S. 848 – Delega al Governo in materia di occupazione
e mercato del lavoro

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 15 NOVEMBRE 2001

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Delega al Governo per la revisione della disciplina dei servizi pubblici e privati per l’impiego, nonché in materia di intermediazione e interposizione privata nella somministrazione di lavoro)

    1. Allo scopo di realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti intesi a garantire trasparenza al mercato del lavoro e a migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di una prima occupazione, il Governo è delegato a emanare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ed entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione europea in materia di occupabilità, i princìpi fondamentali in materia di disciplina dei servizi per l’impiego, con particolare riferimento al sistema del collocamento, pubblico e privato, e di somministrazione di manodopera.

    2. La delega è esercitata nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

        a) snellimento e semplificazione delle procedure di incontro tra domanda e offerta di lavoro;

        b) modernizzazione e razionalizzazione del sistema del collocamento pubblico secondo una disciplina incentrata su:

            1) rispetto delle competenze previste dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3;

            2) ridefinizione dello stato giuridico di disoccupazione;
            3) introduzione di una classificazione basata sulla condizione del lavoratore rispetto al mercato del lavoro;
            4) monitoraggio qualitativo e quantitativo dei flussi del mercato del lavoro ai fini della realizzazione e manutenzione di un sistema informativo lavoro e della valutazione degli effetti delle diverse politiche intraprese;
            5) certificazione della disoccupazione e della sua durata ai fini delle misure di prevenzione e di contrasto, alle agevolazioni contributive e fiscali, ai trattamenti previdenziali;
            6) semplificazione degli oneri amministrativi e burocratici in capo ai lavoratori e alle imprese;
            7) abrogazione delle discipline speciali, ad eccezione del collocamento delle categorie protette, della gente di mare e dello spettacolo;
            8) conferma del principio della assunzione diretta generalizzata, salvo l’avviamento a selezione nella pubblica amministrazione;
            9) obbligo di comunicazione della assunzione, trasformazione e cessazione del rapporto di lavoro esteso a tutti i datori di lavoro per tutte le categorie di lavoratori, nonché dell’avvio delle esperienze lavorative poste in essere;
            10) disciplina quadro delle attività di prevenzione della disoccupazione di lunga durata;
            11) abrogazione di tutte le norme incompatibili con la nuova regolamentazione del collocamento, ivi inclusa la legge 29 aprile 1949, n. 264, fermo restando il regime di autorizzazione o accreditamento per gli operatori privati ai sensi di quanto disposto dalla lettera g);
            12) piena attuazione e potenziamento di un sistema informativo del lavoro policentrico e integrato pubblico-privato, nella forma della rete di reti regionali, anche in raccordo con le reti informative degli istituti previdenziali, che unisca capillarità di raccolta delle informazioni alla disponibilità delle medesime, dando vita ad una borsa continua del lavoro;
        c) incentivazione delle forme di coordinamento e raccordo tra operatori privati e operatori pubblici, ai fini di un migliore funzionamento del mercato del lavoro;
        d) ridefinizione del regime del trattamento dei dati relativi all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n.  675, al fine di evitare oneri aggiuntivi e ingiustificati rispetto alle esigenze di monitoraggio statistico, prevenzione delle forme di esclusione sociale e vigilanza sugli operatori;
        e) coordinamento, di concerto con il Ministro dell’interno, delle disposizioni sull’incontro tra domanda e offerta di lavoro con la disciplina in materia di lavoro dei cittadini non comunitari, nel rispetto della normativa vigente e al fine di semplificare le procedure di rilascio delle autorizzazioni al lavoro;
        f) eliminazione del vincolo dell’oggetto sociale esclusivo per le imprese di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo di cui all’articolo 2 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e per i soggetti di cui all’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni, garantendo un periodo transitorio di graduale adeguamento per le società già autorizzate;
        g) identificazione di un unico regime autorizzatorio o di accreditamento per gli intermediari privati, differenziato in funzione del tipo di attività svolta, comprensivo delle ipotesi di trasferimento della autorizzazione e modulato in relazione alla natura giuridica dell’intermediario, con particolare riferimento alle associazioni non riconosciute ovvero a enti o organismi bilaterali costituiti da associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente rappresentative a livello nazionale o territoriale;
        h) abrogazione della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e sua sostituzione con una nuova disciplina basata sui seguenti criteri direttivi:

            1) autorizzazione della somministrazione di manodopera, solo da parte dei soggetti identificati ai sensi della lettera g);

            2) ammissibilità della somministrazione di manodopera, anche a tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo od organizzativo, individuate dalla legge o dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente rappresentative;
            3) chiarificazione dei criteri di distinzione tra appalto e interposizione, ridefinendo contestualmente i casi di interposizione illeciti laddove manchi una ragione tecnica, organizzativa o produttiva ovvero si verifichi o possa verificarsi la lesione di diritti inderogabili di legge o di contratto collettivo del prestatore di lavoro;
            4) garanzia del regime della solidarietà tra fornitore e utilizzatore in caso di somministrazione di lavoro altrui;
            5) identificazione di un corpo normativo inderogabile minimo, applicabile a tutti i rapporti di lavoro, al di là della qualificazione del contratto come appalto o somministrazione di manodopera e delle modalità concrete di esecuzione del lavoro;
            6) conferma di un regime sanzionatorio civilistico e penalistico per le forme di speculazione fraudolenta sul lavoro altrui;
            7) aggiornamento degli indici legali di distinzione tra interposizione illecita e appalto di manodopera;
            8) utilizzazione del meccanismo certificatorio di cui all’articolo 9 ai fini della distinzione concreta tra interposizione illecita e appalto genuino, sulla base di indici e codici di comportamento elaborati in sede amministrativa;
        i) abrogazione espressa di tutte le normative, anche se non espressamente indicate nelle lettere da a) ad h), che sono direttamente o indirettamente incompatibili con i decreti legislativi emanati ai sensi del presente articolo;
        l) revisione del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 18, che ha modificato l’articolo 2112 del codice civile in tema di trasferimento d’azienda, al fine di armonizzarlo con la disciplina contenuta nella presente delega basata sui seguenti criteri direttivi:

            1) eliminazione del requisito dell’autonomia funzionale del ramo di azienda preesistente al trasferimento;

            2) previsione di un regime particolare per le ipotesi in cui il contratto di appalto sia connesso ad una cessione di ramo di azienda, stabilendo in tale caso una solidarietà tra appaltante e appaltatore;
        m) redazione, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di uno o più testi unici delle normative e delle disposizioni in materia di mercato del lavoro e incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Art. 2.

(Delega al governo in materia di incentivi alla occupazione)

    1. Allo scopo di realizzare un sistema organico di misure volte a favorire le capacità di inserimento professionale dei soggetti privi di occupazione, dei disoccupati di lungo periodo ovvero a rischio di esclusione sociale o comunque aventi una occupazione di carattere precario e a bassa qualità, il Governo è delegato a emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e nel quadro dei provvedimenti attuativi della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro dalla citata legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione europea in materia di occupabilità, i princìpi fondamentali in materia di incentivi finanziari alla occupazione, ivi compresi quelli relativi alla autoimprenditorialità e all’autoimpiego, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) razionalizzazione degli schemi di incentivazione finanziaria o di altra natura in caso di nuova assunzione, con previsione di un regime generale avente al suo interno articolazioni e graduazioni in connessione con le caratteristiche soggettive degli interessati, con particolare riferimento a categorie a rischio di esclusione sociale e a prestatori coinvolti in processi di riemersione, nonché con il grado di svantaggio occupazionale delle diverse aree territoriali;

        b) articolazione delle misure di incentivazione finanziaria, anche in relazione alla natura a tempo determinato o indeterminato del rapporto di lavoro e alla eventuale trasformazione a tempo indeterminato del contratto inizialmente posto in essere a tempo determinato, ovvero in relazione alla trasformazione di un tirocinio di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), in un rapporto di lavoro subordinato, al fine di favorire la stabilizzazione delle prestazioni di lavoro;
        c) previsione di un sistema di incentivi al ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale su base volontaria, con particolare riferimento alle ipotesi di espansione della base occupazionale dell’impresa o di impiego di giovani impegnati in percorsi di istruzione e formazione, genitori con figli minori di sei anni conviventi, lavoratori con età superiore ai 55 anni, nonché per la trasformazione a tempo parziale di contratti a tempo pieno che intervenga in alternativa all’avvio di procedure di riduzione di personale. A questo fine, e nella prospettiva di incentivazione di forme di lavoro a tempo parziale volontario, il Governo potrà sperimentare forme di incentivazione economica erogate direttamente al prestatore di lavoro;
        d) previsione di un sistema di incentivi collegati alla corresponsione di emolumenti in occasione di vertenze individuali di lavoro definite in sede arbitrale ai sensi dell’articolo  12;
        e) collegamento delle misure di incentivazione finanziaria con le politiche di sviluppo territoriale;
        f) coordinamento con la disciplina sulla verifica dello stato di disoccupazione e delle relative sanzioni, nonché con quella sugli ammortizzatori sociali, al fine di favorire l’inserimento dei beneficiari di questi ultimi nel mondo del lavoro;
        g) introduzione di meccanismi automatici di incentivazione a favore delle imprese e dei lavoratori che investano in attività di formazione continua, anche prevedendo forme di sgravio parziale dal contributo integrativo stabilito dall’articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, rivedendone le modalità di utilizzazione in funzione delle finalità formative.

Art. 3.

(Delega al Governo in materia
di ammortizzatori sociali)

    1. Il Governo è delegato a emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di realizzare un primo riordino della disciplina vigente in materia di ammortizzatori sociali e strumenti di sostegno al reddito a base assicurativa e a totale carico delle imprese secondo criteri di autogestione, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato e nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) revisione del sistema delle tutele in caso di disoccupazione e in costanza di rapporto di lavoro, avuto riguardo alle tipologie di trattamento su base assicurativa e a quelle su base solidaristica, alle condizioni di ammissibilità al trattamento, alla intensità, alla durata e al profilo temporale dei trattamenti; in tale quadro, ridefinizione delle soglie di lavoro che danno diritto alle indennità di disoccupazione con requisiti ridotti;

        b) assetto proattivo delle tutele in modo da non disincentivare il lavoro e ridurre per quanto possibile la permanenza nella condizione di disoccupato ed il lavoro non dichiarato; in questo quadro, definizione delle condizioni soggettive per la continuità nel godimento delle prestazioni erogate dagli ammortizzatori sociali, legandole alla condizione di ricerca attiva del lavoro da parte del disoccupato, alla sua disponibilità ad accettare offerte di lavoro o a partecipare ad interventi formativi o a progetti proposti dalle strutture pubbliche per l’impiego nell’esercizio delle funzioni loro assegnate, nel senso della strategia europea per l’occupazione;
        c) razionalizzazione del sistema delle aliquote preordinate al finanziamento del sistema degli ammortizzatori sociali, avendo presenti gli obiettivi di trasparenza, semplificazione, omogeneizzazione dei criteri di inquadramento delle aziende e di ripartizione del carico contributivo tra datori di lavoro, lavoratori e Stato; possibilità di scegliere differenti basi imponibili per il calcolo dei contributi e di introdurre disincentivi e penalizzazioni;
        d) estensione delle tutele a settori e situazioni attualmente non coperti, in modo da tener conto delle specificità e delle esigenze dei diversi contesti sulla base delle priorità individuate in sede contrattuale o a seguito di specifiche intese tra le parti sociali interessate;
        e) ridefinizione dei criteri per l’attribuzione della contribuzione figurativa per le diverse tipologie di soggetti e situazioni;
        f) semplificazione dei procedimenti autorizzatori, anche mediante interventi di delegificazione, garantendo flessibilità nella gestione delle crisi e assicurando una gestione quanto più possibile anticipatrice;
        g) adozione, in favore dei lavoratori interessati da processi di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, di interventi formativi nell’ambito di piani di reinserimento, definiti in sede aziendale o territoriale da associazioni rappresentative dei datori e prestatori di lavoro comparativamente rappresentative, anche utilizzando i fondi di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n.  388;
        h) monitoraggio dell’offerta formativa delle regioni rivolta ai soggetti in condizione di temporanea disoccupazione, al fine di garantire agli stessi prestazioni corrispondenti agli impegni assunti in sede di Unione europea per la definizione dei piani di azione nazionale per l’occupazione.

Art. 4.

(Delega al Governo in materia di agenzie tecniche strumentali per l’occupazione)

    1. Il Governo è delegato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge:

        a) al riordino complessivo dei soggetti e degli strumenti:
            1) di analisi e monitoraggio dei fenomeni di esclusione sociale e di funzionamento del mercato del lavoro;

            2) di verifica della efficacia delle politiche di protezione e inclusione sociale, comprese quelle a carattere sperimentale;
            3) di produzione di rapporti periodici nelle suddette materie;

        b) al riordino e alla ridefinizione delle funzioni dell’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL) e Italia Lavoro spa in quanto agenzie tecniche strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui il Governo, le regioni e gli enti locali possono avvalersi per il perseguimento delle finalità proprie delle politiche attive del lavoro.

Art. 5.

(Delega al Governo in materia di riordino dei contratti a contenuto formativo)

    1. Il Governo è delegato a emanare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro per gli affari regionali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione europea in materia di occupazione, la revisione e la razionalizzazione dei rapporti di lavoro con contenuto formativo, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) conformità agli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato alla occupazione;

        b) attuazione degli obiettivi e rispetto dei criteri di cui all’articolo 16, comma 5, della legge 24 giugno 1997, n. 196, al fine di riordinare gli speciali rapporti di lavoro con contenuti formativi, così da valorizzare pienamente l’attività formativa svolta in azienda, confermando l’apprendistato come strumento formativo anche nella prospettiva di una formazione superiore in alternanza tale da garantire il raccordo tra i sistemi della istruzione e della formazione, nonché il passaggio da un sistema all’altro e, riconoscendo nel contempo agli enti bilaterali competenze autorizzatorie in materia, specializzando il contratto di formazione e lavoro al fine di realizzare l’inserimento e il reinserimento mirato del lavoratore in azienda;
        c) individuazione di misure idonee a favorire forme di apprendistato e di tirocinio di impresa al fine del subentro nella attività di impresa;
        d) revisione delle misure di inserimento al lavoro, non costituenti rapporto di lavoro, mirate alla conoscenza diretta del mondo del lavoro con valorizzazione dello strumento convenzionale fra le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il sistema formativo e le imprese, secondo modalità coerenti con quanto previsto dagli articoli 17 e 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, prevedendo una durata variabile fra uno e dodici mesi, in relazione al livello di istruzione, alle caratteristiche della attività lavorativa e al territorio di appartenenza, prevedendo altresì la eventuale corresponsione di un sussidio;
        e) orientamento degli strumenti definiti ai sensi dei princìpi e dei criteri direttivi di cui alle lettere b), c) e d), nel senso di valorizzare l’inserimento o il reinserimento al lavoro delle lavoratrici, al fine di superare il differenziale occupazionale di genere;
        f) sperimentazione di forme di incentivazione economica erogate direttamente al prestatore di lavoro;
        g) semplificazione e snellimento delle procedure di riconoscimento e di attribuzione degli incentivi connessi ai contratti a contenuto formativo, tenendo conto del tasso di occupazione femminile e privilegiando in ogni caso criteri di automaticità;
        h) rafforzamento dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei risultati conseguiti, anche in relazione all’impatto sui livelli di occupazione femminile e sul tasso di occupazione in generale, per effetto della ridefinizione degli interventi di cui al presente articolo da parte delle amministrazioni competenti e tenuto conto dei criteri che saranno determinati dai provvedimenti attuativi, in materia di mercato del lavoro, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
        i) sperimentazione di orientamenti, linee-guida e codici di comportamento, al fine di determinare i contenuti dell’attività formativa, concordati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente rappresentative sul piano nazionale e territoriale, anche all’interno di enti bilaterali, ovvero, in difetto di accordo, determinati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
        l) rinvio ai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente rappresentative, a livello nazionale, territoriale e aziendale, per la determinazione delle modalità di attuazione dell’attività formativa in azienda.

Art. 6.

(Delega al Governo in materia di attuazione della direttiva 93/104/CE del Consiglio,
in materia di orario di lavoro)

    1. Il Governo è delegato ad emanare, su proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti le norme per l’attuazione della direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993. L’attuazione della citata direttiva sarà informata ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) recezione dei criteri di attuazione di cui all’avviso comune sottoscritto dalle parti sociali il 12 novembre 1997;

        b) riconoscimento degli effetti dei contratti collettivi vigenti alla data di entrata in vigore del provvedimento di attuazione della direttiva.

    2. Ai sensi della delega di cui al comma 1 e al fine di garantire una corretta e integrale trasposizione della direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, il Governo, sentite le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente rappresentative, potrà apportare modifiche e integrazioni al decreto legislativo 26 novembre 1999, n. 532, in materia di lavoro notturno, e al decreto-legge 29 settembre 1998, n. 335, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 1998, n. 409, in materia di lavoro straordinario, nonché alle discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, con particolare riferimento al commercio, turismo, pubblici esercizi e agricoltura.

Art. 7.

(Delega al Governo in materia di riforma della disciplina del lavoro a tempo parziale)

    1. Il Governo è delegato ad emanare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, con esclusione dei rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, recanti norme per promuovere il ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale, quale tipologia contrattuale idonea a favorire l’incremento del tasso di occupazione e, in particolare, il tasso di partecipazione delle donne, dei giovani e dei lavoratori con età superiore ai 55 anni, al mercato del lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) agevolazione del ricorso a prestazioni di lavoro supplementare nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto orizzontale, nei casi e secondo le modalità previsti da contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente rappresentative su scala nazionale o territoriale, anche sulla base del consenso del lavoratore interessato in carenza dei predetti contratti collettivi;

        b) agevolazione del ricorso a forme flessibili ed elastiche di lavoro a tempo parziale nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto verticale e misto, anche sulla base del consenso del lavoratore interessato in carenza dei contratti collettivi di cui alla lettera a), e comunque a fronte di una maggiorazione retributiva da riconoscere al lavoratore;
        c) estensione delle forme flessibili ed elastiche anche ai contratti a tempo parziale a tempo determinato;
        d) abrogazione o integrazione di ogni disposizione in contrasto con l’obiettivo della incentivazione del lavoro a tempo parziale, fermo restando il rispetto dei princìpi e delle regole contenute nella direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997;
        e) affermazione della computabilità pro rata temporis in proporzione dell’orario svolto dal lavoratore a tempo parziale, in relazione all’applicazione di tutte le norme legislative e clausole contrattuali a loro volta collegate alla dimensione aziendale intesa come numero dei dipendenti occupati in ogni unità produttiva;
        f) integrale estensione al settore agricolo del lavoro a tempo parziale.

Art. 8.

(Delega al Governo in materia di disciplina delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite)

    1. Il Governo è delegato ad emanare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni volte alla disciplina o alla razionalizzazione delle tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) riconoscimento di una indennità cosiddetta di disponibilità a favore del lavoratore che garantisca nei confronti del datore di lavoro la propria disponibilità allo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, così come individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente rappresentative su scala nazionale o territoriale o, in via provvisoriamente sostitutiva, per decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ed in ogni caso prevedendosi la possibilità di sperimentazione di detta tipologia contrattuale anche per prestazioni rese da persone inoccupate o disoccupate con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo in funzione di processi di riduzione o trasformazione di attività o di lavoro e iscritti alle liste di mobilità e di collocamento; eventuale non obbligatorietà del prestatore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, non avendo quindi titolo a percepire la predetta indennità ma con diritto di godere di una retribuzione proporzionale al lavoro effettivamente svolto;

        b) con riferimento alle prestazioni di lavoro temporaneo:

            1) ricorso alla forma del lavoro a tempo determinato di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.  368, ovvero alla forma della fornitura di lavoro temporaneo di cui alla legge 24 giugno 1997, n.  196, anche per soddisfare le quote obbligatorie di assunzione di lavoratori disabili e appartenenti a categorie assimilate;

            2) completa estensione al settore agricolo del lavoro temporaneo tramite agenzia, con conseguente applicabilità degli oneri contributivi di questo settore;

        c) con riferimento alle collaborazioni coordinate e continuative:
            1) identificazione dei criteri temporali di durata della prestazione o economici di ammontare del corrispettivo rilevanti ai fini della differenziazione di detta fattispecie contrattuale rispetto alle collaborazioni di natura meramente occasionale;

            2) riconduzione della fattispecie a uno o più progetti o programmi di lavoro o fasi di esso;
            3) previsione di tutele fondamentali a presidio della dignità e della sicurezza dei collaboratori, anche nel quadro di intese collettive;
            4) ricorso, ai sensi dell’articolo 9, ad adeguati meccanismi di certificazione;
        d) ammissibilità di prestazioni di lavoro occasionale e accessorio, in generale e con particolare riferimento a opportunità di assistenza sociale, rese a favore di famiglie e di enti con e senza fine di lucro, da disoccupati di lungo periodo, altri soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, regolarizzabili attraverso la tecnica di buoni corrispondenti a un certo ammontare di attività lavorativa, ricorrendo, ai sensi dell’articolo 9, ad adeguati meccanismi di certificazione;
        e) ammissibilità di prestazioni ripartite fra due o più lavoratori, obbligati in solido nei confronti di un datore di lavoro, per l’esecuzione di un’unica prestazione lavorativa.

Art. 9.

(Delega al Governo in materia di
certificazione dei rapporti di lavoro)

    1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro, con esclusione dei rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, il Governo è delegato ad emanare, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni in materia di certificazione del relativo contratto stipulato tra le parti, ispirate ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) carattere volontario e sperimentale della procedura di certificazione;

        b) individuazione dell’organo preposto alla certificazione del rapporto di lavoro in enti bilaterali costituiti a iniziativa di associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente rappresentative, ovvero presso strutture pubbliche aventi competenze in materia;
        c) definizione delle modalità di organizzazione delle sedi di certificazione e di tenuta della relativa documentazione;
        d) indicazione del contenuto e della procedura di certificazione;
        e) in caso di controversia sulla esatta qualificazione del rapporto di lavoro posto in essere, valutazione da parte della autorità giudiziaria competente anche del comportamento tenuto dalle parti in sede di certificazione.

Art. 10.

(Delega al Governo in materia di altre misure temporanee e sperimentali a sostegno della occupazione regolare, nonchè incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato)

    1. Ai fini di sostegno e incentivazione della occupazione regolare e delle assunzioni a tempo indeterminato, il Governo è delegato ad emanare uno o più decreti legislativi per introdurre in via sperimentale, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni relative alle conseguenze sanzionatorie a carico del datore di lavoro in caso di licenziamento ingiustificato ai sensi della legge 15 luglio 1966, n.  604, e successive modificazioni, in deroga all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n.  300, prevedendo in alternativa il risarcimento alla reintegrazione, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) conferma dei divieti attualmente vigenti in materia di licenziamento discriminatorio a norma dell’articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n.  300, e successive modificazioni, licenziamento della lavoratrice in concomitanza con il suo matrimonio a norma degli articoli 1 e 2 della legge 9 gennaio 1963, n.  7, e licenziamento in caso di malattia o maternità a norma dell’articolo 2110 del codice civile;

        b) applicazione in via sperimentale della disciplina per la durata di quattro anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, fatta salva la possibilità di proroghe in relazione agli effetti registrati sul piano occupazionale;
        c) identificazione delle ragioni oggettive connesse a misure di riemersione, stabilizzazione dei rapporti di lavoro sulla base di trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato, politiche di incoraggiamento della crescita dimensionale delle imprese minori, non computandosi nel numero dei dipendenti occupati le unità lavorative assunte per il primo biennio, che giustifichino la deroga all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n.  300.

Art. 11.

(Esclusione)

    1. Le disposizioni degli articoli da 1 a 10 non si applicano al personale delle pubbliche amministrazioni ove non siano espressamente richiamate.

Art. 12.

(Delega al Governo in materia di arbitrato nelle controversie individuali di lavoro)

    1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di controversie individuali di lavoro, il Governo è delegato a emanare, su proposta del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per la funzione pubblica, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi in materia di arbitrato nelle controversie individuali di lavoro, abrogando l’articolo 412-ter del codice di procedura civile e modificando parzialmente l’articolo 412-quater del medesimo codice ed ogni altra norma in contrasto con la presente delega, sostituendoli con disposizioni ispirate ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

        a) natura volontaria della compromissione in arbitri delle controversie individuali di lavoro, direttamente ovvero ad opera delle associazioni rappresentative dei datori e prestatori di lavoro cui essi aderiscano o conferiscano mandato;

        b) forma scritta della clausola compromissoria contenente, a pena di nullità, il termine per l’emanazione del lodo, nonché i criteri per la liquidazione dei compensi spettanti agli arbitri;
        c) possibilità delle parti, in qualunque fase del tentativo di conciliazione, od al suo termine in caso di mancata riuscita, di affidare allo stesso conciliatore il mandato a risolvere in via arbitrale le controversie;
        d) superamento del divieto di compromettibilità in arbitri delle controversie individuali aventi ad oggetto diritti dei lavoratori derivanti da disposizioni inderogabili di legge o di contratti collettivi, affermandosi conseguentemente il lodo secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento;
        e) decadenza del collegio arbitrale allo spirare del termine di incarico senza emissione del lodo;
        f) alternatività fra risarcimento del danno con quantificazione interamente rimessa al collegio arbitrale e reintegrazione nel posto di lavoro, a discrezione del collegio arbitrale, in deroga a quanto previsto dall’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300;
        g) impugnabilità, in un unico grado e davanti alla Corte di appello, del lodo arbitrale, soltanto per vizi procedimentali;
        h) immediata esecutività del lodo, nonostante l’impugnazione proposta ai sensi della lettera g), a seguito del deposito presso la cancelleria del giudice;
        i) istituzione di collegi o camere arbitrali stabili, distribuiti su tutto il territorio nazionale.

Art. 13.

(Disposizioni finali)

    1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui alla presente legge, deliberati dal Consiglio dei ministri e corredati da una apposita relazione cui è allegato il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281, sentite le associazioni sindacali rappresentative dei datori e prestatori di lavoro, sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti entro il sessantesimo giorno antecedente la scadenza del temmine previsto per l’esercizio della relativa delega.

    2. In caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione, il Governo decade dall’esercizio della delega. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
    3. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare eventuali disposizioni modificative e correttive con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi criteri e princìpi direttivi.
    4. Dall’attuazione della presente legge non derivano oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.