C. 2032 – Disposizioni
in materia di infrastrutture e trasporti
Presentato il 28
novembre 2001
RELAZIONE
Onorevoli
Deputati!
Articolo 1: Disposizioni per l'aggiornamento del Piano generale dei
trasporti e per l'accesso al sistema informativo per il monitoraggio e
la pianificazione dei trasporti.
Il Piano generale dei trasporti
e della logistica (PGT) deve essere sempre in grado di adeguarsi alle
evoluzioni della domanda di trasporto, alle evoluzioni delle varie forme di
sviluppo del Paese. La natura "dinamica" del Piano comporta quindi la
necessità di approfondire alcune tematiche specifiche, finalizzate
all'attuazione degli indirizzi di Piano e propedeutiche all'aggiornamento
triennale dello stesso.
Pertanto, al fine di non inficiare
il lavoro fin qui svolto e per consentire la completa attuazione ed il
monitoraggio del nuovo PGT, è necessario prevedere a decorrere dall'anno 2002
un ulteriore congruo stanziamento per finanziare le attività di studi e di
consulenza per il necessario approfondimento e sviluppo del documento
programmatico.
A titolo indicativo, sulla base
dei contenuti del Piano, le attività di approfondimento studi e attuazione
faranno riferimento per il prossimo triennio ai seguenti argomenti:
attuazione
del nuovo regolamento del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con
riferimento all'articolazione degli uffici di secondo livello;
piano
dei centri merci;
piano
dei passeggeri;
programma
metano;
programma
strategico nazionale stradale dei veicoli;
monitoraggio
del PGT (strategie ed attività);
aggiornamento
dei documenti del PGT;
attuazione
delle leggi di settore;
approfondimenti
in materia di regolazione dei mercati;
studi
di settore e aggiornamento del PGT.
Rispetto all'elenco sopra
riportato si segnalano la necessità e l'urgenza di procedere allo studio
relativo alla definizione del Piano dei centri merci necessario per attuare la
delega di cui all'articolo 24 della legge n. 57 del 2001, che comporterà
un'attività ricognitiva sul territorio di notevole portata.
Come è noto, per l'attività
fino ad oggi svolta per la redazione del PGT ci si è avvalsi dei fondi di cui
all'articolo 10, comma 4, del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457,
convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, che oggi
prevederebbe uno stanziamento annuo di 309.874 euro che, di fatto, sono stati
ridotti (251.515 euro).
Alla luce di quanto sopra
esposto si ritiene opportuno procedere ad un rifinanziamento della norma citata
nella misura di 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni dal 2002 al 2004.
Comma 2.
Il Sistema informativo per il
monitoraggio e la pianificazione dei trasporti (SIMPT) è un sistema informatico
al servizio delle attività di pianificazione del Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti. Esso è costituito essenzialmente da tre componenti:
1)
una base dati attinenti all'offerta e alla domanda di trasporto e all'assetto
socio-economico e produttivo delle diverse aree del Paese;
2)
un articolato complesso di modelli che hanno il compito di elaborare i dati e
di produrre simulazioni;
3)
una serie di strumenti di interfaccia per la restituzione grafica ed
alfanumerica dei risultati.
Negli anni di esercizio del
Sistema è stato riscontrato un notevole interesse ai dati del SIMPT da parte
sia degli operatori del settore trasporti sia dei soggetti a vario titolo
coinvolti nell'elaborazione dei dati tecnici (piani regionali dei trasporti).
Tale interesse si è indirizzato non solo alla possibilità di un trasferimento
parziale della base dati di cui al primo dei punti precedenti, per i quali è
applicabile la disciplina introdotta dall'articolo 25 della legge 24 novembre
2000, n. 340, ma anche alla richiesta di dati producibili soltanto con il
lancio di sessione di calcolo ad hoc e la successiva produzione di
appositi report.
Si ritiene perciò essenziale la
messa a punto di uno strumento normativo che consenta ai soggetti interessati
l'accesso a titolo oneroso alle procedure elaborative, agli strumenti di
analisi dei risultati e alla banca dati del SIMPT.
Articolo 2: Norme di accelerazione dei lavori pubblici.
Comma 1.
Nonostante
gli anni trascorsi dalla soppressione degli organismi dell'intervento
straordinario nel Mezzogiorno (1993), le controversie ancora da definire
risultano pari a 2.500 circa con un petitum nominale stimato in 3.500
miliardi di lire circa.
Considerata la portata delle
questioni trattate, ed alla luce dei continui rilievi formulati dalla Corte dei
conti anche in relazione agli accertamenti di responsabilità, si ritiene che
all'argomento debba essere assicurata la necessaria attenzione.
L'urgenza di provvedimenti
acceleratori è stata avvertita sin dalla soppressione dell'Agensud, di talché
sono stati adottati due procedimenti per la definizione del contenzioso.
Entrambi riguardano solo i progetti
speciali e le opere per i quali, in attuazione delle delibera del Comitato per
la programmazione economica (CIPE) n. 157 del 1987, era stato già disposto il
trasferimento ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 64 del 1986,
successivamente abrogato.
Il primo procedimento
introdotto con il decreto-legge 9 agosto 1993, n. 285 (reiterato con
modificazioni fino al decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla
legge 7 aprile 1995, n. 104) non ha prodotto i risultati sperati. Il secondo
procedimento di cui al decreto-legge 24 aprile 1995, n. 123, che ha sostituito
i commi 2 e 3 dell'articolo 9-bis del decreto legislativo n. 96 del 1993
(reiterato con decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341) e successiva direttiva
ministeriale 28 gennaio 1995, ha dimostrato, invece, notevole efficacia in
termini di riduzioni di tempo e di spesa ma, di contro, il suo impatto sul
numero delle vertenze ereditate dall'amministrazione delle infrastrutture e dei
trasporti non è stato particolarmente significativo per i seguenti motivi:
inadeguatezza,
rispetto alla reale composizione del contenzioso, del procedimento de quo
in quanto rivolto unicamente alla definizione delle controversie riferite ai
progetti trasferiti ex articolo 5 della legge n. 64 del 1986, e
successive modificazioni;
ulteriore
restrizione del suindicato ambito di applicazione alle sole controversie
giudizialmente radicate alla data del 24 giugno 1995 come prescritto dalla
direttiva ministeriale 28 gennaio 1995.
Il testo che si propone tenta
di introdurre una nuova disciplina che permetta allo strumento transattivo di
spiegare appieno le proprie potenzialità perequando le distorsioni presenti
nello strumento di composizione bonaria delle vertenze introdotto con il
decreto-legge n. 123 del 1995.
In particolare si è ritenuto:
di
estendere la procedura transattiva anche alle opere "trasferite" dal
commissario ad acta per ovviare all'evidente limite che impediva, nella
procedura ex decreto-legge n. 123 del 1995, un accesso al procedimento
esteso a tutti gli interventi facenti capo agli organismi dell'intervento
straordinario nel Mezzogiorno;
di
introdurre il "procedimento d'ufficio", oltrechè quello ad iniziativa
di parte con la differenza che, per il primo, il termine per concludere il
procedimento decorre dalla comunicazione del suo inizio, mentre per il secondo
decorre dalla domanda del creditore;
di
limitare ulteriormente quanto riconoscibile delle pretese di maggiori compensi
all'appaltatore rispetto alla precedente normativa, stante il generale
contenimento delle somme transatte nella procedura di cui al decreto-legge n.
123 del 1995:
di
ammettere al procedimento anche gli interventi per i quali vi siano
esclusivamente riserve iscritte nella contabilità dei lavori.
Comma 2.
I rapporti di concessione e
affidamento già intrattenuti dall'intervento straordinario sono in numero di
20.000 circa, comprendenti circa 7.000 progetti trasferiti agli enti dal
commissariato ad acta ai sensi dell'articolo 9, comma 3, del decreto
legislativo n. 96 del 1993 (opere a lavori ultimati) e circa 13.000 opere,
anche esse con lavori ultimati, trasferite agli enti dall'intervento
straordinario. Per lo più si tratta di opere ultimate e collaudate, per le
quali gli enti, una volta ultimate tutte le attività, compresa la definizione
di tutti i contenziosi - anche espropriativi - ed i pagamenti a tutti i soggetti
creditori, devono produrre la rendicontazione finale ed incassare le residue
quote di spese generali.
La norma di accelerazione
proposta ha lo scopo di facilitare la definizione e la liquidazione delle
attività dell'intervento straordinario, rimettendo alla responsabilità degli
enti la rendicontazione finale: la proposta risponde alla oggettiva
impossibilità della struttura attuale di fronteggiare una tale massa di
pratiche, atteso che trattasi di pratiche, spesso più che decennali, per le
quali è pressoché impossibile reperire la necessaria documentazione negli
archivi, che hanno subìto rimaneggiamenti e spostamenti in connessione alla
soppressione dell'intervento straordinario.
Si ritiene che in presenza di
un meccanismo quasi automatico di definizione gli enti saranno incoraggiati a
farne uso, anche in presenza di modeste pendenze verso terzi, con la
disponibilità ad accollarsele pur di vedersi riconosciute le residue quote di
spese generali.
Comma 3.
Si è ritenuto di accelerare le
procedure di verifica dei rendiconti presentati dal commissario ad acta,
nominato ai sensi degli articoli 9 e 9-bis del decreto legislativo n. 96
del 1993, e successive modificazioni, con la nomina di un apposito collegio di
revisione che valuti l'attività in parola sotto l'aspetto della efficienza,
efficacia ed economicità della gestione.
Comma 4.
L'articolo 18 del decreto-legge
13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio
1991, n. 203, ha finanziato un programma straordinario di edilizia residenziale
per i dipendenti delle Amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla
criminalità organizzata.
Tale programma ha subìto una
serie di ritardi legati al fatto, tra l'altro, che è stato presentato un numero
elevato di ricorsi giurisdizionali, dei quali un buon numero è ancora pendente.
Questa Amministrazione si è
trovata, dunque, a gestire un programma che è stato ideato dieci anni fa e che
oggi è in piena fase di attuazione.
A causa del tempo trascorso, i
limiti di costo per la realizzazione degli alloggi di edilizia residenziale e
sovvenzionata - che erano stati fissati dalla delibera CIPE di attuazione
dell'accordo e dal successivo bando per il confronto pubblico concorrenziale -
risalgono al 1991 e, pertanto, sono oggi del tutto inidonei, con la conseguenza
che vengono dichiarate deserte molte gare per l'appalto dei lavori.
Si ritiene quindi opportuno
predisporre una disposizione che adegui tali limiti di costo a quelli stabiliti
nel decreto del ministro dei lavori pubblici 5 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 194 del 20 agosto 1994, con una conseguente riduzione del
numero degli alloggi finanziati.
Comma 5.
Per tale programma si intende
inoltre concedere una proroga dei termini posti per la definizione degli
assetti urbanistici con il comune, la quale però è subordinata ad un incremento
delle risorse per tali finalità, in quanto si prevede una crescita notevole
degli interventi ammessi al finanziamento.
Comma 6.
Oltre a tali modifiche, sembra
opportuno introdurre altre correzioni di minor conto, ma in grado di agevolare
l'attuazione del programma. In particolare, l'attività sostitutoria, prevista
dal comma 6, su iniziativa del soggetto proponente e con la sottoscrizione di
un accordo di programma tra il presidente della giunta regionale e il sindaco
del comune interessati alla nuova localizzazione, si giustifica in ragione
della mancata attivazione da parte della regione degli accordi di programma
previsti dall'articolo 11 della legge 30 aprile 1999, n. 136. In tal modo si
prevede una norma di chiusura, ad evitare che i delicati interventi che
richiedono la rilocalizzazione del programma in altra regione restino allo
stato solo virtuale.
Comma 7.
La disposizione prevede che per
i programmi integrati che vengono rilocalizzati, anche ai sensi dell'articolo
11 della legge 30 aprile 1999, n. 136, non si applica l'attestazione
prefettizia di conformità delle localizzazioni proposte rispetto alle finalità
del programma, ritenendosi questa superata dall'accordo di programma
sottoscritto dalla regione con il comune, oltre a realizzare in tal modo uno
snellimento procedurale.
Articolo 3: Disposizioni in materia di asservimento.
La norma risponde all'esigenza
di salvaguardare l'integrità e la permanenza di opere e di impianti in settori
essenziali, quali trasporti, telecomunicazioni, acque, energia, attraverso la
conferma legislativa della possibilità di attuare le procedure impositive delle
occorrenti servitù anche nei casi di impianti già realizzati e utilizzati.
La norma, di carattere
procedurale-interpretativo, risponde ad una diffusa esigenza di chiarificazione
avanzata dagli organi amministrativi coinvolti a diverso titolo nei relativi
procedimenti. Di recente, infatti, è stato rilevato dalla giustizia
amministrativa che la possibilità di procedere alla imposizione di servitù in
sanatoria nel caso di impianti già esistenti e funzionanti (in quanto, ad
esempio, installati a seguito di accordi informali o mai perfezionati nelle
regolari forme amministrative) è da ritenere subordinata ad espressa previsione
legislativa, in mancanza della quale il soggetto gestore dovrebbe
preventivamente rimuovere l'impianto e poi procedere all'asservimento del
terreno. Si impone pertanto l'introduzione sollecita di una apposita previsione
legislativa in tal senso, in difetto della quale si potrebbe verificare
l'assurdo di una interruzione o sospensione di pubblici servizi come
conseguenza della rimozione degli impianti che dovrebbero poi essere
ricollocati nello stesso sito una volta esperita la procedura tipica, con
evidente aggravio dei costi per la complessiva utenza. La misura fa comunque
salvi i diritti maturati dagli interessati sino all'emanazione del titolo
impositivo, secondo le norme generali dell'ordinamento e chiarisce che, dopo la
data di entrata in vigore del nuovo testo unico in materia, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, le servitù rette da norme
speciali rientrano ai fini della sanatoria delle posizioni irregolari nelle
dettagliate previsioni introdotte dall'articolo 43 del testo unico stesso.
Articolo 4: Disposizioni relative al Registro italiano dighe.
Le risorse attualmente
disponibili per il funzionamento del Servizio nazionale dighe (SND) (legge di
bilancio e legge n. 183 del 1989) sono decisamente insufficienti a garantire il
funzionamento del nuovo ente, al quale sono assegnati compiti ulteriori
rispetto a quelli del SND e vengono già richieste, con sempre crescente
frequenza, consulenze e persino collaborazioni sostitutive con i conseguenti
oneri operativi da amministrazioni statali e regionali e da altri soggetti
pubblici cui oggi non è ancora possibile dare soddisfacente riscontro. A tal
fine è indispensabile una norma che consenta al registro italiano dighe di
avvalersi di un contributo annuo a carico dei gestori delle dighe di sua
competenza, per le previste attività di vigilanza, controllo e consulenza,
attività che in effetti, considerato il livello di rischio connesso con il
processo produttivo legato all'utilizzo della risorsa, rendono legittima la
richiesta di una partecipazione al costo del servizio prestato per garantire la
pubblica incolumità. Ovviamente contributi e diritti saranno da determinare nel
rispetto del principio di copertura dei costi sostenuti dall'ente; i relativi
criteri (e le modalità di riscossione) verranno stabiliti con apposito decreto
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze.
Articolo 5: Modifiche alla legge 11 febbraio 1994, n. 109.
A mezzo della delega al Governo
in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri
interventi per il rilancio delle attività produttive, lo Stato ha assunto
l'obiettivo di una pronta realizzazione delle infrastrutture di preminente
interesse nazionale, prevedendo a tal fine l'emanazione di un regime normativo,
ad esse appositamente dedicato, che vada a regolare l'azione amministrativa e
contrattuale dei soggetti appaltanti coinvolti.
La necessità di una
razionalizzazione dell'intera normativa del settore comporta però, stante la
ricordata specialità del predetto intervento normativo, la attuazione di un
pronto intervento di correzione al disposto della legge 11 febbraio 1994, n.
109, e successive modificazioni, legge-quadro in materia di lavori pubblici,
anche al fine della necessaria opera di armonizzazione dei contenuti di
quest'ultima con la normativa introdotta dalla legge obiettivo.
Tale necessità, poi, trova
ulteriore ragione d'essere nell'esigenza di adeguamento della normativa in
parola ai recentissimi mutamenti dell'assetto costituzionale in materia,
determinatisi con la riforma del titolo V della parte seconda della
Costituzione (articoli da 114 a 132) approvata in via definitiva dal Parlamento
in data 8 marzo 2001 ed oggetto del referendum del 7 ottobre 2001 (legge
costituzionale n. 3 del 2001).
Appare inevitabile, così, che
si ponga inizio ad un progetto complessivo di riforma dell'assetto normativo
che interessa le opere nazionali ovvero regionali e locali, residue alla legge
obiettivo, improntato al rispetto dei nascenti nuovi equilibri in materia tra
Stato e regioni.
La complessità di tale operazione
però, che richiede necessariamente importanti, adeguati tempi di attuazione,
rende altresì inevitabile, medio tempore, provvedere ad una prima fase
di intervento in ordine ai profili di maggiore e più urgente problematicità del
vigente testo della legge, con ciò dando risposta alle indicazioni ed alle
esigenze sollevate dagli operatori del settore nell'applicazione pratica del
vigente assetto normativo.
A tal fine si è provveduto
così, in primo luogo, alla elaborazione di una serie di modificazioni
dell'articolato della legge quadro 11 febbraio 1994, n. 109. In particolare:
1)
all'articolo 14, si prevedono due semplificazioni all'attività di
programmazione delle amministrazioni, che risulta nella sua attuazione
particolarmente gravosa. Al comma 1, così, viene operata l'esclusione
dall'ambito di applicazione dell'istituto delle opere di valore economico
estremamente modesto, limitando pertanto detto obbligo di programmazione alle
sole opere il cui importo sia superiore a 200.000 euro; al comma 3, si provvede
poi all'eliminazione della rigida previsione, nell'ambito del programma
triennale, della previa individuazione di un ordine di priorità di categorie
relativo alle categorie di lavori, nonché di un ulteriore ordine di priorità all'interno
di ogni categoria;
2)
all'articolo 19, comma 1, viene introdotta la piena libertà dei soggetti
committenti di affidare all'appaltatore oltreché la sola esecuzione dei lavori
anche la progettazione esecutiva (cosiddetto "appalto integrato");
tale possibilità è infatti allo stato estremamente limitata, essendo prevista
per i soli lavori a prevalenza impiantistica, di manutenzione, restauro o
archeologici, con il risultato di una scarsa applicazione pratica
dell'istituto. L'introduzione viene comunque accompagnata dalla espressa
previsione, al fine di assicurare il miglior operare dell'appaltatore, della
piena responsabilità dello stesso nel caso di necessità di introdurre varianti
in corso d'opera a causa di carenze del progetto esecutivo redatto; allo stesso
articolo 19, si prevedono altre due modificazioni al vigente testo normativo,
tese a rimuovere l'eccessiva vincolatività e rigidità del regime che informa
l'ipotesi concessoria: al comma 2 viene eliminata la previsione che il prezzo
da corrispondere al concessionario non possa comunque superare il 50 per cento
dell'importo totale dei lavori, e viene altresì eliminato l'obbligo di
corrispondere il prezzo soltanto a collaudo effettuato; al comma 2-bis,
viene soppressa l'attuale previsione di un limite temporale massimo di trenta
anni per la durata della concessione. La rimozione di tali vincoli è in effetti
necessaria per consentire l'affidamento in concessione di opere a redditività
minore, in particolare nel Mezzogiorno, e riprende la disciplina introdotta per
le grandi opere dalla legge obiettivo;
3)
all'articolo 20, comma 4, viene eliminato il ricorso obbligatorio al previo
parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici per gli appalti-concorso di
valore inferiore all'importo di 25 milioni di euro. La modificazione in parola
è da ascrivere, come le precedenti, alla finalità di consentire una maggiore
possibilità per i committenti di avvalersi di forme di appalto diverse dalla
sola esecuzione dei lavori. L'eliminazione del necessario ricorso al parere del
Consiglio per gli appalti-concorso di minor rilevanza economica risponde
altresì, peraltro, ad un'ottica generale di semplificazione ed efficacia
dell'attività amministrativa, mirando ad ovviare agli eccessivi rallentamenti
prodottisi nell'iter autorizzativo della procedura in parola;
4)
all'articolo 30, comma 6, viene inserita la previsione per le stazioni
appaltanti di avvalersi altresì, per l'obbligo di verificazione degli elaborati
progettuali, di soggetti esterni all'Amministrazione appositamente autorizzati
secondo modalità da introdurre con regolamento successivo. Sino alla data di
entrata in vigore del regolamento, viene consentito l'affidamento di tale
verifica ad esperti selezionati dai committenti. L'introduzione in parola
risponde alla necessità di assicurare alle amministrazioni un numero adeguato
di organismi di controllo esterni, ad oggi fortemente limitato dalle
restrittive previsioni normative;
5)
all'articolo 30, comma 7-bis, si introduce la previsione, da leggere in
relazione con la prevista estensione del ricorso all'appalto integrato esposta
in precedenza, che in dette ipotesi, a garanzia delle amministrazioni,
l'applicazione della garanzia di esecuzione (cosiddetta "performance
bond"), dovrà considerarsi obbligatoria per i contratti di importo
superiore ai 75 milioni di euro. Ciò, a miglior tutela delle stazioni
appaltanti, in relazione alle maggiori responsabilità che gravano
sull'affidatario di un appalto integrato ed ai connessi maggiori rischi di
inadempimento;
6)
all'articolo 37-bis, viene eliminato il termine fisso del 30 giugno per
la presentazione delle proposte dei promotori, introducendo, peraltro, adeguate
forme di pubblicità, atte a garantire ai terzi interessati la possibilità di
presentare proposte alternative. La nuova formulazione in parola, accompagnata
dalla fissazione di termini certi per l'esame di dette proposte e per la
conseguente indizione della gara di cui all'articolo 37-quater, è
finalizzata ad eliminare il formarsi di "tempi morti" nel corso
dell'anno per l'avvio di iniziative di finanza di progetto, determinatisi
invece, secondo le indicazioni provenienti dall'applicazione pratica
dell'istituto, in conseguenza dell'attuale formulazione dell'articolo in
parola.
Ulteriormente, poi, si è
provveduto ad una modificazione delle disposizioni di cui all'articolo 18,
comma 3, della legge 19 marzo 1990, n. 55. Al riguardo, viene in particolare
previsto un mutamento della misura limite per l'affidamento in subappalto dei
lavori appartenenti alla categoria prevalente, fissando una estensione di detta
misura al 50 per cento. Tale mutamento trova la propria ragion d'essere, ancora
una volta, nelle indicazioni provenienti dall'applicazione pratica
dell'istituto, limitato nel suo svolgersi dalla vigente previsione normativa.
Da ultimo, si è inserita la previsione che nell'esercizio del potere
regolamentare di cui all'articolo 3 della legge quadro 11 febbraio 1994, n.
109, il Governo provvederà ad effettuare le opportune modificazioni al
regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21
dicembre 1999, n. 554, ed al regolamento di qualificazione delle imprese, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34. La
previsione in parola è da leggersi nella volontà di dare continuità al processo
di semplificazione intrapreso con le modificazioni previste per la legge quadro
11 febbraio 1994, n. 109.
Comma 4.
Il comma 2 dell'articolo 188
del regolamento in materia di lavori pubblici di cui al decreto del Presidente
della Repubblica n. 554 del 1999 stabilisce che costituiscono requisito
abilitante allo svolgimento dell'incarico di collaudo le lauree in ingegneria,
architettura e, limitatamente a un solo componente della commissione, le lauree
in geologia, scienze agrarie e forestali, l'abilitazione all'esercizio della
professione nonché, ad esclusione dei dipendenti delle amministrazioni
aggiudicatrici, l'iscrizione da almeno cinque anni nel rispettivo albo
professionale.
La suddetta norma non permette,
quindi, ai funzionari amministrativi ancorché dotati di adeguata esperienza
acquisita a seguito dell'espletamento di servizio presso uffici pubblici da
almeno cinque anni, di far parte delle commissioni di collaudo, anche se nel
limite di un componente.
L'esperienza acquisita in
almeno cinque anni di servizio presso tali uffici appare ampiamente sufficiente
per permettere di dare il proprio contributo nell'espletamento del collaudo, specificatamente
per quanto attiene gli aspetti finanziari, contabili e contrattuali, che pure
fanno parte delle attività di collaudazione come previsto dagli articoli 190 e
seguenti del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica n. 554 del 1999.
Comma 5.
Il comma 5 dell'articolo 151
del citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 554
del 1999 individua le categorie di soggetti che possono essere ammessi all'albo
degli arbitri della camera arbitrale. Tra le categorie non è prevista, però,
quella dei funzionari amministrativi.
La suddetta norma quindi non
permette ai funzionari amministrativi, ancorché dotati di adeguata esperienza
acquisita in uffici pubblici, di far parte di collegi arbitrali.
L'esperienza acquisita in
almeno cinque anni di servizio presso uffici pubblici appare ampiamente
sufficiente per permettere di dare il proprio contributo nell'espletamento
dell'attività di definizione delle controversie, specificatamente per quanto
attiene agli aspetti finanziari, contabili e contrattuali che pure formano
oggetto del contenzioso.
Articolo 6: Disposizioni in materia di ferrovie.
Lo sviluppo degli interventi
nel settore delle infrastrutture pubbliche costituisce fondamentale punto
dell'attuale governo, che considera imprescindibile, per garantire parità di
condizioni e di opportunità, assicurare dotazioni a livello degli altri paesi
europei. Tale esigenza si dimostra particolarmente avvertita nel settore
ferroviario, nel quale l'Italia sconta un gravissimo ritardo nell'adeguamento,
modernizzazione e sviluppo sia della linea dell'alta velocità (AV) sia nelle
tratte di interesse locale subregionale e metropolitano.
In distonia con tali esigenze
la legge finanziaria 2001 (legge n. 388 del 2000), all'articolo 131, ha
interrotto programmi già avviati per talune linee di AV e per le ferrovie in
concessione e gestione governativa, revocando la prima e sospendendo gli atti
integrativi nelle seconde, nella presunta finalità di un contenimento dei costi
attraverso l'affidamento in gara dei relativi lavori. Tale assunto della
riduzione dei costi è solo aprioristicamente sostenuto ma in alcun modo
dimostrato e, in ogni caso, non tiene in alcun modo conto della gravissima esposizione
ai contenziosi che comporta l'improvvisa interruzione dei rapporti. Per giunta,
presuppone un'effettiva capacità delle amministrazioni a progettare e gestire
tutti gli interventi, laddove proprio le relative carenze avevano suggerito di
strutturare i rapporti mediante General Contractor, ovvero concessionari
di prestazioni integrate.
Il modulo General Contractor
è pienamente aderente alla normativa comunitaria in quanto risponde alla
formula "del fare eseguire con ogni mezzo" richiamato dalla direttiva
93/38/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993.
E' perciò strategico un
recupero dei rapporti concessori e delle sottostanti convenzioni, sempre che
non siano intervenute interruzioni contrattuali per fatti esulanti dal citato
articolo 131, che ovviamente non possono essere recuperate dalla norma
appartenendo alla gestione del rapporto.
In particolare, è stato
rilevato quanto segue:
1)
la risoluzione normativa del contratto ha comportato l'interruzione delle
attività progettuali in corso ed il blocco totale della conferenza di servizi e
di ogni altra attività, sancito dalla esclusione delle risorse destinate alle
opere in parola dal contratto di programma tra ferrovie e Ministero dei
trasporti e della navigazione, ma anche allo stato attuale il mantenimento
della legge comporta un ulteriore ritardo, quantificabile in non meno di due
anni per:
per
8-12 mesi di maggior tempo per la revisione del progetto definitivo ed
esecutivo ad opera di un progettista diverso dall'attuale; ciò perché le regole
europee impongono la scelta del progettista previa gara e anche perché il nuovo
progettista dovrà acquisire la conoscenza che i General Contractor
hanno conseguito in otto anni di lavoro;
dopo
la redazione del progetto esecutivo, non meno di un anno di tempo per la gara
ove si vogliano affidare interamente le opere (prequalifica, gara, verifica di
anomalia, stipula del contratto e consegna dei lavori). E' da notare che, in
Italia, esiste (forse) un solo soggetto con qualificazioni sufficienti
all'esecuzione di lavori di tale entità; la gara si dovrebbe, pertanto,
svolgere essenzialmente tra imprese estere, che, avendo, con affidamento
riservato, realizzato le tratte ferroviarie del Paese di appartenenza, hanno
acquisito i requisiti che le imprese italiane non hanno, dato che l'AV è
rimasta bloccata dal 1991;
ove
si decidesse di suddividere l'opera in più lotti, separando opere civili,
armamento ferroviario, impiantistica, eccetera, i tempi di progettazione e
della gara di esecuzione saranno moltiplicati, rientrando nell'ambito
ventennale di realizzazione della prima (ed unica) tratta moderna italiana
(Roma-Firenze).
Gli effetti del ritardo devono
essere commisurati non solo all'aumento fisiologico del prezzo delle opere, per
motivi inflattivi, ma soprattutto al mancato merito di risorse da sfruttamento
delle tratte, da aggiungere, ovviamente, al danno sociale.
2. La revoca delle concessioni
non comporterebbe alcun risparmio perché i prezzi di affidamento ai General
Contractor sono contrattualmente quelli di mercato da congruire dallo
stesso committente, mentre in mancanza di accordo Tav questi può legittimamente
recedere dal contratto stesso.
In sostanza, l'unica
possibilità di risparmio deriva dall'affidamento delle opere a prezzi inferiori
a quelli di mercato. A tale pratica, in effetti le nostre ferrovie sono state
in passato costrette, con il conseguimento di ribassi sui prezzi a base di gara
addirittura del 50 per cento; tali procedure hanno però dato costantemente
esiti certo non felici, con fallimenti delle imprese interessate, opere sospese
o nemmeno iniziate ad anni di distanza dalle gare - così come avvenuto per i
nodi ferroviari di Roma e Bologna e per la linea a Monte del Vesuvio e altre -
e in ultima analisi con costi moltiplicati.
Non è possibile prevedere
risparmi attraverso la risoluzione di contratti che non hanno ancora definito
il prezzo se non con il riferimento al prezzo di mercato; non sussiste utilità
a perseguire altri affidamenti sotto mercato.
3. L'affidamento ai General
Contractor è il sistema adottato in tutto il mondo per la realizzazione
delle grandi opere.
Esso è stato adottato in Italia
senza gara prima della entrata in vigore della normativa europea sui settori
esclusi, che ha poi imposto la concorrenza internazionale in conformità a
quanto avvenuto negli altri Paesi europei che, attraverso procedure analoghe
(affidamento ad imprese nazionali) hanno già realizzato le grandi opere
ferroviarie programmate.
Ovviamente tale procedura non
potrebbe ora rinnovarsi, per le sopravvenute norme, ma ciò non inficia la
validità e legittimità dei contratti in essere, già verificata dal Consiglio di
Stato, dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, dal Governo e dal
Parlamento.
La mancata attuazione dei
lavori affidati ha già posto in crisi molte delle imprese affidatarie; la
risoluzione per legge ha aggravato lo stato di crisi contribuendo in misura
determinante alla consegna dell'intero mercato delle grandi opere alle ben più
grandi imprese europee, che hanno invece beneficiato della capacità dei loro
Paesi di affidare e far realizzare le tratte ferroviarie moderne molto prima
dell'Italia.
4. Infine, ma non ultimo, va
ricordato che il provvedimento che si vuole revocare, essendo - testualmente -
finalizzato a risolvere per legge dei contratti in essere tra imprese di Stato
e privati, non solo si presta a gravi contestazioni di incostituzionalità, ma
ha già dato ingresso al peggioramento delle condizioni finanziarie italiane
nelle strutture finanziarie internazionali, consentendo di qualificare lo Stato
italiano tra i committenti non affidabili.
Nella stessa ottica, non sembra
siano stati adeguatamente valutati gli effetti che discendono dal blocco
sancito dall'articolo 131, comma 4, della legge n. 388 del 2000 al
completamento del programma di ammodernamento delle ferrovie in concessione
promosso in forza della legge 22 dicembre 1986, n. 910. Anche in tal caso la
soluzione si dimostra in contrasto con l'esigenza di potenziamento ed
adeguamento funzionale delle infrastrutture ferroviarie, che costituisce un
cardine per lo sviluppo del Paese e per il suo allineamento agli standard europei.
E' perciò fondamentale che il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Divisione della motorizzazione
dei trasporti in concessione - prosegua con l'attuale organizzazione a gestire
il programma fino al suo completamento, ovvero assicuri la continuità
dell'azione di coordinamento e vigilanza sino all'assunzione dell'operatività
delle strutture regionali.
Ne discende che nell'uno come
nell'altro caso risulta strategico rimuovere i blocchi imposti, senza adeguato
approfondimento e meditazione, dalla legge finanziaria 2001, in attesa di un
regolare passaggio ai nuovi sistemi realizzativi in corso di elaborazione da
parte dei competenti organi legislativi.
Comma 3.
Al fine di garantire la
continuità e la regolarità dei servizi pubblici di trasporto oggetto delle
funzioni di amministrazione e di programmazione delegate alle regioni ai sensi
dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 422 del 1997, come modificato dal
decreto legislativo n. 400 del 1999, il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti ha costituito le società di capitale di cui all'articolo 31 della
legge n. 144 del 1999 prevedendo, nei relativi atti di costituzione, il
subentro, a far data dal momento di effettiva attuazione della delega
(attuazione compiuta dal 1^ gennaio 2001 come previsto dal decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 16 novembre 2000, pubblicato nel
supplemento ordinario n. 224 alla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 30
dicembre 2000), delle stesse società in tutti i rapporti attivi e passivi
imputabili alle corrispondenti gestioni commissariali governative. Tale
subentro è implicitamente previsto dal disposto dell'articolo 18, comma 3-bis,
dello stesso decreto legislativo n. 422 del 1997, nella parte dove il
legislatore impone alle regioni, attuata la delega, di affidare i servizi
erogati dalle gestioni commissariali governative "alle società allo scopo
costituite".
Tuttavia la mancanza di una
previsione di legge esplicita ha creato alcuni problemi gestionali alle
richiamate società. In particolare le criticità rilevate sono sia quelle
inerenti i rapporti con i soggetti terzi, già controparte delle ex
gestioni commissariali governative, che quelle attinenti ad aspetti fiscali
quali i "recuperi IVA".
Al fine di eliminare ogni problema
di carattere interpretativo si propone una disposizione legislativa che
espressamente prevede il subentro di cui trattasi. Pertanto la norma in parola
ha valore di interpretazione autentica del combinato disposto dell'articolo 31
della legge n. 144 del 1999 e dell'articolo 18, comma 3-bis, del decreto
legislativo n. 422 del 1997, come modificato dal decreto legislativo n. 400 del
1999.
La presente norma non comporta
aumento di spesa.
Comma 4.
Le leggi in argomento hanno
previsto rispettivamente:
1)
il finanziamento di interventi infrastrutturali sulla rete ferroviaria nelle
aree depresse per 903,900 miliardi di lire;
2)
il finanziamento del completamento del tratto Andora-San Lorenzo a Mare della
linea ferroviaria Genova-Ventimiglia (comma 1 dell'articolo 10 del
decreto-legge n. 457 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30
del 1998) nonché della progettazione del nodo ferroviario di Genova, attraverso
il riconoscimento alla Ferrovia dello Stato spa di contributi decennali pari a
lire 32,2 miliardi per il 1997, lire 12,8 miliardi per il 1998 e lire 3,5
miliardi per il 1999;
3)
il finanziamento del progetto esecutivo relativo alla linea ferroviaria del
Brennero per la tratta Verona-Monaco (legge n. 194 del 1998), autorizzando la
spesa di lire 5 miliardi annue, per ciascuno degli anni dal 1998 al 2002.
A tutt'oggi:
per
il numero 1) sono state impegnate solo lire 16 miliardi e andranno
presumibilmente in economia, dal 1^ gennaio 2002, circa lire 140 miliardi
relativi allo stanziamento originario del 1998;
per
i numeri 2) e 3) non sono stati assunti impegni ed è pertanto probabile che gli
importi dei finanziamenti in argomento vadano in economia a fine esercizio
2001.
La proposta legislativa di cui
trattasi consentirà di utilizzare le risorse disponibili del nuovo esercizio
finanziario.
La presente norma non comporta
aumento di spesa.
Articolo 7: Attivazione degli interventi previsti nel programma di
infrastrutture.
Le grandi infrastrutture
costituiscono obiettivo tra i più qualificanti del programma di Governo.
Al fine di passare
immediatamente alla fase attuativa (progettazione preliminare, comprensiva
della valutazione di impatto ambientale, programmazione delle risorse e fase
operativa di realizzazione) è indispensabile la previsione di una norma che
consenta l'immediata utilizzazione del Fondo speciale di cui alla tabella B già
accantonato dal disegno di legge finanziaria.
In particolare si procederà con
urgenza e compatibilmente con le contingenze alla realizzazione dei lavori
relativi al passante di Mestre, della variante di valico, della
Livorno-Civitavecchia ed al potenziamento della rete ferroviaria, con particolare
attenzione alle linee trasversali, in particolare la Pontremolese.
Sulla base di quanto sopra
esposto sono autorizzati limiti di impegno quindicennali che consentiranno di
attivare un volume complessivo di risorse pari a circa 5,5 miliardi di euro.
Articolo 8: Programma per il miglioramento della sicurezza stradale
sulla rete nazionale.
L'articolo 32 della legge 17
luglio 1999, n. 144, con la finalità di orientare verso più affidabili
condizioni di sicurezza il sistema della mobilità del nostro Paese, mediante
l'avvio di un'organica politica della sicurezza stradale, ha previsto la
predisposizione e l'approvazione di un Piano nazionale della sicurezza
stradale. Il Piano consiste in un sistema articolato di indirizzi per la promozione
e l'incentivazione di misure e strumenti per migliorare i livelli di sicurezza
da parte degli enti proprietari e gestori di reti stradali, di interventi
(infrastrutturali, di prevenzione e controllo, normativi ed organizzativi) e di
azioni per migliorare la conoscenza dello stato della sicurezza stradale e
della sua evoluzione. In coerenza con il carattere "specifico" ed
"aggiuntivo" del Piano, per il finanziamento delle attività e degli
interventi connessi alla sua attuazione, sulla base dei programmi attuativi
annualmente predisposti, l'articolo 54 della legge n. 488 del 1999 (legge
finanziaria 2000) ha stanziato limiti di impegno quindicennali destinati alla
sola copertura finanziaria delle azioni e delle misure che saranno attuate
dagli enti locali per la rete stradale secondaria.
Relativamente alla rete
autostradale e stradale nazionale, il comma 5 del citato articolo 32 della
legge n. 144 del 1999 derogando al principio di "aggiuntività", ha
previsto che gli interventi finalizzati agli obiettivi del Piano siano
realizzati a valere sulle disponibilità ordinarie annualmente stanziate nel
bilancio dello Stato ed assegnate all'Ente nazionale per le strade (ANAS).
Dal canto suo, il predetto
Ente, negli anni più recenti, sulla base delle direttive impartite dal Ministro
vigilante, sta sviluppando un rilevante impegno, in termini tecnici e
finanziari, per l'azione di adeguamento e miglioramento degli standard di
sicurezza e fruibilità della rete viaria, sia attraverso studi di settore sia
con interventi mirati di adeguamento delle sedi stradali nei tratti di alta
incidentalità ed in aree a particolare densità di traffico.
Attualmente, le linee
direttrici lungo le quali si muove l'azione dell'ANAS finalizzata al
miglioramento della propria rete infrastrutturale sono quelle della:
correzione
dei principali difetti geometrici dell'asse stradale, con adeguamenti
plano-altimetrici in corrispondenza di quei tratti stradali definiti
"punti neri" per il maggior numero di incidenti verificatesi;
revisione,
sostituzione e miglioramento della segnaletica;
adeguata
manutenzione delle pavimentazioni;
installazione
di dispositivi di ritenuta, come le barriere stradali e gli attenuatori di
urto, conformi alle recenti normative in materia.
Si tratta, come è evidente, di
interventi di notevole impegno tecnico e di rilevante impatto finanziario, ma
la limitatezza delle risorse attualmente disponibili nell'ambito degli
stanziamenti ordinari di bilancio non consente di impostare una politica
organica di respiro pluriennale specificamente destinata.
Si pone, quindi, l'esigenza di
creare anche per la rete nazionale le premesse di ordine finanziario per
promuovere, in attuazione degli indirizzi e delle linee guida del Piano
nazionale per la sicurezza, lo sviluppo ed il consolidamento di un'azione
mirata al miglioramento della sicurezza ed affidabilità del patrimonio
infrastrutturale, individuando risorse e strumenti idonei - carattere specifico
ed aggiuntivo - in misura adeguata alla necessità di riqualificazione della
viabilità strategica ed alla piena valorizzazione del patrimonio stradale
nazionale, a partire dalla sua messa in sicurezza.
A tale scopo è previsto un
limite di impegno quindicennale di 20.000.000 di euro a decorrere dal 2002.
Articolo 9: Fondo di rotazione per la progettazione di interventi di
compensazione ambientale sul sistema stradale.
Sulla base dell'esperienza
delle conferenze di servizi la cui intesa, prevista dall'articolo 81 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, e successive
modificazioni, è spesso subordinata alla realizzazione di opere di
"compensazione ambientale" che comportano una lievitazione dei costi
previsti negli atti di programmazione, è stato previsto un fondo di rotazione
per il finanziamento di progetti e interventi connessi al potenziamento o alla
realizzazione di nuove opere sul sistema stradale, con priorità per gli
itinerari di particolare strategicità per lo sviluppo del territorio nazionale:
essi, sebbene non direttamente connessi con la viabilità nel senso stretto del
termine, sono orientati all'abbattimento di una parte dei cosiddetti
"costi esterni", mitigando cioè l'impatto "sistema stradale/territorio"
con particolare riguardo al rumore, al paesaggio, al mantenimento degli
ecosistemi, agli interventi sperimentali sul colore, eccetera. Ai fini della
progettazione di lotti appartenenti ad itinerari di particolare criticità per
gli aspetti legati, in particolare, alla conservazione e valorizzazione del
paesaggio e delle risorse naturali, potrebbero promuoversi iniziative pilota e
concorsi per idee.
La dotazione iniziale del fondo
è costituita da un limite di impegno di 10.000.000 di euro a decorrere dal 2003.
Articolo 10: Interventi aeroportuali.
La norma prevede un limite di
impegno quindicennale di 5.000.000 di euro a decorrere dall'esercizio 2002 da
destinare con immediatezza alla realizzazione di interventi puntuali per
migliorare la sicurezza degli aeroporti in relazione ai recenti eventi che,
proprio in carenza di misure anche di dettaglio, hanno minacciato di
compromettere la sicurezza delle più importanti strutture aeroportuali.
Articolo 11: Programma di riabilitazione urbana.
Tra i risultati delle recenti
elaborazioni scientifiche sulla conformazione del territorio nazionale emerge
il concetto di "città diffusa", che rappresenta la trasformazione
reale del territorio con fenomeni di "addensamento" urbano intorno
alle infrastrutture della mobilità ed ai luoghi diversi dalla residenza.
In questa "città
diffusa" - di livello territoriale - sono compresi tutti gli elementi
negativi che si sono stratificati sul territorio, ma anche le potenzialità
positive della volontà dei singoli e delle istituzioni di ricostruire un
ambiente migliore e confortevole. I diversi strumenti messi a punto dal
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti puntano a far esprimere la
positività diffusa del territorio, coinvolgendo, innanzitutto, gli attori
istituzionali competenti per la gestione del territorio.
In particolare, sono stati
promossi programmi nei quali si avvia contemporaneamente e contestualmente un
processo di riqualificazione di parti significative e strutturali degli edifici
insieme ad opere pubbliche strettamente funzionali alla valorizzazione del
patrimonio edilizio.
Queste esperienze sembrano di
cruciale importanza nei casi in cui sia necessario far emergere l'interesse
collettivo in tutti quei casi - che sono la maggioranza, soprattutto a sud del
Paese - in cui il valore dell'edificato non è sufficiente a giustificare
l'interesse dei proprietari ad effettuare interventi di riqualificazione.
Non di meno, occorre tenere
presente, nell'intervenire su parti anche limitate del territorio
"urbano", il rapporto inversamente proporzionale tra efficienza della
mobilità ed effetto di perifericità della città diffusa, primo elemento,
quest'ultimo, di degrado sociale ed economico prima ancora che fisico.
Per poter procedere ad una
operazione di "risanamento" che coinvolga l'intera nazione, occorre
puntare su due fattori:
il
primo, sul coinvolgimento delle istituzioni locali per la promozione degli
interventi di riqualificazione e di sensibilizzazione dei soggetti presenti sul
territorio; il secondo, la possibilità di operare con strumenti
"semplici" di efficacia diretta e comprensibile rispetto al cittadino
ed ai nuclei familiari, da coinvolgere, in primo luogo, sul piano
dell'incentivazione alla spesa per manutenzione edilizia. Da questo punto di
vista sono già disponibili alcune esperienze:
a)
il provvedimento sullo sgravio fiscale degli interventi di recupero edilizio ed
altri interventi di risanamento riproposti nell'ultima legge finanziaria;
b)
i programmi di riqualificazione urbana, ed all'interno del complesso di questa
azione, quei programmi tramite i quali è possibile "specializzare"
l'azione verso l'obiettivo di promuovere interventi di risanamento
territoriale, di sostituzione edilizia e di riqualificazione architettonica.
La proposta si inserisce,
quindi, tra il "micro" recupero promosso a livello di nucleo
familiare ed il "macro" intervento di area vasta, ponendosi come
obiettivo principale quello di porre rimedio ai fenomeni di obsolescenza
edilizia, di carenze architettoniche, di squilibrio, sempre più tangibile, del
"sistema" abitativo (residenza, produzione, servizi, terziario, ...)
e della mobilità.
E' possibile pensare, quindi,
al ricorso a strumenti più semplici e più flessibili, come ad esempio il
convenzionamento edilizio, attraverso i quali pervenire, con il coinvolgimento
dei privati proprietari, delle imprese di settore, alla ristrutturazione ed al
risanamento dei volumi, nonché al restauro ed al risanamento dei prospetti e
delle parti comuni degli immobili, in un quadro complessivo coordinato
dall'azione comunale.
Gli elementi aggiuntivi,
rispetto all'azione tradizionale di recupero edilizio, possono essere cosi
sintetizzati:
1)
predeterminazione di standard prestazionali, da conseguire tramite gli
interventi pubblici e privati, con particolare riguardo agli interventi
pubblici rivolti a migliorare il sistema della mobilità urbana e periurbana;
2)
strumenti convenzionali, con i quali riconoscere rimodulazioni di volumi e di
superfici, ovvero la possibilità - a parità di volume - di suddividere le unità
immobiliari o di mutare una parte limitata della destinazione d'uso,
prevedendo, infine, la facoltà di utilizzare gli oneri concessori per:
a)
valorizzare e recuperare le preesistenze di interesse storico, architettonico
ed ambientale;
b)
migliorare l'accessibilità degli edifici, delle abitazioni e dei servizi
pubblici e privati;
c)
migliorare la qualità tecnologica ed igienico-sanitaria delle costruzioni e
delle abitazioni;
d)
migliorare il rapporto tra i luoghi di scambio;
e)
incentivare la realizzazione di ogni altro elemento che concorra a qualificare
ed a riconnettere l'insediamento "diffuso" con i contesti
circostanti, per arricchire l'immagine complessiva di una città effettivamente
riconoscibile dai propri abitanti.
Nell'operazione sopra descritta
è possibile che vengano intercettati molti dei nodi irrisolti dello sviluppo
territoriale come, a titolo d'esempio:
i
fenomeni di degrado per sotto utilizzazione del tessuto edilizio, privato delle
proprie funzioni originarie, ovvero di degrado per congestione dovuto alla
sovrautilizzazione dell'edificato, in funzione di luoghi economici
"eccellenti";
i
fenomeni di compromissione del territorio, esterno ed interno alle grandi e
medie conurbazioni, dovuti, tra l'altro, all'urbanistica "illegale";
la
commistione tra le attività proprie della città (residenza, lavoro, commercio,
servizi, (...)) e attività produttive non compatibili e concentrate in
territori fortemente urbanizzati.
Occorre, quindi, definire
l'oggetto di intervento anche per poter costruire le sinergie istituzionali
necessarie per massimizzare gli effetti di una politica di intervento di
settore.
Articolo 12: Conferimento di immobili in uso governativo al Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti e infrastrutture delle Forze di
polizia.
Comma 1.
La normativa, di natura
meramente formale, è resa necessaria dall'accorpamento dei soppressi Ministeri
dei lavori pubblici e dei trasporti e della navigazione, nell'unico Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, che dovrebbe avere la gestione e la
manutenzione di immobili demaniali già in uso ai soppressi Ministeri.
Commi 2-6.
Negli anni scorsi sono stati
approvati e realizzati programmi di intervento per migliorare le infrastrutture
dei vari Corpi di polizia. A causa della esiguità degli stanziamenti rispetto
alle effettive esigenze, non è stato possibile soddisfare completamente le
necessità più volte rappresentate dai comandi dei Corpi medesimi.
Pertanto è previsto un programma
pluriennale straordinario di interventi per il triennio 2002-2004, volto a
completare le infrastrutture per i corpi militari dello Stato e per la Polizia
di Stato, per l'attuazione del quale sono previsti limiti di impegno pari a
5.000.000 di euro a decorrere dal 2002, a 10.000.000 di euro a decorrere dal
2003 e a 15.000.000 di euro a decorrere dal 2004.
Articolo 13: Disposizioni in materia di impianti a fune.
Come è noto, la vita tecnica
complessiva massima di ogni impianto a fune, intesa come durata dell'intervallo
continuativo di tempo nel corso del quale la sicurezza e la regolarità del
servizio possono ritenersi garantite rispettando le medesime condizioni
realizzate all'atto della prima apertura al pubblico esercizio, è stabilita per
le diverse categorie di impianti dal decreto del Ministro dei trasporti 2
gennaio 1985, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 95 del 31
gennaio 1985.
Con legge n. 140 del 1999,
articolo 8, è stato istituito presso il Ministero dell'industria, del commercio
e dell'artigianato, un fondo per l'innovazione tecnologica, l'ammodernamento ed
il miglioramento dei livelli di sicurezza degli impianti a fune situati nelle
regioni a statuto ordinario.
Successivamente con legge n.
388 del 2000 (finanziaria 2001), articolo 145, comma 46, è stato disposto
quanto segue: "Gli impianti di cui si prevede l'ammodernamento con i
benefìci di cui all'articolo 8, comma 3, della legge 11 maggio 1999, n. 140,
potranno godere, previa verifica da parte degli organi di controllo della loro
idoneità al funzionamento e della loro sicurezza, di una proroga di un anno dei
termini relativi alle scadenze temporali fissate al paragrafo 3 delle norme
regolamentari approvate con decreto 2 gennaio 1985 del Ministro dei trasporti,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 31 gennaio 1985 e
riguardanti la durata della vita tecnica, le revisioni speciali e le revisioni
generali".
La norma in oggetto si propone
di concedere una proroga della vita tecnica anche agli impianti di risalita
finanziati con altri provvedimenti legislativi, statali o regionali, atteso che
tale situazione dal punto di vista tecnico non appare diversa da quella
descritta, e però essendo strettamente connessa a problemi di sicurezza, sembra
necessario che la relativa concessione del beneficio venga disposta anche per
questi ultimi da specifico e adeguato provvedimento legislativo.
Articolo 14: Disposizioni in materia di trasporto rapido di massa.
La legge 26 febbraio 1992, n.
211, recante "Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di
massa" è nata con l'obiettivo di incentivare la realizzazione di sistemi
atti a sviluppare il trasporto pubblico e migliorare la mobilità e le
condizioni ambientali nelle aree urbane.
La legge è rivolta alle città
metropolitane e ai comuni che, come disposto dall'articolo 1, intendono
avvalersi dei contributi previsti, e che presentano specifiche richieste sulla
base di scelte progettuali direttamente connesse alla risoluzione dei problemi
del traffico urbano. A tale proposito la stessa legge, nel testo originario,
prevedeva all'articolo 3, comma 1, lettera a), che la richiesta di
finanziamento venisse corredata, tra l'altro, dalla "progettazione di
massima" e da ulteriore documentazione avente contenuto di tipo
tecnico-economico trasportistico. Successivamente, anche in relazione alla
diversa articolazione dei vari livelli progettuali previsti dalla nuova legge
in materia di appalti pubblici, con l'articolo 13 della legge 7 dicembre 1999,
n. 472, è stata modificata la citata disposizione, sostituendo la progettazione
di massima con la "progettazione definitiva". In linea con gli
orientamenti governativi, ed in particolare con la volontà di accelerare le
procedure per l'attuazione delle opere pubbliche, si è ritenuto di apportare
alcune modifiche alla legge n. 211 del 1992.
Ciò premesso, in relazione alla
possibilità di assegnare nel futuro nuovi fondi per la realizzazione di sistemi
di trasporto, si ritiene opportuno rivedere la dizione dell'articolato già
citato, riportando alla "progettazione preliminare" la richiesta
documentale da far pervenire ai fini dell'allocazione delle risorse e
riconfermando la necessità di corredare il medesimo progetto con elaborati
tecnico-economici di contenuto più prettamente trasportistico.
Tale modifica ha lo scopo di
facilitare, per le amministrazioni richiedenti, la predisposizione della
progettazione da porre a base della richiesta di finanziamento, che deve
comunque garantire con l'ulteriore documentazione, sufficiente approfondimento
di carattere trasportistico indispensabile per l'esame delle proposte da
presentare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Si ritiene, inoltre, di
adeguare la disposizione del comma 2 dell'articolo 5 della medesima legge,
sostituendo la dizione "progettazione esecutiva" con
"progettazione definitiva" in conformità con quanto già disposto dal
comma 5 dell'articolo 13 della legge n. 472 del 1999; inoltre, in accordo con
quanto già disposto al citato articolo 13 della stessa legge n. 472 del 1999 il
soggetto attuatore, contestualmente alla presentazione del progetto, dovrà
indicare se procedere secondo quanto previsto dal comma 3 o dal comma 4 del
medesimo articolo 13.
Si è poi ritenuto di introdurre
nella norma di richiedere al soggetto beneficiario la presentazione,
contestualmente al progetto definitivo, di un programma temporale per
l'attuazione dell'intervento onde consentire il monitoraggio da parte degli
uffici ministeriali dell'effettiva utilizzazione dei finanziamenti assegnati;
il conseguimento degli obiettivi di programma costituirà elemento di
valutazione nella destinazione di ulteriori contributi per nuovi progetti.
Inoltre, a garanzia
dell'effettiva volontà di realizzare l'opera, si è ritenuto opportuno
condizionare il trasferimento dei contributi ai soggetti attuatori alla
presentazione, da parte degli stessi, di tutti i pareri, nulla-osta ed
autorizzazioni necessari per l'avvio dei lavori.
Articolo 15: Disposizioni in materia di capitanerie di porto-guardia
costiera.
Comma 1.
La norma, che non comporta
alcun onere aggiuntivo per l'erario, è finalizzata alla definitiva
classificazione per legge delle infrastrutture logistiche ed operative delle
opere delle capitanerie di porto, ivi comprese le pertinenze e le opere
accessorie (quali, ad esempio, le antenne e gli apparati di telecomunicazioni e
scoperta) equiparandole ad opere destinate alla difesa militare, così come già
previsto per l'Arma dei carabinieri (legge 6 febbraio 1985, n. 16, articolo 3)
e per il Corpo della guardia di finanza (legge 1^ dicembre 1986, articolo 4,
comma 3).
Comma 2.
Per quanto attiene al comma 2
l'accantonamento di 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e
2004, è necessario per dare attuazione alla legge 14 novembre 2000, n. 331, che
ha previsto la graduale sostituzione dei militari in servizio di leva con
volontari di truppa. La medesima legge, contemporaneamente, ha disciplinato la
contestuale progressiva riduzione dell'organico complessivo delle Forze armate,
fatta eccezione per il Corpo delle capitanerie di porto, per l'Arma dei
carabinieri e per il Corpo della guardia di finanza. In base a quanto sopra
esposto occorrerà, pertanto, sostituire i 3.325 militari in servizio di leva
del Corpo delle capitanerie di porto previsti in organico dalla legge n. 255
del 1991, con altrettanti volontari di truppa.
Articolo 16: Benefìci per le imprese armatoriali che esercitano il
cabotaggio.
Il provvedimento, in linea con
gli obiettivi dell'articolo 9 della legge 28 dicembre 1999, n. 522, prevede la
corresponsione di contributi per le imprese di cabotaggio marittimo.
La finalità ultima è quella di
ridurre, nei limiti delle disponibilità di bilancio, i maggiori costi sopportati
dalle imprese armatoriali nazionali che operano con navi battenti bandiera
italiana rispetto ai concorrenti esteri.
La legge n. 522 del 1999 ha
consentito di assicurare un'elevata partecipazione della Flotta nazionale ai
traffici di cabotaggio che, com'è noto, sono stati liberalizzati a decorrere
dal 1^ gennaio 1999, data in cui ha trovato piena e completa applicazione il
regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio del 7 dicembre 1992, che disciplina
"l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai
trasporti marittimi".
Tale attività è aperta a tutti
gli armatori comunitari, come definiti dal predetto regolamento, che operano
con navi iscritte nei registri navali degli Stati membri per i quali sono in
vigore normative differenti per quanto concerne l'armamento.
Senza l'intervento introdotto
dalla legge n. 522 del 1999, che è del tutto conforme agli orientamenti
comunitari in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi (97/C 205/05),
la presenza di armatori comunitari anche per collegamenti ritenuti di
particolare rilievo sarebbe aumentata in maniera molto più elevata di quanto in
realtà è avvenuto.
Articolo 17: Ammodernamento infrastrutture portuali.
Comma 1.
La norma dispone la proroga del
termine di adozione del regolamento sul riordino e la semplificazione delle
tasse e dei diritti marittimi, non adottato entro il termine originariamente
previsto a causa della complessità dell'oggetto della riforma e
dell'intervenuta fine della legislatura.
Comma 2.
La norma dispone il
rifinanziamento del programma di interventi a favore delle infrastrutture
portuali avviato dall'articolo 9 della legge n. 413 del 1998, particolarmente
significativo per la realizzazione del progetto delle cosiddette
"autostrade del mare".
Comma 3.
Si prevede la possibilità di
assicurare la sicurezza dei "dati sensibili" contenuti nel sistema
informativo del demanio marittimo.
Articolo 18: Disposizioni sugli interporti.
L'articolo 9, comma 2, della
legge n. 454 del 1997, e l'articolo 9, comma 3, della legge n. 413 del 1998,
rendono disponibili risorse finanziarie per la realizzazione di opere
finalizzate al potenziamento della rete interportuale nazionale, dando priorità
agli interventi nei nodi intermodali più congestionati. In particolare:
lire
10 miliardi per quindici anni, recati dalla legge n. 454 del 1997;
lire
20 miliardi per quindici anni, recati dalla legge n. 413 del 1998.
Di fatto tali norme, pur
disponendo in materia di finanziamenti e modalità di erogazione del contributo,
non contengono puntuali riferimenti in merito alle procedure amministrative da
adottare.
Al riguardo, la recente legge
n. 57 del 2001, all'articolo 24, contiene la delega al Governo ad emanare un
decreto legislativo per il riordino della normativa vigente in materia di
procedure, soggetti e strutture da ammettere ai contributi al fine di
consentire l'ottimale e razionale svolgimento delle procedure nonché la
realizzazione degli interventi previsti all'articolo 9, comma 2, della legge n.
454 del 1997 e all'articolo 9, comma 3, della legge n. 413 del 1998. Il decreto
da emanare dovrà essere poi seguito da un apposito regolamento di attuazione.
La delega legislativa non è stata
sinora attuata, anche in connessione ai vincoli e alle limitazioni contenuti
dalla stessa, che vengono ora adeguati con le previsioni di cui al comma 3
dell'articolo in oggetto.
Allo stato, peraltro, i tempi
tecnici necessari a dare attuazione alla delega suddetta non risultano
compatibili con l'attuale scadenza (marzo 2002) né, tanto meno, con i termini
di scadenza per l'utilizzo degli stanziamenti fissati dalle leggi nn. 454 del
1997 e 413 del 1998 (in particolare le risorse di cui alla legge n. 454 del
1997 dovranno essere impegnate entro il corrente anno 2001 per evitare che le
stesse vadano in economia).
Allo stato attuale, pertanto,
ferma restando l'opportunità di sospendere l'esame delle procedure di
assegnazione delle risorse stanziate dalle leggi nn. 454 del 1997 e 413 del
1998 in attesa dell'emanazione del decreto legislativo e del relativo
regolamento di riordino dell'intero settore interporti, rinviando ad un secondo
momento l'attivazione delle procedure amministrative di individuazione dei
beneficiari e di assegnazione delle risorse sulla base delle nuove
disposizioni, si rende necessario prevedere nel nuovo testo normativo uno
slittamento dei tempi della delega legislativa ed un conseguente non minore
slittamento per far ricorso alle disponibilità finanziarie di cui alle citate
leggi.
In particolare occorre
consentire, attraverso la previsione legislativa di uno spostamento dei termini
fissati la proroga per la delega legislativa al 31 dicembre 2002 e consentire:
l'utilizzo
delle risorse stanziate dalla legge n. 454 del 1997 almeno fino a tutto il
2002;
l'utilizzo
delle risorse rivenienti dalla legge n. 413 del 1998 almeno fino a tutto il
2003.
Comma 3.
Il conto nazionale trasporti -
anno 2000, ha calcolato che nel 1999 il solo trasporto nazionale ha movimentato
su strada 1.179.019.369 tonnellate di merci, di cui il 39,14 per cento riguarda
tratte brevi (fino a 50 chilometri), così ripartito: 56,73 per cento per il
conto proprio e 43,27 per cento per il conto terzi. Inoltre, circa l'80 per
cento della merce movimentata in conto proprio percorre al massimo 100
chilometri, mentre per il conto terzi tale percentuale è di circa il 45 per
cento. In tale quadro, occorre venire incontro alle esigenze delle imprese che
effettuano trasporti con propri autoveicoli ed evitare che vada
progressivamente allargandosi la frattura fra territorio e strategie
logistiche, in quanto vettori professionali ed utenti realizzano con decisioni
autonome i magazzini generali ed i centri di distribuzione di cui necessitano.
Devono invece essere
adeguatamente considerati i problemi logistici legati a tale fascia di
percorrenza, con particolare riferimento al conto proprio, stimolando il
coordinamento fra amministrazione centrale ed enti territoriali per la
realizzazione di infrastrutture di servizio (centri merci, piattaforme
logistiche, magazzini centrali), ed una maggiore integrazione fra tutti i
soggetti della filiera logistica (fornitori, autotrasportatori, operatori
logistici ed imprese commerciali).
In tale ottica si propone, con
la norma in parola, di integrare l'articolo 24 della legge 5 marzo 2001, n. 57,
relativo alla delega al Governo per il completamento della rete interportuale
nazionale, con la previsione esplicita dell'ammissione ai contributi delle
infrastrutture logistiche che rispondono alle esigenze operative di vettori ed
utenti della fascia indicata.
Articolo 19: Disposizioni in materia di trasporto ferroviario e
interventi per lo sviluppo del trasporto ferroviario di merci.
Con i contratti di servizio
stipulati con Ferrovie dello Stato Spa sono stati generalmente regolamentati
gli obblighi di servizio pubblico in campo ferroviario per quei servizi da
erogare con continuità, regolarità e qualità, i quali in linea generale non
sarebbero stati offerti o sarebbero stati offerti a condizioni tariffarie
diverse anche in considerazione del limitato interesse commerciale dei servizi
stessi e, comunque, non tenendo conto di esigenze di natura pubblica.
Nella elaborazione del
contratto di servizio con la Trenitalia Spa, società che ha ereditato da
Ferrovie dello Stato Spa la funzione dell'esercizio del trasporto ferroviario,
sono emerse alcune problematiche in gran parte legate alla attuale fase di
transizione dal regime monopolistico a quello della libera concorrenza.
Allo stato attuale risulta
infatti sostanzialmente completato l'impianto normativo che costituisce il
presupposto per la liberalizzazione del mercato dei servizi ferroviari, ma la
situazione effettiva si connota sostanzialmente per l'assenza di operatori
diversi dall'impresa a capitale pubblico. Nel breve-medio periodo il quadro
tenderà, gradualmente, a mutare con l'ingresso nel mercato di altre imprese, con
conseguente implementazione del modello di competizione "nel mercato"
delineato dall'assetto normativo vigente, mirante ad accrescere efficienza e
qualità complessive del sistema di trasporto su ferro.
L'articolo delinea, pertanto,
un assetto organico dell'intera materia relativa agli obblighi di servizio
pubblico in campo ferroviario e alla conseguente contribuzione da parte dello
Stato e prevede un sistema di incentivazioni e contributi finalizzati al
rilancio del trasporto delle merci per ferrovia ed al riequilibrio modale.
Comma 1 - Contratto di servizio per l'anno 2001.
Per quanto riguarda l'anno
2000, l'importo spettante a Trenitalia Spa a fronte di obblighi di servizio
pubblico prestati è definitivamente individuato con il decreto legislativo 24
maggio 2001, n. 299 (articolo 12, comma 5), che determina in lire 6.052,3
miliardi complessivi per il 1999 e il 2000 l'importo spettante, in attesa della
stipulazione del contratto di servizio per l'anno 2000.
In merito all'anno 2001, i
fondi stanziati dal bilancio di previsione a favore di Trenitalia Spa
riconducibili agli obblighi di servizio pubblico sono pari a lire 1021,075
miliardi.
Il comma 1 dispone anche per il
2001 l'ammontare delle somme da corrispondere a Trenitalia Spa in relazione
agli obblighi di servizio pubblico.
Commi 2 e 3 - Contratto di servizio per gli anni 2002 e successivi - Trasporto
viaggiatori a media e lunga percorrenza.
La modalità e la tempistica
proposte nei commi 2 e 3 contemplano, rispettivamente, l'esperimento di
procedure concorsuali per individuare in modo trasparente e non discriminatorio
gli operatori cui affidare la gestione del servizio, e la previsione di un
periodo transitorio, non oltre il 31 dicembre 2003, durante il quale Trenitalia
Spa potrà essere l'unico affidatario degli obblighi di servizio in parola.
La normativa comunitaria
vigente non contempla obbligo di gara per la scelta del contraente con cui
stipulare contratti di servizio; tuttavia, la scelta di procedure concorsuali è
coerente con l'obiettivo di conferire maggiore efficienza e contendibilità al
settore. La previsione, inoltre, di un periodo transitorio che va oltre i tempi
tecnici di espletamento della gara scaturisce dalla considerazione che,
nonostante l'assetto normativo consenta l'ingresso di nuovi operatori, il
trasporto passeggeri a media e lunga percorrenza è tuttora caratterizzato da
una situazione di posizione di dominio assoluto dell'impresa pubblica. Pertanto
espletare una gara nel breve periodo risulterebbe incompatibile con i tempi
necessari perché il mercato sia in condizioni di cogliere le opportunità che la
liberalizzazione del settore consente. Né, del resto, nel breve periodo sarà a
regime l'attribuzione di competenze tra i diversi livelli territoriali di
governo sancita con decreto legislativo n. 422 del 1997 (come modificato dal
decreto legislativo n. 400 del 1999), non essendo, ad oggi, completato il
trasferimento di funzioni e poteri a tutte le regioni a statuto speciale.
Le agevolazioni tariffarie
disposte a vantaggio di tipologie individuate di viaggiatori sono individuate
normativamente come obblighi di servizio e il profilo rilevante afferisce non
alla scelta dell'impresa ferroviaria cui affidare un obbligo di servizio, ma alle
modalità secondo cui erogare contributi a qualsiasi operatore presti un
servizio di trasporto ferroviario alle categorie di viaggiatori beneficiarie.
Di conseguenza, il prerequisito per razionalizzare l'intera materia consiste
nell'individuare criteri e procedure per l'ammissione ai contributi previsti,
tramite un regolamento che disciplini e sistematizzi tale ambito.
E' opportuno includere anche le
agevolazioni tariffarie nella fase transitoria da concludere entro il 31
dicembre 2003, durante la quale, pertanto, l'obbligo di praticare le
agevolazioni in esame verrà attribuito a Trenitalia Spa nell'ambito del
contratto di servizio.
Comma 4 - Disciplina regolamentare della materia.
Per quanto riguarda il
trasporto ferroviario delle merci il concetto di "obbligo di
servizio" assume una valenza diversa nella misura in cui l'intervento
pubblico, più che tutelare particolari segmenti di utenza o categorie sociali
svantaggiate, persegue finalità di riequilibrio modale peraltro coerenti con le
prescrizioni del PGT e con gli indirizzi della Unione europea, e impatta
direttamente sul tessuto produttivo. L'intervento dello Stato nel settore può,
dunque, concretizzarsi non necessariamente in contratti di servizio stipulati
con singole società ma, in alternativa, in strumenti diversi.
L'intera materia è, ad oggi,
disciplinata da una serie di norme che statuiscono riduzioni tariffarie in
funzione delle aree geografiche collegate o, nel quadro di accordi
internazionali, delle merci trasportate; ad esse si aggiungono, con specifico
riferimento a Trenitalia Spa, le previsioni dei precedenti contratti di
servizio o del piano d'impresa.
Pertanto, secondo un iter
metodologico non difforme da quanto esposto per le agevolazioni passeggeri, si
ravvisa la necessità di disciplinare organicamente l'intera materia mediante un
regolamento che detti disposizioni in merito alle contribuzioni pubbliche al
trasporto merci e a criteri e procedure per accedere ai contributi stessi.
Nel citato regolamento saranno
disciplinati altresì le procedure e i criteri per l'erogazione dei contributi
per interventi strutturali necessari per incrementare nella misura massima
possibile il trasporto su ferrovia delle merci, con particolare riferimento al
trasporto combinato ed a quello delle merci pericolose.
Commi 5 e 6 - Contributi in conto esercizio ed in conto capitale al trasporto
merci (trasporto combinato, merci pericolose, autostrade viaggianti).
Trattasi di intervento
strutturato per incentivare nell'immediato (comma 5) i soggetti interessati a
trasferire su ferrovia il trasporto di merci (combinato, merci pericolose) e
nel breve-medio termine (comma 6) ad effettuare investimenti strutturali e sul
materiale rotabile.
Il comma 5 prevede contributi -
che saranno disciplinati con il regolamento di cui al comma 4 - da
corrispondere alle imprese che si obblighino a realizzare direttamente o a far
realizzare treni completi di trasporto combinato o di materie pericolose, a
valere sui capitoli di bilancio già esistenti nell'unità previsionale di base
del Ministero dell'economia e delle finanze relativa alle Ferrovie dello Stato
Spa, per un ammontare complessivo annuo di 230,575 miliardi di lire.
Il comma 6 prevede
l'istituzione di un fondo per il finanziamento di investimenti per lo sviluppo
del trasporto merci su ferro, prevedendo il sostegno finanziario pubblico in
conto capitale, mediante concorso dello Stato all'accensione di mutui per i
quali sono autorizzati impegni quindicennali di 14,5 milioni di euro dal 2002,
5 milioni di euro dal 2003 e 13 milioni di euro dal 2004, con un valore
attualizzato di circa 150 milioni di euro per il 2002, 50 milioni di euro per
il 2003 e 130 milioni di euro per il 2004.
I contributi pubblici pertanto andranno
a finanziare anche investimenti di medio periodo, in particolare contribuendo
all'acquisto di materiale rotabile specificamente costruito per
"autostrade viaggianti".
Comma 7 - Studi di settore e assistenza tecnica.
Tale comma prevede la
possibilità per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di affidare
incarichi esterni a supporto della definizione degli interventi dello Stato
nella materia.
Comma 8 - Copertura finanziaria.
Tale comma prevede la copertura
finanziaria per il fondo di cui al comma 6.
Articolo 20: Realizzazione del piano triennale per l'informatica.
Comma 1.
Per far fronte alla carenza di
specifiche professionalità necessarie per la realizzazione del piano triennale
per l'informatica l'articolo prevede la possibilità per l'amministrazione di
reperire dette professionalità, nell'ambito delle risorse finanziarie
disponibili in bilancio, mediante la stipula di contratti d'opera ai sensi
degli articoli 2222 e seguenti del Codice civile o contratti a tempo
determinato.
Comma 3.
Prevede l'autorizzazione agli
stanziamenti necessari per la gestione e lo sviluppo dei sistemi informativi
autorizzati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per il triennio
2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale
"fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2002.
Comma 4.
Prevede la possibilità, da
parte di altri soggetti pubblici o privati, di accesso, a titolo oneroso, ai
sistemi informativi e statistici in trattazione, e l'utilizzazione dei proventi
per far fronte agli oneri della gestione degli stessi sistemi informativi e
statistici.
RELAZIONE TECNICA
(Articolo 11-ter, comma 2, della
legge 5 agosto 1978, n. 468,
e successive
modificazioni).
Articolo 1.
Il nuovo Piano
generale dei trasporti e della logistica (PGT) non deve essere considerato come
un documento statico, ma deve essere sempre in grado di adeguarsi alle
evoluzioni della domanda di trasporto, alle evoluzioni delle varie forme di
sviluppo del Paese.
La natura
"dinamica" del Piano comporta quindi la necessità di approfondire
alcune tematiche specifiche, finalizzate all'attuazione degli indirizzi del
Piano e propedeutiche all'aggiornamento triennale dello stesso, nonché di
eseguire una opportuna attività di monitoraggio per garantire l'efficacia nel
tempo dell'azione pianificatoria.
Pertanto, al fine
di non inficiare il lavoro fin qui svolto e per consentire la completa
attuazione ed il monitoraggio del nuovo PGT, è necessario prevedere, a
decorrere dall'anno 2002, un ulteriore congruo stanziamento per finanziare le
attività di studio e di consulenza per il necessario approfondimento e sviluppo
del documento programmatico in parola, nonché per l'attività di monitoraggio
necessaria.
Lo stanziamento di
1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004, consente di
sviluppare solo alcuni argomenti seguendo un criterio di priorità.
Pertanto,
sinteticamente, la specifica delle attività potrà essere:
anno
2002: 1.000.000 di euro per l'assistenza tecnica e per la parziale redazione
del piano dei centri merci;
anno
2003: 1.000.000 di euro per l'assistenza tecnica e per studi e approfondimenti
relativi all'attuazione e all'aggiornamento del PGT;
anno
2004: 1.000.000 di euro per l'assistenza tecnica e per studi e approfondimenti
relativi all'attuazione e all'aggiornamento del PGT.
Articolo 7.
Gli incontri con le
regioni indetti in riferimento alle procedure previste dalla legge sulle
infrastrutture in corso di perfezionamento hanno evidenziato esigenze nei vari
settori infrastrutturali di gran lunga superiori alle reali possibilità di finanziamento
in relazione agli attuali vincoli di finanza pubblica. Tuttavia, al fine di
dare inizio alla realizzazione di opere infrastrutturali di preminente
interesse nazionale, nonché per quelle relative alla captazione ed adduzione di
risorse idriche per garantire la continuità di approvvigionamento di competenza
del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è previsto un parziale
utilizzo dei limiti di impegno, preordinati nell'ambito dell'accantonamento
relativo allo stesso Ministero, per 193.900.000 euro a decorrere dal 2002,
190.400.000 euro a decorrere dal 2003 e 149.400.000 euro a decorrere dal 2004.
Detti limiti di impegno, di durata quindicennale, consentiranno di attivare un
volume complessivo di risorse pari a 5.539.806.000 euro ad un tasso di interesse
del 5 per cento attualmente praticato dalla Cassa depositi e prestiti.
Articolo 8.
Da una prima
analisi è possibile quantificare in un valore medio non inferiore ad euro
103.291,37 (lire 200 milioni) a chilometro l'onere di spesa per far fronte agli
interventi più urgenti di messa in sicurezza delle rete stradale nazionale.
Il relativo
fabbisogno ammonta, pertanto, a non meno di euro 1.817.928.284 (lire 3.520
miliardi) calcolato sulla base di una larga approssimazione.
Con il limite di
impegno quindicennale di 20 milioni di euro a decorrere dal 2002 si intende
quindi avviare una prima serie di interventi che dovranno essere
successivamente sviluppati con continuità con le ulteriori risorse che dovranno
essere messe a disposizione, specificatamente destinate. Detto limite di
impegno consentirà di attivare risorse pari a circa 207.600.000 euro,
considerando il tasso di interesse del 5 per cento attualmente praticato dalla
Cassa depositi e prestiti.
Articolo 9.
Sulla base
dell'esperienza delle conferenze di servizi la cui intesa, prevista
dall'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, è
spesso subordinata alla realizzazione di opere di "compensazione
ambientale" che comportano una lievitazione dei costi esposti negli atti
di programmazione, è necessario prevedere un fondo di rotazione per il
finanziamento della progettazione di interventi connessi al potenziamento o
alla realizzazione di nuove opere sul sistema stradale, con priorità per gli
itinerari di particolare strategicità per lo sviluppo del territorio nazionale.
Il programma
complessivo ha un costo pari ad almeno 150.000.000 di euro, desunto dagli oneri
impiegati in sede di progettazione per migliorare la qualità del sistema
stradale, con particolare riguardo agli aspetti connessi con le problematiche
territoriali.
Un immediato avvio
del programma si renderà possibile grazie allo stanziamento di un limite di
impegno di 10.000.000 di euro a decorrere dal 2003, che consentirà, agli
attuali tassi di interesse, di attivare risorse complessivamente pari a circa
103.800.000 euro. Dette risorse sono destinate in primo luogo ad interventi
che, sebbene non direttamente connessi con la viabilità nei senso stretto del
termine, sono orientati alla qualità del sistema stradale e alla riduzione
dell'impatto dello stesso sul territorio, con particolare riguardo alle
seguenti problematiche:
nodi
urbani e interconnessioni;
riqualificazione
urbanistica di aree adiacenti al sistema stradale;
interventi
sperimentali sul colore;
utilizzo
di tecnologie innovative, anche ai fini dell'abbattimento del rumore,
compatibili con le specificità dei luoghi;
aspetti
connessi con le caratteristiche del paesaggio e le risorse naturali, i cui
interventi sono da attuare anche mediante l'adozione di tecnologie in corso di
sperimentazione.
Ai fini della
progettazione di itinerari di particolare fragilità dal punto di vista
naturalistico e paesaggistico, si rende necessario promuovere iniziative pilota
che si possono anche avvalere di concorsi per idee.
Articolo 10.
Lo stanziamento di
5.000.000 di euro, quale limite di impegno quindicennale, decorrente dal 2002,
consente di assicurare la realizzazione di una parte degli interventi
sostanzialmente finalizzati alla sicurezza operativa del traffico aereo e ad
attività di prevenzione di azioni terroristiche (ad esempio, il controllo dei
bagagli da stiva al 100 per cento), sviluppando un volume di risorse che,
tenuto conto degli attuali tassi di interesse, potrà ammontare a circa
51.900.000 euro.
Appare evidente che
si tratta di azioni che richiedono ben maggiori stanziamenti ma che già una
prima fase di avvio consentirebbe di prevenire gli incidenti nel settore.
Per quanto attiene
alla dotazione strumentale necessaria per il predetto controllo bagagli si fa
presente che, attualmente, il sistema di controllo è costituito da due o tre macchine
e che il costo corrispondente di ciascun sistema è quantificato, in linea di
massima, in 2 o 3 miliardi di lire.
Lo scopo ultimo
della disposizione in questione è quello di giungere entro breve tempo, seppur
con l'esiguità delle risorse che si autorizzano, a garantire un sufficiente
livello di sicurezza per gli aeroporti di maggior traffico commerciale di linea
sulla base di un ordine prioritario via via decrescente fino alla soglia
inferiore di 600 mila passeggeri l'anno.
Articolo 12.
I limiti di impegno
quindicennali autorizzati dalla disposizione di cui all'articolo 12, pari a 5
milioni di euro a decorrere dal 2002, 10 milioni di euro a decorrere dal 2003 e
15 milioni di euro a decorrere dal 2004, consentiranno di attivare un volume
complessivo di risorse pari a circa 311,400 milioni di euro, considerati gli
attuali tassi di interesse. Dette risorse sono finalizzate a completare un
piano di interventi indispensabili per dotare le Forze di polizia di adeguate
strutture sul territorio, cui in passato non si è potuto provvedere
completamente in relazione all'esaurimento delle dotazioni finanziarie
previste, peraltro fortemente incise dal fenomeno inflattivo.
Per di più, le
specifiche leggi speciali che autorizzavano risorse per le Forze di polizia
sono esaurite, come si evince dalla tabella F allegata alla vigente legge
finanziaria che prevede l'ultimo finanziamento al 2001.
Nell'impossibilità
di rifinanziare dette leggi speciali è stato previsto l'articolo in questione,
che consente l'assunzione di impegni pluriennali corrispondenti alla durata del
finanziamento che consentiranno di delineare un programma concreto e di ampio
respiro.
Articolo 15.
Lo stanziamento di
1.000.000 di euro assicurato per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004,
costituisce un primo intervento diretto a dare attuazione alla legge n. 331 del
2000 che, com'è noto, ha disposto la graduale sostituzione dei militari di leva
con un esercito di volontari di truppa.
Appare evidente che
con le risorse autorizzate non si potrà procedere a dare completa attuazione
alla predetta disposizione considerando tale intervento soltanto quale avvio
del programma di sostituzione graduale previsto dalla citata disposizione.
Articolo 16.
Per assicurare la continuità dell'intervento finora attuato dalla legge n. 522
del 1999 sono necessari 12 milioni di euro per garantire una concreta risposta
alle esigenze del settore. Attesa l'attuale contingenza e nella considerazione
di perseguire, sia pure parzialmente, l'obiettivo di intervenire a sostegno
delle imprese armatoriali, è stato previsto un intervento annuale
incomprimibile pari a 8 milioni di euro all'anno, sotto forma di limiti di
impegno per quindici anni, da destinare al finanziamento di mutui per il
sostegno dell'armamento navale.
2002:
(8.000);
2003:
(8.000);
2004:
(8.000).
Per l'attivazione
di dette risorse verrà attivata al riguardo la procedura di notifica all'Unione
europea.
Articolo 17.
Per
l'ammodernamento delle infrastrutture portuali vengono autorizzati limiti di
impegno quindicennali di 34 milioni di euro per l'anno 2003 e di 64 milioni di
euro per l'anno 2004, che, considerati gli attuali tassi di interesse, consentiranno
di sviluppare un volume di risorse pari a circa 1 miliardo di euro.
Le risorse in
parola integrano quelle già autorizzate dalla legge n. 413 del 1998 e con lo
stesso meccanismo di spesa vengono finanziati mutui contratti dalle autorità
portuali.
Il programma in
parola costituisce momento fondamentale della politica di rilancio dei traffici
marittimi, complementare agli interventi di sostegno al cabotaggio nel quadro
del programma delle "autostrade del mare".
Articolo 19.
Il comma 5 prevede
contributi, che saranno disciplinati con il regolamento di cui al comma 4, da
corrispondere alle imprese che si obblighino a realizzare direttamente, o a far
realizzare, treni completi di trasporto combinato o di materie pericolose ed
opera nell'ambito degli stanziamenti ordinari previsti sui capitoli di bilancio
già esistenti nell'unità previsionale di base del Ministero dell'economia e
delle finanze relativa a Ferrovie dello Stato Spa, contraddistinta dalla
codifica 3.1.2.12. Si tratta, in sostanza, di una operazione a costo zero per
il bilancio dello Stato.
I fondi in
questione saranno prioritariamente destinati ad incentivare nell'immediato i
soggetti interessati a trasferire su ferrovia il trasporto di merci.
Il comma 6 prevede
l'istituzione di un fondo per il finanziamento di investimenti per lo sviluppo
del trasporto merci su ferro, prevedendo il sostegno finanziario dello Stato
all'accensione di mutui per i quali sono autorizzati limiti di impegno quindicennale
di 14,5 milioni di euro a decorrere dal 2002, 5 milioni di euro a decorrere dal
2003 e 13 milioni di euro a decorrere dal 2004.
I contributi
pubblici andranno pertanto a finanziare quegli investimenti di medio periodo,
sia strutturali che su materiale rotabile, tra l'altro contribuendone
all'acquisto, e specificatamente costruito per autostrade viaggianti.
2002:
(14,50 milioni di euro);
2003:
(5,00 milioni di euro);
2004:
(13,00 milioni di euro).
Articolo 20.
Il comma 1 prevede,
nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili in bilancio, l'acquisizione
di alcune figure professionali (informatici, statistici e amministrativi), non
disponibili nell'amministrazione ovvero non sufficienti, necessarie per la
realizzazione del piano triennale per l'informatica, mediante la stipula di
contratti d'opera ai sensi degli articoli 2222 e seguenti del codice civile o
contratti di collaborazione a tempo determinato.
Per quanto concerne
il contratto di lavoro a tempo determinato esso sarà del tipo di lavoro
parasubordinato la cui disciplina si riconduce agli articoli 2222 e seguenti
del codice civile, che regolamentano il lavoro autonomo ed il contratto
d'opera, ed in parte agli articoli 2096 e seguenti, che dispongono in merito al
lavoro dipendente. Pertanto la collaborazione coordinata e continuativa prevede
l'inserimento del soggetto nella struttura organizzativa dell'amministrazione
con un rapporto di lavoro fisso consolidato nel tempo ed una remunerazione
corrisposta nel rispetto di determinate scadenze a fronte del raggiungimento
dei risultati stabiliti.
L'onere previsto
per la stipula dei predetti contratti sarà inserito nel quadro economico dei
progetti indicati nel comma 1 e la relativa copertura finanziaria sarà a carico
dei capitoli di bilancio su cui insistono i progetti nell'ambito delle
rispettive disponibilità.
Il comma 2 prevede
i seguenti limiti di impegno quindicennali: 5,728 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2002, 6,229 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2003 e 18,228
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2004, con copertura a valere sugli
accantonamenti di Tabella B della legge finanziaria 2002.
Tali limiti di
impegno consentiranno di attivare, agli attuali tassi di interesse, un volume
di risorse complessivamente ammontanti a circa 313, 320 milioni di euro.
La spesa è così
determinata:
per
la realizzazione di progetti a rilevanza interna volti all'incremento
dell'efficienza organizzativa (reingegnerizzazione dei processi del personale,
pianificazione, budgeting e controllo di gestione, monitoraggio dei
progetti di grande rilievo, protocollo unico, firma digitale, data storage
nonché creazione di portali necessari per il sistema informativo statistico
nazionale per le infrastrutture e i trasporti) i seguenti limiti di impegno
quindicennali: 1,128 milioni di euro a decorrere dall'anno 2002, 1,159 milioni
di euro a decorrere dall'anno 2003 e 2,50 milioni di euro a decorrere dall'anno
2004;
per
la realizzazione dei progetti a rilevanza esterna riguardanti:
a)
il settore terrestre (sportello unico per l'automobilista, disaster data
recovery, nuovo codice della strada, infrastrutture reti, sicurezza
stradale, infomobilità, merci pericolose e logistica integrata) i seguenti
limiti di impegno quindicennali: 1,30 milioni di euro a decorrere dall'anno
2002, 1,67 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003 e 2,00 milioni di euro a
decorrere dall'anno 2004;
b)
il settore marittimo (sportello unico per il trasporto marittimo, completamento
del VTS (Vessel Traffic Service) nazionale e della banca dati del
naviglio, gente di mare, sportello unico per il diportismo nautico,
completamento del sistema informativo del demanio e delle patenti nautiche) i
seguenti limiti di impegno quindicennali: 2,90 milioni di euro a decorrere
dall'anno 2002, 2,90
milioni di euro a decorrere dall'anno 2003 e 12,948 milioni di euro a decorrere
dall'anno 2004;
c)
il settore infrastrutture (sportello unico per le infrastrutture, monitoraggio
delle opere infrastrutturali e sistema cartografico territoriale per la lotta
all'abusivismo e per il monitoraggio delle grandi reti infrastrutturali) i
seguenti limiti di impegno quindicennali: 0,40 milioni di euro a decorrere
dall'anno 2002, 0,50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003 e 0,78 milioni
di euro a decorrere dall'anno 2004.
Il comma 4 prevede
l'accesso, a titolo oneroso, alla consultazione delle banche dati, alle
procedure elaborative ed agli strumenti di analisi dei risultati dei sistemi
informativi e statistici dei Ministeri a tutti i soggetti pubblici e privati
che lo richiedano. Le modalità e i corrispettivi per l'accesso saranno definiti
con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con
il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per l'innovazione e
le tecnologie, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988.
Le entrate
derivanti serviranno a far fronte agli oneri derivanti dalla gestione dei
sistemi informativi e statistici, dalla formazione e dalla attuazione del piano
informatico.