è
garantito il mantenimento dei contributi erariali.
2. Le prescrizioni contenute nel
decreto di approvazione dell'ipotesi di bilancio sono eseguite dagli
amministratori, ordinari o straordinari, dell'ente locale, con l'obbligo di
riferire sullo stato di attuazione in un apposito capitolo della relazione sul
rendiconto annuale.
3. L'organo della revisione
riferisce trimestralmente al consiglio dell'ente ed all'organo regionale di
controllo.
4. L'inosservanza delle
prescrizioni contenute nel decreto del Ministro dell'interno di cui all'articolo
261, comma 3, comporta la segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria per
l'accertamento delle ipotesi di reato.
Articolo 266
Prescrizioni in materia di
investimenti.
1. Dall'emanazione del decreto di
cui all'articolo 261, comma 3, e per la durata del risanamento come definita
dall'articolo 265 gli enti locali dissestati possono procedere all'assunzione
di mutui per investimento ed all'emissione di prestiti obbligazionari nelle
forme e nei modi consentiti dalla legge.
Articolo 267
Prescrizioni sulla dotazione
organica.
1. Per la durata del risanamento,
come definita dall'articolo 265, la dotazione organica rideterminata ai sensi
dell'articolo 259 non può essere variata in aumento.
Articolo 268
Ricostituzione di disavanzo di
amministrazione o di debiti fuori bilancio.
1. Il ricostituirsi di disavanzo
di amministrazione non ripianabile con i mezzi di cui all'articolo 193, o
l'insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con le modalità di cui
all'articolo 194, o il mancato rispetto delle prescrizioni di cui agli articoli
259, 265, 266 e 267, comportano da parte dell'organo regionale di controllo la
segnalazione dei fatti all'Autorità giudiziaria per l'accertamento delle
ipotesi di reato e l'invio degli atti alla Corte dei conti per l'accertamento
delle responsabilità sui fatti di gestione che hanno determinato nuovi
squilibri.
2. Nei casi di cui al comma 1 il
Ministro dell'interno con proprio decreto, su proposta della Commissione per la
finanza e gli organici degli enti locali, stabilisce le misure necessarie per
il risanamento, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a
carico dello Stato, valutando il ricorso alle forme associative e di
collaborazione tra enti locali di cui agli articoli da 30 a 34.
Articolo 269
Modalità applicative della
procedura di risanamento.
1. Le modalità applicative della
procedura di risanamento degli enti locali in stato di dissesto finanziario
sono stabilite con regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17 della
legge 23 agosto 1988, n. 400.
2. Nelle more dell'emanazione del
regolamento di cui al comma 1 continuano ad applicarsi, in quanto compatibili,
le disposizioni recate dal decreto del Presidente della Repubblica 24 agosto
1993, n. 378.
Parte III - Associazioni degli
enti locali
Articolo 270
Contributi associativi.
1. I contributi, stabiliti con
delibera dagli organi statutari competenti dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre,
dell'Uncem, della Cispel, delle altre associazioni degli enti locali e delle
loro aziende con carattere nazionale che devono essere corrisposti dagli enti
associati possono essere riscossi con ruoli formati ai sensi del decreto
legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, ed affidati ai concessionari del servizio
nazionale di riscossione. Gli enti anzidetti hanno l'obbligo di garantire, sul
piano nazionale, adeguate forme di pubblicità relative alle adesioni e ai loro
bilanci annuali.
2. La riscossione avviene mediante
ruoli, anche in unica soluzione, su richiesta dei consigli delle associazioni
suddette, secondo le modalità stabilite nel decreto legislativo 26 febbraio
1999, n. 46.
3. Gli enti associati hanno
diritto di recedere dalle associazioni entro il 31 ottobre di ogni anno, con
conseguente esclusione dai ruoli dal 1° gennaio dell'anno successivo.
Articolo 271
Sedi associative.
1. Gli enti locali, le loro
aziende e le associazioni dei comuni presso i quali hanno sede sezioni
regionali e provinciali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della
Cispel e sue federazioni, possono con apposita deliberazione, da adottarsi dal
rispettivo consiglio, mettere a disposizione gratuita per tali sedi locali di
loro proprietà ed assumere le relative spese di illuminazione, riscaldamento,
telefoniche e postali a carico del proprio bilancio.
2. Gli enti locali, le loro aziende
e associazioni dei comuni possono disporre il distacco temporaneo, a tempo
pieno o parziale, di propri dipendenti presso gli organismi nazionali e
regionali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue
federazioni, ed autorizzarli a prestare la loro collaborazione in favore di
tali associazioni. I dipendenti distaccati mantengono la posizione giuridica ed
il corrispondente trattamento economico, a cui provvede l'ente di appartenenza.
Gli enti di cui sopra possono inoltre autorizzare, a proprie spese, la
partecipazione di propri dipendenti a riunioni delle associazioni sopra
accennate.
3. Le associazioni di cui al comma
2 non possono utilizzare più di dieci dipendenti distaccati dagli enti locali o
dalle loro aziende presso le rispettive sedi nazionali e non più di tre
dipendenti predetti presso ciascuna sezione regionale.
Articolo 272
Attività delle associazioni nella
cooperazione allo sviluppo.
1. L'Anci e l'Upi possono essere
individuate quali soggetti idonei a realizzare programmi del Ministero degli
affari esteri relativi alla cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di
sviluppo, di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive
modificazioni, nonché ai relativi regolamenti di esecuzione. A tal fine il
competente ufficio del Ministero degli affari esteri è autorizzato a stipulare
apposite convenzioni che prevedano uno stanziamento globale da utilizzare per
iniziative di cooperazione da attuarsi anche da parte dei singoli associati.
2. I comuni e le province possono
destinare un importo non superiore allo 0,80 per cento della somma dei primi
tre titoli delle entrate correnti dei propri bilanci di previsione per
sostenere programmi di cooperazione allo sviluppo ed interventi di solidarietà
internazionale.
PARTE IV
Disposizioni transitorie ed
abrogazioni
Articolo 273
Norme transitorie.
1. Resta fermo quanto previsto
dall'articolo 10, comma 3, e dall'articolo 33 della legge 25 marzo 1993, n. 81,
in materia di elezioni dei consigli circoscrizionali e di adeguamento degli
statuti, nonché quanto disposto dall'articolo 51, comma 01, quarto periodo,
della legge 8 giugno 1990, n. 142.
2. Resta fermo altresì quanto
previsto dall'articolo 51 commi 3-ter e 3-quater della legge 8 giugno 1990, n.
142, fino all'applicazione della contrattazione decentrata integrativa di cui
ai C.C.N.L. per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie
locali sottoscritti il 31 marzo e il 1° aprile 1999 limitatamente a quanto già
attribuito antecedentemente alla stipula di detti contratti.
3. La disposizione di cui
all'articolo 51, comma 1, del presente testo unico relativa alla durata del
mandato ha effetto dal primo rinnovo degli organi successivo alla data di
entrata in vigore della legge 30 aprile 1999, n. 120.
4. Fino al completamento delle
procedure di revisione dei consorzi e delle altre forme associative, resta
fermo il disposto dell'articolo 60 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e
dell'articolo 5, commi 11-ter e 11-quater, del decreto-legge 28 agosto 1995, n.
361, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437.
5. Fino all'entrata in vigore di
specifica disposizione in materia, emanata ai sensi dell'articolo 11 della
legge 15 marzo 1997, n. 59, resta fermo il disposto dell'articolo 19 del regio
decreto 3 marzo 1934, n. 383, per la parte compatibile con l'ordinamento
vigente.
6. Le disposizioni degli articoli
125, 127 e 289 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato
con regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148, si applicano fino all'adozione delle
modifiche statutarie e regolamentari previste dal presente testo unico.
7. Sono fatti salvi gli effetti
dei regolamenti del consiglio in materia organizzativa e contabile adottati nel
periodo intercorrente tra il 18 maggio 1997 ed il 21 agosto 1999 e non sottoposti
al controllo, nonché degli atti emanati in applicazione di detti regolamenti.
Articolo 274
Norme abrogate.
1. Sono o restano abrogate le
seguenti disposizioni:
a) regio decreto 3 marzo 1934, n.
383;
b) articoli 31 e 32 del regio
decreto 7 giugno 1943, n. 651;
c) articoli 2, commi 1, 2 e 3, e
23, commi 2 e 3, della legge 8 marzo 1951, n. 122;
d) articolo 63 della legge 10
febbraio 1953, n. 62;
e) articoli 6, 9, 9-bis fatta
salva l'applicabilità delle disposizioni ivi previste agli amministratori regionali
ai sensi dell'articolo 19 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, 72, commi 3 e 4
e 75 del decreto del Presidente della Repubblica del 16 maggio 1960, n. 570;
f) legge 13 dicembre 1965, n.
1371;
g) articolo 6, comma 1, della
legge 18 marzo 1968, n. 444;
h) articolo 6, comma 3, della
legge 3 dicembre 1971, n. 1102;
i) articolo 16, comma 2, del
decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
j) articolo 6, comma 15, del
decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito, con modificazioni, dalla
legge 27 febbraio 1978, n. 43;
k) articolo 4, del decreto-legge
10 novembre 1978, n. 702, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio
1979, n. 3;
l) legge 23 aprile 1981, n. 154,
fatte salve le disposizioni ivi previste per i consiglieri regionali;
m) articoli 4 e 6 della legge 23
marzo 1981, n. 93;
n) articolo 15, punto 4.4,
limitatamente al primo periodo, articoli 35-bis e 35-ter, del decreto-legge 28
febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile
1983, n. 131;
o) legge 27 dicembre 1985, n. 816;
p) articoli 15, salvo per quanto
riguarda gli amministratori e i componenti degli organi comunque denominati
delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, i consiglieri regionali, 15-bis e
16 della legge 19 marzo 1990, n. 55;
q) legge 8 giugno 1990, n. 142;
r) articolo 13-bis, del
decreto-legge 12 gennaio 1991, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge
15 marzo 1991, n. 80;
s) articolo 15, del decreto-legge
13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio
1991, n. 203;
t) decreto-legge 31 maggio 1991,
n. 164 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1991, n. 221;
u) articolo 2, della legge 11
agosto 1991, n. 271;
v) articoli 1 e 4 comma 2, della
legge 18 gennaio 1992, n. 16;
w) articolo 12 commi 1, 3, 4, 5, 7
e 8, della legge 23 dicembre 1992, n. 498;
x) articolo 3, comma 9, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, limitatamente a quanto riguarda
le cariche di consigliere comunale, provinciale, sindaco, assessore comunale,
presidente e assessore di comunità montane;
y) articoli da 44 a 47, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504;
z) articoli 8 e 8-bis, del
decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8 convertito, con modificazioni, dalla legge
19 marzo 1993, n. 68;
aa) articolo 36-bis comma 2, del
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29;
bb) articolo 3 del decreto-legge
25 febbraio 1993, n. 42, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile
1993, n. 120;
cc) legge 25 marzo 1993, n. 81
limitatamente agli articoli: 1, 2, 3 comma 5, 5, 6, 7, 7-bis, 8, 9, 10 commi 1
e 2, da 12 a 27 e 31;
dd) articoli 1 e 7 della legge 15
ottobre 1993, n. 415;
ee) decreto-legge 20 dicembre
1993, n. 529, convertito dalla legge 11 febbraio 1994, n. 108;
ff) articoli 1, 2 e 4 della legge
12 gennaio 1994, n. 30;
gg) articolo 4, commi 2, 3 e 5 del
decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla
legge 29 marzo 1995, n. 95;
hh) articoli da 1 a 114 del
decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77;
ii) articolo 5, commi 8, 8-bis,
8-ter, 9, 9-bis ed 11-bis del decreto-legge 28 agosto 1995, n 361, convertito,
con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 1995, n. 437;
jj) articolo 1, comma 89, ed
articolo 3, comma 69 della legge 28 dicembre 1995, n. 549;
kk) legge 15 maggio 1997, n. 127,
limitatamente agli articoli: 4; 5 ad eccezione del comma 7; 6 commi 1, 2, 3, 4,
5, 7, 8, 10, 11 e 12 fatta salva l'applicabilità delle disposizioni ivi
previste per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le
aziende sanitarie locali e ospedaliere; 10; 17 commi 8, 9 e 18 secondo periodo,
da 33 a 36, 37 nella parte in cui si riferisce al controllo del comitato
regionale di controllo, da 38 a 45, 48, da 51 a 59, da 67 a 80 ad eccezione del
79-bis, da 84 a 86;
ll) articolo 2, commi 12, 13, 15,
16, 29, 30 e 31 della legge 16 giugno 1998, n. 191;
mm) articolo 4, comma 2, della
legge 18 novembre 1998, n. 415;
nn) articolo 2, comma 1, del
decreto-legge 26 gennaio 1999, n. 8 convertito, con modificazioni dalla legge
25 marzo 1999, n. 75;
oo) articolo 9, comma 5, della
legge 8 marzo 1999, n. 50;
pp) articoli 2, 7 e 8 commi 4 e 5,
della legge 30 aprile 1999, n. 120;
qq) legge 3 agosto 1999, n. 265,
limitatamente agli articoli 1; 2; 3; 4 commi 1 e 3; 5; 6 tranne il comma 8; 7
comma 1; 8; 11 tranne il comma 13; 13 commi 1, 3 e 4; 14; 16; 17, comma 3; 18
commi 1 e 2; 19; 20; 21; 22; 23; 24; 25; 26, commi da 1 a 6; 27; 28 commi 3, 5,
6 e 7; 29; 30; 32 e 33;
rr) legge 13 dicembre 1999, n.
475, ad eccezione dell'articolo 1 comma 3, e fatte salve le disposizioni ivi
previste per gli amministratori regionali.
Articolo 275
Norma finale.
1. Salvo che sia diversamente
previsto dal presente decreto e fuori dei casi di abrogazione per
incompatibilità, quando leggi, regolamenti, decreti, od altre norme o
provvedimenti, fanno riferimento a disposizioni espressamente abrogate dagli
articoli contenuti nel presente capo, il riferimento si intende alle
corrispondenti disposizioni del presente testo unico, come riportate da ciascun
articolo.