L.R.
27 dicembre 1983, n. 52 (1).
Approvazione
del Piano urbanistico territoriale.
(1)
Pubblicata nel B.U. Umbria 28 dicembre 1983, n. 83, Supplemento speciale.
Art.
1
Approvazione
del Piano urbanistico territoriale.
È
approvato il Piano urbanistico territoriale della Regione dell'Umbria. Il piano
allegato alla presente legge è costituito da:
-
relazione illustrativa;
-
norme di attuazione;
-
rappresentazioni grafiche relative all'assetto del territorio, costituite da
cinque tavole numerate I, II, III, IV, V e allegato 1 (2).
(2)
Trattino così sostituito dall'art. 10, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
Art. 2
Standard
urbanistici.
Gli
standard urbanistici, di cui agli artt. 1, 2, 3 della legge regionale 2
settembre 1974, n. 53, restano in vigore fino all'approvazione dei piani
urbanistici comprensoriali.
Art.
3
Abrogazione
norme regionali.
È
abrogata ogni disposizione di legge regionale in contrasto con le norme
contenute nel Piano urbanistico territoriale.
Art.
4
Poteri
sostitutivi.
In
caso di inerzia o inadempienza da parte dei soggetti individuati dalle norme di
attuazione del Piano urbanistico territoriale la Giunta regionale, previa
diffida e fissazione di congruo termine, si sostituisce ad essi.
Art.
5
Comuni
obbligati ai Piani pluriennali di attuazione.
In
adempimento a quanto previsto dall'art. 3 della legge regionale 28 marzo 1978,
n. 14, l'elenco dei comuni obbligati alla adozione del piano pluriennale di
attuazione è quello previsto dalla legge regionale 2 novembre 1982, n. 49.
Art. 6
La
Giunta regionale per gli adempimenti connessi alla presente legge emana
direttive tecniche e concorre alle spese necessarie alla redazione dei
P.T.C.P., dei piani di settore e degli strumenti attuativi della pianificazione
territoriale e ambientale e per dotarsi di supporti cartografici a grande
scala. L'onere relativo è posto a carico del cap. 5855 di cui all'art. 7 così
denominato: "Spese per supporti tecnico-conoscitivi e contributi alle
Amministrazioni provinciali e comunali per ricerche in materia di
programmazione territoriale ai sensi della legge regionale 27 dicembre 1983, n.
52" (3).
(3)
Articolo così sostituito dall'art. 30, comma 1, L.R. 10 aprile 1995, n. 28.
Art.
7
Norma
finanziaria.
Per
l'attuazione della presente legge è autorizzata, per l'anno 1983, la spesa di
lire 500 milioni in termini di competenza e di lire 200 milioni in termini di
cassa con imputazione all'esistente cap. 5855 dello stato di previsione della
spesa del bilancio regionale dell'esercizio in corso.
All'onere
suddetto si fa fronte con la disponibilità di cui al fondo globale del cap.
6120 iscritto nel bilancio regionale dell'esercizio 1983 (elenco n. 2 allegato
al bilancio, n. d'ordine 4).
(4).
Per
gli anni dal 1984 in poi l'autorizzazione di spesa per gli interventi previsti
dalla presente legge sarà data con legge di bilancio a norma dell'art. 5,
secondo comma, della L.R. 3 maggio 1978, n. 23, legge regionale di contabilità
entro i limiti di spesa previsti nel bilancio pluriennale, nel programma
operativo 6.12.2.05.
(4)
Il presente comma, che si omette, apporta variazioni al bilancio di previsione
per il 1983, approvato con L.R. 2 maggio 1983, n. 10.
PIANO
URBANISTICO TERRITORIALE
RELAZIONE
1.
Pianificazione e programmazione in Umbria.
1.1.
Premessa.
L'Umbria
è la prima Regione italiana in cui sia stato redatto un completo ed organico
piano di sviluppo economico-territoriale prima della stessa costituzione
dell'ente Regione (piano di sviluppo 1961).
Successivamente
è stato anche redatto lo schema di piano di sviluppo socio-economico da parte
del Comitato regionale di programmazione economica (C.R.P.E.) nel 1967.
Questi
piani, formati attraverso un ampio concorso delle istituzioni e delle forze
politiche, sociali ed economiche della Regione, hanno costituito, insieme ai
piani urbanistici comunali, ed ai piani di settore che parallelamente si sono
elaborati e si elaborano ai vari livelli di competenza, il quadro di
riferimento sulla base del quale si è organizzato l'assetto regionale fino alla
costituzione dell'ente Regione.
È
da tenere presente inoltre, che mentre i principali Comuni dell'Umbria già
negli anni 50 erano dotati di strumenti urbanistici, negli anni 60 la quasi
totalità delle Amministrazioni municipali ha finito col dotarsi, a seconda dei
casi, di Piani regolatori generali o Programmi di fabbricazione mentre, negli
ultimi anni, larga diffusione si è registrata per ciò che attiene l'adozione
dei Piani pluriennali di attuazione [1].
L'ente
Regione fa della programmazione presupposto fondamentale della sua azione di
governo.
Lo
Statuto regionale afferma:
«
... La Regione assume la programmazione come metodo democratico di un'azione
volta a realizzare lo sviluppo equilibrato dell'economia regionale, le riforme
di struttura ed i fini sociali previsti dalla Costituzione.
La
Regione in collaborazione con gli Enti locali, e con l'autonomo apporto dei
partiti politici, delle organizzazioni sindacali, economiche e sociali,
concorre alla determinazione degli obiettivi generali del piano economico
nazionale, alla sua formazione ed attuazione, e adotta un Piano regionale di
sviluppo ... ».
Ed
ancora:
«
... La Regione promuove un equilibrato assetto del territorio diretto a creare
un ambiente idoneo a soddisfare compiutamente le esigenze della persona umana.
Provvede
alla difesa del suolo e del paesaggio, alla tutela e valorizzazione delle
risorse naturali, dell'ambiente ecologico e del patrimonio storico, artistico e
archivistico. Adotta con legge in armonia con il Piano regionale di cui
all'art. 16, un Piano urbanistico territoriale per l'ordinato sviluppo degli
insediamenti umani e produttivi delle infrastrutture sociali ...».
Sulla
base delle indicazioni statutarie, nelle prime due legislature, mentre si
veniva compiutamente definendo l'impianto strutturale dell'Ente regionale e la
normativa quadro nazionale per la definizione delle competenze Stato-Regione
(D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), venivano elaborati i due piani di sviluppo
1973-1975 e 1978-1980, nonché, in maniera strettamente correlata con i
medesimi, i due documenti «Uso del territorio e politica urbanistica» e «Primi
lineamenti per la formazione del P.U.T.»,
entrambi
di valore orientativo, in quanto non adottati con legge. Contestualmente si
definiva il quadro normativo regionale di settore: L.R. n. 53/1974, L.R. n.
40/1975 e L.R. n. 37/1980, che individuano i nuovi modelli per la gestione e
l'uso del territorio. (Basti ricordare l'istituzione dei comprensori, le
deleghe, le normative di salvaguardia per i territori agricoli, i nuovi
standard urbanistici, le norme per la tutela e la valorizzazione delle acque e
dell'ambiente).
Sempre
negli stessi anni tutti i Comuni dell'Umbria, anche in adempimento alle citate
leggi e nel quadro definito dai vari documenti, concludevano il processo di
formazione della strumentazione urbanistica mentre si venivano organizzando le
nuove entità di dimensione sovracomunali (comprensori), quest'ultima ancora non
attivatasi nel solo comprensorio del Perugino.
Tale
complesso di attività normativa e programmatoria, regionale e comunale, è stato
condotto - nonostante le obiettive difficoltà derivanti dall'assenza di una
programmazione nazionale economica e territoriale - in un quadro di sostanziale
positività, facendo pervenire l'Umbria all'attuale assetto, frutto di una
gestione democratica ordinata, che può costituire la base per un ulteriore
sviluppo.
È
possibile registrare oggi una «Organizzazione territoriale di fatto» che è la
sommatoria:
1.
Pianificazione territoriale a livello regionale;
2.
Pianificazione urbanistica comunale;
3.
Azioni settoriali dei vari soggetti nazionali operanti sul territorio regionale
che si rapporta ad un quadro di riferimento dato da successive azioni di
governo regionale a contenuto pianificatorio e programmatorio ... (vedi nota
1).
Il
Piano urbanistico territoriale quindi ha valutato sia «l'aspetto attuale» che
«l'assetto potenziale», prefigurato, per le parti non ancora attuate,
dall'insieme dei programmi e piani dei vari soggetti citati, valutandone
compatibilità e contraddizioni. Tali assetti sono stati verificati utilizzando
le opportunità offerte dalla possibilità di:
-
lavorare alla scala regionale;
-
utilizzare il più ampio spettro di competenze dell'Ente Regione, competenze che
travalicano quelle tipiche dei soggetti che fino ad oggi hanno svolto attività
di programmazione territoriale e pianificazione urbanistica.
[1]
Il 97 per cento di comuni obbligati ha già redatto ed adottato il programma
pluriennale di attuazione. Tutti i comuni della Regione al di sopra dei 10.000
abitanti e molti di quelli al di sotto sono dotati di Piani per l'edilizia
economico popolare e di Piani per insediamenti produttivi. Molti comuni si sono
dotati di Piani particolareggiati o di Piani di recupero per i centri storici.
1.2.
I rapporti tra i vari livelli di pianificazione.
Prima
di passare alla descrizione del Piano, occorre ancora valutare tre aspetti:
a)
I rapporti tra pianificazione regionale e nazionale.
L'Umbria
è la prima Regione a statuto ordinario che realizza il Piano urbanistico
territoriale con legge, e lo fa in carenza di un quadro di programmazione
nazionale. Ciò costituisce indubbiamente un condizionamento di cui non si può
non tener conto. La pianificazione regionale così definita è una
«pianificazione imperfetta» proprio in rapporto alla carenza di punti certi di
riferimento. Questo condizionamento non ha peraltro posto in crisi la volontà
della Regione di pervenire alla definizione del suo assetto futuro, che va
quindi considerato anche come contributo della Regione Umbria alla formazione
del quadro complessivo dell'assetto nazionale. Si è proposto con ciò un metodo
dialettico nel rapporto Stato-Regione, come una delle ipotesi di formazione
della pianificazione nazionale, o almeno come elemento di indirizzo per avviare
un'azione integrata di pianificazione interregionale. Da tutto questo deriva un
ulteriore elemento costitutivo e caratterizzante del Piano urbanistico
territoriale, come, d'altronde del Piano regionale di sviluppo: la flessibilità
e scorrevolezza e quindi la necessità di una gestione processuale e continua,
attenta sia agli effetti di ritorno derivanti all'interno della Regione
dall'attuazione dei Piani stessi, sia ai possibili cambiamenti dello scenario
nazionale e internazionale che comportino mutamenti sostanziali al quadro di
riferimento adottato. Condizione per la gestione processuale del Piano
urbanistico territoriale è l'utilizzo di tecnologie moderne.
In
ogni caso, mutamenti anche parziali del Piano urbanistico territoriale
comporteranno una discussione dell'intero strumento al fine di salvaguardarne
la globalità.
b)
I rapporti tra il Piano urbanistico territoriale e il Piano di sviluppo.
La
redazione del Piano urbanistico territoriale non può attualmente prescindere
dalla presa d'atto della portata dell'efficacia dello strumento così come
delineata dallo Statuto regionale.
Lo
Statuto infatti affida a due distinti strumenti, il Piano di sviluppo e il
Piano urbanistico territoriale, la delineazione della politica economica e
territoriale regionale.
La
sintesi delle due politiche - nelle more di una modifica statutaria che
unifichi strumenti programmatori -, avviene attraverso la gestione correlata
degli strumenti stessi: il Piano urbanistico territoriale deve definire i
vincoli e le condizioni al contorno di carattere territoriale di cui si terrà
conto nella definizione della politica economica. Il Piano urbanistico
territoriale delinea le caratteristiche del contenitore territoriale e il loro
grado di utilizzo; il Piano di sviluppo, i contenuti economici e le azioni per
ottimizzare le potenzialità di sviluppo.
I
processi di formazione del Piano urbanistico territoriale e del Piano di
sviluppo, che avvengono in maniera contestuale, dovranno avere una gestione il
più possibile intrecciata e in prospettiva affidata ad una stessa équipe
interdisciplinare.
Il
coordinamento e l'integrazione tra Piano urbanistico territoriale e Piano di
sviluppo, dovrà avvenire ex-ante mediante il bilancio pluriennale, costruito
per progetti, con individuazione delle priorità, dei flussi finanziari
regionali disponibili con il coordinamento della spesa a livello territoriale;
le previsioni del bilancio pluriennale, integrandosi con quelle dei flussi di
spesa dei livelli istituzionali nazionali e dei privati vengono a costituire un
vero e proprio Programma pluriennale di attuazione.
Ex-post,
sarà affidata ad una relazione periodica sull'attuazione degli strumenti di
programmazione e pianificazione il compito di dare conto dei risultati e degli
effetti della gestione integrata degli interventi, integrando, cioè, anche con
gli aspetti afferenti l'assetto del territorio, i contenuti della relazione ex
art. 54, lett. h) dello Statuto dell'Umbria.
c)
I rapporti tra pianificazione regionale e pianificazione subordinata.
La
Regione con l'approvazione del Piano urbanistico territoriale, oltre a dotarsi
di un preciso quadro di riferimento per la propria azione nell'ambito dei vari
piani di settore, indica agli Enti locali nonché alle varie forze sociali ed
economiche, quali sono i criteri e le normative con cui dovranno confrontarsi;
questi criteri e normative costituiranno infatti la base di valutazione delle
varie istanze ed azioni intraprese. La Regione non si pone quindi in termini
centralistico-autoritari (non fa il Piano regolatore dell'Umbria), ma
predispone una serie di indicazioni per la pianificazione subordinata, che
saranno però definite da quest'ultima anche in termini fondiari.
La
Regione, cioè, oltre a fornire un vasto quadro informativo che diverrà
patrimonio comune, esercita una azione di indirizzo e coordinamento a monte,
fornendo un quadro di riferimento univoco e sottoposto a discussione
preventiva, ed indica il quadro delle indagini preliminari per la
pianificazione successiva, affermando altresì che il giudizio che essa darà su
quest'ultima sarà principalmente volto a verificare le compatibilità delle
scelte operate con il quadro complessivo regionale e con la conseguente
allocazione delle risorse disponibili.
Ulteriori
analisi ed elaborazioni da attuarsi sulla base del patrimonio conoscitivo già
acquisito, nonché l'aggiornamento di ipotesi metodologiche di cui avvalersi
anche in sede di definizione della pianificazione subordinata, saranno
tempestivamente e nei modi opportuni messi a disposizione dei soggetti attivi
nel processo innescato nel presente Piano.
1.3.
Gli obiettivi.
Il
Piano intende uniformarsi alle seguenti scelte fondamentali:
1)
Il territorio da intendere come occasione di sviluppo economico e civile, con
conseguente definizione delle destinazioni d'uso di tutto il territorio
regionale e non solamente del territorio urbanizzato;
2)
I territori agricoli, specie quelli più pregiati, costituiscono condizione
insostituibile per una utilizzazione integrata delle complessive risorse
agricole regionali ed in quanto tali debbono essere intesi come valore prioritario
da difendere da sprechi e dispersioni;
3)
L'utilizzazione degli elementi strutturanti il territorio regionale (risorse,
infrastrutture, attrezzature, servizi) va realizzata con una logica di uso
plurimo e di progettazione coordinata conseguente, inducendo quindi vasti
processi di integrazione territoriale ed intersettoriale;
4)
Il convincimento di assenza di contraddizione tra salvaguardia e sviluppo,
nella certezza che una saggia ed adeguata utilizzazione delle risorse naturali
e ambientali le valorizzi anche sul piano estetico;
5)
La struttura urbana policentrica della Regione, così come storicamente
determinata, dovrà esprimere tutta la sua validità e le sue potenzialità di
città-Regione, assicurando un elevato modello di mobilità e di qualità complessiva
dei servizi, condizioni essenziali entrambe unitamente ad una attenta politica
di tutela e recupero dei centri storici per il suo consolidamento e
valorizzazione;
6)
L'ottica del Piano urbanistico territoriale si sforza di ricomprendere, agendo
armonicamente ed in sintonia con essi, i quadri di riferimento e le scelte
generali e di settore extraregionali e particolarmente delle regioni
confinanti, così come gli stessi si sono andati definendo negli anni e sono
programmati per il futuro, cooperando perché si rafforzi un processo di
crescita comune, partecipata ed integrata;
7)
Il conseguimento degli obiettivi suindicati è praticabile nel decennio. Per il
loro raggiungimento è necessaria sia una vasta ma possibile opera di
razionalizzazione dell'esistente, ivi incluso l'assetto istituzionale, sia
un'azione di ulteriore riequilibrio.
1.4.
I criteri per la formazione del Piano.
L'opera
di informazione e divulgazione che la Regione intende fare per il Piano
urbanistico territoriale, attraverso l'uso dei canali di ampia diffusione e di
linguaggio semplice ed accessibile, va intesa non come elemento accessorio ma
come parte integrante e qualificante dello stesso.
Questo
Piano, redatto dagli uffici regionali e con l'apporto di professionisti esterni
che ha portato il contributo di esperienze significative maturate in Umbria
nella prassi operativa, nonchè utilizzando le indicazioni fornite dai vari
enti, istituzioni e soggetti che operano nella realtà regionale, è un prodotto
volutamente «interno» ma che, oltre che con le popolazioni interessate, vuole
confrontarsi anche con la cultura esterna della Regione.
2.
Le strategie complessive.
2.1.
L'ipotesi di sviluppo.
Il
Piano di sviluppo e il Piano urbanistico territoriale sono stati redatti
rifiutando l'ipotesi di sviluppo a tasso zero, in quanto penalizzante di tutte
le situazioni sottosviluppate, sviluppate in modo disomogeneo o distorto.
I
Piani rifiutano anche i modelli di sviluppo spontaneo subordinati a interessi
di tipo particolare e ciò nella convinzione che la situazione del paese
richiede una politica di sviluppo programmato, che si basi su un vasto processo
di razionalizzazione nell'uso delle risorse nazionali, prima tra queste la
risorsa territoriale sociale.
Le
indagini e le ricerche svolte dimostrano che i fenomeni migratori della
popolazione, sia nei confronti del territorio extra regionale, sia, nell'ambito
della Regione, l'esodo dalle campagne verso i centri minori e dai centri minori
verso i maggiori, si vanno attenuando; ciò anche se il dato complessivo del
decennio presenta ancora in alcuni casi degli elementi di spicco sia nel senso
dell'esodo che nel senso della concentrazione.
A
tale proposito va, innanzitutto, rilevato che il livello civile di vita delle
popolazioni si è complessivamente notevolmente innalzato nel decennio.
Si
vuole dire che da un lato l'ampia diffusione dei servizi (sanitari, istruzione,
cultura, tempo libero) in tutti i centri della Regione, e dall'altro un
consistente livello di mobilità tramite l'uso del mezzo sia pubblico che
privato, hanno comportato un'attenuazione della differenza dei livelli di vita
dei cittadini dell'Umbria in relazione alla loro localizzazione sul territorio.
Pertanto
se non possiamo affermare che è indifferente, ai fini della fruibilità dei
servizi e della qualità della vita, la localizzazione del cittadino dell'Umbria
sul territorio, è certo che i fenomeni di maggiore negatività non si sono
aggravati e che le disparità si sono attenuate. Tutti i cittadini dell'Umbria
possono accedere ai servizi primari in tempi accettabili e comunque
raffrontabili con i tempi necessari per ottenere il così detto effetto
«città-Regione». D'altro canto le dinamiche della popolazione (composizione
della popolazione per classi di età e di natalità e mortalità) ci portano a
ritenere che già oggi siamo alla soglia «ZERO»; nel prossimo decennio, quindi,
non sono prevedibili sostanziali modificazioni della popolazione, sia in
termini di andamento naturale che migratorio.
Non
potendosi attendere notevoli mutamenti dell'andamento demografico e migratorio,
si ritiene che il problema dell'urbanesimo, cioè l'individuazione di nuove
significative aree per insediamenti residenziali, sia certamente meno
drammatico e meno impellente di quello dell'uso del territorio inteso in senso
globale.
È per questo che il Piano si pone come obiettivo quello di utilizzare il
territorio come occasione di sviluppo ed ha acquistato quindi peso il problema
delle destinazioni d'uso del territorio regionale, preso in considerazione
nella sua globalità e complessità e non limitato alla logica urbana.
Un
uso ed una valorizzazione delle potenzialità del territorio in una logica di
ecologia attiva che superi posizioni protezionistiche ed estetizzanti, nel
senso che si è convinti che l'uso corretto delle risorse del territorio le
esalti e le protegga anche in senso estetico.
2.2.
Uso integrato del territorio attraverso il potenziamento del sistema
relazionale.
Questa
impostazione, che prende le mosse dalla organizzazione della popolazione sul
territorio, quale oggi esiste, significa voler valorizzare la struttura
policentrica dell'Umbria così come storicamente si è determinata, dando
concretezza all'ipotesi di realizzare la «città-Regione».
Per
raggiungere questo effetto di «città-Regione» sarà necessario assicurare un
modello di alta mobilità regionale per permettere alle varie popolazioni di
accedere a tutti i servizi, come abbiamo già detto, in tempi reali abbastanza
brevi e contenuti nell'ordine dei 30/45'. In questo quadro assume particolare
rilievo
il sistema relazionale Città di Castello, Perugia, Todi, Terni, Spoleto,
Foligno, Perugia, Trasimeno (Bettolle). Mentre in altre regioni il problema
delle correlazioni urbane deve essere ancora immaginato e costruito, l'Umbria
può beneficiare di uno stato di fatto, frutto anche delle precedenti scelte e
strategie adottate, che consente oggi di muoversi da una situazione
sufficientemente favorevole. Questo disegno di mobilità costituisce il supporto
per la realizzazione di un sistema relazionale ulteriormente infrastrutturato
(strade, ferrovia, trasporto, energia, ecc.), che dovrà conseguire un elevato
grado di permeabilità rispetto ai territori contigui ed essere il raccordo di
un complesso integrato di trasporti collettivi (ferro-gomma, pubblico-privato)
per realizzare l'obiettivo del raggiungimento di uno dei poli di servizi
comprensoriali con tempi non superiori ai 45' con il mezzo pubblico e 30' con
il mezzo privato, e con frequenze adeguate in modo da estendere l'effetto città
a tutti i centri abitati.
Per
ottenere questo risultato vanno anzitutto attuati il Piano decennale per la
grande viabilità ed il Piano integrativo e poliennale delle F.S. e, in
correlazione con il Piano regionale dei trasporti, vanno previste e verificate
le conseguenze che sui traffici regionali potranno produrre i traffici di
attraversamento.
Conseguentemente
i piani comprensoriali dovranno prioritariamente adeguare le proprie previsioni
a questo schema unificante del disegno di assetto regionale.
2.3.
Riequilibrio e razionalizzazione come esaltazione delle potenzialità e delle
vocazioni.
Consolidamento
delle salvaguardie. Una politica di migliore utilizzazione delle risorse
territoriali per un migliore equilibrio deve consistere, da un lato
nell'accentuare la salvaguardia attiva delle risorse territoriali strategiche
(acqua, territorio agricolo, biotopi e quadri naturalistici fondamentali,
centri abitati, infrastrutture stradali e ferroviarie) e dall'altro nel
perseguire la massima valorizzazione delle potenzialità e delle vocazioni del
territorio attraverso un processo volto ad omogeneizzare gli standard
abitativi, di servizio e reddituali delle popolazioni.
Complessivamente
possiamo dire che già oggi il territorio dell'Umbria è sufficientemente servito
sia da infrastrutture che da servizi.
Tutto
ciò appare evidente dalle tavole allegate a questa relazione, che costituiscono
uno sforzo di sintesi e di coordinamento degli studi, dei piani, delle analisi
realizzati da vari soggetti e a vario titolo negli anni precedenti. Si è voluto
qui fare una sorta di punto sulla situazione che costituisca un utile momento
di verifica, controllo, e di riferimento per quanti dovranno poi andare, da un
lato alla pianificazione di grado subordinato, e parallelamente alla gestione
del Piano urbanistico territoriale.
Il
Piano urbanistico territoriale parte dalla consapevolezza di essere un fatto
dinamico, processuale, anche per essere il primo Piano territoriale che si
realizza; esso dovrà essere sottoposto a continue verifiche e controlli, sia
per verificare gli effetti di sviluppo economico e di assetto territoriale che
le politiche e le normative proposte hanno, sia in relazione ad ulteriori
studi, ricerche e gradi di conoscenza dei fenomeni che permettono di verificare
e affinare le ipotesi proposte e andare alla realizzazione di successivi piani
che, partendo da livelli di conoscenza più approfonditi, avranno anche gradi di
approssimazione più elevati.
Anche
nelle indagini si è cercato di interpretare i fatti in maniera dinamica proprio
per correlarli al concetto di processualità del Piano stesso.
A
tale fine si è predisposto il Sistema informativo dei dati territoriali che
memorizza ed elabora in tempo reale le numerose informazioni contenute nelle
varie parti tematiche, per permettere il confronto e la verifica dei vari dati
ed il controllo dell'evolversi dei fenomeni.
2.4.
Il recupero delle situazioni compromesse.
Le
indagini sul patrimonio edilizio esistente dimostrano che la quantità di vani
rispetto al numero degli abitanti è più che sufficiente in termini statistici,
ed inoltre indicano come, a fronte di una sostanziale diminuzione della
composizione numerica della famiglia media, si è parallelamente verificato il
fenomeno della crescita dell'alloggio medio e della coabitazione. Tutto questo
fa ritenere che, pur esistendo anche in Umbria il problema della casa inteso
come problema di alcune fasce sociali ad accedere al bene casa, in termini di
patrimonio edilizio esistente si possa disporre di una quantità di vani
certamente più che sufficiente per ospitare la popolazione dell'Umbria.
Nel
prossimo decennio però potrà verificarsi un ulteriore bisogno di abitazioni,
sia in relazione ai fenomeni sopraddetti sia in relazione al soddisfacimento
dei fabbisogni pregressi. A tale proposito, prima di porsi il problema di
ulteriore consumo dei suoli, appare opportuno porre l'accento sulla possibilità
di riuso e di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente; quello dei
centri storici, ma anche quello delle periferie urbane.
In
queste vaste aree occorrono interventi di restauro, riutilizzazione,
riqualificazione, ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, che
comporteranno non solo la possibilità di un diffuso riuso di possibilità
abitative, ma anche un notevole salto di qualità da un punto di vista estetico,
con una riqualificazione anche formale dell'aspetto delle numerose periferie
urbane.
Questa
riqualificazione può avere, tra l'altro, notevoli effetti di carattere
economico: da un lato si indirizza verso un notevole salto di qualità dal punto
di vista della sicurezza della popolazione in caso di eventi calamitosi, attesa
la riconosciuta sismicità del territorio regionale e dall'altro al riuso di
spazi già di proprietà pubblica e di infrastrutture e servizi già realizzati,
evitando quindi un ulteriore consumo del suolo e promuovendo un miglioramento
dei tassi di sfruttamento dei servizi già realizzati (opere di urbanizzazione
primaria, quali fogne, strade, acquedotti, linee per il trasporto, energia,
ecc., e opere di urbanizzazione secondaria, quali scuole, servizi, ospedali,
mercati, trasporti pubblici, linee pubbliche, ecc.).
È
in questa direzione che si muove il programma quadriennale 1982-1985 della
legge n. 457/1978, approvato dal Consiglio regionale, che destina al recupero
gran parte delle risorse disponibili, puntando alla realizzazione di
interventi, pubblici e privati, che valorizzino il tessuto edilizio esistente.
Interventi
di recupero e di riqualificazione debbono riguardare inoltre le aree situate
lungo le principali infrastrutture dove la disseminazione di insediamenti
residenziali e produttivi, nonché di altri elementi confliggenti con il
paesaggio e di scarsa utilità sociale, senza un'adeguata valutazione dei valori
paesistici ed ambientali che venivano compromessi o di cui comunque veniva
preclusa la godibilità, ha alterato i caratteri tipici della Regione.
Paradossalmente, pur essendo l'Umbria una Regione sostanzialmente integra, può
fornire di sé un'immagine distorta a causa dell'uso non corretto di un
ristretto numero di aree adiacenti i più frequentati assi di scorrimento. Per
queste aree si sono previste non solo le politiche di blocco di ulteriori
insediamenti, ma anche di interventi attivi di restauro ambientale ed
attenzione adeguata andrà posta alla coerenza di interventi edilizi rispetto al
patrimonio storico-culturale complessivo dell'Umbria. Infine va favorita la
concentrazione delle aree per insediamenti produttivi nei siti ove sono
presenti o possibili elevati livelli di infrastrutturazione, con accorpamenti e
razionalizzazioni dell'esistente che permettano di ottenere adeguate economie
di scala.
3.
Descrizione del Piano e della normativa.
3.1.
La cartografia del Piano.
Il
Piano urbanistico territoriale si colloca in una linea di continuità rispetto
ai precedenti documenti a valenza territoriale redatti dalla Regione nel
decennio precedente e porta a conclusione questo processo pianificatorio.
L'approvazione
del Piano urbanistico territoriale con legge, come previsto dalla legge
regionale n. 40/1975, ha comportato la opportunità di separare chiaramente i
contenuti del Piano in tre distinte categorie:
a)
i contenuti con carattere prescrittivo, quali le tavole grafiche del Piano e la
normativa;
b)
i contenuti con carattere orientativo, quali la relazione illustrativa;
c)
le azioni di servizio, quali il regolamento edilizio tipo, i progetti speciali,
il sistema informativo regionale.
La
tavola I indica i valori demografici di riferimento, da utilizzarsi (art. 19
norme di attuazione) per la stesura dei piani subordinati.
Si
è ritenuto proponibile - nel prossimo decennio - un campo di variabilità
positiva o negativa di 10 punti percentuali intorno al valore assoluto della
popolazione del censimento 1981.
Al
fine di garantire un coerente impiego per l'obiettivo espresso di ulteriore
riequilibrio territoriale e sulla base delle scelte operate dal Piano regionale
di sviluppo per i territori più marginali, si è indicato per i comprensori con
saldo negativo di popolazione nel decennio 1971-1981 una variabilità di -2 +
8%; per i comprensori stazionari una variabilità di -4 + 6%; per i comprensori
con saldo positivo una variabilità di -6 + 4%.
Così
come già specificato nel corso del periodo di validità del Piano urbanistico
territoriale si potrà procedere alla revisione delle previsioni, parallelamente
alle modificazioni intervenute anche a seguito degli interventi effettuati.
Questo
criterio non è stato seguito per il comprensorio della Valnerina ove, se si
fossero utilizzati gli stessi criteri, si sarebbero dovuti prevedere tassi di
decremento dell'ordine del 25% e questo anche in relazione alla composizione
della struttura della popolazione, la quale presenta degli indici di
invecchiamento estremamente elevati che comportano indici di natalità
ovviamente bassi. Si è ritenuto perciò di individuare come campo di variabilità
della popolazione in questo comprensorio del decennio, ai fini del
dimensionamento dei piani urbanistici, -12% -2% in considerazione dei notevoli
flussi finanziari che sono previsti nella zona in relazione all'attività di
ricostruzione per gli eventi sismici ivi avvenuti e che si auspica mettano in
moto dei processi immigratori, invertendo la tendenza attuale.
Nella
tavola II sono individuate le aree di particolare interesse agricolo di cui
all'art. 9 delle norme tecniche di attuazione.
Sono
quelle aree che sono state riconosciute come risorsa strategica per l'ulteriore
sviluppo dell'Umbria
non
solo in quanto esse stesse con elevata potenzialità produttiva da un punto di
vista agricolo, ma in quanto necessarie per permettere attività produttive
economicamente valide nei territori altocollinari e montani ad esse contermini.
Queste aree, ottenute utilizzando il calcolatore elettronico, sono state
definite paragonando alcune caratteristiche geomorfologiche quali: le pendenze,
l'altitudine, l'orientamento dei versanti, le possibilità irrigue, l'attuale
uso del suolo dei territori. Si è così giunti ad una classificazione di qualità
dei territori stessi dal punto di vista agricolo, che ha permesso di
individuare queste aree di particolare interesse agricolo.
In
queste zone la facoltà edificatoria ai fini residenziali è limitata
esclusivamente ai soggetti che sono imprenditori agricoli a titolo principale,
mentre per quel che riguarda l'attività edificatoria a fini produttivi essa può
essere svolta sia da imprenditori agricoli a titolo principale, sia da altri
soggetti che comunque svolgono attività di carattere agricolo; in ogni caso,
l'edificazione è direttamente correlata alle caratteristiche e alle dimensioni
fondiarie dell'azienda.
I
Comuni o la Giunta regionale possono procedere all'individuazione di ulteriori
aree di particolare interesse agricolo anche in zone collinari e montane sulla
base di approfondimenti e di studi di carattere locale. I limiti riportati
sulla tavola per la definizione di queste aree costituiscono una indicazione di
ambito, ma non costituiscono un esatto confine catastalmente determinato; è
demandata ai Comuni l'individuazione puntuale, in scala 1:10.000 sulle
cartografie che la Regione stessa metterà a disposizione, dei limiti fondiari
esatti di queste aree. I Comuni potranno altresì individuare le aree che, pur
essendo contenute nell'ambito di questa larga zonizzazione, sono ormai oggetto
di fenomeni di urbanizzazione tali da rendere questi territori, che pur
teoricamente validi ai fini agricoli, inutilizzabili dal punto di vista
agricolo-produttivo in quanto inferiore ad una minima unità colturale e
pertanto possono essere declassificati da territori agricoli a territori nei
quali poter realizzare eventuali interventi edificatori o comunque varianti ai
piani urbanistici. In tali zone si privilegeranno insediamenti per edilizia
pubblica o per servizi.
Inoltre
nella tavola II sono state individuate le aree ove sono presenti risorse
idriche sotterranee di interesse regionale. Anche l'acqua, ed in particolare
quella con possibile utilizzazione a scopo idro-potabile, è stata individuata
come una risorsa strategica da utilizzare con obiettivi plurimi per le
possibilità di sviluppo future della nostra Regione.
Ecco
quindi che si è provveduto ad individuare i bacini più importanti di raccolta
delle acque sotterranee, vietando in tali zone la realizzazione di opere in
contrasto con la vocazione di esse. E ciò non tanto e non solo al fine di
salvaguardare la risorsa acqua da un punto di vista quantitativo, quanto da un
punto di vista qualitativo, per evitare possibili processi di inquinamento.
Queste
zone sono state individuate nell'Alta valle del Tevere, nella zona di Città di
Castello, nella Valle umbra centro-orientale, nella Conca Ternana. È chiaro che
esistono anche altre zone in cui sono presenti risorse acquifere, anche di
importanza notevole, per le quali è stata prevista la facoltà dei Comuni di
individuarle con propri atti per sottoporle alla normativa di questo Piano
urbanistico territoriale. Qui ci si è limitati a censire le più importanti così
come sono state censite le aree di tutela delle acque minerali.
Infine
nella tavola II sono previste le aree per la realizzazione del progetto per la
regolamentazione del fiume Tevere di cui all'art. 26 delle norme tecniche di
attuazione.
Su
queste aree è prevista una salvaguardia a tempo determinato (tre anni) per
permettere interventi di miglioramento idraulico del tracciato del fiume Tevere
e quindi si è prevista la impossibilità di edificare nel periodo necessario per
provvedere allo studio del progetto speciale per il fiume Tevere, per il quale
peraltro la Giunta regionale ha già dato l'incarico a società di ingegneria di
iniziare lo studio.
In
rosso scuro nell'ambito di queste aree, sono indicati quei tratti del fiume per
i quali non si è ritenuto necessario andare ad ampliare le fasce di
salvaguardia sia in quanto già oggetto di intervento, oppure perché interessano
zone urbanizzate per le quali non è prevedibile la possibilità di modifiche del
tracciato.
Nella
tavola III sono individuati i parchi naturali e le zone di particolare
interesse naturalistico-ambientale della nostra Regione.
In
particolare sono indicati i parchi naturali dei monti Sibillini, del Coscerno-Monte
Aspra, del Subasio e del Monte Cucco per i quali, ai sensi dell'art. 5 delle
norme tecniche di attuazione, è previsto l'obbligo da parte delle Comunità
montane di provvedere alla realizzazione del parco naturale.
Oltre
ai parchi naturali sono individuati i parchi fluviali ed in particolare il
sistema Nera-Velino, che va dalle gole della Valnerina fino alla zona delle
Marmore, alla confluenza del Velino con il Nera, ivi comprendendo da un lato il
lago di Piediluco, e a monte, parte delle gole del fiume Corno; dall'altro il
parco naturale del fiume Tevere, dalle gole di Todi fino all'oasi di Alviano.
Tutte
le altre aree previste nella tavola III, individuate come aree di particolare
interesse naturalistico-ambientale ai sensi dell'art. 6 delle norme tecniche di
attuazione, sono aree già censite da vari soggetti (C.N.R. - Società botanica
italiana - numerosi studi svolti da vari Comuni, Comprensori, Comunità locali,
dal Piano faunistico, dalle associazioni naturalistiche, ecc. ...). Esse
costituiscono altrettanti ambiti territoriali per i quali è previsto non
l'obbligo, ma la facoltà da parte delle Comunità locali, di realizzare parchi o
riserve naturalistiche.
Ove
questo non si ritenesse utile, si dovrà provvedere ad individuare, anche in
variante agli strumenti urbanistici vigenti, quelle normative di carattere
urbanistico necessarie per salvaguardare le caratteristiche ambientali,
paesistiche e naturalistiche in esse presenti.
Nella
tavola IV è definita la rete delle infrastrutture necessarie a garantire la
mobilità della popolazione a livello regionale ed i rapporti interregionali,
nonché sono contenute le altre indicazioni pianificatorie aventi diretto
riscontro territoriale.
Si
è detto che il piano si basa sul concetto della utilizzazione integrata delle
risorse, delle attrezzature e dei servizi regionali; per garantire questo
effetto è necessario un elevato livello di mobilità delle popolazioni sul
territorio. A tal fine la viabilità è stata distinta, ai sensi dell'art. 16
delle norme tecniche di attuazione, in tre gruppi:
a)
il primo comprende le autostrade e i raccordi autostradali, le strade di grande
comunicazione internazionale e nazionale (vedi tabella B delle norme tecniche
di attuazione);
b)
il secondo rappresenta le strade statali primarie di interesse interregionale e
regionale;
c)
il terzo rappresenta le strade statali secondarie di interesse interregionale e
regionale.
Per
ognuno di questi gruppi il piano definisce le caratteristiche geometriche e
tipologiche delle strade, nonché gli standard di servizio obbligatori nella
realizzazione delle strade stesse.
Questi
standard di servizio riguardano, oltre che la normativa C.N.R., anche il tipo e
l'ubicazione delle varie attrezzature, stazioni di servizio, ristoranti, motel
e tipo di svincoli, che sono necessari per garantire il livello di funzionalità
della viabilità stessa. Oltre alla viabilità sono individuate le ferrovie
esistenti e quelle in progetto, ed in particolare il raddoppio della
Orte-Falconara, il miglioramento della Foligno-Terontola, con l'eliminazione
dell'ansa di Perugia, nonché la realizzazione della nuova ferrovia da Perugia
stazione di Ellera a Chiusi-Chianciano, la quale oltre che servire per il
trasporto del carbone, per la centrale di base di Pietrafitta, potrà permettere
l'aggancio del sistema ferroviario Umbro-Nord/occidentale con la direttissima
Roma-Firenze. Quindi anche in questo caso un uso plurimo delle infrastrutture:
trasporto di carbone, per la centrale di base di Pietrafitta, ma anche
trasporto di merci e passeggeri e aggancio con la direttissima Nord-Sud.
Oltre
alla centrale di Pietrafitta sono individuati nel Piano gli elementi più
significativi del Piano energetico regionale: la centrale del Bastardo e la
centrale di energia di punta dei Piani di Ruschio.
Per
quanto riguarda la possibile realizzazione della centrale di base, nell'Umbria
sud-occidentale, è indicato, in via di massima, il sito previsto nel Piano
energetico nazionale.
L'individuazione
dello specifico sito avverrà successivamente, in relazione agli approfondimenti
da compiersi sulla fattibilità nella realtà territoriale ed alla scelta del
tipo di combustibile.
Per
tali approfondimenti, così come proposto nel Piano energetico regionale,
verranno poste rapidamente in atto le procedure di cui alla legge n. 393/1975 e
alla legge n. 880/1977.
La
Regione ritiene necessario avvalersi della facoltà di essere essa stessa a
predisporre il piano particolareggiato per il sito che verrà individuato: ciò
in relazione all'importanza e all'unicità del tipo di infrastrutture previste.
Tale
riserva di poteri appare necessaria già da oggi per la zona dell'aeroporto di
Sant'Egidio. Per esso è allegata al Piano la cartografia che specifica i limiti
dell'area individuata dalla tavola IV, traducendola da ambito territoriale a confini
fondiari esattamente identificati, per i quali - unico caso - entrano
definitivamente in vigore le norme di salvaguardia.
Oltre
all'aeroporto di Sant'Egidio, il Piano individua altre aree per la
realizzazione di aeroporti di interesse locale ed aviosuperfici, ai sensi
dell'art. 14 delle norme tecniche di attuazione; per tali infrastrutture è
previsto che i comuni ove le indicazioni stesse non insistano su aree già a tal
fine attrezzate, possano provvedere alla loro realizzazione. Tali superfici,
con particolare riferimento a quella di Foligno per la sua posizione centrale,
sono finalizzate alla difesa civile, od attività antincendi, o altre
eventualità che dovessero presentarsi e che pongono la necessità di utilizzare
un mezzo aereo di piccole dimensioni.
Il
Piano individua inoltre nei diversi comprensori, sulla base dell'esistenza
degli elementi infrastrutturali e demografici, le zone industriali di interesse
regionale, anche queste come ambiti, demandando ai piani di livello subordinato
la specificazione e l'effettivo dimensionamento delle zone stesse; in proposito
va tenuto presente comunque che la dotazione di zone industriali
complessivamente intesa a livello regionale e così come individuata dai Piani
regolatori comunali, appare oggi largamente sufficiente per il prossimo
decennio, dato che l'attuale indice di utilizzazione delle aree industriali
risulta pari a circa il 50 per cento delle superfici.
La
normativa di Piano prevede, inoltre, nell'ambito degli insediamenti produttivi,
razionalizzazioni, migliori ubicazioni, ed accorpamenti che permettano di
realizzare economie di scala; in cartografia si suggerisce una serie di ambiti
di interesse strategico regionale, i quali sostanzialmente confermano le
ubicazioni maggiori già oggi esistenti, salvo per il comprensorio di
Todi-Marsciano per il quale si indicava già nel documento degli obiettivi
un'area di possibile sviluppo ulteriore delle attività industriali.
La
tavola IV individua il centro intermodale di Orte, i centri merci di Terni,
Spoleto, Foligno e Perugia, il centro fieristico di Bastia, il centro carni di
Chiusi, il centro agro-alimentare di Foligno, i porti fluviali di Terni e di
Orte-S. Liberato e le strutture universitarie di Perugia e di Terni, in quanto
strutture e servizi indicati nella programmazione regionale ed aventi diretto
riscontro territoriale.
Infine
la tavola IV indica in ciascun comprensorio una serie di servizi, quali quelli
sanitari, veterinari, tecnologici, le scuole superiori, i centri per la
cultura, lo sport e il tempo libero, che debbono essere individuati e
localizzati in sede di formazione dei piani di grado subordinato in base a
criteri di unificazione funzionale, efficienza e semplificazione.
3.2.
La normativa.
Il
Piano definisce il livello decisionale regionale, cioè i gradi di vincolo che
trovano giustificazione nella esigenza di definire valori e potenzialità di
interesse generale, distinguendoli dai gradi di libertà nei quali deve
esprimersi il livello decisionale e creativo della collettività di base e delle
stesse potenzialità individuali, nel rispetto appunto di valori e potenzialità
di interesse regionale. Per quel che riguarda la normativa, fermo restando che
con essa non ci si pone l'obiettivo di esaudire ogni problematica connessa ai
singoli settori, per i quali, di converso, andranno previste specifiche
normative, la funzione precipua assegnata dal legislatore alle norme di
attuazione è da un lato quella di tradurre in termini normativi le prescrizioni
ed i contenuti delle tavole grafiche, e dall'altro quello di fissare le
direttive ed i criteri metodologici per la formazione degli strumenti di
pianificazione di grado subordinato.
Sotto
il profilo da ultimo indicato, le norme di attuazione specificano gli obiettivi
da perseguire, le indicazioni quantitative, le modalità di attuazione, le
quantità minime di aree da riservare ad opere ed attrezzature di interesse
collettivo o sociale ovvero di uso pubblico.
L'articolato
delle norme di attuazione è suddiviso in quattro titoli di cui il primo
contiene disposizioni generali, il secondo norme concernenti l'uso del
territorio, il terzo disposizioni per la formazione di piani di grado
subordinato ed il quarto disposizioni di carattere transitorio e finale. Il
titolo primo ricomprende gli articoli da 1 a 4 e riproduce essenzialmente la
disciplina già contenuta nella legge regionale n. 40/1975, con riferimento alla
definizione del contenuto del Piano (artt. 1, 2, 3), ad eccezione dell'art. 4
che stabilisce il principio generale secondo cui le rappresentazioni grafiche contenute
nelle tavole di piano, hanno carattere vincolante, ma divengono efficaci solo
allorché si sarà proceduto alla loro definizione in termini fondiari in sede di
trasformazione dei piani di grado subordinato.
Tale
previsione corrisponde ad un'esigenza di carattere tecnico, (le tavole sono a
scala 1:100.000) sia di salvaguardia delle scelte attuative delle collettività
locali.
È
peraltro fatto salvo il potere di intervento della Regione previsto dal secondo
comma dell'art. 5 in materia di definizione in termini fondiari degli ambiti
territoriali dei parchi. Il secondo comma dell'art. 4 individua le norme di
attuazione immediatamente vincolanti alla data di entrata in vigore del Piano
urbanistico territoriale in ordine alle quali debbono essere adottate le misure
di salvaguardia.
Il
titolo II ricomprende gli articoli da cinque a diciassette e contiene norme in
materia di parchi naturali ed aree di tutela ambientale (artt. 5 e 6), acque
(artt. 7 e 8), aree di particolare interesse agricolo (art. 9), impianti a rete
(art. 10), aree boschive (art. 11), insediamenti produttivi di tipo industriale
(art. 12), aeroporti ed aviosuperfici (artt. 13 e 14), localizzazioni delle
centrali di base (art. 15), viabilità e distanze dalle strade e ferrovie (artt.
16 e 17).
I
parchi naturali di interesse regionale possono essere territoriali o fluviali
ed il relativo ambito territoriale è definito dalla Regione entro il termine di
sei mesi dall'entrata in vigore della legge di approvazione del Piano
urbanistico territoriale. Nelle aree come sopra individuate le Comunità montane
devono procedere alla formazione di appositi piani di conservazione e di
sviluppo ai sensi dell'art. 11 della legge regionale 2 settembre 1974, n. 53,
con le procedure previste per gli strumenti urbanistici di carattere generale
entro il successivo termine di dodici mesi. Nel caso di parchi che investano il
territorio di competenza di più Comunità montane, la norma individua nella
Comunità montana che ha giurisdizione prevalente sul territorio destinato a parco,
il soggetto che si deve attivare, acquisendo il parere delle altre Comunità
montane interessate.
Nelle
zone classificate come aree di particolare interesse naturalistico-ambientale,
i Comuni singoli o associati possono promuovere la costituzione di parchi
naturali ovvero adottare, entro un anno dall'entrata in vigore della legge di
approvazione del Piano urbanistico territoriale, apposite varianti agli
strumenti urbanistici generali vigenti per la definizione delle stesse in
termini fondiari e per la relativa tutela.
Le
norme degli articoli 5 e 6 prevedono inoltre, a titolo di salvaguardia, che
fino all'approvazione delle varianti in questione, i Comuni potranno
autorizzare solo interventi tali da garantire e non compromettere l'equilibrio
dell'ambiente naturale esistente. L'art. 7 prescrive distanze minime per
l'edificazione dalle rive dei laghi e bacini artificiali (m. 100) e dalle
sponde dei fiumi e dei canali demaniali, fatti salvi gli interventi volti alla
realizzazione di impianti e servizi per la tutela e migliore utilizzazione
delle acque, come pure quelli previsti dagli strumenti urbanistici attuativi
vigenti alla data di entrata in vigore della legge di approvazione del Piano
urbanistico territoriale. L'art. 8 contiene alcune prescrizioni per la difesa
delle risorse idriche di interesse generale e delle aree ove sono ubicate
sorgenti minerali, vietando la realizzazione di opere da parte di soggetti
privati, nonché la installazione di impianti e attrezzature tali da recare
pregiudizio alle risorse medesime, ivi compresi lo smaltimento sul suolo di
rifiuti liquidi e solidi e l'uso di pesticidi. È previsto altresì che le aree
di tutela delle acque minerali e delle sorgenti naturali, oltre a quelle già
indicate nella tavola II, possono essere individuate dai competenti organi
regionali.
L'art.
9 regola gli interventi edificatori di tipo abitativo e produttivo nelle aree
di particolare interesse agricolo di cui alla tavola II. Tali interventi sono
consentiti solo a determinati soggetti (affittuari, coltivatori diretti ecc.).
Gli interventi edificatori a fini produttivi possono essere consentiti anche a
coloro i quali non rivestano la qualifica di imprenditore agricolo a titolo
principale, previa presentazione di un piano di sviluppo aziendale, che deve essere
approvato dalla Giunta regionale o da Enti all'uopo delegati.
I
limiti di densità edilizia restano quelli di cui all'art. 9 della legge
regionale n. 53/1974 e le varianti in ampliamento agli strumenti urbanistici
generali, che interessino le aree in questione, potranno essere ammesse solo
nelle zone già compromesse da fenomeni di urbanizzazione in atto.
L'art.
10 prescrive che le condutture elettriche ed ogni altro impianto a rete devono
essere realizzati, di norma, lungo i confini o le testate dei campi e comunque
in modo da recare il minor pregiudizio possibile alle operazioni agricole, ai
parchi e all'ambiente naturale. L'art. 11 è diretto a conservare le aree
boschive, (ivi comprese quelle sulle quali si sono verificate incendi) da
individuare in termini fondiari da parte dei Comuni entro 12 mesi dall'entrata
in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale,
vietando ogni intervento a carattere edificatorio, fatti salvi quelli destinati
al recupero del patrimonio edilizio esistente o diretti alla realizzazione di
impianti o servizi necessari all'utilizzazione e conservazione del bosco.
L'art.
12 prevede la possibilità di nuove zone per insediamenti produttivi di tipo
industriale da individuarsi tramite i piani comprensoriali di cui alla legge
regionale n. 40/1975.
Gli
articoli 13 e 14 dettano norme sugli aeroporti e sulle aviosuperfici.
L'area
destinata all'aeroporto regionale non può essere compromessa da interventi di
tipo edificatorio, ad eccezione di quelli necessari al funzionamento delle
strutture aeroportuali, da attuarsi mediante piano particolareggiato di
iniziativa regionale.
Le
aree per la realizzazione di aeroporti di interesse locale e delle
aviosuperfici sono individuate dai Comuni singoli o associati, secondo le indicazioni
contenute nel Piano urbanistico territoriale entro 12 mesi dalla entrata in
vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale.
Il
Piano energetico nazionale ha previsto la realizzazione della centrale di base
nell'Umbria sud-occidentale. L'art. 15 prevede che la localizzazione,
effettuata ai sensi delle vigenti leggi statali, faccia parte del Piano
urbanistico territoriale e che la relativa previsione venga attuata mediante
piano particolareggiato di iniziativa regionale.
Le
altre centrali energetiche, indicate nel Piano urbanistico territoriale, sono
localizzate dai Comuni singoli o associati, nei rispettivi strumenti
urbanistici, nello stesso termine e con le stesse modalità di cui all'art. 15.
L'art.
16 contiene la classificazione della viabilità, la quale viene suddivisa in tre
gruppi, le cui caratteristiche geometriche e tipologiche vengono definite nelle
allegate tabelle A e B.
Infine
l'art. 17 riguarda la viabilità e le distanze minime da osservare dalle strade
e ferrovie e dispone l'estensione di tali normative a quelle infrastrutture per
le quali sia stato già approvato il progetto esecutivo e recepito negli
strumenti urbanistici.
Per
gli ambiti territoriali interessati da strade e ferrovie, per i quali non sia
stato ancora definito il tracciato al momento dell'entrata in vigore del Piano
urbanistico territoriale, eventuali varianti agli strumenti urbanistici
dovranno contenere la definizione dei tracciati stessi, e in ogni caso, per
questi tracciati, fino all'approvazione del progetto esecutivo, è vietato ogni
movimento di terra ed edificazione a distanze differenziate secondo il tipo di
infrastrutture.
In
ogni caso è comunque vietata, a distanze inferiori a 300 metri dagli assi
stradali dei gruppi 1 e 2, dai relativi tracciati e dalle ferrovie, la
realizzazione di mostre, depositi di autoveicoli, rimorchi e roulottes, case
mobili e mezzi agricoli, mentre gli impianti di autodemolizioni, raccolta e
riciclaggio di materiali e le pubbliche discariche dovranno essere posti a non
meno di 500 metri dagli assi stradali.
È
previsto altresì l'obbligo, per quegli impianti di tipo già esistenti alla
entrata in vigore del Piano urbanistico territoriale, del trasferimento alla
distanza di cui al precedente comma, entro due anni dall'entrata in vigore
della legge, e, ove questo non sia possibile, andranno prese opportune
iniziative, come schermature con alberi e con interventi similari, al fine di
rendere gli insediamenti non visibili dai percorsi o comunque di attenuare
l'impatto sull'ambiente che questi tipi di attrezzature hanno.
Inoltre
è stato fatto divieto agli enti di rilasciare concessioni per l'installazione
di cartelloni e insegne pubblicitarie lungo i tracciati delle strade dei gruppi
1 e 2.
Tutto
ciò al fine di conseguire un sostanziale miglioramento di quell'immagine
dell'Umbria che si può godere percorrendo i principali tracciati e che oggi
risulta in diverse situazioni altamente degradata dalla presenza appunto di
questo tipo di attrezzature e infrastrutture.
Il
titolo III contiene le direttive ed i principali criteri metodologici per la
formazione dei piani di grado subordinato, nelle more della revisione
complessiva della normativa urbanistica. In particolare vengono indicate le
indagini conoscitive che l'amministrazione è opportuno che compia prima della
formazione degli strumenti urbanistici, con particolare riguardo alla
formazione dei piani comprensoriali (art. 18), i criteri per il dimensionamento
dei piani comprensoriali, con riguardo agli insediamenti residenziali ed ai
servizi (art. 19).
L'art.
20 modifica gli standard urbanistici previsti per le zone residenziali dalla
legge regionale n. 53/1974, introducendo una suddivisione tra le dotazioni di
standard di opere di urbanizzazione secondaria, necessari a seconda della
dimensione demografica dei comuni. In particolare si conferma lo standard di 24
mq/abitante per i comuni con popolazione superiore a 200.000 abitanti, si
individua in 18 mq/abitante lo standard per i comuni con popolazione compresa
tra i 5/20.000 abitanti, mentre si riporta a 12 mq/abitante lo standard per i
comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. La norma prevede altresì,
per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, la facoltà di
individuare con deliberazione soggetta ad approvazione della Giunta regionale,
le frazioni per le quali, date le caratteristiche proprie e la lontananza dai
maggiori centri abitati, è possibile applicare la norma analoga a quella dei
comuni con popolazione sotto i 5.000 abitanti.
L'art.
21 riconferma sostanzialmente gli standard urbanistici di interesse regionale,
da verificare nell'ambito dei piani comprensoriali, aggiungendo lo standard di
1 mq/abitante per la realizzazione di aree da utilizzare in caso di pubbliche
calamità o eventi di carattere straordinario. Si tratta di aree per la
realizzazione di tendopoli, prefabbricati, impianti e servizi di prima
necessità in caso di calamità in genere e che, attesa la sismicità del
territorio dell'Umbria, la presenza di boschi e quindi la possibilità di
incendi, di inondazioni o simili, si dimostrano particolarmente utili per
alleviare eventuali disagi alle popolazioni, contenere sprechi di danaro e
danni economici anche notevoli.
L'art.
22 rivede la normativa per le zone turistiche e per gli standard che esse devono
assicurare, demandando ai piani comprensoriali la individuazione delle
superfici da destinare per le attrezzature di interesse comune, per il verde
attrezzato a parco, per il gioco e lo sport e per i parcheggi aggiuntivi in
relazione alla specificità delle zone degli interventi previsti, che potranno
essere realizzati in aree diverse da quelle ove si effettua l'intervento.
Si
precisa che per quanto non previsto dalle citate norme valgono gli standard di
cui al D.M. 2 aprile 1968.
Il
titolo IV contiene infine norme transitorie con riguardo agli insediamenti
produttivi (art. 24), alle aree per la difesa civile (art. 25), al bacino del
Tevere (art. 26), alle varianti agli strumenti urbanistici vigenti (art. 27) e
alla formazione dei piani comprensoriali (art. 28).
Sotto
quest'ultimo profilo viene stabilito che, qualora i consorzi tra comuni non
provvedano all'adozione del Piano urbanistico comprensoriale nel termine di 18
mesi dalla data di approvazione del Piano urbanistico territoriale, la Giunta
regionale si sostituisce ad essi. In tal caso il Piano urbanistico
comprensoriale è costituito dall'insieme dei piani regolatori e dai programmi
di fabbricazione vigenti alla data di approvazione del Piano urbanistico
territoriale.
Va
rilevato, inoltre, che la legge di approvazione del Piano urbanistico
territoriale prevede i poteri sostitutivi da parte della Giunta regionale nei
confronti dei soggetti che non provvedano agli adempimenti nei termini previsti
dalle presenti norme.
4.
Le politiche di intervento.
Il
Piano urbanistico territoriale si pone effettivamente come piano che ha visto
un'ampia partecipazione di tutte le forze politiche, economiche, sociali e
culturali della Regione fino dai primi momenti della sua formazione. Un piano a
maglie larghe, nel senso che demanda alle Comunità locali la definizione di
tutte quelle scelte territoriali che non costituiscono scelte strategiche di
interesse specifico regionale, ma che dà una serie di indicazioni, di idee di
normative volte ad una seria salvaguardia delle potenzialità di sviluppo che il
territorio umbro presenta, in correlazione alle indicazioni del Piano regionale
di sviluppo.
Particolare
attenzione si è posta ai problemi della gestione del Piano urbanistico
territoriale, prevedendo l'utilizzo di strumenti sofisticati per la verifica
dell'impatto delle scelte operate sul territorio e degli effetti di ritorno
delle scelte stesse, ma anche per permettere la definizione dei piani e di
proposte che si adeguino con successive approssimazioni nel modo più tempestivo
possibile, ai mutamenti del quadro di riferimento regionale ed extra regionale.
La
filosofia dell'uso integrato e plurimo delle risorse territoriali, delle
infrastrutture e dei servizi, è uno dei suoi punti di base di riferimento,
proprio perché si è ritenuto che la situazione umbra, così come si presenta
oggi all'inizio degli anni '80, possa con adeguati interventi pervenire a
modelli di utilizzo e di rendimento delle risorse e delle attrezzature e delle
strutture esistenti capaci di ottimizzarne l'uso. Sarà quindi possibile far
fare un notevole ulteriore salto di qualità ai livelli di vita delle
popolazioni con un relativamente modesto impegno di mezzi e di risorse. Ad
esempio, quando in termini di uso plurimo delle acque si pensa al progetto
speciale del fiume Tevere, inteso da un lato come possibilità della
navigabilità del fiume stesso, e si vede legato il problema del trasporto delle
persone e delle merci a quello del fiume come un momento di tutela ecologica e
ambientale della Regione; si pensa al fiume come acquedotto naturale sia per le
irrigazioni delle aree contermini, sia per la tutela degli inquinamenti, al
quale vanno garantite adeguate portate di acqua anche nei periodi di magra; si
pensa inoltre al fiume come elemento fondamentale per il rifornimento delle
falde profonde e quindi delle risorse idro-potabili della Regione e ancora al
fiume come strumento per la produzione di energia pulita da un lato o per il
raffreddamento delle centrali di base dall'altro, ed infine al fiume come parco
fluviale, come elemento quindi per la pratica dello sport e del tempo libero:
ecco come la stessa risorsa viene vista nelle sue varie sfaccettature, nelle
sue varie potenzialità e può quindi estrinsecare il massimo rendimento.
E
ancora, la conferma della localizzazione della centrale di base di Pietrafitta
e la necessità della modifica del suo funzionamento da lignite a carbone, dato
l'esaurirsi della risorsa di lignite presente nella zona, ha indotto la scelta
della realizzazione della linea ferroviaria Perugia-Chiusi, che però
costituisce
anche
un elemento decisivo per contribuire a svincolare i traffici della Regione
nord-occidentale rispetto alla parte nord del paese.
Ma
consentire un uso plurimo ed integrato dei servizi e delle infrastrutture
comporta altresì la necessità di far riferimento ad un elevato modello di
mobilità. Ed ecco quindi, come già affermato, la necessità di provvedere, a
tempi brevi, alla realizzazione del Piano regionale dei trasporti, come studio
e proposta per garantire appunto la mobilità della popolazione e delle merci
sul territorio, anche attraverso l'utilizzo di modi di trasporto alternativo.
Un
sistema nel quale - a fianco di strade e ferrovie - corrano canali per il
trasporto di energia, canali per il trasporto di acqua (intesa non solo come
acquedotto per usi civili, ma, anche, per usi industriali), canali per il
flusso di informazioni.
L'ulteriore
innalzamento del grado di permeabilità tra le diverse zone della Regione
permetterà di utilizzare in tutte le sue potenzialità la struttura storicamente
determinata dell'Umbria, esaltandone le risorse, non solo in termini di
potenzialità abitative per i residenti o per i turisti, ma riscoprendo e
valorizzando quei giacimenti culturali di cui l'Umbria è così ricca e che
possono costituire, se opportunamente utilizzati, un altro elemento di
ulteriore sviluppo socio-economico della comunità regionale.
Per
il conseguimento del complesso dei fini sopra esposti, tutto l'insieme delle
conoscenze sin qui utilizzate (dati, tavole fisiche, ecc.) verrà
processualmente elaborato tenendo conto degli elementi via via risultanti nel
corso della attuazione del Piano urbanistico territoriale, nell'intento di
correggere eventuali distorsioni, con opportune proiezioni delle soluzioni
adottate sì da garantire coerenza tra filosofia e realizzazione.
Piano
urbanistico territoriale
Norme
di attuazione
TITOLO
I
Disposizioni
generali
Articolo
1
Contenuto
del Piano.
1.
Il Piano urbanistico territoriale, di cui all'art. 2 della legge regionale 3
giugno 1975, n. 40, è costituito da una relazione illustrativa, dalle Norme di
attuazione e dalle rappresentazioni grafiche relative all'assetto del
territorio di cui alle tavole I, II, III, IV, V e allegato 1.
2.
La relazione individua gli obiettivi generali e di settore, delinea i criteri
programmatici e di metodo seguiti per l'elaborazione ed illustra le scelte
operate per lo sviluppo del territorio e la sua tutela e valorizzazione
paesistico-ambientale anche ai fini della legge 8 agosto 1985, n. 431 (5).
Articolo
2
Rappresentazioni
grafiche.
1.
Le rappresentazioni grafiche riproducono l'assetto territoriale previsto dal
Piano ed in particolare:
a)
indicano i valori minimi e massimi di riferimento demografico per il
dimensionamento dei Piani urbanistici comprensoriali;
b)
indicano gli ambiti di tutela storica e naturalistico-ambientale ai fini della
determinazione dei vincoli e dei criteri operativi di salvaguardia, anche ai
sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 ed in attuazione della legge 8 agosto
1985, n. 431, nonché individuano i parchi naturali;
c)
individuano la rete delle principali vie di comunicazione;
d)
indicano le opere pubbliche e gli impianti necessari per i servizi di interesse
regionale;
e)
indicano gli ambiti territoriali da riservare a speciali destinazioni;
f)
determinano le aree nelle quali il Piano deve essere attuato mediante i piani
particolareggiati di iniziativa regionale (6).
Articolo
3
Norme
di attuazione.
1.
Le Norme di attuazione integrano le tavole grafiche e ne determinano il contenuto;
stabiliscono la disciplina dell'uso del territorio; fissano le direttive ed i
criteri metodologici per la formazione dei piani di grado subordinato, con
riferimento anche alla specifica considerazione dei valori storici, paesistici
e ambientali; determinano le quantità minime di aree da riservare nelle varie
zone ai fini di interesse pubblico (7).
Articolo
4
Durata
ed efficacia del Piano.
Le
previsioni, le variazioni e la durata del Piano sono quelle di cui all'art. 4
della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40.
Salvo
quanto previsto dal comma successivo e dal secondo comma dell'art. 5 i piani di
grado subordinato definiranno in termini fondiari le previsioni contenute nelle
rappresentazioni grafiche delle tavole di Piano.
Ai
sensi del secondo comma dell'art. 9 della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40
le previsioni contenute nell'art. 13, primo e secondo comma delle presenti
norme, sono immediatamente vincolanti per qualsiasi soggetto pubblico o
privato.
TITOLO
II
Disposizioni
concernenti l'uso del territorio
Articolo
4-bis
Aree
di particolare interesse paesistico.
1.
Sono sottoposti a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 29 giugno 1939,
n. 1497, secondo quanto indicato dall'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431,
tutti i territori regionali aventi le caratteristiche di seguito elencate:
a)
i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300
metri dalla linea di battigia;
b)
i fiumi, i torrenti ed i corsi d'acqua e le relative sponde o piede degli
argini con una fascia di 150 metri ciascuna;
c)
i territori montani posti ad una altitudine superiore ai 1200 metri s.l.m.;
d)
le zone previste a parco nazionale o regionale nonché i relativi territori di
protezione esterna, opportunamente individuati in termini fondiari;
e)
i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal
fuoco, e quelli sottoposti a vincoli di rimboschimento;
f)
le aree assegnate alle Università agrarie e le zone gravate da usi civici;
g)
le zone umide incluse nell'elenco di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
h)
le zone di interesse archeologico;
i)
i parchi urbani, le ville e i giardini, nonché gli oggetti di interesse
ambientale, di cui ai numeri 1 e 2 dell'art. 1 della legge 29 giugno 1939, n.
1497.
2.
I territori individuati nelle lettere da a) a g) sono rappresentati nella tav.
V; gli elenchi con relative cartografie dei territori individuati nelle lettere
b), h) ed i), le variazioni e gli aggiornamenti, sono approvati dalla Giunta
regionale, sentita la competente commissione consiliare permanente (8).
Articolo
5
Parchi
naturali.
(9).
Articolo
6
Aree
di particolare interesse naturalistico-ambientale.
Nelle
aree di particolare interesse naturalistico-ambientale, di cui alla tavola III,
i Comuni singoli o associati, entro un anno dall'entrata in vigore della legge
di approvazione del Piano urbanistico territoriale, debbono adottare varianti
agli strumenti urbanistici generali, al fine di procedere alla definizione in
termini fondiari delle zone da sottoporre a particolare tutela per le esigenze
ambientali e naturalistiche, nonché alla definizione dei criteri e modalità di
utilizzo e tutela, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 9 della legge
regionale 2 settembre 1974, n. 53 (10).
Fino
all'approvazione delle varianti di cui al precedente comma, nelle aree di
particolare interesse naturalistico-ambientale sono consentiti solo interventi
che non alterino l'equilibrio dell'ambiente naturale esistente, purché
autorizzati con le forme e le procedure di cui alla legge 29 giugno 1939, n.
1497 (11).
Articolo
7
Corpi
idrici.
1.
È vietata ogni forma di edificazione a distanza inferiore a metri 100 dalle
rive dei laghi e di metri 30 dalle sponde di fiumi, salvo quanto previsto dai
commi successivi.
2.
Le distanze sono calcolate a partire dal piede dell'argine o, in assenza di
arginatura, dal ciglio della sponda e, per i laghi, dalla linea corrispondente
alla quota del massimo invaso regolato.
3.
In sede di formazione degli strumenti urbanistici di grado subordinato al Piano
urbanistico territoriale, e sulla base di specifiche indagini di valutazione
del rischio idraulico-geologico ed ambientale, i comuni singoli o associati
possono definire distanze della edificazione in misura diversa da quelle previste
dal primo comma.
4.
Nelle fasce di rispetto sopra individuate sono fatti salvi gli interventi
diretti alla realizzazione di impianti e servizi per la tutela e la migliore
utilizzazione delle acque, purché consentiti dalla vigente normativa statale e
regionale in materia, nonché gli interventi diretti al recupero del patrimonio
edilizio esistente e quelli necessari per la difesa da calamità naturali.
5.
Le disposizioni di cui al presente articolo valgono anche per i bacini
artificiali e per i canali demaniali. In tali casi le distanze, ai fini
dell'edificazione, sono calcolate con riguardo al piede degli argini o, in
assenza di arginatura, al ciglio della sponda.
6.
Per una fascia di metri 300 per i laghi e di metri 150 per i fiumi e gli altri
corsi d'acqua ogni modificazione, dalle linee di cui al primo comma,
dell'aspetto esteriore dei luoghi indicati nell'elenco di cui alla Delib.G.R. 4
marzo 1986, n. 1183, nell'allegato 2a) e nella tavola V, è subordinata alla
autorizzazione ambientale, di cui all'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n.
1497.
7.
Le disposizioni di cui ai precedenti commi non si applicano agli interventi
previsti dagli strumenti urbanistici, attuativi delle previsioni dei Piani
regolatori generali e dei programmi di fabbricazione vigenti alla data del 12
gennaio 1984, purché autorizzati con le forme e procedure di cui alla legge 29
giugno 1939, n. 1497 (12).
Articolo
8
Acque
sotterranee.
1.
Nelle aree ove sono presenti risorse idriche di interesse generale indicate
nella tav. II e in quelle che verranno individuate con apposita delibera della
Giunta regionale a seguito di ulteriori studi o di richieste di Comuni
interessati, è vietata la realizzazione di ogni opera di escavazione e
perforazione, di installazione di impianti, manufatti e attrezzature per
l'esercizio di qualsiasi attività, nonché lo smaltimento sul suolo di rifiuti
liquidi e solidi e l'uso di pesticidi, che possono recare pregiudizio alle
risorse acquifere. Entro 6 mesi dall'entrata in vigore della presente legge la
Giunta regionale provvede ad emanare, con apposito atto, le direttive tecniche
che regolano lo smaltimento dei rifiuti liquidi sul suolo e l'uso di pesticidi
(13).
Articolo
9
Aree
di particolare interesse agricolo.
Entro
un anno dall'entrata in vigore della legge di approvazione del Piano
urbanistico territoriale i Comuni devono provvedere alla delimitazione in
termini fondiari delle aree di particolare interesse agricolo di cui alla tav.
II con l'adozione di varianti agli strumenti urbanistici vigenti.
La
delimitazione è effettuata su cartografia di scala non inferiore a 1:10.000.
Nelle
aree di particolare interesse agricolo, di cui al primo comma del presente
articolo, e in quelle che verranno individuate con apposita deliberazione dai
Comuni interessati o dalla Giunta regionale, gli interventi edificatori di tipo
abitativo e produttivo sono consentiti soltanto a favore degli affittuari,
coltivatori diretti o comunque degli imprenditori singoli o associati, che
esercitino a titolo principale attività agricola ai sensi della legge 9 maggio
1975, n. 153 o degli Enti pubblici, con riferimento alle attività aziendali di
carattere agricolo.
Gli
interventi edificatori, a soli fini produttivi, sono altresì consentiti a
soggetti singoli o associati, che non rivestano la qualifica di imprenditori
agricoli a titolo principale, previa approvazione da parte della Giunta
regionale o di enti all'uopo delegati, di un piano di sviluppo aziendale. In
tal caso il piano deve prevedere interventi funzionalmente adeguati alla dimensione
aziendale nel suo complesso ed idonei a consentire un incremento del reddito.
Per
gli interventi edificatori a fini abitativi restano comunque fermi i limiti di
densità edilizia di cui agli artt. 8 e 9 della legge regionale 2 settembre
1974, n. 53.
Le
varianti di ampliamento agli strumenti urbanistici generali, che interessano le
aree sopra indicate, sono consentite solo nelle zone già compromesse da
fenomeni di urbanizzazione in atto, individuate preliminarmente dai Comuni
singoli o associati, con apposita deliberazione, cui deve essere annessa una
cartografia di scala non inferiore a 1:10.000.
La
deliberazione è soggetta ad approvazione della Giunta regionale, sentita la
Commissione tecnica amministrativa di cui alla legge regionale 9 maggio 1977,
n. 20, nel termine di giorni 60 dal ricevimento (14).
La
delimitazione delle zone di cui al precedente comma ha validità per la durata
del Piano urbanistico territoriale.
Articolo
10
Impianti
a rete.
1.
Nelle aree di cui al precedente art. 4-bis, nonché in quelle di particolare
interesse agricolo e nelle aree di particolare interesse
naturalistico-ambientale, le condutture elettriche e di ogni altro impianto a
rete aereo o sotterraneo devono essere realizzate, di norma, lungo i confini,
le testate dei campi e comunque in modo da recare il minor pregiudizio
possibile alle operazioni agricole o alla conservazione dell'ambiente naturale.
2.
Nelle aree individuate al primo comma si applicano le disposizioni di cui
all'art. 11 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (15).
Articolo
11
Aree
boschive.
Nelle
aree investite a bosco e in quelle in cui il bosco è totalmente o parzialmente
distrutto da incendi è vietato ogni intervento a carattere edificatorio, fatta
eccezione per quelli destinati al recupero del patrimonio edilizio esistente o
diretti alla realizzazione degli impianti e servizi necessari alla
silvicoltura, alla migliore utilizzazione del bosco o comunque alla sua
conservazione, valorizzazione e sviluppo, ovvero quelli volti alla
realizzazione delle previsioni di cui ai precedenti artt. 5 e 6 purchè
autorizzati con le forme e le procedure di cui alla legge 29 giugno 1939, n.
1497 (16).
I
Comuni singoli o associati, con apposita deliberazione di variante agli
strumenti urbanistici, provvedono ad individuare in termini fondiari le aree
investite a bosco, ai sensi e per gli effetti di cui al primo comma, entro 12
mesi dalla entrata in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico
territoriale.
Articolo
12
Insediamenti
produttivi di tipo industriale.
(17).
Articolo
13
Aeroporti.
Nell'area
destinata alla realizzazione dell'aeroporto regionale di cui all'allegato 1, è
vietato qualsiasi intervento di tipo edificatorio, salvo quelli necessari al
funzionamento delle attuali strutture aeroportuali.
La
previsione di cui al precedente comma viene attuata mediante piano
particolareggiato di iniziativa regionale ai sensi dell'art. 2, lettera l),
della legge regionale 3 giugno 1975, n. 40.
Il
piano particolareggiato definisce altresì le servitù ed i vincoli gravanti
sulle aree circostanti al fine di garantire l'agibilità e la sicurezza
dell'aeroporto.
Articolo
14
Aeroporti
di interesse locale e aviosuperfici.
I
Comuni singoli o associati localizzano nei propri strumenti urbanistici le aree
per la realizzazione degli aeroporti di interesse locale e delle aviosuperfici,
secondo le indicazioni contenute nel Piano urbanistico territoriale, alla tav.
IV.
I
Comuni singoli o associati provvedono alla localizzazione, di cui al comma
precedente, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge regionale di
approvazione del Piano urbanistico territoriale, con variante allo strumento
urbanistico.
Articolo
15
Localizzazione
delle centrali per la produzione di energia.
L'area
da destinare alla realizzazione della centrale di base nell'Umbria
sud-occidentale è individuata ai sensi e con le modalità di cui alla L. 2
agosto 1975, n. 393 e alla L. 18 dicembre 1977, n. 880.
La
localizzazione di cui al comma precedente costituisce parte integrante del
Piano urbanistico territoriale.
Alla
realizzazione della centrale di base si procede previo piano particolareggiato
di iniziativa regionale ai sensi dell'art. 2 lettera l) della legge regionale 3
giugno 1975, n. 40.
I
Comuni singoli o associati localizzano nei propri strumenti urbanistici le
centrali energetiche previste dal Piano urbanistico territoriale, secondo le
indicazioni contenute nella tav. IV.
I
Comuni singoli o associati provvedono alla localizzazione di cui al comma
precedente entro dodici mesi dalla entrata in vigore della legge regionale di
approvazione del Piano urbanistico territoriale.
Articolo
16
Viabilità.
La
viabilità è rappresentata nella tavola IV ed è classificata come segue:
Gruppo
1) Autostrade e raccordi autostradali;
Strade
di grande comunicazione internazionale;
Strade
di grande comunicazione nazionale.
Gruppo
2) Strade primarie di interesse interregionale e regionale.
Gruppo
3) Strade secondarie di interesse interregionale e regionale.
Le
caratteristiche geometriche e tipologiche delle strade, di cui al presente
articolo, sono definite nell'allegata tabella A).
Articolo
17
Distanza
dalle strade e ferrovie.
Nella
tav. IV e nella allegata tabella B sono indicate le reti viaria e ferroviaria.
Nella
tabella C è descritto lo stato di attuazione o di definizione della rete viaria
e ferroviaria.
I
nuovi tracciati, già definiti a livello di progetto esecutivo o di massima,
devono essere recepiti negli strumenti urbanistici.
Per
i tracciati di strade e ferrovie, definiti ai sensi del primo comma e fino al
recepimento del tracciato negli strumenti urbanistici, è vietata ogni forma di
edificazione ed ogni movimento di terra a distanza inferiore a m. 100 dall'asse
dei tracciati delle strade appartenenti al gruppo 1 e delle ferrovie, a m. 60
dall'asse delle strade del gruppo 2 e a m. 40 dall'asse delle strade del gruppo
3.
Per
gli ambiti territoriali interessati da strade o ferrovie, il cui tracciato non
sia definito all'entrata in vigore del Piano urbanistico territoriale,
eventuali varianti agli strumenti urbanistici dovranno contenere la definizione
dei tracciati stessi.
Le
distanze minime dalle strade e dalle ferrovie, previste dal D.M. 1° aprile
1968, e D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, si applicano anche ai tracciati per i
quali sia già stato approvato il progetto esecutivo e recepito negli strumenti
urbanistici.
Le
mostre e depositi di autoveicoli, rimorchi, roulotte, case mobili e mezzi
agricoli debbono essere posti a distanza non inferiore a 300 metri dalle strade
di gruppo 1) e 2) e dai tracciati ferroviari, e la loro localizzazione deve
essere contenuta nel piano urbanistico comprensoriale.
Gli
impianti di demolizione, di raccolta e di riciclaggio di materiali e le
pubbliche discariche, debbono essere posti a distanza non inferiore a m. 500
dall'asse delle strade di gruppo 1) e 2) e dei relativi tracciati, nonché dalle
ferrovie.
Le
mostre e i depositi di cui al settimo comma dovranno essere portati alle
distanze e nei luoghi stabiliti dal Piano urbanistico comprensoriale entro 12
mesi dalla loro localizzazione, ove quella attuale contrasti con la previsione
del Piano, previo rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 7 del D.L. 21
gennaio 1982, n. 9 convertito con legge 25 marzo 1982, n.
94.
Gli
impianti di autodemolizione, di raccolta e riciclaggio di materiali e le
pubbliche discariche già esistenti alla data di entrata in vigore della legge
di approvazione del Piano urbanistico territoriale, dovranno essere portati
alla distanza di cui al precedente comma entro ventiquattro mesi dalla legge di
approvazione del Piano urbanistico territoriale, previa autorizzazione ai sensi
dell'art. 7 del decreto-legge 21 gennaio 1982, n. 9 convertito con legge 25
marzo 1982, n. 94.
Ove
il trasferimento non sia possibile perché le attività si svolgono in aree o
manufatti autorizzati, al fine di renderle non visibili dai percorsi, dovranno
essere realizzati opportuni accorgimenti mediante schermature vegetali o
simili.
Il
sindaco, in sede di rilascio dell'autorizzazione, accerta l'esistenza dei
presupposti per il mantenimento dell'attività preesistente e individua le
prescrizioni e le iniziative in relazione a quanto prescritto dal precedente
comma.
Sulle
strade dei gruppi 1) e 2) è fatto divieto di rilasciare nuove concessioni per
l'installazione di cartelloni ed insegne pubblicitarie o comunque di rinnovare
le concessioni in atto.
TITOLO
III
Direttive
e criteri metodologici per la formazione dei piani di grado subordinato
Articolo
18
Indagini
conoscitive.
La
formazione dei piani di grado subordinato e delle loro varianti deve essere
preceduta da uno studio generale, volto a verificare lo stato di attuazione
degli interventi sul territorio ed il suo uso reale rispetto alle previsioni
urbanistiche vigenti, nonché dalle indagini geologiche e geotecniche previste
dall'art. 5 della legge regionale 14 maggio 1982, n. 25 e dall'indagine sul
patrimonio edilizio pubblico e privato ed il suo grado di utilizzazione.
(18).
Articolo
19
Criteri
per il dimensionamento dei piani urbanistici comprensoriali.
(19).
Articolo
20
Standards
urbanistici in zone residenziali.
(20).
Articolo
21
Standards
urbanistici per attrezzature di interesse generale.
(21).
Articolo
22
Limiti
di densità edilizia territoriale, standard urbanistici ed attuazione delle zone
di carattere turistico.
Le
zone destinate ad insediamenti turistici si configurano come zone omogenee C,
di cui al D.M. 2 aprile 1968, qualora siano destinate a residenze temporanee,
singole o collettive; si configurano come zone omogenee D, di cui al D.M.
citato, qualora siano destinate esclusivamente ad impianti produttivi
turistici.
Nelle
zone C di carattere turistico, di cui al comma precedente, l'indice di
fabbricabilità territoriale non deve essere superiore a 0,25 mc/mq.
Le
zone destinate a interventi turistici, di cui al precedente comma, sono
individuate solo nell'ambito dei piani urbanistici comprensoriali.
In
tali zone il piano comprensoriale individua la superficie territoriale che
dovrà essere destinata a spazi per attrezzature di interesse comune per il
verde attrezzato a parco, per il gioco e lo sport e per parcheggi aggiuntivi.
L'attuazione
degli interventi in tali zone avverrà mediante piano particolareggiato di
esecuzione o lottizzazione convenzionata. Nella convenzione dovranno essere
precisate le collocazioni delle opere di interesse comune che potranno essere
ubicate anche in aree diverse da quella dell'intervento e la cui realizzazione
sarà posta a carico dei lottizzanti.
Articolo
23
Norma
di rinvio.
Per
quanto non previsto dagli articoli precedenti resta ferma la normativa sugli
standard di cui al D.M. 2 aprile 1968 e alla legge regionale 2 settembre 1974,
n. 53.
TITOLO
IV
Norme
transitorie
Articolo
24
Impianti
produttivi di tipo industriale e artigianale.
Prima
dell'approvazione dei Piani territoriali di coordinamento provinciali i Comuni,
con apposita variante ai propri strumenti urbanistici generali, possono
individuare nuove zone di tipo industriale al fine di realizzare un migliore
assetto del territorio, tenendo conto delle caratteristiche delle aree prescelte,
che dovranno essere servite o facilmente servibili da viabilità, ferrovia,
infrastrutture per il trasporto di energia, acqua e delle altre urbanizzazioni
necessarie (22).
In
tal caso i Comuni devono contestualmente procedere alla declassificazione, per
una pari superficie, di altre zone già previste come industriali nello
strumento urbanistico vigente.
Le
nuove zone per insediamenti produttivi di tipo artigianale o commerciale, in
attesa dell'approvazione del piano urbanistico comprensoriale, possono essere
individuate dai Comuni, nell'ambito degli strumenti urbanistici generali,
mediante l'adozione di apposite varianti.
L'individuazione
di tali zone, con particolare riguardo all'artigianato artistico ed al
commercio al dettaglio specializzato, deve essere effettuata favorendo il
reinsediamento delle attività artigiane nell'edificato e nei centri storici,
compatibilmente con le esigenze della residenza.
Articolo
25
Aree
per la difesa civile.
1.
Entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di approvazione del Piano
urbanistico territoriale i Comuni individuano nell'ambito dei propri strumenti
urbanistici generali, mediante apposite varianti, le aree di cui all'art. 2,
ultima linea, della legge regionale 2 settembe 1974, n. 53 (23).
Articolo
26
Bacino
del Tevere.
Nell'ambito
delle aree per la realizzazione del progetto speciale per la regolamentazione
del fiume Tevere, individuate alla tav. II, è vietato ogni intervento di
carattere edificatorio per la durata di tre anni a partire dalla data di entrata
in vigore della legge di approvazione del Piano urbanistico territoriale.
Eventuali
deroghe potranno essere autorizzate previo nulla-osta della Giunta regionale,
solo per le opere che non rechino pregiudizio alla realizzazione del progetto
speciale di cui al primo comma.
Articolo
27
Varianti
agli strumenti urbanistici.
(24).
Articolo
28
Formazione
dei Piani urbanistici comprensoriali.
(25).
(5)
Articolo così sostituito dall'art. 11, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(6)
Articolo così sostituito dall'art. 12, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(7)
Articolo così sostituito dall'art. 13, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(8)
Articolo aggiunto dall'art. 14, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(9)
Articolo prima sostituito dall'art. 15, L.R. 18 agosto 1989, n. 26 e poi abrogato
dall'art. 22, L.R. 3 marzo 1995, n. 9.
(10)
Comma così modificato dall'art. 22, L.R. 3 marzo 1995, n. 9.
(11)
Comma così sostituito dall'art. 16, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(12)
Articolo così sostituito dall'art. 17, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(13)
Articolo così sostituito dall'art. 18, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(14)
La Commissione regionale tecnico-amministrativa di cui alla L.R. 9 maggio 1977,
n. 20 è stata sostituita dal Comitato consultivo regionale per il territorio,
in virtù di quanto disposto dall'art. 9, L.R. 26 luglio 1994, n. 20.
(15)
Articolo così sostituito dall'art. 19, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(16)
Comma così modificato dall'art. 20, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(17)
Articolo prima sostituito dall'art. 22, L.R. 18 agosto 1989, n. 26 e poi
abrogato dall'art. 28, L.R. 10 aprile 1995, n. 28.
(18)
Comma abrogato dall'art. 21, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(19)
Articolo abrogato dall'art. 28, L.R. 10 aprile 1995, n. 28.
(20)
Articolo abrogato dall'art. 51, L.R. 21 ottobre 1997, n. 31.
(21)
Articolo abrogato dall'art. 21, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(22)
Comma così modificato dall'art. 30, comma 2, L.R. 10 aprile 1995, n. 28.
(23)
Articolo prima sostituito dall'art. 2, L.R. 8 novembre 1990, n. 39 e poi così
modificato dall'art. 30, comma 3, L.R. 10 aprile 1995, n. 28.
(24)
Articolo abrogato dall'art. 21, L.R. 18 agosto 1989, n. 26.
(25)
Articolo abrogato dall'art. 28, L.R. 10 aprile 1995, n. 28.
Tabella
A
TABELLA
A - TIPOLOGIA
Gruppo
1Gruppo 2Gruppo 3Tipo[norme C.N.R.]I o IIIIV o VA-V-VI [3][1][2]+
pisteciclabili nellezone pianeggiantidi più intensaurbanizzazionecon
stradetotalmentesvincolatesvincolatedello stessosvincolatetotalmente
ototalmente ogruppo[4]parzialmentea raso[4] [5]canalizzate[4] [5]con
stradeGruppo 2:svincolatesvincolatedi altrototalmentetotalmente
oparzialmentegrupposvincolate [4]parzialmente[4]Gruppo 3:[4]
[5]svincolatetotalmente oConnessioniparzialmentee[4] [5]Interconnessionicon
stradesvincolatesvincolatesvincolatelocali ditotalmente ototalmente
oparzialmenteconnessioneparzialmenteparzialmenteo a rasocon zone[4] [5][4]
[5]canalizzateurbane o[4] [5]industrialicon altre
nessunaconnessioniconnessionistrade localiconnessionesvincolatea
rasointersezione aparzialmente [4]canalizzatelivelli sfalsatio
intersezioniintersezionia livellia livellisfalsati
senzasfalsaticonnessioneaccessiesclusiesclusiesclusiprivati
anuovisingoliaccessiinsediamentiprogressivarazionalizzazionedi
quelliesistenti.Nelle stradedi tipo Anessun accessoimpianti diammessi
soloammessi soloammessi anchedistribuzionesu aree insu aree insu un
latocarburanti econcessione suconcessione sutranne chearee dientrambi ientrambi
inelle stradeserviziolati [6]lati [6]di tipo A ovevale lanorma delGruppo 1
[6]motel eammessi ancheammessi ancheammessi ancheristorantisu un solosu un solosu
un sololato ma alato ma a lato trannecondizione checondizione cheche nellesia
statosia previstostrade direalizzato loidoneotipo Aspartitrafficoparcheggiovale
la normaper unaanche sull'del Gruppo 1lunghezzaaltro lato[6]di almenocollegato
conKm 1.000sottopassoprima e dopopedonale [6]l'insediamento[6]
NOTE
ALLA TABELLA A (Art. 18)
[1]
Sono di tipo II le autostrade classificate come tali dalla legge 15 giugno
1959, n. 393; di tipo III le altre strade ed i raccordi autostradali. Le strade
che attualmente non sono a quattro corsie e per le quali è previsto un nuovo
tracciato, potranno essere realizzate in una fase intermedia del tipo IV ma
progettate in modo da portarle successivamente al tipo III anche, eventualmente
con tracciati distinti per i due sensi di marcia ai sensi dei punto 2.2.3 delle
Norme C.N.R.
[2]
Sono di tipo IV le strade con traffico pesante di rilievo e/o con rilevante
traffico di motocicli e ciclomotori; di tipo V quelle con prevalente traffico
automobilistico e scarso traffico sia pesante che su due ruote.
[3]
Sono di tipo A i tronchi stradali in prossimità di centri urbani e industriali
di notevole rilevanza, di tipo
V
e VI le altre strade in relazione al volume ed alla composizione del traffico.
[4]
Si intendono «svincolate totalmente» le connessioni che consentono lo scambio
tra tutti i sensi di marcia senza alcuna intersezione; «svincolate
parzialmente» le connessioni che consentono lo scambio tra i vari sensi di
marcia senza intersezioni con i flussi di traffico della strada principale o, a
parità di classificazione, di quella a maggiore, volume di traffico.
[5]
In relazione ai volumi di traffico.
[6]
Salvo norme più restrittive previste dall'Ente proprietario della strada o
dagli strumenti urbanistici subordinati.
Tabella
B (Art. 16)
ELENCO
STRADE E FERROVIE
Gruppo
1
1.1
- A1
1.2
- E/45: da innesto su Terni-Orte a confine regionale
1.3
- (Orte) San Liberato-Terni (Rieti)
1.4
- S.S./3: da Terni/S. Carlo - Spoleto - Foligno - Gualdo Tadino-Osteria del
Gatto
1.5
- S.S./75: Foligno-Perugia/Collestrada-innesto su E/45
1.6
- Raccordo autostradale: Perugia/Ponte S. Giovanni-Passignano-A1
1.7
- Branca-Gubbio-Cantiano-innesto su S.S./3
Gruppo
2
2.1
- S.S./3: Osteria del Gatto-Ponte Riccioli
2.2
- E/45-Pian d'Assino-Gubbio
2.3
- (Arezzo) - S. Giustino-innesto su E/45
2.4
- (Ancona) - Valico di Fossato - Osteria del
Gatto-Branca-Schifanoia-Valfabbrica-Pianello-innesto
su
S.S./75
2.5
- S.S./77: (Macerata) - Colfiorito-Foligno-innesto sulla S.S./3
2.6
- Spoleto-Acquasparta
2.7
- (Ascoli) - Galleria di Forca Canapine-Norcia S. Anatolia di Narco-Galleria
Forca di Cerro-Spoleto-
innesto
su S.S./3
Gruppo
3
3.1
- Umbertide-Tuoro
3.2
- Perugia-Piegaro-Moiano-Chiusi
3.3
- Piegaro-Monteleone d'Orvieto-Fabro-A1
3.4
- (Cortona) - innesto sulla Perugia-A1-Castiglione del Lago-Moiano-innesto
sulla Perugia-Chiusi
3.5
- Piegaro-Città della Pieve
3.6
- Magione-Castiglione del Lago con bretella su Moiano
3.7
- Perugia-Marsciano-Fratta Todina-Todi
3.8
- Corciano/Ellera-S. Martino in Colle-Torgiano-Bettona-Cannara-Bevagna con
bretella su Bettona-S. Maria degli Angeli e Cannara-S.S./75
3.9
- Foligno-Bevagna-Todi-Baschi-Orvieto
3.10
- Spoleto-Bastardo
3.11
- (Muccia-Visso) - Triponzo-innesto sulla Norcia-Spoleto
3.12
- S. Anatolia di Narco-Terni
3.13
- S.S./3: Terni-Narni con bretella su Maratta (Terni-Orte)
3.14
- Amelia-Narni
3.15
- Narni-Otricoli-A1 con bretella su Nera-Montoro
3.16
- Orvieto-Baschi-Corbara-E/45
Ferrovie
-
Foligno-Terontola (Firenze)
-
Orte-Falconara
-
M.U.A.
-
Terni-Rieti
-
Perugia-Chiusi
Tabella
C (Art. 16)
SITUAZIONE
TRACCIATI
Strade
Gruppi
1 e 2
a)
Tracciati definitivi per i quali è necessario solo l'eventuale adeguamento alle
caratteristiche di cui alla tabella A) (art. 16).
1.1
- A1: intero tracciato
1.2
- E/45: intero tracciato ad eccezione del tronco Todi-Ponte Felcino
1.3
- (Orte) - Terni - (Rieti): tronco Nera Montoro-Terni
1.4
- SS/3: tronco da innesto SS/75
1.6
- Perugia/Ponte S. Giovanni - A1: intero tracciato
1.7
- Cantiano-Gubbio: tronco da SS/3 a Gubbio
2.4
- Osteria del Gatto-Valle del Tevere: tronco: Branca-Schifanoia
b)
Tronchi con tracciato definitivo per i quali è però necessario prevedere
soluzioni tecniche per svincoli, strade e aree di servizio, connessioni con le
zone urbane e industriali, che consentano di garantire la compatibilità tra la
funzione di arteria di interesse nazionale e quella di supporto della rete
urbana regionale.
1.2
- E/45: tronco da Pantalla a Ponte Felcino, con particolare riferimento al
tronco Collestrada-Ponte San Giovanni (da innesto SS/75 a innesto raccordo
Perugia/A1) per il quale si deve tener conto della sovrapposizione dei traffici
locali con quelli nazionali sia longitudinali che trasversali
1.3
- (Orte) - Terni-Rieti: tronco (Orte) - Nera Montoro
1.5
- S.S./75: intero tracciato
c)
Tracciati da definire con eventuale utilizzo, parziale o totale, del tracciato
esistente e con contemporanea definizione delle soluzioni tecniche (svincoli,
aree e strade di servizio, connessioni con le zone urbane e industriali) che
consentano di garantire la compatibilità tra la funzione di grande arteria di
interesse nazionale con quella di infrastruttura di supporto della rete urbana
regionale.
1.4
- S.S/3: da Terni a Foligno (innesto S.S./75)
1.7
- Branca-Gubbio-S.S/3: tronco da Branca a Gubbio
2.7
- (Ascoli) - Spoleto: intero tracciato esclusi i tronchi S. Anatolia-Spoleto
d)
Tracciati da individuare ex novo per i quali la strada che attualmente serve lo
stesso itinerario sarà mantenuta come strada di servizio con le caratteristiche
dei Gruppo 3.
1.3
- Terni-Rieti
1.4
- S.S/3: tronco da Pontecentesimo a Osteria del Gatto
2.1
- S.S/3: tronco da Osteria del Gatto a Cantiano
2.2
- E/45 - Pian d'Assino-Gubbio
2.3
- (Arezzo) San Giustino: tronco dal valico dello Scopetone a S. Giustino
2.4
- Osteria del Gatto-Valle del Tevere: tronchi da Osteria del Gatto da Branca a
Schifanoia all'innesto sulla E/45 o sulla S.S/75
2.5
- S.S./77: intero tracciato da Colfiorito a innesto sulla S.S./3
2.6
- Spoleto-Acquasparta
2.7
- (Ascoli) - Spoleto: tronchi da Ascoli a Norcia e da S. Anatolia a Spoleto.
Gruppo
3
La
normativa e le caratteristiche di cui alla tabella A) dell'art. 16 delle norme
si applicano ai tracciati delle strade statali e provinciali esistenti che
attualmente assicurano i collegamenti sugli itinerari indicati dal Piano
urbanistico territoriale (tav. IV).
Eventuali
rettifiche con diverso tracciato saranno definite in sede di pianificazione
comprensoriale di intesa con gli enti proprietari delle strade; in questo caso
la normativa ed i vincoli di cui all'art. 16 delle norme continueranno ad
applicarsi ai tracciati attuali fino all'entrata in servizio di quelli nuovi.
Ferrovie
a)
Tracciati definitivi per i quali è necessario solo l'eventuale adeguamento
funzionale alle caratteristiche previste dal piano integrativo delle Ferrovie
dello Stato.
-
Foligno-Terontola escluso Ponte S. Giovanni-Ellera
-
(Orte) - Nera Montoro
-
Narni - Terni
-
Campello - Foligno;
b)
Tracciati per i quali è necessario prevedere soluzioni tecniche tali da
garantire adeguati livelli di funzionalità anche con eventuali modeste
modifiche di tracciati.
- M.U.A.
-
Terni-Rieti
c)
Tracciati da individuare ex novo
-
Foligno - (Fabriano)
-
Perugia-Chiusi
-
Nera Montoro-Narni
-
Terni-Campello
-
Ponte S. Giovanni-Ellera.
Cartografia
(26)
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Gli originali cartografici, elaborati in scala 1:100.000, sono depositati
presso la regione dell'Umbria - Ufficio del Piano urbanistico territoriale
della Giunta regionale.