L.R.
21 marzo 1985, n. 11 (1).
Piano
socio-sanitario regionale per il triennio 1985-1987.
(1)
Pubblicata nel B.U. Umbria 3 aprile 1985, n. 34, S.O.
Art.
1
Oggetto.
La
presente legge:
-
detta norme sulle procedure di formazione, aggiornamento e attuazione del piano
socio-sanitario regionale (titolo I);
-
fissa gli obiettivi del piano per il triennio 1985/1987 e determina i princìpi
e i criteri per il riordino delle attività socio-sanitarie regionali nei campi
di intervento prioritario (titolo II);
-
dispone i criteri e i vincoli per l'utilizzazione dei finanziamenti regionali
per le attività sanitarie e socio-assistenziali (titolo III);
-
contiene modifiche alla legislazione regionale per adeguarla alle disposizioni
del Piano (titolo IV).
Art.
2
Il
piano socio-sanitario regionale.
Il
piano socio-sanitario regionale, di seguito denominato "Piano", è
costituito dai titoli I, II, III e IV della presente legge e dai suoi allegati
A e B.
L'allegato
A contiene parametri e le altre indicazioni da utilizzare per l'attività
amministrativa della Regione, degli organi che gestiscono le ULSS, dei Comuni e
degli altri enti ed organismi pubblici operanti nel territorio regionale,
connesse alla realizzazione del piano.
L'allegato
B contiene indirizzi programmatici ai quali la Regione, gli organismi che
gestiscono le ULSS, i Comuni, le Province, le Comunità montane e gli altri enti
ed organismi operanti nel territorio regionale nelle materie di cui alla
presente legge, conformano la propria attività amministrativa.
TITOLO
I
Procedure
per la formazione, l'aggiornamento e l'attuazione del Piano socio-sanitario
regionale
Capo
I - Il ruolo della Regione
Art.
3
Il
metodo della programmazione.
Ai
sensi degli articoli 11 e 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la Regione
svolge la sua attività secondo il metodo della programmazione pluriennale e
della più ampia partecipazione democratica.
In
particolare il Piano impegna la Regione:
a)
a coordinare l'intervento socio-sanitario con gli interventi negli altri
settori economici, sociali e di organizzazione del territorio;
b)
ad unificare l'organizzazione socio-sanitaria su base territoriale e
funzionale;
c)
ad assicurare la corrispondenza tra costi dei servizi e relativi benefici.
Per
i fini di cui alla lettera a) il piano concorre alla realizzazione degli
obiettivi generali della programmazione regionale: a tale scopo una sintesi del
Piano viene inclusa quale apposito capitolo del Piano regionale di sviluppo;
inoltre le tabelle dell'allegato A fanno parte integrante anche del Piano di
sviluppo.
Per
i fini di cui alla lettera b) gli indirizzi contenuti nella legge di piano e
nei suoi allegati costituiscono presupposto per le attività di direttiva alle
ULSS da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'art. 3 della L.R. n. 22/1984.
Art.
4
Validità
e aggiornamenti.
Il
piano ha validità triennale e viene annualmente aggiornato con legge.
Le
relative proposte sono presentate dalla Giunta regionale entro il 30 settembre
di ciascun anno, contestualmente alla relazione di cui al successivo art. 5, e
vengono sottoposte ai procedimenti di partecipazione di cui alla L.R. n. 4/1972
e successive modificazioni.
Inoltre
il piano viene modificato ogni qualvolta il piano sanitario nazionale ed altre
leggi dello Stato incidenti sulla programmazione socio-sanitaria determinino
vincoli o indirizzi ai quali la Regione debba uniformarsi.
Art.
5
Stati
di avanzamento.
Con
riferimento all'art. 49, ultimo comma, della L. n. 833/1978 il Presidente della
Giunta regionale presenta al Consiglio regionale entro il 30 settembre di ogni
anno la relazione generale sullo stato di attuazione del piano, avvalendosi
anche della relazione annuale predisposta da ciascuna ULSS ai sensi dell'art.
78 della L.R. n. 18/1980, corredata da una relazione sullo stato di attuazione
dei programmi comprensoriali.
Capo
II - Il ruolo delle autonomie locali
Art.
6
Programmi
comprensoriali di attuazione.
Procedure
per la formazione. Entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge l'assemblea generale dell'ULSS adotta il programma
comprensoriale di attuazione per la gestione dei servizi sanitari e
socio-assistenziali.
Il
programma viene inviato alla Giunta regionale che provvede, entro 30 giorni
dalla ricezione, a verificarne la congruità rispetto al piano, richiedendo
eventuali modificazioni. Qualora tale verifica non comporti alcuna
modificazione, o nel caso in cui il termine di 30 giorni sia scaduto senza
pronuncia da parte della Giunta, il programma si intende approvato. Qualora la
Giunta richieda modificazioni, l'assemblea dell'ULSS provvede a riapprovare in
via definitiva il programma, motivando eventuali difformi decisioni rispetto
alla richiesta stessa.
Qualora
nel termine di cui al primo comma l'ULSS non abbia adottato il programma
comprensoriale la Giunta regionale, previa diffida ad adempiere entro 60
giorni, provvede in via sostitutiva per mezzo di un commissario.
Art.
7
Contenuto
del programma.
Il
programma comprensoriale socio-sanitario è lo strumento di attuazione del piano
a livello locale; esso ha lo scopo di definirne tempi e modalità e di
individuare gli obiettivi locali e particolari per le azioni di una
organizzazione dei servizi coerente con la riforma sanitaria, per lo sviluppo
coordinato delle azioni sanitarie e socio-assistenziali, per le azioni rivolte
a problematiche di particolare rilevanza e ad un uso delle risorse coerente con
le finalità del piano.
Il
programma disciplina in particolare:
-
la riorganizzazione dei servizi previsti come prioritari dal piano;
-
la formulazione dei singoli programmi per la realizzazione dei
progetti-obiettivo, dei progetti finalizzati, dei progetti-risorse e dei
progetti di settore, così come indicato al successivo articolo 13, prevedendo i
tempi e le modalità di ristrutturazione e sviluppo dei servizi.
Il
programma contiene direttive per l'elaborazione del bilancio pluriennale della
ULSS di cui all'articolo 3 della L.R. n. 18/1980, per l'organizzazione dei
servizi e l'impiego del personale, nonché per l'uso del patrimonio e delle
attrezzature.
Il
programma deve essere compatibile con la quota del Fondo sanitario regionale
prevista per il periodo di validità del piano, e all'interno di essa deve
essere rispettata la destinazione dei finanziamenti per spese di investimento e
per quelle correnti, nonché - relativamente a queste ultime - tra spese a
destinazione indistinta e spese a destinazione vincolata dal Fondo sanitario
nazionale.
Art.
8
Validità
e aggiornamenti.
Il
programma comprensoriale di attuazione ha la stessa durata del piano ed è
realizzato per piani annuali.
Le
ULSS adeguano, con le procedure previste all'articolo 6, ultimo comma, i
programmi comprensoriali sulla base degli aggiornamenti apportati al piano ai
sensi dell'articolo 4.
Art.
9
Stato
di avanzamento.
Le
ULSS, entro il 30 giugno di ogni anno, approvano contestualmente al rendiconto
generale una relazione sulla situazione socio-sanitaria, sull'andamento della
gestione e sullo stato di attuazione del programma. A tale scopo la Giunta
regionale predispone uno schema-tipo da emanare nei modi previsti dalla L.R. n.
22/1984.
Le
ULSS inviano alla Giunta regionale, entro 10 giorni dall'adozione, gli atti di
cui al comma precedente ai fini della predisposizione della relazione di cui
all'art. 5 della presente legge.
Capo
III - Il ruolo dei soggetti non istituzionali
Art.
10
Il
volontariato.
I
programmi comprensoriali delle ULSS individuano le modalità per il concorso
degli organismi del volontariato alla realizzazione degli obiettivi del piano
in armonia con l'articolo 45 della legge n. 833/1978 e con l'articolo 28 della
L.R. n. 29/1982.
In
particolare le ULSS prevedono il ruolo degli organismi di volontariato iscritti
nell'apposito elenco istituito dalla Giunta regionale in analogia a quanto
previsto dall'articolo 27 della L.R. n. 29/1982.
L'attività
delle associazioni di volontariato è regolata da convenzioni stipulate con le
ULSS o i Comuni.
Le
ULSS predispongono inoltre elenchi dei volontari singoli ai fini della loro
utilizzazione nell'attuazione dei programmi.
Le
associazioni ed i singoli concorrono gratuitamente alla realizzazione delle
iniziative sociali e sanitarie definite dalla L.R. n. 65/1979 e dalla L.R. n.
29/1982, con particolare riguardo:
-
al recupero funzionale e all'integrazione sociale delle persone affette da
minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, da qualunque causa dipendenti;
-
alla prevenzione, al recupero e al reinserimento sociale di soggetti esposti a
rischi di emarginazione o in condizione di tossicodipendenza;
-
alla promozione della donazione del sangue umano nonché degli organi destinati
al trapianto;
-
all'assistenza agli anziani nel domicilio o presso le strutture pubbliche ai
fini del recupero di adeguati livelli di autosufficienza;
-
all'assistenza generica delle persone ricoverate nei presìdi ospedalieri.
Le
associazioni iscritte al registro regionale attuano la preparazione e
l'aggiornamento professionale dei propri iscritti anche attraverso attività di
formazione ai sensi dell'articolo 8 della L.R. n. 69/1981.
La
Giunta regionale, sentito il parere della competente commissione consiliare,
delibera le norme di attuazione di cui all'articolo 28 della L.R. n. 29/1982
sulla base anche dei criteri del presente articolo.
Le
associazioni iscritte al registro regionale sono i soggetti della
partecipazione sulle attività della programmazione socio-sanitaria regionale.
Art.
11
La
cooperazione.
I
Comuni e le ULSS possono avvalersi delle cooperative di servizio sociale
iscritte nell'apposito registro regionale previsto all'articolo 27 della L.R.
n. 29/1982.
Deve
essere garantito che la professionalità degli operatori non sia inferiore a
quella degli operatori di pari livello e mansione dipendenti dagli enti
pubblici. A tale riguardo devono essere rese operanti anche per gli operatori
delle cooperative le norme di cui all'articolo 8 della L.R. n. 69/1981.
I
Comuni e le ULSS regolano i loro rapporti con le cooperative per mezzo di
convenzioni. Al fine di uniformare l'entità dei compensi in favore degli
operatori delle cooperative, la Giunta regionale stabilisce per ciascun anno
solare un tariffario orario tenendo conto dei diversi profili di attività dei
soci-
cooperatori.
Le
cooperative e le loro associazioni di rappresentanza sono i soggetti della
partecipazione sulle attività di programmazione socio-sanitaria regionale.
TITOLO
II
Il
Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1985-1987
Capo
I - Le strategie
Art.
12
Obiettivi
prioritari.
I
seguenti obiettivi costituiscono priorità del piano:
-
riequilibrio territoriale delle risorse;
-
piena attuazione della L.R. n. 29/1982 e integrazione dei servizi sanitari con
quelli socio-assistenziali;
-
attivazione della partecipazione dei cittadini alla gestione sociale dei
servizi di base e promozione dell'educazione sanitaria della popolazione;
-
potenziamento delle strutture socio-sanitarie pubbliche e loro qualificazione
sul piano dell'efficienza e della specializzazione, innalzamento della
professionalità degli operatori;
-
attuazione delle azioni finalizzate al risparmio e al conseguimento di un
efficace controllo della spesa con particolare riguardo a quella per degenze
ospedaliere, per farmaci e per accertamenti diagnostici;
-
riordino della prevenzione all'interno dei luoghi di vita e di lavoro e
potenziamento dell'assistenza socio-sanitaria di base;
-
tutela della salute materno-infantile, tutela psico-affettiva dei minori
ricoverati in ospedale;
-
tutela degli anziani, degli handicappati, cura e recupero dei
tossicodipendenti;
-
tutela della salute degli animali nei suoi rapporti con la salute dell'uomo;
-
promozione delle conoscenze sullo stato di salute e sviluppo della ricerca
finalizzata.
Art.
13
I
progetti.
Gli
obiettivi del piano sono perseguiti mediante il metodo della progettazione.
Il
piano prevede progetti:
a)
per la tutela socio-sanitaria delle fasce di popolazione a rischio
(progetti-obiettivo salute);
b)
per la realizzazione di programmi finalizzati alla lotta contro le patologie di
maggiore rilievo sociale (progetti-finalizzati);
c)
per la razionalizzazione e qualificazione della spesa (progetti-risorse);
d)
per la riorganizzazione degli interventi dell'area centrale dell'ULSS e di
quelli disposti su rete regionale (progetti di settore).
Per
il triennio 1985/1987 sono previsti i seguenti progetti-obiettivo (P.O.):
-
per la tutela sanitaria dell'ambiente di vita (Progetto-ambiente);
-
per la tutela della salute della donna e dell'età materno-infantile
(Progetto-donna/infanzia);
-
per la tutela della salute nei luoghi di lavoro (Progetto-lavoro);
-
per la tutela della salute degli anziani (Progetto-anziani);
-
per la tutela della fasce marginali di popolazione (Progetto-fasce marginali).
Sono
inoltre previsti i seguenti progetti-finalizzati (P.F.) alla lotta contro:
-
le malattie infettive e diffusive (P.F. 1);
-
le malattie mentali (P.F. 2);
-
le cardiovascolopatie (P.F. 3);
-
le cerebrovascolopatie (P.F. 4);
-
le malattie tumorali (P.F. 5);
-
il diabete (P.F. 6);
-
le nefropatie croniche (P.F. 7);
-
le neuropatie convulsivanti (P.F. 8).
Sono
previsti i seguenti progetti-risorse (P.R.) per la razionalizzazione e la
qualificazione della spesa:
-
per accertamenti diagnostici (P.R. 1);
-
per farmaci (P.R. 2);
-
per degenze ospedaliere (P.R. 3);
-
per il convenzionamento con le strutture private (P.R. 4).
Sono
infine previsti progetti di settore (P.S.) per:
-
il sistema informativo socio-sanitario regionale e l'osservatorio
epidemiologico (P.S. 1-SIS/OER);
-
la formazione degli operatori e l'educazione sanitaria (P.S. 2-Formazione);
-
l'organizzazione in rete dei servizi trasfusionali (P.S. 3-Servizi trasfusionali);
-
la medicina veterinaria anche nei suoi rapporti con la salute dell'uomo (P.S.
4-Medicina veterinaria).
Gli
indirizzi programmatici e gli obiettivi triennali regionali per la
realizzazione dei progetti sono contenuti nell'allegato B.
Art.
14
Le
priorità per il riordino dei servizi.
Le
ULSS adeguano l'organizzazione dei servizi socio-sanitari ai fini previsti nei
precedenti articoli 12 e 13, conformandosi alle indicazioni contenute
nell'allegato B, con priorità per le misure previste nei successivi articoli
rispettivamente per la formazione delle piante organiche, per l'attivazione dei
distretti di base, per il riordino della prevenzione negli ambienti di vita e
di lavoro, delle attività ospedaliere, delle attività psichiatriche e di tutela
della salute mentale, delle attività in direzione delle tossicodipendenze,
delle attività veterinarie, delle attività specialistiche, del servizio a tempo
pieno nonché per la funzionalità dell'ufficio di direzione.
Le
disposizioni contenute nei successivi articoli del presente titolo II
costituiscono norme di ordinamento regionale nel quadro dei princìpi della
legislazione statale.
Capo
II - Le priorità per il riordino delle piante organiche
Art.
15
Princìpi
e criteri per il riordino.
La
pianta organica determina la posizione di inquadramento degli operatori
dipendenti e la strutturazione degli uffici e servizi dell'ULSS. In attuazione
del D.P.R. n. 761/1979 essa si articola per settori, sezioni, servizi, unità
organiche ed unità operative. Articolazioni e denominazioni diverse, derivanti
dalle indicazioni del piano e di altre leggi regionali o statali, o dovute a
preesistenti ordinamenti, devono essere esplicitamente equiparate alla
terminologia sopra riportata in sede di attribuzione delle funzioni nonché
nella pianta organica allegata al bilancio di previsione ai sensi dell'articolo
17.
Ad
ogni settore corrisponde un responsabile appartenente ad una delle posizioni
apicali elencate nella tabella 1 dell'allegato A.
Ad
ogni sezione corrisponde un responsabile appartenente alla posizione
immediatamente inferiore a quella apicale.
Nei
casi in cui specifiche leggi nazionali o regionali prevedano
"servizi", a questi corrisponde un responsabile appartenente ad una
delle posizioni sopra indicate, nonché alla prima posizione funzionale degli
operatori professionali di prima categoria, in rapporto alla collocazione
organica del servizio stesso.
Le
unità organiche e le unità operative costituiscono articolazione delle
precedenti strutture, e sono affidate alla responsabilità di operatori aventi
titolo a tale funzione, ai sensi del vigente ordinamento del personale delle
ULSS.
Qualora
all'interno di un settore confluiscano materie che per la loro specializzazione
richiedono l'apporto di professionalità non riconducibili a quella del
responsabile di settore, possono essere previste posizioni di «esperto» da
affidare a laureati del livello dirigenziale per le funzioni proprie del
livello di appartenenza. Gli esperti operano secondo il principio
dell'autonomia tecnico-funzionale nell'ambito di direttive di carattere
generale a contenuto programmatorio ed organizzativo impartite dal responsabile
di settore. Ferma restando la indivisibilità della direzione organizzativa del
settore in capo al suo responsabile, il comitato di gestione può assegnare
all'esperto la sovraintendenza tecnica di una sezione o di un servizio, su
proposta o previo parere del responsabile di settore.
Art.
16
Dipartimenti
e gruppi di lavoro.
Tutti
gli operatori socio-sanitari, sia dipendenti che convenzionati, sono
organizzati per dipartimenti e gruppi di lavoro.
I
dipartimenti vengono individuati sulla base di obiettivi di carattere generale,
e per la durata corrispondente a quella del piano.
I
gruppi di lavoro sono costituiti sulla base di specifici obiettivi e per il
tempo necessario a realizzarli.
Nell'articolazione
dei dipartimenti e dei gruppi di lavoro vengono individuate posizioni di
coordinamento a contenuto esclusivamente funzionale.
Il
coordinamento dei dipartimenti è assunto da operatori dipendenti, appartenenti
alla qualifica apicale.
Il
coordinamento dei gruppi di lavoro può essere assunto anche da operatori
convenzionati.
La
qualifica di coordinatore ai sensi del presente articolo non modifica la
posizione funzionale di chi ne è investito. Sono vietate aggiunzioni economiche
a favore di quest'ultimo, a qualunque titolo siano imputate.
Nella
individuazione dei coordinatori deve essere dato spazio alla autorganizzazione
interna all'area interessata.
Art.
17
Determinazione
delle piante organiche. Criteri e procedure.
Le
ULSS determinano la pianta organica del personale dipendente per il triennio di
validità del piano entro i termini fissati per l'approvazione del programma
comprensoriale di cui all'articolo 6.
I
posti della pianta organica sono articolati nei ruoli sanitario, professionale,
tecnico e amministrativo sulla base dei parametri indicati nella tabella 2
dell'allegato A.
Nella
determinazione della pianta organica le ULSS conferiscono priorità al riordino
delle attività indicate nella tabella 3 dell'allegato A. I relativi parametri
sono indicati nelle tabelle 13, 15, 20, 22.
Il
numero complessivo dei posti della pianta organica viene determinato sulla base
dei criteri seguenti, con riferimento al valore-soglia fissato nella tabella 4
dell'allegato A:
a)
per le ULSS nelle quali il carico di abitanti per operatore in servizio sia
inferiore al valore-soglia, il numero complessivo di posti non può superare
quello previsto dalla pianta organica provvisoria;
b)
per le ULSS nelle quali il dato di cui sopra sia superiore al valore-soglia, il
numero complessivo non può superare quello necessario per adeguare il carico di
abitante per operatore al valore di 100.
La
data di riferimento per gli adempimenti di cui sopra è quello della
promulgazione della presente legge.
La
pianta organica, che è resa esecutiva con le procedure del precedente articolo
6, ultimo comma, è allegata al bilancio di previsione.
Art.
18
Criteri
per il riequilibrio.
Per
il periodo di validità del Piano le ULSS provvedono alla copertura dei posti
eccedenti rispetto alle dotazioni del personale in servizio alla data di
promulgazione della presente legge, con l'osservanza delle priorità risultanti
dalla tabella 3, ed entro i limiti e con le gradualità stabilite nella tabella
4.
Le
relative deliberazioni delle ULSS, ivi comprese quelle concernenti le
trasformazioni dei posti di pianta organica per conseguire il riequilibrio
della sua articolazione nei ruoli e nei profili in conformità dei parametri di
cui alla tabella 2, sono soggette alle sole procedure di controllo
amministrativo previste dalla legge dello Stato.
Art.
19
Norme
transitorie.
Fino
all'approvazione della pianta organica è consentito alle ULSS, fermo restando
il rispetto dei parametri di cui alle tabelle 2 e 4, procedere alla copertura
dei posti conseguente a deliberazioni che siano esecutive alla data di
promulgazione della presente legge, nonché alla copertura dei posti resisi
vacanti
dopo tale data.
Capo
III - Le priorità per il riordino dei distretti
Art.
20
L'articolazione.
Le
ULSS sono articolate nei distretti socio-sanitari di base, in modo che ad ogni
distretto corrisponda di norma una popolazione compresa tra 4.000 e 10.000
abitanti.
Ad
ogni distretto corrisponde il territorio di uno o più comuni o circoscrizioni.
Nei
comuni che non abbiano attuato il decentramento amministrativo, l'articolazione
nei distretti è determinata mediante accorpamento delle frazioni geografiche,
sulla base della classificazione ISTAT.
Un
distretto può corrispondere a più comuni o più circoscrizioni qualora ciò sia
necessario per raggiungere i valori-soglia di popolazione.
L'articolazione
nei distretti è fissata dall'ULSS in conformità con le proposte dei comuni
interessati.
Art.
21
I
comitati partecipativi.
In
ogni distretto è costituito un comitato partecipativo, composto da consiglieri
comunali o circoscrizionali elettivi con l'integrazione di altri membri
individuati in conformità con i criteri dell'articolo 26 della L.R. n. 65/1979,
in numero non superiore a quelli elettivi.
Alle
nomine provvedono i Comuni o le Circoscrizioni interessate.
Partecipano
alle riunioni del comitato i membri della équipe di distretto.
Art.
22
Gruppo
di lavoro e suo coordinamento.
Ogni
distretto dispone di un gruppo di lavoro formato nei modi indicati nella
tabella 5 dell'allegato A.
Tale
gruppo di lavoro costituisce un'unità funzionale i cui membri operano in
condizioni di autonomia tecnica.
Il
gruppo di lavoro viene integrato con il restante personale socio-sanitario
operante nel territorio in forma esclusiva o a scavalco con altri distretti.
Al
coordinamento funzionale del gruppo di lavoro provvede il medico del ruolo
nominativo regionale assegnato al territorio del distretto. L'incarico di
coordinamento non comporta alcuna modifica della posizione giuridica posseduta
all'atto della nomina.
L'attività
dei distretti viene coordinata nell'ambito dell'ufficio di direzione nei modi
indicati nelle tabelle 17 e 19, nel rispetto del principio dell'autonomia
tecnico-funzionale dei servizi. Spetta al coordinatore sanitario dell'ufficio
garantire la funzionalità dei servizi di distretto.
Capo
IV - Le priorità per il riordino delle attività ospedaliere
Art.
23
Principi
generali dell'ordinamento e criteri per l'accesso.
Il
servizio ospedaliero è unico per ciascuna ULSS ed è svolto in uno o più presìdi
denominati presìdi ospedalieri.
Il
servizio ospedaliero deve:
-
soddisfare le esigenze dell'igiene e della tecnica ospedaliera;
-
garantire ai ricoverati la tutela della dignità della persona, con particolare
riguardo ai diritti della donna, dei bambini e degli anziani;
-
rispondere ai requisiti ed espletare le funzioni e le attività di cui al
presente capo IV.
Al
diritto di accesso all'assistenza ospedaliera, di cui all'articolo 2 della L.R.
n. 15/1975, si provvede mediante il passaggio in cura al servizio ospedaliero
unico. Il passaggio in cura è disposto dal servizio di accettazione sanitaria
mediante formale provvedimento di ricovero che specifica tra l'altro la
funzione assistenziale e l'area cui il richiedente viene assegnato.
Art.
24
Programma
comprensoriale di ristrutturazione.
Nell'ambito
del programma comprensoriale di cui all'art. 6 le ULSS approvano gli obiettivi
di ristrutturazione del servizio ospedaliero anche al fine di indicare le modalità
di riconversione delle dotazioni eventualmente non utilizzate per il servizio
ospedaliero, sulla base dei criteri indicati nell'allegato B.
Il
programma prevede tra l'altro:
-
la collocazione dei presìdi ospedalieri nell'ambito territoriale della ULSS;
-
la determinazione delle funzioni di cui al successivo art. 26 da svolgere in
ciascun presidio;
-
la distribuzione del numero complessivo dei posti-letto per ciascun presidio;
-
le modalità di svolgimento delle funzioni di day-hospital;
-
la individuazione delle attività che devono essere accentrate in un solo
presidio.
Art.
25
Requisiti
e attività del servizio ospedaliero.
Per
i fini di cui al precedente articolo la tabella 6 dell'allegato A elenca i
requisiti minimi previsti dalla L. 12 febbraio 1968, n. 132 insieme con quelli
aggiunti dalla presente legge regionale, ed evidenzia quelli che sono riferiti
al servizio ospedaliero unico e quelli riferiti al singolo presidio.
La
tabella 7 dell'allegato A indica le attività del servizio ospedaliero unico per
il triennio di validità del piano con evidenza particolare:
a)
per le attività di pertinenza di tutte le ULSS distinguendo tra quelle minime e
quelle aggiuntive;
b)
per le attività riservate alle ULSS con bacino di utenza corrispondente alle
aree di riequilibrio territoriale (art. 4 della L.R. n. 45/1982);
c)
per le attività riservate alle ULSS sede anche di servizi multizonali (art. 3
della L.R. n. 45/1982.)
La
tabella 8 dell'allegato A contiene l'elenco minimo di attività che debbono
essere comunque concentrate in un solo presidio per ciascuna ULSS.
Art.
26
Articolazioni
del servizio ospedaliero nelle funzioni assistenziali.
Il
servizio ospedaliero unico è articolato nelle seguenti funzioni assistenziali:
a)
funzione ospedaliera per malati acuti, per emergenze sanitarie richiedenti cure
intensive, con permanenza protratta;
b)
funzione di day-hospital per fabbisogni assistenziali richiedenti cure non
intensive con eventuale permanenza di breve durata;
c)
funzione paraospedaliera per fabbisogni assistenziali richiedenti cure non
intensive a scopo di consolidamento di terapie ospedaliere non eseguibili al
domicilio.
Art.
27
La
funzione ospedaliera per malati acuti. Requisiti e dotazioni.
La
funzione ospedaliera per malati acuti deve essere assicurata mediante la
presenza continuativa di personale sanitario medico e non medico, e l'uso
corrente di attrezzature e di strumentazioni diagnostico-terapeutiche.
La
dotazione di posti-letto è determinata sulla base dei seguenti parametri:
-
quoziente di ospedalizzazione;
-
durata media delle degenze;
-
tasso di occupazione media.
Le
modalità di determinazione dei parametri di cui al precedente comma, e i
corrispondenti valori per il triennio di validità del piano, sono specificati
nella tabella 9 dell'allegato A.
Art.
28
Requisiti
e dotazioni per la funzione di day-hospital.
La
funzione di day-hospital deve garantire i trattamenti di cui al primo comma,
lettera b), del precedente art. 26. A tale scopo devono essere fornite tutte le
prestazioni di diagnosi e cura erogate nei servizi ospedalieri e territoriali
della ULSS, di norma da parte delle unità operative assegnate alle funzioni
diagnostico-terapeutiche del servizio ospedaliero della ULSS.
La
funzione di day-hospital deve essere espletata in tutti i presìdi per malati
acuti, in spazi assistenziali ricavati dalle aree di predimissione come
previsto dal successivo articolo 30. Può essere espletata anche presso presìdi
territoriali o in quelli in cui viene svolta la funzione paraospedaliera.
L'assegnazione
del malato alla funzione di day-hospital è disposta dall'unità operativa cui lo
stesso è stato assegnato in cura nella fase acuta della malattia; può essere
inoltre disposta direttamente dal servizio di accettazione sanitaria.
Art.
29
Funzione
paraospedaliera.
Criteri
per l'ammissione, requisiti e dotazioni. La funzione paraospedaliera deve
garantire i trattamenti di cui al primo comma, lettera c), del precedente
articolo 26. A tale scopo la funzione paraospedaliera deve assicurare:
-
assistenza infermieristica continuativa;
-
assistenza medica continuativa nell'arco diurno, ed utilizzazione della guardia
medica per emergenze notturne e festive;
-
continuità terapeutica con il servizio della medicina di base convenzionata.
Tale
funzione si avvale della consulenza specialistica e delle dotazioni
diagnostico-terapeutiche a disposizione di tutto il servizio ospedaliero della
ULSS.
La
funzione paraospedaliera può essere attivata autonomamente o in presìdi in cui
si svolga la funzione ospedaliera per malati acuti, con l'osservanza dei
criteri di cui al presente articolo.
L'assegnazione
dei degenti alle funzioni paraospedaliere è disposta dal servizio di
accettazione del presidio di riferimento; può essere effettuata anche
direttamente dall'unità operativa responsabile dell'assistenza nella fase
acuta. In ogni caso devono essere osservati i seguenti criteri:
-
non debbono essere espletate funzioni di assistenza ospedaliera ai malati in
fase acuta;
-
il degente deve essere suscettibile di trattamenti per il recupero psicofisico
e la riabilitazione, stabiliti in protocolli terapeutici formulati dall'unità
operativa responsabile dell'assistenza nella fase acuta;
-
la durata presumibile di degenza deve consentire una adeguata rotazione
nell'utilizzazione degli spazi di degenza.
La
dotazione dei posti-letto per la funzione paraospedaliera di norma non deve
essere superiore a 30.
Art.
30
Le
aree assistenziali.
Il
programma comprensoriale prevede che le attività diagnostico-terapeutiche del
presidio ospedaliero vengano organizzate nelle seguenti aree assistenziali:
a)
accettazione sanitaria;
b)
degenza intensiva;
c)
degenza ordinaria;
d)
predimissione anche per le funzioni di day-hospital.
L'area
sub a) è unica per ciascun presidio.
Le
aree sub b) e sub c) sono a destinazione indifferenziata.
Nell'area
dell'accettazione sanitaria debbono essere comunque prestate attività di pronto
intervento, anche mediante il trasporto d'urgenza presso altri presìdi
ospedalieri. Il servizio ospedaliero unico deve garantire in ogni caso un'attività
continuativa di pronto soccorso in funzione per tutto l'arco della giornata, e
adeguatamente collegata con tutti i presìdi dell'ULSS. Tale attività è di norma
realizzata con l'utilizzo delle dotazioni dei dipartimenti ospedalieri; la
tabella 10 dell'allegato A indica le ULSS nelle quali essa è strutturata in
unità operativa autonoma.
Art.
31
Unità
ospedaliere di diagnosi e cura.
Il
personale sanitario addetto ai servizi ospedalieri di diagnosi e cura è
ripartito nelle aree funzionali di medicina e di chirurgia.
All'interno
di ciascuna area sono istituite unità operative ed unità organiche.
Le
unità operative sono dirette da un medico appartenente ad una delle due fasce
di responsabilità diagnostico-terapeutica previste dall'art. 63 del D.P.R. n.
761/1979.
Le
unità organiche sono costituite da più unità operative secondo criteri di
omogeneità di disciplina, e sono dirette da un medico appartenente alla fascia
di responsabilità apicale.
Alle
unità operative sono assegnati medici della posizione funzionale iniziale
(assistenti e medici in formazione) e personale di assistenza infermieristica
ed ausiliario, secondo criteri di rotazione stabiliti dalla Giunta regionale ai
sensi della L.R. n. 22/1984 anche sulla base delle disposizioni contenute nel
D.P.R. n. 761/1979.
Le
unità operative possono essere qualificate per particolari branche di attività
assistenziali, affini od equipollenti a quella corrispondente alla
denominazione dell'unità organica a direzione primariale cui appartengono. Tale
qualificazione ha rilievo esclusivamente assistenziale, e non comporta
modifiche nella posizione giuridica posseduta dal responsabile dell'unità
operativa, il quale in ogni caso deve possedere i requisiti specifici previsti
dalla normativa concorsuale statale.
Le
disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche al personale medico
universitario convenzionato, relativamente all'organizzazione della funzione
diagnostico-terapeutica e nel rispetto della peculiarità delle posizioni
funzionali determinate ai sensi dell'ordinamento universitario.
Art.
32
Dipartimenti
ospedalieri. Finalità e compiti.
I
servizi diagnostico-terapeutici relativi alle aree assistenziali di cui
all'art. 30 sono strutturati su base dipartimentale ai sensi dell'art. 17 della
legge n. 833/1978 secondo il modello organizzativo della tabella 11
dell'allegato A.
I
dipartimenti sono finalizzati all'espletamento di attività affini e
complementari dirette a favorire la globalità dell'intervento,
l'interdisciplinarietà del lavoro, un più stretto rapporto fra le strutture
ospedaliere ed il territorio, la partecipazione del personale interessato, lo
sviluppo di attività di aggiornamento e ricerca, l'economicità della gestione.
Sono
compiti del dipartimento:
-
l'organizzazione dei flussi assistenziali all'interno dell'area di competenza;
-
la razionale utilizzazione del personale;
-
la gestione delle risorse, attrezzature e presidi assegnati all'area
dipartimentale;
-
la programmazione dei fabbisogni di risorse sia di personale che di dotazioni
strumentali;
-
la riqualificazione e l'aggiornamento degli operatori;
-
la promozione della partecipazione degli operatori alle scelte da effettuare;
-
il coordinamento delle attività di ricerca scientifica;
-
la messa a punto delle modalità di lavoro attraverso l'individuazione di
opportuni protocolli;
-
la verifica periodica dell'attuazione dei programmi d'intervento.
Art.
33
Criteri
per la determinazione.
Di
norma il dipartimento è unico per ciascun presidio, ad eccezione dei presìdi
indicati nella tabella 12 dell'allegato A, nei quali vengono costituiti
distinti dipartimenti almeno per la medicina, la chirurgia, e l'assistenza
materno-infantile.
Il
dipartimento materno-infantile deve garantire la realizzazione degli obiettivi
previsti all'articolo 11, comma quinto e sesto, della L.R. n. 29/1982.
Nei
casi in cui vi siano più dipartimenti, le unità operative di diagnostica
strumentale e di laboratorio costituiscono dipartimento con le corrispondenti
strutture extraospedaliere.
Art.
34
Direzione
del dipartimento.
Al
funzionamento del dipartimento è preposto un comitato composto da:
a)
tutti i responsabili apicali assegnati al dipartimento;
b)
aiuti corresponsabili ed assistenti delle unità operative, eletti dagli
operatori di tali qualifiche in servizio nelle stesse unità operative in numero
pari alla metà dei membri di cui alla lettera a);
c)
rappresentanti elettivi del personale non medico in servizio nelle stesse unità
operative, in misura corrispondente ad un terzo dei membri di diritto.
Il
comitato elegge un coordinatore fra i responsabili apicali.
Il
comitato dura in carica un anno e ha il compito di:
-
garantire l'attuazione dei compiti del dipartimento;
-
mantenere i rapporti con l'ufficio di direzione nonché, ove esista, con la
direzione sanitaria;
-
convocare l'assemblea degli operatori del dipartimento tutte le volte che se ne
ravvisi l'opportunità e comunque con periodicità annuale, o quando ne faccia
richiesta almeno un terzo degli operatori.
Art.
35
Funzioni
igienico-organizzative.
Le
funzioni di carattere igienico-organizzativo sono svolte dall'apposita sezione
costituita presso il settore «Assistenza sanitaria e farmaceutica» dell'ufficio
di direzione in conformità con le indicazioni delle tabelle 16 e 18
dell'allegato A.
È
compito della sezione di cui al precedente comma provvedere:
-
all'igiene degli ambienti ospedalieri;
-
alla tenuta dell'archivio clinico e alle conseguenti registrazioni e
refertazioni;
-
alla raccolta delle informazioni di carattere statistico-epidemiologico ivi
compresa la notifica delle malattie soggette ad obbligo di denuncia;
-
all'organizzazione del servizio di documentazione e biblioteca del presidio;
-
alla vigilanza sull'uso di medicinali e presìdi sanitari, nonché sulla loro
fornitura ove non sia costituita l'apposita sezione «assistenza farmaceutica»;
-
all'istruttoria tecnica per l'acquisizione di apparecchiature sanitarie, arredi
e materiali sanitari;
-
alla predisposizione degli elementi per la relazione annuale sullo stato dei
servizi sanitari,
relativamente
al servizio ospedaliero;
-
alla organizzazione del servizio del personale sanitario, sanitario-ausiliario
e tecnico assegnato dall'ufficio di direzione al servizio ospedaliero.
Nei
presìdi ospedalieri al cui interno siano costituiti più dipartimenti, la struttura
di cui al presente articolo viene affidata ad un direttore sanitario, che
partecipa all'ufficio di direzione in qualità di esperto ai sensi del
precedente articolo 16, ultimo comma.
In
tali casi la struttura svolge anche funzioni di coordinamento interdipartimentale,
con particolare riguardo all'organizzazione dei flussi assistenziali tra le
varie aree nonché al raccordo tra l'area dell'accettazione sanitaria-pronto
soccorso e i servizi di emergenza del territorio.
Capo
V - Le priorità per il riordino delle attività psichiatriche e di tutela della
salute mentale
Art.
36
Princìpi
e criteri per il riordino.
I
servizi psichiatrici e per la tutela della salute mentale sono riorganizzati
sulla base dei seguenti principi:
1.
il servizio è unico in ciascuna ULSS;
2.
il servizio provvede alle seguenti funzioni di psichiatria e tutela della
salute mentale:
-
attività di prevenzione e tutela della salute mentale a supporto delle funzioni
del distretto di base;
-
attività ambulatoriale presso i presìdi territoriali di salute mentale;
-
attività di consulenza su richiesta dei servizi socio-sanitari delle aree
integrative;
-
assistenza ai pazienti presso il domicilio;
-
attività di accoglienza diurna, notturna e comunitaria finalizzata alla
reintegrazione sociale e alla terapia;
-
assistenza ai pazienti ancora ricoverati nelle strutture di lungodegenza,
limitatamente alla persistenza di queste ultime.
Art.
37
Dipartimento
per la salute mentale.
L'area
delle funzioni psichiatriche e di tutela della salute mentale è organizzata in
dipartimento ai sensi dell'articolo 34 della legge n. 833/1978 e per le
finalità di cui all'art. 32 della presente legge.
Gli
operatori del ruolo nominativo regionale assegnati al dipartimento sono
costituiti in gruppo di lavoro unico, secondo le indicazioni contenute nella
tabella 13 dell'allegato A.
Il
dipartimento fa parte dell'area delle funzioni integrative ed è coordinato
presso l'ufficio di direzione dal settore «assistenza sanitaria e farmaceutica»
nel rispetto dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi.
Art.
38
Attività
psichiatriche di diagnosi e cura.
I
fabbisogni di emergenza sanitaria di natura psichiatrica sono soddisfatti
nell'ambito dei posti-letto del servizio ospedaliero unico.
A
tal fine gli operatori del dipartimento per la salute mentale concordano con le
unità operative del presidio ospedaliero programmi terapeutici individualizzati
ed assicurano la necessaria consulenza e presenza attiva.
Le
dotazioni di cui al primo comma ricomprendono anche i posti-letto necessari ai
trattamenti sanitari obbligatori. La tabella 14 individua i presìdi dove tali
trattamenti debbono essere praticati, ed indica il numero dei posti-letto da
prevedere.
Nei
centri territoriali di salute mentale possono essere previsti spazi per trattamenti
sanitari non ambulatoriali, di durata limitata.
Art.
39
Destrutturazione
dell'ospedale psichiatrico di Perugia.
La
destrutturazione dell'ospedale psichiatrico di Perugia e della sezione di
Spoleto in attuazione dell'art. 64 della legge n. 833/1978, è realizzata
attraverso il superamento della specificità psichiatrica dello stesso mediante
la riorganizzazione interna con la costituzione di presìdi socio-sanitari per i
servizi di cui alla L.R. n. 29/1982.
Gli
adempimenti di cui al comma precedente sono realizzati nell'ambito del
programma comprensoriale previsto all'art. 6.
A
tale scopo i servizi delle ULSS n. 3 e n. 8 provvedono, d'intesa con quelli
delle ULSS di provenienza dei ricoverati, alla individuazione dei servizi di
destinazione per i pazienti tuttora degenti presso l'ospedale psichiatrico.
Art.
40
Comitato
operatori salute mentale.
Allo
scopo di assicurare il necessario coordinamento delle esperienze condotte nel
territorio regionale nell'espletamento delle attività di cui agli artt. 36 e
39, la Giunta regionale istituisce un apposito comitato formato da operatori
dei dipartimenti di salute mentale delle ULSS della Regione.
Nel
comitato deve essere assicurata la presenza dei diversi profili professionali
operanti nei dipartimenti di salute mentale.
Capo
VI - Le priorità per il riordino delle attività per la prevenzione e la cura
delle tossicodipendenze
Art.
41
Principi
e criteri per il riordino.
La
Regione, le ULSS e i Comuni esercitano le funzioni di loro competenza nel campo
della prevenzione,
cura
e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza garantendo:
-
l'utilizzo dei normali servizi socio-sanitari, educativi e promozionali
presenti nel territorio;
-
la partecipazione degli organismi associativi a carattere volontario alle attività
di prevenzione dell'uso non terapeutico delle sostanze stupefacenti e
psicotrope;
-
il supporto agli organismi pubblici e privati che gestiscono iniziative
comunitarie per il reinserimento delle persone con problemi di
tossicodipendenza;
-
l'attuazione di ogni altra iniziativa per eliminare le condizioni di
marginalità collegate al fenomeno della tossicodipendenza e in ogni caso per
prevenire l'applicazione delle misure coercitive previste dalla vigente
legislazione;
-
la collaborazione e l'integrazione con gli altri settori della pubblica
amministrazione operanti nel campo della legge n. 685/1975.
Art.
42
Le
funzioni tecnico-consultive regionali.
Per
i fini previsti all'articolo 90 della legge n. 685/1975, secondo comma, la
Regione si avvale di una sezione del Consiglio tecnico regionale per la sanità
integrata nei modi indicati all'articolo 4, quinto comma, della L.R. n.
72/1980. Compete in particolare a tale sezione:
a)
operare i necessari interventi e controlli sull'attività dei presìdi sanitari,
fatto salvo il rispetto del diritto all'anonimato;
b)
determinare i protocolli terapeutici ivi compresi quelli a carattere
sperimentale per l'eventuale uso delle sostanze ad azione analgesico-narcotica
per i fini di cui sopra, e garantire la consulenza ai servizi di assistenza
socio-sanitaria ai tossicodipendenti nella loro applicazione e nella
sorveglianza dei loro effetti, sempre con il rispetto dell'anonimato;
c)
analizzare i dati e le informazioni raccolte attraverso il servizio informativo
socio-sanitario e l'osservatorio epidemiologico regionale per le valutazioni
sull'andamento del fenomeno delle tossicodipendenze nell'ambito regionale.
Art.
43
La
conferenza regionale.
Viene
istituita la Conferenza regionale permanente per la prevenzione delle tossicodipendenze.
La Conferenza è presieduta dal Presidente della Giunta regionale ed è composta:
a)
dall'assessore regionale alla sanità e all'assistenza;
b)
da un rappresentante per ciascun comitato di gestione delle ULSS della Regione;
c)
da un rappresentante per ciascuna delle amministrazioni provinciali della
Regione;
d)
da un rappresentante della C.E.U., Conferenza episcopale umbra;
e)
da tre rappresentanti dei comuni, designati tra i sindaci dall'Associazione
nazionale dei comuni d'Italia, sezione regionale dell'Umbria;
f)
da due rappresentanti della Consulta regionale della donna designati dalla
stessa con voto limitato;
g)
dai giudici di sorveglianza dei Tribunali aventi sede in Umbria;
h)
da un rappresentante designato da ciascuna delle Prefetture dell'Umbria;
i)
da un rappresentante designato da ciascuna delle Questure dell'Umbria;
j)
da un rappresentante designato dalla Legione dei Carabinieri;
k)
da un rappresentante designato dal Comando della Guardia di finanza;
l)
da un rappresentante per ciascuno dei Provveditori agli studi dell'Umbria,
scelti tra i componenti dei comitati di studio, programmazione e ricerca di cui
all'articolo 85 della L. n. 685/1975;
m)
da un membro designato dall'Istituto regionale di ricerche, sperimentazione
attività educative - IRRSAE - dell'Umbria;
n)
da un membro designato dal Centro sperimentale per l'educazione sanitaria
dell'Università di Perugia;
o)
da un membro designato dalla Scuola speciale di servizio sociale
dell'Università di Perugia;
p)
da 5 operatori medici e non medici dei servizi di assistenza socio-sanitaria
alle tossicodipendenze, nominati dal Consiglio regionale con voto limitato a
tre;
q)
da un rappresentante per ciascuna comunità terapeutica operante in Umbria;
r)
da 5 rappresentanti delle cooperative di servizio sociale e delle associazioni
di volontariato, nominati dal Consiglio regionale con voto limitato a tre;
s)
da un membro designato dall'Istituto superiore di sanità;
t)
dai componenti della sezione del Consiglio tecnico regionale di sanità di cui
al precedente articolo 41;
u)
dai dirigenti degli uffici regionali dell'area socio-sanitaria.
La
Conferenza, che può articolarsi per commissioni:
1)
formula proposte agli organi della Regione per il coordinamento e il controllo
sugli organismi e gli enti abilitati alla prevenzione, cura e riabilitazione
degli stati di tossicodipendenza;
2)
propone alla Giunta regionale il programma annuale di educazione sanitaria per
la prevenzione delle tossicodipendenze ferme restando le competenze del
comitato di cui all'art. 85 della legge n. 685/1975 e le altre previste al
titolo IX della stessa legge;
3)
fornisce elementi per la relazione del Presidente della Giunta regionale sullo
stato sanitario della Regione e sullo stato dei servizi, di cui all'articolo 2
della L.R. n. 1/1982;
4)
collabora su richiesta con gli organi della pubblica amministrazione operanti
nella prevenzione delle tossicodipendenze e nella lotta contro la diffusione
delle sostanze stupefacenti;
5)
esprime parere sulla designazione degli esperti da nominare nelle sezioni
civili specializzate, ai sensi dell'art. 101, secondo comma, della L. n.
685/1975.
Ai
sensi dell'articolo 91 della L. n. 685/1975 la Conferenza può richiedere
informazioni concernenti le materie di sua competenza a qualsiasi organo della
pubblica amministrazione operante nell'ambito regionale.
La
Conferenza si riunisce in seduta plenaria almeno una volta all'anno.
I
compiti di assistenza tecnico-istruttoria sono svolti dall'apposito servizio
del competente ufficio regionale dell'area socio-sanitaria. Il funzionario
responsabile di tale servizio assume l'incarico di segretario della Conferenza.
Art.
44
Norme
sui servizi operativi.
Per
i fini previsti dall'articolo 90 della L. n. 685/1975, terzo comma, paragrafo
2), le ULSS istituiscono servizi per l'assistenza socio-sanitaria ai soggetti
con problemi di tossicodipendenza. Tali servizi, di seguito denominati SAT,
sono affidati alla responsabilità di un medico o di uno psicologo appartenenti
alla posizione funzionale apicale o a quella immediatamente inferiore, e sono
coordinati nel settore «assistenza sanitaria e farmaceutica» dell'ufficio di
direzione.
La
tabella 15 dell'allegato A indica i parametri per la strutturazione dei SAT.
I
SAT:
1)
attuano le terapie nei confronti dei soggetti in trattamento sanitario
volontario nonché di quelli che sono loro affidati ai sensi dell'art. 100 della
L. n. 685/1975;
2)
forniscono consulenza diagnostico-terapeutica ai luoghi di cura ivi comprese le
comunità terapeutiche, ai presìdi ospedalieri, ai servizi territoriali locali
ed ai singoli medici, nonché su richiesta ai servizi sanitari degli istituti di
pena e a quelli militari;
3)
attuano i programmi terapeutici sperimentali sulla base dei protocolli fissati
dalla competente sezione del Consiglio tecnico regionale per la sanità;
4)
attuano ogni opportuna iniziativa idonea al recupero sociale dei
tossicodipendenti e al loro reinserimento lavorativo, interessando in via
prioritaria quando possibile la famiglia;
5)
esercitano le funzioni attribuite ai centri medici e di assistenza sociale ai
sensi degli articoli 96, 97 e 100 della legge n. 685/1975.
Le
ULSS 3 e 12 istituiscono «centri accoglienza» esterni al presidio ospedaliero,
per assicurare risposte di carattere residenziale o semiresidenziale in casi di
urgente necessità, o per svolgere attività diurne programmate e guidate da
operatori socio-sanitari, con finalità terapeutiche, per soggetti già in carico
ai SAT.
Inoltre
le ULSS si avvalgono, anche mediante convenzione, delle comunità terapeutiche
pubbliche e private che rispondano ai requisiti stabiliti dalla Giunta
regionale entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
Capo
VII - Le priorità per il riordino dell'ufficio di direzione
Art.
45
Princìpi
e criteri per il riordino.
Per
i fini della presente legge, viene indicato di seguito come «ufficio di
direzione» l'insieme dei settori e servizi che compongono l'area delle funzioni
centrali dell'ULSS. Il collegio dei responsabili di settore dell'ufficio di
direzione viene indicato di seguito come «organo di direzione dell'ufficio
centrale» o «
organo
di direzione».
Le
ULSS costituiscono l'ufficio di direzione secondo l'articolazione nei settori
di cui alla tabella 16 dell'allegato A.
La
tabella 17 dell'allegato A elenca le materie da ricomprendere nell'ambito di
ciascuno dei settori dell'ufficio di direzione. Per le materie non elencate,
l'attribuzione ai settori viene determinata dall'organo di direzione
dell'ufficio, su proposta dei coordinatori.
Ciascuno
dei settori dell'ufficio di direzione è affidato alla responsabilità di un
funzionario appartenente alla posizione funzionale apicale dei laureati del
ruolo sanitario per i settori a responsabilità sanitaria, e dei laureati del
ruolo amministrativo e di quello tecnico per i settori a responsabilità
amministrativa.
La
tabella 18 dell'allegato A elenca le materie che possono essere organizzate
come «servizi comuni» a disposizione dell'organo di direzione. Tali servizi, la
cui responsabilità può essere affidata a funzionari della qualifica apicale o,
in mancanza, di quella immediatamente inferiore, fanno riferimento diretto al
coordinatore sanitario o amministrativo pro-tempore, secondo il criterio
indicato nella stessa tabella 18.
Le
ULSS possono articolare i settori in sezioni, affidate alla responsabilità di
funzionari appartenenti alla qualifica immediatamente inferiore a quella
apicale. La tabella 19 dell'allegato A indica i criteri di massima per
l'articolazione nelle sezioni.
Art.
46
La
responsabilità di settore.
Per
i profili professionali per i quali è ammessa l'opzione tra tempo pieno e tempo
definito, l'appartenenza all'ufficio di direzione è subordinata all'opzione per
il rapporto di lavoro a tempo pieno.
Tale
vincolo non opera nel caso di sostituzione temporanea, fermo restando che
l'opzione per il tempo pieno costituisce titolo preferenziale qualora vi siano
più concorrenti alla sostituzione stessa.
Qualora
si verifichino vacanze per assenza o impedimento del titolare, il Comitato di
gestione provvede alla sostituzione attribuendo l'incarico nell'ordine:
-
ad altro responsabile di settore dell'ufficio di direzione nell'ambito delle
materie sanitarie o amministrative;
-
ad altro dipendente dell'ULSS appartenente alla posizione funzionale apicale;
-
al corrispondente responsabile di settore di un'altra ULSS della Regione,
mediante provvedimento di comando o di incarico a tempo parziale.
In
caso di vacanza per cessazione del servizio da parte del titolare, le funzioni
possono essere assegnate temporaneamente al personale appartenente alla
qualifica immediatamente inferiore, purché in possesso dei requisiti per
l'accesso alla qualifica superiore e previa attivazione delle procedure
concorsuali per la copertura del posto vacante.
Art.
47
L'attività
collegiale dell'ufficio.
Il
Comitato di gestione regola i suoi rapporti con l'ufficio di direzione secondo
il principio dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi.
A
tale scopo, il Comitato di gestione determina indirizzi generali per
l'organizzazione e il funzionamento dei servizi dell'ULSS, per la
programmazione dell'attività e per il servizio degli operatori, affidandone la
realizzazione all'ufficio di direzione.
Nell'ambito
degli indirizzi e delle direttive di massima del Comitato di gestione, l'organo
di direzione cura i seguenti affari:
-
predisposizione tecnica degli atti deliberativi di programmazione ed
organizzazione e funzionamento dei servizi e del personale;
-
predisposizione tecnica degli atti deliberativi concernenti i programmi di
attività in attuazione del programma comprensoriale;
-
coordinamento delle altre proposte di deliberazione aventi rilevanza per il
funzionamento complessivo dell'ULSS;
-
rapporti con il livello regionale del sistema informativo, con l'osservatorio
epidemiologico, con gli altri uffici regionali responsabili della
programmazione socio-sanitaria.
Ai
sensi dell'art. 15 della legge n. 833/1978 spetta all'organo di direzione
dell'ufficio centrale curare l'organizzazione, il coordinamento e il
funzionamento di tutti i servizi nonché la direzione del personale.
Ferma
restando la competenza del Comitato di gestione per tutte le determinazioni che
comportino impegni formali a carico del bilancio, spetta ai responsabili dei
settori dell'ufficio di direzione adottare,
mediante
disposizioni di servizio, gli atti occorrenti per realizzare i programmi
deliberati dal Comitato di gestione, che non siano affidati alla responsabilità
complessiva dell'organo di direzione.
Gli
atti concernenti la direzione del personale sono in ogni caso di competenza
dell'organo di direzione.
Resta
ferma l'autonomia tecnico-funzionale dei responsabili per l'organizzazione del
lavoro all'interno delle aree funzionali di competenza.
Art.
48
Compiti
particolari dei coordinatori.
Oltre
alle funzioni loro spettanti ai sensi del vigente ordinamento del personale,
spetta al coordinatore sanitario ed al coordinatore amministrativo presiedere a
turno le riunioni dell'ufficio di direzione e sovraintendere all'esecuzione
delle sue decisioni.
Capo
VIII - Altre misure prioritarie
Art.
49
Riordino
delle attività veterinarie.
Nell'ambito
del programma comprensoriale le ULSS provvedono al riordino delle strutture
essenziali alla realizzazione delle attività veterinarie secondo i criteri
indicati nella tabella 20 dell'allegato A. Deve essere in particolare previsto
che:
-
in ogni ULSS ci sia un'unità operativa di profilassi antirabbica e una per la
disinfezione e disinfestazione;
-
i centri di ispezione sanitaria presso i macelli pubblici e privati siano
ristrutturati secondo le indicazioni di cui alla tabella 21.
Art.
50
Riordino
delle attività di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Nell'ambito
del programma comprensoriale le ULSS provvedono al riordino delle attività di
prevenzione e tutela nei luoghi di lavoro secondo i criteri di cui alla tabella
22 dell'allegato A.
Art.
51
Riordino
delle attività specialistiche.
Le
tabelle da 23 a 25 dell'allegato A contengono misure programmatiche da
applicare nel periodo di vigenza del piano relativamente:
a)
alle prestazioni specialistiche che possono essere decentrate in tutte le ULSS
(tabella 23);
b)
alle prestazioni specialistiche proiettate sulle aree di riequilibrio
territoriale delle utenze (tabella 24);
c)
alle prestazioni specialistiche a carattere multizonale (tabella 25).
Art.
52
Misure
per il tempo pieno.
Le
ULSS provvedono ad attuare l'incentivazione del rapporto di lavoro a tempo
pieno secondo i vigenti accordi contrattuali del comparto sanitario, con
particolare riferimento alla qualificazione degli operatori nell'ambito delle
attività didattiche e di ricerca.
Il
personale a tempo pieno operante nei servizi ospedalieri partecipa alle
attività socio-sanitarie territoriali nell'ambito della propria
professionalità.
La
tabella 26 dell'allegato A contiene l'elenco delle discipline da indicare per
la prescrizione del rapporto di lavoro a tempo pieno.
TITOLO
III
Disposizioni
finanziarie
Art.
53
Fonti
del finanziamento.
Al
finanziamento dell'attività socio-sanitaria si provvede distintamente:
a)
per la gestione sanitaria:
1)
con la quota parte del Fondo sanitario nazionale di cui alla legge 23 dicembre
1978, n. 833;
2)
con le entrate proprie delle ULSS;
3)
con eventuali contributi di terzi.
b)
per la gestione dei servizi socio-assistenziali:
1)
con il Fondo sociale di cui alla L.R. n. 29/1982;
2)
con le risorse assegnate dai Comuni;
3)
con eventuali contributi di terzi.
Gli
enti locali concorrono con alienazioni e trasformazioni patrimoniali alle
necessità di investimenti del sistema socio-sanitario.
Art.
54
Ripartizione
del Fondo sanitario regionale per spese correnti.
Il
Fondo sanitario regionale per spese correnti è utilizzato con l'obiettivo del
graduale riequilibrio territoriale e funzionale dei servizi ed è destinato a:
1)
spese sanitarie correnti delle ULSS;
2)
spese sanitarie a gestione regionale;
3)
spese sanitarie a destinazione vincolata riguardanti:
a)
i progetti obiettivo;
b)
la formazione, aggiornamento e riqualificazione del personale del servizio
sanitario;
c)
la ricerca scientifica finalizzata e l'osservatorio epidemiologico;
d)
l'educazione sanitaria.
La
tabella 27 dell'allegato A contiene i criteri di applicazione dei parametri per
la ripartizione del Fondo per le spese sanitarie correnti delle ULSS
relativamente al triennio di validità del piano.
La
Giunta regionale attribuisce annualmente alle ULSS i fondi per la realizzazione
dei Progetti-obiettivo in relazione ai programmi specifici delle stesse da
presentare alla Giunta entro il 30 settembre dell'anno precedente all'esercizio
finanziario cui si riferisce.
Il
riparto del F.S.R. per spese correnti viene effettuato dalla Giunta regionale,
previo parere della competente commissione consiliare, nei termini previsti
dalle specifiche disposizioni delle leggi nazionali e regionali.
La
Giunta regionale attribuisce il Fondo di riserva accantonato per interventi di
riequilibrio ed imprevisti.
Art.
55
Procedure
particolari per il finanziamento delle spese per il personale, finalizzate al
riequilibrio delle piante organiche.
Al
riparto delle quote per il finanziamento delle spese per il personale si
provvede:
a)
in sede di ripartizione del Fondo sanitario regionale, mediante computo del
costo per il personale sostenuto precedentemente, aumentato della percentuale
di incremento riconosciuta nel riparto del Fondo sanitario nazionale;
b)
in sede di assegnazione dell'ultima quota trimestrale del Fondo, mediante
integrazione nella misura corrispondente al costo reale delle nuove unità
organiche effettivamente in servizio nell'anno di competenza.
Per
i fini di cui alla lettera b) del comma precedente si provvede mediante
l'utilizzazione del Fondo di riserva per interventi di riequilibrio ed
imprevisti, di cui al precedente art. 54, ultimo comma.
Nei
casi in cui il personale in servizio risulti eccedente rispetto ai parametri di
cui alle tabelle 2 e 4, il costo relativo all'eccedenza viene decurtato in sede
di riparto del Fondo regionale con le stesse gradualità previste per le
situazioni di carenza. A tal fine si provvede sulla base del costo medio del
personale calcolato su base regionale.
Per
gli scopi di cui al presente articolo le ULSS comunicano entro il 15 settembre
l'elenco del personale in servizio.
Art.
56
Ripartizione
del Fondo sanitario regionale per spese in conto capitale.
Il
Fondo sanitario regionale per le spese in conto capitale è destinato:
a)
al finanziamento degli investimenti di mantenimento del patrimonio edilizio e
tecnologico;
b)
agli investimenti di innovazione;
c)
agli investimenti di trasformazione;
d)
all'accrescimento dell'efficienza delle dotazioni strumentali.
Il
riparto del Fondo sanitario regionale per spese in conto capitale viene
effettuato dalla Giunta regionale, previo parere della competente commissione
consiliare, secondo le indicazioni contenute nella presente legge ed in
rapporto ai parametri e programmi specificati nelle tabelle 28 e 29
dell'allegato A, nonché in base a specifici programmi pluriennali di
investimenti.
I
contributi e le donazioni provenienti da enti o privati ed i proventi derivanti
da alienazioni e trasformazioni di patrimoni degli enti locali per investimenti
delle ULSS sono soggetti ai vincoli di utilizzo secondo le indicazioni
prioritarie del piano socio-sanitario regionale.
Art.
57
Ripartizione
del Fondo regionale per l'espletamento dei servizi in materia socio-assistenziale.
Il
Fondo per l'espletamento dei servizi in materia socio-assistenziale di cui
all'art. 32 della L.R. n. 29/1982, è ripartito annualmente come segue:
1)
una quota da stabilire con atto della Giunta regionale - nell'ambito della
somma stanziata con la legge di bilancio - viene destinata alla Associazione
dei Comuni della Valle Umbra Sud per il funzionamento della Casa di riposo ex
O.N.P.I. sulla base delle spese di gestione, escluso il personale, sostenute
nell'esercizio precedente a quello della ripartizione ed evidenziati in
appositi rendiconti a cura della Associazione predetta;
2)
il 92% del Fondo decurtato della quota di cui al punto 1), viene ripartito tra
tutte le Associazioni dei Comuni in proporzione diretta alla popolazione
residente al 31 dicembre del penultimo anno antecedente a quello della
ripartizione nell'ambito territoriale di competenza;
3)
il restante 8% è riservato per l'assegnazione di eventuali contributi
finalizzati ad interventi straordinari. La parte di tale quota che non sia
utilizzata entro il 31 ottobre viene ripartita tra tutte le Associazioni con il
parametro di cui al punto 2). L'assegnazione è effettuata alle Associazioni dei
Comuni,
dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare.
I
Comuni sono tenuti ad iscrivere nel bilancio di previsione la quota di
finanziamento a proprio carico stabilita nel programma comprensoriale di cui
all'art. 24 della L.R. n. 29/1982, contestualmente all'approvazione del
bilancio stesso.
I
Comuni sono altresì tenuti alla tempestiva erogazione della quota a proprio
carico a favore della rispettiva Associazione per consentire la regolare
esecuzione dei programmi.
Art.
58
Verifiche.
La
Giunta regionale verifica la corretta applicazione da parte delle ULSS delle
norme di contabilità e di amministrazione del patrimonio di cui alla L.R. n.
18/1980, anche al fine di accertare la rispondenza dei fatti gestionali con le
prescrizioni del piano.
TITOLO
IV
Adeguamento
della legislazione socio-sanitaria regionale
Art.
59
Abrogazione
della L.R. n. 68 del 1974.
La
legge regionale 13 dicembre 1974, n. 68 concernente: «Disciplina delle
procedure per l'istituzione di nuovi servizi, copertura organici, acquisizione
attrezzature ed alienazione dei beni patrimoniali da parte degli enti
ospedalieri» è abrogata.
Art.
60
Abrogazione
della L.R. n. 29 del 1977.
La
legge regionale 17 giugno 1977, n. 29 concernente «Disciplina dell'esercizio
delle funzioni amministrative regionali in materia di prevenzione, cura e
riabilitazione degli stati di tossicodipendenza» è abrogata.
Art.
61
Modificazioni
della L.R. n. 65 del 1979.
La
legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65, concernente «Organizzazione del
servizio socio-sanitario regionale, è modificata nei modi di seguito indicati.
(2).
(3).
(4).
(5).
(6).
(7).
(8).
(9).
All'art.
36 l'espressione «disposizioni per il collegamento delle aree funzionali» è
sostituita con «indirizzi per il collegamento delle aree funzionali».
(10).
(11).
(12).
Al
quarto alinea della lettera a) dello stesso art. 38 l'espressione «sanità
animale ed igiene e vigilanza degli allevamenti» è sostituita con «medicina
veterinaria».
(13).
Al
quinto comma dell'art. 38 l'espressione «i responsabili dei servizi di settore
è sostituita con «i responsabili di settore».
(14).
(2)
Sostituisce, con un unico comma, gli originari commi quinto e sesto dell'art.
12, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.
(3)
Sostituisce il terzo alinea del secondo comma dell'art. 18, L.R. 19 dicembre
1979, n. 65.
(4)
Aggiunge il secondo comma all'art. 20, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.
(5)
Sostituisce il secondo comma dell'art. 26, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.
(6)
Sostituisce il quarto comma dell'art. 26, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.
(7)
Sostituisce il terzo alinea del secondo comma dell'art. 32, L.R. 19 dicembre
1979, n. 65.
(8)
Aggiunge un alinea al terzo comma dell'art. 33, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.
(9)
Sostituisce l'ultimo comma dell'art. 33, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.
(10)
Aggiunge due episodi al secondo comma dell'art. 37, L.R. 19 dicembre 1979, n.
65.
(11)
Aggiunge un comma alla fine dell'art. 37, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.
(12)
Sostituisce il primo capoverso del secondo comma dell'art. 38, L.R. 19 dicembre
1979, n. 65.
(13)
Sostituisce il terzo comma dell'art. 38, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.
(14)
Sostituisce l'ultimo comma dell'art. 38, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.
Art.
62
Modificazioni
alla L.R. n. 43 del 1980.
La
legge regionale 17 maggio 1980,n. 43, concernente «Prevenzione e tutela della
salute nei luoghi di lavoro» è modificata nei modi di seguito indicati:
(15).
(16).
(17).
(18).
(15)
Sostituisce l'art. 11, L.R. 17 maggio 1980, n. 43.
(16)
Sostituisce l'art. 12, L.R. 17 maggio 1980, n. 43.
(17)
Aggiunge il primo alinea all'art. 14, L.R. 17 maggio 1980, n. 43.
(18)
Aggiunge tre commi alla fine dell'art. 14, L.R. 17 maggio 1980, n. 43.
Art.
63
Modificazione
alla L.R. n. 72 del 1980.
La
legge regionale 10 dicembre 1980, n. 72, concernente «Istituzione del consiglio
tecnico regionale per la sanità» è modificata nei modi di seguito indicati:
(19).
(20).
(19)
Sostituisce il primo alinea del comma primo dell'art. 3, L.R. 10 dicembre 1980,
n. 72.
(20)
Aggiunge un paragrafo al quinto comma dell'art. 4, L.R. 10 dicembre 1980, n.
72.
Art.
64
Modificazioni
alla L.R. n. 19 del 1982.
La
legge regionale 7 aprile 1982, n. 19, concernente «Norme per l'esercizio delle
funzioni in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia
veterinaria» è modificata nei modi di seguito indicati:
(21).
(21)
Sostituisce l'art. 7, L.R. 7 aprile 1982, n. 19.
Art.
65
Modificazione
alla L.R. n. 24 del 1982.
La
legge regionale 14 maggio 1982, n. 24, concernente: «Norme per il trasferimento
alle ULSS delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica» è modificata
nei modi di seguito indicati.
(22).
(23).
(24).
All'art.
6, primo comma, dopo le parole «i servizi dell'area integrativa» va aggiunto
«nonché i servizi operativi e le altre strutture dell'ufficio di direzione
preposte allo svolgimento delle funzioni...».
Al
secondo comma dello stesso art. 6 l'espressione «settore per la tutela della
salute nell'ambiente di vita e di lavoro» è modificata con «settore igiene e
prevenzione nell'ambiente di vita e di lavoro».
All'art.
12, secondo comma, l'espressione «inquadrato nei ruoli regionali o nel ruolo
unico regionale del Servizio sanitario nazionale» è sostituita con «inquadrato
nel ruolo della Regione o nel ruolo nominativo regionale del personale delle
ULSS».
(22)
Aggiunge un periodo al secondo comma dell'art. 4, L.R. 14 maggio 1982, n. 24.
(23)
Aggiunge l'art. 5-bis, al Capo I, L.R. 14 maggio 1982, n. 24.
(24)
Aggiunge l'art. 5-ter, al Capo I, L.R. 14 maggio 1982, n. 24.
Art.
66
Modificazioni
della L.R. n. 45 del 1982.
La
legge regionale 30 agosto 1982, n. 45, concernente «Norme per la gestione,
l'organizzazione e il funzionamento dei presidi e servizi multizonali» è
modificata nei modi di seguito indicati.
(25).
(26).
(25)
Aggiunge il primo alinea al secondo comma dell'art. 11, L.R. 30 agosto 1982, n.
45.
(26)
Aggiunge un comma all'art. 16, L.R. 30 agosto 1982, n. 45.
Allegato
A
Piano
socio-sanitario regionale per il triennio 1985-1987
Tabelle
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
1(Legge di piano - articolo n. 15)Posizioni funzionali di apicalità per
l'accesso alla responsabilità di settore(D.P.R. n. 761/1979 - Allegato
1)RuoloTabellaProfiloSanitarioADirigente sanitario o sovraintendente sanitario
o direttore sanitario o primario ospedalieroBFarmacista dirigenteCVeterinario dirigenteDBiologo
dirigenteEChimico dirigenteFFisico dirigenteGPsicologo
dirigenteProfessionaleAAvvocato coordinatoreBIngegnere coordinatoreCArchitetto
coordinatoreDGeologo coordinatoreTecnicoAAnalista dirigenteBStatistico
dirigenteCSociologo dirigenteAmministrativoADirettore amministrativo
capo-servizio
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
2/1(Legge di piano - articolo n. 17)Distribuzione delle dotazioni organiche per
aggregazioni di profili professionali e per ruoliProfili aggregatiPercentuali
ruoliMedici ospedalieriMedici non ospedalieriAltri laureatiPersonale
infermieristicoPersonale tecnico-sanitarioTotale ruolo sanitario64.0Personale
amministrativoTotale personale amministrativo11.0Personale tecnico-ausiliario,
operai, ecc.Altre qualifiche del ruolo tecnico, ruolo professionaleTotale altri
ruoli25.0Totale generale100.0
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
2/2(Legge di piano - articolo n. 17)Aggregazione delle qualifiche e dei profili
professionali ai fini dell'applicazione dei parametri di riequilibrio delle
piante organicheMedici ospedaliericomprendono anche i direttori e
vice-direttori sanitari e gli ispettori.Medici non ospedaliericomprendono i
medici dell'area delle funzioni centrali, i medici del territorio, gli
igienisti, ecc.Altro personale laureato del ruolo sanitariosono compresi i
veterinari, i farmacisti, i biologi e le altre figure previste dal D.P.R. n.
761 del 1979.Personale infermieristicocomprende anche i terapisti della
riabilitazione, le ostetriche,
gli
assistenti sanitari, il personale con funzioni
didattico-organizzative.Personale tecnico-sanitariocomprende i tecnici di
radiologia e di laboratorio, i tecnici dell'ambiente, e il restante personale
di vigilanza ed ispezione.Personale tecnico-ausiliariocomprende gli ausiliari
di assistenza, il personale dei servizi tecnici generali e le altre figure di
operaio.Personale amministrativocomprende tutti i profili del ruolo
amministrativo.Altre qualifichesono compresi gli assistenti sociali, i laureati
del ruolo professionale e le altre figure previste dal D.P.R. n. 761/1979.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
3(Legge di piano - articolo n. 17)Elencazione dei servizi da riordinare
prioritariamente in sede di determinazione della pianta organicaA.Servizi
territoriali di tutela della salute mentaleB.Servizi per l'assistenza
socio-sanitaria agli stati di tossicodipendenza SATC.Servizi di medicina veterinariaD.Servizi
di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
4(Legge di piano - articolo n. 17)Indicazioni per la determinazione numerica
delle piante organiche e per la gradualità della loro coperturaA)Il
valore-soglia del carico abitanti/operatore di cui all'articolo 17 della legge
regionale di piano è fissato uguale a 105 (popolazione anagrafica ufficiale
alla data di promulgazione della legge).B)Per le ULSS con parametri superiori a
105 la pianta organica definitiva viene determinata nel numero di posti
necessario per adeguare il parametro al valore di 100.C)Per le ULSS con
parametri inferiori a 105 rimane invariato il numero di posti previsti dalla
pianta
organica provvisoria.D)Nel triennio di validità del piano, i limiti di
copertura dei posti eccedenti le dotazioni di personale in servizio alla data
di promulgazione della legge di piano sono così determinati:-ULSS di cui al
punto B): adeguamento del carico abitanti/operatori in servizio al valore di
106;-ULSS di cui al punto C): abbassamento parametrale di due punti rispetto al
valore del carico abitanti/operatori in servizio.E)La copertura dei valori di
cui al punto D) avverrà con le seguenti gradualità:1985: 30%1986: 35%1987:
35%.F)L'ULSS n. 3 è autorizzata ad effettuare la copertura dei posti eccedenti
per il 50% nell'anno 1985 e per il 50% nell'anno 1986 in considerazione delle
esigenze derivanti dalla entrata in funzione del presidio ospedaliero di S,
Andrea delle Fratte.G)Le ULSS per le quali il calcolo di cui al punto D)
configuri un numero di operatori nel triennio minore di 15 possono operare la
copertura in unica soluzione.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato a - tabella n.
5(Legge di piano - articolo n. 22)Parametri di riferimento per la
strutturazione del gruppo di lavoro del distretto di baseProfiliParametriMedico
(coordinatore) (°)AInfermiere professionaleBAssistente socialeAOperatore
amministrativo (+)AAssistente sanitarioCOstetricaCOperatore della
riabilitazioneCTecnico dell'ambienteCParametro A = 1 operatore per
distrettoParametro B = 1 operatore ogni 2.000 abitantiParametro C = 1 operatore
a scavalco con altri distretti.Nota ° = appartenente al ruolo nominativo
regionaleNota + = qualifica non inferiore a quella dell'assistente
amministrativoN.B. = Il gruppo di lavoro viene integrato con il restante
personale socio-sanitario che opera nel distretto (medici generici
convenzionati, ginecologi, pediatri, altri operatori sociali, ecc.).
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
6(Legge di piano - articolo n. 25)Requisiti del servizio ospedaliero unico.
Requisiti minimi prescritti dall'art. 19 della legge 132/78 e integrazioni
della legge regionaleRequisitiParametriAccettazione sanitaria fornita di spazi
per l'osservazione dei malati prima dell'affidamento in cura alle unità
organicheAPronto soccorso fornito di mezzi per il trasporto d'urgenza adeguati
per numero e dotazioni e collegati in rete comprensoriale e regionaleBLocali di
degenza predisposti a fornire cure di intensità corrispondente ai fabbisogni
assistenziali dei degentiALocali separati per l'isolamento e la cura dei malati
affetti da forme morbose pericolose per la loro diffusibilitàBAttrezzature di
diagnostica radiologica, di laboratorio, di anestesia e di trasfusioneBFarmacia
internaBPoliambulatori integrati in forma dipartimentale con i servizi
extraospedalieri, da utilizzare anche per le attività preventive
territorialiASale riunioni e di lettura per il personaleABiblioteca e
audiovideoteca per la formazione continua del personaleBImpianti di
disinfezione, sterilizzazione, e distruzione del materiale infettoALavanderia e
guardarobaBCucina e dispensaAImpianti di trattamento dei liquami e di
abbattimento dei fumi nocivi, attrezzature di allontanamento dei rifiuti
solidiAAssistenza religiosa secondo le disposizioni dei concordati stipulati
dallo Stato italianoASala mortuariaASala di autopsiaBParametro A = requisito
riferito al singolo presidioParametro B = requisito riferito al servizio
ospedaliero unico
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
7(Legge di piano - articolo n. 25)Requisiti di attività del servizio
ospedaliero unico per il triennio 1985-1987AttivitàU.L.S.S.1 2 3Accettazione
pronto-soccorsoA A AAnalisi chimico-cliniche e microbiologicheA A AAnatomia e
istologia patologicaO A AAnestesia e rianimazioneA A ACardiologiaB A AChirurgia
generaleA A ADermatologiaO B ADietetica e servizio antidiabeticoO B
AElettrofisiologia, impianto pace-makerO O CEmodinamica e anglografiaO O
CGeriatriaO O AImmunotrasfusionaleO A AImmunologia dei trapiantiO O CMalattie
infettiveO A AMedicina generaleA A AMedicina del lavoroO O AMedicina nucleareO
B ANefrologia-emodialisiO B ANeurochirurgiaO O CNeurologiaO B
ANeurofisiopatologiaO B ANeuroradiologiaO O COculisticaO A AOdontostomatologiaO
B AOncologia medicaO O COrtopedia-traumatologiaB A AOstetricia-ginecologiaA A
AOtorinolaringoiatriaB A APediatriaA A APoliambulatorioA A APrelievo di rene
per trapiantoO B APrelievo di cornea e trapiantoO O CRadiologiaA A
ARadioterapiaO O CRiabilitazione funzionaleB A ATisiopneumologia e
fisiopatologia respiratoriaO B ATomografia computerizzataO O CTrapianto
midolloO O CUrologiaO B AParametro O = requisito non presenteParametro A =
requisito minimoParametro B = requisito facoltativoParametro C = requisito
multizonale (vedere anche tabella 25)Nota 1:Colonna 1 = ULSS n.
2-4-6-7-9-10-11colonna 2 = ULSS n. 1-5-8colonna 3 = ULSS n. 3-12
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
8(Legge di piano - articolo n. 25)Elenco minimo delle attività ospedaliere da
concentrare in un solo presidio nell'ambito della stessa ULSSSevizi
amministrativiServizi tecnologiciFarmacia internaIstologia e anatomia
patologica
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
9(Legge di piano - articolo n. 27)Parametri per la dotazione dei posti-letto
per la funzione ospedaliera per malati acuti e fissazione dei relativi valori
per il programma comprensoriale di
ristrutturazioneIndicatoriParametri198619871990Quoziente di ospedalizzazione
[1]AABDurata media della degenza [2]CDDTasso medio di utilizzazione dei
posti-letto [3]EFFA = Media del triennio 1982-1984 (valori delle singole ULSS)B
= 140 per mille abitanti (valore regionale da ripartire tra le singole ULSS)C =
10,3 giornateD = 10,0 giornateE = 73 per centoF = 75 per cento[1] Rapporto tra
numero di ingressi nell'anno e media dei valori di popolazione registrati al 1°
gennaio e al 31 dicembre dello stesso anno.[2] Rapporto tra numero complessivo
delle giornate di degenza trascorse nell'anno dai degenti e numero totale di
questi ultimi.[3] Rapporto tra totale delle giornate di degenza consumate
nell'anno e giornate di degenza corrispondenti a un tasso medio di
utilizzazione uguale a 100.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
10(Legge di piano - articolo n. 30)Elenco dei presidi ospedalieri nei quali il
pronto soccorso può essere strutturato in unità operativa autonomaPresidioCittà
di CastelloPerugiaFolignoSpoletoTerni
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
11(Legge di piano - articolo n. 32)Modello funzionale del dipartimento
ospedaliero e criteri per l'individuazione delle responsabilità apicali
Denominazione
della
ComposizioneCompitiResponsabilitàstrutturaLivelloCompitiDipartimentoinsieme in
unità organicheAprimario coordinatoreDUnità organicainsieme di unità
operativeBprimarioEUnità
operativamedici, infermieri ausiliari di assistenzaCprimario o aiutoFA = Vedere
legge regionale di piano, articolo 34.B = Coordinamento dell'attività
diagnostico-terapeutica prestate dalle unità operative aggregate nell'unità
organica.C = Attività diagnostico-terapeutica nei confronti dei degenti
assegnati in cura all'unità operativa.D = Vedere legge regionale di piano,
articolo 35.E = Compiti assegnati al primario ai sensi dell'articolo 63 del
D.P.R. n. 761/1979:- assegnazione dei ricoverati alle unità operative;-
formulazione di direttive per la condotta diagnostico-terapeutica;- eventuale
avocazione in cura di degenti assegnati ad altre unità
operative.F
= Responsabilità dell'attività diagnostico-terapeutica verso i ricoverati
assegnati in cura.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
12(Legge di piano - articolo n. 32)Indicazione dei presidi ospedalieri ad
organizzazione dipartimentale articolataPresidioParametroCittà di
CastelloAPerugia-MonteluceBFolignoASpoletoATerniBA =Distinti
per:medicinachirurgiatutela materno-infantile (unitamente ai servizi
territoriali)B =Determinazione domandata all'ULSS, per i problemi connessi con
la presenza di strutture universitarie.Nota: I servizi speciali di diagnosi e
cura fanno di norma dipartimento unico, aggregando gli analoghi servizi
extraospedalieri.Nei presidi ospedalieri elencati nella tabella, possono essere
costituiti in separati dipartimenti di branca; di norma insieme ai
corrispondenti servizi extraospedalieri.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
13(Legge di piano - articolo n. 37)Parametri di riferimento per la
strutturazione dei servizi territoriali di tutela della salute
mentaleProfiloParametroMedico psichiatra15.000 abitanti [°]Operatore con
professionalità infermieristica4.000 abitanti [°]PsicologoVedere notaAssistente
sociale o altro operatore con profiloprofessionale «sociale»Vedere notaNota: Le
assegnazioni di psicologi e di assistenti sociali vanno determinate nell'ambito
delle dotazioni complessive dell'ULSS per i suddetti profili, così parametrate
al netto degli effetti della normativa contrattuale sull'orario di lavoro:- 1
psicologo ogni 20.000 abitanti o frazione superiore a 12.500;- 1 assistente
sociale ogni 8.000 abitanti o frazione superiore a 4.000.[°] La dotazione
minima deve garantire almeno due medici
psichiatrici
e almeno quattro operatori con professionalità infermieristica.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
14(Legge di piano - articolo n. 38)Indicazione dei presidi ospedalieri
destinati all'accoglienza dei malati soggetti a trattamento sanitario obbligatorio(articoli
34 e 35 della legge n. 833/1978)PresidioPosti-lettoPerugia14Terni6
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
15(Legge di piano - articolo n. 44)Parametri di riferimento per la
strutturazione dei servizi di assistenza socio-sanitaria per i
tossicodipendentiProfiliParametriMediciAInfermieri professionaliBAssistenti
socialiCPsicologiDOperatori socio-sanitari volontariEA = 1 unità nelle ULSS
1-5-8; 3 unità nelle ULSS 3-12B = 2 unità nelle ULSS 1-5-8; 6 unità nelle ULSS
3-12C = 1 unità (vedere nota a tabella 13)D = 1 unità (vedere nota a tabella
13)E = secondo convenzioni localiNota (1): Le maggiori dotazioni delle ULSS n.
3 e 12 devono far fronte anche al servizio nei «centri-accoglienza» (art. 43
della legge regionale di piano).Nota (2): Le dotazioni vanno aggiustate per
garantire la copertura del servizio per 12 ore giornaliere, da estendere a 24
per i SAT con «centri-accoglienza».Nota (3): Nelle ULSS non elencate
l'istituzione dei SAT è facoltativa.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
16(Legge di piano - articolo n. 45)Articolazione degli uffici di direzione
delle ULSS. Numero massimo dei settori nel triennio di validità del piano e
criteri per gli accorpamentiSettori a
responsabilitàULSSSanitariaAmministrativaSocialeTotaleAAAA14419233173551114321654419633177331784318922151033171133171255111Tot.42401294A
= Numero dei settori da prevedere in pianta organica.Nota (1) Indicazioni per
gli accorpamenti dei settori:-Prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro
con Medicina legale e con Formazione ed educazione sanitaria-Amministrazione
del personale con Gestione delle convenzioni e con Servizi
tecnologici-Amministrazione economico-finanziaria con Economato e
Provveditorato.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
17/1(Legge di piano - articolo n. 45)Elenco delle materie da ricomprendere nei
settori dell'ufficio di direzioneSettori a responsabilità sanitariaFormazione
del personale ed educazione sanitaria1.formazione di base del personale
infermieristico e tecnico2.formazione permanente degli operatori in
servizio3.iniziative di educazione sanitaria della popolazione4.ricerca
finalizzataIgiene ambientale e del lavoro1.coordinamento dei progetti
obiettivo2.realizzazione delle mappe di rischio3.informazione sulla tutela
della salute nei luoghi di lavoro4.interventi di prevenzione negli ambienti di
lavoro5.convenzione con le aziende per la realizzazione di interventi non
ricompresi tra quelli istituzionali6.vigilanza sull'ambiente7.salvaguardia
della compatibilità degli insediamenti abitativi e produttivi8.igiene del suolo
e dell'abitato9.igiene degli alimenti e bevande10.tutela delle acque
superficiali dagli inquinamenti e difesa della qualità delle acque destinate ad
uso potabile11.lotta agli inquinamenti atmosferici12.profilassi delle malattie
infettive diffusive13.tutela sanitaria dall'uso di sorgenti radiogeneAssistenza
sanitaria e farmaceutica1.servizi distrettuali di cura e
riabilitazione2.servizi domiciliari di cura e riabilitazione3.tutela
materno-infantile e dell'età evolutiva4.assistenza alle fasce marginali di
popolazione5.tutela socio-sanitaria della popolazione anziana6.aspetti
organizzativi delle convenzioni per l'assistenza medico-generica e
pediatrica7.coordinamento dell'assistenza domiciliare e specialistica8.igiene
mentale ed assistenza psichiatrica9.prevenzione e cura delle
tossicodipendenze10.tutela sanitaria delle attività sportive11.assistenza riabilitativa12.assistenza
in regime di ricovero ospedaliero13.assistenza poliambulatoriale
ospedaliera14.assistenza in regime di day-hospital15.guardia
medica16.protocolli e repertori farmacoterapeutici17.informazione sui
farmaci18.sperimentazione clinica controllata19.erogazione dell'assistenza
farmaceutica - controllo sull'applicazione delle convenzioni20.vigilanza sulle
farmacie21.predisposizione ordinativi per acquisto di farmaci e presidi
sanitari22.rapporti con i comitati paritetici ex convenzioni articolo 48 L.
833/1978
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
17/2(Legge di piano - articolo n. 45)Elenco delle materie da ricomprendere nei
settori dell'ufficio di direzioneMedicina veterinaria1.profilassi delle zoonosi
e altre malattie infettive e diffusive degli animali2.programmi di bonifica
sanitaria degli allevamenti3.vigilanza, coordinamento e controllo
sull'attuazione dei piani di profilassi4.vigilanza sull'importazione,
esportazione e transito degli animali, delle carni e degli altri
prodotti
di origine animale5.vigilanza su impianti e concentramenti di animali, impianti
di raccolta e risanamento di sottoprodotti, avanzi e rifiuti6.vigilanza sui
ricoveri di animali, sulle stalle di sosta, sui mercati, le fiere e i pubblici
abbeveratoi7.vigilanza sul trasporto di animali e prodotti nonché sugli
spostamenti dei pascoli8.vigilanza e controllo sulla riproduzione animale,
sulle stazioni di monta, gli impianti di fecondazione artificiale, gli
ambulatori per la cura della sterilità9.vigilanza ed ispezioni sugli animali
domestici sinantropi e selvatici, per accertare eventuali modificazioni
dell'equilibrio ambientale10.vigilanza sulla produzione, il commercio, la
distribuzione e l'impiego dei mangimi e degli integratori11.vigilanza sugli
ambulatori per la cura degli animali12.vigilanza, ispezione e controllo sulla
somministrazione dei farmaci per uso veterinario13.vigilanza sul rispetto delle
norme che disciplinano l'utilizzazione degli animali da esperimento e sui prelievi
di organo14.attuazione dei programmi di propaganda ed educazione sanitaria
verso gli allevatori15.organizzazione e vigilanza sull'assistenza
zooiatrica16.assistenza tecnica permanente e informazione sanitaria veterinaria
agli allevatori17.vigilanza e controllo sugli impianti di macellazione,
trasformazione, conservazione, deposito, distribuzione e vendita delle carni e
di altri alimenti di origine animale18.ispezione e vigilanza veterinaria su
carni, uova, prodotti ittici, miele, additivi, coloranti e
succedanei
nelle fasi di produzione, trasformazione, deposito, trasporto e
distribuzione.Settori a responsabilità amministrativaAmministrazione del
personale1.piante organiche2.assunzione, cessazioni dal servizio, stato
matricolare3.verifiche orari di lavoro, permessi e congedi4.trattamento
economico, previdenza, assistenza, quiescenza5.disciplina
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato a - tabella n.
17/3(Legge di piano - articolo n. 45)Elenco delle materie da ricomprendere nei
settori dell'ufficio di direzioneSettori a responsabilità
amministrativaAmministrazione economico-finanziaria1.bilanci,
rendicontazioni2.impegni, accertamenti, emissione mandati e reversali3.rapporti
economico-finanziari inerenti i servizi ULSS4.analisi economica dei costi
sanitari5.rapporti economico-finanziari con altri enti e
privati6.contenziosoAmministrazione economato e
provveditorato1.inventario2.gestione beni inventariati3.acquisti4.servizi
economali di lavanderia, cucina guardaroba5.parco macchine6.magazzinoGestione
dei servizi tecnologici1.beni immobili, progetti di ristrutturazione
ampliamenti2.manutenzione beni mobili e immobili3.impiantiGestione delle
convenzioni1.problemi amministrativi delle prestazioni sanitarie2.convenzioni
internazionali Cee e rapporti bilaterali3.prestazioni economiche agli invalidi
di guerra e alle categorie protette4.elenchi dei medici e anagrafe degli
assistibili5.segretariato commissioni paritetiche previste dagli accordi
nazionali unici ex art. 48 legge n. 833/1978Settori a responsabilità
socialePrevenzione e promozione sociale1.attuazione legislazione sociale per
tutela materno-infantile2.attività di aggregazione sociale3.servizi per il
tempo libero4.integrazione sociale dei cittadini a rischio di emarginazione5.promozione
sociale degli anzianiPrestazioni socio-assistenziali1.assistenza
economica2.supporti socio-assistenziali per l'assistenza
domiciliare3.soddisfacimento di esigenze abitative4.interventi
socio-assistenziali a favore dei minori5.affidamento familiare6.vigilanza sui
servizi residenziali
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
18(Legge di piano - articolo n. 45)Elencazione dei servizi comuni dell'ufficio
di direzione e loro attribuzione alla responsabilità dei
coordinatoriServiziResponsabilitàSegreteria degli organi
politico-amministrativiamministrativaProgramma comprensoriale, sistema
informativosanitariaMobilità del personale sanitario all'interno dei servizi
dell'ULSSsanitariaVigilanza e ispezione sull'ambientesanitaria
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
19(Legge di piano - articolo n. 45)Criteri pre l'articolazione dei settori
dell'ufficio di direzione nelle sezioniSettoriSezioniFormazione del personale
ed educazione sanitaria-Formazione (1, 2)-Educazione sanitaria e ricerca (3,
4)Igiene ambientale e del lavoro-Prevenzione nei luoghi di lavoro-Profilassi e
prevenzione nell'ambiente di vita-(1,6,7,8,9,10,11,12,13)Assistenza sanitaria e
farmaceutica-Assistenza sanitaria di base (da 1 a 6,8,9,15 e 22)-Area delle
funzioni integrative dei servizi di base - ospedalieri ed extraospedalieri
(7,13)-Assistenza ospedaliera e day-hospital (12,14)-Assistenza farmaceutica
(16,17,18,19,20)Medicina veterinaria-Sanità animale ed igiene degli allevamenti
e delle produzioni animali ( da 1 a 16)-Igiene delle produzioni e
commercializzazione degli alimenti di origine animale (17,18)Medicina
legale-(unica soluzione)Amministrazione del personale-Gestione del ruolo nominativo
del personale delle U.L.S.S. (da 1 a 3)-Trattamenti economico-previdenziali e
aspetti disciplinari (4 e 5)Amministrazione economico-finanziaria-Bilanci e
rendiconti (1)-Impegni, accertamenti ordinativi, contenziosi (2 e 6)-Rapporti
economico-finanziari (3,4,5)Economato e provveditorato-Provveditorato
(1,2,3,5)-Economato (4,6,7)Servizi tecnologici-(unica sezione)Gestione delle
convenzioni-Prestazioni, convenzioni Cee e altri accordi supernazionali,
assistenza speciale alle categorie protette-Anagrafe assistibili, segretariato
commissione paritetichePrevenzione e promozione sociale - interventi
socio-assistenziali-(unica soluzione)
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
20(Legge di piano - articolo n. 49)Parametri di riferimento per la
strutturazione dei servizi di medicina veterinariaProfiloParametroVeterinari
dei servizi di sanità pubblica4Veterinari dei servizi di igiene degli
alimenti4Vigili sanitari per i servizi veterinari2Addetti alle unità operative
antirabbiche e di disinfezione2Nota (1) Il parametro esprime il numero minimo
di unità per ULSS. Tale numero va aggiustato in rapporto:-alla consistenza del
patrimonio zootecnico (vedere anche i parametri della Cee)-alla situazione
orografica del territorio-agli impianti dell'area delle produzioni animali-ai
punti obbligatori di ispezione delle carni e degli impianti per la produzione,
distribuzione e vendita delle carni e degli altri prodotti di origine
animale-alla quantità dei controlli di pertinenza dei servizi di medicina
veterinaria-ai compiti delle unità operative antirabbiche e di disinfezione.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
21(Legge di piano - articolo n. 49)Valori-soglia di produzione di carne per
l'ammissibilità dei centri di ispezione presso i macelli pubblici e
privatiAnnoValori-soglia198550019861.00019871.500Nota (1) I valori-soglia sono
espressi in quintali per anno.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
22(Legge di piano - articolo n. 50)Parametri di riferimento per la
strutturazione dei servizi di prevenzione e tutela nei luoghi di
lavoroProfiloParametroIngegnereAMedicoAChimico
(laureato)BBiologoCAgronomoAGeometraAPerito industriale-elettronicoBPerito
industriale-meccanicoBPerito industriale-chimicoATecnico
dell'ambienteDInfermiere professionaleDPsicologoA [°]A = presenza in tutte le
ULSSB = presenza nelle ULSS con concentrazioni industrialiC = presenza nelle
ULSS con concentrazione di industrie alimentariD = presenza di almeno due unità
per ULSSNota [°] Vedere annotazione alla tabella 13.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
23/1(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni specialistiche
decentrabili presso tutte le ULSS e livelli poliambulatoriali di
erogazioneLivello della prestazioneBrancaTipologia delle prestazioniambul.
diPoliambulatorioOspedalespecialisticadistret.Diurnoextra
ospedal.Ospedal.AnestesiologiaVisita
di accertamento pre-operatoriosisiTerapia antalgicasisiAssistenza per
contrastografia in soggetti a rischio od altre indagini
diagnostico-terapeutiche complessesisiCardiologiaVisite clinichesisisiECG
sisisiECG con prova di sforzosisiOscillografiasisisiPoligrafia senza e con
prove funzionalisiChirurgiaPietismografiasiVisite clinichesisiContinuità
diagnostico-terapeutica mediante: medicazioni, piccoli interventi (incisione
ascessi e flemmoni, asportazioni cisti, ecc.), piccole manovre chirurgiche
(sostituzione cateteri, proctologia, verruche, elettrobisturi,
ecc.)sisisiBiopsiesisiDermatologiaVisite clinichesisiRicerche allergologiche
per via percutanea, paich-test, prik-testsisiContinuità diagnostico-terapeutica
mediante:
asportazione piccole neoformazioni benigne cutanee (verruche, lipomi,
ecc.)sisiDermatologia correttiva (diatermocoagulazione, elettrocauterio, azoto
liquido, ecc.)sisiBiopsiesiFisiochinesiterapiaVisite cliniche per programma
terapeuticosisiMassochinesiterapiasisisisiFisioterapia strumentalesisiProve ergometrichesisiAerosol
terapiasisisiMedicina interna (diabetologia, endocrinologia,
gastroenterologia)Visite clinichesisiTrattamenti farmacologici infusivi e
trasfusionalisisiRegione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale
1985-1987Allegato A - Tabella n. 23/2(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco
delle prestazioni specialistiche decentrabili presso tutte le ULSS e livelli
poliambulatoriali di erogazioneLivello della prestazioneBrancaTipologia delle
prestazioniambul. diPoliambulatorioOspedalespecialisticadistret.Diurnoextra
ospedal.ospedal.NeurologiaVisite
clinichesisiECGsiOculisticaVisite
clinichesisiRifrazionisisiTonometriasisiGonioscopiasisiPerimetriasisiEsercizi
ortotticisisiContinuità diagnostico-terapeutica mediante: sondaggi, irrigazioni
vie lacrimalisisiMedicazionisisiPiccoli interventi chirurgici (inalazioni
endoorbitali e sottocongiuntivali, incisioni ascessi, orzaioli, asportazione
neoformazioni benigne, ecc.)sisiPiccola infortunistica (corpo estraneo,
causticazioni, ecc.)sisiOdontoiatriaVisite clinichesisisiTerapia
conservativasisisiEstrazionisisisiProtesisisiOrtodonziasisiOrtopedia
traumatologiaVisite
clinichesisiContinuità diagnostico-terapeutica mediante: medicazioni,
artrocentesi, infiltrazioni endoarticolari. Applicazione e rimozione bendaggi
gessati semplici (per distorsioni, lussazioni semplici piccole medio
articolazioni, fratture senza spostamento)sisiBusti gessati ed apparecchi
gessati complessisisiOstetricia e ginecologiaVisite
clinichesisisiContraccezione (anche intrauterina)sisisiMonitoraggio gravidanza
normalesisisiMonitoraggio gravidanza a rischiosiPrelievo Pap
TestsisisiAmnioscopia - colposcopiasiInterruzione volontaria
gravidanzasisiContinuità diagnostico-terapeutica mediante: medicazioni vaginali
e cervicalisisisiDiatermocoagulazione della portiosisiBiopsia (piccoli
interventi)sisiInsufflazioni utero-tubarichesisiRilevazioni battito cardiaco
con
ultrasuonisisiRegione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
23/3(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni specialistiche
decentrabili presso tutte le ULSS e livelli poliambulatoriali di
erogazioneLivello della prestazioneBrancaTipologia delle prestazioniambul.
diPoliambulatorioOspedalespecialisticadistret.Diurnoextra
ospedal.ospedal.OtorinolaringoiatriaVisite
clinichesisiEsame audiometrico e reattometricosisiEsame vestibolare ed
impedenziometricosiContinuità diagnostico-terapeutica mediante: medicazioni,
cateterismo tubarico, insufflazionisisiPiccole manovre chirurgiche (asportazione
tappo cerume, corpi estranei non profondi, cauterizzazioni)sisiPiccoli
interventi chirurgici prime vie aeree ed orecchio (incisioni ascessi, ematoma
del setto, polipi nasali isolati, sinechie nasali, cisti orecchio esterno,
ecc.)sisisiBiopsiasisi
Adenoidectomia,
tonsillectomiasiPediatria (ove non sia adeguatamente assicurata l'assistenza
pediatrica di base)Visite clinichesisisiTrattamenti farmacologici infusivi e
trasfusionali periodicisisiBiopsiasisiPneumologiaVisite clinichesisiSpirometria
semplicesisiEsame spirografico completosiRieducazione
respiratoriasisiEmogasanalisisiMedicina sportivaVisite di accertamento alla
pratica agonisticasisiAnalisi di laboratorioPrelievisisisiEsami chimico-clinici
e tossicologici (non con tecnica radioimmunologica)sisiEsami batteriologici e
microbiologicisisiRegione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale
1985-1987Allegato A - Tabella n. 23/4(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco
delle prestazioni specialistiche decentrabili presso tutte le ULSS e livelli
poliambulatoriali di erogazioneLivello della prestazioneBrancaTipologia delle
prestazioniambul. diPoliambulatorioOspedalespecialisticadistret.Diurnoextra
ospedal.ospedal.RadiologiaEsami
radiografici di tutti i segmenti dell'apparato scheletricosisiPanoramica dentariasisiRX
laringe e laringe diretta e con tecniche stratigrafichesisiRX torace,
stratigrafia polmonare, mediastico, cuore e peduncoli vasali anche
esolagografiasisiRX digerente (parziale e completa con mezzo di contrasto per
os e per clisma, con doppio mezzo di contrasto, e a
vuotosisiFisiolografiasisiRicerca radiologica corpi estraneisisiColecistografia
per ossisiColecistocolangiografiasisiUrografia,
pillografiasisiIsterosalpingografiasisiEndoscopiaEsofagogastroscopiasisiGastroduodenoscopiasisiRettosigmoldoscopiasisiAnorettoscopiasisiColonscopiasisiCistourettoscopiasisiContinuità
diagnostico-terapeutica mediante:
piccoli
interventi e biopsie in endoscopia (vedi prestazioni indicate nelle relative
branche)Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato
a - tabella n. 23/5(Legge di piano - articolo n. 51)Criteri per
l'individuazione-Specialità previste dall'Accordo collettivo nazionale per gli
specialisti ambulatoriali di cui al D.P.R. 22 ottobre 1981;-Elevata frequenza
di accesso (attuale e prevedibile);-Esigenza di contestuale supporto per
l'attività in regime di ricovero;-Validità diagnostica e clinica delle
prestazioni;-Rischio connesso alla esecuzione ambulatoriale;-Disponibilità di
personale sanitario specializzato;-Disponibilità di strutture idonee ed
eventuali costi di riconversione;-Costo e complessità delle attrezzature
necessarie;-Costi di manutenzione.N.B. Ancorché riconducibili alle attività
proprie di specialità diverse, sono individuate a sé quelle tecniche diagnostiche
che presumono attrezzature e spazi fruibili in comune come l'endoscopia e
l'ecografia.Nell'ambito della «medicina interna» sono invece ricomprese
discipline quali la diabetologia, l'endocrinologia, la gastroenterologia, in
ragione della loro possibilità di assumere, in termini di costi-benefici,
propria autonomia organizzativa solo allorquando questa non venga a configurare
una soprapposizione di competenze con quelle da assolvere da parte della
medicina di base o con quelle assolte da altre discipline, ma trovi ragione
motivata di essere nella consistenza della casistica conseguente ad una
selezionata specificità di intervento.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
24/1(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni specialistiche a
carattere interzonale (aree di riequilibrio territoriale delle
utenze)ServizioPrestazioniAnestesiologiaElettroanalgesia
neurolisiCardiologiaElettrocardiografia dinamicaRiabilitazione cardiologica in
connessione con il servizio di fisiochinesiterapiaMedicina nucleareTutte le
indagini in vivoTrattamenti con radioisotopiIndagini
radioimmunologicheNefrologia e dialisiVisite clinicheIndagini
funzionaliTrattamento dialitico (ambulatoriale, domiciliare ed in assistenza
limitata)NeurologiaElettroencefalogramma poligraficoIndagini telemetriche e
videotelemetricheElettromiografiaElettroanalgesiaNeurolisiOculisticaretinografiaLaserterapiaOstetricia-ginecologiaAmniocentesiIsteroscopiaFlussometria
liberaCistometrogrammaProfilo pressorio uretralePneumologiaTest di diffusione
alveolocapillareProve da sforzo con gasanalisiBroncospirometria
separataPletismografia corporeaUrologiaTest urodinamiciRiabilitazione
vescicaleRegione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato
A - Tabella n. 24/2(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni
specialistiche a carattere interzonale (aree di riequilibrio territoriale delle
utenze)
ServizioPrestazioniEndoscopiaLaringoscopiaTracheobroncoscopiaArtroscopiaFisiochinesiterapiaMeccanoterapie
passiveBilancio articolare e muscolareImmunoematologia e trasfusionaleTutte le
prestazioni di competenza del Centro trasfusionale a norma della legge n.
592/1967 e del relativo regolamento di attuazioneLe prestazioni relative alla
prevenzione, diagnosi e trattamento della malattia emolitica del
neonatoLaboratori analisi estologia e citologiaCurve e test da stimolazione in
ginecologiaAltri dosaggi di richiesta poco frequente con curve e test da
stimolazioneCurve e dosaggi multipli di farmaci nel sangueDismissione
insulinicaDeterminazione del peptide CDeterminazione degli anticorpi
anti-insulinaCitodiagnostica ormonale e tumoraleIndagini istologiche (per
inclusione o congelamento)RadiologiaArteriografia
selettivaFlebografiaLinfografiaBroncografia
selettivaColpocistogrammaCistometrografia minzionaleChain
testMammografiaTermografia mammariaDiagnostica con
ultrasuoniEcodopplerEcocardiografiaEcotomografia d'organoDiagnostica fetale e
placentare
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
25(Legge di piano - articolo n. 51)Elencazione dei presidi e servizi
multizonali ed indicazione delle relative sediServizi e presidiSediPresidio
multizonale di prevenzionePerugia e terniAssistenza ai trapianti e immunodepressiPerugiaImmunologia
dei trapiantiPerugiaPrelievo e trapianto di corneaPerugiaTrapianto di
midolloPerugiaNeuroradiologia e tomografia computerizzataPerugia e
TerniRadioterapiaPerugia e TerniElettrofisiologia e
impianti
pace-makerPerugia e TerniEmodinamica ed angiocardiografiaPerugia e
TerniNeurochirurgiaPerugia e TerniOncologia medicaPerugia e terniMedicina
sportiva [*]PerugiaNota [*]: articolo 9 della L.R. 79/1981.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
26(Legge di piano - articolo n. 52)Elenco delle discipline da indicare per la
prescrizione del rapporto di lavoro a tempo pienoArea
funzionaleDisciplinaMedicinaAnatomia e istologia patologiaCardiologia (con
unità coronarica)EmodialisiImmunoematologia e servizio trasfusionaleLaboratorio
di analisi chimico-cliniche e microbiologicheMedicina
nucleareNeuroradiologiaPediatriaRadiologiaRecupero e rieducazione funzionale
dei motulesi e dei
neurolesiVirologiaChirurgiaAnestesia
e rianimazioneChirurgia generaleNeurochirurgiaOrtopedia e
traumatologiaOstetricia e ginecologiaPrevenzione e sanità pubblicaUfficio di
direzione dell'ULSS [*]Direzione sanitariaMedicina del LavoroNota [*]: con
responsabilità apicale e immediatamente sub-apicaleN.B.: per i provvedimenti di
prescrizione, vanno osservati i criteri indicati nel D.P.R. n. 761/1979 e
nell'accordo nazionale unico di lavoro del comparto sanitario.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
27(Legge di piano - articolo n. 54)Criteri di riparto tra le ULSS del Fondo
sanitario regionale per spese correntiVoci di spesaCriterio di ripartoServizi
multizonalispesa realeServizi e presidi sanitari a gestione direttaspesa
realeConvenzioni case di cura privata per assistenza ospedalieraspesa
realeConvenzioni stabilimenti termalispesa realeConvenzioni per assistenza
specialistica esternaspesa realeAssistenza medico-generica pediatrica e guardia
medicapopolazione residenteMedicina legalepopolazione residenteAssistenza
farmaceuticapopolazione residenteAssistenza integrativapopolazione
residenteAssistenza indirettapopolazione residenteIl riparto dovrà tenere conto
delle quote di entrate proprie delle ULSS da destinare al finanziamento delle
spese correnti.
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
28(Legge di piano - articolo n. 56)Criteri di riparto tra le ULSS del Fondo
sanitario regionale per la spesa in conto capitaleDenominazioneCriterio di
ripartoFondo sanitario regionale per 1/3 in rapporto popolazione
residenteinvestimenti di mantenimento1/3 in rapporto presidi e servizi sanitari
(espressi in termini di spesa)1/3 in rapporto posti letto ospedalieri calcolati
in riferimento al tasso di utilizzazione- Sulle quote per investimenti di
mantenimento possono essere riservate somme non superiori al 30% per interventi
specifici prioritari ed indilazionabiliFondo sanitario regionale per Secondo
programmi specifici delle ULSS conformi alle indicazioni di Piano e
investimenti di innovazioneapprovati dalla Giunta regionale - Sulle quote per
investimenti di innovazione possono essere riservate somme complessivamente non
superiori al 30% da attribuire alle ULSS in base ai parametri popolazione
residente, incidenza presidi e servizi
sanitari,
posti letto ospedalieri rapportati al tasso di utilizzazioneFondo sanitario
regionale per In base ai programmi delle ULSS approvati dalla Giunta
regionale.investimenti di trasformazione
Regione
dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n.
29(Legge di piano - articolo n. 56)Previsione del Fondo sanitario-regionale per
investimenti per il triennio 1985-1987Previsione del
finanziamentoDenominazioneDestinazione198419851986Tot. triennioFondo a
destinazionevincolataAttivazione nuovo ospedale S. Andrea delle
Fratte4.400.000.0004.400.000.000Fondo sanitario regionale per investimenti di
mantenimentoRecupero degrado ed obsolescenza del patrimonio al fine del
mantenimento dei livelli quali-quantitativi
raggiunti3.026.000.0005.111.000.0007.123.000.00015.260.000.000Fondo sanitario -
Completamento regionale peropere in corsoinvestimenti di- Adeguamento
einnovazionerinnovo:a) rete
ospedaliera3.783.0006.310.000.0006.947.000.00017.040.000.000b) poliambulatoric)
distretti sanit.d) presidio multizonale di prevenzionee) servizi di emergenzaf)
strutture alternative al ricoverog) rete informatica e dei servizi
generaliFondo sanitario- Riconversioneregionale investimentipresidi ed altredi
trasformazioneattività1.044.000.0002.068.000.0004.176.000.0007.306.000.000- Trasformazione
impiantistiche (adeguatamente alle vigenti normative)- Trasformazioni ex
laboratori provinciali di igiene e profilassi in laboratori di sanità
pubblicaTotale12.253.000.00013.509.000.00018.246.000.00044.006.000.000
Allegato
B
Piano
socio-sanitario regionale per il triennio 1985-1987
Indicazioni
programmatiche
Sezione
1 - Le premesse
Sottosezione
11 - Il Piano e le riforme
11.1
Il Piano e la crisi del sistema socio-sanitario italiano
11.2
Il Piano e le prospettive della riforma
11.3
Piano regionale e piano nazionale
11.4
Il Piano, la riforma dell'assistenza e il riordino delle funzioni
socio-assistenziali
11.10
Il Piano 4 e la crisi del sistema socio-sanitario italiano
Il
primo Piano socio-sanitario dell'Umbria interviene in una situazione di crisi
del sistema sanitario italiano, collegata alla più ampia crisi economica
generale del Paese.
tale
crisi riguarda:
-
la difficoltà e le incertezze relative alla completa attuazione della legge
833;
-
le prospettive innovatrici della riforma sanitaria;
-
la possibilità di mantenere gli attuali livelli di erogazione dei servizi;
-
la capacità di tenuta delle strutture sanitarie pubbliche;
-
la mancata emanazione della legge quadro di riforma dell'assistenza.
11.20
Il Piano e le prospettive della riforma
Di
fronte a queste preoccupazioni reali, il Piano socio-sanitario propone un
codice di comportamento che si basa:
-
sulla volontà di dare piena attuazione, in Umbria, alla legge istitutiva del
S.S.N., coerentemente con un impegno che ha fatto di questa Regione un
protagonista delle battaglie per la realizzazione del S.S.N. sul piano
nazionale;
-
sul convincimento che i principi innovatori della riforma vanno riconfermati
anche per affrontare meglio la crisi economico-finanziaria;
-
sulla necessità di non ridurre i livelli di assistenza sanitaria conquistati e
consolidati nel corso degli ultimi decenni, fatta salva la opportunità e
necessità di verificarne la coerenza rispetto ad obiettivi di qualità della
salute, senza difendere quegli spazi di assistenzialismo che hanno contribuito,
peraltro, alla degenerazione del precedente sistema;
-
sulla opzione per un servizio sanitario che, nel rispetto dei fondamenti
pluralistici della società italiana, trovi nelle strutture pubbliche,
adeguatamente trasformate e razionalizzate, il principale strumento per
garantire ai cittadini dell'Umbria il rispetto del dettato costituzionale sul
diritto alla salute.
11.30
Piano regionale e Piano nazionale
Il
primo Piano socio-sanitario regionale esprime la volontà della Regione Umbria
di non subordinare più le sue scelte programmatorie alla presenza del Piano
sanitario nazionale. Infatti a più di cinque anni dall'entrata in vigore della
legge che istituisce il S.S.N., l'assenza di tale strumento preliminare non può
più costituire un momento di attesa da parte delle Regioni, pena la
degradazione di tutto il sistema sanitario locale.
Né
possono costituire motivo di indugio le preoccupazioni sulla adeguatezza delle
risorse finanziarie destinate al Fondo sanitario nazionale, preoccupazioni che
con l'andare del tempo assumono contorni sempre più netti man mano che si
consolida la tendenza a sottodimensionare l'entità degli stanziamenti rispetto
ai fabbisogni oggettivamente determinati.
In
queste condizioni, l'impegno della Regione nel campo della programmazione
socio-sanitaria va inteso da un lato come una sollecitazione affinché il
livello centrale dello Stato faccia fronte alle sue responsabilità, e
dall'altra come un contributo affinché le discussioni defatiganti sulla entità
della spesa sanitaria pubblica ammissibile siano fondate su presupposti, reali
oltre che realistiche, grazie alla selezione degli obiettivi e alla
evidenziazione di quelle azioni programmatiche che sono volte non alla
perpetuazione del sistema precedente ma alla riforma.
11.40
Il Piano, la riforma dell'assistenza e il riordino delle funzioni
socio-assistenziali
Il
Piano prende atto della sfasatura tra la riforma sanitaria e quella
socio-assistenziale, sfasatura dovuta alle resistenze che hanno finora impedito
a quest'ultima di divenire operante. Entro tali limiti, il Piano si presenta
come strumento unitario per la programmazione degli interventi sanitari e di
quelli socio-assistenziali, ai sensi della L.R. n. 65 del 1979 e L.R. n. 29 del
1982.
Per
quel che concerne in particolare le funzioni socio-assistenziali, il Piano
propone alcuni primi obiettivi di attuazione della L.R. n. 29 del 1982
soprattutto nei campi più direttamente attinenti alla tutela della salute,
rinviando al primo aggiornamento annuale la definizione degli altri obiettivi.
Sottosezione
12 - Le caratteristiche del Piano
12.1
La metodologia del Piano e i suoi presupposti
12.2
Gli obiettivi di massima del triennio, il metodo dei progetti mirati
12.3
Le priorità
12.4
La strategia di fondo
12.5
Presupposti di coinvolgimento
12.10
La metodologia del Piano e i suoi presupposti
Le
difficoltà del quadro politico-economico obbligano il Piano regionale ad
un'estrema selettività ed essenzialità delle scelte, per concentrare queste
ultime su quegli aspetti della programmazione che costituiscono il collo di
bottiglia attraverso cui dovrà passare qualunque ulteriore scelta decisa a
livello nazionale.
Nella
consapevolezza di questi ultimi, il primo Piano socio-sanitario regionale vuole
recuperare criticamente tutte le esperienze acquisite in Umbria sia nella
programmazione che nella gestione dei servizi sanitari e socio-assistenziali da
parte del potere locale con la convinzione di trovare dentro la storia
sanitaria umbra, senza trionfalismi, i presupposti capaci di evitare la
divaricazione, sempre incombente, tra il momento della progettazione e quello
dell'attuazione.
Di
qui anche l'opzione per un Piano socio-sanitario inteso come strumento
legislativo predisposto per la ricognizione delle realtà messe in opera, e
quindi aperto:
-
alla sperimentazione;
-
alle verifiche in corso di attuazione;
-
agli aggiornamenti annuali.
Pertanto
il Piano in ogni fase della sua elaborazione ed attuazione presuppone il
contributo:
-
degli amministratori dei Comuni e delle ULSS, ai quali vengono richiesti
programmi comprensoriali che lo adattino alle singole realtà territoriali, e
che ne verifichino le coerenze e la fattibilità;
-
degli operatori socio-sanitari, dei quali si impone una presenza critica nella
predisposizione e realizzazione dei programmi;
-
della popolazione, che senza alcuna separazione ai momenti istituzionali deve
essere coinvolta nelle scelte, nel modo di gestirle e nelle conseguenti
verifiche, attivando momenti di partecipazione reale in primo luogo nei distretti.
12.20
Gli obiettivi di massima del triennio. Il metodo dei programmi mirati
Per
le carenze sopracitate il primo Piano socio-sanitario regionale non intende
affrontare l'universo dei problemi né dare risposte compiute a quelli che
affronta. Esso indica, all'interno dei problemi presi in considerazione, quelle
iniziative che sono potenzialmente più capaci di dare avvio ad un processo che
troverà ulteriori spinte nei successivi aggiornamenti, a condizione che gli
obiettivi primari siano raggiunti in tutte le ULSS: donde l'importanza
fondamentale degli aggiornamenti annuali, concepiti come elementi dinamici di
una pianificazione per cicli triennali scorrevoli.
Inoltre,
data l'allarmante situazione finanziaria del comparto il Piano è consapevole
che, ferma restando l'esigenza di garantire a tutta la popolazione della
Regione livelli omogenei di tutela sanitaria, molti degli interventi innovativi
necessari per dare un volto al nuovo sistema sanitario italiano e a realizzare
i contenuti fondamentali della riforma, oltre che essere selezionati nel loro
ventaglio non potranno coinvolgere inizialmente tutta la popolazione né tutto
il territorio regionale. Si rende pertanto inevitabile una strategia che
proceda per «programmi mirati» a gruppi di popolazione e a particolari aree
territoriali: ciò significa che nei casi indicati dal Piano con tale
espressione le ULSS dovranno individuare realisticamente le aree di intervento
e la popolazione interessata, assicurando preventivamente la fattibilità dei
programmi stessi in base alla disponibilità di risorse conoscitive, umane e
finanziarie.
12.30
Le priorità
Il
primo Piano socio-sanitario punta in particolare:
-
a definire l'assetto organizzativo del S.S.R.;
-
a realizzare alcune prime modifiche sostanziali nel funzionamento dei servizi;
-
a dare alcune risposte iniziali all'esigenza di elevare il livello qualitativo
delle prestazioni socio-sanitarie;
-
ad accompagnare il rinnovamento delle strutture con misure di razionalizzazione
della spesa, intervenendo sulle sacche di improduttività mediante misure di
riconversione e di risparmio;
-
a predisporre gli elementi di base e gli strumenti essenziali per conoscere
l'evoluzione dello stato di salute della popolazione;
-
a governare la spesa sulla base delle previsioni;
-
ad integrare i servizi sanitari con quelli socio-assistenziali secondo priorità
che tengano conto anche delle effettive disponibilità dei Comuni e delle
Province.
12.40
La strategia di fondo
Il
Piano socio-sanitario dell'Umbria si riallaccia agli obiettivi di fondo della
nuova strategia per la tutela della salute, strategia che si impernia:
-
sullo sviluppo della prevenzione ambientale;
-
sul potenziamento dell'assistenza socio-sanitaria di base, anche rafforzando i
raccordi con il complesso dei servizi dell'area integrativa;
-
sull'integrazione tra i servizi sanitari e quelli socio-assistenziali attinenti
alla tutela della salute;
-
sulla razionalizzazione del sistema dei servizi specialistici e sulla sua
finalizzazione come area funzionale integrativa dell'assistenza di base;
-
sulla qualificazione dell'ospedale come presidio di degenza per necessità
sanitarie che richiedono sia in fase diagnostica che curativa l'uso congiunto
di risorse umane e strumentali non decentrabili, con particolare riguardo alla
funzione di presidi di degenza per necessità sanitarie acute, e sul contestuale
sviluppo di forme alternative di assistenza.
Questa
strategia chiede che da parte delle ULSS si persegua la razionalizzazione e
qualificazione della spesa sanitaria e sociale mediante:
-
un uso coerente delle risorse umane, finanziarie e conoscitive, con un impegno
particolare per la riconversione delle attività attualmente gravanti in maniera
impropria sull'ospedale;
-
la finalizzazione delle risorse aggiuntive nelle direzioni sintetizzate nel
precedente capoverso;
-
l'integrazione e la gestione unitaria di tutte le risorse impegnate nei servizi
socio-sanitari, quale che sia l'attribuzione e la distribuzione delle
competenze;
-
un impegno per eliminare gli sprechi e per lottare contro ogni forma di
consumismo.
Ancora
la piena esplicazione delle potenzialità della programmazione socio-sanitaria è
subordinata al raggiungimento degli obiettivi del Piano per ciò che concerne:
-
la qualificazione culturale e professionale degli operatori;
-
l'autonomia tecnico-funzionale dei servizi;
-
la partecipazione della popolazione direttamente interessata alla gestione dei
servizi;
-
la predisposizione di un sistema di informazioni e conoscenze che sia anche la
base per la promozione culturale e l'educazione sanitaria della popolazione.
12.50
Presupposti di coinvolgimento
In
conclusione la nuova strategia per la tutela della salute impegnata in
profondità tutta la società regionale.
Ad
essa devono concorrere in particolare:
-
la popolazione, chiamata a partecipare attivamente a scelte di politica
sanitaria che mettono in discussione modelli consolidati di comportamento in
terna di salute;
-
le formazioni politiche, cui spetta sviluppare i valori della riforma
sanitaria, sia direttamente che tramite il loro impegno nelle istituzioni
rappresentative;
-
le organizzazioni sindacali dei lavoratori in quanto portatrici degli interessi
generali dei lavoratori stessi;
-
il movimento delle donne in quanto portatore delle tematiche di emancipazione e
di liberazione e soggetto attivo per la difesa della salute della donna;
-
le organizzazioni degli imprenditori e quanti altri hanno responsabilità
imprenditoriali nel mondo della produzione, per i compiti che loro derivano dal
fatto che molti tra i più gravi rischi della salute si determinano nei luoghi
di lavoro;
-
il mondo della cultura e tutta la società scientifica regionale, cui si chiede
di mettere a disposizione della collettività le conoscenze che servono a
difendere lo stato di salute e ad applicare ciò che lo sviluppo
tecnico-scientifico realizza per la tutela socio-sanitaria della popolazione;
-
le amministrazioni locali, e specialmente i Comuni i quali hanno un proprio
ruolo politico-istituzionale a valenza generale, e che esercitano inoltre
funzioni di amministrazione attiva in materia soprattutto di prevenzione
primaria, dato che l'assetto del territorio e l'assistenza sociale fanno capo
alla diretta responsabilità dei singoli Comuni;
-
gli amministratori delle ULSS chiamate a gestire le funzioni dei Comuni e che
pertanto hanno ricevuto in consegna la responsabilità complessiva di un sistema
di servizi che dovrà essere amministrato con criteri aperti, senza cedere a
tentazioni di separatezza né ricalcare precedenti impostazioni aziendalistiche;
-
gli operatori socio-sanitari e le loro legittime rappresentanze che sono
l'elemento decisivo per far si che quanto precede si traduca in interventi
concreti sulla popolazione e produca effetti positivi sulla salute.
Sezione
2 - Il modello funzionale
Sottosezione
21 - La prevenzione primaria
21.1
Il coordinamento istituzionale della prevenzione
21.2
I livelli di intervento
21.3
La strumentazione normativa ed informativa
Capitolo
21.1: «Il coordinamento istituzionale della prevenzione»
21.10
Introduzione
Lo
sviluppo organico delle azioni per tutelare l'ambiente di vita e di lavoro
richiedente il coordinamento operativo intorno all'ULSS di tutti gli interventi
mirati a tale obiettivo, e che sono distribuiti tra vari livello di competenza.
Il
modello funzionale del S.S.R. indica anzitutto la necessità di sciogliere,
quanto meno sul piano operativo, il nodo dei trasporti tra ULSS e Comuni. Il
Comune è infatti titolare delle principali attribuzioni relative alla tutela
dell'ambiente di vita, inoltre attribuzioni dirette competono al Sindaco (e
solo a lui) per quanto concerne l'adozione di provvedimenti di carattere
ordinatorio sia sull'ambiente di vita che su quello di lavoro.
Occorre
pertanto che Comune e Sindaco siano in grado di avvalersi dell'ULSS come struttura
tecnica, senza necessità di dotarsi di propri organismi operativi.
Occorre
inoltre che vengano fissate procedure omogenee su tutto il territorio regionale
per quanto attiene all'attivazione delle competenze del Comune e del Sindaco.
Queste procedure debbono essere lineari e chiare per tutti.
Ogni
atto che debba concludersi con un provvedimento amministrativo (quale ne sia la
natura) deve essere seguito dal Comune fin dall'inizio, ossia fin dal momento
in cui il cittadino attiva la pubblica amministrazione. Il cittadino (sia come
tale che come titolare di attività economica) ha il diritto che egli venga
indicata una sola porta di ingresso nei suoi contatti con la pubblica
amministrazione.
Occorre
infine che il tecnico fornito dall'ULSS possa partecipare alla pari degli altri
tecnici del Comune all'istruttoria di quegli atti di amministrazione corrente,
che si concludono con provvedimenti amministrativi del Comune o del Sindaco.
Un
secondo momento di coordinamento intorno all'ULSS concerne le funzioni dell'amministrazione
provinciale, in quanto la Provincia ha competenze proprie nella tutela
dell'ambiente di vita, alcune delle quali sono residuali mentre altre sono di
recente attribuzione.
La
compresenza sullo stesso territorio di due autorità amministrative chiamate ad
affrontare la stessa materia è di per sé un fattore di confusione e
disorganicità, nel caso particolare, in cui la Provincia ha diritto ad
avvalersi del Presidio multizonale di prevenzione, se tale diritto viene
esercitato fuori da un quadro di coordinamento ne può risultare altra
confusione e disorganicità.
Il
modello funzionale indica la necessità di un terzo momento di coordinamento
intorno all'ULSS, relativamente alle competenze esercitate dall'amministrazione
centrale, sia direttamente che attraverso i suoi organi ausiliari.
Ciò
vale in particolare per l'esercizio delle competenze dell'I.S.P.S.L., il nuovo
organismo del S.S.N. che, nato come organo consultivo e di supporto tecnico
delle Regioni e delle ULSS per problemi di alta specializzazione nel campo
della prevenzione nell'ambiente di lavoro (come il suo gemello Istituto
Superiore di Sanità), ha via via mutato aspetto fino a configurarsi come un
organismo operativo; da struttura esclusivamente «centrale», esso si è
progressivamente decentrato su scala regionale (e subregionale), reintroducendo
a quel livello una presenza dell'amministrazione centrale che, sottraendo
competenze alle ULSS, contraddice alla logica della riforma. Ciò sarà fonte
aggiuntiva di confusione e disorganicità se non si provvederà a stabilire
concrete forme di coordinamento, tanto più necessarie se prenderà corpo
l'ipotesi di sottrarre ulteriori competenze alle ULSS mediante l'istituzione di
un'agenzia nazionale per i corsi detti «grandi rischi».
Tutti
questi circuiti di coordinamento individuano un ruolo attivo della Regione, in
quanto trattasi di promuovere intese tra soggetti di vari livelli
istituzionali, nei confronti dei quali la pressione e l'iniziativa dei Comuni e
delle ULSS potrebbero non essere sufficientemente efficaci.
Va
poi tenuto presente che anche la Regione è a sua volta titolare di attribuzioni
in alcuni settori di questa materia.
Sulla
base di quanto sopra esposto, il capitolo 21.1 si articola nei seguenti
paragrafi, che trattano il coordinamento tra:
-
Comune e ULSS (21.11)
-
Sindaco e ULSS (21.12)
-
Provincia e ULSS (21.13)
-
I.S.S., I.S.P.S.L. e ULSS (21.14)
-
Regione e ULSS (21.15).
21.11
Il coordinamento con il Comune
Il
Comune si avvale delle strutture tecnico-operative dell'ULSS per le funzioni
attinenti la tutela sanitaria dell'ambiente rivolgendosi direttamente al
responsabile del competente settore dell'Ufficio di direzione in caso di
urgenza altrimenti attivandole tramite il Comitato di gestione.
L'ULSS
comunica ai Comuni dell'ambito territoriale i nominativi dei medici e
veterinari dipendenti appartenenti all'Ufficio di direzione o assegnati a
funzioni territoriali ai fini della loro partecipazione alle commissioni
comunali che trattano di urbanistica, di assetto del territorio o di altre materie
attinenti la tutela sanitaria dell'ambiente. A tali commissioni i sanitari di
cui sopra partecipano con delega del responsabile del competente settore, cui
spetta emanare direttive tecniche per uniformare l'esercizio di queste funzioni
nell'ambito territoriale delle ULSS.
Il
Comune sottopone all'ULSS, per le verifiche di compatibilità previste all'art.
20 della legge 833, i piani urbanistici o i progetti di insediamenti
industriali e di attività produttive in genere. Il parere di cui sopra è
istruito dal competente settore dell'Ufficio di direzione e trasmesso dal
Comitato di gestione entro termini perentori, che possono essere dilazionati su
motivate esigenze tecniche d'intesa tra Comune e ULSS.
Viene
istituita una Conferenza permanente del sindaci dell'ambito territoriale, con
la partecipazione del presidente dell'ULSS. Tale Conferenza ha lo scopo di
esaminare l'andamento delle condizioni ambientali nel territorio di competenza,
e di concordare i provvedimenti amministrativi che si rende necessario adottare
omogeneamente su tutto l'ambito territoriale. La Conferenza si riunisce almeno
annualmente, e può essere attivata dal Comitato di gestione dell'ULSS o da un
Comune ogni qualvolta ne venga ravvisata la necessità.
Il
competente settore dell'Ufficio di direzione provvede all'istruttoria delle
pratiche per la Conferenza; inoltre predispone ogni anno una relazione sulla
situazione sanitaria dell'ambiente, per il complesso dell'ambito territoriale e
analiticamente per ciascun Comune.
21.12
Il coordinamento con il Sindaco
Per
quanto concerne le attribuzioni dirette del Sindaco, in aggiunta a quanto
esposto al punto 21.11 spetta al responsabile del competente settore
dell'Ufficio di direzione istruire per la parte tecnica, in raccordo con gli
uffici comunali, i provvedimenti amministrativi che abbiano contenuto
ordinativo per motivi contingibili ed urgenti.
Il
responsabile del settore può avvalersi del medico o del veterinario delegati ai
sensi del paragrafo 21.11.
21.13
Il coordinamento con le Province
Per
le attribuzioni di tutela ambientale previste dalle leggi, la Provincia si
avvale delle strutture tecnico-operative dell'ULSS con le stesse modalità
previste al paragrafo 21.11. Qualora debba avvalersi del Presidio multizonale
di prevenzione, la richiesta è inoltrata con le modalità stabilite per il
funzionamento di quest'ultimo.
Quando
si trattino materie previste tra le attribuzioni della Provincia, questa viene
invitata alla Conferenza dei sindaci dell'ambito territoriale dell'ULSS.
21.14
Il coordinamento con l'I.S.S. e con l'I.S.P.L.
Nella
piena consapevolezza che debbano essere superate operativamente tutte le
ragioni di conflittualità con gli organi ausiliari centrali del S.S.N., anche
per non creare ulteriori smagliature che rafforzino non ipotetiche pretese di
interventi sull'area della prevenzione da parte di organi statali o comunque
centrali esterni al S.S.N., il raccordo con l'Istituto superiore per la
prevenzione e sicurezza del lavoro assume particolare rilevanza tra gli
obiettivi del modello funzionale.
Occorre
pertanto che la presenza nella Regione di un distaccamento di tale istituto non
determini sovrapposizioni di interventi o presunzione di autarchia
istituzionale, e che la separazione delle competenze, necessaria sul piano
istituzionale, venga recuperata attraverso intese programmatiche, di cui dovrà
farsi carico, a livello promozionale, la Giunta regionale.
Pertanto
il modello funzionale dà spazio a forme di collaborazione che si concretizzino
da un lato con il coinvolgimento delle strutture del S.S.R. nei programmi di
ricerca dell'Istituto, e dall'altro con la presenza dei responsabili tecnici
della struttura locale dell'Istituto nelle attività dipartimentali del Presidio
multizonale di prevenzione.
Analogo
discorso va fatto per l'Istituto superiore della sanità, nei cui riguardi va
però sottolineato il clima ormai consolidato di collaborazione con Regioni e
ULSS, clima al quale è indifferente il fatto che l'assenza di strutture
periferiche dell'istituto fa venire meno una buona parte dei presupposti di
conflittualità con il livello locale del S.S.R.
La
collaborazione con i predetti istituti si sostanzia anche nella partecipazione
sistematica degli operatori del S.S.R. alle iniziative di formazione ed
aggiornamento condotte centralmente, in modo particolare dall'Istituto
superiore di sanità.
21.15
Il coordinamento con la Regione
Nel
caso in cui la legge nazionale o regionale attribuisca alla Regione competenze
dirette in materia di tutela sanitaria dell'ambiente, l'Ufficio regionale
competente si avvale delle strutture tecnico-operative dell'ULSS, ivi compreso
il Presidio multizonale di prevenzione, con le modalità previste al paragrafo
21.11. Delle richieste e delle relative risposte viene data informazione
all'Assessore preposto all'Ufficio socio-sanitario, qualora la richiesta non
sia attivata direttamente da quest'ultimo.
Viene
costituita la Conferenza regionale dei Sindaci, con finalità analoghe a quelle
della Conferenza territoriale. La Conferenza è convocata almeno una volta
all'anno dalla Regione. Ad essa vengono invitati anche i presidenti delle ULSS.
La Conferenza può essere convocata su richiesta dei Comuni e delle ULSS, anche
per sottogruppi, qualora le questioni da discutere interessino ambiti
territoriali intermedi tra l'ULSS e la Regione.
Quando
siano in discussione materie di competenza delle Province, queste vengono
invitate a prendervi parte.
Capitolo
21.2: «I livelli di intervento»
21.20
Introduzione
Definito
il quadro dei coordinamenti intorno all'ULSS di tutte le attività finalizzate
alla tutela dell'ambiente di vita e di lavoro, e fissati i criteri unitari per
l'attivazione della pubblica amministrazione da parte dei cittadini, restano da
definire le modalità per il funzionamento dei servizi all'interno dell'ULSS.
Il
modello funzionale del S.S.R. prende in considerazione innanzitutto
l'individuazione dei livelli di intervento in rapporto alle attribuzioni delle
strutture tecnico-operative chiamate in causa.
La
tutela sanitaria dell'ambiente impegna tutti i livelli.
Impegna
il livello di base, nel quale alcune funzioni possono essere esaurite senza
bisogno di ulteriori coinvolgimenti, e che rappresenta in ogni caso
l'osservatorio privilegiato per il riscontro dei fattori di nocività e un
momento essenziale di attivazione dell'intervento pubblico.
Impegna
alcune strutture specialistiche di secondo livello, e in particolare quelle del
Presidio multizonale, che presta il suo rapporto alle ULSS con i laboratori e
con i servizi operativi.
Impegna
infine il livello centrale dell'ULSS, presso il quale si svolgono funzioni di
direzione complessiva e di coordinamento organizzativo, e funzioni operative da
parte dei servizi ispettivi.
In
questi termini, il modello funzionale non fa distinzioni tra il circuito della
tutela dell'ambiente di vita e quella della tutela dell'ambiente di lavoro.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 21.2 si articola nei seguenti
paragrafi relativamente alle funzioni (operative e progettuali):
-
dell'area di base (21.21)
-
dell'area integrativa (21.22)
-
dell'area centrale (21.23)
-
del Comitato di gestione (21.24).
21.21
Le funzioni dell'area di base
L'area
di base partecipa alla tutela sanitaria dell'ambiente mediante attività
valutative, attività di vigilanza e, promozione di interventi ispettivi o di
altre funzioni operative dell'ULSS.
Le
attività di valutazione consistono nella raccolta periodica di elementi
descrittivi sulla situazione locale, nella messa in evidenza dei punti di
«rischio» e nella proposta di interventi correttivi. Tali attività fanno capo
in ultima analisi ai compiti del comitato partecipativo di distretto.
Le
attività di vigilanza consistono in accessi diretti da parte degli operatori
assegnati al distretto in corrispondenza dei punti di rischio: esercizi
pubblici per la vigilanza sugli alimenti e bevande, rete di distribuzione
dell'acqua potabile, allevamenti di animali, depositi di rifiuti solidi,
impianti per lo smaltimento in loco o per l'allontanamento dei liquami, edifici
scolastici ed altre sedi di attività collettive.
Per
quanto concerne gli interventi ispettivi, è compito dell'area di base
promuovere accessi da parte del personale fornito della qualificazione idonea;
vigili sanitari ed altri agenti investiti di pubbliche funzioni, ispettori di
polizia giudiziaria, ecc. Tali operatori, anche se non appartenenti all'area di
base, devono essere aggregati all'équipes di distretto come operatori
«itineranti».
Compete
infine all'area di base attivare i servizi operativi dell'ULSS per interventi
di bonifica ambientale, o per quanto serva alla rimozione delle nocività
ambientali, e che sia praticabile con i mezzi dell'ULSS.
21.22
Le funzioni dell'area integrativa
L'area
integrativa è impegnata nella tutela sanitaria dell'ambiente su due piani
differenziati: quello zonale e quello multizonale.
Sul
piano zonale l'area integrativa fornisce prestazioni di laboratorio,
relativamente a rilevazioni (routinarie od estemporanee) risolvibili con
l'ausilio di dotazioni acquisibili senza grosso impegno di investimenti, e da
affidare a personale di normale qualificazione.
Quanto
sopra si riferisce in modo particolare a giudizi soprattutto qualificativi,
espressi in termini di presenza o assenza della nocività. Il campo di
intervento più appropriato per questo livello è la tutela igienica degli
alimenti e bevande con particolare riguardo alla vigilanza sulle mense ed altri
servizi collettivi.
Il
livello multizonale è impegnato con tutte le sue dotazioni, sia di laboratorio
che di servizi operativi. Esso interviene con le modalità e le caratterizzazioni
che il modello funzionale illustra nell'apposito capitolo.
21.23
Le funzioni dell'area centrale
L'area
centrale è impegnata nella tutela sanitaria dell'ambiente attraverso i servizi
operativi che fanno capo direttamente all'Ufficio di direzione, con compiti di
controllo (vigilanza e ispezione) sugli ambienti di vita e di lavoro.
Tali
servizi ricomprendono personale di vigilanza e tecnici dell'ambiente; questi
ultimi hanno anche la funzione di eseguire direttamente rilevazioni strumentali
«in loco».
Una
parte di questi operatori ha compiti ispettivi sull'ambiente di lavoro e viene
perciò fornita della necessaria qualificazione (ufficiali di polizia
giudiziaria). Essi accedono sul luogo di lavoro, prescrivono mediante diffida
misure correttive, attivano i provvedimenti sanzionatori previsti dalle leggi.
L'Ufficio
di direzione organizza i flussi di attività nell'ambito territoriale di
competenza, (ivi compresi i flussi informativi), ne coordina l'esecuzione,
assicura la fruizione del servizio operativo da parte di tutti i distretti
aggregando il personale di vigilanza alle équipes di base secondo criteri di
distribuzione per aree territoriali.
L'Ufficio
di direzione organizza inoltre le attività di aggiornamento degli operatori e
cura i programmi di educazione sanitaria.
L'Ufficio
di direzione è infine il tramite per tutti i rapporti con il Presidio
multizonale di prevenzione.
21.24
Le funzioni del comitato di gestione
Nell'ambito
delle sue attribuzioni istituzionali, il Comitato di gestione svolge alcuni
compiti specifici per la tutela sanitaria dell'ambiente.
In
particolare tali compiti si estrinsecano attraverso l'attivazione dei rapporti
con i Comuni dell'ambito territoriale, secondo quanto esposto nel capitolo
21.1.
Inoltre
il comitato di gestione attiva rapporti con le istanze sociali che sono
coinvolte nella tutela dell'ambiente, in primo luogo gli imprenditori titolari
di attività produttive «a rischio».
Il
Comitato attiva infine rapporti con i sindacati e le aziende per l'affidamento
all'ULSS di compiti di tutela ambientale aggiuntivi rispetto a quelli
attribuiti per legge, ai sensi dell'art. 21 della legge 833.
Capitolo
21.3: «La strumentazione normativa ed informativa»
21.30
Introduzione
La
corretta articolazione dell'intervento nei vari livelli di competenza richiede
l'uso di strumentazioni funzionali al raggiungimento delle finalità del S.S.R.
Queste
strumentazioni sono anzitutto di carattere normativo, in quanto la materia si
snoda lungo percorsi che hanno un collo di bottiglia nei provvedimenti
amministrativi, occorre pertanto chiarezza sugli obblighi, sui diritti, sui
presupposti procedurali, ecc.
Gli
interventi di normazione locale sono tanto più necessari in quanto occorre fare
un intenso lavoro di coordinamento della legislazione, per estrarre filoni
unitari da una produzione normativa disarticolata nel tempo e disomogenea nelle
fonti di produzione.
Una
particolare espressione dell'attività normativa, specifica per l'ambiente di
lavoro, è quella tesa ad ottenere accordi che impegnino aziende ed ULSS su
prestazioni aggiuntive rispetto a quelle di competenza istituzionale del
S.S.N.; prestazioni alle quali l'azienda sia tenuta vuoi per legge dello Stato
vuoi per contratto di lavoro.
Occorrono
poi strumentazioni di carattere informativo. A questo riguardo, il modello
funzionale far riferimento all'organizzazione generale del sistema informativo
socio-sanitario e alle funzioni dell'Osservatorio Epidemiologico, ed individua
per questa particolare finalizzazione alcuni strumenti di peso strategico più
consistente, relativi alla documentazione da adoperare nell'ambiente di lavoro
(i registri dei dati ambientali e biostatistici), alla mappa territoriale dei
rischi, alla relazione sullo stato sanitario del distretto.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 21.3 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
Gli strumenti normativi (21.31)
-
Gli strumenti informativi (21.32).
21.31
Strumenti normativi
Vanno
presi in considerazione sia gli strumenti normativi tipici (leggi regionali,
compreso il Piano socio-sanitario; conseguenti atti di indirizzo e
coordinamento; regolamenti locali di igiene) che altri tipi di normazione
sostanziale (ad esempio le convenzioni).
Nel
campo degli strumenti normativi tipici assumono fondamentale rilievo i
regolamenti locali. Tali regolamenti hanno il compito di giustapporre ed
ordinare secondo schemi di utilità operativa tutti gli spezzoni di normativa
attinenti la tutela sanitaria dell'ambiente, quale se sia la fonte e la
collocazione legislativa.
Oltre
ad aiutare gli amministratori e gli operatori locali, i regolamenti devono
offrire ai cittadini uno strumento sinottico che consenta di orientarsi in
questa materia.
Tra
gli altri tipi di strumenti normativi emerge per importanza lo schema-tipo di
convenzione tra ULSS e aziende per la realizzazione degli interventi di tutela
della salute all'interno dei luoghi di produzione, nelle materie che fanno capo
alla responsabilità diretta dei datori di lavoro. Attraverso queste convenzioni
l'ULSS garantisce unitarietà di interventi sia nell'ambiente delle proprie
incombenze istituzionali, sia al di fuori di esse, configurandosi in
quest'ultimo caso come organismo esponenziale di tutti gli interessi della
collettività, e pertanto «fiduciario» sia dei lavoratori che degli imprenditori.
21.32
Gli strumenti informativi
Gli
interventi per la prevenzione primaria si avvalgono, in corrispondenza dei
livelli di competenza, dei seguenti strumenti informativi:
-
la relazione sullo stato sanitario del distretto, che il comitato partecipativo
elabora nella sua relazione annuale;
-
i registri dei dati ambientali e biostatistici, che vengono attivati nelle
fabbriche «a rischio» a cura dei servizi operativi dell'ULSS;
-
le notifiche delle malattie infettive da parte del medico curante;
-
il registro delle attività di controllo effettuate sugli ambienti di vita e di
lavoro da parte dei servizi operativi (anche multizonali);
-
le denunce delle malattie diffusive degli animali ed i registri sulle cause di
morte.
i
dati raccolti attraverso questi strumenti informativi sono aggregati presso
l'Ufficio di direzione, che li trasmette al livello regionale del S.I.S.
Sottosezione
22 - Le funzioni di base
22.1
Il momento sanitario
22.2
Il momento socio-sanitario
22.3
Il momento partecipativo
22.4
Il distretto di base
Capitolo
22.1: «Il momento sanitario»
22.10
Introduzione
Il
modello funzionale dell'assistenza di base vuole dare innanzitutto indicazioni
sullo svolgimento delle prestazioni sanitarie richieste dalla popolazione.
Senza pregiudizio per l'unitarietà dell'approccio, questa priorità riflette
l'andamento della domanda, che raggiunge i massimi livelli di frequenza su
questo versante.
I
poli tradizionali entro cui si articola la domanda «sanitaria» sono il medico
di famiglia e la farmacia. Il modello funzionale ne propone l'allargamento ad
altre figure.
La
funzione del medico di famiglia è definita dalla convenzione unica per la
medicina generica e pediatrica. I problemi a questo livello riguardavano
l'ampiezza della risposta del medico di famiglia, che non può essere limitata
alla fase diagnostico-terapeutica, ma deve estendersi per coprire fabbisogni di
medicina preventiva individuale.
Il
potenziamento dell'efficacia della medicina di base presuppone che sia superata
la condizione di isolamento in cui il medico opera.
Il
medico isolato nel suo ambulatorio individuale non aiuta la prospettiva di un
sistema di medicina territoriale che si ponga come polo sanitario concorrente
con l'ospedale.
Questo
obiettivo richiede il passaggio alla associazione di più medici, che gestiscano
insieme un ambulatorio dotato delle strumentazioni (anche informatiche di uso
più corrente).
All'interno
di questa associazione si possono trovare soluzioni più adeguate per la stessa
guardia medica e per l'aggiornamento professionale.
Inoltre
l'isolamento del medico di famiglia va superato nel contesto delle misure per
l'assistenza domiciliare, secondo quanto è preso in esame nell'apposito
paragrafo.
Un
aspetto che si ricollega al potenziamento e alla qualificazione delle funzioni
di base è quello della guardia medica festiva e notturna. Fermo restando il
valore di tale istituto contrattuale come conquista del diritto del medico al
riposo, occorre però arrestare la tendenza a farne un sistema parallelo a
quello del medico di famiglia.
Accanto
alla domanda «individuale» di prestazioni mediche, inevitabilmente proiettata
in direzione della terapia, occorre prendere in considerazione una domanda
«sociale» proiettata sul terreno di una medicina preventiva programmata per
situazioni «a rischio» (tutela materno-infantile, medicina dell'età scolare,
medicina sportiva), nonché per l'educazione sanitaria, per la profilassi delle
malattie infettive, per la vigilanza igienica sull'ambiente e sugli alimenti.
Con ciò si apre uno spazio per un tipo particolare di medico di base, a
rapporto «fiduciario» anche con la comunità e le sue espressioni istituzionali:
un medico siffatto deve inevitabilmente operare nell'ambito del rapporto di
dipendenza.
Oltre
al medico di medicina generale, concorrono all'assistenza di base a livello
territoriale e domiciliare alcuni medici specialisti delle branche di consumo
più generalizzato. Rientra qui la problematica della pediatria, laddove non
giunga il sistema del pediatra di famiglia. Rientrano le problematiche dell'assistenza
ostetrica nell'ambito della tutela materno-infantile. Rientrano inoltre le
questioni del corredo specialistico per alcune funzioni medico preventive verso
soggetti a rischio nella scuola, sul lavoro, ecc. E rientra infine la
problematica dell'assistenza odontoiatrica, con tutte le sue difficoltà anche
logistiche.
Per
quanto concerne l'assistenza farmaceutica, non vi è nulla di particolare da
prendere in esame in sede di modello funzionale, circa l'accesso alle farmacie
aperte al pubblico. Il modello funzionale punta al recupero del farmacista come
operatore sanitario di base, sul piano dell'educazione sanitaria in relazione
ai consumi dei farmaci e all'autoterapia mediante prodotti da banco.
È
invece da ridefinire l'uso dei farmaci all'interno dei presidi di base, per
terapie pilotate dalle équipes ospedaliere che richiedono un monitoraggio degli
effetti terapeutici e di quelli indesiderati, o nei casi in cui i farmaci
necessari non siano compresi sul Prontuario terapeutico nazionale (per esempio
nel campo della psichiatria territoriale).
Infine,
il modello funzionale propone tra le questioni centrali l'aggiornamento
professionale, problema che riguarda con priorità assoluta il medico di
famiglia: questo operatore infatti, se da un lato viene individuato come il
pilastro del sistema di tutela sanitaria nel territorio, dall'altro è pressoché
totalmente isolato dalle correnti di rinnovamento del sapere.
Poiché
la stessa osservazione è estensibile agli altri operatori del territorio, è
opportuno affrontare unitariamente la materia in chiave di potenziamento e
qualificazione del momento sanitario delle funzioni di base.
Infine,
va ricompresa all'interno di questa problematica la nuova articolazione delle
funzioni veterinarie.
Sulla
base di queste premesse, il capitolo 22.1 si articola nei seguenti paragrafi:
-
Le funzioni del medico di famiglia (22.11)
-
Le associazioni dei medici e gli ambulatori di gruppo (22.12)
-
La medicina preventiva per i programmi «rischio» (22.13)
-
La guardia medica (22.14)
-
Il medico di comunità (22.15)
-
Le funzioni specialistiche sul territorio (22.16)
-
L'assistenza farmaceutica nel territorio e le funzioni del farmacista nel
territorio (22.17)
-
L'aggiornamento professionale (22.18)
-
Le funzioni veterinarie (22.19).
22.11
Le funzioni del medico di famiglia
Il
modello funzionale del S.S.R. assegna al medico di famiglia compiti che
recuperano l'unitarietà della medicina nei suoi momenti preventivi,
diagnostico-terapeutici e riabilitativi.
Esso
pone questo obiettivo nel quadro delle funzioni che derivano al medico dal
rapporto fiduciario con l'assistito, oltre a ciò, il modello funzionale propone
il coinvolgimento del medico di famiglia in attività di medicina pubblica,
ossia per programmi preventivi mirati sulle popolazioni a rischio.
Sotto
il profilo dell'assistenza nell'ambito del rapporto fiduciario, è compito del
medico di famiglia provvedere ad alcuni momenti medico-preventivi, eseguendo
per esempio le vaccinazioni profilattiche e fornendo dati agli altri servizi
che si occupano di momenti specifici della tutela sanitaria (ferma restando la
garanzia della riservatezza), oppure fornendo prestazioni di controllo
sanitario sulla base dei protocolli di rischio adoperati nell'ambito dei
progetti-obiettivo, e altro.
Sotto
il profilo diagnostico-terapeutico il medico di famiglia deve agevolare le
funzioni dell'area integrativa chiedendone le prestazioni sulla base di
circostanziati quesiti diagnostici, nei casi dovuti e nella misura opportuna.
Il
modello funzionale chiede inoltre al medico di famiglia di collaborare in
alcune particolari condizioni di ospedalizzazione (paraospedale), e di
mantenere i contatto con l'ospedale nel caso di ricovero per emergenza
sanitaria.
Sotto
il profilo riabilitativo, il modello funzionale chiede al medico di famiglia di
svolgere alcuni interventi, di intesa se necessario con le strutture
integrative. Tali interventi rilevano in particolare sul piano dell'educazione
sanitaria, per adeguare i comportamenti individuali e gli stili di vita alle
necessità del recupero funzionale e alla prevenzione delle ricadute. In questa
stessa ottica si pongono per il medico di famiglia compiti di assistenza per
l'autotrattamento del malato nelle situazioni di terapie di lunga durata.
Quanto sopra rientra nel quadro della partecipazione del medico di famiglia
all'assistenza domiciliare.
Il
modello funzionale chiama i medici a collaborare a programmi di sanità pubblica
coordinati nei progetti-obiettivo e rivolti alla popolazione aggregata per
condizioni di rischio. Si tratta di una collaborazione che si colloca al di
fuori del rapporto fiduciario, ai sensi della vigente convenzione unica, se da
un lato essa va commisurata alla specifica preparazione e qualificazione
professionale del medico, dall'altro va vista come momento di arricchimento
della professionalità del medico nella misura in cui il contatto con l'area dei
rapporti socio-comunitari consente di accostare a problematiche socio-sanitarie
più ampie di quelle che derivano dall'area dei rapporti individuali.
Il
modello funzionale mette dunque in fase questi obiettivi con la realizzazione
degli aspetti più qualificati della convenzione unica per la medicina generica
e pediatrica, da un lato, e con gli obiettivi di potenziamento e qualificazione
dell'attività del medico di base, che fanno oggetto di successivi paragrafi.
22.12
Le associazioni tra medici e gli ambulatori di gruppo
Il
potenziamento della medicina di base richiede il superamento delle condizioni
ambientali e delle modalità in cui si svolge attualmente il lavoro del medico
di base. Il modello funzionale del S.S.R. individua nell'ambulatorio di gruppo
lo strumento base per questo potenziamento.
L'ambulatorio
di gruppo è condotto da medici tra loro associati. Questa associazione supera
il significato delle associazioni fin qui ammesse, per aprire un capitolo
nuovo.
Finora
le associazioni tra medici avevano lo scopo di ammorbidire le conseguenze, sui
medici e sulla popolazione, dell'imposizione dei massimali di scelte
conseguente alla convenzione unica, si trattava per lo più di associazione tra
due medici, uno dei quali aveva a proprio carico una quantità di scelte
eccedente il massimale ammesso, e poteva riequilibrare la situazione mediante
aggregazione con un medico a basso livello di scelte.
La
nuova fase comporta un salto di qualità: l'associazione tra medici non deve più
essere finalizzata al rientro nei massimali di scelte, ma deve invece tendere a
mettere insieme più medici che, a prescindere dal carico individuale di
opzioni, gestiscano insieme la popolazione assistibile loro assegnata,
organizzando il lavoro in modo da intervallare pause di riposo senza
interrompere la continuità del servizio, e da ritagliare spazi per attività di
aggiornamento professionale, per partecipare alle iniziative dei progetti-obiettivo,
per offrire l'ambulatorio come momento dell'osservazione epidemiologica e come
punto di partenza per l'afflusso dei dati al S.I.S.
L'ambulatorio
dei medici associati può essere inoltre attrezzati per alcune rilevazioni
diagnostiche strumentali e per l'inserimento di procedure informatiche; in esso
possono trovare spazio attività infermieristiche e di segreteria altrimenti
risolte con il concorso dei familiari del medico. Quanto sopra consente di
utilizzare proficuamente le quote della retribuzione del medico finalizzate al
recupero delle spese di gestione dell'ambulatorio.
22.13
La medicina preventiva per i programmi «rischio»
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede lo specifico inserimento della medicina
di base nell'ambito dei programmi «rischio», e dei progetti-obiettivo in modo
particolare.
Tale
attività di sanità pubblica affida alla medicina di base (cioè alle équipes
medico-infermieristiche del territorio) l'esecuzione di interventi
educativo-sanitari, di prevenzione e di diagnosi precoce nell'ambito:
-
della profilassi delle malattie infettive (vaccinazioni e chemioprofilassi,
test diagnostici a lettura diretta. ecc.);
-
della tutela materno-infantile (sorveglianza delle gravidanze e del puerperio
sulla base delle mansioni previste dagli appositi protocolli);
-
della tutela sanitaria nell'età scolare e nelle attività sportivo-ricreative
(comprese le relative certificazioni);
-
della tutela della salute dei lavoratori (visite periodiche di legge per i
lavoratori a rischio, altre rilevazioni mediche al di fuori delle circostanze
di cui sopra);
-
dell'educazione sanitaria relativa alle funzioni elencate;
-
della collaborazione alla tenuta dei registri di rischio coordinati nell'ambito
dell'Osservatorio epidemiologico.
22.14
La guardia medica
Prendendo
spunto dalla considerazione che l'attuale modalità di realizzazione del
servizio di guardia medica festiva e notturna sta configurando nella medicina
generale due circuiti paralleli, con l'effetto di interrompere la continuità
del servizio del medico di famiglia proprio nel momento in cui si verificano
situazioni acute per le quali il suo apporto è indispensabile, il modello
funzionale del S.S.R. pone come obiettivo la riunificazione della guardia
medica nell'ambito della medicina generale, sia pure con l'utilizzazione di
operatori specificamente addetti a tale servizio.
Questa
tendenza passa attraverso la distribuzione territoriale della guardia medica
per avvicinarla al modulo distrettuale in modo da aggregare il servizio al
presidio di distretto e, in prospettiva, agli ambulatori di gruppo.
Sempre
per potenziare la guardia medica, il modello funzionale propone di raccordare
gli operatori di questo servizio con quelli addetti ai servizi di emergenza
nell'ospedale, anche mediante consulti telefonici con gli specialisti di alcune
branche più determinanti nei casi di urgenza.
22.15
Il medico di comunità
Le
funzioni dell'assistenza di base ritagliano uno spazio per recuperare nella
cornice del nuovo ordinamento sanitario la presenza, a livello territoriale, di
un medico a rapporto di lavoro dipendente, che oltre ad esercitare le funzioni
diagnostico-terapeutiche proprie della professione medica (a rapporto
«fiduciario» con il cittadino assistito) svolga anche attività di coordinamento
delle attività di medicina e sanità pubblica, a rapporto fiduciario con la
struttura amministrativa del S.S.R. e quindi con la popolazione generale.
Questo
ruolo, che era del medico condotto nei primi anni dell'ordinamento sanitario
dopo l'unità nazionale, è andato perdendosi con l'esplosione della mutualità, e
rischia paradossalmente di sparire con la generalizzazione del carattere
pubblico dell'organizzazione sanitaria riordinata dalla legge 833.
Questa
eventualità confligge profondamente con la filosofia della riforma, che spingendo
verso la generalizzazione del carattere pubblico dell'organizzazione sanitaria,
non fa venir meno ma semmai rilancia l'esigenza di disporre di un medico di
comunità alla base del S.S.N.
Nel
modello funzionale del S.S.R. una prima risposta a questo problema viene data
mediante l'inserimento nell'area di base di un medico a rapporto di lavoro
dipendente, al quale la comunità affida particolari compiti svincolati da un
rapporto immediato con il cittadino-assistito, relativamente a responsabilità
che un servizio pubblico non può delegare ad operatori privati, sia pure
vincolati da una convenzione (che è pur sempre un rapporto di natura
privatistica).
L'espressione
«medico di comunità» non ha ancora formale cittadinanza nell'ordinamento
sanitario italiano; non ha neppure una convalida univoca nel dibattito
culturale in corso, dove si riflettono tendenze ad ipotizzare da un lato un
medico epidemiologio avulso dalla pratica clinica, e dall'altro un medico che
non tagli i ponti con la professione clinica, e che si distingua dagli altri
per essere contemporaneamente investito di funzioni pubbliche, legate ad
interessi collettivi.
Il
modello funzionale del S.S.R. prende posizione a favore di questa seconda
ipotesi; ogni area di base, cioè ogni distretto, deve essere affidata ad un
medico che mantenga i rapporti con la professione clinica attraverso l'accesso
alla convenzione nei limiti fissati dagli accordi nazionali, e che per il resto
coordini l'attività socio-sanitaria nel distretto relativamente agli obiettivi
di sanità pubblica, secondo programmi di lavoro stabiliti dall'ULSS secondo le
priorità del Piano.
Il
medico di comunità, data la sua collocazione territoriale, assume inoltre il
ruolo di interlocutore del Comune nei distretti che coincidono con l'ambito
comunale, e partecipa in tale veste alle attività degli uffici comunali
finalizzati alla tutela dell'ambiente.
Il
medico di comunità ha infine il compito di coordinare l'équipe socio-sanitaria
del distretto, disponendo la ripartizione dei compiti e la distribuzione del
lavoro per la realizzazione dei programmi coordinati nelle linee generali
dall'Ufficio di direzione.
Il
modello funzionale, nel proporre queste soluzioni, offre uno stimolo perché al
livello nazionale maturino soluzioni circa il profilo del medico di comunità e
la conseguente inclusione di tale figura nel nuovo ordinamento del personale in
termini di curricolo formativo, di accesso alla carriera e infine di posizione
funzionale.
Come
fase di avvicinamento a tale obiettivo, il modello funzionale si avvale delle
soluzioni offerte dal contratto di lavoro del comparto sanitario, in ordine al
superamento del rapporto di servizio dell'ex medico condotto.
22.16
Le funzioni specialistiche sul territorio
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede l'inserimento di alcune attività
specialistiche direttamente nell'area di base. I criteri selettivi tengono
conto delle caratteristiche delle branche, alcune delle quali sono rivolte alla
popolazione e possono in tal senso considerarsi come branche che completano la
medicina generale.
Il
primo inserimento concerne la pediatria, per coprire gli spazi non occupati dal
pediatra di famiglia. Le carenze degli elenchi dei pediatri di libera scelta
induce a trovare soluzioni ambulatoriali per garantire le prestazioni attivate
da fabbisogni individuali nonché quelle previste nei programmi «rischio».
Altra
branca da decentrare sul territorio è l'ostetricia, sempre in relazione a
programmi di medicina pubblica nell'ambito del progetto-obiettivo «salute
materno-infantile».
Si
pone ancora l'opportunità di un decentramento dell'odontoiatria, reso quanto
mai problematico dalla carenza di operatori a convenzione con il S.S.R.
Nell'indicarne l'esigenza, il modello funzionale prospetta l'opportunità di
seguire come priorità assoluta l'assistenza odontoiatrica nell'età dello
sviluppo, in collegamento con i programmi di prevenzione della carie dentaria e
con la fornitura di protesi a condizioni socialmente garantite.
Per
quanto concerne altre specialità, l'individuazione delle esigenze di
decentramento va collegata esclusivamente alla realizzazione dei programmi di
sanità pubblica. Può pertanto porsi l'opportunità di decentrare prestazioni
oculistiche e cardiologiche per interventi sull'età scolare.
Prestazioni
specialistiche possono essere erogate in regime di assistenza familiare per le
seguenti situazioni:
-
chirurgia, limitatamente alla diagnosi in occasione di eventi acuti e al
conseguente giudizio sulla condotta terapeutica;
-
ostetricia, in occasione di eventi acuti complicanti l'andamento della
gravidanza e del puerperio;
-
pediatria, per urgenze, e limitatamente alla carenza degli elenchi della
pediatria di base;
-
cardiologia, relativamente alle cardiopatie in scompenso o alle cardiopatie
acute (angine, aritmie), quando la necessità dell'intervento specialistico sia
contenuta nel limite di una o due volte la settimana.
22.17
L'assistenza farmaceutica nel territorio e le funzioni del farmacista
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede la presenza della farmacia in ogni area distrettuale.
tale obiettivo va armonizzato con le disposizioni legislative che regolano il
rapporto tra numero di farmacie e popolazione nel Comune. Sempre nel quadro
delle vigenti disposizioni legislative, alcune difficoltà di decentramento
vanno risolte sia allargando la rete delle farmacie pubbliche, sia mediante le
incentivazioni di legge ai titolari delle farmacie private.
Nell'assistenza
farmaceutica nel territorio occupa un posto di rilievo l'ampliamento delle
occasioni di somministrazione diretta dei farmaci nei presidi pubblici.
Questa
possibilità va esplorata in rapporto a particolari terapie di lunga durata
specie se basate sull'uso di farmaci i cui effetti vanno tenuti sotto
osservazione anche come condizione per regolare il dosaggio. Esemplificativamente
vanno prese in considerazione le seguenti situazioni:
-
trattamenti farmacologici delle tossicodipendenze;
-
trattamenti farmacologici delle malattie mentali;
-
terapie con derivati plasmatici;
-
trattamento del diabete e di altre malattie disendocrine;
-
trattamenti farmacologici e dietologici da dismetabolismi dell'infanzia
derivanti da alterazioni genetiche.
Tale
obiettivo va collocato nel quadro delle misure attuative del day-hospital,
inteso a sua volta come presidio pubblico legittimato a provvedere alla
somministrazione diretta dei farmaci.
Infine
l'indirizzo di utilizzare tutte le dotazioni umane a disposizione del S.S.R.
per il potenziamento dell'assistenza di base orienta a collocare il farmacista
nell'équipe di base con compiti specifici nell'educazione sanitaria della
popolazione sull'uso corretto dei farmaci, con particolare riguardo ai consigli
per l'autotrattamento in caso di terapia di lunga durata e all'orientamento per
l'uso dei prodotti da banco.
22.18
L'aggiornamento professionale
Nel
quadro delle iniziative per la formazione e l'aggiornamento degli operatori
occupa uno spazio strategicamente prioritario l'aggiornamento dei medici (e
degli altri operatori sanitari di base), trattandosi di un presupposto per
farlo uscire dall'isolamento operativo e culturale nel quale lo confina il
sistema tradizionale di esercizio della professione.
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede pertanto specifiche iniziative di
aggiornamento sui temi di maggiore incidenza nella pratica del medico di base,
con particolare riguardo all'evoluzione della farmacologia e farmacoterapia,
allo sviluppo tecnologico degli accertamenti diagnostici, all'epidemiologia,
sia come metodologia di approccio ai problemi che come descrizione e
valutazione dei principali problemi sanitari della comunità.
È
analogamente indispensabile rivolgere iniziative di aggiornamento professionale
ai veterinari, in considerazione dell'isolamento tradizionale di questa figura
nonché per l'adeguamento della professionalità a nuovi compiti derivanti dalla
riforma sanitaria e che hanno sostituito il profilo tradizionale del
veterinario con due ben distinti indirizzi professionali (sanità animale e
igiene degli alimenti).
Per
questi obiettivi di aggiornamento appare opportuno fare largo uso delle
metodologie che si rifanno al concetto dell'autoapprendimento, degli «audit», e
delle altre tecniche di didattica non formalizzata, pur dando il dovuto rilievo
anche ai corsi brevi, ai seminari e ad altre iniziative formalizzate.
22.19
Le funzioni veterinarie
Le
funzioni veterinarie di base sono rivolte principalmente alla profilassi delle
malattie infettive e diffusive degli animali ed in particolare di quelle
trasmissibili all'uomo, all'esecuzione di piani di profilassi e risanamento,
all'ispezione, vigilanza e controllo delle carni e degli altri prodotti di
origine animale, alla vigilanza e controllo sull'alimentazione degli animali e
sull'impiego dei farmaci per uso veterinario. Tra dette funzioni sono
ricomprese quelle relative alla vigilanza sulla riproduzione animale e sulla
assistenza zooiatrica.
Va
infine sottolineato il ruolo del veterinario di base nell'educazione sanitaria
degli allevatori, con particolare riguardo al corretto impiego dei farmaci.
Capitolo
22.2: «Il momento socio-sanitario»
22.20
Introduzione
Il
modello funzionante del S.S.R. per l'assistenza di base prende in
considerazione un momento «socio-sanitario», che ha alcune caratteristiche
specifiche rispetto al momento sanitario, con il quale peraltro deve integrarsi
operativamente.
Il
momento «sanitario» si articola intorno alla figura del medico, pur non
esaurendosi in esso, poiché vanno previste altre figure (il farmacista, il
veterinario), che però proiettano la loro professionalità su campi abbastanza
limitati anche se specifici. Ugualmente vanno previste figure professionali
appartenenti ai profili infermieristici, il cui ruolo a questo livello però è
di tipo ausiliario rispetto alla centralità del medico. Nel momento
«socio-sanitario» emergono invece fabbisogni rispetto ai quali le risposte sono
date, in tutto o in parte, da altre figure professionali, anche con ruoli
centrali.
Tipicamente
socio-sanitarie sono le funzioni di educazione sanitaria, che devono essere
attribuite a tutti gli operatori di base, e che individuano spazi di competenze
anche per operatori non legati al S.S.R., ad esempio nel campo della scuola.
Funzioni
socio-assistenziali tipiche in un altro campo sono quelle attinenti
l'assistenza domiciliare e l'aiuto domestico familiare.
Con
il primo termine si intende una attività prevalentemente sanitaria, prestata da
personale infermieristico che sia in grado: di fornire prestazioni
medico-preventive nonché terapeutiche (su indicazione del medico); di
sviluppare la coscienza sanitaria e adeguate conoscenze finalizzate
all'autotrattamento per il consolidamento del recupero; di intervenire a
livello riabilitativo (comprendendo con ciò anche il reinserimento sociale dopo
il ritorno all'autosufficienza).
Il
termine «aiuto domestico-familiare» indica a sua volta un complesso di funzioni
non sanitarie, nei campi dell'igiene della casa, della persona,
dell'alimentazione. tali prestazioni sono di supporto all'assistenza
domiciliare e possono venire rapportate a quelle che in ambiente ospedaliero
vengono affidate agli ausiliari socio-sanitari; se ne distinguono per la
diversità delle condizioni ambientali e di organizzazione del lavoro, che
consente (e talvolta suggerisce) di non avvalersi solo di personale strutturato
nella pianta organica delle ULSS, ma di ricorrere a rapporti di lavoro pi
flessibili, non strutturati in un rapporto di dipendenza.
In
linea generale, va poi tenuto presente che i due termini fanno riferimento ad
attività da svolgere sia nel domicilio del malato, che in alloggi collettivi,
in presidi paraospedalieri o in altre collettività protette.
Altre
funzioni hanno una valenza più marcatamente socio-assistenziale, perché si
rivolgono a fasce marginali di popolazione, come nel caso dei
tossicodipendenti, dei malati di mente in fase non acuta, degli anziani non
autosufficiente, ecc.
Infine
vi è una zona di prestazioni che attengono all'assistenza di base, ma che non
hanno immediati risvolti sanitari, come nel campo della tutela dei diritti del
minore e della donna, o in quello della socializzazione dell'anziano; e poi nel
campo dell'assistenza post-carceraria e per altre forme di aiuto sociale. Tali
prestazioni sono chiamate a fronteggiare situazioni di emergenza, secondo gli
obiettivi che la Regione si è data integrando la legge 65 con la legge 29.
Sulla
base di queste premesse, il capitolo 22.2 si articola nei seguenti paragrafi:
-
L'educazione sanitaria (22.21)
-
L'assistenza domiciliare (22.22)
-
L'aiuto domestico (22.23)
-
L'assistente socio-sanitaria alle fasce marginali di popolazione (22.24)
-
La promozione e l'aiuto sociale (22.25).
22.21
L'educazione sanitaria nei servizi di base
L'educazione
sanitaria è uno dei momenti più significativi del modello funzionale per quanto
concerne il primo livello dell'assistenza, essendo una parte non solo
integrante ma fondamentale della prevenzione, che ha la sua esplicazione più
rilevante nell'area di base.
L'educazione
sanitaria va intesa come processo di analisi critica delle condizioni che
costituiscono un rischio per la salute in un dato ambiente; va intesa più in
particolare come acquisizione di comportamenti individuali e sociali che non
siano causa di nocività, e come individuazione dei mezzi per rimuovere i
fattori ambientali di rischio; laddove l'ambiente va inteso nella accezione
anche di ambiente sociale, fatto cioè di comportamenti individuali e di
interrelazioni tra individui e gruppi.
L'educazione
sanitaria a livello di base coinvolge tanto gli organismi della partecipazione
quanto gli operatori; relativamente agli operatori, li coinvolge tutti a
prescindere dalla collocazione professionale e senza quindi che debba essere
individuato un operatore specificamente ed esclusivamente dedicato a tale
finalità, quanto meno al livello di base.
Le
iniziative di educazione sanitaria devono pertanto procedere di pari passo con
le attività di aggiornamento professionale e debbono affrontare i temi più
pertinenti sul piano della difesa della salute dai fattori di rischio e sul
piano della prevenzione, nonché sul piano della gestione dei servizi e della
richiesta di prestazioni al S.S.R.
Il
modello funzionale del S.S.R. assegna all'educazione sanitaria un posto di
priorità tra le iniziative programmate a livello di distretto.
22.22
L'assistenza domiciliare
L'assistenza
domiciliare è un complesso di interventi a carattere fondamentalmente
socio-sanitario, con supporti di aiuto domestico-familiare, che ha come scopo
quello di garantire una adeguata copertura dei fabbisogni terapeutici per
affezioni che possono essere seguite al domicilio sotto la diretta
responsabilità del medico di famiglia con l'aiuto di indirizzi terapeutici
formulati da altre strutture sanitarie dell'ULSS, o disponendo di protocolli
terapeutici intorno ai quali coordinare le iniziative delle varie componenti
mediche e infermieristiche dell'assistenza domiciliare stessa.
Il
presupposto dell'assistenza domiciliare è l'adeguatezza dell'alloggio, la
possibilità cioè di utilizzare le situazioni ambientali offerte dal domicilio
del paziente, salvo integrazione coni servizi di aiuto domestico-familiare.
L'assistenza
domiciliare presuppone ancora la disponibilità di personale infermieristico in
grado di fornire prestazioni anche terapeutiche al domicilio del malato,
ovviamente sotto guida e responsabilità di un medico. Ciò rende indispensabile
la selezione delle situazioni patologiche da affrontare in regime di assistenza
domiciliare, mettendo in fase tale scelta con gli obiettivi prioritari di
deospedalizzazione per i fini della riconversione dell'iniziativa ospedaliera.
L'assistenza domiciliare consiste anche in prestazioni a carattere
riabilitativo, in interventi di educazione sanitaria e nella assistenza
all'autrattamento e all'autoterapia condotta in concorso tra l'ammalato e i
suoi familiari.
22.23
L'aiuto domestico-familiare
L'aiuto
domestico-familiare è un corollario ma anche un presupposto dell'assistenza
domiciliare. Esso consiste in prestazioni da parte di personale non
professionalizzato in campo sanitario, e tuttavia addestrato a farsi carico dei
fabbisogni particolari del malato assistito al proprio domicilio, sul piano
dell'igiene della persona, della casa, dell'alimentazione.
A
differenza di quel che accade in ambito ospedaliero, l'aiuto
domestico-familiare deve adeguarsi ai ritmi di vita che non sono fissati dal
servizio, bensì dal contesto socio-familiare in cui l'assistenza viene
prestata. Ciò richiede una grande elasticità e duttilità negli orari di
servizio, il che rende preferibile l'impiego di personale non strutturato nel
Ruolo nominativo regionale da acquisire nell'area dell'offerta privatistica e
con preferenza per le cooperative di servizi in ragione delle garanzie che
queste offrono in termini di elasticità sia del rapporto di servizio, che di
erogazione delle prestazioni, scaricando l'ULSS da quest'ultime incombenze
organizzative non di poco conto.
22.24
L'assistenza socio-sanitaria alle fasce marginali di popolazione
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede l'integrazione nelle funzioni di base di
alcune attività socio-sanitarie dirette a fasce marginali di popolazione. Si
tratta in particolare ai portatori di handicap (e tra questi ai soggetti
handicappati in età scolare), ai malati di mente in fase non acuta (o comunque
ai soggetti in trattamento presso una struttura territoriale di tutela della
salute mentale), entro certi limiti anche ai tossicodipendenti in fase di
disassuefazione.
Queste
attività sono rivolte a persone che hanno preminenti o grossi problemi
sanitari, talché la loro assistenza rientra negli impegni del servizio
sanitario nazionale anche sotto il profilo finanziario.
Per
la particolarità della situazione, però, l'assistenza sanitaria comporta
supporti socio-assistenziali tesi all'autosufficienza e alla risocializzazione
dei soggetti, come condizione primaria per garantire un buon livello di
recupero e di riabilitazione.
Il
modello funzionale prevede pertanto l'utilizzazione di operatori forniti di una
delle professionalità previste nell'ordinamento del personale delle ULSS, con
preparazione curriculare o aggiuntiva in campi particolari della
riabilitazione; tali operatori sono inseriti nell'équipe di base come
«itineranti».
Ovviamente,
a questi supporti si aggiungono, se del caso, quelli previsti per l'assistenza
domiciliare e per l'aiuto domestico.
22.25
La promozione e l'aiuto sociale
Il
modello funzionale del S.S.R. inserisce tra le attività socio-sanitarie di base
anche interventi di supporto sociale in senso stretto, senza attinenza se non
indiretta con gli obiettivi di tutela della salute.
Questi
interventi, che non rientrano tra gli impegni amministrativi e finanziari del
Servizio sanitario regionale propriamente detto, sono rivolti sia alla
generalità della popolazione che a fasce marginali per esclusivi prevalenti
bisogni di socializzazione, secondo le specificazioni e le modalità descritte
nell'apposito capitolo del Piano.
Capitolo
22.3: «Il momento partecipativo»
22.30
Introduzione
Il
momento partecipativo rappresenta un punto cruciale di articolazione del
modello funzionale per l'assistenza di base, perché ha il compito specifico di
raccordare il funzionamento dei servizi alla qualificazione della domanda della
popolazione.
Il
modello funzionale inserisce la partecipazione in corrispondenza di alcuni
punti di snodo delle attività di base: la documentazione sulle caratteristiche
socio-sanitarie del territorio, come contributo alla predisposizione del piano
comprensoriale da parte dell'ULSS; la predisposizione di programmi locali di
attività nel quadro di quel piano; i rapporti con il personale socio-sanitario
nonché con gli operatori non strutturati, appartenenti cioè all'area del
volontariato e della cooperazione; i rapporti con la popolazione generale e con
gli utenti dei servizi, e la conseguente osservazione sull'andamento dei
servizi, anche per garantire i diritti dei cittadini di fronte alle strutture
socio-sanitarie; il consuntivo dell'attività in sintonia con le analoghe
scadenze dell'ULSS.
La
partecipazione è un momento fondamentale della dinamizzazione del rapporto
popolazione-servizi; in tal senso trattasi di partecipazione «sociale»,
formulazione che ricomprende i termini «gestione sociale» e «gestione dei
servizi da parte della popolazione direttamente interessata», ad evitare
confusioni interpretative abbastanza facili particolarmente con il secondo (che
peraltro è recepito nella legge 833).
Si
pone il problema della qualità delle istanze della partecipazione, come
presupposto dell'efficacia del loro ruolo.
Le
istanze della partecipazione non possono essere né casuali né spontanee. È da
evitare il rischio di istituzionalizzarle, individuando con ciò un altro
livello politico amministrativo di gestione; ma è da evitare anche il rischio
che si muovano a vuoto o che si riducano a un mero ruolo di risonanza
vertenziale e rivendicazionistica delle aspirazioni della popolazione.
Le
istanze della partecipazione non debbono pertanto essere esterne al S.S.R.; non
debbono neppure costituire una sua appendice priva della capacità di incidere
sulla gestione. Fanno parte, cioè, del S.S.R. senza identificarsi in esso.
Si
pone a questo punto il problema, essenziale per il modello funzionale, della
«autorevolezza» delle istanze partecipative. Non è indifferente al riguardo il
grado di rappresentanza di cui sono portatrici, che quanto più è vicino al
momento elettivo, tanto più legittima la funzione partecipativa e ne aumenta il
peso specifico sul piano dei rapporti con il Comitato di gestione dell'ULSS.
A
questo punto la problematica della partecipazione si innesta direttamente in
quella del distretto di base.
Sulla
base di queste premesse, il capitolo 22.3 si articola nei seguenti paragrafi:
-
I contenuti della partecipazione sociale (22.31)
-
Le istanze della partecipazione sociale (22.32)
-
Gli strumenti operativi per la partecipazione sociale (22.33).
22.31
I contenuti della partecipazione
La
partecipazione sociale, attuata dai comitati partecipativi di distretto,
consiste orientativamente:
-
nell'esposizione al Comitato di gestione dell'ULSS di problemi attinenti gli
obiettivi generali del S.S.R.;
-
nel coinvolgimento in fase di determinazione dei programmi di attività dell'ULSS
a livello territoriale;
-
nella individuazione di problemi emergenti nel territorio in rapporto a
particolari situazioni di rischio;
-
nella definizione degli indirizzi e delle modalità generali di realizzazione
dei programmi, insieme agli operatori dell'équipe di base;
-
nei rapporti con la popolazione per esaminare l'andamento dei servizi e per
determinare migliori condizioni di accesso agli stessi;
-
nella organizzazione dell'educazione sanitaria nel territorio.
22.32
Le istanze della partecipazione sociale
Il
modello funzionale del S.S.R. inserisce la partecipazione sociale nell'ambito
delle strutture del Comune o del decentramento comunale.
A
tale scopo vengono istituiti appositi comitati, formati per una parte da
consiglieri comunali o circoscrizionali, e per il resto da persone esterne,
scelte dal corrispondente organo elettivo in modo da garantire anche l'apporto
dei rappresentanti delle forze sociali e delle espressioni del volontariato.
Il
comitato partecipativo integra nella propria attività anche gli operatori del
distretto.
Il
comitato elegge nel suo seno un presidente tra i membri elettivi. Il presidente
fa parte della consulta partecipativa prevista all'art. 29 della legge
regionale n. 65.
22.33
Le modalità operative della partecipazione sociale
La
costituzione del comitato partecipativo e la composizione sono comunicati al
Comitato di gestione dell'ULSS dal corrispondente organo elettivo.
Il
comitato partecipativo riferisce direttamente la propria attività al Comitato
di gestione. Gli atti costituenti vincolo per l'ULSS, ai sensi dell'art. 27
della L.R. n. 65, sono trasmessi formalmente attraverso il corrispondente
organo elettivo.
Il
Comitato di gestione opera collegialmente o attraverso i singoli membri, sulla
base di un regolamento adottato dall'ULSS secondo uno schema-tipo prediposto
dalla Regione.
Più
comitati partecipativi della stessa ULSS possono raccordarsi tra loro per
affrontare problemi non localizzabili nel territorio di un solo distretto.
Il
comitato presenta una relazione annuale sullo stato della salute e dei servizi
a livello di distretto, in base a un modello indicativo e di massima
predisposto dalla Regione.
Capitolo
22.4: «Il Distretto di base»
22.40
Introduzione
Il
distretto di base è l'obiettivo strategico più rilevante per gli sviluppi della
riforma sanitaria e per l'integrazione in essa degli obiettivi di tutela
socio-assistenziale della popolazione.
Le
problematiche del distretto possono essere affrontate sotto due angolazioni:
-
il distretto come ambito territoriale delle attività socio-sanitarie di base;
-
il distretto come presidio, ossia come sede di alcune particolari attività di
base.
Il
modello funzionale del S.S.R. vuole enfatizzare il primo aspetto, che ha un
carattere generale mentre il secondo costituisce un obiettivo da realizzare
secondo determinate priorità a loro volta condizionate dalle disponibilità
finanziarie della parte di Fondo sanitario regionale riservato alle spese in
conto capitale.
Come
ambito territoriale di attività il distretto va programmato in rapporto a vari
criteri.
Un
primo criterio è quello geografico e demografico, nel senso che vanno
rispettati alcuni limiti oltre i quali viene meno il vincolo comunitario. Non è
facile fissare tali limiti, che si muovono nell'ambito delle migliaia di
persone.
Un
secondo criterio discende da considerazioni di opportunità
politico-amministrativa. In un momento nel quale la riforma sanitaria è
soggetta ad attacchi sul piano del modello istituzionale, (accusato di
indeterminatezza nel definire la natura giuridica dell'ULSS), è importante che
il distretto sia un terreno di recupero del ruolo del Comune, per contrastare
soluzioni centralistiche tese a sottrarre l'ULSS dall'ordinamento delle
autonomie locali e a spostarla sull'orbita delle istituzioni pararegionali. Ne
consegue che i confini del distretto debbono corrispondere ai confini del
Comune o di una sua circoscrizione, e ciò anche per agganciare gli organismi
partecipativi alla matrice comunale o circoscrizionale.
Questo
indirizzo è largamente praticabile in Umbria, dove la maggioranza dei Comuni è
al di sotto dei 10.000 abitanti, e dove la massima parte dei Comuni sopra a
tale limite hanno provveduto a decentrarsi. Resta il problema dei Comuni molto
piccoli (con popolazione inferiore a 2-3.000 abitanti), per i quali occorre
procedere per aggregazioni sopracomunali.
A
definire il distretto concorrono le modalità della partecipazione sociale e
l'apporto degli operatori socio-sanitari.
Per
quanto concerne il primo aspetto ne fa oggetto di trattazione un apposito
capitolo del Piano.
Circa
gli operatori, il modello funzionale procede ad una individuazione che è legata
alle funzioni da svolgere e al particolare carattere di esse che risulta dopo
aver separato le funzioni dell'area integrativa.
Al
distretto sono pertanto assegnati operatori con profilo professionale a largo
ventaglio applicativo, il cui tratto comune è la capacità di risolvere
direttamente ed autonomamente le situazioni che non hanno prolungamenti in
altre fasi dell'intervento socio-sanitario, e nell'individuare le iniziative da
attivare nel caso alternativo.
L'operatore
del distretto deve avere inoltre un sufficiente grado di capacità manageriali,
e la disponibilità ad operare in équipe laddove si affrontino problemi di
interesse pluridisciplinare o di carattere generale.
La
partecipazione all'attività di équipe non comporta ruoli gerarchici ma capacità
di coordinamento e disponibilità ad integrarsi nel gruppo.
L'équipe
di distretto è formata da alcuni operatori che sono assegnati esclusivamente al
distretto, ed altri che operano a scavalco di più distretti. Il modello
funzionale individua i primi come operatori «residenti» e gli altri come
operatori «itineranti».
Gli
operatori del distretto operano a contatto diretto con il comitato partecipativo
e partecipano a tutte le attività educative e promozionali rivolte alla
popolazione.
Una
congrua parte dell'attività degli operatori è dedicata all'aggiornamento
professionale autodiretto. Quanto sopra non è ovviamente in alternativa con la
partecipazione ad altre forme di aggiornamento, dirette a livello di ULSS.
Infine,
un tratto essenziale dell'attività del distretto è la programmazione, che si
attua con il concorso sia del comitato partecipativo che degli operatori.
A
prescindere dagli aspetti generali, che sono trattati tra i contenuti della
partecipazione sociale, la programmazione a livello di distretto si basa anche
sull'uso di strumenti informativi che fanno parte del S.I.S.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 22.4 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
Il distretto come ambito territoriale (22.41)
-
Il distretto come presidio (22.42)
-
Il distretto come ambito funzionale e partecipativo (22.43)
-
L'équipe di distretto (22.44).
22.41
Il Distretto come ambito territoriale
Ai
fini dell'articolazione territoriale nei distretti l'ULSS adotta un piano di
massima basato sulla delimitazione di aree territoriali all'interno delle quali
sia ricompresa una popolazione tra 4.000 e 10.000 abitanti.
Il
Comune, la cui popolazione sia ricompresa in questo intervallo, viene assunto
direttamente come area distrettuale. Egualmente dicasi per le situazioni che si
discostino leggermente dai limiti sopra riferiti. Negli altri casi l'ULSS
propone ai Comuni interessati ambiti più ristretti in caso di eccedenza sopra
il limite massimo, o di aggregazione tra più Comuni nel caso opposto. Per i
Comuni che abbiano attuato il decentramento circoscrizionale, la proposta
dell'ULSS si basa sulle aree che ne risultano rispettando i limiti demografici
di cui sopra, con gli stessi criteri di deroga.
La
proposta di distrettualizzazione approvata dai Comuni interessati, viene
trasferita in atto costitutivo da parte dell'ULSS.
22.42
Il Distretto come presidio territoriale
Il
modello funzionale del S.S.R. punta al potenziamento nel distretto di un
presidio che ne faccia un polo socio-sanitario in grado di concorrere con il
polo ospedaliero alla realizzazione degli obiettivi di tutela sanitaria,
alleggerendo il sistema ospedaliero da compiti che non gli sono propri.
Il
presidio distrettuale si compone di spazi per attività sociali, promozionali,
educative, ecc., e per interventi di assistenza diretta.
Come
punto di emanazione di attività promozionali ecc., il presidio distrettuale
deve essere fornito di strumentazioni audiovisive semplici, nonché di un minimo
di dotazioni di biblioteca e archivio, per la documentazione di uso corrente.
Il
presidio distrettuale è anche sede di erogazione di prestazioni; in particolare
il distretto è punto di organizzazione dei flussi di utenza ai vari servizi,
provvedendo anche alle prenotazioni e alla formazione delle liste di attesa.
Il
presidio distrettuale è un punto di articolazione del S.I.S., e si avvale a
tale scopo delle opportune attrezzature informatiche.
Nel
presidio possono essere collocate strumentazioni diagnostiche a disposizione
dei programmi di sanità pubblica.
L'inserimento
dell'attività del medico di base nel presidio è oggetto di apposito contratto
stipulato sulla base di schemi-tipo predisposti dalla Regione.
Sul
piano patrimoniale, il presidio distrettuale viene collocato preferenzialmente
in strutture di proprietà pubblica. A tale scopo vanno esaminate le possibilità
di riuso dei patrimoni edilizi trasferiti alla proprietà comunale a seguito
della soppressione degli enti assistenziali.
Ovviamente,
altre soluzioni possono essere adottate in fase transitoria per ottemperare
alle priorità stabilite per i programmi di investimenti nelle strutture
edilizie non ospedaliere. In tal caso, possono essere anche adottate soluzioni
che distribuiscano le attività del distretto in più sedi, utilizzando per le
attività promozionali ed educative i centri di vita associata e le altre
analoghe dotazioni socio-culturali di base.
22.43
Il Distretto come ambito funzionale e partecipativo
Le
funzioni del distretto di base sono enucleabili portando a sintesi le varie
funzioni dell'area di base analizzate dal modello.
Il
distretto è quindi punto di riferimento per i flussi operativi concernenti la
prevenzione ambientale, per l'assistenza sanitaria di base integrata con le
attività socio-assistenziali ad essa pertinenti, per le integrazioni con le
attività sociali e promozionali che fanno da supporto al mantenimento di
adeguati livelli e stili di vita della popolazione, per i progetti-obiettivo e gli
altri programmi preventivi di sanità pubblica.
Fanno
riferimento al distretto anche alcune attività dell'area integrativa che
completano il primo livello, mantenendo in capo alle strutture di base la
gestione della tutela socio-sanitaria.
Le
questioni del distretto come ambito funzionante si completano con le funzioni
partecipative definite nell'apposito capitolo. In sintesi, il distretto è
l'ambito territoriale di gestione dei comitati di partecipazione zonale.
22.44
L'équipe di distretto
L'équipe
di distretto è formata dagli operatori socio-sanitari assegnati ai servizi di
base dell'ambito territoriale distrettuale.
Tali
operatori sono residenti od itineranti. Il concetto di residenzialità non
comporta necessariamente la residenza anagrafica, ma indica la totale
disponibilità dell'orario di servizio per le necessità di un determinato
distretto. In alternativa, è «itinerante» quell'operatore di base che espleta
il proprio servizio in rapporto a più di un distretto.
L'équipe
di distretto è formata di norma da operatori del ruolo nominativo regionale, ma
può ricomprendere altri operatori convenzionati, con particolare riguardo ai
medici di famiglia.
Il
ventaglio minimo degli operatori residenti è costituito dal medico
territoriale, dagli infermieri, se presente dall'ostetrica, dall'operatore
sociale e dall'operatore amministrativo. Ad essi si aggiungono il farmacista,
il veterinario e i medici di famiglia operanti nella zona.
Operatori
itineranti sono: i pediatri, gli ostetrici, i terapisti della riabilitazione, i
vigili sanitari, gli operatori non medici dell'igiene mentale, e altri.
L'équipe
di distretto costituisce un'unità funzionale, coordinata dal medico del
territorio. Il coordinamento non comporta posizioni di subordinazione
gerarchica.
In
quanto unità funzionale, l'équipe di distretto opera come tale in fase di
programmazione dell'attività, di controllo sulla realizzazione dei programmi e
di verifica dei risultati, ed in ogni altra occasione in cui si pongano
problemi di approccio interdisciplinare. Tale attività utilizza ampiamente la
metodologia degli «audit».
L'équipe
di distretto concorre all'attività del comitato di partecipazione, concordando
le modalità di funzionamento dei servizi al livello di base, nonché le proposte
da formulare al livello centrale dell'ULSS.
Concorda
inoltre la tenuta dei rapporti con la popolazione, sia in chiave assistenziale
che educativo-sanitaria; in particolare, l'équipe di base si attiva per la
ricerca dei bisogni della popolazione, per creare intorno ai programmi dell'ULSS
adeguati livelli di consapevolezza, per migliorare le condizioni di
utilizzazione dei servizi.
Sottosezione
23 - Le funzioni integrative
23.1
Il primo livello dell'area integrativa
23.2
Il secondo livello dell'area integrativa. Il sistema ospedaliero
23.3
Le integrazioni interzonali e multizonali
Capitolo
23.1: «Il primo livello dell'area integrativa»
23.10
Introduzione
L'integrazione
delle funzioni di base ha come momento peculiare il funzionamento delle
strutture specialistiche che intervengono nel primo livello dell'assistenza.
Queste strutture si caratterizzano infatti per il loro operare a livello
territoriale, a diretto contatto con l'attività del medico di base: si tratta
di una integrazione nel senso proprio della parola, perché l'intervento di
queste strutture specialistiche è attivato direttamente da quelle di base, che
lo richiedono per completare la loro funzione così da coprire tutte le
necessità del primo livello.
Il
modello funzionante prospetta l'organizzazione di questa area secondo due
distinti momenti operativi: il supporto e l'integrazione alle prestazioni di
diagnosi e cura dell'area di base; la partecipazione ai programmi disposti
dall'ULSS nell'ambito dei progetti-obiettivo e più in generale in quello dei
programmi di sanità pubblica mirati a fini di medicina preventiva.
L'espressione
strutturale di quest'area è il poliambulatorio, di cui vanno determinati i
dimensionamenti: non si tratta solo di stabilire il rapporto ottimale con la
popolazione, ma bisogna anche fissare i criteri dell'articolazione delle
branche specialistiche, ad alcune delle quali corrispondono utenze più
ristrette mentre ad altre fa capo un'utenza più larga.
Restando
sul piano dei presidi, è opportuno tenere distinte le problematiche delle
strutture diagnostiche, che pongono problemi del tutto particolari per
l'avanzamento delle tecnologie ad esse applicate; senza contare l'effetto
esercitato sui consumi e sulla spesa dalle strutture private, con conseguente
necessità di razionalizzazione i flussi di utenza e di salvaguardare la qualità
delle prestazioni.
Sullo
sfondo di questi problemi sta l'obiettivo di ritagliare una figura di
«specialista» nettamente caratterizzata nell'orizzonte delle professionalità
mediche.
Il
modello funzionale presuppone la riforma delle specializzazioni, compito che
appartiene alla Facoltà di Medicina ma che non può lasciare estraneo il S.S.R.,
che ne è coinvolto quanto meno nell'ambito dei rapporti convenzionati con
l'Università.
Il
S.S.R. può e deve intervenire con più cogenza sui momenti successivi, ed in
particolare sui processi per l'aggiornamento tecnico-professionale, che si
realizza non solo attraverso iniziative formalizzate ma anche inserendo lo
specialista in attività di ricerca e facendolo partecipare alle attività
epidemiologiche.
A
questo riguardo si pongono questioni particolari per quanto concerne lo
specialista convenzionato che lavora negli ambulatori del S.S.R. ma in
condizioni ambientali che non favoriscono la sua integrazione nel complesso del
sistema.
Occorre
che questo specialista esca dall'isolamento nel quale opera, e sia integrato in
un respiro più ampio, di équipe. Questa è una condizione essenziale per
recuperare la parcellizzazione del suo lavoro in un quadro di finalizzazioni
alle quali egli deve compartecipare anche nelle fasi della elaborazione e
valutazione.
Tale
obiettivo va raggiunto per varie vie. Vi concorre l'uso di strumenti
informativi che in parte sono quelli previsti per l'area di base e in parte
sono specifici tra questi ultimi assumono particolare valore i protocolli di
comportamento diagnostico-terapeutici. Vi concorrono inoltre le modalità
dell'aggiornamento tecnico-professionale, da realizzare anche attraverso
comunicazioni e scambi con le aree ospedaliere, essendo l'ospedale un punto di
concentrazione delle conoscenze derivanti dal contatto con le patologie più
complesse e con l'uso di strumentazioni più sofisticate.
Il
modello funzionale deve sciogliere il nodo della continuità
diagnostico-terapeutica dello specialista ambulatoriale, cui vengono richieste
essenzialmente funzioni diagnostiche. Il problema è particolarmente ampio nelle
branche specialistiche in cui la fase diagnostica è solo un momento, e neppure
il più rilevante, del trattamento del paziente.
Il
fatto che il modello funzionale tratti separatamente gli aspetti di primo
livello, dell'integrazione dagli altri non significa separare due aree
distinte, e tanto meno configurare una separazione tra un'area del lavoro
dipendente e un'area del lavoro convenzionato.
L'area
è unica, sia pure articolata su due versanti: quello proiettato verso il
territorio e quello polarizzato intorno a presidi relativamente autonomi.
L'unitarietà si riflette anche a livello di operatori che devono essere
utilizzati in maniera integrata, siano dipendenti dal servizio o siano con esso
convenzionati.
L'attuazione
del modello funzionante richiede quindi l'applicazione corretta e coordinata
della convenzione unica per la medicina ambulatoriale e del contratto nazionale
di lavoro del comparto sanitario. Il risultato di questa manovra combinata deve
essere quello di far coesistere e concorrere allo stesso fine due realtà
entrambe necessarie al S.S.R., quella del lavoro dipendente e quella del lavoro
convenzionato.
Infine
gli interventi al livello territoriale dell'area integrativa non si esauriscono
con le problematiche sanitarie ma riconoscono altri momenti di integrazione per
finalità sia socio-sanitarie che socio-assistenziali. Il modello funzionale
tratta unitariamente questo problema nella sottosezione 24.
Sulla
base di queste considerazioni il capitolo 23.1 viene articolato nei seguenti
paragrafi:
-
Le integrazioni per le funzioni di diagnosi e cura (23.11)
-
L'integrazione per i programmi di sanità pubblica (23.12)
-
Il poliambulatorio territoriale (23.13)
-
Le strutture per la diagnostica strumentale (23.14)
-
L'aggiornamento tecnico-professionale (23.15)
-
L'inserimento del personale convenzionato (23.16)
-
La continuità diagnostico-terapeutica (23.17)
-
L'uso degli strumenti contrattuali (23.18).
23.11
Le integrazioni per le funzioni di diagnosi e cura
Per
quanto concerne le attività specialistiche integrative delle funzioni di
diagnosi e cura, il modello funzionale del S.S.R. è impostato sul presupposto
che le prestazioni debbano di norma essere attivate dal medico di base con
richiesta motivata, e possibilmente con quesito diagnostico; sempre di norma,
le risposte sono indirizzate al medico di base con una relazione sommaria
contenente anche indirizzi terapeutici.
La
presa in carico del paziente da parte dello specialista costituisce
l'eccezione, relativamente a cicli terapeutici che non coinvolgono direttamente
il medico di base.
Quanto
sopra risponde all'obiettivo di non configurare il medico generico come mero
ripetitore di prescrizione dello specialista, o come filtro puramente
burocratico. Il passaggio attraverso il medico di base deve consentire, al
contrario, di formulare un orientamento diagnostico ed un indirizzo terapeutico
connessi con la storia clinica individuale dell'assistito; deve consentire inoltre
di prevenire interventi dannosi per controindicazioni note solo a chi ha in
cura la persona continuamente e non per occasioni sporadiche.
23.12
Le integrazioni per i programmi di medicina pubblica
Il
ricorso agli specialisti nell'ambito dei progetti-obiettivo e degli altri
programmi a carattere medico-preventivo mirati a particolari fasce di
popolazione a rischio (definibili quindi come attività preventive di medicina)
è stimolato dal modello funzionale come mezzo per riequilibrare l'asse gravitazionale
dell'intervento sanitario, disancorandolo da un tipo di risposta puramente
passiva a bisogni emergenti, per spostarlo sul piano della prevenzione del
bisogno stesso.
Il
modello funzionale del S.S.R. propone l'obiettivo della ridistribuzione del
lavoro dello specialista, per fare in modo che una parte dell'attività venga
dedicata in via normale ai programmi di cui sopra, sotto forma di consulenze ai
servizi di base.
I
campi specifici per questo tipo di funzione sono quelli della tutela
materno-infantile e dell'età evolutiva, della tutela della salute nei luoghi di
lavoro, della tutela della salute degli anziani, dell'assistenza alle fasce
marginali di popolazione.
In
particolare, per il progetto-obiettivo «Salute della donna e dell'infanzia» il
modello funzionale prevede l'attivazione di consulenze specialistiche per:
-
il controllo delle gravidanze a rischio e del decorso post-natale;
-
la prevenzione e il trattamento degli handicaps da cause congenite o connatali;
-
il monitoraggio dei rischi specifici dell'età scolare e dell'attività sportiva;
-
la diagnosi di natura sessuologica e i trattamenti clinici della sterilità
coniugale.
Per
il progetto-obiettivo «Salute dei lavoratori» devono essere attivate consulenze
specialistiche per alcune fasi del controllo periodico dei lavoratori «a
rischio», per la diagnosi e gli indirizzi terapeutici nelle malattie
professionali e nelle tecnopatie, per l'impostazione dei programmi di
riabilitazione psico-fisica dei soggetti affetti da riduzione della capacità
lavorativa.
Per
quanto concerne il progetto-obiettivo «Salute degli anziani» si configurano
spazi di attività specialistica programmata per finalità di recupero dopo
malattie invalidanti o altri eventi che causino menomazioni funzionali, oltre
che per consulenze agli operatori dell'assistenza domiciliare e a quelli che si
occupano dell'assistenza in paraospedale.
Infine,
si presentano esigenze di consulenza specialistica integrativa nell'ambito del
progetto «Obiettivo assistenza alle fasce marginali» per quanto concerne il
trattamento degli stati di tossicodipendenze, e il trattamento e recupero dei
soggetti portatori di handicaps, con particolare riguardo al loro reinserimento
nella scuola e nella società.
Va
prevista inoltre l'utilizzazione degli specialisti operanti sul territorio per
obiettivi di tutela della salute mentale nonché per la realizzazione dei
programmi prioritari indicati come «progetti-finalizzati» nel campo della
profilassi delle malattie infettive, della prevenzione e cura dei tumori, delle
cardio e cerebrovascolopatie, delle nefropatie croniche, del diabete e
dell'epilessia.
23.13
Il Poliambulatorio territoriale.
Le
attività specialistiche integrative del primo livello trovano la loro
collocazione tipica nel poliambulatorio territoriale. Questo termine e ritenuto
preferibile all'espressione «poliambulatorio extraospedaliero» in quanto pone
l'accento sulla funzione da svolgere, e non sulla sede (essendo peraltro
indifferente che una determinata funzione venga svolta per ragioni puramente
logistiche dentro o fuori le mura dell'ospedale).
Il
poliambulatorio territoriale deve essere programmato in modo da garantire un
certo rapporto con l'utenza, rapporto che si situa nell'ambito di qualche
decina di migliaia di abitanti, con un ventaglio sufficientemente largo da
adattarsi alla concentrazione o alla dispersione della popolazione.
Restando
sempre sul piano dell'articolazione territoriale, il modello funzionale
individua due tipologie di poliambulatorio, in relazione alla decentrabilità
delle branche specialistiche; a tal uopo esso elenca una serie di attività
specialistiche che devono essere decentrate su tutti i poliambulatori presenti
all'interno dell'ULSS, e un gruppo di attività specialistiche che non hanno
ragione di essere decentrate al di sotto del livello dell'ULSS (e che trovano
collocazione naturale nella sede dell'ospedale data la maggiore disponibilità
di dotazioni presenti in tale presidio); senza dimenticare che per altre
branche ancora, per le quali neppure il livello dell'ULSS è un ambito adeguato
di decentramento, si deve provvedere con le logiche desunte nel capitolo
dedicato all'integrazione multizonale.
A
proposito di decentramento si deve richiamare anche quanto indicato nei
capitoli dedicati all'area di base a proposito dell'articolazione di alcune
attività specialistiche a livello del presidio ambulatoriale di distretto.
23.14
Le strutture per la diagnostica strumentale.
Le
attività di consulenza specialistica che si realizzano attraverso l'uso di
attrezzature diagnostiche complesse richiedono un esame particolare, non
essendo del tutto riconducibili alla problematica dei poliambulatori, nel cui
ambito vanno peraltro collocate.
Infatti,
proprio perché l'evoluzione tecnologica sta inducendo un completo rinnovamento
del settore, con la progressiva immissione di strumenti a crescente grado di
sofisticazione e potenzialità di risposta quali-quantitativamente sempre più
elevata, e in fase di cambiamento tutto il quadro di riferimento organizzativo.
Il
modello funzionale del S.S.R., nel prendere atto di questa tendenza, prospetta
soluzioni organizzative che non prevedono decentramenti di questi presidi
all'interno dell'ULSS.
Queste
soluzioni sono largamente mature nel campo della diagnostica di laboratorio,
dove l'automazione è ormai routinaria, per cui dovrebbero essere previsti
bacini di utenza superiori ai confini dell'ULSS, man mano che progredisce l'uso
di attrezzature a informatizzazione sempre più spinta.
D'altra
parte, la concentrazione dei presidi di laboratorio diagnostico non comporta
conseguenze sull'accesso al servizio e sulla fruizione delle sue prestazioni
nella misura in cui va avanti il decentramento delle operazioni di prelievo.
Non
altrettanto mature sono le soluzioni nel campo della radiodiagnostica, anche se
l'introduzione della tomografia computerizzata sta mutando radicalmente i
termini della questione e li farà mutare ancor più con il passaggio ad altre
forme di tomografia che utilizzano sorgenti di energia non radiogena, come nel
caso delle nuove tecniche basate sulla risonanza magnetico-nucleare.
Lasciando
sullo sfondo questi sviluppi, il modello funzionale del S.S.R. prende in
considerazione una strategia di qualificazione selettiva degli strumenti, per
risolvere nell'ambito della multizonalità l'acquisizione delle strumentazioni
molto complesse, e per decentrare a livello di ULSS l'uso delle strumentazioni
a medio grado di complessità, prevedendone la collocazione nella sede
ospedaliera. Per il resto il modello funzionale punta a qualificare le
prestazioni integrative per il territorio con strumentazioni di routine
efficienti sul piano della risposta e sicure sotto il profilo del rischi per
operatori ed utenti.
Essendo
questo nel suo complesso un campo nel quale il giudizio diagnostico è
fortemente condizionato (e talvolta esclusivamente determinato) dalla risposta
della macchina, assume rilievo fondamentale il controllo di qualità, che deve
essere programmato sull'intera rete regionale, ed al quale devono assoggettarsi
tutte le strutture, ivi comprese quelle private convenzionate.
Sempre
in termini di utilizzo delle dotazioni, la tendenza alla concentrazione dei
presidi deve essere assecondata con l'adozione di norme per l'accesso alle
prestazioni. Queste norme, per non essere meramente burocratiche, devono
basarsi sull'uso di protocolli diagnostico-terapeutici, intesi non come gabbie
rigide o come strumenti anonimi e deresponsabilizzanti, ma come guide al
comportamento degli operatori e supporti per l'educazione sanitaria per la
popolazione.
23.15
L'aggiornamento tecnico professionale.
Nell'esigenza
di ricavare il massimo contributo possibile dagli operatori dell'area
integrativa in termini di specializzazione degli interventi preventivi e
diagnostico-terapeutici, il modello funzionale del S.S.R. prevede forme
particolari di aggiornamento tecnico-professionale, da perseguire procedendo
lungo due direttive: la prima riguarda l'evoluzione delle conoscenze e del
contenuti degli interventi nei campi di azione prioritaria dei programmi di
medicina pubblica; la seconda concerne l'evoluzione dei mezzi
diagnostico-terapeutici nei singoli compiti di attività professionale.
Tale
aggiornamento coinvolge la Facoltà di Medicina e le sue scuole di
specializzazione e comporta oltre a corsi e ad iniziative formalizzate anche la
partecipazione a stages formativi presso le strutture ad alta specializzazione
presenti nella Regione, nonché l'organizzazione di seminari periodici con
l'apporto di personalità esterne all'ambito regionale.
23.16
Problemi particolari del lavoro degli specialisti ambulatoriali convenzionati.
Il
modello funzionale del S.S.R. trae spunto dalla posizione di precarietà e
debolezza dello specialista ambulatoriale convenzionato, dovuta all'isolamento
in cui egli si trova ad operare.
Pertanto
le attività di aggiornamento tecnico-professionale previste per tutti gli
operatori dell'area integrativa devono avere priorità di attuazione nei
confronti di questa categoria.
Il
modello funzionale prevede la partecipazione degli specialisti convenzionati ai
gruppi di lavoro formati per i vari obiettivi progettuali. Prevede inoltre la
loro partecipazione alle attività che si svolgono all'interno delle strutture
ospedaliere.
Un
ruolo particolare è affidato anche all'uso degli strumenti informativi del
S.I.S., prevedendo la partecipazione dello specialista convenzionato alla
gestione delle cartelle previste nei programmi di sanità pubblica per i
soggetti «a rischio».
23.17
La continuità diagnostico-terapeutica.
Traendo
spunto dal fatto che la possibilità o meno di far seguire ad atti diagnostici
atti clinico-terapeutici distingue l'apporto degli specialisti convenzionati
(che non ne hanno la possibilità nell'ambito delle strutture pubbliche) da
quello dei medici dipendenti che invece lo esercitano presso le strutture
ospedaliere), il modello funzionale del S.S.R. prevede la generalizzazione
della continuità diagnostico-terapeutica presso gli ambulatori sia ospedalieri
che extraospedalieri da parte degli specialisti che svolgono attività
diagnostiche per le quali non sussista la necessità del ricovero in ospedale.
Ciò
significa garantire agli specialisti ambulatoriali la possibilità di avvalersi
di adeguate strutture per completare la funzione diagnostica, quanto meno in
relazione ad una gamma minima di prestazioni nell'ambito delle branche chirurgiche.
Sempre
limitatamente ai casi che non richiedano degenza ospedaliera, la continuità
diagnostico terapeutica comporta l'accesso alle strutture ospedaliere nel caso
in cui quelle poliambulatoriali extraospedaliere non siano adeguate, nonché -
in via eccezionale - l'utilizzazione delle strutture private convenzionate,
secondo le modalità garantite nei contratti di lavoro. In quest'ultimo caso
deve essere escluso qualsiasi rapporto diretto tra il singolo medico e
l'amministrazione dello stabilimento privato.
23.18
L'uso degli strumenti contrattuali.
L'interconnessione
tra le attività di questa sub-area delle funzioni integrative e le funzioni
dell'assistenza di base, e in particolare la necessità di integrare le
strutture di base con il ricorso alle strutture specialistiche, mette in primo
piano la capacità di adoperare gli strumenti contrattuali vigenti all'interno
del S.S.N., e cioè l'accordo nazionale unico per il personale dipendente e le
convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 48 della L.833.
Si
tratta di ricavare da tali strumenti, in collegamento con le convenzioni per la
medicina di base, tutto ciò che consenta di potenziare il servizio ed
integrarlo nelle sue modalità operative ai vari livelli di articolazione
dell'ULSS; si tratta anche di uscire da una dimensione meramente
contrattualistica, nella quale gli interessi della popolazione rischiano di
appannarsi per la prevalenza delle problematiche venenziali, che instaurano tra
amministratori dell'ULSS ed operatori un clima fondamentalmente portato al
contenzioso.
Il
modello funzionale del S.S.R. considera i contratti e le convenzioni anche come
momento di partecipazione degli operatori alla realizzazione del servizio, e
stimola ad una lettura delle formulazioni contrattuali non solo in termini di
clausole incidenti sui comportamenti delle due parti, ma anche in termini di
programmazione del lavoro.
Quanto
sopra si applica in modo particolare nei confronti di istituti che incidono
direttamente sulla programmazione, come la mobilità del personale, il
dimensionamento dei servizi, l'utilizzo del personale dipendente per
prestazioni retribuite sotto forma di incentivazioni alla produttività, la
mobilitazione del personale convenzionato oltre che a livello di prestazioni
poliambulatoriali anche per attività decentrate sul territorio, e via dicendo.
L'applicazione
degli strumenti contrattuali del comparto dipendente e del comparto
convenzionato deve inoltre portare alla separazione tra gli operatori delle
aree di base e quelli delle aree integrative, poiché la commissione delle due
attività è di ostacolo alla specializzazione degli interventi nei singoli
campi, oltre che fonte di convenienti sul piano del rapporto di lavoro vero e
proprio.
Capitolo
23.2: «Il secondo livello dell'area integrativa. Il sistema ospedaliero».
23.20
Introduzione.
Nell'ambito
delle funzioni dell'area integrativa si evidenziano problemi distinti per i
presidi che sono destinati a fornire prestazioni sanitarie per situazioni più
complesse di quelle che sono affidate alla medicina di base. Tali situazioni
richiedono la presa in carico del paziente da parte della struttura e quindi la
sua temporanea sottrazione alla giurisdizione dell'area di base.
Il
momento tipico di articolazione di quest'area è l'ospedale, inteso come
struttura per la cura in regime di degenza. Perché questa finalità abbia
confini precisi, l'ospedale deve far parte di un sistema nel quale, accanto al
presidio ospedaliero vero e proprio, si collochino altri presidi che vengono
definiti paraospedalieri, per funzioni di ospedalizzazione diurna e per cure
ospedaliere di lunga durata.
In
tal modo l'ospedale vero e proprio può essere ricondotto alla funzione di
presidio chiamato a fornire cure mediche in regime di degenza nella fase
dell'emergenza sanitaria quando occorre cioè una assistenza continuativa medica
e infermieristica, la consulenza di specialisti di branche il cui ventaglio non
può essere predeterminato, e l'uso intensivo (cioè non sporadico) delle
strutture diagnostiche con particolare riguardo per quelle più sofisticate.
Un
ospedale siffatto richiede che siano risolti razionalmente i rapporti con il
territorio e che la strutturazione delle funzioni di accettazione sanitaria e
di urgenza segua criteri finalizzati con quello scopo.
Le
richieste di ricovero alle quali non corrisponda un emergenza sanitaria devono
poter trovare risposte adeguate senza degenza nel rispetto degli interessi dei
malati e con tutte le garanzie per i medici ospedalieri di fronte agli obblighi
di legge: il che significa ridistribuire le responsabilità assistenziali e
trovare pronto il terreno sul piano dei presidi territoriali.
Ridefinito
in tal modo il problema dell'accesso all'ospedale il modello funzionale propone
altri due momenti assistenziali del sistema ospedaliero per il paziente che
abbia superato il momento dell'emergenza sanitaria e che abbia ancora necessità
assistenziali per le quali l'area delle funzioni di base e in tutto o in parte
inadeguata.
Un
primo momento e quello dell'ospedalizzazione diurna. La struttura che se ne deve
fare carico è sempre quella ospedaliera: l'espressione «day-hospital» non
indica pertanto una struttura a sé, ma una funzione della struttura
complessiva. In altri termini il paziente In cura presso il day-hospital è
omologabile ai fini amministrativi ed anche medico-legali al paziente
ricoverato. In altri termini ancora il paziente che si rivolga all'ospedale può
avere due risposte «ospedaliere»: il ricovero in reparto di degenza,
l'assistenza in regime di ospedalizzazione diurna; e il paziente che passa dal
regime di ricovero all'ospedalizzazione diurna non viene «dimesso»
dall'ospedale, ma cambia il tipo di residenza ospedaliera.
L'ospedalizzazione
diurna ha come presupposto la capacità di autosufficienza del paziente. Quando
questa manchi, il modello funzionale evidenzia il momento dell'ospedalizzazione
in un'altra struttura paraospedaliera (chiamata per brevità «paraospedale»),
dove possa essere prestata anche un'assistenza continuativa per mezzo di
personale infermieristico ed ausiliario, per il tempo necessario prima del
reintegro del paziente nel suo domicilio.
L'ospedale
mantiene legami con il paraospedale, sebbene non diretti che con il
day-hospital. Tali legami consistono nelle consulenze periodiche da parte dei
suoi specialisti, nell'accesso del paziente all'ospedale quando occorrano
prestazioni diagnostico-terapeutiche complesse, e naturalmente nel ripristino
del ricovero al ripresentarsi dell'emergenza sanitaria.
La
responsabilità sanitaria del paraospedale compete al medico coordinatore del distretto,
mentre la responsabilità assistenziale viene ripartita con il medico di
famiglia.
A
parte queste riformulazioni dei circuiti assistenziali, il modello funzionale
affronta altri due nodi.
Il
primo è quello del dimensionamento della rete e della sua distribuzione
territoriale in rapporto alla necessità di fare passi verso l'obiettivo
ottimale di dotare ogni ULSS di un sistema ospedaliero nel quale il presidio
ospedaliero vero e proprio sia unico, con l'eccezione del capoluogo regionale.
Il
secondo nodo consiste nella riorganizzazione interna del sistema ospedaliero, e
in particolare nella sua ristrutturazione sulla base di aree operative e
funzionali, da ricondurre dentro un quadro dipartimentale. Il modello
funzionale presuppone che questa nuova struttura sostituisce integralmente
quelle derivante dall'ordinamento del 1968.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 23.2 si articola nei paragrafi
seguenti:
-
l'ospedale di degenza per l'emergenza sanitaria (23.21);
-
i rapporti con il territorio. L'accettazione sanitaria e il pronto soccorso
(23.22);
- il day-hospital (23.23);
-
il paraospedale (23.24);
-
l'ordinamento dell'ospedale (23.25);
-
la rete ospedaliera regionale (23.26).
23.21
L'ospedale di degenza per l'emergenza sanitaria.
Nel
modello funzionale del S.S.R. l'ospedale è un presidio per la cura di malati
che attraversano una fase di emergenza sanitaria, per la quale è necessario
provvedere ad un'assistenza pressoché continuativa da parte di personale
medico, infermieristico ed ausiliario.
Questa
fase si caratterizza altresì per la necessità di ricorrere frequentemente a
controlli diagnostico strumentali, e di avvalersi di consulenze specialistiche
a largo ventaglio di branche, nonché di terapie riabilitative.
Infine
è tipica di questa fase la necessità di terapie farmacologiche i cui effetti
vanno tenuti sotto osservazione per valutarne l'efficacia e per prevenire
l'insorgenza di effetti collaterali indesiderati.
La
realizzazione di questo modello funzionale presuppone un radicale cambio di
atteggiamento verso l'ospedale, per passare dall'obiettivo della quantità
all'obiettivo della qualità. Ciò comporta altre conseguenze.
La
prima è che non vi è prospettiva per ospedali che non siano in grado di far
fronte anche ai bisogni dell'assistenza ospedaliera in forme alternative al
ricovero, quando sia conclusa l'emergenza sanitaria. Ogni ospedale che voglia
rimanere nella rete regionale deve pertanto attrezzarsi sul piano dei rapporti
con le strutture dell'assistenza di base, deve dotarsi di un day-hospital, e
deve potersi appoggiare su strutture di degenza paraospedaliera.
La
seconda conseguenza è che non vi è prospettiva neppure per ospedali che non
sappiano far fronte ai bisogni dell'emergenza sanitaria: l'esistenza di
siffatti ospedali discrimina infatti la popolazione che è costretta a
servirsene, rispetto a quella che dispone di ospedali più efficienti: il che è
inammissibile. D'altra parte, in presenza di vincoli all'espansione delle
risorse finanziarie, affermare il diritto alla parità dei livelli di efficienza
ospedaliera comporta che il numero degli ospedali debba essere contenuto entro
limiti definiti secondo criteri di analisi del rapporto costi-benefici.
La
terza conseguenza è che la rete ospedaliera va qualificata in tutti i suoi livelli
per far fronte all'emergenza sanitaria. Ciò vale per la fascia di bisogni cui
occorre far fronte in termini di alta specializzazione, ma anche per l'ospedale
«normale» si pongono costanti problemi di adeguamento della qualità delle
prestazioni.
Ciò
ripropone la questione dei limiti al decentramento della funzione ospedaliera,
ma porta alla ribalta anche una quarta conseguenza.
È
probabilmente destinata a chiudersi l'epoca in cui la rete ospedaliera si
appoggiava alla base su ospedali tipologicamente tutti uguali tra loro. Una
siffatta soluzione organizzativa presupporrebbe che tutti gli operatori degli
ospedali, e in particolare tutti i medici, sappiano offrire le stesse
prestazioni, ovviamente nell'ambito della propria branca (la medicina, la
chirurgia, l'ostetricia, la pediatria, la radiologia e altro).
Questo
presupposto confligge con quello della qualificazione, essendo poco probabile
che laddove le conoscenze siano collegate anche all'esperienza lavorativa,
tutti abbiano la possibilità di acquisire le stesse esperienze. Ciò può
suggerire che all'interno di una rete che deve garantire risposte omogenee,
vengano identificati alcuni punti dove vi è maggiore esperienza per alcune
particolari risposte: tale identificazione è legata esclusivamente a differenziazioni
tra gli operatori e non comporta alcuna conseguenza sul piano della struttura
organizzativa.
23.22
I rapporti con il territorio. L'accettazione sanitaria e il pronto soccorso.
Il
modello funzionale del S.S.R. colloca all'interno della funzione ospedaliera,
ma con un'evidenza a sé, la questione dei rapporti con il territorio
relativamente alla selezione della domanda di accesso e alle risposte che ne
conseguono.
Questa
funzione comporta che venga valutata in sede di accettazione ospedaliera innanzitutto
la necessità del ricovero, sulla base del criterio dell'emergenza sanitaria.
Qualora non se ne riscontri la necessità, e si possa procedere alla dimissione
senza ulteriore provvedimento, la relazione clinica circostanziata dei sanitari
dell'ospedale, corredata se del caso con i risultati degli accertamenti
compiuti, deve avere valore liberatorio nei confronti di qualsiasi
responsabilità personale penalmente rilevabile a carico dei sanitari
ospedalieri.
Al
di là di questo caso, il modello funzionale prevede un ulteriore gradino di
valutazione della congruità della richiesta, che può concludersi con la
decisione di rimissione «protetta» e di passaggio all'assistenza sotto forma di
ospedale diurno quando si verifichino le indicazioni per l'assegnazione del
malato a tale presidio.
Qualora
la richiesta di ricovero sia ritenuta congrua ma ne possa essere differita
l'evasione, il servizio sanitario di accettazione ospedaliera deve provvedere
all'esecuzione degli accertamenti diagnostici e ad altri interventi preparativi
secondo indicazioni di opportunità specifiche per i singoli casi.
Se
il ricovero deve essere disposto immediatamente, il servizio di accettazione
sanitaria deve tenere in carico il malato fino alla definizione della diagnosi
di entrata, sulla base della relazione clinica del medico proponente e
dell'esito degli accertamenti predisposti, nonché con il concorso e la
consulenza degli specialisti chiamati ad esaminare il caso. La responsabilità
dell'assegnazione all'unità di cura spetta al servizio sanitario di
accettazione ospedaliera, che può anche adottare il provvedimento in via
provvisoria.
Questa
procedura v iene ovviamente accorciata e semplificata nei casi di urgenza.
Un
siffatto servizio «sanitario» di accettazione ospedaliera implica la ristrutturazione
delle funzioni di pronto soccorso. Il modello funzionale assegna a questo
servizio non solo il compito di far fronte direttamente all'assistenza
sanitaria, ma anche quello di valutare gli ulteriori fabbisogni assistenziali,
in rapporto alla particolarità del caso in esame. A questo punto il pronto
soccorso si lega direttamente all'accettazione sanitaria da un lato e
dall'altro alle unità operative dell'ospedale.
Il
pronto soccorso, pertanto, è di norma un servizio interdivisionale, affidato cioè
secondo normali criteri di rotazione di rotazione al personale medico ed
infermieristico addetto alle aree di degenza, sotto la responsabilità
organizzativa e funzionale del medico che dirige il servizio di accettazione
sanitaria.
23.23 Il day hospital.
Il
modello funzionale del S.S.R. considera il day-hospital come uno strumento di
qualificazione dell'assistenza ospedaliera, ossia come forma di assistenza più
appropriata per i soggetti che necessitano di cure specialistiche continuative
sotto forma di consolidamento di terapie iniziate in regime di degenza
ospedaliera o anche senza tale passaggio ma previa valutazione e decisione
assunta al momento dell'esame della richiesta di ricovero presso il servizio
sanitario di accettazione ospedaliera.
Dal
punto di vista amministrativo l'assistenza in regime di day-hospital è del
tutto omologabile a quella in regime di degenza. Ciò vale per l'esecuzione
degli accertamenti legati al monitoraggio delle terapie, nonché per la
somministrazione di farmaci, per l'esecuzione di cure radianti e per interventi
di chirurgia minore, etc.
L'omologazione
del day-hospital all'ospedale come tale vale anche sotto il profilo della
responsabilità, la quale rimane in capo all'équipe ospedaliera che provvede a
determinare gli indirizzi terapeutici e a controllarne l'esecuzione.
L'indicazione
del passaggio in cura al day-hospital non costituisce dunque un'interruzione di
cure neppure sul piano formale. Essa è il frutto di una valutazione di
opportunità, rimessa alla discrezionalità del medico che è chiamato ad operare
secondo scienza e coscienza.
Nella
valutazione di opportunità rientrano anche questioni di analisi costi-benefici,
che hanno come presupposto assoluto il fatto che sia venuta a cessare
l'emergenza sanitaria così come definita nel paragrafo specifico.
Essendo
questo il ruolo del day-hospital, ne deriva che la sua collocazione è interna
al presidio ospedaliero, dove si configura come una delle attività
ambulatoriali dello stesso. Il modello funzionale individua infatti nel day-hospital
il fattore specifico che differenzia, nel complesso della rete
poliambulatoriale, l'ambulatorio collocato dentro il presidio ospedaliero da
quello extraospedaliero.
23.24
Il paraospedale.
Nel
modello funzionale del S.S.R. il paraospedale provvede al consolidamento della
fase di emergenza sanitaria relativamente a fabbisogni di tipo infermieristico
ed ausiliario con la sovraintendenza di un medico il quale garantisce la
somministrazione delle terapie prescritte dalle equipes specialistiche ospedaliere,
è responsabile dell'andamento generale del presidio e si occupa delle cure per
bisogni assistenziali generici.
Il
paraospedale di norma è decentrato all'interno dell'ULSS, sia per mantenere un
rapporto fisico con l'area di residenza dei suoi utenti, sia per non superare
limiti di dimensionamento di 20/30 posti-letto oltre i quali si verificherebbe
un affollamento non adatto ai compiti che esso deve svolgere.
Il
paraospedale è collegato celermente con l'ospedale per far fronte a bisogni
acuti di assistenza intensiva, nonché per l'esecuzione dei monitoraggi
diagnostico-strumentali predisposti a qualunque titolo, non effettuabili in
loco.
I
fabbisogni di consulenza specialistica sono assicurati dalle strutture
dell'ULSS, ospedaliere ed extraospedaliere, attraverso la mobilità dei medici
dipendenti e di quelli convenzionati.
Il
personale fisso adibito al paraospedale è di tipo infermieristico ed
ausiliario, con disponibilità di terapisti della riabilitazione e di altri
operatori a professionalità socio-sanitaria. Alla direzione «sanitaria»
provvede il medico di comunità di quell'ambito territoriale, con compiti di
carattere prettamente organizzativo, fermo restando che l'assistenza diretta
del malato deve essere assicurata dal medico di famiglia.
Per
quanto concerne i servizi generali (mensa, guardaroba, etc.) debbono provvedere
di norma i corrispondenti servizi ospedalieri. Quando ciò non sia possibile o
conveniente, va preso in considerazione il ricorso al convenzionamento con
cooperative di servizi, o ad altre risorse locali anche del volontariato.
Le
indicazioni per il ricovero in paraospedale sono socio-sanitarie, nel senso che
ad un accennato e circostanziato fabbisogno di cure deve accompagnarsi
l'impossibilità di eseguirle presso il domicilio del malato. Non debbono essere
prese in considerazione valutazioni esclusivamente socio-assestenziali del tipo
di quelle che indirizzano verso il ricovero degli anziani in istituti per
malati cronici.
23.25
L'organizzazione dell'ospedale.
L'ordinamento
interno dell'ospedale deve essere ridisegnato in rapporto al modello funzionale
del S.S.R., intendendosi con ciò che l'ordinamento conseguente alla riforma del
1968 va radicalmente superato utilizzando tutti gli spazi agibili per la
legislazione regionale.
Il
punto di snodo del nuovo ordinamento va agganciato al D.P.R. n. 761 del 1979
che ha modificato l'attribuzione delle responsabilità dei medici e ha
ristrutturato di conseguenza i profili professionali.
L'innovazione
consiste nel fatto che la responsabilità della condotta terapeutica, prima
riservata al primario, viene ora estesa all'aiuto, sia pure nell'ambito di
direttive generali e con la facoltà di avocazione del malato da parte del
primario.
Questa
nuova collocazione dei ruoli rende necessaria la ristrutturazione dell'ospedale
per aree di responsabilità operata affidate ad unità che fanno capo, appunto,
ai medici cui è attribuita la responsabilità diagnostico-terapeutica. Tali
unità sono aggregate secondo criteri di affinità od equipollenza di branca per
dar luogo ad unità organiche su cui viene esercitata la funzione di indirizzo e
direttiva del primario.
Ai
fabbisogni di coordinamento assistenziale (scambio di prestazioni a fini di
consulenze, organizzazione del lavoro in rapporto alla disponibilità delle dotazioni,
ed altro) e agli obiettivi di carattere non assistenziale (aggiornamento
tecnico-professionale degli operatori, didattica, ricerca) si provvede con la
struttura dipartimentale nei modi indicati all'apposito capitolo.
Quanto
sopra indica l'abolizione delle divisioni e sezioni e soprattutto, al di là dei
termini, l'abolizione di ogni implicazione strutturale nella ripartizione
interna dell'ospedale: i posti-letto devono essere utilizzati in base alla loro
effettiva disponibilità e senza barriere di reparto; il personale
infermieristico e socio-assistenziale è assegnato alle attività di assistenza
in base all'occupazione reale dei posti-letto; il personale medico appartenente
alla posizione funzionale iniziale (assistenti) viene impiegato secondo i criteri
di rotazione configuranti nel D.P.R. n. 761 del 1979.
Al
posto della vecchia ripartizione in divisioni, il modello funzionale
sostituisce il dipartimento.
Di
norma ogni ospedale si compone di un solo dipartimento, nel quale confluiscono
anche particolari servizi territoriali. Con l'acquisizione di livelli superiori
di complessità, il modello funzionale prevede che l'ospedale possa articolarsi
in più di un dipartimento; in tal caso la norma è che si costituiscano tre
dipartimenti (per la medicina interna, per la chirurgia e per l'assistenza
materno-infantile).
Un'articolazione
maggiore è prevedibile solo per gli ospedali dove si svolgono funzioni
assistenziali specializzate, insieme a funzioni didattiche e di ricerca. In
questo caso, l'articolazione nei dipartimenti può rispondere anche a criteri
trasversali, per riunire intorno ad obiettivi di patologie di organo o di
funzione, aree ospedaliere mediche e chirurgiche.
I
servizi diagnostici fanno parte del dipartimento unico. Quando vi siano più
dipartimenti, il modello funzionale prevede che i servizi diagnostici facciano
dipartimento a se, integrandosi con le analoghe strutture extraospedaliere.
I
contenuti e il funzionamento dei dipartimenti sono trattati nell'apposito
capitolo.
23.26
La rete ospedaliera regionale.
Il
modello funzionale del S.S.R. si basa su una rete ospedaliera articolata per
ULSS intorno ad un presidio per la cura dell'emergenza sanitaria (ospedale in
senso stretto), a sua volta contornato dal sistema paraospedaliero come
indicato in questo capitolo.
L'unica
eccezione rispetto alla corrispondenza biunivoca tra ospedale e ULSS è
costituita dalla città di Perugia, dove il primitivo impianto del Policlinico
risulta decentrato rispetto alle direttrici di sviluppo del capoluogo e del suo
comprensorio, il che non lo mette più in grado di servire adeguatamente un'area
che, sempre per effetto di scelte urbanistiche generali, si è trovata ad essere
polo di convergenza anche per territori extracomprensoriali.
La
fissazione di un presidio ospedaliero per ogni ULSS rappresenta una mediazione
tra una soluzione ottimale (che richiederebbe aggregazioni territoriali più
ampie per raggiungere un bacino di utenza accettabile) e la situazione
storicamente determinata e caratterizzata da una notevole disseminazione di
ospedali che in molti casi sono il risultato delle trasformazioni di originarie
infermerie.
Il
modello funzionale sopra indicato rappresenta pertanto un obiettivo, e richiede
di gestire la transizione mediante interventi coordinati lungo tre direttrici.
Si
tratta innanzitutto di bloccare qualsiasi intervento straordinario sulle
strutture edilizie, che non sia finalizzato a quell'obiettivo.
Occorre
poi pilotare la riconversione delle vecchie infermerie in chiave
paraospedaliera, sempre che le attuali strutture siano idonee. Altrimenti la
questione va risolta nel quadro delle politiche generali di riconversione dei
patrimoni pubblici e di riutilizzo dei beni trasferiti ai Comuni a seguito
della soppressione degli enti assistenziali.
Infine
si deve provvedere ad integrare su base comprensoriale i servizi di quegli
ospedali che debbano ancora essere mantenuti in sedi distinte.
Sullo
sfondo di questa strategia, va collocata la programmazione del rinnovo edilizio
degli ospedali prospettivamente validi, procedendo con le dovute priorità, che
comportano intanto il completamento delle sedi di cui è in corso la costruzione
ex-novo.
Capitolo
23.3: «Le integrazioni interzonali e multizonali».
23.30
Introduzione.
Le
funzioni integrative ad utenza ottimale superiore a quella dell'ULSS
costituiscono una fascia nella quale sono riconoscibili due distinte esigenze.
Vi
è da un lato l'esigenza di razionalizzare l'uso delle risorse umane e
strumentali in alcune branche specialistiche che coprono particolari campi
all'interno della medicina e della chirurgia generale: si tratta di branche che
si sono gradatamente allontanate dalle discipline-madri, man mano che
l'intervento diagnostico-terapeutico è venuto arricchendosi di conoscenze e
strumentazioni. Queste branche coprono fabbisogni particolari di degenza
ospedaliera, e in qualche misura anche di assistenza specialistica
poliambulatoriale. Per esse il modello funzionale del S.S.R. prevede soluzioni
per una corretta distribuzione nel territorio regionale, seguendo le normali e
naturali tendenze di mobilità della popolazione, che si esprime anche in
abitudini a rivolgersi all'uno o all'altro dei centri urbani che sono sede di
strutture più complesse. Queste soluzioni rispondono perciò alla logica del
riequilibrio delle utenze, e le aree prese in considerazione hanno un carattere
puramente indicativo (e transitorio).
Si
stacca da questa problematica il concetto di multizonalità, così come è stato
riformulato nella legislazione dell'Umbria.
La
multizonalità è il carattere che vengono ad assumere le prestazioni di alta
specializzazione. Questo termine ha valenze multiple: può essere riferito alla
competenza delle persone o al perfezionamento e al grado di sofisticazione
delle strumentazioni; più spesso esprime entrambi i concetti, la
specializzazione degli operatori essendo non di rado funzionale all'uso di
strumentazioni sofisticate.
Ciò
premesso, la conseguenza dell'alta specializzazione è la riduzione numerica
dell'utenza, o quanto meno dell'utenza accettabile e giustificata. A tale
scopo, il modello funzionale evidenzia la necessità di adottare misure che
selezionino la fruizione dei servizi mediante procedure preliminari oggettive
(protocolli di accesso).s
In
termini di tipologia, il modello funzionale distingue tra funzioni multizonali
all'interno di presidi normalmente strutturati (e che danno luogo a «servizi
multizonali») e funzioni multizonali all'interno di presidi interamente
strutturati per tale ruolo. Il presidio multizonale di prevenzione è
espressione tipica di questa seconda tipologia.
In
termini organizzativi, la particolarità dell'Umbria suggerisce di prevedere di
norma un'utenza regionale per ciascun servizio multizonale. Ragioni logistiche
possono suggerire di articolare il servizio in non più di due punti di erogazione;
in tal caso la scelta deve rispondere a criteri complessivi, che ricomprendono
cioè valenze non strettamente assistenziali, ma di carattere storico-geografico
(la preesistenza di due province), e scientifico-culturale (la articolazione
territoriale dell'Università e in particolare della Facoltà di Medicina). Tutto
ciò porta a configurare nei centri di Perugia e di Terni i punti più naturali
per l'eventuale articolazione dei servizi multizonali.
Anche
quando il servizio multizonale sia articolato come sopra è comunque necessario
mantenere l'unità funzionale. A ciò concorre da un lato l'istituzione di
raccordi dipartimentali e dall'altro il funzionamento del comitato di
coordinamento tra i comitati di gestione previsto dalla legge regionale.
Il
Presidio multizonale di prevenzione rappresenta una delle novità più rilevanti
della legge 833 sul piano dell'organizzazione dei servizi. Il modello
funzionale del S.S.R. individua in esso il pilastro per la prevenzione di
secondo livello. In esso trovano integrazione le problematiche dell'ambiente di
vita con quelle dell'ambiente idi lavoro.
Il
Presidio multizonale di prevenzione mette a disposizione del S.S.R. le
prestazioni dei suoi laboratori e dei suoi servizi operativi. Questi ultimi
danno supporti tecnici alle ULSS per funzioni localizzate nel loro territorio,
che le ULSS non sono chiamate a svolgere o non sono transitoriamente in grado
di espletare.
I
rapporti tra le ULSS che amministrano funzioni multizonali e ULSS che ne
usufruiscono debbono essere regolamentati in modo da allineare tutte le ULSS
per quanto concerne il pari diritto di fruizione, senza creare ingorghi e senza
disattendere le priorità oggettive. pertanto non deve trattarsi solo di una
regolamentazione amministrativa, ma anche dell'uso di strumenti tecnici, quali
i protocolli di accesso, che diano una base oggettiva alla programmazione del
lavoro e alla determinazione delle priorità.
Un
aspetto particolare della problematica multizonale sta nel collegamento
funzionale tra il Presidio multizonale di prevenzione e l'Istituto
Zooprofilattico Sperimentale, per utilizzare le strutture operative localizzate
in Umbria, come componenti di un mosaico le cui tessere debbono combaciare con
precisione.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 23.3 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
i servizi soprazonali per le aree di riequilibrio territoriale delle utenze
(23,31);
-
servizi multizonali e le loro articolazioni (23.32);
-
il Presidio multizonale di prevenzione (23.33);
-
i servizi operativi e generali del Presidio multizonale di prevenzione (23.34);
-
il funzionamento del Presidio multizonale di prevenzione (23.35);
-
i coordinamenti amministrativi e tecnici delle funzioni multizonali (23.36);
-
le funzioni multizonali dell'Istituto Zooprofilattico (23.37).
23.31
Le aree di riequilibrio territoriale delle utenze.
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede un livello interzonale di articolazione
dei servizi che non hanno le caratteristiche di alta specializzazione proprie
dei servizi multizonali, ma per i quali la dimensione dell'ULSS non assicura
una utenza sufficiente perché siano utilizzati al meglio.
Il
livello interzonale risponde quindi esclusivamente alla opportunità di
determinare bacini di utenza equilibrati rispetto a presupposti sanitari ed
economici, relativamente a servizi nei quali vengono svolte funzioni
specialistiche abbastanza correnti, per lo più in regime di degenza
ospedaliera.
Esemplificando,
trattasi di servizi di oculistica, otoiatria, ginecologia, traumatologia, etc.,
per quanto concerne le branche chirurgiche; e di cardiologia, dermatologia,
fisiopatologia respiratoria, dialisi renale e altro, nelle branche di medicina.
Alle
aree di riequilibrio territoriale non corrispondono zonizzazioni precise:
l'accesso a questi servizi ospedalieri non è infatti programmabile rigidamente,
essendo condizionato da elementi soggettivi quali le preferenze individuali ed
altri fattori culturali e comportamentali.
Tuttavia,
basandosi sulle correnti tradizionali della mobilità così detta sanitaria, è
possibile fissare in sede di programmazione un certo numero di poli di
riferimento, che corrispondono ovviamente ai centri urbani dell'Umbria più
strutturati come centri di servizi, e con popolazione più numerosa.
Data
la fluidità dei limiti territoriali di queste aree, l'onere finanziario della
gestione dei servizi non viene estrapolato dai parametri di ripartizione del
Fondo Sanitario Nazionale; le ULSS che provvedono a gestirli recuperano le
spese, conteggiandole a carico delle ULSS che usufruiscono delle prestazioni
mediante rilevazione della mobilità «sanitaria» interna alla Regione.
23.32
I servizi multizonali e le loro articolazioni.
Nel
modello funzionale del S.S.R. le funzioni multizonali sono assicurate per mezzo
di servizi che si distinguono per l'alta specializzazione, cui corrisponde una
utenza estremamente selezionata e filtrata di norma attraverso protocolli di
accesso che ne devono garantire il corretto uso per ragioni di opportunità sia
sanitaria che economica.
Quanto
sopra presuppone bacini di utenza molto ampi, che nel caso dell'Umbria
corrispondono di norma all'intero territorio regionale.
I
servizi multizonali sono ospedalieri ed extraospedalieri, con riferimento non
tanto alla sede quanto alla funzione che e espletata in regime di degenza nel
primo caso, e in regime ambulatoriale nel secondo.
I
servizi ospedalieri provvedono a prestazioni mediche o chirurgiche nel contesto
dell'attività del presidio che li ospita, usufruendo di tutte le dotazioni di
cui il presidio stesso (non necessariamente multizonale) e in possesso per la
propria attività ordinaria.
I
servizi extraospedalieri provvedono a prestazioni diagnostiche mediante l'uso
di strumentazioni ad elevato contenuto tecnologico; di norma essi sono
collocati in una sede ospedaliera.
I
criteri per la classificazione multizonale si basano sull'individuazione di
branche di specialità chirurgica che richiedono impianti speciali, e di branche
di specialità medica che sono oggetto di intensa attività di ricerca
scientifica e tecnologica, le cui ricadute sui servizi richiedono programmi di
sperimentazione clinica.
I
servizi multizonali non costituiscono, neppure sotto il profilo tecnico, una
gestione separata dagli altri servizi dell'ULSS, ma si integrano nel complesso
delle funzioni locali.
Un
servizio multizonale può richiedere una articolazione nel territorio regionale,
per facilitare l'accesso dell'utenza. Nella realtà umbra, si può prevedere in
casi particolari un solo sdoppiamento. In questi casi, l'unitarietà deve essere
recuperata sotto il profilo organizzativo e scientifico, ricorrendo a strutture
dipartimentali regionali.
Un
caso a sé è quello delle strutture operative della Facoltà di Medicina, che non
costituiscono di per sé servizi multizonali (salvo che non ne abbiano le
caratteristiche prima esposte). Trattandosi però di strutture anche didattiche,
il bacino di utenza non è confinabile nell'ambito dell'ULSS, tenuto conto del
fatto, peraltro, che il loro finanziamento è garantito al di fuori dei
parametri di riparto del F.S.R.
Particolari
funzioni multizonali, che fanno capo al Presidio multizonale di prevenzione e
all'Istituto zooprofilattico sperimentale, vengono trattati nei paragrafi
specifici.
23.33
Il Presidio multizonale di prevenzione.
Il
Presidio multizonale di prevenzione è la struttura fondamentale di supporto
specialistico per la tutela sanitaria dell'ambiente di vita e di lavoro.
Il
modello funzionale del S.S.R. gli assegna compiti di rilevazione basati su
prestazioni di laboratorio e su attività di controllo sull'ambiente.
Le
prime si articolano secondo criteri di specializzazione e criteri di
funzionamento, rispettivamente in laboratori e dipartimenti.
Premesso
che tutti i laboratori operano su substrati biologici ed ambientali, il modello
funzionale prevede laboratori distinti per le specializzazioni biomediche,
chimico-tossicologiche e fisico-impiantistiche.
Il
laboratorio biomedico è orientato soprattutto verso ricerche microbiologiche ed
immunologiche, con riferimento non solo all'epidemiologia delle malattie infettive
e diffusive; il laboratorio chimico-tossicologico effettua ricerche sulle
alterazioni dei parametri umani ed ambientali che sono indicatori dello stato
dell'equilibrio bio-ecologico, o che esprimono esposizione a fattori di
nocività per l'organismo umano; il laboratorio fisico-impiantistico valuta
l'equilibrio uomo ambiente ricercando l'alterazione dei valori-soglia dei
fattori ambientali fisici, l'andamento dei livelli di esposizione
(professionale e non) alle energie radianti, l'esposizione a rischi connessi
con l'uso di macchine e impianti inseriti in cicli produttivi.
I
laboratori si articolano in sezioni, in rapporto alle metodologie di
rilevazione e agli strumenti che vengono adoperati.
Alla
articolazione in laboratori, che rispecchia differenze di competenza
professionale, si accompagna l'articolazione in dipartimenti. I dipartimenti
riaggregano i laboratori e le loro sezioni per obiettivi.
Il
modello funzionale prevede 4 dipartimenti, rispettivamente per la profilassi
delle malattie infettive e diffusive, per la tutela degli alimenti e bevande,
per la tutela ambientale, per la tutela dell'ambiente di lavoro e la sicurezza
degli impianti.
Il
modello funzionale prevede che un laboratorio possa essere collocato in più
sedi territoriali, ed indica per la realtà umbra un massimo di due
articolazioni. Invece ogni dipartimento è unico per tutto l'ambito regionale.
23.34
I servizi operativi e generali del presidio multizonale di prevenzione.
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede che nel Presidio multizonale di
prevenzione siano attivati servizi tecnici operativi e servizi tecnici
generali.
I
servizi operativi sono chiamati a svolgere alcune funzioni di secondo livello,
ad integrazione dei servizi operativi per la tutela dell'ambiente che sono
previsti in tutte le ULSS.
I
servizi operativi svolgono attività di controllo sull'ambiente di vita e di
lavoro, provvedendo alla rilevazione e alla correzione dei fattori di nocività.
Di norma queste attività comportano l'uso di attrezzature o strumentazioni
complesse, e conoscenze specialistiche per interpretarne i risultati.
I
servizi operativi del Presidio si occupano elettivamente di bonifica
ambientale, con particolare riguardo a campagne di bonifica, al trattamento di
situazioni localizzate ma di interesse regionale, o anche a situazioni locali
ad elevato rischio di infezione; si occupano di rilevazione in loco degli
inquinanti chimici e fisici (comprese le radiazioni ionizzanti); si occupano
infine di collaudi e verifiche su impianti ed apparecchiature industriali.
Oltre
a ciò, i servizi operativi possono essere chiamati a svolgere attività non
multizonali, integrando le ULSS che non siano in grado provvisoriamente di
garantire i servizi di loro spettanza.
Anche
i servizi operativi sono decentrati con i criteri dei laboratori, ed entrano a
far parte dei dipartimenti. La loro attivazione avviene con le stesse modalità
dell'attivazione dei laboratori.
Il
Presidio multizonale di prevenzione dispone infine di servizi tecnici generali
(lo stabulario e soprattutto la biblioteca-archivio a orientamento
epidemiologico e pertanto collegata con le analoghe dotazioni dell'Osservatorio
epidemiologico regionale).
23.35
Il funzionamento del Presidio multizonale di prevenzione.
Il
Presidio multizonale di prevenzione è a disposizione di tutte le ULSS, alle
quali garantisce analoghe possibilità di fruizione.
Quando
non sia determinato con misure programmatiche adottate in sede di coordinamento
tecnico ed amministrativo, l'accesso alle prestazioni dei laboratori e dei
servizi operativi del Presidio avviene esclusivamente attraverso gli Uffici di
direzione delle ULSS nel cui territorio nasce l'esigenza dell'intervento.
Di
norma il Presidio non si attiva per proprio conto; quando lo fa esso si
coordina con l'Ufficio di direzione dell'ULSS territorialmente competente;
egualmente dicasi quando il Presidio viene attivato dalla Regione o da altri
organismi pubblici investiti di responsabilità nella tutela dell'ambiente.
I
risultati delle rilevazioni sono comunicati agli Uffici di direzione delle ULSS
territorialmente competenti anche quando non siano questi ultimi ad attivare il
Presidio.
Il
Presidio multizonale di prevenzione costituisce dal punto di vista funzionale
l'espressione locale dell'Istituto superiore per la sanità e di quello per la
prevenzione e sicurezza del lavoro; in tale veste il Presidio collabora alle
attività epidemiologiche nazionali, ed esegue le rilevazioni e gli interventi
che gli siano demandati.
23.36
I coordinamenti amministrativi e tecnici delle funzioni multizonali.
Il
modello funzionale del S.S.R. inserisce nell'attività dei presidi e servizi
multizonali due momenti di coordinamento, rispettivamente in sede
politico-amministrativa e in sede tecnica (quest'ultima relativamente al
Presidio multizonale di prevenzione).
Il
coordinamento politico-amministrativo è garantito attraverso il comitato
appositamente previsto dalla legge regionale, formato da un componente per
ciascun comitato di gestione delle ULSS.
Il
comitato ha funzioni di ausilio, consulenza e proposta nei confronti delle ULSS
che gestiscono il Presidio.
All'uopo
esso esamina l'andamento generale del servizio, determina l'ammontare del
finanziamento da conteggiare tra le quote del F.S.R. a destinazione vincolata,
valuta la corrispondenza tra l'attività da svolgere e le dotazioni, sia di
personale che di attrezzature.
Oltre
a ciò il comitato approva il regolamento di fruizione delle prestazioni a
carattere multizonale, fissando le priorità degli interventi programmabili e i
criteri per il soddisfacimento delle urgenze. Tali regolamenti, che si fondano
anche su direttive di massima della Regione, vengono comunicati alle ULSS
amministrativamente competenti che li adottano in conformità.
Il
comitato di coordinamento approva ogni anno la relazione sulle attività
multizonali, dandone comunicazione diretta anche alla Regione.
Al
coordinamento tecnico provvedono i direttori di laboratorio e i responsabili
dei servizi operativi costituiti in sede di Consiglio tecnico. L'attività di
coordinamento consiste in intese per la ripartizione dei compiti nei casi in
cui vi sia incertezza di attribuzione, per la assegnazione di particolari
mansioni che non sia opportuno suddividere all'interno della struttura, per la
programmazione dei fabbisogni di personale e di attrezzature, e per ogni altra
questione che richieda omogeneità di valutazione all'interno del Presidio.
Il
Consiglio tecnico approva inoltre i protocolli di accesso alle prestazioni del
Presidio, che sono lo strumento fondamentale per la programmazione del lavoro, con
particolare riguardo alla ripartizione dei compiti tra i servizi delle ULSS e
quelli multizonali, e a quant'altro occorra per un ordinato svolgimento delle
rilevazioni sotto il profilo del merito.
I
protocolli di accesso, approvati dal Consiglio tecnico del Presidio
multizonale, sono inclusi nel regolamento dei servizi multizonali e vengono
adottati in conformità dalle ULSS amministrativamente competenti.
23.37
Le funzioni multizonali dell'Istituto zooprofilattico sperimentale.
Ferme
restando le competenze e le funzioni previste dalla L.R. 69/1978 e dall'art. 16
della L.R. 19/1982, l'Istituto zooprofilattico sperimentale per l'Umbria e le
Marche, al sensi dell'art. 18 della L.R. 45/1982, partecipa al sistema dei
presidi e servizi multizonali per mezzo dei suoi laboratori aventi sede in
Umbria attraverso l'attività di assistenza tecnica agli allevatori, e mettendo
a disposizione del S.S.R. le sue strutture di ricerca scientifica e quelle per
la produzione dei sieri e vaccini.
Nella
distribuzione dei compiti tra i vari servizi multizonali, spetta all'Istituto
zooprofilattico provvedere alle funzioni relative alla tutela igienica degli
alimenti di origine animale. A tal fine, i laboratori dell'Istituto
zooprofilattico sperimentale si integrano con il Presidio multizonale di
prevenzione, insieme al quale costituiscono l'apposito dipartimento per le
funzioni relative alla tutela igienica degli alimenti. Inoltre l'Istituto
partecipa alle attività di vigilanza sull'ambiente rurale.
I
responsabili degli organi politico-amministrativi e tecnici dell'Istituto
zooprofilattico partecipano alle attività di coordinamento indicate
nell'apposito paragrafo, secondo le modalità previste dalla legge regionale. A
tale uopo essi si integrano nel Comitato di coordinamento e nel Consiglio
tecnico.
Per
la fruizione dei servizi e per l'accesso alle prestazioni dell'Istituto valgono
gli stessi criteri fissati per il Presidio multizonale di prevenzione.
Sottosezione
24. L'integrazione socio-sanitaria
24.1
L'integrazione delle problematiche minorili e familiari
24.2
L'integrazione delle problematiche degli anziani
24.3
L'integrazione delle problematiche delle fasce marginali
24.4
Problematiche particolari per l'assistenza domiciliare
Capitolo
24.1: «l'integrazione delle problematiche minorili e familiari».
24.10
Introduzione.
Nell'ambito
delle attività di prevenzione sociale, gli interventi socio-assestenziali in
direzione dei minori hanno rilievo particolare come momento fondamentale per
una politica verso l'infanzia che si ponga obiettivi complessivi di civiltà.
Il
modello funzionale del S.S.R. vuol farsi carico di questo problema
relativamente ad alcuni aspetti che compaiono tra le priorità della legge
regionale n. 29 (integrativa - come ripetutamente affermato - della L.R. n.
65). Un primo aspetto è quello della tutela del minore, legata alle funzioni
amministrative trasferite ai Comuni con l'art. 23 del D.P.R. n. 616 del 1977.
Si tratta di funzioni che hanno come interlocutori il tribunale per i minorenni
nella sua competenza amministrativa e civile, e il giudice tutelare. Esse
concernono le situazioni di abbandono, da intendersi in senso lato, e
comprendono tutte le premesse occorrenti per l'adozione dei provvedimenti, ivi
compresa la ricerca sociale e la valutazione dell'efficacia delle varie
tipologie di intervento.
Un
aspetto particolare di questa problematica è la promozione dell'affidamento
familiare, vista anche come prevenzione del bisogno di assistenza in istituto.
Questa
funzione va esercitata d'intesa con le Province, anche per la vigilanza
sull'andamento dell'integrazione familiare.
A
maggior ragione vanno posti obiettivi di vigilanza sulla permanenza dei minori
in istituto, anche per limitare questa eventualità al tempo strettamente
necessario.
Al
coordinamento di queste attività provvede, secondo l'indicazione della legge
regionale, un apposito Ufficio di protezione dei minori.
A
contatto con le problematiche minorili stanno quelle familiari che fanno
oggetto sia della L.R. 69 che della legge 405 concernente l'istituzione dei
consultori familiari.
Il
modello funzionale del S.S.R. colloca i consultori all'interno di una logica di
decentramento, che deve tendere a portare in ogni distretto l'attività
consultoriale destinata alla generalità della popolazione sulle problematiche
della sessualità, delle contraccezione, della procreazione responsabile, della
educazione sessuale, della tutela materno infantile, del climaterio e della
prevenzione dei tumori femminili. Tale attività riguarda le problematiche
affrontate dalla legge 405 e, successivamente, riprese dalla L.R. n. 54/1977 e
dalla L.R. n. 29/1982. I contenuti degli artt. 3 e 4 della legge regionale 54
rimangono il punto di riferimento per assicurare in maniera più coordinata le
prestazioni, ai fini della prevenzione e della procreazione responsabile e per
stimolare la partecipazione. L'integrale applicazione degli artt. 8 e 11 della
legge 29 sarà garanzia per la salvaguardia dei principi che devono guidare
l'assistenza materno infantile nel territorio e nei presidi ospedalieri.
Il
consultorio, inteso come parte integrante e funzionalmente collegato al
dipartimento materno infantile, è il punto di riferimento per l'eventuale
accesso alle strutture specialistiche presenti nella ULSS di riferimento, in
altre ULSS o fuori della Regione. Pertanto le attività specialistiche, quali la
consulenza per problemi genetici, per problemi di sterilità, per il controllo
di gravidanze considerate «ad alto rischio» o per altri problemi che attengano
alla patologia, non riguardano il servizio consultoriale, ma sono di competenza
delle aree integrative.
L'evoluzione
subita dal consultorio familiare dopo la sua iniziale separatezza mette in
primo piano alcune questioni concernenti l'utilizzo del personale
socio-sanitario, sotto il profilo dell'integrazione dell'attività consultoriale
nel complesso delle funzioni dell'ULSS, e del modo come questa integrazione
rimbalza sull'utilizzazione degli operatori.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 24.1 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
la prevenzione e la tutela per i minori in stato di abbandono (24.11);
-
interventi di supporto per l'affidamento familiare (24.12);
-
interventi verso le istituzioni assistenziali (24.13);
-
l'Ufficio per la protezione dei minori (24.14);
-
la consulenza familiare nel distretto di base (24.15);
-
il secondo livello della consulenza familiare (24.16);
-
gli operatori dei consultori (24.17).
24.11
La prevenzione e la tutela per i minori in stato di abbandono.
Il
modello funzionale del S.S.R. porta all'attenzione delle ULSS la tutela sociale
dei minori in stato di abbandono, che compete ai Comuni a seguito del
trasferimento operato dal D.P.R. n. 616 del 1977. Si tratta di funzioni che si
svolgono nell'ambito delle attività del tribunale dei minorenni in sede amministrativa
e civile, e che prima del 1977 appartenevano alla competenza del Ministero di
Grazia e Giustizia.
Il
passaggio delle competenze fu oggetto di una accesa rivendicazione basata sul
presupposto che solo il sistema delle autonomie locali può offrire l'arco delle
prestazioni occorrenti per salvaguardare le posizioni e soprattutto le
prospettive di questa fascia «debole» della società: una fascia che è
portatrice di bisogni individuali estremamente diversificati, tali da
richiedere soluzioni e risposte personalizzate.
Il
bilancio di questi anni indica la necessità di un impegno a vari livelli
(comuni, province, ULSS) per consolidare l'intervento sociale attraverso il
rinnovamento delle prassi amministrative, nonché attraverso collegamenti più
organici con il Tribunale per i minorenni. Si tratta infatti di gestire senza
soluzioni di continuità le «ricadute» assistenziali dell'attività di
quest'ultimo. Si tratta inoltre di attivare uno scambio di segnalazioni ed
informazioni nei due sensi, anche per concordare quali provvedimenti e quali
interventi adottare nei singoli casi.
Per
quanto concerne la risposta dell'ULSS in termini di servizi sociali, il modello
funzionale non prevede iniziative specifiche ma indica la necessità di
sviluppare le dotazioni della collettività, privilegiando quelle che consentano
o recuperino un rapporto integrato con le comunità di appartenenza, e
coordinando intorno a questo obiettivo le azioni svolte in direzione delle
famiglie, del volontariato e degli organismi di supporto e aiuto sociale.
24.12
Interventi di supporto per l'affidamento familiare.
A
fondamento degli interventi di supporto per l'affidamento familiare (e in
particolare etero-familiare) sta un giudizio estremamente favorevole sulla
legislazione italiana in materia. si tratta di una legislazione molto avanzata
che consente, se applicata con impegno, il raggiungimento di risultati anche
decisivi nella protezione del minore, nella riduzione del ricorso ad istituti
assistenziali e nella prevenzione del disadattamento minorile.
Il
modello funzionale del S.S.R. punta a potenziare la presenza dell'iniziativa
locale a supporto dell'affidamento.
Inoltre,
considerate le residue competenze delle Province nel campo dell'infanzia in
stato di abbandono, ne deriva la necessità di un raccordo con le ULSS per
trovare forme di integrazione anche amministrativa tra i due livelli, così da
inserire le attività assistenziali della Provincia in un quadro coordinato di
azione per la promozione delle condizioni di vita dell'infanzia marginalizzata.
24.13
Le politiche verso le istituzioni assistenziali.
La
consistenza degli Istituti assistenziali per l'infanzia e i minori dell'Umbria,
quanto mai ridotta rispetto ad altre Regioni se da un lato testimonia l'impegno
sostenuto dalla collettività umbra per diminuire l'incidenza del ricovero
considerandolo come fenomeno di patologia sociale, dall'altro induce a non
sottovalutare
il problema: infatti, aggiungendo agli istituti assistenziali strettamente
intesi quelli a carattere educativo e riabilitativo, si raggiunge un numero non
insignificante di istituzioni e di ospiti.
Il
modello funzionale colloca l'istituto educativo-assistenziale (come anche
quello di riabilitazione e recupero) come risorsa locale per prestazioni da
erogare in forma residenziale o semiresidenziale. Esso opera in collegamento
con i servizi socio-sanitari del territorio, in quanto fa parte a tutti gli
effetti della comunità locale.
Quanto
sopra premesso, vengono affidati agli istituti soggetti di norma in età da 0 a
18 anni, o contemporaneamente minori e ultradiciottenni che si trovino in
particolari condizioni di bisogno di assistenza e tutela.
Tali
condizioni riguardano:
1)
situazioni eccezionali, tali da rendere necessario per un periodo limitato nel
tempo l'allontanamento del soggetto interessato dal proprio ambiente familiare
e di vita in quanto gravemente pregiudizievole per la integrità e lo sviluppo
psicofisico del minore, o per decadimento della potestà genitoriale,
affidamento della tutela del minore a terzi, dichiarazione dello stato di
adottabilità, allontanamento del soggetto dai genitori disposto dal Tribunale
per i minorenni;
2)
situazioni che evidenzino la necessità di una integrazione della struttura
familiare, per minorazioni psico-fisiche, ospedalizzazione, espatrio,
detenzione, decesso di uno o ambedue le figure genitoriali, prolungata attività
lavorativa dei genitori che ne condiziona la disponibilità nei confronti dei
figli e mal si concilia con le esigenze di costoro, particolarmente nell'età
infantile e dell'adolescenza.
Vanno
aggiunti la difficoltà di raggiungere la sede scolastica e la carenza dei
necessari servizi di trasporto, la presenza di grave disagio economico legato a
situazioni di disoccupazione o sottoccupazione dei genitori, la disgregazione
del nucleo familiare e l'assenza di figure parentali sostitutive.
L'istituto
opera pertanto in situazioni eccezionali tali da rendere necessario un
temporaneo allontanamento del minore dal proprio ambito socio-familiare, nonché
per finalità di integrazione familiare in situazioni che evidenzino problemi
minorili di ordine scolastico, sanitario, professionale, di avviamento
al
lavoro. Nei confronti di questi bisogni, l'istituto è chiamato a dare risposte
adeguate ai bisogni diversificati dei minori ospiti, svolgendo azione di
sostegno alle loro famiglie.
L'affidamento
all'istituto si attua soltanto nel caso di verificata impraticabilità di altri
interventi di promozione sociale e deve avere carattere provvisorio e
temporaneo (L. n. 29/1982, art. 3, comma III).
Vanno
considerati a parte i minori portatori di handicaps psico-fisici e sensoriali
che, collocandosi in una o più delle situazioni anzidette, necessitano
contemporaneamente di un intervento educativo assistenziale,
ma
anche di prestazioni socio-sanitarie o specialistiche di riabilitazione e
recupero in comunità residenziali o semi-residenziali dotate di idonee
apparecchiature e dei servizi necessari. Ciò giustifica la presenza sul
territorio regionale di centri-servizi di riabilitazione che ospitano minori.
La
istituzione che ospita minori deve riprodurre la dimensione fisica
dell'ambiente familiare, realizzabile in linea generale solo con gruppi
numericamente limitati di ospiti (non più di 20) e deve ridurre al massimo
l'ammissione di soggetti non residenti sul territorio regionale o, comunque, in
località troppo distanti dalla sede di intervento.
Deve
inoltre:
-
essere inserita nel contesto circostante per una reciproca azione di promozione
sul territorio e soprattutto per l'utilizzazione dei servizi socio-sanitari,
scolastici, del tempo libero;
-
garantire ai minori, tenuto conto delle esigenze igieniche ed ambientali, uno
spazio sufficiente nelle ore diurne e notturne e permettere loro di instaurare
rapporti personalizzanti di tipo familiare, nonché di sentire propri gli
ambienti in cui vivono, partecipando anche alla scelta dell'arredamento.
Resta
inteso che i requisiti sopra indicati debbono esistere anche per quelle
istituzioni a carattere privato che non abbiano fatto richiesta di iscrizione
al registro regionale di cui all'art. 27 della L. n. 29/1982.
Per
quanto concerne il personale, va premesso che la struttura istituzionale deve
darsi una impostazione tale da favorire le condizioni necessarie a consentire
ad ogni minore ospite l'armonico sviluppo della sua personalità.
Per
tali scopi è indispensabile garantire:
-
la stabilità del rapporto di lavoro;
-
una formazione professionale adeguata che non può prescindere dal possesso del
diploma di scuola secondaria superiore;
-
la presenza di figure di appoggio all'équipe degli operatori direttamente
impegnata nel processo formativo dei minori ospiti, che possono integrarne
l'attività: è importante al riguardo la figura del responsabile amministrativo
contabile che controlla l'attività economica della comunità.
Fondamentale
compito dell'équipe è la tenuta della cartella personale di ciascun ospite.
Va
sottolineata l'importanza anche assume la registrazione degli stati di
abbandono materiale e morale degli affidati agli istituti (e le eventuali
modificazioni della situazione) in relazione all'assolvimento dell'obbligo di
segnalazione di tali casi ai servizi socio-assestenziali competenti per
territorio, nonché all'ufficio per la protezione del minore ed alla autorità
giudiziaria minorile, a norma della legge n. 184/1983.
Uno
strumento indispensabile per la realizzazione dell'intervento
educativo-assistenziale o di riabilitazione e recupero, in conformità ai fini
statutari dell'istituto, è il regolamento. Esso deve indicare:
-
caratteri generali, finalità e indirizzo dell'intervento;
-
tipologia degli ospiti e numero di posti disponibili;
-
organigramma del personale (orario di lavoro, turni, sostituzioni);
-
svolgimento dell'attività quotidiana;
-
forma di assicurazioni per incidenti o danni subiti o provocati dagli ospiti;
-
attività scolastica e parascolastica degli ospiti;
-
aggiornamento e riqualificazione degli operatori;
-
rette.
Per
quanto concerne le garanzie sulle condizioni di vita all'interno delle
istituzioni, il modello funzionale prevede una vigilanza che non si esaurisca
in accertamenti amministrativi a contenuto burocratico, ma che dia luogo anche
a forme di assistenza e consulenza nei confronti dei titolari della gestione e
degli operatori, forme peraltro già sperimentate in Umbria.
A
monte sta una corretta applicazione delle norme sull'autorizzazione.
Come
previsto dall'art. 29 della L. n. 29/1982, va preventivamente autorizzata dal
Sindaco territorialmente competente, dopo che ne siano stati verificati i
requisiti necessari, la istituzione e la gestione di strutture finalizzate
all'assistenza o alla riabilitazione e recupero di minori o anche di minori,
nonché di servizi di tipo aperto, sia residenziali che semi-residenziali o
ambulatoriali da parte di privati (Enti, ordini religiosi, associazioni regolarmente
riconosciute o di atto operanti sul territorio, persone fisiche).
24.14
L'Ufficio per la protezione dei minori.
Il
modello funzionale del S.S.R. individua nell'ufficio per la protezione dei
minori, prefigurato nella legge regionale n. 29 del 1982, lo strumento
fondamentale di coordinamento per tutte le problematiche minorili trattate nel
presente capitolo.
La
legge n. 29 del 1982 affida infatti a tale ufficio compiti di promozione
dell'assistenza e cura dei minori in condizioni di bisogno, e di vigilanza
sull'assistenza prestata in regime di affidamento o di ricovero in istituzione
educativo-assistenziale o presso altre comunità a carattere residenziale; gli
affida ancora la segnalazione dei casi per l'intervento del giudice tutelare o
del tribunale minorile, nonché l'assistenza e consulenza ai tutori di minori;
infine gli affida in linea generale la segnalazione ai servizi
socio-assestenziali e alle autorità giudiziarie minorili di quanto possa fare
oggetto di intervento anche preventivo in direzione di questa fascia di
bisogni.
L'ufficio
per la protezione dei minori è innanzitutto un incarico in capo a persone
scelte dall'assemblea dell'associazione dei Comuni, secondo criteri indicati
dalla legge n. 29 del 1982;
Ma
poiché le sue funzioni trovano riscontro in quelle degli uffici e dei servizi
dell'ULSS, esso è anche un organismo che opera con l'ausilio delle strutture
organiche dell'ULSS.
Ad
evitare che nello svolgimento di queste attività prevalgano logiche
amministrative e burocratiche, il modello funzionale del S.S.R. prevede che
intorno all'ufficio per la protezione dei minori sia costituito un comitato di
consulenza che raccolga gli apporti di quanti, esterni alla pubblica
amministrazione, sono in grado di contribuire al miglioramento delle condizioni
di vita di questa parte delle fasce deboli della popolazione.
24.15
La consulenza familiare nel distretto di base.
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede l'individuazione di funzioni di
consulenza familiare nel territorio, distinte da quelle rapportabili all'area
integrativa. Ciò risponde alla necessità di adeguare le problematiche della
legge 405, istitutiva dei consultori familiari, all'evoluzione istituzionale ed
organizzativa conseguente alla riforma sanitaria, senza che il consultorio debba
perdere il nucleo fondamentale delle sue caratteristiche originarie.
Nato
in una fase in cui il sistema sanitario italiano era caratterizzato dalla
molteplicità degli enti gestori, il consultorio si trovò in partenza a farsi
carico anche di obiettivi di rinnovamento organizzativo e strutturale. In
particolare, l'essersi posto come perno di una battaglia per il rinnovamento
dell'intervento socio-sanitario verso la donna e la famiglia fece si che il
consultorio venisse configurandosi come struttura tendenzialmente
autosufficiente, anche per la mancanza di un modello generale di decentramento
territoriale.
Ora
che quella fase è stata superata con l'applicazione della legge 833 e
l'istituzione dei distretti, il consultorio è divenuto conseguentemente parte
di queste strutture di base, pur mantenendo la sua specificità. Un ulteriore
passo in avanti lo deve collocare anche come componente del dipartimento
materno-infantile, per ricomporre in una unità integrata oltre ai servizi
consultoriali anche i servizi ospedalieri di ostetricia e pediatria nonché le
strutture specialistiche dell'area integrativa: quanto sopra nell'ambito di una
strategia tesa ad ottenere la globalità dell'intervento, il pieno utilizzo di
competenze e strutture, ed un più stretto collegamento tra strutture
ospedaliere e territorio.
Questo
obiettivo si inserisce lungo una linea di sviluppo de consultori che in Umbria
ha attraversato due momenti: un primo momento a carattere promozionale e
largamente partecipativo, per la realizzazione di un supporto ai bisogni della
donna come soggetto attivo dell'intervento sanitario, ed un secondo momento in
cui le istituzioni sono entrate in campo con intenti di programmazione del
servizio consultoriale, arricchitosi nel frattempo con le problematiche della legge
194 sull'interruzione volontaria della gravidanza.
Si
è passati quindi da una fase a rilevante impronta partecipativa alla creazione
di una rete territoriale, secondo presupposti peraltro contenuti nelle
indicazioni transitorie della legge regionale n. 54/1977 e precisati
successivamente nella L.R. n. 29/1982.
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede lo sviluppo delle valenze partecipative e
con ciò il rafforzamento della fisionomia del consultorio come punto di
riferimento per le politiche in direzione della donna e come punto di incontro
dei movimenti femminili. Il consultorio, ricompreso nelle attività del
distretto, ha come compiti specifici quelli richiamati nelle leggi 405 e 194,
nonché quelli dalla L.R. n. 54 e dalla L.R. n. 29 del 1982 sulle tematiche
della sessualità, della contraccezione, della procreazione responsabile, della
tutela materno infantile e dell'età evolutiva, della prevenzione dei tumori
femminili e sulle problematiche del climaterio. In particolare, il servizio
consultoriale, nell'ambito del progetto-obiettivo per la tutela materno
infantile ed in applicazione dei protocolli scientifici e di comportamento
regionali, si farà carico di seguire le gravidanze considerate a rischio
«normale», e di promuovere corsi di preparazione al parto ed alla nascita.
24.16
Il secondo livello della consulenza familiare.
Nel
quadro di uno svolgimento ordinato di interventi a tutela della salute della
donna e della coppia, in sintonia con le problematiche minorili e con la
prevenzione dei relativi disadattamenti, il modello funzionale del S.S.R.
prevede che alcuni dei compiti originariamente attribuiti dalla l. 405 al
consultorio in maniera indifferenziata, vengano riservati ad un livello
successivo a quello di base, collocato nel distretto.
Le
problematiche in questione riguardano la consulenza per i problemi genetici e
per la sterilità coniugale, il controllo delle gravidanze ad alto rischio
nonché altre problematiche che richiedano interventi specialistici.
Inoltre,
dato che sulla dinamica di queste problematiche incidono fenomeni culturali
legati a differenze di valori etici e di concezioni della vita, il modello
funzionale individua spazi dove l'iniziativa privata, ideologicamente
orientata, possa portare uno specifico contributo, a condizione che vengano
salvaguardati due momenti essenziali: da un lato il diritto dei cittadini di
usufruire di strutture «affidabili» (il che esclude monopoli di sorta), e
dall'altro il dovere da parte di queste strutture di fornire su richiesta della
loro utenza, direttamente o no, tutte le prestazioni previste dalla legge 405
integrata dalla legge 194. Questa condizione è peraltro prevista dalla legge
regionale 54, che basa il rapporto tra iniziativa pubblica e iniziativa privata
sul presupposto che l'obiezione di coscienza è un diritto dei singoli operatori
e non delle istituzioni le quali, pubbliche o private che siano, ne momento in
cui organizzano attività per finalità tutelare dalle leggi dello Stato devono
conformarsi ai principi di queste ultime.
24.17
Gli operatori dei consultori.
L'evoluzione
dei consultori in adeguamento al modello istituzionale del S.S.R. pone problemi
particolari sul piano della utilizzazione degli operatori, una volta venuta
meno la precedente configurazione giuridica di queste strutture, e con ciò la
titolarità del rapporto di lavoro in capo al Comune.
Il
fatto che tutti coloro che sono incaricati di operare nelle strutture
comprensoriali, siano dipendenti o convenzionati, hanno ormai un unico rapporto
di servizio con l'ULSS, comporta che si debbano ricavare spazi per prestazioni
di lavoro rapportate alle esigenze dell'utenza, all'interno di un orario
complessivo non necessariamente dedicato globalmente al consultorio.
A
questo riguardo, deve essere perseguito nella misura del possibile l'obiettivo
di una selezione del personale basata anche sulle motivazioni personali
dell'operatore, come premessa per un buon funzionamento di questo genere di
servizi per i quali il rapporto fiduciario con la popolazione è di fondamentale
importanza.
Nel
caso dei medici addetti ai consultori di distretto, vanno ribadite le
considerazioni circa la necessità che questo personale «itinerante» faccia
parte dell'équipe degli operatori del distretto; il che presuppone che, sempre
nella misura del possibile, la rotazione dei medici e la loro mobilità tra i
distretti siano ridotte, perché ci sia continuità delle presenze in un dato
territorio e con una data utenza.
Per
quel che concerne gli specialisti da utilizzare nelle aree integrative, la
prima scelta deve essere orientata in direzione degli operatori a rapporto di
servizio dipendente o convenzionato con l'ULSS.
Il
ricorso ad altri operatori, motivato dalla impraticabilità della prima strada,
e limitatamente ai profili non previsti nell'ordinamento dell'ULSS stessa, è
subordinato al vincolo che le loro prestazioni siano svolge nell'ambito della
struttura consultoriale pubblica.
Per
quanto concerne eventuali apporti di operatori della salute mentale, devono
essere adottate soluzioni che rispettino l'unitarietà di tali servizi.
Per
il personale non medico, l'utilizzazione va confinata di norma nell'ambito
delle professionalità elencate nella legge 405 (psicologi, assistenti sociali,
ostetriche, infermieri professionali).
Capitolo
24.2: «L'integrazione delle problematiche degli anziani».
24.20
Introduzione.
Le
problematiche socio-assestenziali degli anziani debbono essere affrontate su
due piani, a seconda che l'attenzione sia portata sugli anziani autosufficienti
o non autosufficienti.
Nel
primo caso prevalgono i problemi della prevenzione dell'emarginazione, nel
secondo assume rilevanza la predisposizione di supporti socio-assestenziali
anche in collegamento con gli interventi di assistenza sanitaria vera e
propria.
Per
il primo tipo di fabbisogni il modello funzionale inserisce gli interventi di
aggregazione socio-culturale, impostati su iniziative a carattere centrale,
come l'Università della terza età, o decentrate a livello di quartiere sui
centri di vita associata, laddove esistono, o su analoghi presidi territoriali.
Inserisce inoltre i servizi per il tempo libero, da tradurre in forme che
evitino al riproduzione della segregazione su altri piani, e quindi cercando di
aprire tali iniziative su una platea più ampia che non sia quella degli
anziani;
Per
gli anziani non autosufficienti ed eterodipendenti, il modello funzionale
inserisce interventi e servizi per garantire residenze socialmente protette, a
utenza individuale o collettiva, e stimola i Comuni, le Province, le residue
istituzioni assistenziali pubbliche, e quelle private, al reperimento delle
sedi anche mediante interventi di ristruttturazione su patrimoni edilizi
pubblici.
A
questi interventi vanno abbinati i supporti posti in essere per l'aiuto
domestico familiare, nonché per l'assistenza domiciliare nei casi in cui
all'eterodipendenza si aggiunga la perdita totale dell'autosufficienza.
Per
quanto concerne gli istituti di ricovero, il modello funzionale ne sottolinea
il ruolo di presidio residuale, chiamato cioè ad intervenire nei casi di
impraticabilità di altre soluzioni meno emarginanti.
In
tal caso la loro utilizzazione acquista valore di risorsa della comunità, e
impegna quest'ultima a praticare iniziative di integrazione sociale e, in ogni
caso, ad esercitare la vigilanza sul funzionamento e a combattere tendenze a
trasformarle in cronicasi o in ospizi di mendicità.
Al
di là di determinati margini di eterodipendenza, la problematica degli anziani
si sposta sul terreno degli impegni dell'assistenza sanitaria strettamente
intesa.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 24.2 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
l'Università della terza età e le altre iniziative di aggregazione sociale
(24.21);
-
l'assistenza attraverso i centri residenziali (24.22);
-
gli istituti di ricovero (24.23).
24.21
L'Università della terza età e le altre iniziative di aggregazione sociale.
Tra
le iniziative per la promozione delle condizioni di vita degli anziani, il
modello funzionale del S.S.R. colloca in primo piano l'Università della terza
età, intesa come complesso di attività finalizzate alla prevenzione
dell'emarginazione dell'anziano autosufficiente e per offrire a questa fascia
di età valide occasioni di inserimento nel tessuto socio-culturale della
collettività di appartenenza.
L'Università
della terza età è dunque un momento di aggregazione degli anziani intorno ad
iniziative socializzanti, che devono integrare l'intera collettività mediante
la mobilitazione di tutte le energie e le possibilità culturali e ricreative
che sono disponibili.
Istituzionalmente
ed organizzativamente parlando, l'Università della terza età si fonda sulla
partecipazione non istituzionalizzata di istanze sociali o di singole persone,
motivate ad impegnarsi volontaristicamente sui suoi programmi in questo senso,
l'Università della terza età si basa sul principio dell'autoregolamentazione.
Questo
approccio partecipativo non esclude apporti provenienti dai livelli
istituzionali. In particolare l'Università della terza età impegna l'ULSS in
quanto espressione dell'associazione dei Comuni, cioè di uno strumento
gestionale che nella strategia del decentramento posta in essere dalla Regione
dell'Umbria è destinato a divenire il protagonista delle politiche sociali a
livello del territorio, non solo nel campo socio-assistenziale ma anche in
quello culturale e formativo.
Il
modello funzionale del S.S.R. presuppone ancora che il sistema delle ULSS metta
a disposizione dell'Università della terza età le proprie esperienze
programmatorie ed organizzative, soprattutto per utilizzare la rete dei
rapporti instaurati intorno alle ULSS stesse.
Una
parte consistente di tutte queste attività è finalizzata all'acquisizione di
informazioni e conoscenze sui fattori comportamentali, sulle abitudini
alimentari, etc., che incidono sugli stili di vita e che concorrono ad elevare
il grado di autosufficienza e diminuire il bisogno di eterodipendenza degli
anziani.
In
relazione a questi obiettivi, il modello funzionale del S.S.R. prevede che
l'Università della terza età si organizzi appoggiandosi tendenzialmente anche
sui centri di aggregazione esistenti nei quartieri, coinvolgendo in questo
processo innanzitutto i centri i vita associata posti in essere dal
decentramento circoscrizionale.
Collateralmente
all'Università per la terza età, il modello funzionale del S.S.R. prende in
considerazione altri servizi finalizzati a qualificare l'utilizzazione del
tempo libero degli anziani autosufficienti tramite l'organizzazione di
soggiorni di vacanze, di viaggi di istruzione ed altro. Questi programmi si
affiancano alle altre iniziative di socializzazione assunte in contesti
differenti dal S.S.R.
24.22
L'assistenza attraverso i centri residenziali.
Il
modello funzionale individua nei centri residenziali (comunità alloggio,
gruppi-appartamento e simili) la forma più appropriata di assistenza per gli
anziani con prevalenti problemi di eterodipendenza sociale e livelli ancora
efficienti di autosufficienza psico-fisica.
I
centri residenziali costituiscono pertanto un'alternativa al ricovero in
istituto, nella considerazione che questa ultima soluzione trova indicazione
solo nei casi di completa eterodipendenza con bassi livelli di autosufficienza.
L'assistenza
nei centri residenziali, comunque attuati, presuppone l'allestimento di alloggi
aperti a un numero molto basso di ospiti: in quanto soluzioni largamente
destrutturate sul piano organizzativo, i centri devono essere gestiti in larga
misura dagli anziani stessi, avvalendosi delle strutture locali per l'aiuto
domestico-familiare ed eventualmente per l'assistenza domiciliare.
I
centri residenziali devono essere realizzati nei centri urbani, in posizioni
tali da non aggravare lo stato di emarginazione degli anziani che vi debbono
ricorrere.
Anche
se trattasi di iniziative sostanzialmente socio-assestenziali rivolte ad
anziani sostanzialmente autosufficienti, è compito dell'ULSS attivare le
risorse disponibili per l'assistenza sanitaria di base, e prevedere anche forme
di raccordo con il sistema paraospedaliero nella considerazione che gli utenti
di questi centri sono ad alto rischio sotto il profilo psico-fisico.
Per
quel che concerne le tipologie, il modello funzionale del S.S.R. non esprime
alcuna indicazione prioritaria, limitandosi a sollecitare una sperimentazione
aperta a valutazioni conclusive circa l'idoneità delle varie forme di residenza
protetta.
24.23
L'assistenza negli istituti di ricovero per anziani;
Gli
istituti di ricovero per anziani sono presi in considerazione dal modello
funzionale del S.S.R. che li colloca entro spazi ben definiti per quel che
concerne sia le indicazioni che le soluzioni tipologiche.
Riguardo
alle soluzioni, valgono le considerazioni fatte a proposito dei centri
residenziali, che indicano il ricovero in istituto come soluzione residuale una
volta venute meno le indicazioni per altre forme di assistenza meno segreganti.
Si tratta di soluzioni la cui validità è fortemente collegata alle carenze
degli anziani sul piano dell'eterodipendenza e autosufficienza sociale, fermo
restando che l'autosufficiente psico-fisico non deve scendere sotto determinati
limiti oltre i quali la competenza dell'intervento deve passare a strutture più
marcatamente sanitarie.
Conseguentemente
gli istituti per anziani debbono evitare, e abbandonare ove ci fossero,
risposte di tipo ospedaliero che riciclino le esperienze dei vecchi cronicari.
La loro struttura fondamentale deve essere «alberghiera», con una previsione di
servizi sanitari limitata agli ambulatori di base e all'infermeria di primo
soccorso, la cui gestione va affidata alle strutture sanitarie del distretto.
Come
per i centri residenziali, anche per gli istituti di ricovero si pongono
obiettivi di integrazione sociale attraverso la mobilitazione delle risorse
acquisibili presso la collettività locale.
In
questa ottica antisegregante vanno anche ricondotte le attività di vigilanza e
controllo da parte dell'ULSS, con gli stessi obiettivi di assistenza e
consulenza nei confronti degli operatori e dei titolari della gestione, che
sono stati presi in considerazione nel paragrafo dedicato alle istituzioni
assistenziali per i minori.
Capitolo
24.3: «L'integrazione delle problematiche delle fasce marginali di
popolazione».
24.30
Introduzione.
Le
fasce marginali di popolazione definiscono un terreno di interventi composito,
costituito da gruppi di popolazione socialmente deboli, che hanno in comune
problemi di patologia dei processi di socializzazione.
Il
modello funzionale inserisce questi interventi socio-assestenziali in una
prospettiva di superamento delle separazioni categoriali, per individuare una
filosofia di approccio unitaria, recuperando all'interno di questa impostazione
unitaria le specificazioni dei bisogni e, conseguentemente, le differenziazioni
tipologiche degli interventi.
Presupposto
di questa materia è la mobilitazione di tutte le risorse della collettività,
poiché i problemi in questione non sono appannaggio particolare di nessuno dei
comparti dell'intervento sociale, e richiedono soluzioni per le quali il Comune
e l'ULSS possono solo fungere da catalizzatori.
Una
parte di queste problematiche sono a valenza anche sanitaria: tale è il caso
degli interventi per la tutela della salute mentale e per gli stati di
tossicodipendenza, per altre invece la caratterizzazione è eminentemente
socio-assistenziale (recupero e risocializzazione degli stati di handicap,
assistenza ai carcerati e post-penitenziaria, problemi di devianza minorile).
Il
modello funzionale vuole infine dare inserzione a tre problematiche in cui si
incrociano fabbisogni assistenziali a valenza multipla.
La
prima si riferisce alle comunità terapeutiche, che si stanno sviluppando come
intervento per tossicodipendenti, ma che a rigore possono essere prese in
considerazione per altre condizioni di dipendenze.
La
seconda ha come oggetto le «barriere» che fanno da ostacolo all'inserimento
comunitario dei portatori di handicap. Trattasi di barriere psicologiche prima
ancora che architettoniche.
La
terza attiene alle protesi riabilitative, che stanno conoscendo una fase di
notevole sviluppo tecnologico, e che hanno di fronte a sé prospettive di
ulteriore perfezionamento man mano che saranno sviluppate le utilizzazioni
dell'informatica.
Sulla
base di queste considerazioni il capitolo 24.3 si articola nei seguenti
paragrafi.
-
l'integrazione socio-assistenziale per il recupero dei malati di mente (24.31);
-
l'integrazione socio-assistenziale per il recupero dei tossicodipendenti
(24.32);
-
l'integrazione socio-assistenziale per il recupero degli handicappati (24.33);
-
le comunità terapeutiche (24.34).
24.31
L'integrazione socio-assistenziale per il recupero dei malati di mente.
Il
reinserimento sociale dei malati di mente costituisce un momento della tutela
della salute mentale inscindibile dalle attività di carattere sanitario. Il
modello funzionale del S.S.R. prevede pertanto che in stretta connessione con i
servizi di igiene mentale siano sviluppate attività socio-assestenziali a
supporto ed integrazione dell'assistenza domiciliare nei casi in cui vi siano
carenze materiali o affettive delle famiglie, nonché come supporto essenziale
per portare a termine la destrutturazione del manicomio.
Le
tipologie di questi interventi assistenziali non hanno nulla di specifico e
vanno ricondotte alle forme attraverso cui il modello funzionale del S.S.R.
realizza le altre attività finalizzate all'inserimento sociale delle fasce marginali
di popolazione. In questo quadro si tratta di privilegiare le residenze
protette, integrate nella comunità e raccordate con i centri di attività
socio-culturale operanti nei quartieri e nelle circoscrizioni.
Un'altra
direzione dell'intervento sociale è quella della formazione o addestramento
professionale, per l'inserimento in attività lavorative garantite da accordi
tra ULSS e titolari delle imprese industriali ed artigianali.
Tale
inserimento non comporta necessariamente posti di lavoro strutturati, in quanto
il valore terapeutico del reinserimento sociale giustifica attività lavorative
anche non strutturate come veri e propri rapporti d lavoro, ferme restando le
garanzie dell'assenza di qualsiasi forma di sfruttamento della forza lavoro.
24.32
L'integrazione socio-assistenziale per il recupero dei tossicodipendenti.
Nella
consapevolezza della estrema difficoltà a dare risposte efficaci al problema
del reinserimento sociale dei soggetti in stato di tossicodipendenza da
stupefacenti, il modello funzionale del S.S.R. prevede anche in questo campo
interventi che utilizzino tutti gli spazi agibili per l'integrazione nelle
comunità di origine, come soluzione alternativa al ricorso alle comunità
terapeutiche.
A
presupposto di questa azione sta la capacità di instaurare nella popolazione un
atteggiamento critico e non emotivo nei confronti della «diversità» del
tossicodipendente, onde evitare di aggravare la condizione di segregazione cui
il tossicodipendente si espone per effetto della sua abitudine.
A
tale scopo il modello funzionale del S.S.R. prevede l'attivazione dei servizi
socio-assestenziali dell'ULSS per aiutare il tossicodipendente che voglia
uscire dalla sua condizione offrendogli, in caso di carenze familiari e
domiciliari, punti di appoggio che riducano lo stato di eterodipendenza e gli
consentano di colloquiare con la comunità anche attraverso gli operatori
sanitari e socio-assestenziali in condizioni di parziale liberazione dal
bisogno.
24.33
L'integrazione socio-assistenziale per il recupero degli handicappati.
Il
recupero degli handicappati pone obiettivi di interventi sociali su alcune
direttrici determinanti, tra le quali emergono le problematiche
dell'inserimento nel mondo della scuola o del lavoro.
Per
quanto concerne il primo aspetto, il modello funzionale del S.S.R. prende atto
che esistono tutti i presupposti legislativi per l'eliminazione delle barriere
e per l'inserimento degli handicappati nell'attività scolastica ordinaria, come
dimostra il fatto che la destrutturazione dell'insegnamento «speciale» ha fatto
rilevanti
passi in avanti, quanto meno in Umbria.
La
rinuncia ad un insegnamento «speciale» strutturato e segregato in apposite
istituzioni scolastiche non elimina però, e semmai acuisce, la necessità di
realizzare forme di integrazione per aiutare l'handicappato a sostenere
l'impatto con la scuola normale, cioè strutturata ed organizzata a misura di
soggetti non portatori di handicap. Il modello funzionale del S.S.R. prevede
pertanto interventi delle ULSS sotto forma di servizi per l'integrazione, che
debbono essere strettamente coordinati con quelli che i comuni conducono sul
piano dell'assistenza scolastica (con riguardo particolare ai trasporti) e con
gli interventi che la scuola organizza per offrire sostegno all'insegnante di
classe.
Tali
servizi devono essere posti sotto il coordinamento dei distretti, o quanto meno
debbono trovare punti di contatto con l'équipe del distretto affinché sia
garantita la continuità dell'integrazione socio-assistenziale nella scuola e
nella famiglia.
Circa
l'inserimento dei portatori di handicap nell'attività lavorativa, ed
analogamente a quanto preso in considerazione per i malati di mente, il modello
funzionale prevede l'inserimento dei servizi dell'ULSS nella ricerca di
occasioni di lavoro contrattualmente protette, anche attraverso accordi diretti
coni titolari delle imprese, e nella attivazione di cooperative di servizi che
diano spazi per attività di lavoro, strutturati e non.
24.34
Le comunità terapeutiche.
Le
comunità terapeutiche sono chiamate a svolgere un ruolo di supporto per
programmi di recupero sociale rivolti a soggetti con gravi problemi di
emarginazione. Senza escludere la loro utilizzazione per altre condizioni, di
fatto esse si sono strutturate prevalentemente intorno all'obiettivo del
recupero dei tossicodipendenti.
Il
modello funzionale del S.S.R. individua nelle comunità terapeutiche una delle
tipologie di approccio al recupero dei tossicodipendenti, da sviluppare insieme
alle altre.
La
comunità terapeutica non è né una strada a senso unico né una scelta
irreversibile; al contrario, è interesse della collettività sperimentare tutte
le tipologie che siano potenzialmente capaci di portare un contributo alla
soluzione dei problemi del tossicodipendente.
A
parte ciò, il modello funzionale prevede che l'organizzazione e la gestione
delle comunità terapeutiche costituiscono un campo di intervento tipico del
volontariato, collegato all'iniziativa promozionale sia pubblica che privata.
Questa scelta deriva dalla convinzione che la conduzione della comunità e la
gestione
dei rapporti con i suoi ospiti presuppongono una adeguata motivazione ed una
forte carica solidaristica, non necessariamente riscontrabili in un rapporto di
lavoro strutturato.
Il
sostegno pubblico alle comunità terapeutiche si sostanzia al momento
dell'impianto in facilitazioni nell'acquisizione delle aree, e in altri
supporti sul piano della strumentazione del lavoro; si sostanzia inoltre
nell'assistenza da parte dei servizi socio-sanitari dell'ULSS. Tali sostegni non
devono però essere determinanti per la sopravvivenza della comunità, che deve
trovare al suo interno le condizioni per affermarsi.
Capitolo
24.4: «Problematiche particolari per l'assistenza domiciliare».
24.41
Assistenza domiciliare.
L'assistenza
domiciliare, integrata dall'aiuto domestico-familiare, è un momento
fondamentale per l'integrazione socio-sanitaria.
Richiamando
quanto trattato nel paragrafo 22.22, l'assistenza domiciliare consiste in una
serie di interventi portati nella dimora di chiunque risulti in stato di
temporanea o permanente necessità di aiuto per vecchiaia avanzata, per
invalidità, per malattia, per indigenza e per condizioni di solitudine, di
abbandono e di indigenza. Suo obiettivo è quello di assicurare agli interessati
una serie di prestazioni che evitino o riducano il ricovero, e che permettano
le abituali modalità di esistenza, di conservare il più a lungo possibile i
ruoli, l'autonomia loro e del nucleo in cui sono inseriti, per mantenerli nel
contesto sociale nelle migliori condizioni di efficienza fisica, psichica ed
economica.
Il
Servizio di assistenza domiciliare deve essere erogato dalla Unità sanitaria
locale, attraverso i servizi socio-sanitari di base, che raccolgono i dati
conoscitivi sui bisogni emergenti, valutano le priorità, propongono i vari
interventi, curano e controllano la reale effettuazione e ne valutano
l'efficacia.
Nella
prima fase della sua attuazione il servizio di assistenza domiciliare deve
essere rivolto particolarmente ai casi di comprovata emergenza: a questo scopo
debbono essere prioritariamente tenuti presenti gli anziani, gli handicappati,
gli inabili, con particolare riguardo ai casi di più urgente bisogno per
aggravamento delle condizioni di malattia o di invalidità, per temporanee crisi
del nucleo familiare che li accoglie o per sopraggiunta solitudine che
determinano una non autosufficienza anche temporanea.
Per
non autosufficienza si intende la impossibilità parziale o totale, temporanea o
permanente, del singolo utente di autogestirsi a causa di età avanzata, di
invalidità, di malattia, di solitudine, di abbandono e di indigenza. La non
autosufficienza viene accertata dai servizi competenti di distretto secondo
parametri che tengano conto delle condizioni fisiche, psichiche,
socio-economiche, culturali ed ambientali degli interessati.
Per
l'individuazione dei bisogni, i servizi di base debbono avvalersi delle
previste inchieste capillari continuamente aggiornate condotte sul territorio.
In mancanza, il servizio deve avvalersi delle segnalazioni fornite dagli
interessati, dagli organismi di base e dagli stessi operatori dei servizi.
La
valutazione della richiesta di ammissione al servizio comporta una prima
sommaria inchiesta socio-economica corredata, ove necessario, dal giudizio del
medico di base.
L'accesso
ai servizi avviene dopo la valutazione da parte del gruppo degli operatori di
base del livello di non autosufficienza fisica, psichica, culturale,
socio-economica ed ambientale del richiedente; per evitare un eccessivo peso
della soggettività, l'esistenza di tali condizioni di bisogno ed il livello
della loro gravità saranno valutati per mezzo di appositi protocolli.
Gli
interventi di assistenza domiciliare possono avere carattere del tutto gratuito
oppure può essere richiesta una partecipazione economica.
L'erogazione
dell'assistenza domiciliare deve avvenire possibilmente nel rispetto di orari
modulati sulle esigenze dell'utente, non deve avere interruzioni collegate con
le coincidenze di festività o di ferie, deve prevedere la disponibilità alla
reperibilità notturna da parte di alcuni operatori sanitari. Essa deve comunque
rivestire carattere temporaneo.
L'andamento
dell'assistenza deve essere documentato in tutte le sue fasi su cartelle
depositate a domicilio e su schede archiviate presso i distretti socio-sanitari
di base.
I
servizi socio-sanitari di base intervengono a domicilio secondo il seguente
modello operativo, che tiene conto della tipologia dei bisogni emergenti.
I
bisogni sanitari vengono soddisfatti dall'assistenza medica ed infermieristica
di base con l'eventuale ausilio specialistico.
I
bisogni psico-sociali e di relazione vengono soddisfatti dagli operatori
sociali e dagli animatori del tempo libero con l'eventuale ausilio di personale
specialistico; è auspicabile l'utilizzo del volontariato.
I
bisogni relativi al governo della persona e della casa vengono soddisfatti
dagli ausiliari domestico-familiari o attraverso la fornitura domiciliare di
prestazioni centralizzate e da eventuali interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria della casa.
I
bisogni economici che trovano soluzione nell'ambito degli interventi
dell'assistenza economica di base (art. 15 della legge regionale n. 29/1982)
devono essere soddisfatti tenendo conto del calcolo dinamico del minimo vitale
(ai sensi dell'art. 22 della stessa L.R. n. 29/1982) e delle loro esigenze
specifiche (vedi standard dell'assistenza economica di base);
I
servizi socio-sanitari di base intervengono sui bisogni sopra elencati non solo
ai fini terapeutici ma anche ai fini preventivi e riabilitativi, tenuto anche
conto che la riabilitazione psico-fisica e sociale dell'individuo è un momento
fondamentale dell'intervento domiciliare.
L'assistenza
domiciliare viene fornita da personale che opera prevalentemente nel distretto
(personale residente) e da personale che presta la propria opera con periodica
regolarità, od a richiesta, in più distretti (personale itinerante).
Del
primo gruppo fa parte il personale medico, gli operatori sociali, il personale
paramedico e gli ausiliari.
Del
secondo il personale specialistico, i tecnici sanitari, gli animatori del tempo
libero ed i volontari.
Il
medico di base provvede all'assistenza medica domiciliare a livello preventivo
terapeutico e riabilitativo, avvalendosi anche della collaborazione di personale
specialistico itinerante.
L'operatore
sociale (di norma è un assistente sociale) contribuisce ad evidenziare le
esigenze del singolo utente e del suo nucleo familiare, individua gli
interventi necessari, segue lo svolgimento dei vari trattamenti, coordina
l'erogazione delle diverse prestazioni, organizza il volontariato, assicura il
collegamento fra i diversi operatori, fra gli operatori e gli utenti, fra gli
utenti ed i loro familiari e, in generale, fra la globalità dei servizi ed il
resto del contesto sociale.
L'infermiere
professionale, oltre ai generici compiti di gestione dell'assistenza, ha come
compiti specifici i prelievi per le analisi di laboratorio, le indagini
strumentali, la terapia iniettiva, le fleboclisi, il controllo dei
cateterizzati a permanenza, le medicazioni e quanto altro attiene alle sue
specifiche mansioni professionali. Il servizio si svolge di norma a orario
pieno e garantendo la reperibilità notturna e festiva.
Qualora
le stesse mansioni vengano affidate all'assistente sanitaria visitatrice,
all'ostetrica o ad altra figura con titolo e professionalità equipollenti,
queste, oltre ad assicurare le prestazioni sopra indicate, esplicano le
attività attinenti alla loro qualifica.
L'ausiliario
domestico familiare provvede alla cura della persona e della casa
dell'assistito, ed interviene, se richiesto, in aiuto del medico, degli
assistenti sociali, degli infermieri e dei familiari, e di quanti altri
intervengono a domicilio.
Il
personale di consulenza specialistica fornito dall'area integrativa interviene
su richiesta degli operatori di base ed è rappresentato dal cardiologo, dal
neurologo, dal fisiatra, dallo psicologo, dal medico internista, etc. Per
quanto concerne l'assistenza domiciliare dell'anziano in considerazione della
specificità delle esigenze e del peso numerico dei richiedenti è auspicabile
una consulenza periodica del geriatra.
Gli
animatori operano in appoggio agli altri operatori del servizio domiciliare e
perseguono il fine di rompere l'isolamento degli assistiti, di riempire il loro
tempo vuoto, di recuperare la loro residua capacità associativa ed indurli a
riguadagnare, sia nell'ambito della propria dimora che all'esterno, la
personalità, la dignità, il peso e lo spazio che avevano perduto.
Per
la effettuazione delle prestazioni di assistenza domiciliare è prevista la
collaborazione di personale volontario la cui attività è regolamentata dalle
apposite normative regionali.
Il
costo del servizio domiciliare, che utilizza prevalentemente personale e
strutture già inquadrati nei servizi di base, è costituito dalla maggiore spesa
inerente all'utilizzo del personale aggiuntivo ai servizi specificamente
potenziati.
È
compito di ciascun operatore domiciliare e del personale amministrativo del
Distretto annotare i rilievi che hanno suggerito l'intervento, tutte le
prestazioni effettuate ed i risultati conseguiti.
La
verifica e la valutazione dell'incidenza del servizio sull'evoluzione del
bisogno che ha richiesto l'intervento vengono effettuate dagli operatori del
servizio, dagli utenti e dai Comitati partecipativi del Distretto.
All'uopo
sono utilizzati specifici indicatori di trasformazione quali: la verifica del
grado di ripresa del soggetto, l'aumento del suo livello di partecipazione
sociale, la riduzione del tempo medio degli interventi, l'aumento del turn-over
degli utenti, la diminuzione del numero dei ricoveri e dei tempi di degenza in
ospedale e negli istituti, l'aumento della collaborazione da parte dei
familiari, dei vicini e dei volontari, il miglioramento degli alloggi,
l'aumento dei gruppi-famiglia.
24.42
Criteri per la determinazione dei livelli di idoneità dei servizi e delle
strutture residenziali (L.R. n. 29/1982 art. 23).
(Non
vengono considerate, nella presente normativa le comunità tutelate da leggi
particolari).
Casa
albergoDefinizione:Si caratterizza come un complesso di appartamenti minimi
predisposti per persone sole e coppie di coniugi,
autosufficienti.Finalità:Offrire asilo qualificato: a tutti coloro che abbiano
impellente e temporaneo bisogno di alloggio, ed in particolare, anche in forma
non temporanea, all'anziano, o perché privo di nucleo familiare, o per
indisponibilità della famiglia, o per sua espressa e motivata
scelta.Obiettivi:Garantire l'autonomia e l'efficienza personale; favorire
l'integrazione sociale; stimolare a scelte alternative di vita.Utenza: Tipo:
soggetti autosufficienti; Gestione: pubblica o privata.Collocazione sul
territorio:Area urbana o di facile collegamento con essa.Mezzi di
comunicazione:Pubblici e convenzionati di regolare accesso e di facile
utilizzazione.Rapporti con strutture e servizi del territorio:da
incentivare.Caratteristiche degli spazi interni:Appartamenti minimi o
bicamerali, con più servizi (area notte, area soggiorno, area cottura, servizi
igienici).Aree comuni d'aggregazione: sala da pranzo, sale soggiorno e
ricreative e polifunzionali, possibilmente aperte anche ad utenza esterna.Area
servizi: cucina, dispensa, magazzino viveri, lavanderia, guardaroba, anche
convenzionati con l'esterno.Area uffici amministrativi.Ogni singolo spazio deve
garantire, dal punto di vista delle dimensioni e della ubicazione, un soggiorno
rispondente alle specifiche esigenze individuali e comunitarie.Caratteristiche
degli spazi esterni:Aree di proprietà della casa o pubbliche, adeguatamente
attrezzate o comunque agevolmente accessibili.Barriere
architettoniche:Eliminare tutte gli impedimenti di carattere edilizio e
strutturale che ostacolino l'utilizzazione degli spazi interni ed
esterni.Arredamenti ed attrezzature:Adeguati alle caratteristiche e funzione
dei singoli ambienti ed idonei alle esigenze dell'utenza, con la possibile
partecipazione degli utenti all'arredamento dello spazio individuale.Personale
- interno:Amministrativo ed ausiliario, dipendente o convenzionato, con
adeguata professionalità.Esterno: sociale e sanitario della ULSS e di altri
organismi territoriali compreso il volontariato.Regolamento interno:Le varie
attività collettive e individuali, dovranno essere regolate da norme sottoposte
periodicamente
alla verifica degli utenti. Tali norme riguardano in particolare, l'orario dei
pasti comunitari e di utilizzo delle aree comuni e di integrazione e le
modalità di partecipazione degli utenti alla gestione funzionale della
Casa.Ammissione:L'ammissione avviene tramite domanda dell'utente compilata e
documentata secondo il Regolamento.
Sono
ammessi nella casa-albergo i soggetti:
-
che ne fanno domanda;
-
(che sono autosufficienti dal punto di vista fisico e psichico);
-
che documentano la copertura di spesa della retta;
-
che accettano le norme di vita della casa-albergo.
Tale
ammissione, in presenza di richieste numericamente eccedenti, avviene
attraverso una graduatoria, semestralmente aggiornata, predisposta dall'Ente
organizzatore (a mezzo di apposita scheda di valutazione) nella quale hanno la
precedenza i seguenti elementi:
-
mancanza di abitazione;
-
appartenenza alle fasce marginali;
-
età anziana;
-
assenza dei familiari;
-
gravi carenze nei rapporti interfamiliari;
-
idoneità economica.
24.43
Criteri per la determinazione dei livelli di idoneità dei servizi e delle
strutture residenziali (L.R. 29/1982 art. 23).
(Non
vengono considerate, nella presente normativa le Comunità tutelate da leggi
particolari)
Casa
di riposoDefinizione:Si caratterizza come struttura residenziale, adeguatamente
fornita di servizi di assistenza, collegati con i servizi socio-sanitari del
territorio, destinata ad ospitare - a richiesta degli interessati o dei
familiari o dei servizi socio-assestenziali - anziani o coppie di anziani nel
caso di verificata impraticabilità di altre soluzioni.Finalità:Offrire asilo
idoneo all'anziano non in grado di soddisfare autonomamente o con l'aiuto dei
familiari e/o dei servizi esistenti nel territorio, i propri
bisogni.Obiettivi:Contenere il declino dell'anziano e favorirne il recupero
psico-fisico.Utenza:Anziani, autonomi e non autonomi per motivi psico-fisici
e/o socio-ambientali, in caso di verificata impraticabilità di altre
soluzioni.Gestione:Pubblica o privata.Collocazione sul territorio:Area urbana o
di facile collegamento con essa.Mezzi di collegamento:Propri, pubblici o
convenzionati, con servizi regolari e di facile utilizzazione.Servizi
socio-sanitari:Devono essere disponibili i seguenti servizi:- assistenza
sociale;- assistenza sanitaria di base e specialistica (curativa e preventiva)-
riabilitazione psico-fisica e sociale.Detti servizi devono essere garantiti
dalla Casa di riposo, forniti in proprio ovvero dalla struttura
socio-assistenziale e sanitaria del Comprensorio, per quanto di competenza, sulla
base di apposita convenzione.Devono essere altresì garantiti tutti i servizi
generali.Caratteristiche degli spazi interni. Area notte:Camere da uno a tre
letti, ciascuna con servizio igienico completo:è consentita per esigenze
assistenziali e di sorveglianza, l'aggregazione in ambienti più vasti di un
numero maggiore di ospiti, - non superiore a sei - purché venga assicurato un
idoneo livello di riservatezza individuale, attraverso elementi flessibili e,
garantito un servizio igienico ogni tre letti.Aree comuni e di
aggregazione:Sala da pranzo, sale di soggiorno e ricreative polifunzionali,
possibilmente aperte anche ad utenza esterna;-servizi generali: cucina,
dispensa, magazzino viveri, lavanderia, guardaroba, anche convenzionati con
l'esterno;-ambulatorio ed eventuali spazi per intervento
educativo-riabilitativo individuale o di gruppo;-servizi
amministrativi.L'ampiezza degli spazi comunitari deve essere rapportata al
numero dei posti letto e comunque tale da garantire, dal punto di vista delle
dimensioni e dell'ubicazione, un soggiorno rispondente alle specifiche esigenze
individuali e comunitarie.Caratteristiche degli spazi esterni:Aree
adeguatamente attrezzate possibilmente aperte anche ad utenza esterna, comunque
agevolmente accessibili.Barriere architettoniche:Eliminare tutti gli
impedimenti di carattere edilizio e strutturale che ostacolino l'utilizzazione
degli
spazi interni ed esterni, e garantire ai non autosufficienti la massima
mobilità.Arredamenti ed attrezzature:Adeguati alle caratteristiche e alle
funzioni dei singoli ambienti ed idonei alle esigenze dell'utenza, con la
possibile partecipazione degli ospiti all'arredamento dello spazio
individuale.Personale:Dovranno essere previste le seguenti figure
professionali;- amministrative;- ausiliarie;- sanitarie (medica -
infermieristica - tecnica);- sociale.a)Personale addetto ai(direttore
amministrativo, economo, applicato) secondo esigenze;servizi
amministrativib)Personale addetto aiausiliario a tempo pieno addetto ai servizi
di pulizia: 1/20 ospiti;servizi di assistenzaausiliario a tempo pieno addetto
alla assistenza della persona: 1/4 ospiti parzialmente o totalmente, non
autonomi;infermieristico a tempo pieno: 1/50 ospiti parzialmente o totalmente,
non autonomi;tecnico della riabilitazione a tempo pieno: 1/30 ospiti
parzialmente o totalmente, non autonomi;medico: 1/100 non autonomi;di
assistenza sociale: 1/60;tecnici della animazione: 1:100.c)Personale addetto ai
(cucina, guardaroba, lavanderia, etc.) secondo esigenze.servizi generali:Ciascuna
figura professionale di cui ai punti a), b) e c) potrà essere propria della
Casa di riposo o esterna, dipendente dall'ULSS o da altri organismi
territoriali, oppure convenzionata.d)Operatori a rapportoperiodico: podologo,
barbiere, parrucchiere; professionale:saltuario: geriatra, fisiatra,
psicologo;Regolamento interno:Le varie attività, individuali e di gruppo,
l'orario dei pasti, la vita comunitaria, l'utilizzo delle aree comuni e di
aggregazione, le modalità di partecipazione degli assistiti alla gestione
funzionale della struttura residenziale, dovranno essere regolate da apposito
regolamento sottoposto periodicamente alla verifica degli utenti.
24.44
Criteri per la costituzione dei gruppi appartamento
Definizione:Si
tratta di una comunità costituita da persone con particolari problemi personali
e sociali, disposte a fornirsi aiuto reciproco ed a convivere in unità
abitative di tipo familiare.Finalità:Superare l'istituzionalizzazione:-attuare
la deospedalizzazione nei casi di ricoveri impropri, dovuti cioè a motivi
sociali o sanitari non acuti;-favorire il recupero ed il reinserimento sociale
delle persone ospitate.Obiettivi:-concorrere allo sviluppo della personalità
dell'individuo, anche attraverso una organizzazione adeguata di tipo
familiare;-offrire l'opportunità di sviluppo e di integrazione sociale,
attraverso la partecipazione alla gestione e l'inserimento attivo nel
territorio;-prevenire e limitare i danni della non
autosufficienza.Ricettività:Da 4 a 10 posti letto dei quali alcuni possono essere
riservati a soluzioni momentanee di eventuali emergenze.Utenza:Soggetti
autonomi e non, le caratteristiche fisiche e psichiche dei quali siano tali da
rendere possibile la convivenza e realistico l'obiettivo dell'aiuto
reciproco.Potranno essere ospitati nei Gruppi appartamento anche nuclei
familiari, compresi i minori.Gestione:Pubblica e privata.Collocazione:Sul
territorio in linea di principio, collocato nel centro abitato, sia in
strutture autonome che condominiali (fino al 10 della disponibilità).Mezzi di
collegamento:Tramite linee urbane o automezzi propri.Caratteristiche degli
spazi interni:-l'unità abitativa è l'appartamento, la cui superficie e cubatura
devono essere rapportate al numero dei posti letto nel rispetto delle vigenti
norme di abitabilità;-lo spazio interno dovrà essere suddiviso in maniera da
garantire l'intimità personale ed a favorire al tempo stesso momenti di vita
comunitaria; la individuazione degli spazi giorno-notte e servizi potrà essere
ottenuta anche attraverso l'impiego di elementi architettonici flessibili.
Nell'area giorno devono essere compresi almeno: il soggiorno, il pranzo non
necessariamente separati se l'ampiezza dell'ambiente lo consente. Le camere da
letto saranno da 1-2 letti.I servizi comprendono la cucina ed un bagno ogni 3
posti letto.Deve essere inoltre prevista una stanza per il personale di
assistenza ove ne sia richiesta la presenza costante.Barriere
architettoniche:Eliminare tutti gli impedimenti di carattere edilizio e
strutturale che ostacolino l'utilizzazione degli spazi interni ed esterni, e
garantire ai non autosufficienti la massima mobilità.Arredamenti ed
attrezzature:Adeguati alle reali necessità individuali e della comunità, è
consentita la partecipazione degli ospiti all'arredamento.Assistenza sanitaria:Quella
dei servizi territoriali, ovvero, di Enti convenzionati, garantendo agli ospiti
non autonomi, la presenza di personale in numero e con orari proporzionati alle
necessità, fornita da cooperative convenzionate o da associazioni di
volontariato.Ammissione:Avviene tramite domanda dell'utente; in presenza di
richieste numericamente eccedenti avviene attraverso una graduatoria,
trimestralmente aggiornata, predisposta dagli organizzatori (a mezzo di
apposita scheda di valutazione) nella quale hanno la precedenza i seguenti
elementi:Ammissione (segue):1)disponibilità dichiarata a vivere in strutture ad
organizzazione familiare ed a fornirsi aiuto reciproco;2)appartenenza alla
fasce marginali, con precedenza all'età anziana;3)condizione economica disagiata.Gli
organizzatori dovranno compilare una lista informativa dei posti disponibili
con le relative possibilità di aggregazione.Gestione:È favorita ovunque
possibile l'autogestione da parte degli utenti.
24.45
Requisiti per gli istituti che ospitano minori.
Definizione:l'istituto
educativo-assistenziale (come anche quello di riabilitazione e recupero) è una
struttura a carattere locale che si configura come risorsa a disposizione degli
utenti, in forma residenziale o semiresidenziale, organizzata in collegamento
con i servizi socio-sanitari del territorio, in quanto facente parte a tutti
gli effetti della comunità locale.Finalità:Dà risposte adeguate ai
diversificati bisogni dei minori ospiti, svolgendo azione di sostegno alla
famiglia.L'affidamento all'istituto si attua soltanto nel caso di verificata
impraticabilità di altri interventi di promozione sociale a condizione che
abbia carattere provvisorio e temporaneo (L. n. 29/1982 art. 3). L'istituto
opera pertanto in situazioni eccezionali tali da rendere necessario un
temporaneo allontanamento del minore dal proprio ambito socio-familiare, nonché
di integrazione familiare in situazioni che evidenzino problemi minorili di
ordine scolastico, sanitario, professionale, di avviamento al
lavoro.Utenza:Vengono affidati agli istituti soggetti in età da 0 a 18 anni o
contemporaneamente minori e ultradiciottenni che si trovino in particolare
situazione di bisogno di assistenza e tutela:1)situazioni eccezionali tali da
rendere necessario per un periodo limitato nel tempo l'allontanamento del
soggetto interessato dal proprio ambiente familiare e di vita gravemente
pregiudizievole per la integrità e lo sviluppo psicofisico del minore e che
determinano decadimento della potestà genitoriale, affidamento della tutela del
minore a terzi, dichiarazione dello stato di adottabilità, allontanamento del
soggetto dai genitori disposto dal Tribunale.2)situazioni che evidenziano la
necessità di una integrazione della struttura familiare.Rientrano in questo
quadro minorazioni psico-fisiche, ospedalizzazione, espatrio, detenzione,
decesso di uno o ambedue le figure genitoriali, prolungata attività lavorativa
dei genitori che ne condiziona la disponibilità nei confronti dei figli e mal
si concilia con le esigenze di costoro, particolarmente nell'età infantile e
dell'adolescenza. Vanno aggiunti la difficoltà di raggiungere la sede
scolastica e la carenza dei necessari servizi di trasporto, la presenza di
grave disagio economico legato a situazioni di disoccupazione o sottoccupazione
dei genitori, la disgregazione del nucleo familiare e l'assenza di figure
parentali sostitutive.Vanno considerati a parte i minori portatori di handicaps
psico-fisici e sensoriali che, collocandosi in una o più delle situazioni
anzidette, necessitano contemporaneamente di un intervento educativo
assistenziale, ma anche di prestazioni socio-sanitarie o specialistiche di
riabilitazione e recupero in comunità residenziali o semiresidenziali dotate di
idonee apparecchiature e dei servizi necessari. Ciò giustifica la presenza sul
territorio regionale di centri-servizi di riabilitazione che ospitano
minori.Gestione:Le istituzioni educativo-assistenziali, di riabilitazione e
recupero hanno natura giuridica e pertanto gestione privata o pubblica (Ente
locale, IPAB, convitto nazionale).Requisiti:La istituzione che ospita minori
deve riprodurre la dimensione fisica dell'ambiente familiare, realizzabile in
linea generale solo con gruppi numericamente limitati di ospiti (non più di 20)
e deve ridurre al massimo l'ammissione di soggetti non residenti sul territorio
regionale o, comunque, in località troppo distanti dalla sede di intervento.
Deve inoltre:-essere inserita nel contesto circostante per una reciproca azione
di promozione sul territorio e soprattutto per l'utilizzazione dei servizi
socio-sanitari, scolastici, del tempo libero;-garantire ai minori, tenuto conto
delle esigenze igieniche ed ambientali, uno spazio sufficiente nelle ore diurne
e notturne e permettere loro di instaurare rapporti personalizzanti di tipo
familiare, nonché di sentire propri gli ambienti in cui vivono partecipando
anche alla scelta dell'arredamento.Resta inteso che i requisiti sopra indicati
debbono esistere anche per quelle istituzioni a carattere privato che non
abbiano fatto richiesta di iscrizione al registro regionale di cui all'art. 27
L. n. 29/1982.Personale:Premesso che la struttura istituzionale deve darsi una
impostazione tale da favorire le condizioni necessarie a consentire ad ogni
minore ospite l'armonico sviluppo della sua personalità, è indispensabile:-
stabilità del rapporto di lavoro del personale;- formazione professionale
adeguata che trova conferma nella dimensione attuale dell'operatore sociale di
territorio e che non può prescindere dal possesso del diploma di scuola
secondaria superiore. Ciò presuppone, peraltro, continuità nell'intervento
educativo, capacità di instaurare validi rapporti coni minori rispettandone
l'individualità personale e favorendone il processo formativo nonché di
sollecitare la collaborazione della famiglia di origine che deve partecipare
alle scelte educative ed organizzative della comunità, metodologia operativa
fondata sul lavoro di équipe coordinato da un responsabile;- presenza di figure
di appoggio all'équipe degli operatori direttamente impegnata nel processo
formativo dei minori ospiti, che possono integrarne l'attività.È importante al
riguardo la figura del responsabile amministrativo contabile che controlla
l'attività economica della comunità.Fondamentale compito dell'équipe è la
tenuta della cartella personale di ciascun ospite, che deve indicare lo stato
psico-fisico, il livello scolastico, la situazione ed i rapporti con la
famiglia di origine, la frequenza delle visite, la data di ammissione in
istituti di ammissione, particolari trattamenti in atto.Va sottolineata
l'importanza che assume la registrazione degli stati di abbandono materiale e
morale degli affidati agli istituti (e le eventuali modificazioni della
situazione) in relazione all'assolvimento dell'obbligo di segnalazione di tali
casi ai servizi socio-assestenziali competenti per territorio, nonché
all'ufficio per la protezione del minore ed alla autorità giudiziaria minorile,
a norma della legge dello Stato n. 184/1983 (L. n. 29/1982 art. 19, 2°
comma).Regolamento dell'attività:Come previsto dall'art. 29 della L. n.
29/1982, va preventivamente autorizzata dal Sindaco territorialmente
competente, dopo che ne siano stati verificati i requisiti necessari, la
istituzione e la gestione di strutture finalizzate all'assistenza o alla
riabilitazione e recupero di minori o anche di minori, nonché di servizi di
tipo aperto, sia residenziali che semi-residenziali o ambulatoriali da parte di
privati (Enti, ordini religiosi, associazioni regolarmente riconosciute o di
atto operanti sul territorio, persone fisiche).Uno strumento indispensabile per
la realizzazione dell'intervento educativo-assistenziale o di riabilitazione e
recupero, in conformità ai fini statutari dell'istituto, è il regolamento. Esso
deve indicare:- caratteri generali, finalità e indirizzo dell'intervento;-
tipologia degli ospiti e numero di posti disponibili;- organigramma del
personale (orario di lavoro, turni, sostituzioni);- svolgimento dell'attività
quotidiana;- forme di assicurazioni per incidenti o danni subiti o provocati dagli
ospiti;- attività scolastica e parascolastica degli ospiti;- aggiornamento e
riqualificazione degli operatori;- rette.
26.46
Criteri per la determinazione dei livelli di reddito e parametri di riferimento
per l'assistenza economica - Artt. 15 e 23 L.R. n. 29/1982 (27)27.
24.47
Criteri per la determinazione delle rette.
Per
i servizi e le strutture residenziali di cui all'art. 21 L.R. n. 29/1982.
La
retta è determinata dal complesso dei costi che risultino effettivamente
sostenuti dall'Ente gestore per erogare le prestazioni dovute nel rispetto di
idoneità stabiliti dal Piano socio-sanitario regionale, detratte le eventuali
quote di rendita propria destinate all'assistenza dell'istituzione stessa.
Le
rette delle istituzioni pubbliche e private senza fini di lucro, vengono
fissate, previo giudizio di congruità da parte del Dipartimento per i servizi
sociali della Regione.
24.48
Criteri per la vigilanza.
Così
come previsto dall'art. 30 della L.R. 31 maggio 1982, n. 29, le funzioni
amministrative di vigilanza e controllo sugli istituti pubblici e privati di
assistenza, sono svolte dalla Associazione dei comuni.
La
vigilanza ed il controllo vengono operate sulle strutture, sui servizi sociali
e sanitari, sul personale e sulle attività di tutte le istituzionali pubbliche
e private, nonché sul bilancio delle istituzioni pubbliche e private senza
scopo di lucro.
Il
comitato di gestione della ULSS, nomina un apposita Commissione denominata
«Commissione di vigilanza e di controllo sulle istituzioni pubbliche e private»,
che sarà composta da cinque a sette membri scelti tra i dipendenti propri e dei
Comuni facenti parte della Associazione dei Comuni.
La
Commissione è composta da:
a)
il coordinatore dei servizi sociali della ULSS, con l'incarico di presidente;
b)
un funzionario medico;
c)
un assistente sociale;
d)
un funzionario dell'ufficio ragioneria;
e)
un funzionario tecnico dell'Assessorato dei lavori pubblici (ingegnere,
architetto o geometra) di uno dei comuni facenti parte della Associazione.
La
Commissione può essere integrata da uno a tre membri scelti fra i funzionari
della ULSS o esperti appartenenti alle seguenti professionalità:
-
pediatra
-
geriatra
-
fisiatra
-
psicologo
-
educatore socio-culturale
-
animatore del tempo libero
-
tecnico della riabilitazione.
I
compiti di segreteria della Commissione vengono svolti da un funzionario di VI
o VII livello, del settore servizi sociali della ULSS.
La
Commissione dura in carica tre anni.
La
Commissione presenta annualmente apposita relazione su tutte le istituzioni
pubbliche e private del Comprensorio al Comitato di gestione che, con delibera,
prende atto delle risultanze della attività svolta e dispone eventuali
provvedimenti, copia di tale relazione e della relativa delibera vengono
inviate entro 30 giorni alla Regione della Umbria - Dipartimento per i servizi
sociali.
Sottosezione
25. L'area delle funzioni organizzative e centrali.
25.1
L'ufficio di direzione dell'ULSS.
25.2
Il coordinamento del distretto.
25.3
Il coordinamento del dipartimento.
25.4
I rapporti tra i livelli decisionali.
Capitolo
25.1: «L'ufficio di direzione».
25.10
Introduzione.
Il
modello funzionale assegna all'ufficio di direzione il coordinamento generale
dell'attività tecnica dell'ULSS. L'Ufficio di direzione va visto sotto due
aspetti: come organismo collegiale di decisione relativamente ad obiettivi
generali, e come somma di competenze e responsabilità su specifici campi di
attività.
In
quanto organismo collegiale, l'Ufficio di direzione opera sulla base di una
metodologia programmatoria, appunto per obiettivi. gli obiettivi più rilevanti
sono: la elaborazione e realizzazione del piano comprensoriale (così come lo
determina l'assemblea dell'ULSS); la gestione del sistema informativo
socio-sanitario a livello locale, e i rapporti con l'Osservatorio
Epidemiologico regionale; la gestione complessiva del bilancio, organizzato per
funzioni di spesa; le relazioni ai bilanci preventivi e ai conti consuntivi; le
scelte generali in materia di formazione ed utilizzazione del personale; gli
investimenti pluriennali.
Inoltre
l'Ufficio di direzione si rapporta collegialmente con il comitato di gestione
per quanto concerne la predisposizione degli atti amministrativi non di
routine.
Tutto
ciò fa oggetto di un preciso regolamento, reso omogeneo per tutte le ULSS in
sede di indirizzo e coordinamento regionale.
L'Ufficio
di direzione si articola per settori di competenza, che fanno capo al
coordinamento sanitario e a quello amministrativo. La nomenclatura dei settori
è fissata dalla legge regionale omogeneamente per tutte le ULSS. All'interno, i
settori si articolano per sezioni, anche queste individuate secondo criteri di
competenza.
Il
coordinamento dell'Ufficio di direzione comporta l'assunzione di decisioni in
merito al funzionamento collegiale dell'organismo, la distribuzione del lavoro
programmato quando la competenza non sia determinabile automaticamente,
l'osservanza delle scadenze e la verifica dei risultati.
Questo
modello funzionale comporta una definizione più accurata del profilo
professionale del componente l'Ufficio di direzione.
Al
riguardo occorre rispettare rigorosamente i requisiti per l'accesso alla
direzione dei settori nonché al coordinamento, sperimentando in caso di carenze
la via del corso-concorso per il personale appartenente alle qualifiche
immediatamente inferiori a quella apicale. occorre inoltre che si provveda
all'aggiornamento nelle tecniche del management, nell'elaborazione dei dati,
nella metodologia statistica ed epidemiologica, nell'economia dei sistemi
sanitari, nell'analisi e valutazione dei costi e benefici.
Infine,
il modello funzionale dell'Ufficio di direzione prende in considerazione i
rapporti con il comitato di gestione, ossia il modo come l'Ufficio nella sua
collegialità, i suoi membri e i coordinatori si raccordano con gli
amministratori, come si articola la presenza dei funzionari nelle sedute del
comitato, quali procedure vanno seguite laddove ai membri dell'Ufficio siano
attribuite specifiche responsabilità a rilevanza esterna.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 25.1 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
l'Ufficio di direzione quale organo collegiale (25.11);
-
l'articolazione nei settori dell'Ufficio di direzione (25.12);
-
il coordinamento dell'Ufficio di direzione (25.13);
-
i profili professionali per l'Ufficio di direzione (25.14).
25.11
L'Ufficio di direzione quale organo collegiale.
Il
modello funzionale dell'ULSS inserisce nell'area centrale l'Ufficio di
direzione, inteso come organo collegiale e come struttura burocratica per
l'assolvimento delle sue funzioni.
L'Ufficio
di direzione è composto dai responsabili di settore individuati in attuazione
dell'art. 38 della legge regionale n. 65/1979. L'appartenenza all'Ufficio
comporta il rapporto di lavoro a tempo pieno; la relativa opzione deve essere
contestuale all'accettazione dell'incarico. Le deroghe a questo principio sono
esaminate nel successivo paragrafo.
In
quanto organo collegiale, l'Ufficio di direzione sovraintende e coordina tutte
le attività dell'ULSS, a diretto contatto con il comitato di gestione.
In
questa veste, l'Ufficio di direzione opera collegialmente:
-
per la predisposizione degli atti aventi rilevanza per il funzionamento
complessivo dell'ULSS sul piano della programmazione ed organizzazione dei
servizi e del personale;
-
per il coordinamento delle proposte di deliberazione da inoltrare al comitato
di gestione;
-
per la predisposizione dei progetti di attività in attuazione del Piano
socio-sanitario;
-
per i rapporti con il livello regionale del sistema informativo sanitario e
dell'Osservatorio Epidemiologico;
-
per le relazioni al bilancio preventivo e al conto consuntivo dell'ULSS.
Il
modello funzionale prevede che queste attività siano regolarmentate dall'ULSS
sulla base di indirizzi e direttive regionali, ispirate ai seguenti criteri.
Spetta
all'Ufficio di direzione elaborare proposte per i regolamenti di
organizzazione, per la pianta organica ed il relativo regolamento, per il
miglioramento dell'efficacia ed efficienza dei servizi e per ogni altra misura
di rilevanza generale.
Spetta
inoltre coordinare le proposte di deliberazione non di ordinaria
amministrazione, dopo l'istruttoria dei settori di competenza e prima
dell'inoltro al comitato di gestione, con facoltà di registrare e far inserire
nell'atto deliberativo eventuali diversità di valutazione da parte di singoli
membri.
Spetta
poi redigere sotto forma di stati di avanzamento i progetti esecutivi per
l'attuazione degli obiettivi del Piano socio-sanitario. Ogni progetto
complessivo è sottoposto alla preventiva approvazione del comitato di gestione;
l'approvazione attiva la piena responsabilità dell'Ufficio e dei suoi singoli
componenti, che provvedono alla attuazione dei progetti in piena autonomia
tecnico-funzionale salvo che per le decisioni in materia di spesa.
Spetta
ancora sovraintendere alle funzioni informative ed epidemiologiche, adottando
collegialmente le decisioni circa le informazioni da chiedere ai servizi e
quelle da inoltrare al livello regionale; a tale scopo viene individuato in
seno all'Ufficio un componente quale incaricato dei rapporti esterni
all'Ufficio, con funzioni anche di referente per i corrispondenti servizi
regionali, erma restando la collegialità delle decisioni.
Spetta
infine corredare le relazioni ai bilanci preventivi e ai conti consuntivi con
valutazioni sullo stato di avanzamento dei progetti del Piano, sul
funzionamento dei servizi e sullo stato di salute della popolazione;
La
presidenza delle riunioni e l'esecuzione delle decisioni adottate spettano a
turno ai coordinatori.
25.12
L'articolazione nei settori e l'esercizio delle responsabilità di settore.
Oltre
che come organo collegiale, l'Ufficio di direzione opera come aggregazione di
settori articolati in sezioni ed affidati alla responsabilità dei componenti
l'Ufficio stesso.
Ogni
settore opera nell'ambito di competenze fissate dal regolamento dell'ULSS sulla
base di indirizzi omogenei della Regione.
La
sua attività si sviluppa su due piani: le attribuzioni proprie, ed il
coordinamento delle attività svolte nelle altre aree funzionali, di base ed
integrative.
Il
modello funzionale prevede che l'articolazione nei settori sia determinata
regionalmente nella legge di Piano, in rapporto alla dimensione delle ULSS e
alla complessità delle funzioni da svolgere concretamente in ciascuna di esse.
Fermo
restando il tetto fissato dalla legge regionale, un corretto funzionamento
dell'area centrale presuppone che vi siano non meno di due settori per ciascuna
delle due aree di coordinamento (sanitaria ed amministrativa): non è infatti
possibile coprire con una sola professionalità il complesso delle funzioni che
ricadono all'interno di ciascun'area di coordinamento.
L'accesso
alla responsabilità di settore deve essere rigidamente subordinato al possesso
dei requisiti previsti dalla normativa statale o derivanti dalle iniziative di
qualificazione ed aggiornamento disposte dalla Regione.
In
ragione della rilevanza dell'incarico, il modello funzionale prevede che le
sostituzioni dei responsabili di settore siano regolarmentate in modo preciso e
rigido. Nel caso di assenza o impedimento temporaneo del titolare, la
sostituzione avviene mediante incarico ad un altro responsabile di settore
della stessa area di coordinamento e della stessa ULSS, o ad un altro
dipendente dell'ULSS appartenente alla posizione apicale. Esaurita tale
possibilità, si ricorre a personale appartenente alla qualifica immediatamente
inferiore del corrispondente profilo professionale e purché in possesso dei
requisiti previsti dalla legge nazionale; come soluzione alternativa, si può ricorrere
al comando anche a tempo parziale di un responsabile del corrispondente settore
di altra ULSS, attivando le procedure di mobilità previste dall'ordinamento del
personale delle ULSS.
Se
invece la vacanza si verifica per cessazione dal servizio da parte del
titolare, le funzioni sono assegnate all'interno dell'Ufficio di direzione o
all'interno del settore vacante previa indizione, in quest'ultimo caso, delle
procedure concorsuali per la copertura del posto.
25.13
Il coordinamento dell'Ufficio di direzione.
Il
modello funzionale prevede che il coordinamento dell'Ufficio di direzione,
assicurato nei modi stabiliti dal D.P.R. n. 761 del 1979 e dalle leggi
attuative regionali, consiste nell'assicurare il funzionamento collegiale
dell'Ufficio e nel garantire all'interno delle singole aree di coordinamento,
rispettivamente sanitaria, amministrativa e sociale, l'integrazione dei compiti
affidati ai singoli settori, promuovendo tutte le volte che sia necessario
interventi del comitato di gestione nei casi non altrimenti risolvibili.
Oltre
a ciò la funzione di coordinamento può comportare l'affidamento di incarichi
speciali da parte del comitato di gestione, per compiti da svolgere nel
rispetto dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi.
I
coordinatori sovraintendono ai servizi comuni dell'Ufficio di direzione.
Il
modello funzionale del S.S.R. intende sotto questa dizione un gruppo di servizi
che non possono essere attribuiti a singoli settori perché finalizzati al
funzionamento del comitato di gestione o dell'Ufficio di direzione nel suo
complesso, oppure funzionali all'attività di più settori.
In
concreto trattasi: della segreteria degli organi politico-amministrativi
dell'ULSS e dell'Ufficio di direzione; della struttura tecnica per
l'aggiornamento del piano, per la verifica dei progetti-obiettivo, per la
gestione del sistema informativo socio-sanitario locale; della struttura per il
coordinamento della mobilità e della rotazione del personale tra i servizi
delle altre aree funzionali: delle unità operative destinate a compiti di
vigilanza ed ispezione sull'ambiente.
L'affidamento
della responsabilità ai coordinatori ha lo scopo di garantire la direzione
organizzativa di questi servizi, fermo restando il vincolo della disponibilità
per tutta l'area centrale. Pertanto tali servizi vengono incorporati
transitoriamente nei settori di cui sono titolari i coordinatori pro-tempore, a
seconda della rilevanza sanitaria o amministrativa degli affari trattati.
25.14
Problemi di profilo professionale.
L'Ufficio
di responsabile di settore e quello di coordinatore dell'Ufficio di direzione
richiedono il possesso di specifiche professionalità, aggiuntive a quelle del
profilo di base, in una tendenza che va verso la delineazione di un apposito
profilo.
Ciò
discende dal fatto che l'Ufficio di direzione deve acquistare un'impronta
sempre più proiettata verso la programmazione dell'attività, mentre i problemi
relativi all'organizzazione degli interventi all'interno delle singole aree
funzionali e servizi debbono essere affrontati, sempre in tendenza,
direttamente dai responsabili delle aree stesse, sia pure sulla base di
indirizzi e direttive di massima dell'area centrale.
Questo
nuovo profilo ha come contenuti salienti: la metodologia statistica:
l'epidemiologia generale ed applicata; la ricerca finalizzata e la connessa
conoscenza delle lingue usate nella comunità scientifica internazionale:
l'informatizzazione; la valutazione del funzionamento dei servizi in termini di
flusso delle utenze, l'analisi costi-benefici e le altre valutazioni
econometriche, la programmazione di bilancio e la gestione della spesa per
funzioni-obiettivo; la programmazione dei fabbisogni di personale,
attrezzature, presidi; il diritto sanitario nella sua evoluzione legislativa e
giurisprudenziale, le tecniche amminitrative per la formalizzazione degli atti
e delle altre procedure tecnico-amministrative.
Nelle
materie sopra elencate (indicativamente e non in forma esaustiva né in ordine
gerarchico) si richiedono non tanto conoscenze specialistiche quanto capacità
di orientarsi nell'analisi dei problemi e autonomia di decisione nell'ambito di
indicazioni fornite dal personale specializzato.
Quanto
sopra presuppone una specifica qualificazione come requisito per l'accesso alla
posizione funzionale di responsabile di settore, e iniziative continue di
aggiornamento per il personale in carica.
Considerazioni
analoghe valgono per i coordinatori, per fare in modo che alla fiduciarietà
dell'incarico corrisponda il riscontro di capacità oggettivamente determinabili
anche sulla base di idonee esperienze formative.
Capitolo
25.2: «Il coordinamento delle aree di base».
25.20
Introduzione.
L'esigenza
del coordinamento nelle aree di base va ricollegato alla problematica del
distretto, con particolare riguardo alle questioni concernenti gli operatori.
Gli
operatori del distretto costituiscono un'équipe, composta da persone portatrici
di distinte professionalità e con ruoli da svolgere nella più completa
autonomia professionale.
Nel
distretto di base, pertanto, non c'è nessuna struttura gerarchica. Il fatto che
occorra garantire in maniera organica il funzionamento di tutti i servizi del
distretto e i rapporti con le altre aree funzionali e con l'Ufficio di
direzione, delimita uno spazio per una funzione di coordinamento.
Non
essendoci contenuti gerarchici, sono presupposti del coordinamento il programma
di lavoro del distretto e il coinvolgimento dei servizi di distretto nei
programmi delle altre aree funzionali. La funzione di coordinamento si
evidenzia in particolare con la predisposizione del programma, con il controllo
della sua attuazione con le scadenze fissate, con il conseguente rapporto con
la popolazione, con la valutazione dell'attività.
Il
profilo di questo ruolo porta a far cadere la scelta sulla figura di un medico
a rapporto di lavoro di dipendenza; questo medico deve essere «residenziale»
non fa parte cioè dell'Ufficio di direzione, è un medico di comunità in quanto
tale egli non è assorbito esclusivamente dalle funzioni organizzative e di
coordinamento, ma conserva il ruolo e la figura professionale di medico
nell'accezione tradizionale del termine. A questo riguardo il rapporto di
servizio a tempo pieno nella misura in cui esclude il medico di comunità dalla
pratica clinica, può recare qualche pregiudizio alla compiutezza della sua
professionalità.
Si
pone al riguardo l'esigenza di definire con più accuratezza il profilo di
questo medico di comunità, anche per determinare le modalità di accesso al
ruolo, e di specificarne i moduli formativi.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 25.2 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
il profilo del coordinamento (25.21);
-
l'accesso alla funzione (25.22);
-
la prospettiva del medico di comunità (25.23).
(27)
Paragrafo abrogato dall'art. 6, L.R. 24 dicembre 1992, n. 24.
25.21
Il profilo del coordinamento.
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede un momento organizzativo a livello di
base, consistente nel coordinamento delle attività del distretto. Tale funzioni
si svolge nei confronti dei membri dell'équipe di base, senza sovrapposizioni
gerarchiche data la completa autonomia tecnico-funzionale degli operatori sul
territorio.
Il
modello funzionale prevede altresì che il coordinamento sia affidato ad un
medico, in quanto il profilo professionale del medico e quello che nell'ambito
dell'équipe ha le maggiori potenzialità di sintesi dei problemi della salute.
Deve trattarsi di un medico dipendente, per le caratteristiche del lavoro che
prefigurano quelle del futuro medico di comunità.
Il
ruolo del coordinatore è quello di programmare lo svolgimento delle attività
dell'équipe in rapporto sia agli obiettivi fissati autonomamente nel distretto
sia a compiti che vengono a ricadere sul distretto per effetto di programmi di
lavoro disposti dall'Ufficio di direzione.
Sotto
il primo profilo l'attività di coordinamento presuppone la formazione di
programmi di lavoro
concordati
dall'équipe con il concorso del comitato partecipativo.
Sotto
il secondo aspetto, i responsabili di settore dell'Ufficio di direzione
trasmettono al coordinatore di distretto gli obiettivi programmatici e le
scadenze del lavoro, aggiungendo quando occorra proprie direttive di massima a
contenuto tecnico, per garantire l'omogeneità dei programmi su tutta l'area
dell'ULSS.
Sulla
base di queste sollecitazioni il coordinatore di distretto predispone i piani
operativi, distribuisce gli impegni tra i membri dell'équipe, fissa le relative
scadenze e sovraintende allo svolgimento delle attività.
L'attività
di coordinamento nel distretto si basa dunque su direttive di carattere
organizzativo impartite dal coordinatore in conseguenza di programmi stabiliti
in concorso con i membri dell'équipe. Quando non vi sia accordo preventivo
sugli obiettivi o sulle modalità per realizzarli, il coordinatore può rimettere
la questione all'Ufficio di direzione.
Le
disposizioni amministrative concernenti il servizio degli operatori dipendenti
sono adottate dall'Ufficio di direzione dell'ULSS sentito il coordinatore.
Quando siano determinanti sulla funzionalità del distretto, esse sono
sottomesse all'intesa con il coordinatore.
Il
coordinatore. in quanto prefigurazione del futuro medico di comunità,
sovraintende alle attività di assistenza domiciliare e di aiuto
domestico-familiare. È inoltre responsabile sanitario delle attività realizzate
nel presidio distrettuale nonché nel paraospedale e nelle residenze protette
eventualmente presenti nel territorio di sua competenza. La responsabilità
sanitaria lascia integre le responsabilità degli operatori addetti alle
funzioni di assistenza diretta.
Nello
svolgimento delle sue funzioni il coordinatore di distretto si avvale degli
strumenti informativi indicati nel capitolo sul distretto. Al riguardo, il
coordinatore, in quanto interlocutore diretto dell'Ufficio di direzione, è il
punto di riferimento locale del sistema informativo socio-sanitario.
25.22
L'accesso alla funzione.
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede che l'accesso all'ufficio di coordinatore
del distretto di base sia riservato a medici dipendenti assegnati a funzioni
territoriali, con esclusione quindi dei medici che operano nelle altre aree
funzionali. A tal uopo la pianta organica dell'ULSS prevede che in ogni
distretto vi sia almeno un medico con rapporto di lavoro dipendente.
Nella
fase transitoria l'assegnazione viene falla automaticamente al medico condotto
che abbia optato per il S.S.N.; in carenza si procederà ad assunzioni con le
modalità concorsuali previste dalla normativa nazionale e regionale.
Qualora
vi siano più aspiranti, si seguono procedure concorsuali interne all'ULSS, che
debbono prendere in considerazione non solo l'anzianità di servizio ma anche il
possesso di requisiti oggettivamente determinabili, tra cui assumono valore
determinante il possesso di una adeguata specializzazione universitaria,
consolidata con iniziative di aggiornamento predisposte dalla Regione.
Quanto
sopra riguarda la fase attuale dell'ordinamento del personale del S.S.N., in
cui questa funzione non è prevista espressamente e quindi non è delineata nei
suoi contorni in termini di «carriera» (requisiti professionali e modalità di
accesso).
Per
il coordinatore di distretto non è prevista l'opzione per il tempo pieno in
quanto le limitazioni di scelte di assistibili previste dalla convenzione unica
per la medicina generica lasciano spazi sufficienti nell'orario di servizio da
dedicare alle funzioni inerenti la medicina di comunità. D'altro canto
l'opzione per il tempo pieno comporta l'esclusione dall'attività
diagnostico-terapeutica e quindi dalla pratica clinica: è da valutare se tale
soluzione non danneggi la professionalità di un medico che, a differenza di chi
svolge esclusivamente compiti organizzativi e di direzione negli uffici
dell'area centrale, deve occuparsi di educazione sanitaria, medicina preventiva
diagnostico-precoce, valutazione dei rischi in rapporto a fattori
comportamentali e via dicendo.
Il
modello funzionale non prevede che l'incarico di coordinatore possa essere
assegnato agli ex-medici condotti che abbiano fatto opzione per il tempo
parziale, quanto meno fino alla definizione giuridica di questo tipo di
rapporto che non ha precedenti rilevanti nell'area del pubblico impiego. Non è
ancora chiarito se il medico a tempo parziale possa essere omologato ai medici
dipendenti, o se sia un'altra cosa. In altri termini è da chiarire se il medico
a tempo parziale sia una figura transitoria, ad «estinzione», o se sia
destinalo ad avere una collocazione in via definitiva nell'ordinamento del
personale; in quest'ultimo caso la preclusione di cui sopra potrà essere
riconsiderata.
25.23
La prospettiva del medico di comunità.
Il
modello funzionale del S.S.R. adotta la dizione «coordinatore del distretto» in
via provvisoria, nelle more della definizione di un nuovo profilo professionale
per un operatore, medico specificamente addetto alla direzione delle attività
sanitarie di base.
Al
riguardo, il modello funzionale si richiama al dibattito culturale che si sta
sviluppando al livello internazionale sulla figura del così detto «medico di
comunità» di cui esistono già alcune espressioni in qualche ordinamento
sanitario.
Nel
trasferire questo dibattito nella realtà italiana, va preso in considerazione
da una parte il contesto generale dell'ordinamento sanitario «riformato», e
dall'altra la preesistenza dell'istituto della condotta medica e della figura
del medico condotto. Infatti, ad onta della evoluzione subita in questi ultimi
decenni anche per responsabilità del sistema mutualistico, la condotta medica
rappresenta un patrimonio di grosso rilievo essendo stata per secoli pressoché
l'unica struttura di medicina pubblica.
Con
il passaggio al servizio sanitario nazionale, cioè ad un servizio tipicamente
pubblico, non può essere ignorata tale preesistenza, e tanto meno può essere
accettata l'ipotesi della fine di un presidio che, trasformandosi ed adeguandosi
all'evolversi della storia, ha mantenuto attraverso i secoli il suo ruolo di
struttura di medicina pubblica. Si tratta di adeguare alla nuova realtà sia la
forma che i contenuti dell'istituto della condotta; il modello funzionale del
S.S.R. sviluppa in questo senso il discorso nei capitoli dedicati al distretto
di base.
Per
quanto riguarda la figura dell'operatore medico del distretto, l'ordinamento
del S.S.N. non può ignorare la preesistenza del medico condotto, ne abolire
ogni traccia di presenza nel territorio di un medico «fiduciario» della
comunità. In tal senso il modello funzionale del S.S.R. vuole avviare una
sperimentazione diretta a verificare nell'intreccio teoria-pratica la validità
dei presupposti di cui sopra, recuperando il significato profondo del dibattito
internazionale, senza però aderire a modelli di sorta, specie se costruiti in
altri Paesi e quindi in altri contesti istituzionali.
Nell'aprire
questa problematica, il modello funzionale è consapevole che la sua evoluzione
è legata al maturare di decisioni del livello nazionale, e non soltanto sul
versante sanitario: occorre al riguardo che la delineazione del profilo
funzionale del medico di comunità (da definire in sede di ordinamento del
personale del S.S.N.) si accompagni anche alla definizione del relativo
curricolo formativo, e che l'Università si faccia carico della responsabilità
di formare questo nuovo «specialista».
Capitolo
25.3: «Il coordinamento del dipartimento».
25.30
Introduzione.
La
centralità dell'organizzazione dipartimentale negli obiettivi di
ristrutturazione delle aree integrative richiede che venga precisato il profilo
del coordinamento dell'area dipartimentale.
Il
modello funzionale recupera al riguardo i contenuti innovativi dell'ordinamento
del personale delle ULSS, in particolare laddove la responsabilità della
condotta diagnostico-terapeutica, fin qui attribuita alla figura apicale (il
primario) viene allargata alla posizione funzionale immediatamente inferiore
(l'aiuto).
Anche
se l'allineamento non è totale in quanto permangono in capo al primario
funzioni di direttiva sugli indirizzi terapeutici, nonché la facoltà di avocare
in casi particolari la responsabilità assistenziale, si tratta di un
sostanzioso passo in avanti verso la degerarchizzazione dei ruoli.
Un
ulteriore passo avanti deve essere compiuto attraverso la delineazione di una
nuova funzione, quella appunto del coordinamento dipartimentale. Anche a questo
proposito occorre procedere al recupero di un Aspetto del nuovo ordinamento,
che ha trovato finora scarsa applicazione: le specifiche funzioni del medico di
prima fascia che è chiamato a sovraintendere all'attività di ricerca e alla
didattica nell'area che gli è affidata.
Il
modello funzionale indica la necessità di valorizzare questo aspetto dandogli
attuazione anche con lo scopo di delineare i contorni del coordinamento.
Infatti un dipartimento ricomprende di norma più primari; e se è giusto che
ciascuno sovraintenda all'andamento delle attività didattico-scientifiche nella
propria area operativa, in base alla sua specifica professionalità, è anche
inevitabile che questi obiettivi siano raccordati tra loro e messi in fase con
gli stimoli offerti dagli obiettivi complessivi dell'ULSS, e in particolare dai
progetti del «Piano».
Aggiungasi
a ciò la necessità di provvedere a funzioni organizzative in senso stretto,
funzioni che vengono a ricadere sull'area dipartimentale man mano che si
ristrutturano i compiti delle attuali direzioni sanitarie.
Il
discorso porta alla delineazione di un ruolo non gerarchico, che si assuma la
responsabilità della scorrevolezza dei rapporti interni all'area
dipartimentale, diriga sul piano organizzativo le attività a carattere
collegiale, sia il punto di riferimento dell'Ufficio di direzione per quanto
concerne la programmazione dell'attività.
Tale
ruolo non può che essere fiduciario, ossia deve derivare da meccanismi elettivi
interni o da altre forme di concerto sempre interne al dipartimento. Non
essendo un ruolo strutturato, esso è soggetto a conferma con gli stessi meccanismi.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 25.3 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
la ripartizione delle responsabilità all'interno del dipartimento (25.31);
-
il profilo del coordinamento (25.32).
25.31
La ripartizione delle responsabilità nel dipartimento.
A
premessa della definizione della funzione di coordinamento nell'area
dipartimentale, il modello funzionale del S.S.R. pone la ridistribuzione delle
responsabilità tra i medici appartenenti alle prime due fasce, quella apicale
(corrispondente al ruolo da primari ed assimilati) e quella immediatamente
inferiore (corrispondente al ruolo degli aiuti ed assimilati).
Il
nuovo ordinamento del personale del S.S.N. evidenzia tre distinte
responsabilità, diversamente distribuite tra le singole fasce dei medici.
Una
prima responsabilità concerne il giudizio diagnostico e la condotta terapeutica
che sono di attribuzioni di entrambe le fasce: quindi i medici della posizione
apicale e di quella intermedia sono autonomi nelle attività assistenziali nei
confronti dei pazienti loro affidati.
Va
notato che questa innovazione trova riscontro sul versante dei medici
universitari a seguito del nuovo ordinamento sulla docenza, che da questo punto
di vista non fa più distinzione tra i professori ordinari e i professori
associati (equiparabili rispettivamente alla fascia degli apicali e a quella
intermedia).
In
realtà tale autonomia non è assoluta per la seconda fascia, in quanto al medico
della prima fascia compete sia il diritto di esprimere direttive di massima
sulla condotta diagnostico-terapeutica sia la facoltà di avocare a sé la cura
di pazienti affidati a medici della fascia intermedia in tal caso provvedendo
direttamente all'assistenza. E questo configura un secondo grado di
responsabilità, riservata appunto al primario.
Un
terzo tipo di responsabilità si riferisce agli aspetti non assistenziali
dell'attività del dipartimento: organizzazione del lavoro, didattica e ricerca.
Il D.P.R. n. 761 del 1979 assegna queste responsabilità alla figura apicale, ma
si tratta di attività che presuppongono una proiezione più grande dell'area
assegnata ad un primario per cui, salvaguardando le competenze di quest'ultimo,
è opportuno risalire ad un'area decisionale più ampia, per l'appunto
dipartimentale.
Il
dipartimento costituisce pertanto l'ambito ottimale per il coordinamento di
funzioni che non hanno ragione di essere frantumate in quanto si potenziano
nella misura in cui vengono allargate, senza oltrepassare i limiti oltre i
quali cessa l'omogeneità delle funzioni stesse.
25.32
Il profilo del coordinamento di dipartimento.
Le
funzioni di coordinamento del dipartimento concernono l'organizzazione generale
del lavoro, la didattica e la ricerca.
Le
questioni di carattere organizzativo concernono il funzionamento routinario,
ossia una parte delle attività precedentemente svolte dalla direzione sanitaria
ospedaliera, e che in un'ottica di autonomia tecnico-funzionale dei servizi non
hanno ragione di essere scorporate e allontanate dall'area dipartimentale. Si
tratta di funzioni da svolgere all'interno di linee organizzative di carattere
generale disposte dall'Ufficio di direzione, e con risorse determinate a
livello centrale. Salvaguardando queste competenze dell'area centrale, le
decisioni organizzative di carattere ordinario vanno ricondotte nell'area
dipartimentale.
Anche
per quanto concerne la didattica e la ricerca si configurano funzioni
organizzative da svolgere in termini di coordinamento, in relazione a programmi
che impegnano gli operatori dell'area dipartimentale e che pertanto debbono
essere svolti organicamente nel quadro dell'attività complessiva della
struttura.
Il
coordinamento di queste attività presuppone che l'Ufficio di direzione esprima
linee direttive generali e programmi «cornice». Si tratta infatti di programmi
di formazione continua rivolti agli operatori del dipartimento, e di assistenza
al tirocinio dei medici in formazione e degli allievi-infermieri, nonché degli
allievi delle scuole di specializzazione medica (in quest'ultimo caso, secondo
gli accordi derivanti dalla convenzione con l'Università).
Per
quanto concerne la ricerca e l'attività scientifica in genere, funzioni di
coordinamento si impongono per il raccordo interdisciplinare, per l'uso delle
strutture assistenziali, per la ripartizione dell'uso delle altre risorse.
Ovviamente le funzioni di coordinamento non investono il merito delle attività
di formazione e di ricerca, che procedono mediante gruppi di lavoro
appositamente costituiti.
Al
coordinamento dell'area dipartimentale è affidata infine la gestione dei fondi,
sia dei fondi economali nel caso che ogni area disponga di un suo budget, sia
dei fondi assegnati per la formazione e la ricerca.
Come
nel distretto, anche nell'area dipartimentale il coordinatore interloquisce
direttamente con l'Ufficio di direzione.
Per
quanto concerne l'individuazione del responsabile del coordinamento, il modello
funzionale si basa sul presupposto che trattasi di un «primus inter pares», e
prevede pertanto che la nomina avvenga tra i medici appartenenti alla posizione
apicale, mediante elezione diretta o mediante designazione da parte di un
comitato direttivo a sua volta composto in modo da ricomprendere sia i medici
delle due fasce di responsabilità, sia una rappresentanza delle altre
componenti della struttura (assistenti, medici in formazione, infermieri ed
altre componenti non mediche).
L'incarico
di coordinatore ha durata prefissata e può essere rinnovato alla scadenza.
Trattandosi
di una posizione funzionale senza rilievo nell'ordinamento del personale,
l'ufficio di coordinatore non comporta alcuna retribuzione aggiuntiva.
Capitolo
25.4: I rapporti tra livelli decisionali.
25.40
Introduzione.
La
parte del modello funzionale dedicata ai rapporti tra l'area centrale e il
comitato di gestione contiene indicazioni necessariamente limitate, atteso che
uno strumento programmatorio regionale non può fare ingerenza sul funzionamento
di un organismo politico, per giunta di derivazione elettiva.
Tuttavia
è indispensabile completare il quadro dei coordinamenti funzionali ed
organizzativi dell'ULSS con la delineazione di uno sfondo ottimale di rapporti
funzionali del comitato di gestione con la struttura.
L'ULSS
costituisce infatti una realtà del tutto nuova nell'ordinamento istituzionale
italiano: essa è una struttura a direzione politica, finalizzata però ad
interventi estremamente tecnici, e quindi con un notevole fabbisogno di
gestione tecnica.
Il
punto di saldatura per rendere governabili questi due momenti e comporli in una
sintesi produttiva va ricercato all'interno del principio dell'autonomia
tecnico-funzionale dei servizi, garantita dalla legge 833 e recuperata anche
nella L.R. 65.
Il
principio dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi comporta che si faccia
combaciare la responsabilità con la competenza, e che laddove l'assunzione di
responsabilità presupponga il possesso di competenze tecniche, essa sia portata
a livello del tecnico.
L'applicazione
di questo principio in una struttura a direzione politica come l'ULSS deve
essere filtrata attraverso la valutazione di altri due momenti: la garanzia
dell'equilibrio complessivo della gestione e la salvaguardia degli interessi
generali della popolazione.
Sotto
il primo aspetto, va considerato nell'orbita dell'autonomia tecnico-funzionale
un atto che richieda competenze racchiuse in una sola professionalità, non
surrogabili ricorrendo ad altri apporti professionali: ad esempio, l'adozione
in via di urgenza di un provvedimento di profilassi delle malattie infettive, a
salvaguardia dell'incolumità pubblica, la selezione dei farmaci per l'elenco
terapeutico, la scelta di attrezzature ad elevato e specifico contenuto
tecnologico ed altre simili materie per le quali il momento tecnico deve avere
unico limite che le procedure amministrative siano adottate nell'assoluto
rispetto della legge.
Tutto
ciò che invece richiede valutazioni più complesse, frutto dell'apporto di
professionalità diverse, che è quindi soggetto a un giudizio di sintesi, non
rientra nell'ambito dell'autonomia tecnico-funzionale.
Sotto
il secondo aspetto, va configurata nell'autonomia tecnico-funzionale la
organizzazione del servizio nell'ambito della propria area di operatività. Il
limite sta nell'adeguare l'uso delle risorse alle disponibilità correnti.
Non
rientra nell'autonomia tecnico-funzionale la decisione su modalità
organizzative che comportino una differenziazione nella fruizione dei servizi
da parte della popolazione e da parte delle strutture territoriali, con
riguardo particolare ai regolamenti e ai protocolli di accesso.
Per
quanto concerne l'Ufficio di direzione, l'autonomia tecnico-funzionale va
strumentata con un regolamento, perché la convivenza continua del momento
politico con il momento tecnico può dar luogo a fruizioni e situazioni
conflittuali non positive, oltre che a deresponsabilizzazione sull'uno o
sull'altro versante, o su entrambi.
In
questo regolamento, il momento collegiale dell'ufficio di direzione deve
configurare uno spazio per una sorta di funzione consultiva obbligatoria, che
pur lasciando libero l'organismo politico di decidere secondo le proprie
valutazioni, lo impegni a motivare le decisioni difformi rispetto al
pronunciamento preventivo dell'Ufficio
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 25.4 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
l'autonomia tecnico-funzionale dei servizi (25.41);
-
i rapporti con il Comitato di gestione (25.42);
-
i rapporti tra le varie aree funzionali (25.43).
25.41
L'autonomia tecnico funzionale dei servizi.
Gli
obiettivi di Piano in ordine alla realizzazione del principio dell'autonomia
tecnico-funzionale dei servizi assumono un particolare significato strategico
in quanto offrono una risposta concreta a quella fascia di opinione pubblica
che attribuisce le inefficienze (vere e presunte) delle ULSS alla
prevaricazione del momento tecnico-gestionale da parte dei livelli
politico-gestionali.
Infatti,
a parte certe strumentalità della polemica, resta il fatto che in un sistema
così altamente tecnicizzato come quello sanitario, la corrispondenza tra
livelli di responsabilità e livelli di competenza e pregiudiziale alla
funzionalità del servizio: in altri termini, le decisioni a contenuto
essenzialmente tecnico non possono che competere a chi è in possesso delle
conoscenze che sono alla base della decisione stessa.
Tale
orientamento non può però restare allo stadio delle affermazioni di principio;
esso va regolamentato a livello di ULSS, sulla base di norme di principio
contenute nella legge regionale. D'altra parte non serve rivendicare in
astratto spazi di autonomia tecnico-funzionale per i responsabili dei servizi,
se i destinatari di questo discorso non si rendono in grado di occupare tali
spazi con competenze reali.
Pertanto
l'obiettivo dall'autonomia tecnico-funzionale va perseguito sia sul piano di
una normativa garantistica, che su quello della formazione manageriale.
La
normativa dovrà ritagliare con chiarezza gli ambiti di competenza del Comitato
di gestione, dell'Ufficio di direzione e dei responsabili delle singole aree
operative.
La
formazione manageriale dovrà fornire ai responsabili dei servizi (centrali ed
operativi) gli strumenti per far fronte alla loro funzione. Al riguardo va
individuato innanzitutto un modulo formativo trasversale, finalizzato
all'acquisizione di conoscenze necessarie alla funzione dirigenziale, a
prescindere dalla specifica collocazione dell'operatore.
Questo
modulo ricomprenderà materie comuni a tutta questa fascia di quadri,
dall'epidemiologia all'informazione e informatica, dall'analisi
costi-efficienza alle valutazioni di efficacia, dalla gestione economico-finanziaria
al diritto sanitario, e via dicendo. In tutte queste materie si tratta di
realizzare una piattaforma omogenea, per tutti coloro che partecipano di
funzioni dirigenziali, perché possano colloquiare tra loro e fruire di pari
livelli di valutazione.
Su
questa piattaforma, necessariamente non specialistica, si inseriranno i moduli
formativi verticali, per ogni profilo ricompreso nell'area delle funzioni
organizzative e centrali. Questi moduli, al contrario del primo, saranno molto
specialistici, in quanto finalizzati all'esercizio di responsabilità
specifiche.
Data
la peculiarità di questa fascia di operatori, occorrerà prevedere una
metodologia formativa fatta di un intreccio tra preparazione iniziale (che
dovrebbe costituire requisito per l'accesso al posto) e aggiornamento
tecnico-professionale (da rendere obbligatorio).
Per
le sue caratteristiche contenutistiche e metodologiche, questo tipo di
formazione richiederà un forte contributo di apporti dall'esterno del S.S.N., e
in primo luogo dall'Università di Perugia.
25.42
I rapporti con il comitato di gestione.
Il
modello funzionale del S.S.R. prevede che il principio dell'autonomia
tecnico-funzionale dei servizi, applicato ai rapporti tra l'Ufficio di
direzione e il Comitato di gestione, sia sostenuto da una normativa che
garantisca il livello tecnico da prevaricazioni da parte del livello
amministrativo. e il livello amministrativo da indebite ingerenze tecniche
nell'area delle decisioni fondamentali.
Una
parte di questa normativa non può che trovare la sua fonte nella legislazione
statale: solo in quella sede infatti possono essere dettate norme sul
funzionamento e l'organizzazione interna del Comitato di gestione. Si tratta di
scegliere tra un modello «assessorile» e un modello «integrato» il primo, il
cui riferimento più immediato sono le giunte degli enti locali, porta
inevitabilmente alla concentrazione di tutte le decisioni nell'organo di
gestione: il secondo, che ha come punto di riferimento il consiglio di
amministrazione di un'azienda, è più agibile sul piano del decentramento delle
decisioni, con l'affidamento al momento tecnico di tutte le decisioni a
contenuto essenzialmente tecnico (che costituiscono la grande maggioranza delle
decisioni di un organismo sostanzialmente tecnico come l'ULSS.
Appartiene
alla competenza della normativa regionale spostare dall'area della
deliberazione formale a quella delle disposizioni di servizio una serie di atti
esecutivi rispetto a precedenti decisioni programmatiche, e per i quali non si
pongano problemi di spesa o, se si pongano, questi siano mera attuazione di
decisioni di finanziamento adottate nei modi formalmente perfetti.
Sullo
sfondo di questa problematica stanno le questioni della così detta rilevanza
esterna di alcune categorie di attività tecnico-amministrative, con conseguente
individuazione di un'area di decisioni che si proiettano all'esterno della
struttura, incidendo sui comportamenti dei cittadini.
Questo
problema potrebbe avere qualche rilevanza nel caso di provvedimenti in
occasione di emergenze sanitarie, per i quali l'ordinamento amministrativo
italiano prevedeva a suo tempo potestà di ordinanza da parte dell'ufficiale
sanitario e del medico provinciale, a determinate condizioni e con determinate
limitazioni.
25.43
I rapporti tra le varie aree funzionali.
Riguardo
al problema del rapporto tra le varie aree funzionali dell'ULSS, il modello dei
servizi prospetta soluzioni che traggono ispirazione dalla legge regionale n.
65 del 1979 sull'organizzazione del S.S.R.
La
legge 65 colloca infatti le aree funzionali (di base, cioè i distretti;
integrative, cioè i servizi specialistici ed ospedalieri; e centrali, cioè
l'Ufficio di direzione) su livelli analoghi in modo che non si configuri una
piramide gerarchica. Si tratta dell'unica maniera corretta per non incappare in
soluzioni burocratiche condannate dalle esperienze del sistema precedente, e
rese quanto mai problematiche dal nuovo ordinamento del personale delle ULSS,
nel quale l'area dell'apicalità non è ristretta su poche figure dirigenziali ma
è allargata a tutte le strutture operative. I suoi compiti nei confronti di
queste ultime si esplicano sul piano della programmazione dell'attività nonché
sotto forma di direttive di massima per l'organizzazione dei servizi.
Ritorna
anche a questo proposito il principio dell'autonomia tecnico-funzionale in base
al quale chi ha la responsabilità di un settore di intervento deve poter agire
usando discrezionalmente i propri strumenti di valutazione, tanto più se è
pervenuto alla posizione dirigenziale sulla base del possesso di determinati
requisiti selettivi.
Questo
tipo di rapporto fa emergere l'esigenza di adoperare oggettivi metodi di
valutazione dell'attività svolta, poiché il momento più significativo della
funzione di coordinamento, dopo l'impostazione programmatica, è la capacità di
confrontare i risultati raggiunti con gli obiettivi di partenza.
Sezione
3 - I Progetti
Sottosezione
30. I progetti
30.1
La filosofia dei progetti.
30.2
Generalità sui progetti.
Capitolo
30.1: «La filosofia dei progetti».
30.10
Introduzione.
Allo
scopo di orientare l'attività complessiva del Servizio sanitario regionale
verso una trasformazione che sia coerente con i presupposti e gli obiettivi
della riforma, il Piano regionale impegna le ULSS ad una programmazione per
progetti.
I
progetti del Piano regionale non prefigurano blocchi di interventi aggiuntivi
rispetto alle azioni condotte nei singoli campi di intervento. Essi
costituiscono una piattaforma per orientare tali azioni intorno a linee-guida
che nel fissare ed evidenziare gli obiettivi rilevanti per il complesso del
sistema socio-sanitario, consentano di dare omogeneità al sistema nell'ambito
regionale, di confrontare la coerenza delle singole azioni e di misurare il
cammino percorso lungo la direttrice di marcia principale.
I
progetti del Piano regionale richiedono di essere specificati nei programmi
comprensoriali delle singole ULSS. Essi sono pertanto presentati a maglie
larghe, come modelli non rigidi, con la sola eccezione di alcuni vincoli posti
in corrispondenza dei «colli di bottiglia» del processo programmatorio.
Il
«Piano» prevede quattro serie di progetti:
-
progetti di sintesi generale, che affrontano in termini sosprattutto di
prevenzione problematiche relative a situazioni di rischio riferite a grandi
fasce di popolazione; si tratta di progetti che contengono obiettivi ad elevata
potenzialità di integrazione intersettoriale così da rompere la
compartimentazione degli interventi ereditata dal sistema precedente la riforma
(progetti-obiettivo);
-
progetti finalizzati alla lotta contro le malattie di elevata rilevanze
epidemiologica; si tratta di progetti che affrontano le problematiche connesse
a bisogni individuali di assistenza, classificati in relazione a grandi
capitoli di patologia, e che puntano ala riconversione e razionalizzazione
degli interventi per salvaguardare un corretto rapporto costi-benefici e al
potenziamento dei loro effetti in termini di efficacia (progetti-finalizzati);
-
progetti per la qualificazione dei servizi e per la razionalizzazione dell'uso
delle risorse, che selezionano interventi di riconversione nei settori dove è
più acceso il dibattito pubblico sugli squilibri della finanza sanitaria e più
pressante la richiesta di risparmi, e ciò anche per il convincimento, non sempre
e non dappertutto fondato, che si tratta di settori largamente interessati da
fenomeni di sprechi e di consumismo fine a sé stesso (progetti-risorse);
-
progetti per la riorganizzazione dei servizi relativamente ad alcuni settori
nei quali esistono rilevanti problematiche di coordinamento e riorganizzazione,
per effetto sia dei mutamenti indotti dalla legge 833 sull'assetto
istituzionale del sistema sanitario, sia delle interconnessioni su scala
regionale dei servizi
stessi
(progetti di settore).
30.11
I progetti-obiettivo.
Con
i progetti-obiettivo il «Piano» indica una metodologia di approccio ai problemi
della tutela socio-sanitaria basata sulla elaborazione e realizzazione di
programmi che affrontano organicamente le situazioni di rischio cui sono esposte
larghe fasce di popolazione.
I
progetti-obiettivo si caratterizzano pertanto per essere «trasversali» e per
puntare alla soluzione dei problemi in chiave principalmente di prevenzione:
prevenzione primaria, ma anche prevenzione finalizzata alla liberazione dal
bisogno di ulteriori interventi assistenziali, attraverso l'attivazione di
tutte le risorse disponibili per la riabilitazione ed il reinserimento sociale.
Il
Piano socio-sanitario propone cinque progetti-obiettivo, relativamente ad
altrettante strategie per affrontare i bisogni di popolazioni accomunate dalla
esposizione a larghe fasce di rischio.
Una
prima strategia concerne la tutela sanitaria dell'ambiente di vita, nelle sue
relazioni con gli assetti territoriali nonché con i processi produttivi che
avvengono all'interno degli ambienti di lavoro. Si tratta del progetto che, tra
tutti, ha la maggiore trasversalità perché interessa senza eccezioni tutta la
collettività; e si tratta inoltre del progetto in cui gli aspetti della
prevenzione primaria (cioè ambientale) acquistano un predominio assoluto su
tutti gli altri approcci. La strategia del progetto vuole ricondurre ad una
logica unitaria le azioni volte a migliorare il rapporto uomo-ambiente, a
cercare migliori condizioni di vita, a combattere gli inquinamenti e le altre
nocività ambientali, ad elevare barriere contro la diffusione delle malattie
infettive, ecc.
Il
progetto «obiettivo-ambiente» si muove in un ottica molto più ampia di quella
strettamente sanitaria, anche se la sua collocazione all'interno di un Piano
socio-sanitario porta a farne emergere soluzioni tecnico-amministrative che
ricadono nella competenza del S.S.N.
Una
seconda strategia è riferita alla tutela della salute della donna e alla
protezione socio-sanitaria materno-infantile e dell'età evolutiva. Il relativo
progetto individua come popolazione «a rischio» la donna, nella sua specifica
posizione di protagonista dell'assetto della società in ambiente
extralavorativo.
Con
questa premessa, agganciare la problematica della salute della donna a quella
della tutela materno-infantile non significa parteggiare per una
identificazione del ruolo della donna con il ruolo della maternità, ma prendere
atto del fatto che la donna è il referente immediato dei problemi dello
sviluppo prenatale, infantile e dell'età evolutiva; per cui senza accettare la
subalternità della collocazione della donna all'interno di equilibri sociali ad
essa sfavorevoli, e compito del S.S.R. mobilitare le risorse, per rendere meno
precaria la capacità contrattuale di questa fascia di popolazione e per elevare
le condizioni di vita e di salute.
Una
terza strategia è rivolta a tutelare la salute nei luoghi di lavoro. Il luogo
di lavoro è in effetti un posto ad elevata concentrazione di rischi per la
salute psico-fisica di chi è coinvolto nei processi produttivi. Questo
coinvolgimento si verifica in termini sempre più totalizzanti: affievolita la
tradizionale differenza tra l'ambiente di lavoro nelle fabbriche e nelle
campagne per l'uso sempre più intenso di sostanze chimiche sui terreni, nei
mangimi etc., e per la crescente meccanizzazione del lavoro agricolo, la
riduzione dei livelli di nocività nei lavori tradizionali, sposta il rischio su
campi nuovi anche dal punto di vista delle conoscenze dei mezzi per affrontarle.
Il ritmo crescente delle modificazioni tecnologiche cambia sempre più
rapidamente il quadro d'assieme delle condizioni di lavoro, e non è sempre
possibile percepire l'emergenza di situazioni di rischio a livello della salute
psicofisica, se all'evoluzione dei fattori di rischio non corrisponde una
riconsiderazione, innanzitutto culturale, delle modalità di intervento: anche
perché il contesto generale al cui interno di cala il problema della salute nei
luoghi di lavoro non è dei più favorevoli, caratterizzato com'è da un intreccio
di crisi e di ristrutturazione produttiva.
La
quarta strategia concerne la condizione socio-sanitaria dell'anziano, vista
anche questa come condizione strutturale di una società in cui lo spostamento
della durata media della vita e il favorevole andamento degli altri indici
concernenti la speranza di vita si riflette sugli assetti sociali attraverso
una serie di problemi nuovi, di domande più o meno espresse, di bisogni da
soddisfare per garantire adeguati livelli di civiltà; il tutto nell'ambito di
una congiuntura finanziaria tutt'altro che favorevole all'espansione della
spesa pubblica.
La
quinta strategia è rivolta alla tutela delle fasce marginali di popolazione. La
trasversalità dell'approccio vuole ricomprendere in questo caso i vari gruppi
di popolazione ad elevato rischio di emarginazione per cause legate a una
debolezza contrattuale, che a sua volta discende dalla scarsa o nulla
competitività dei soggetti sul piano degli impegni produttivi della società. È
questo il progetto che più degli altri si caratterizza per i contenuti di
riabilitazione, sia come recupero psico-fisico che come reinserimento sociale;
ed è anche qui che si concentrano maggiormente le interconnessioni tra
«sanitario» e «sociale», per cui il progetto «obiettivo fasce marginali» va
considerato anche come banco di prova per la validità e la fattibilità
dell'integrazione socio-sanitaria.
Per
concludere, i progetti-obiettivo costituiscono un blocco di interventi
prioritari su cui deve concentrarsi l'impegno di tutti i soggetti del S.S.R.
Essi non sono pertanto un di più rispetto agli obiettivi ordinari, ma sono
piuttosto una filosofia di intervento. La loro realizzazione impegna le risorse
ordinarie del S.S.R. (in termini di conoscenze, di operatori e di dotazioni di
bilancio); nonché i servizi ordinari del sistema socio-sanitario: ciò premesso,
il Piano prevede norme particolari comuni a tutti i progetti-obiettivo e
destina loro fondi vincolati e finalizzati, da utilizzare esclusivamente in
direzione di specifici interventi non riconducibili alla gestione quotidiana
dei servizi che sono chiamati ad attuarli.
30.12
I progetti finalizzati.
I
«Progetti finalizzati per la salute» raggruppano una serie di azioni
finalizzate a qualificare l'intervento delle strutture del S.S.R. sul piano
dell'efficienza ed efficacia.
È
presupposto dei progetti che il progresso scientifico nel campo della cultura
biomedica e delle tecnologie applicative mette a disposizione delle società
contemporanee mezzi imponenti per la lotta contro le malattie, tali mezzi
ampliano le possibilità degli interventi in misura impensabile fino a qualche
decennio fa e spostano le frontiere dell'impossibile con un ritmo mai prima
d'ora conosciuto.
Tutto
ciò comporta una richiesta sempre più spinta di specializzazione degli
interventi, a prezzi sempre crescenti per i costi sempre più elevati di
investimento e di esercizio.
Nel
prendere atto di questa evoluzione, il Piano socio-sanitario regionale si fa
carico anche della questione di fondo che condiziona la socializzazione di
questo progresso scientifico; in particolare, si fa carico del nodo
fondamentale di fronte a cui si trovano le società contemporanee, che è quello
di creare le condizioni perché di questa sempre più elevata potenzialità di
intervento della medicina scientifica possano usufruire tutti quelli che ne
hanno bisogno, per evitare che ne usufruiscano solo quelli che possono
sostenerne l'onere finanziario.
In
principio, il Servizio sanitario nazionale dovrebbe garantire che tutti possano
usufruire degli stessi livelli di prestazione; ma al di là delle affermazioni
resta il fatto che la non illimitata espansibilità delle risorse da destinare
alla salute in termini di finanziamento pubblico rischia di creare due canali
di offerta: l'offerta standard (pubblica), inevitabilmente dequalificata,
l'offerta integrativa (privata) che si innesta su quella pubblica e che viene
di fatto riservata ai privilegiati.
Questo
duplice canale diventerà una realtà se il finanziamento della spesa pubblica
dovesse continuare ad essere sottostimato; ma lo diventerà anche se l'accesso
alle prestazioni ad elevata efficacia non dovesse essere razionalizzato
eliminando qualsiasi forma di preminenza della «spontaneità» e riconducendo le
richieste all'interno di protocolli di comportamento, capaci di selezionare
l'utenza in base a rigorosi presupposti di bisogno sanitario.
A
questo riguardo la riforma, unificando in capo alle ULSS la gestione di tutti i
servizi aventi finalità di assistenza sanitaria, ha creato un presupposto indispensabile
per la razionalizzazione dell'uso delle risorse destinate all'assistenza
«sofisticata». Spetta ora al Piano in sede di proposta e sopra tutto in sede di
attuazione ricavare da questo presupposto tutti i risultati che possono essere
raggiunti, creando le condizioni perché servizi e strutture prima operanti in
regime autarchico e senza interconnessioni vengano integrati e disposti lungo
un itinerario governato dalle leggi della coerenza e della consequenzialità.
I
progetti finalizzati si propongono pertanto di coordinare e potenziale gli
interventi a difesa della salute umana in rapporto a malattie che hanno
rilevanza sul piano sociale.
Nella
difficoltà di tracciare una linea di demarcazione netta di tali malattie viene
assunto come criterio il rilievo epidemiologico basato sulla indigenza e
prevalenza delle patologie, tale criterio viene integrato con quello
dell'intensità dell'impegno richiesto dalle strutture sanitarie e
socio-assestenziali.
In
rapporto alla loro finalizzazione, i progetti per la salute stimolano lo
sviluppo della ricerca finalizzata, cui il S.S.R. offre come «laboratorio»
epidemiologico l'intera rete dei servizi cui la popolazione accede, a
cominciare da quelli del medico di base. Al riguardo e senza entrare nel merito
della condizione delle singole ricerche la cui responsabilità non può che
essere assunta in piena autonomia dai ricercatori stessi. I progetti
indirizzano alla realizzazione di iniziative multicentriche, non ripetitive,
raccordate con l'Osservatorio epidemiologico regionale anche attraverso
l'istituzione, dove se ne da il caso, di appositi registri di rischio.
Il
Piano prevede i seguenti progetti finalizzati:
-
malattie infettive e diffusive;
-
cardiovascolopatie;
-
cerebrovascolopatie;
-
malattie tumorali;
-
nefropatie croniche;
-
epilessie e patologie connesse;
-
malformazioni congenite;
-
diabete.
30.13
I progetti-risorse.
I
progetti-risorse sono i progetti finalizzati alla qualificazione dei servizi e
alla razionalizzazione dell'uso delle risorse del S.S.R. in funzione di
obiettivi di riequilibrio strutturale e funzionario dell'offerta dei servizi.
Rientrano
in questa problematica anche obiettivi di risparmio nella spesa sanitaria,
relativamente ai settori dell'intervento dove il consumo è comprimibile senza
pregiudizio per la rispondenza tra le prestazioni e i bisogni individuali di
salute.
Al
riguardo il «Piano» indica alla collettività umbra la necessità di intervenire
sul consumismo negli aspetti in cui tale fenomeno, oltre a gravare sugli
equilibri finanziari, distorce l'ottica dei bisogni di salute falsificando la
scala delle priorità da seguire ponendo in primo piano esigenze sfasate
rispetto alle necessità reali.
In
questi termini i «progetti-risorse» vogliono colpire uno dei meccanismi che
intralciano la via della riforma e ne allontano le mete. Si tratta di un
problema che per essere presente in tutto il Paese, è presente nella stessa
Umbria anche se non caratteri meno marcati che altrove.
Di
qui la sottolineatura degli aspetti strutturali del problema e non su quelli di
mera riduzione della spesa. Si tratta di dare priorità agli obiettivi di
ristrutturazione e riconversione, passando attraverso di essi per ottenere
ricadute anche in termini di risparmio nella misura in cui l'andamento delle
erogazioni del F.S.N. costringa ad intervenire anche su questo piano.
Tutto
ciò considerato, i «Progetti-risorse» rientrano in una logica che se da un lato
presuppone orientamenti coerenti nella politica nazionale e nelle conseguenti
scelte del livello centrale, dall'altro impone il coinvolgimento degli
operatori e della popolazione, e il loro contributo in termini di comportamenti
ugualmente coerenti.
Al
riguardo il «Piano», pur rifiutando ogni tendenza a colpevolizzare la
popolazione e a fare degli operatori (medici in primo luogo) i capri espiatori
per situazioni che hanno altrove le loro radici, punta però alla
responsabilizzazione dell'una e degli altri, indicando questo terreno come un
punto di passaggio obbligato per specifici programmi di educazione sanitaria e di
aggiornamento tecnico-professionale.
Sono
previsti i seguenti progetti-risorse:
-
accertamenti diagnostici;
-
uso dei farmaci;
-
degenze ospedaliere;
-
convenzionamento con strutture private.
30.14
I progetti di settore.
I
progetti di settore sono finalizzati al coordinamento e alla riorganizzazione
degli interventi in alcuni particolari settori che presentano specifici
problemi di integrazione dei servizi nell'ambito regionale o che al limite
presuppongano un funzionamento in rete regionale, a prescindere dal requisito
della multizonalità.
L'esigenza
della riorganizzazione e del coordinamento nasce in particolare dal fatto che
la ristrutturazione istituzionale posta in essere dalla legge 833 ha cambiato
profondamente il quadro di riferimento per l'organizzazione e la gestione dei
servizi rispetto alla fase precedente.
In
qualche caso infatti le problematiche di cui quei servizi si facevano carico
hanno cessato di gravitare per intero nel comparto socio-sanitario per
integrarsi in altri scomparti dell'intervento sociale.
In
altri casi i precedenti assetti hanno subito l'impatto della ristrutturazione
del modulo territoriale di intervento, per il passaggio dall'ambito comunale e
sopra tutto provinciale all'ambito delle ULSS.
In
altri casi ancora, sono venute meno alcune condizioni di separatezza rispetto
al filone centrale degli interventi nel territorio.
Tutte
queste condizioni hanno creato qualche difficoltà nella transizione dal vecchio
al nuovo sistema, con rischi di cadute rispetto ai precedenti livelli di
erogazione dei servizi.
Il
Piano prevede i seguenti progetti di settore:
-
formazione degli operatori ed educazione sanitaria;
-
sistema informativo sanitario;
-
servizi trasfusionali;
-
veterinaria.
Capitolo
30.2: «Generalità sui progetti».
30.20
Introduzione.
La
realizzazione dei progetti presuppone compiti distinti e specifiche
responsabilità della Regione e delle ULSS.
Spetta
alla Regione, nel suo ruolo di indirizzo e coordinamento, fissare criteri
generali, metodologie omogenee, obiettivi comuni su tutto il territorio.
Ciò
presuppone una progettazione a larghe maglie, alla cui predisposizione debbono
essere chiamate a collaborare tutte le espressioni della società scientifica
regionale, con l'apporto di altre competenze, quando ciò sia opportuno o necessario.
Spetta
alle ULSS articolare quei criteri, specificare quelle metodologie e
concretizzare quegli obiettivi sotto forma di programmi comprensoriali, dove
debbono ritrovarsi le indicazioni operative che impegnino tutte le dotazioni
disponibili, in quanto i progetti rappresentano un terreno di impegno
prioritario per il complesso delle strutture socio-sanitarie incardinate nel
S.S.R..
Problemi
particolari derivano dal fatto che nella strutturazione del Fondo sanitario
nazionale è previsto il vincolo di destinazione per una quota da impiegare nei
progetti-obiettivo. Ciò richiede scelte, e conseguentemente criteri
informatori, per la loro utilizzazione, così da garantire la specificità del
loro impiego.
Sulla
base di queste considerazioni, il capitolo 30.2 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
il ruolo della Regione (30.21);
-
l'attuazione dei progetti (30.22);
-
problemi particolari dei progetti-obiettivo (30.23).
30.21
Il ruolo della Regione.
Per
adempiere alle sue funzioni di indirizzo e coordinamento, la Giunta regionale
si avvale di gruppi di lavoro.
Tali
gruppi predispongono la redazione dei progetti e assistono gli uffici regionali
e l'osservatorio epidemiologico nella verifica dei risultati e
nell'aggiornamento degli obiettivi, nonché nelle altre funzioni di competenza
regionale.
I
gruppi di lavoro sono composti da operatori della Regione, delle ULSS,
dell'Università e delle altre istituzioni interessate all'attuazione della
riforma sanitaria.
I
progetti-obiettivo e i progetti-risorse sono predisposti sulla base dei criteri
specificati nella presente sezione. Per quanto concerne i progetti di settore,
tenuto conto della loro trasversalità i criteri vanno desunti dal contesto del
Piano.
Per
i progetti finalizzati il Piano si limita a fornire le indicazioni di larga
massima contenute nel paragrafo 30.12, dato il loro contenuto prettamente
tecnico e scientifico.
I
progetti sono approvati dalla Giunta regionale, sentito il Consiglio tecnico
regionale per la sanità, con gli effetti previsti dalla L.R. 22/1984. Essi sono
pubblicati sotto forma di «contributi tecnico-scientifici» e
«tecnico-organizzativi»; l'allegato B ne riporta le sintesi, man mano che essi
vengono predisposti e approvati.
30.22
L'attuazione dei progetti.
Per
l'attuazione dei progetti le ULSS si avvalgono dei dipartimenti o costituiscono
appositi gruppi di lavoro composti in modo da includere operatori di base e
operatori degli altri livelli. Tali gruppi possono essere integrati con
esponenti delle realtà scientifico-culturali e delle formazioni sociali
presenti nel territorio dell'ULSS. Gli operatori partecipano di norma a più
gruppi di lavoro sulla base della loro preparazione professionale specifica.
In
particolare i progetti-obiettivo sono attuati dalla ULSS mediante appositi
programmi basati sui criteri e le linee di indirizzo dei progetti regionali.
Tali programmi debbono individuare i seguenti elementi comuni a tutti i
progetti-obiettivo:
a)
la popolazione o le situazioni «a rischio» che verranno prese prioritariamente
in considerazione;
b)
i modi come acquisire ed ampliare le informazioni statistiche ed
epidemiologiche riferite alle popolazioni e alle situazioni di cui sopra,
c)
le iniziative per l'informazione e l'aggiornamento del personale per
l'educazione sanitaria e per l'attivazione di ricerche finalizzate:
d)
un «bilancio di area», che indichi le risorse umane strutturali e finanziarie
messe a disposizione dei progetti e le direzioni di impegno degli stanziamenti
vincolati;
e)
i risultati specifici che si vogliono conseguire nel triennio.
Le
attività dipartimentali per i progetti e i gruppi di lavoro sono coordinate
presso l'Ufficio di direzione dell'ULSS. Le valutazioni sulla progressione dei
progetti fanno oggetto dell'attività dei dipartimenti. L'ufficio di direzione
programma riunioni di sintesi aperte a tutti gli operatori dell'ULSS, allo
scopo di verificare lo stato di avanzamento dei lavori.
Il
Comitato di gestione, oltre ad approvare i programmi, sovraintende alla loro
attuazione mediante la formulazione di direttive a carattere generale.
30.23
Indicazioni particolari per i progetti-obiettivo.
Gli
stanziamenti del Fondo sanitario regionale a destinazione vincolata per i
progetti-obiettivo devono essere utilizzati in coerenza con il presupposto che
i progetti stessi non costituiscono un intervento settoriale ed aggiuntivo, ma
un modo diverso di utilizzare le risorse disponibili secondo criteri di
finalizzazione, di integrazione, e di massimizzazione degli effetti ricercati.
In
particolare tali stanziamenti non possono essere in alcun modo utilizzati per:
1)
assunzione di personale a qualunque titolo;
2)
emolumenti a personale dipendente dalle ULSS;
3)
pagamento di prestazioni professionali ad operatori convenzionati ai sensi
dell'art. 48 della L. n. 833/1978;
4)
acquisizione di attrezzature strumentali di uso corrente o ricomprese tra
quelle vincolate dal programma regionale di adeguamento del patrimonio
tecnologico e strumentale;
5)
costruzione o acquisto di locali;
6)
acquisto di farmaci, di presidi medico-chirurgici o diagnostici;
7)
erogazione di sussidi o altre prestazioni monetarie a carattere assistenziale.
Costituiscono
destinazione prioritaria per l'utilizzazione degli stanziamenti di cui al
precedente capoverso i finanziamenti per:
a)
interventi di supporto all'assistenza domiciliare e all'aiuto domestico
familiare;
b)
l'aggiornamento del personale;
c)
l'informazione e l'educazione sanitaria della popolazione;
d)
la specializzazione degli operatori delle ULSS, o altre iniziative mirate
all'acquisizione di esperienze professionali fuori dal proprio ambiente di
servizio;
e)
la corresponsione di assegni di studio in favore di laureati e diplomati non
dipendenti né convenzionati perché acquisiscano una professionalità nei campi
di operatività dei progetti;
f)
la corresponsione di analoghe facilitazioni a studenti per tirocini o accessi a
occasioni di qualificazione fuori dell'ambito regionale.
La
Giunta regionale fissa con atto di indirizzo e coordinamento criteri oggettivi
per l'accesso alle prestazioni previste ai punti d), e), f), nonché criteri
omogenei di spesa.
Sottosezione
31. I progetti-obiettivo.
31.1
P.O.1 = Ambiente.
31.2
P.O.2 = Donna-infanzia.
31.3
P.O.3 = Lavoro.
31.4
P.O.4 = Anziani.
31.5
P.O.5 = Fasce marginali.
Capitolo
31.1: Progetto-obiettivo «Tutela sanitaria dell'ambiente».
31.10
Introduzione.
Il
progetto-obiettivo «tutela sanitaria dell'ambiente» (progetto-ambiente) si
propone come momento centrale delle azioni per la prevenzione primaria, secondo
i presupposti e le finalità che sono oggetto di analisi nella sezione del Piano
dedicata al modello dei servizi.
In
sintesi, il Progetto è innanzitutto uno strumento per superare la tradizionale
settorialità degli approcci alla tutela ambientale, sulla base della pluralità
degli effetti provocati da ciascuna sorgente di nocività, che aggredisce
contemporaneamente suolo, abitato, aria, acqua ed alimenti.
Il
Progetto-ambiente si caratterizza per il fatto di impegnare in prima persona i
Comuni, stanti le attribuzioni loro spettanti in materia di urbanistica e
assetto del territorio, nonché nella difesa della salubrità del suolo e
abitato, dell'atmosfera e delle acque superficiali.
Il
Progetto-ambiente ha tra le finalità centrali il coordinamento e la sintesi
operativa di tutte le misure legislative disperse nella vasta, anche se
largamente lacunosa, normativa nazionale nonché in quella (non sempre organica)
regionale.
Esso
propone misure per superare, attraverso il rapporto diretto Comune-ULSS, alcune
smagliature dovute ad incoerenze vecchie e nuove a livello della
giustapposizione dei livelli istituzionali preposti alla tutela dell'ambiente.
A
questo riguardano il Progetto-ambiente trova un imprescindibile punto di
ancoraggio nelle leggi regionali 24 e 19 del 1982, che costituiscono una prima
tappa per la ridefinizione anche del ruolo del Comune nella materia, alla luce
degli obiettivi della riforma e sulla base dei mutamenti istituzionali
prefigurati dal D.P.R. n. 616 del 1977 e realizzati parzialmente con la legge
833.
In
realtà le due leggi regionali sopra citate, disponendo il riordino delle
funzioni di igiene e sanità pubblica e di igiene veterinaria, affrontano il
problema nell'ottica propria del S.S.N.. Esse attendono pertanto un momento
legislativo successivo, in primo luogo per unificarle anche formalmente e poi
per completarle, saldando in cerchio tutte le competenze e le attribuzioni che
gravitano sul piano dei poteri locali. Nell'attesa, la piena attuazione di tali
leggi è comunque presupposto fondamentale per la realizzazione del
Progetto-ambiente.
Il
Progetto-ambiente è aperto alle più ampie integrazioni con il
progetto-obiettivo «Tutela della salute nei luoghi di lavoro». Il fatto di
selezionare gli interventi sull'ambiente di vita non significa isolare
quest'ultimo dall'ambiente di lavoro, col quale è legato molto spesso
dall'unicità dei fattori di rischio.
D'altra
parte forti valenze di integrazione caratterizzano anche il rapporto con il
Progetto di settore per la veterinaria.
Infine,
il Progetto-ambiente vuole impegnare le ULSS a invertire la tendenza che ha
portato nell'ultimo trentennio alla fatiscenza progressiva delle strutture di
sanità pubblica, a livello sia degli organici che delle dotazioni
tecnico-strumentali.
31.11
Indicazioni operative.
1.
Progetto-ambiente impegna i servizi delle ULSS ad intervenire mediante azioni
programmatiche per:
-
la tutela dagli inquinamenti delle acque;
-
la tutela dagli inquinamenti atmosferici;
-
la tutela della salubrità del suolo e dell'abitato e la bonifica ambientale;
-
la tutela degli allevamenti e delle relative produzioni:
-
la tutela degli alimenti e delle bevande.
a)
La tutela dagli inquinamenti delle acque.
La
tutela delle acque dagli inquinamenti, da coordinare nel quadro più generale
della tutela e del potenziamento delle risorse idriche ai fini dell'uso plurimo
delle acque, si basa sul piano di risanamento che la Regione sta realizzando ai
sensi della L. n. 319 del 1976 e sue modificazioni.
Le
priorità degli interventi terranno conto del fatto che, espresso in
«popolazione equivalente», il carico di inquinamento della rete idrica
regionale è dovuto attualmente per la metà alle attività agrozootecniche
(soprattutto alla suinicoltura) per più di un terzo alle attività industriali
ed artigianali, e per la restante quota agli insediamenti abitativi.
Quanto
sopra porta ad individuare i punti critici dell'inquinamento nei corsi d'acqua
della Genna, del Nestore, del Basso Chiascio, del Basso Topino, del Nera
relativamente all'attraversamento della conca ternana, nel lago di Corbara,
nonché nell'asta del Tevere con riguardo all'area perugina.
Problemi
particolari sono legati alla salvaguardia del lago Trasimeno, in rapporto agli
inquinamenti microbici delle zone balneari e alle conseguenze della navigazione
a motore.
Tenuto
conto di quanto precede, gli interventi di risanamento seguiranno le seguenti
linee prioritarie:
-
fognature ed impianti di depurazioni per i centri abitati maggiori o che
scaricano direttamente nei corsi idrici; al riguardo più di 20 comuni sono già
stati ammessi dalla Regione a contributo trentennale per un investimento
complessivo pari al 70% delle spese da sostenere;
-
fognature ed impianti di depurazione per piccoli centri abitati; una parte
delle relative opere è stata già finanziata dalla Regione, con un investimento
che copre circa l'80% del costo totale;
-
impianti di depurazione possibilmente consortili, a basso consumo energetico o
con recupero di energia, per le imprese industriali, artigianali e
agrozootecniche; a questo scopo sono stati assegnati contributi che inducono un
ulteriore investimento di più di 7 miliardi.
Per
una sempre migliore conoscenza del fenomeno degli inquinamenti, sarà
perfezionata la mappa dei corpi idrici superficiali sotto l'aspetto
quali-quantitativo, completando altresì l'organizzazione del sistema regionale
di rilevamento.
Sarà
definita con più precisione la mappa delle risorse profonde relativamente alle
localizzazioni più importanti (zone alluvionali della Valle Umbra e della Valle
del Tevere).
Sarà
completato il censimento degli scarichi nei corpi idrici anche ai fini
dell'applicazione dei regolamenti previsti dalla legge 319 del 1976.
b)
La tutela dagli inquinamenti dell'aria.
Ai
fini della tutela dell'aria atmosferica si dovrà operare preventivamente
utilizzando gli strumenti della classificazione delle lavorazioni insalubri ai
sensi del T.U.LL.SS., nonché quelle offerte dalla L. n. 615/1966 e dai suoi
regolamenti attuativi. A tali disposizioni è opportuno aggiungere la direttiva
CEE n. 77/312 (recepita con D.P.R. n. 496/1982) relativa alla sorveglianza
biologica della popolazione contro il rischio di intossicazione da piombo.
Tali
normative, pur tra insufficienze ampiamente riconosciute e condivise,
consentono un minimo di protezione perlomeno nelle zone più critiche della
Regione (poli industriali di Terni, Narni-Scalo e Nera Montoro: cementifici,
colorifici, lavorazioni con impiego di piombo, e altro). Esse sono inoltre la
base indispensabile per le attività di vigilanza e controllo mirate alle
situazioni di rischio.
Con
la classificazione delle lavorazioni insalubri dovrà essere fatta un'attenta
ricognizione delle attività lavorative ammissibili nei centri abitati, e delle
modalità per garantire l'igiene dell'ambiente.
Per
quel che concerne la legge 615, si procederà all'inclusione di Narni nelle zone
di controllo previste dalla legge stessa.
La
direttiva della CEE sarà messa in attuazione prioritariamente nelle zone urbane
ad elevato traffico nonché nelle aree di forte concentrazione di produzione
delle ceramiche.
Il
Presidio multizonale di prevenzione determinerà i fabbisogni di strumentazioni
di cui le ULSS dovranno dotarsi per perfezionare i sistemi di rilevazione e
controllo nelle zone critiche.
c)
La tutela della salubrità del suolo e dell'abitato e la bonifica ambientale.
Il
Progetto-ambiente affronta questa problematica con un approccio che tiene conto
del fatto che la salubrità del suolo e per una parte notevole la risultanza di
fattori che si esprimono primariamente su altre componenti ambientali. Nello
stesso tempo, però, si tratta del comparto dell'intervento sull'ambiente nel
quale i poteri locali hanno per tradizione consolidata maggiori strumenti a
loro disposizione sul piano della regolamentazione e quindi della prevenzione.
La
stessa legge 833 enfatizza il momento dei poteri locali laddove assegna alle
ULSS il compito di verificare «secondo le modalità previste dalle leggi e dai
regolamenti, la compatibilità dei piani urbanistici e dei progetti di
insediamenti industriali e di attività produttive in genere con le esigenze di
tutela dell'ambiente sotto il profilo igienico-sanitario e di difesa della
salute della popolazione e dei lavoratori interessati» (art. 20).
Tale
problema è stato affrontato anche nella legislazione umbra, sotto il profilo
delle competenze regionali, con la L.R. n. 50 del 1983. Si tratta di completare
il quadro normativo sotto il profilo delle competenze delle ULSS, inserendo
nella L.R. n. 24 del 1982 norme procedurali per l'esercizio delle funzioni
richiamate nell'articolo 20 della L. 833.
In
questo quadro assume rilievo particolare l'obiettivo della rilevazione degli
allevamenti o concentramenti di animali classificabili come industrie
insalubri.
Un
problema del tutto specifico è quello dell'uso del suolo per il trattamento dei
rifiuti solidi urbani alla luce della recente normativa statale sulle
discariche controllate e sullo smaltimento dei fanghi residui dal trattamento
dei liquami.
Particolare
attenzione dovrà essere rivolta infine alla tutela dell'ambiente dall'uso di
sorgenti radiogene per scopi industriali soprattutto per finalità di
diagnostica e terapia medica. A questo scopo dovrà essere dato sviluppo agli
appositi servizi del Presidio multizonale di prevenzione, anche per continuare
la collaborazione con il programma NEXT coordinato dall'Istituto superiore di
sanità.
d)
La tutela sanitaria dell'ambiente in relazione all'equilibrio uomo-animale.
Tra
gli obiettivi del Progetto-ambiente vanno ricompresi gli interventi finalizzati
alla determinazione di un equilibrato rapporto uomo-animali, avuto riguardo al
fatto che l'animale è causa diretta di inquinamento, è «sentinella» di
perturbazioni dell'equilibrio ed è rilevatore indiretto dell'inquinamento
stesso.
Tali
obiettivi, che sono organicamente ricompresi nel progetto di settore per la
veterinaria, si imperniano intorno ai seguenti punti:
1)
prevenzione, difesa sanitaria e risanamento degli allevamenti in ordine alle
malattie proprie degli animali, quale momento di tutela del patrimonio
zootecnico ed incremento produttivo nonché alle zoonosi ad integrazione della
prevenzione delle malattie dell'uomo;
2)
protezione sanitaria degli alimenti e dei prodotti di origine animale,
comprendendo tutte le misure necessarie ad assicurare l'innocuità, la salubrità
e il buono stato delle derrate alimentari in tutte le fasi, dal momento della
produzione a quello della distribuzione per il consumo;
3)
protezione igienico-sanitaria degli alimenti per uso zootecnico secondo i
criteri di cui al precedente punto;
4)
assistenza veterinaria ed educazione igienico-sanitaria degli allevatori
secondo linee di tendenza aventi come obiettivo ottimale il coinvolgimento
della realtà «allevamento» nel suo complesso;
5)
educazione igienico-sanitaria diretta agli operatori economici nel campo della
produzione, trasformazione e distribuzione dei prodotti di origine animale ed
ai consumatori;
6)
attuazione dei piani di risanamento degli allevamenti programmati a livello
nazionale;
7)
programmazione ed attuazione di piani di risanamento degli allevamenti a
livello regionale, anche con articolazione a livello di territorio in base alle
esigenze particolari delle singole realtà dell'allevamento;
8)
piani di eradicazione di importanti malattie particolarmente della specie
suina, che nella nostra Regione rappresenta un importante patrimonio zooeconomico;
9)
tutela dell'ambiente in relazione all'equilibrio del rapporto uomo-animale.
In
questo quadro va collocato il consolidamento della pianificazione e
riorganizzazione della rete di macellazione, mediante una progressiva e
razionale diminuzione nel territorio degli impianti relativi, sino a giungere
nel corso del triennio di validità del Piano alla ottimale situazione
rappresentata da un solo mattatoio per ogni ULSS.
In
particolare, nel triennio di attuazione del Piano saranno intensificate le
iniziative per i controlli sugli impianti di macellazione e lavorazione carni,
nonché sugli stabilimenti per deposito e lavorazione di avanzi, residui e
sottoprodotti, quali possibili fonti di inquinamento ambientale.
e)
La tutela degli alimenti e bevande.
Per
quanto concerne la tutela degli alimenti e bevande, il Progetto mette in primo
piano il rafforzamento delle funzioni di vigilanza e controllo, che devono
essere razionalizzate nella metodologia e qualificate nell'operatività. Per il
primo obiettivo sono necessarie mappe di rischio che segnalino le
localizzazioni degli impianti di produzione e degli stabilimenti per il
commercio all'ingrosso. Per il secondo obiettivo deve essere dato risalto
all'aggiornamento professionale del personale della vigilanza, per metterlo in
grado di fronteggiare l'evoluzione dei fattori di nocività presenti nelle
attività da sottoporre a controllo: questo compito sarà affidato al Presidio
multizonale di prevenzione, che programmerà le iniziative di aggiornamento,
anche previa intesa con l'Istituto superiore di sanità, oltre che con
l'Istituto zooprofilattico sperimentale e con le strutture della Facoltà di
Veterinaria.
Date
le caratteristiche della situazione umbra, deve essere data priorità alla
prevenzione delle tossinfezioni alimentari e delle altre malattie infettive a
ciclo orofecale, per quanto concerne le produzioni locali.
Per
quanto concerne le produzioni destinate a larga commercializzazione, il
Progetto mette in priorità la difesa dagli inquinanti di natura chimica,
soprattutto intenzionali (ossia introdotti nei cicli industriali di produzione
o dovuti all'uso di pesticidi sulle produzioni agricole).
Sempre
con riferimento alle particolarità umbre, il Piano propone una ristrutturazione
delle competenze delle strutture pubbliche nei confronti della produzione delle
acque minerali, anche per superare alcune smagliature nella distribuzione delle
competenze.
Questa
attività di prevenzione deve essere accompagnata con una presenza attiva e
programmata delle funzioni di vigilanza sui punti di distribuzione al minuto.
Capitolo
31.2: Progetto obiettivo per la tutela della salute della donna e per la
protezione materno-infantile e dell'età evolutiva.
31.20
Introduzione.
Il
progetto-obiettivo «Tutela della salute della donna e protezione materno
infantile e dell'età evolutiva» (Progetto Donna-Infanzia) vuole portare a
sintesi tutte le attività rivolte a garantire condizioni di tutela
socio-sanitaria nella fascia di popolazione che è maggiormente coinvolta dalle
problematiche familiari.
Esso
vuole recuperare innanzitutto i significati della L.R. n. 54/1977, i cui
contenuti sono ancora validi essendo stati enucleati in un'ottica di riforma
sanitaria che la successiva legge 833 ha pienamente confermato, con particolare
riguardo alla integrazione nel nuovo sistema delle leggi 405 e 194.
Sulla
scia della legge n. 54/1977, il progetto propone inoltre obiettivi di civiltà
in un settore profondamente marcato dalla condizione femminile nella famiglia,
nel luogo di lavoro e nella società. Date queste valenze, il coinvolgimento dei
movimenti femminili è presupposto per la realizzazione del progetto:
analogamente dicasi per tutte le articolazioni della società nei livelli
istituzionali, partitici, sindacali, scientifici, etc., non essendo possibile
rimettere al solo movimento femminile la soluzione di problemi tanto complessi,
che richiede iniziative su più piani per la conoscenza delle condizioni di vita
e di lavoro, per l'applicazione delle leggi che tutelano la condizione della
donna, e per l'uso integrato di tutte le risorse disponibili nel campo dei
servizi sociali. Ciò pone tra le priorità lo sviluppo di iniziative per la
conoscenza delle condizioni di vita e di lavoro, per l'applicazione delle leggi
che tutelano la donna all'interno della società (dal nuovo diritto di famiglia
alla legge 194, alla legge regionale n. 29/1982 etc.) e per l'uso integrato di
tutte le risorse disponibili nel campo dei servizi sociali.
31.21
Indicazioni operative.
Il
Progetto «Donna-Infanzia» impegna i servizi delle ULSS ad intervenire mediante
azioni programmatiche coordinate in direzione:
-
della procreazione responsabile;
-
della gravidanza e del parto;
-
dell'età neonatale e dell'infanzia;
-
dell'età evolutiva.
a)
Procreazione responsabile.
Per
quanto attiene gli interventi per garantire il diritto alla procreazione
responsabile, assumono importanza prioritaria:
-
la prevenzione dell'aborto attraverso l'estensione delle conoscenze sui mezzi e
metodi contraccettivi che la donna e la coppia possono scegliere liberamente ai
fini di una procreazione responsabile;
-
l'allargamento delle conoscenze in tema di sessualità e procreazione
responsabile attraverso la promozione di iniziative di educazione sanitaria e
sessuale, nonché con la promozione di iniziative di prevenzione per evitare
malformazioni al nascituro;
-
il sostegno psicologico e sociale, aiuto economico, se necessario, alle madri
in difficoltà;
-
il superamento dei residui ostacoli alla generalizzazione dell'applicazione
della L. 194/1978 su tutto il territorio regionale;
-
la semplificazione e razionalizzazione degli interventi di I.V.G. mediante la
generalizzazione delle tecniche di intervento meno traumatizzanti e l'adozione
di protocolli di accesso all'I.V.G che evitino accertamenti preliminari
superflui o potenzialmente dannosi per la salute della donna;
-
la vigilanza sull'osservanza delle leggi che tutelano la condizione della donna
lavoratrice, e la facilitazione dell'accesso alla fruizione di tutte le altre
forme di tutela contenute nella legislazione sociale italiana.
b)
Gravidanza e parto.
Per
quel che concerne la salute della donna, la tutela sanitaria nella gravidanza e
al momento del parto è affidata al corretto funzionamento delle strutture
sanitarie territoriali dell'area di base e dell'area integrativa, nonché delle
strutture ospedaliere. Il Progetto propone obiettivi di razionalizzazione degli
interventi di tali strutture, soprattutto in termini di protocolli per i
controlli in gravidanza e di standard di funzionamento dei reparti ostetrici.
Per
quanto attiene la salute del nascituro e la qualità della sopravvivenza, gli
obiettivi del Progetto vengono calati in una realtà che vede l'Umbria attestata
su bassi livelli di mortalità infantile. Questo dato favorevole consente di
spostare il tiro così che, consolidando il risultato raggiunto, si vadano ad
aggredire le cause che menomano la qualità della vita dei neonati.
In
questo senso il Progetto punta al rafforzamento della diagnosi prenatale, delle
condizioni che possono determinare handicap sia per cause genetiche che
congenite, e alla prevenzione degli incidenti in corso di parto.
c)
Età neonatale ed infanzia.
Coerentemente
con quanto espresso al paragrafo 31.22, gli interventi in corrispondenza di
questa fase saranno mirati in particolare alla diagnosi precoce delle
malformazioni e degli handicaps, con l'obiettivo di censire i casi di
malformazione anche a scopo di indagine epidemiologica sui fattori prevalenti.
A
tale riguardo verranno consolidati i risultati raggiunti in Umbria con il
Progetto finalizzato del C.N.R. sulla prevenzione delle malformazioni,
istituendo un servizio di sorveglianza gestito con il coordinamento
dell'Osservatorio epidemiologico regionale.
Altra
priorità di intervento consisterà nel garantire l'assistenza pediatrica alla
popolazione infantile, rimuovendo le cause delle carenze dei servizi pubblici e
promuovendo iniziative per incentivare l'accesso alla specializzazione da parte
dei medici.
d)
Interventi per l'età evolutiva.
Verranno
affrontate in questa cornice le problematiche minorili nei termini in cui sono
riproposte dalla L.R. n. 24 del 1982, e su cui si esprime un apposito capitolo
del «modello funzionale».
Per
quanto concerne specificamente la tutela della salute, gli interventi saranno
mirati in particolare alla condizione di vita nella scuola e
nell'apprendistato, nonché alla tutela sanitaria delle attività sportive.
Le
caratteristiche dei rischi presenti in tali ambienti, e l'incidenza dei fattori
comportamentali sulla loro evoluzione, richiedono una forte accentuazione degli
interventi nel campo dell'educazione sanitaria.
Capitolo
31.3: Progetto-obiettivo «Tutela della salute nei luoghi di lavoro».
31.30
Introduzione.
Il
progetto-obiettivo «Tutela della salute nei luoghi di lavoro» (Progetto-lavoro)
si propone come sintesi operativa degli interventi rivolti alla tutela
sanitaria della condizione di vita dentro la fabbrica e in altri ambienti di
lavoro, saldando in un'ottica preventiva il momento del controllo dei fattori
di rischio con quello della medicina del lavoro in senso stretto.
Il
Progetto assume nel primo Piano un particolare valore strategico per motivi sia
scientifici che politici.
Scientificamente,
perché le nocività presenti nel luogo di lavoro (macchine, sostanze, ritmi,
etc.) costituiscono uno dei fattori che hanno inciso più profondamente sulla
evoluzione delle condizioni di salute in termini sia di patologie acute (con
particolare riguardo ai traumatismi) sia di patologie croniche a lunga
evoluzione: e ciò tanto sul piano biologico che su quello psico-fisico.
Politicamente,
perché l'accorpamento di questa materia all'interno del S.S.N., oltre a
costituire uno dei principali punti di resistenza sull'iter formativo della
legge 833, è stato successivamente oggetto di continue e non ancora esaurite
contromanovre che fanno pensare ad un processo ancora in bilico il cui esito è
tutt'altro che scontato.
D'altra
parte, non va sottaciuto che la realizzazione degli obiettivi della riforma sul
piano della tutela della salute nei luoghi di lavoro ha incontrato altre difficoltà,
non imputabili alle manovre controriformistiche se non per il contributo che
queste hanno dato alle incertezze e alla confusione del quadro istituzionale
entro cui Regione ed ULSS si sono trovate ad operare nei confronti delle realtà
lavorative.
Tali
difficoltà «interne» possono essere fatte risalire a tre ordini di cause:
-
carenze di tipo culturale a livello della dirigenza regionale e delle ULSS,
spiegabili con il fatto che questo campo è stato tradizionalmente sottratto
alla competenza dei poteri locali;
-
incoerenze del quadro normativo generale che - a prescindere dalle contrastate
vicende del trasferimento delle competenze al S.S.N. - appare assolutamente
caotico in quanto composto di parti non solo separate ma anche inconciliabili
tra loro;
-
ostacoli di carattere ordinativo ed organizzativo, per le difficoltà ad
adattare il precedente sistema basato su strutture provinciali o addirittura
regionali come l'ENPI, l'ANCC e gli Ispettorati del lavoro, al nuovo modulo
territoriale delle ULSS, e anche per le difficoltà ad inquadrare correttamente
le figure professionali provenienti dalle gestioni sanitarie soppresse, al
sistema dei profili professionali previsti dall'ordinamento del personale del
S.S.N.
Quanto
sopra non può però giustificare cadute di impegno della programmazione
socio-sanitaria regionale nei confronti di un obiettivo che trova le sue
premesse negli articoli 19, 20 e 21 della legge 833, e al quale la Regione
Umbria ha dato risposte normative con la legge 43/1980 e con la stessa legge
regionale 45/1982 nella parte concernente il Presidio multizonale di
prevenzione.
Per
realizzare i suoi obiettivi, il Progetto «Obiettivo salute dei lavoratori»
presuppone un confronto permanente tra gli organi del S.S.R. e le forze sociali
nelle loro espressioni di rappresentanza diretta. Senza di ciò, non è pensabile
mettere in pratica l'impegno di recuperare all'interno di una cornice unitaria
e di un'ottica preventiva tutta la normativa esistente nel Paese in questa
materia, per farne oggetto di una efficace programmazione regionale e locale.
È
necessario in particolare il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali dei
lavoratori perché i programmi di tutela sanitaria possano essere proficuamente
gestiti all'interno dei luoghi di lavoro, chiamando i consigli di fabbrica e le
altre rappresentanze di base a concorrere alla loro elaborazione, nell'ambito
dell'applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro e dei
conseguenti accordi aziendali, secondo i principi della legge 300/1970
concernente lo statuto dei lavoratori.
Non
si può prescindere ovviamente neppure dal coinvolgimento delle associazioni
degli imprenditori, date le ineludibili connessioni tra i programmi di tutela
sanitaria e gli assetti produttivi, oltre che per le responsabilità ricadenti
sui datori di lavoro in materia prevenzionistica.
31.31
Indicazioni operative.
In
termini operativi, i Progetto presuppone la riorganizzazione dei servizi
dell'ULSS con l'obiettivo di garantire presso ogni Ufficio di direzione una
dotazione minima di personale qualificato professionalmente per la
programmazione degli interventi e per provvedere alle funzioni di vigilanza e
controllo sui luoghi di lavoro. Questo obiettivo deve procedere di pari passo
con la strutturazione del Presidio multizonale di prevenzione, con particolare
riguardo alla costituzione del dipartimento di igiene e sicurezza del lavoro,
comprendente i servizi operativi per le ispezioni, i collaudi e le verifiche
degli impianti.
Altra
priorità concerne la definizione degli obiettivi di intervento sulla base della
conoscenza della situazione epidemiologica umbra. A questo scopo è necessaria
la collaborazione dell'INAIL per quanto concerne la messa a disposizione dei
dati statistici sulle malattie professionali e sugli infortuni, a livelli di
aggregazione tali da consentire a ciascuna ULSS di valutare l'andamento di tali
fenomeni nel territorio di competenza. È inoltre necessario procedere ad
indagini epidemiologiche mirate, in rapporto alle situazioni di rischio
prevalenti nella nostra Regione.
Ciò
pone tra le priorità la determinazione delle mappe territoriali di rischio,
secondo metodologie uniformi per tutto il territorio regionale. Sempre a
livello di strumenti informativi, vanno messi in opera i registri dei dati
ambientali e dei dati biostatistici, con precedenza per le aziende ricomprese
nei settori di rischio prioritario.
Per
quanto concerne gli interventi operativi, il Progetto esprime indirizzi per la
realizzazione di programmi di controlli ambientali in forma sistematica, ferma
restando la necessità di provvedere ad esigenze estemporanee non programmabili.
A tale riguardo il personale ispettivo e chiamato a fare largo uso della
diffida, con relativa indicazione dei provvedimenti da adottare da parte delle
imprese: un avvio automatico del procedimento giudiziario repressivo non
garantisce infatti risultati adeguati sul piano della prevenzione e rischia di
instaurare un regime conflittuale sistematico e preconcetto tra S.S.R. e mondo
imprenditoriale.
Sempre
in tema di interventi operativi il Progetto esprime indirizzi per i controlli
sanitari sulla salute dei lavoratori, ivi compresi quelli obbligatori per
legge, che costituiscono un'incombenza del datore di lavoro e per i quali le
ULSS offriranno convenzione sulla base di uno schema-tipo regionale.
Infine
il Progetto dedica attenzione ai problemi della formazione e aggiornamento
degli operatori e prevede iniziative rivolte alla formazione prevenzionistica
dei lavoratori a livello aziendale.
Capitolo
31.4: Progetto-obiettivo «Tutela della condizione socio-sanitaria
dell'anziano».
31.40
Introduzione.
Il
Progetto-obiettivo «Tutela socio-sanitaria dell'anziano» (Progetto anziani) si
propone come sintesi degli interventi rivolti a proteggere da varie angolature
la condizione dell'anziano, intendendo con ciò la fascia di popolazione che è
uscita dalla condizione lavorativa e che si trova ad affrontare la nuova realtà
esistenziale in condizioni socialmente ed individualmente sfavorevoli.
condizioni aggravate da una maggiore esposizione alle conseguenze delle
malattie a lunga evoluzione, e di tutti i processi cronicizzanti che recano
menomazione sul piano dell'autosufficienza.
Il
Progetto vuole offrire supporti sociali per affrontare queste realtà, che si
caratterizzano in ultima analisi per una condizione di debolezza contrattuale
complessiva a carico di una fascia di popolazione che sta assumendo un peso
crescente sia in assoluto che in percentuale sul totale della popolazione. È
questo un processo comune a tutti i Paesi sviluppati; lo si riscontra anche in
Italia, e nella stessa Umbria dove assume un rilievo particolare. La nostra
Regione registra, infatti, mediamente uno dei più alti indici di
invecchiamento, con punte negative particolarmente preoccupanti in alcuni
comprensori.
Il
Progetto ha come obiettivo centrale l'integrazione sociale degli anziani,
attraverso lo sviluppo di iniziative di socializzazione nel contesto
comunitario nonché il consolidamente di supporti per consentire all'anziano di
conservare una posizione di autosufficienza e di evitare il ricorso al ricovero
in istituto mediante soluzioni alternative presso la famiglia di appartenenza o
in seno a comunità assistite.
Sullo
sfondo di questi obiettivi sta la lotta all'istituzionalizzazione in atto, con
la prosecuzione di un impegno che ha permesso di raggiungere in Umbria
risultati non insignificanti. Non è certo pensabile di eliminare il fenomeno
dell'istituzionalizzazione, perché rimarrà sempre una fascia di bisogni non
affrontabile altrimenti che con il ricovero. E però vanno esperite le soluzioni
idonee ad affrontare quelle situazioni, che sono probabilmente la maggioranza,
in cui la consegna o l'abbandono dell'anziano in istituto è provocato solo
dalla mancanza di risposte sul piano dell'assistenza domiciliare e dell'aiuto
domestico-familiare. Donde la rilevanza che questi servizi vengono ad assumere
nella strategia del progetto.
Una
evidenza particolare sarà poi dedicata agli aspetti residui di ricovero negli
istituti propri ed impropri, considerando «propri» quelli che hanno
istituzionalmente la funzione di accogliere anziani validi, ed «impropri»
quelli che accolgono anziani non autosufficienti. I problemi relativi a questi
ultimi sono affrontati nel progetto-obiettivo «Tutela socio-sanitaria delle
fasce marginali di popolazione».
Per
questi fini, nel quadro di un utilizzo pieno e razionale delle risorse
disponibili, il Progetto stimola l'apporto della cooperazione e del
volontariato, riconoscendo in esse anche una componente essenziale al recupero
di quei valori solidaristici che possono andare persi nella pratica del lavoro
professionalmente strutturato, e che sono indispensabili in un campo dove
spesso i problemi della socializzazione e della integrazione emergono su tutti
gli altri.
Infine
il Progetto impegna le ULSS ad assumere iniziative per la formazione e
l'aggiornamento del personale, strutturato e non, coinvolgendo in tale processo
anche il personale politico-amministrativo perché assuma nell'organizzazione
delle attività quel ruolo trainante ed essenziale attraverso il quale sarà
concretamente possibile realizzare gli interventi ed i servizi previsti per il
recupero di un ruolo attivo dell'anziano all'interno dei processi di sviluppo
in atto nella nostra Regione.
31.41
Indicazioni operative.
Il
Progetto-Anziani impegna i servizi delle ULSS ad intervenire mediante azioni
programmatiche per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
1)
sensibilizzazione di tutte le componenti sociali sui problemi dell'anziano;
2)
rilevazione finalizzata alla costruzione di una mappa conoscitiva sulle
condizioni attuali dell'anziano nella Regione e sulle strutture assistenziali
utilizzate o, comunque, utilizzabili.
Di
rilevante importanza saranno anche gli studi sulla popolazione con la ricerca
di dati quali l'indice d'invecchiamento, le modalità di prevenzione
dell'invecchiamento patologico e le risposte non istituzionali esistenti
localmente nei confronti dell'anziano.
L'indagine
dovrà riferirsi alla conoscenza qualitativa e quantitativa dell'assistenza
domiciliare, delle comunità alloggio, dei centri di servizi e diurni, dei
poliambulatori, delle case di riposo, dei cronicari e dei servizi ospedalieri;
3)
elaborazione di standard di idoneità relativi ai servizi assistenziali;
4)
scelta degli interventi operativi che garantiscono i migliori livelli di
assistenza:
a)
agevolazione, con interventi idonei, dell'attività occupazionale e culturale
degli anziani al fine di stimolo psico-fisico ed integrazione sociale;
b)
assistenza domiciliare intesa come insieme di prestazioni socio-assestenziali e
sanitarie, funzionalmente collegate con i centri di servizio;
c)
formazione di gruppi famiglia;
d)
creazione di ospedali diurni (non solamente per anziani);
e)
sperimentazione di case-albergo (non solamente per anziani);
f)
realizzazione di strutture aperte e residenziali per non autosufficienti,
ribadendone la loro esclusiva finalizzazione;
g)
assistenza economica di base;
5)
adeguamento di tutte le strutture di ricovero già esistenti.
Capitolo
31.5: Progetto-obiettivo «Tutela socio-sanitaria delle fasce marginali di
popolazione».
31.50
Introduzione.
Il
Progetto-obiettivo «Tutela socio-sanitaria delle fasce marginali di
popolazione» (Progetto-fasce marginali) si pone come sintesi degli interventi
rivolti alle persone che per estreme carenze di autosufficienza versano in
condizione individuale di eterodipendenza non transitoria. Si tratta di persone
che per la totale o quasi totale mancanza di contrattualità sociale occupano
posizioni «marginali» nella società.
Il
progetto si rivolge pertanto, schematicamente:
-
a persone la cui debolezza deriva da deficit psicofisici congeniti o acquisiti
(orientativamente: ex ricoverati «cronici» negli ospedali psichiatrici,
handicappati fisici e sensoriali, cerebropatici, etc.);
-
a persone con deficit di socializzazione (orientativamente: tossicodipendenti,
malati di mente o in genere persone con gravi problemi psichiatrici e di igiene
mentale);
-
a persone con prevalenti problemi di reinserimento sociale (orientativamente:
detenuti e dimessi dagli istituti di pena, minori soggetti ad interventi
amministrativi dell'autorità giudiziaria, anziani in situazione di isolamento
ed eterodipendenti, lavoratori espulsi dal processo produttivo a seguito di
infortunio, tecnopatia o malattia professionale).
Il
Progetto propone una strategia di intervento finalizzata ad affrontare le
persone in base ai loro bisogni e non all'appartenenza ad una determinata
categoria protetta.
In
questa cornice il Progetto: opta per interventi da realizzare nel territorio, e
quindi da integrare nell'attività di distretto; stimola la integrazione anche
con soggetti esterni al S.S.R. (scuola, mondo del lavoro, istituzioni
giudiziarie); richiede il coinvolgimento delle istanze di aggregazione sociale
presenti nei quartieri, nel sindacato, a livello di volontariato, etc.
Quanto
precede caratterizza il Progetto come tipico terreno di incontro e di
integrazione tra le politiche sanitarie e quelle socio-assestenziali, e come
stimolo per collocare le une e le altre dentro un quadro di obiettivi di
promozione sociale, utilizzando a tal fine oltre che le competenze delle ULSS
anche quelle socio-assestenziali dei Comuni e delle Province: la realizzazione
del Progetto coinvolge quindi sullo stesso piano tutti i soggetti istituzionali
del decentramento, e rappresenta uno dei momenti cardine dell'applicazione
della legge regionale n. 29 del
1982.
Il
Progetto si caratterizza per il fatto di rivolgersi ad individui che non si
trovano più in una condizione di rischio generico, ma che sono portatori di
menomazioni che creano bisogni individuali e personalizzati. In questo senso il
progetto si differenzia, ad esempio, dal Progetto Donna Infanzia e dal
Progetto-Anziani, che laddove trattano problemi ricompresi nella sua tematica
li affrontano non in maniera individualizzata, bensì rivolgendosi a fasce di
popolazione esposte a rischio generico, con prevalenti bisogni di prevenzione
individuale largamente di competenza del S.S.R. Laddove per i soggetti ad
elevato rischio di marginalità la prevenzione spetta solo in parte al S.S.R.,
mentre per il resto si tratta di prevenzione sociale nel senso più lato del
termine.
Un
elemento che accomuna tutte le azioni dirette alle fasce marginali e il loro
contenuto riabilitativo.
Al
riguardo il Progetto si basa sul presupposto che il termine «riabilitazione»
contiene due valenze: una prima valenza è quella tesa a restituire il massimo
di efficienza possibile ai soggetti; una seconda valenza riguarda la ricerca di
un equilibrio nel rapporto individuo-ambiente una volta che sia stata recuperata
l'efficienza concretamente acquisibile (o meglio ancora contestualmente a tale
processo di recupero).
Il
Progetto-obiettivo «Assistenza alle fasce marginali di popolazione» si articola
nei seguenti riferimenti a specifiche condizioni di marginalità, da intendersi
esclusivamente come momenti di approfondimento di una tematica rigidamente
unitaria:
-
marginalità da rischio psichiatrico;
-
marginalità da tossicodipendenza;
-
marginalità da malformazioni congenite, da lesioni motorie dell'infanzia, da
epilessia;
-
marginalità degli handicappati con bisogni di inserimento scolastico e
lavorativo;
-
marginalità da devianza minorile;
-
marginalità per conseguenze degli infortuni sul lavoro;
-
marginalità della popolazione anziana con problemi di risocializzazione;
-
marginalità degli handicappati per «barriere»;
-
marginalità dei ristretti negli istituti di pena;
-
problemi particolari dei portatori di protesi riabilitative.
Nel
rinviare al «documento tecnico-scientifico e tecnico-organizzativo» dedicato al
Progetto, vengono di seguito sviluppate le indicazioni specificamente
riguardanti la psichiatria e la tutela della salute mentale, nonché gli
obiettivi della riabilitazione.
31.51
Obiettivi per la psichiatria e la tutela della salute mentale.
Gli
obiettivi in materia di psichiatria e di tutela della salute mentale hanno la
loro premessa nella storia
della
psichiatria in Umbria.
La
storia della psichiatria in Umbria ha dimostrato, prima ancora che la legge lo
prescrivesse, la
necessità
e la possibilità di trasformare i modi della risposta psichiatrica.
In
questi anni si è infatti compresa l'inutilità del manicomio e l'opportunità del
suo superamento, sia da un
punto
di vista civile, morale, politico, sia da un punto di vista scientifico, si è
resa possibile, pur nella
prevedibile
gradualità e considerando i limiti e le contraddizioni che un processo non
lineare incontra, la
costruzione
di servizi territoriali capaci di fornire tutte le possibili risposte alle
domande specifiche che
nella
realtà sociale di volta in volta si producono.
Si
è conseguentemente cercato di strutturare le relazioni del servizio
psichiatrico nelle sue varie
articolazioni
(ambulatorio, servizio di diagnosi e cura. strutture residenziali, spazi di
attività, reperibilità
notturna)
e le relazioni dello stesso con le istituzioni (distretti, ospedale, scuola,
luoghi di lavoro, famiglia).
Oggi
gli obiettivi che caratterizzano la riorganizzazione dell'assistenza
psichiatrica sono:
1)
superamento definitivo dell'Ospedale psichiatrico;
2)
pervenire all'unitarietà dell'intervento psichiatrico ed alla continuità
terapeutica strutturando il
servizio
secondo un modulo dipartimentale;
3)
permettere la massima integrazione funzionale e multidisciplinare tra
operatori, tra servizi, tra livelli
territoriali.
Per
quanto concerne la definitiva destrutturazione dell'Ospedale psichiatrico ed il
recupero all'interno
della
comunità umbra di quei soggetti che attualmente sono ospitati in strutture
extraregionali, il Progetto
propone
soluzioni alternative sulla base dei bisogni individuati e correlati al grado
di dipendenza socio-
sanitaria.
Schematicamente si tratta di:
-
strutture residenziali di coabitazione (gruppi-famiglia, gruppi-appartamento) a
dimensione distrettuale;
-
casa-albergo a dimensione sovradistrettuale;
-
reparto medico di lunga degenza a dimensione sovradistrettuale:
-
soluzioni assistenziali notturne a dimensione sovradistrettuale;
-
gruppi di attività a dimensione sovradistrettuale;
-
aree di attività terapeutico-riabilitative (Day-Hospital) a dimensioni
sovradistrettuali.
Le
ultime tre soluzioni si riferiscono a strutture per soggetti che presentano
gradi elevati di dipendenza socio-sanitaria o gradi elevati di deterioramento
mentale comportamentale che suggeriscono la permanenza degli stessi nell'area
psichiatrica.
Alla
realizzazione complessiva di questo progetto, che il Piano affida precipuamente
all'ULSS del Perugino, è necessario che concorrano tutte le ULSS della Regione
con la creazione in ognuna di almeno una struttura residenziale di
coabitazione, nella convinzione che molti problemi presenti nella popolazione
dell'Ospedale psichiatrico sono problemi in parte sovrapponibili a numerosi
bisogni sociali che possono trovare legittimazione normativa e risorse
finanziarie nell'applicazione della L.R. n. 29/1982.
Sulle
modalità attuative si ritiene opportuno il ricorso a strutture edilizie
disponibili o la nuova e diversa utilizzazione di altre strutture
opportunamente riconvertite oltre che una diversa riqualificata ed integrata
utilizzazione del personale già operante nei servizi socio-sanitari di base.
Ciò
che invece attiene all'assistenza psichiatrica e all'igiene mentale, come
introdotto nell'ordinamento sanitario italiano dalla L. n. 180/1978 e nella
legge di riforma sanitaria n. 833, trova nella programmazione socio-sanitaria
regionale un inserimento quale attività preminentemente preventiva che non può
che trovare collocazione nei presidi territoriali di assistenza di base, ove i
servizi dipartimentali di igiene mentale troveranno articolazione organizzativa
con proiezione distrettuale attraverso la partecipazione di personale di
assistenza medica ed infermieristica.
Il
dipartimento non è un ambito, né un servizio, bensì una comune organizzazione
del lavoro ove si attuano le diverse risorse professionali per fornire una
risposta globale. Il modello organizzativo del dipartimento di salute mentale,
pertanto, avrà innanzitutto nel distretto la sede per le attività preventive,
informative, educative, partecipative, oltre che di primo approccio e di
filtro; al distretto faranno riferimento le strutture residenziali, e gli
stessi servizi psichiatrici potranno trovare nelle equipes interdisciplinari
del distretto i loro interlocutori «territoriali».
Nell'area
integrativa il dipartimento di salute mentale troverà la sede per l'attività
poliambulatoriale e per i servizi di diagnosi e cura, chiamati a fronteggiare i
bisogni acuti di ricovero, ivi compresi i trattamenti sanitari obbligati per
legge (T.S.O.).
Relativamente
a quest'ultimo aspetto, tocca al Piano fissare il numero dei posti-letto
riservati per il T.S.O. negli ospedali generali. Il progetto spinge verso
soluzioni riduttive, nelle quali la risposta in termini di posti-letto
ospedalieri sia cioè contenuta entro limiti ristretti, per dare eventuale
spazio a risposte più elastiche e meno strutturate presso i servizi
territoriali di igiene mentale.
Due
questioni particolari vanno poste all'attenzione di chi sarà chiamato a
sviluppare il progetto.
Occorre
innanzitutto garantire omogeneità di prestazioni da parte dei servizi su tutta
l'area regionale, il che è reso alquanto problematico dalla concentrazione
degli operatori nell'ULSS di Perugia, che determina nelle altre ULSS situazioni
di carenze che si fanno sentire particolarmente nel Nursino.
Occorre
poi omogeneizzare i servizi sull'area regionale per quanto concerne gli orari
di funzionamento che non possono non tener conto dell'imprevedibilità
dell'emergenza.
31.52
Obiettivi di riabilitazione.
Premessa
fondamentale ad ogni progetto di sviluppo della riabilitazione è la necessità
di raccordare le previsioni ad una azione di razionalizzazione e qualificazione
di interventi finalizzata al risparmio.
In
questo particolare campo è infatti indiscutibile che nella maggior parte dei
casi grava sulla collettività, in termini di costi sociali, quanto non è stato
o è stato fatto solo parzialmente in termini di recupero fisico.
La
riabilitazione non va circoscritta nella dimensione di risposta unicamente
sanitaria o socio-assistenziale a quei soggetti che, per particolari condizioni
individuali di debolezza, occupano nella società posizioni marginali, ma va
piuttosto intesa come intervento variamente articolato in momenti bene
integrati finalizzati a:
1)
restituire ai soggetti cui l'intervento si rivolge il massimo della efficienza
fisica possibile;
2)
ricercare l'equilibrio del rapporto individuo-ambiente una volta che si sia
recuperato il più alto grado di efficienza fisica concretamente possibile.
Perché
la riabilitazione non si esaurisca in interventi di specialisti, nel corso dei
quali il recupero dell'efficienza fisica sia fine a se stesso, ma si realizzi
anche come momento di pieno inserimento sociale del soggetto onde evitargli la
subalternità della condizione marginale, è necessario limitare al massimo la
settorializzazione e la frattura dei momenti assistenziali che porta ad offrire
risposte solo sanitarie o solo sociali sull'unica base di una classificazione
dell'handicap.
La
riabilitazione deve recuperare al massimo le facoltà residue, impedire
l'insorgenza di minorazioni permanenti, contenerne l'entità (come nel caso
delle lesioni midollari traumatiche) o rallentare l'evoluzione invalidante
della malattia presente (come nel caso di certe patologie degenerative degli
anziani).
L'intervento
riabilitativo deve prevedere programmi personalizzati, finalizzati ad evitare
quanto più possibile il ricovero; programmi che presuppongano sia la
collaborazione multidisciplinare (neurologo, ortopedico, urologo, psicologo,
etc.), che l'integrazione con l'ambito sociale in cui il soggetto si trova a
dover utilizzare le funzioni residue e rieducate.
Nell'attivazione
dei servizi necessari non si può prescindere:
a)
dalla considerazione della gravità dell'handicap;
b)
dalla complessità del trattamento necessario;
c)
dalla professionalità connessa all'intervento prescelto.
Vanno
previsti diversi livelli di intervento:
1)
livello distrettuale (anche domiciliare), come servizio di base per trattamenti
riabilitativi di sostegno a patologie acute occasionali che non richiedono il
ricovero e per trattamenti di mantenimento o a carattere preventivo (come nel
caso di certi paramorfismi dell'infanzia), che richiedono:
-
l'impiego di attrezzature relativamente semplici e facilmente decentrate in
termini di costi di impianto e gestione;
-
la presenza continua di tecnici della riabilitazione;
-
il supporto periodico o del tutto sporadico di consulenza specialistica;
-
il massimo collegamento con i servizi sociali e l'attività medica di base;
2)
livello poliambulatoriale per interventi che richiedono apparecchiature più
complesse e la presenza continua dello specialista fisiatra e di altri
specialisti, accanto a quella del tecnico della riabilitazione;
3)
livello della struttura specialistica di ricovero da prevedere per ampi bacini
di utenza per il trattamento di casi che. successivamente alla fase acuta della
patologia primaria, necessitino di una fase di trattamento intensivo di
riabilitazione. Comunque, tenuto conto che l'azione riabilitativa è tanto più
efficace quanto più è precoce, ogni presidio di ricovero per acuti deve
consentire tale precocità di intervento attraverso forme di collegamento
organizzativo ed operativo con le strutture per la riabilitazione ai diversi
livelli.
Per
l'attivazione dei programmi è necessario il rapporto funzionale tra i servizi
di riabilitazione di vario livello e tra questi e gli altri servizi sanitari e
sociali di territorio. Pertanto è da ipotizzare:
a)
l'integrazione di tutte le risorse professionali esistenti, superando ogni
distinzione tra attività di lavoro dipendente ed attività di lavoro resa con
rapporto convenzionale nelle strutture pubbliche;
b)
la previsione di un giusto rapporto tra pubblico e privato che salvaguardi il
principio della complementarietà sancito dalla legge 833 e consenta anche una
previsione di investimenti conforme alla realtà delle risorse finanziarie
concretamente disponibili;
c)
la riconversione quantitativa delle strutture ereditate dagli enti mutualistici
nei vari ambiti territoriali e di quelle strutture di ricovero non rispondenti
ai reali bisogni dei cittadini.
Inoltre
non si può prescindere dalla riqualificazione e dall'aggiornamento del
personale da destinare ai servizi territoriali di riabilitazione, finalizzata
non soltanto alla acquisizione di nozioni tecniche, ma anche e soprattutto alla
necessità del lavoro di equipe e della professione svolta a contatto diretto
del territorio e del contesto sociale e non più solo in reparti specializzati
per investimenti settoriali.
L'organizzazione
ottimale dei servizi richiederà tempi di attuazione non sempre contenibili nel
triennio di validità del Piano. Può peraltro prevedersi con immediatezza, anche
ai fini del parziale recupero di risorse finanziarie attualmente impegnate in
via maggioritaria nel settore privato, la riconversione quantitativa e
qualitativa delle strutture già esistenti di cui al punto c) del precedente
paragrafo, nonché, sia pure con la gradualità dettata dalla disponibilità del
personale necessario, l'avvio dell'attività distrettuale.
Relativamente
alle strutture specializzate e da prevederne la collocazione nell'ambito delle
aree di riequilibrio territoriale.
Sottosezione
32. I progetti finalizzati per la salute.
32.1
P.F.1 = Malattie infettive e diffusive.
32.2
P.F.2 = Cardiovascolopatie.
32.3
P.F.3 = Cerebrovascolopatie.
32.4
P.F.4 = Malattie tumorali.
32.5
P.F.5 = nefropatie croniche.
32.6
P.F.6 = Epilessia e patologie connesse.
32.7
P.F.7 = Malformazioni congenite.
32.8 P.F.8 = Diabete.
N.B.:
La stesura dei progetti finalizzati è oggetto di appositi «contributi
tecnico-scientifici» che vengono pubblicati separatamente.
Sottosezione
33. Progetti «risorse».
33.1
P.R. Per accertamenti diagnostici.
33.2
P.R. Per l'assistenza farmaceutica.
33.3
Per l'assistenza ospedaliera.
Capitolo
33.1: Progetto-risorse per accertamenti diagnostici.
33.10
Introduzione.
La
razionalizzazione dell'accesso agli accertamenti diagnostici trae la sua
rilevanza, nell'assetto degli obiettivi del Piano, da vari ordini di
considerazione.
Vi
è innanzitutto da considerare il peso che questo capitolo di spesa sta
assumendo nell'equilibrio finanziario generale del sistema, con una tendenza
verso la lievitazione che prescinde dal consumismo in quanto è dovuto
all'introduzione di nuove tecnologie che sostituiscono quelle tradizionali,
nonché all'ampliamento dell'area di intervento in direzione di nuovi settori di
patologia.
Va
considerato in secondo luogo che l'innovazione o la trasformazione tecnologica
creano la necessità di potenziare alcune funzioni che, pur richieste anche
nella precedente fase, vanno però assumendo tutt'altro rilievo: la
standardizzazione dei metodi, la parametrazione dei risultati, i controlli di
qualità, la valutazione del rapporto rischio-benefici, l'utilizzo pieno delle
potenzialità insite negli impianti, e altro ancora.
Un
terzo ordine di considerazioni si rifà alle problematiche già affrontate a
proposito della medicina di base, per il fatto che tutte queste prestazioni
diagnostiche, sia tradizionali che innovative, attivano una tendenza a distaccare
la diagnosi dal ragionamento clinico e di affidarla alle risultanze della
macchina. Il che, tenuto conto se non altro dei margini di errore e di
opinabilità di qualsiasi risposta elaborata meccanicamente, rischia di
depistare l'intervento curativo fuori dal tracciato corretto.
Infine
non va sottovalutato che questo è uno dei campi principali dove l'iniziativa
privata si propone come protagonista concorrente con la struttura pubblica. Il
fenomeno non è attualmente molto preoccupante in Umbria, ma può diventarlo in
qualsiasi momento.
Al
riguardo, e senza alterare i connotati di un servizio sanitario nazionale
pubblico sì, ma aperto agli apporti dell'iniziativa privata (e quindi senza
alcun atteggiamento preconcetto o punitivo nei confronti di quest'ultima), è
necessario che gli stessi vincoli posti all'espansione della spesa finanziata
con il F.S.N. operino anche nei confronti della spesa assorbita dal
convenzionamento con le strutture diagnostiche private, e che quest'ultime
siano collocate in una logica di piano, ossia come elemento integrante e non
concorrenziale (in senso promozionale) del S.S.R.
Quanto
sopra concerne la diagnostica «pesante» realizzata mediante strumentazioni
sofisticate e all'interno di strutture complesse. Va da sé che altro è il discorso
della diagnostica «leggera», realizzata con i mezzi di cui si avvale
ordinariamente lo specialista-consulente, e la cui problematica va ricondotta
al convenzionamento con gli ambulatori privati.
Sulla
base di queste considerazioni, l'obiettivo generale del progetto «risorse per
gli accertamenti diagnostici» per il triennio del Piano viene articolato nei
seguenti obiettivi particolari:
-
razionalizzazione del ricorso alle prestazioni mediante procedure tecniche
(protocolli diagnostici: paragrafo 33.11);
-
razionalizzazione dell'accesso alle strutture diagnostiche mediante procedure
amministrative (regolamenti di accesso: paragrafo 33.12);
-
standardizzazione delle metodiche, controlli di qualità, razionalizzazione
delle procedure di acquisto dei materiali d'uso (standard di funzionamento
paragrafo 33.13);
-
qualificazione e piena utilizzazione degli impianti, programmazione degli
investimenti nelle tecnologie innovative (razionalizzazione degli impianti
paragrafo 33.14);
-
razionalizzazione del ricorso al convenzionamento esterno (paragrafo 33.15).
33.11
Protocolli diagnostici.
I
protocolli diagnostici vanno considerati come strumenti non burocratici di
razionalizzazione del ricorso alle prestazioni maggiormente a rischio di
consumismo o comunque di uso improprio secondo valutazioni che coinvolgono
anche gli aspetti dei costi.
Pertanto
i protocolli diagnostici si appoggiano esclusivamente su presupposti
scientifici e culturali trattandosi di delineare comportamenti corretti in
materie soggette a continuo riesame man mano che si accumulano informazioni e
conoscenze sull'efficacia delle prestazioni stesse dal punto di vista di falsa
positività o falsa negatività delle risposte di controindicazioni etc.
In
quanto strumenti non burocratici i protocolli diagnostici debbono essere
elaborati dagli stessi operatori addetti all'esecuzione delle procedure debbono
essere sottoposte alla convalida più ampia da parte del corpo sanitario e
debbono tradursi infine esaurite queste procedure partecipative in «disciplinari»
formalmente operativi e vincolanti.
Nelle
priorità del triennio verranno attuati protocolli diagnostici per le
prestazioni dei servizi e presidi multizonali per quelle basate su tecniche
radioimmunologiche, e per le radiologie con introduzione parenterale dei mezzi
di contrasto.
33.12
I regolamenti di accesso.
I
regolamenti di accesso da tenere distinti dai protocolli diagnostici,
configurano delle procedure amministrative che disciplinano l'uso delle
strutture diagnostiche da parte dell'utenza.
Il
cardine di questi regolamenti è il sistema di prenotazione unificato su base di
ULSS informatizzato e tendenzialmente decentrato sul distretto.
Il
regolamento di accesso determina le scadenze entro cui debbono essere fornite
le risposte, fermi restando i limiti di legge per ottenere le prestazioni;
determina inoltre i comportamenti nei casi di urgenza nei quali deve essere
derogato da tali limiti e le garanzie perché ciò non costituisca motivo di
abuso.
33.13
Standardizzazione delle procedure.
Un
primo obiettivo del triennio in materia di standardizzazione delle procedure è
l'applicazione delle misure previste dalle leggi regionali per la
razionalizzazione delle procedure di acquisto dei materiali d'uso mediante
pretrattativa unica a livello regionale con esito vincolante per le ULSS, ferma
restando la competenza di queste ultime a provvedere all'acquisto in senso
materiale similmente a quanto previsto per i farmaci inclusi nell'Elenco
terapeutico regionale.
Un
secondo obiettivo consiste nell'attuazione delle norme regionali e nazionali in
materia di controlli di qualità mediante convenzionamento delle ULSS con centri
di referenza scelti tra quelli segnalati dall'Istituto superiore di sanità,
nonché mediante controlli incrociati tra i laboratori delle ULSS. in base a
procedure determinate dalla Regione in sede di indirizzo e coordinamento.
Infine
è obiettivo del triennio l'impianto di un sistema informativo sperimentale che
consenta la notifica e la registrazione dei risultati degli accertamenti
diagnostici presso l'ambulatorio del medico di base, oltre che l'annotazione
generica dell'accesso a determinate metodiche di rilievo sul libretto sanitario
individuale del cittadino. Entrambe queste misure saranno accompagnate da
procedure sperimentali per il recupero rapido delle informazioni
precedentemente acquisite, onde evitare acritiche ripetizioni di indagini.
33.14
Razionalizzazione degli impianti.
Obiettivo
triennale nel campo della razionalizzazione degli impianti è anzitutto la
programmazione degli investimenti nelle tecnologie innovative stabilendo
precisi rapporti numerici con i bacini di utenza. Tali rapporti devono valere
per tutta la durata del Piano.
Per
quanto concerne la piena utilizzazione degli impianti, e quindi la
distribuzione del lavoro degli operatori nell'arco della giornata, è obiettivo
del triennio fissare indicatori sintetici di efficienza, calcolati isolando
come centri di costo gli impianti e il loro funzionamento.
33.15
Razionalizzazione del convenzionamento esterno.
Allo
scopo di razionalizzare il ricorso alle prestazioni fornite dal sistema privato
nel campo della diagnostica, il modello funzionale prevede che l'apporto delle
strutture convenzionate sia oggetto, sotto il profilo sia qualitativo che
quantitativo di una previsione programmatoria che discenderà:
-
dalla ricognizione oggettiva dei bisogni del territorio;
-
dalla valutazione della potenzialità operativa dei servizi direttamente gestiti
dalle ULSS;
-
dalla previsione di piena utilizzazione di detti servizi;
-
dall'esigenza di risolvere il problema dell'erogazione delle prestazioni
necessarie attraverso la massima qualificazione delle stesse e la contestuale
abolizione di tutti gli elementi che possono dilatare abnormemente la spesa nel
settore.
Ai
fini della individuazione delle strutture da convenzionare per la copertura
delle esigenze di servizio residue alla utilizzazione ottimale delle proprie
strutture, il S.S.R. deve tener conto del tipo di prestazioni fornite dalle
singole strutture private e della loro effettiva capacità operativa dimostrata
anche nei precedenti rapporti convenzionali; la correzione delle situazioni in
atto potrà essere ricercata anche incentivando lo spostamento territoriale
delle strutture convenzionate.
Nello
stipulare le convenzioni con le strutture private le ULSS allo scopo di
controllare l'utilizzazione delle risorse disponibili fisseranno il tetto di
spesa ammissibile per il pagamento delle prestazioni erogabili da ciascuna
struttura. Tale tetto potrà essere suddiviso in quote mensili compensabili tra
loro fino alla concorrenza del tetto annuo.
Qualora
lo stanziamento a disposizione per una struttura convenzionata sia saturato si
potrà ricorrere ad altre strutture private convenzionate solo se queste ultime
abbiano disponibilità residue di stanziamento.
Nel
caso in cui durante il corso dell'anno la previsione di spesa scritta a
bilancio per l'assistenza specialistica si dimostri insufficiente le ULSS che
intendano continuare ad avvalersi del convenzionamento esterno dovranno
provvedere attraverso una variazione del bilancio ordinario o adottando i
provvedimenti previsti all'articolo 50 ultimo comma della L. n. 833/1978.
Non
sarà consentito l'accesso a strutture private convenzionate poste fuori del
territorio dell'ULSS di iscrizione assistenziale.
Per
comprovate esigenze detto accesso potrà essere eccezionalmente autorizzato
dall'ULSS di iscrizione assistenziale fermo restando che la prestazione sarà
erogata previo visto dell'ULSS nel cui territorio opera la struttura privata
convenzionata.
Capitolo
33.2: Progetto «Risorse per l'assistenza farmaceutica».
33.20
Introduzione.
Il
progetto risorse per l'assistenza farmaceutica si colloca in una fase
particolarmente travagliata della vita del S.S.N.; una fase in cui alcune
tendenze a riconsiderare i principi della legge 833 perché ritenuti non più
difendibili alla luce della crisi di fondo delle economie dei Paesi
industrializzati, intrecciandosi con mai sopite volontà di riconquistare
privilegi e posizioni di potere messi in forse dalla filosofia della riforma, hanno
guadagnato spazi e segnato punti a favore sopra tutto nel campo dell'assistenza
farmaceutica.
La
spesa per i farmaci è stata presa di mira come principale obiettivo della
manovra di contenimento dell'espansione della spesa sanitaria pubblica.
Su
di essa è andato concentrandosi il taglio del Fondo sanitario nazionale con il
conseguente spostamento di una parte considerevole degli oneri per l'assistenza
farmaceutica dalla finanza pubblica al risparmio privato.
Questa
manovra non ha preso in alcuna considerazione il fatto che l'espansione del
consumo individuale dei farmaci è da anni sotto controllo avendo probabilmente
raggiunto i massimi livelli concretamente possibili; la dinamica della spesa
farmaceutica non è più legata, se non in misura minima a fattori connessi con
l'espansione della domanda e neppure (al di là di certi limiti) con il cattivo
funzionamento delle strutture sanitarie di base, mentre dipende sempre più da
strozzature presenti a livello dell'offerta di farmaci; un'offerta che è controllata
da una rete di procedure amministrative che non ha eguali per altri beni di
consumo, né in campo sanitario né in altri campi.
D'altra
parte questa manovra va contro corrente rispetto a una realtà oggettiva, che
consiste nell'aumento crescente del costo dei farmaci man mano che la ricerca
mette a disposizione della pratica medica un bagaglio di farmaci a contenuto
sempre più intenso di ricerca e di tecnologia, come presupposto di una
efficacia sempre maggiore e più selezionata.
La
farmacoterapia è oramai un presidio essenziale della medicina moderna; senza la
ricerca farmacologica la medicina non avrebbe fatto l'imponente salto di
qualità di questi ultimissimi decenni, perché non vi sarebbero a sua
disposizione tante molecole e principi farmacologicamente attivi contro
malattie un tempo prive di baluardi.
Questo
panorama è inquinato da due elementi. Un primo elemento è che accanto a farmaci
innovativi, ad attività selezionata, frutto di ricerca qualificata (che deve
estendersi al di là del momento della produzione, per prendere in
considerazione gli effetti del loro uso nella pratica medica) continuano ad
essere prodotti farmaci il cui uso può essere accettato come coadiuvante della
farmacoterapia principale, e la cui compresenza è dovuta fondamentalmente a
ragioni di equilibrio aziendale delle imprese produttrici. Un altro elemento di
inquinamento consiste nell'abuso di prescrizione di farmaci attivi (costosi),
al di là della loro indicazione terapeutica elettiva, farmaci che vanno a
sostituirne altri più semplici per ragioni varie tra le quali non sono
secondarie le pressioni promozionali sull'opinione pubblica e sul corpo medico.
Entrambi
questi fenomeni sono strutturali alla situazione italiana, o quanto meno hanno
radici lontane sulle quali è mancata finora un'adeguata operazione di bonifica.
Il risultato di questo ritardo nella ristrutturazione del settore farmacogeno
italiano ha fatto si che il principale (se non proprio l'unico) provvedimento
finalizzato alla razionalizzazione dei consumi e al risparmio della spesa sia
consistito finora nella quasi generalizzazione del ticket, ossia nella
corresponsabilizzazione finanziaria dell'assistito. Con questa misura
l'assistito è chiamato a compartecipare alla spesa sia per le terapie utili che
per quelle superflue, sia per i farmaci validi che per quelli che tali non
sono, senza poter influire su queste scelte ma subendo anzi le decisioni
altrui.
Il
Piano regionale si fa carico di questo problema, individuando innanzitutto
nella evoluzione attuale dell'assistenza farmaceutica un precedente pericoloso,
per i rischi che la compartecipazione alle spese venga estesa ad altri ambiti
assistenziali, qualora il sottodimensionamento del F.S.N. dovesse diventare un
dato permanente della politica sanitaria, al di là quindi delle sue motivazioni
congiunturali più o meno strumentalizzate.
Ancora,
vi è il rischio che in assenza di iniziative alternative all'attuale
situazione, vada ad aumentare la quota di compartecipazione a carico dei
cittadini tutto lascia pensare, infatti, che gli attuali livelli d imposizione
siano insufficienti a garantire il mantenimento della spesa nei limiti
programmati.
Di
fronte a questi rischi, il Piano affida al progetto «Risorse per l'assistenza
farmaceutica» la realizzazione di un circuito assistenziale che risponda a tre
presupposti:
-
il risparmio nelle aree di spesa comprimibili senza danni per la salute;
-
la fruizione dei farmaci per le terapie indispensabili;
-
la prevenzione del «mix» degli oneri finanziari, con il travaso della spesa da
un comparto all'altro.
Per
quanto concerne quest'ultimo punto, va tenuto presente il rischio di un maggior
ricorso all'assistenza ospedaliera in regime di ricovero, per sottrarsi
all'onere finanziario della compartecipazione nel caso in cui questo venga a
gravare oltre limiti sopportabili.
Sulla
base di queste considerazioni, l'obiettivo generale del progetto «Risorse per
l'assistenza farmaceutica» viene articolato nei seguenti obiettivi particolari
per il triennio del Piano:
-
il controllo sui consumi e sulla spesa farmaceutica nell'assistenza di base (i
controlli sull'assistenza farmaceutica extraospedaliera: paragrafo 33.21);
-
la razionalizzazione dell'uso die farmaci nell'ambito dell'assistenza
ospedaliera (l'Elenco terapeutico regionale: paragrafo 33.22);
-
la somministrazione diretta dei farmaci nell'ambito delle strutture pubbliche
extraospedaliere per particolari terapie mirate (l'uso dei farmaci nei presidi
extraospedalieri: paragrafo 33.23);
-
le attività informative verso gli operatori sanitari e l'educazione sanitaria
del pubblico (paragrafo 33.24).
33.21
Il controllo sui consumi farmaceutici extraospedalieri.
Gli
obiettivi del triennio per i controllo sulla spesa farmaceutica
extraospedaliera posta a carico del S.S.R. prevedono innanzitutto la generalizzazione
dei controlli da parte dei servizi di verifica contabile delle ULSS, per
rilevare su ciascuna prescrizione medica spedita dalle farmacie l'importo
totale, il numero dei pezzi e delle specialità, e la loro inclusione nel
P.T.N..
In
base a tali rilevazioni, le ULSS determineranno valori medi su cui confrontare
le risultanze riscontrate per i singoli medici convenzionati.
Tutte
le prescrizioni il cui costo superi del 50% la spesa annua per assistito
registrata nell'anno precedente saranno trasmesse a scadenze fisse all'Ufficio
di direzione dell'ULSS. Quest'ultimo richiederà al medico curante se lo riterrà
necessario una relazione clinica sulle motivazioni delle prescrizioni segnalate
come sopra e concorderà con il medico stesso le misure atte a garantire
l'assistenza farmaceutica con modalità meno onerose (ivi compresa la
somministrazione diretta dei farmaci nell'ambito delle strutture pubbliche).
Un
secondo obiettivo del triennio consiste nel controllo quali-quantitativo inteso
cioè a determinare sia la spesa indotta da ciascun medico che altri
comportamenti in sede di prescrizione con particolare riguardo al ricorso ai
prodotti galenici nonché alla ripartizione delle specialità per categorie di
attività terapeutica.
Il
controllo verrà effettuato su campione di medici e di aree territoriali, queste
ultime riferite ai distretti di base o alle circoscrizioni farmaceutiche. Si
procederà al campionamento mediante metodologie standardizzate a livello
regionale in modo da controllare ogni anno almeno il 5% dei medici iscritti
negli elenchi. Su richiesta degli interessati il controllo potrà essere esteso
anche ai medici non inclusi nel campione di partenza.
I
risultati dei controlli verranno notificati ai medici e comunicati alla Giunta
regionale.
I
ricettari da usare nell'ambito della medicina generale e pediatrica verranno
distribuiti solo ai medici iscritti nei relativi elenchi e negli elenchi della
guardia medica.
Le
prescrizioni dei farmaci nell'ambito dell'assistenza garantita dal S.S.R.
dovranno inderogabilmente essere effettuate all'interno del Prontuario
Terapeutico Nazionale. Farmaci non inclusi nel Prontuario potranno essere usati
esclusivamente per i fini della sperimentazione clinica controllata nonché nel
caso della somministrazione diretta attraverso i presidi pubblici ai sensi
della L.R. n. 46/1982.
33.22
Elenco terapeutico regionale.
La
somministrazione dei farmaci nell'ambito dell'assistenza ospedaliera in regime
di degenza avverrà esclusivamente con le modalità previste dalla L.R. n. 46/1982
in materia di Elenchi terapeutici regionali (ETR).
L'ETR
sarà utilizzato per l'acquisto diretto dei farmaci da parte delle ULSS previa
pretrattativa unica regionale ai sensi della L.R. n. 46/1982.
A
tal fine, i farmaci inclusi nell'ETR verranno indicati con il loro nome
generico e saranno raggruppati nelle categorie di attività terapeutica indicate
dalla Giunta con atto di indirizzo e coordinamento.
Alla
gestione sanitaria dell'ETR provvederanno apposite commissioni «etiche»
istituite in ciascuna ULSS ai sensi della L.R. n. 46/1982. La formazione
dell'Elenco e i suoi aggiornamenti saranno affidati all'apposita sezione del
Consiglio tecnico regionale per la sanità.
33.23
Uso del farmaci nei presidi sanitari pubblici extraospedalieri.
La
somministrazione e l'uso dei farmaci nei presidi extraospedalieri direttamente
gestiti dalle ULSS saranno collegati allo sviluppo dei day-hospital nonché dei
consultori dei centri e servizi di igiene mentale e di altre strutture
pubbliche destinate all'assistenza nei confronti di particolari situazioni «a
rischio».
La
somministrazione sarà finalizzata alla cura di determinati stati morbosi e con
modalità rigorosamente circoscritte per mezzo di protocolli terapeutici. Alla
determinazione degli stati morbosi e alla predisposizione dei protocolli
provvederà l'apposita sezione del Consiglio tecnico regionale per la sanità.
Nell'ambito
delle priorità dell'intervento saranno presi in considerazione i casi messi in
evidenza dai controlli sui consumi extraospedalieri previsti al paragrafo
33.21.
Altre
priorità saranno collegate ai trattamenti farmacologici dei tumori, delle
tossicodipendenze delle malattie mentali del diabete e di altre malattie
disendocrine, alle terapie con derivati plasmatici e ai trattamenti
farmacologici e dietologici dei dismetabolismi dell'infanzia derivanti da
alterazioni genetiche.
33.24
L'informazione e l'educazione sanitaria.
Gli
obiettivi dei triennio nel campo dell'informazione sui farmaci sono rivolti sia
a controllare le iniziative promozionali condotte dalle imprese produttrici sia
a innalzare il livello delle conoscenze degli operatori sanitari e della
popolazione ai fini del corretto uso del farmaco.
Per
quanto concerne il primo aspetto le ULSS attiveranno il controllo sulla
distribuzione delle specialità medicinali all'interno dei presidi direttamente
gestiti secondo procedure fissate in sede di coordinamento regionale. Le
risultanze di tale attività saranno rimesse alla Giunta stessa. Inoltre sarà
data comunicazione preventiva alla Giunta di tutte le riunioni comunque
denominate che siano indette su iniziativa o nell'interesse delle imprese
produttrici di farmaci che vengano indirizzate al personale sanitario e nelle
quali le ULSS siano coinvolte attraverso richieste di patrocinio o mediante
l'utilizzo di locali di riunione o con l'impegno diretto dei medici ed altri
operatori del S.S.R. Verranno infine attivate le altre misure previste dalle
disposizioni statali che disciplinano la informazione scientifica sui farmaci.
Per
quello che concerne l'informazione e l'aggiornamento professionale dei medici e
degli altri operatori sanitari al di fuori delle circostanze di cui sopra si fa
rinvio ai paragrafi concernenti la formazione degli operatori e l'aggiornamento
obbligatorio. Analogamente dicasi per l'educazione sanitaria della popolazione.
Capitolo
33.3: Progetto «Risorse per l'assistenza ospedaliera».
33.30
Introduzione.
Il
progetto «Risorse per l'assistenza ospedaliera» assume un rilievo fondamentale
nel quadro del P.S.R. in quanto la possibilità di realizzare molte delle misure
programmatiche innovative è legata alla fattibilità della riconversione delle
risorse impropriamente destinate all'assistenza ospedaliera in regime di
ricovero.
Tale
riconversione va perseguita senza forzature, nel senso che non si tratta di
negare o contestare il ruolo dell'assistenza ospedaliera, come strumento
fondamentale per la protezione sanitaria; il problema è di utilizzare le
innovazioni sanitarie per collocare l'ospedale di degenza nel contesto di un
mosaico organizzativo che prevede altre articolazioni gestite unitariamente, e
per coordinare il flusso delle prestazioni n modo che ogni presidio eroghi
compiutamente ciò che è chiamato elettivamente a dare.
Un
primo obiettivo è pertanto quello di razionalizzare l'accesso all'ospedale,
rompendo l'automaticità tra richiesta di ricovero ed accettazione.
Un
secondo aspetto della riconversione delle risorse destinate all'assistenza
ospedaliera concerne la ristrutturazione della rete regionale, sulla base della
individuazione di bacini di utenza razionali sotto il profilo del rapporto
costi-benefici. Al riguardo è fondamentale procedere alla verifica dei costi
sociali determinati dalla conformazione attuale della rete ospedaliera, per
formalizzare due strategie concorrenti: la riduzione del numero dei presidi
esistenti e del numero dei posti-letto; la utilizzazione alternativa delle
risorse patrimoniali ed umane esuberanti rispetto alla soglia ottimale
ridefinita come sopra.
Il
terzo luogo si pone la necessità di ristrutturare il presidio ospedaliero su
base di ULSS, prevedendo che anche nei casi in cui si dia luogo
transitoriamente all'esistenza di più di una sede, i servizi amministrativi
siano integrati eliminando qualsiasi duplicazione, e i servizi sanitari siano
riordinati per unità operative integrate, così da raggiungere l'obiettivo della
massima utilizzazione degli impianti anche se deconcentrati.
Ancora,
appartengono a questa strategia di razionalizzazione della spesa ospedaliera le
misure per gli investimenti sulle attrezzature, per l coordinamento degli
acquisiti di beni di consumo (farmaci, presidi diagnostici) anche mediante
forme di pretrattative centralizzate a livello regionale.
Nel
quadro di queste finalizzazioni, infine, si tratta di corresponsabilizzare gli
operatori sanitari del sistema ospedaliero, utilizzando l'istituto contrattuale
delle incentivazioni alla produttività con spirito innovativo: si deve evitare
di riprodurre meccanicamente il vecchio sistema delle compartecipazioni, dando
vita ad un meccanismo retributivo agganciato a miglioramenti nella produttività
del sistema in termini ora di risparmio di spese evitabili che di piena
utilizzazione delle risorse patrimoniali ed umane.
Sulla
base di queste considerazioni per il triennio di validità del Piano l'obiettivo
generale del progetto «Risorse per l'assistenza ospedaliera» viene articolato
nei seguenti obiettivi particolari:
-
razionalizzazione dei flussi di ricovero (33.31);
-
razionalizzazione della rete ospedaliera (33.32);
-
razionalizzazione delle procedure amministrative ed economali (33.33);
-
riconversione e riutilizzo degli spazi assistenziali eccedenti (33.34).
33.31
Razionalizzazione dei flussi di ricovero.
Gli
obiettivi di riduzione delle spese per degenza ospedaliera attraverso la
razionalizzazione dei flussi di ricovero prevedono innanzitutto la costituzione
in ogni ospedale di un servizio di accettazione sanitaria di norma integrato
con le funzioni di pronto soccorso e direttamente collegato con i servizi di
day-hospital.
Ogni
proposta di ricovero anche in caso di urgenza verrà pertanto esaminata da tale
servizio per una delle seguenti decisioni:
1)
non necessita di ricovero e conseguente immediata dimissione con relazione
clinica al medico proponente con esecuzione di eventuali cure ambulatoriali;
2)
passaggio in assistenza al day-hospital anche per l'esecuzione di accertamenti
diagnostici;
3)
ammissione programmata al ricovero e dimissione temporanea con prenotazione del
successivo ricovero nel caso di chirurgia elettiva;
4)
ammissione al ricovero e passaggio in cura all'unità operativa ritenuta
competente per la patologia in evidenza.
Nell'ultimo
caso, il trasferimento effettivo nelle zone di degenza avverrà, fatti salvi i
casi di urgenza, dopo l'esecuzione degli accertamenti diagnostici prescritti
nel provvedimento di ammissione da completare entro tre giorni dal ricovero. In
tale intervallo di tempo il ricoverato verrà trattenuto nei locali del servizio
di accettazione sanitaria, se strutturato per la degenza oppure in apposita
area della zona delle terapie intensive.
Fatti
salvi i casi di urgenza documentati con relazione clinica dal servizio di
accettazione sanitaria non saranno consentite ammissioni in ospedale dalle 12
del venerdì alle 8 del lunedì.
Il
provvedimento di ammissione dovrà indicare la durata presumibile del ricovero.
Qualora sia necessario prolungarlo e comunque alla scadenza del quindicesimo
giorno dalla data di ammissione, il responsabile dell'unità operativa ne farà
oggetto di segnalazione al competente settore dell'Ufficio di direzione salvo
che l'assistenza non possa essere proseguita in regime di day-hospital sotto la
responsabilità della stessa unità operativa.
Il
monitoraggio dei flussi di accettazione e diminuzione sarà inserito tra le
funzioni del sistema informativo socio-sanitario con particolare riguardo alla
gestione delle informazioni contenute nella scheda nosografica.
33.32
La razionalizzazione della rete ospedaliera.
Le
misure di razionalizzazione della rete ospedaliera da ricollegare agli
interventi del capitolo sulla ristrutturazione del presidio ospedaliero
prevedono che nell'ambito del numero complessivo dei posti-letto assegnati
all'ULSS la destinazione del posti letto per zone di degenza verrà determinata
dall'ULSS stessa anno per anno con criteri esclusivamente funzionali, sulla
base delle tendenze verificate, e tenuto conto degli obiettivi di riequilibrio
verso le funzioni territoriali.
I
parametri di calcolo prevedono per il triennio una durata media della degenza
di giorni 10,30 e un tasso medio di utilizzazione pari al 75%. Tali parametri,
riferiti al complesso della funzione ospedaliera dell'ULSS sono tassativi; il
Piano fissa inoltre parametri indicativi, interni al parametro complessivo
specificato come sopra e riferiti alle singole funzioni. Il piano
comprensoriale fisserà i parametri annuali di avvicinamento all'obiettivo
triennale.
All'infuori
delle circostanze in cui la deroga si rende indispensabile perché l'ULSS abbia
almeno un presidio ospedaliero non sono ammessi stabilimenti ospedalieri con meno
di 100 posti-letto. Gli stabilimenti che non rispondono a tale requisito
debbono essere riconvertiti ad altre funzioni socio-sanitarie entro il triennio
del Piano.
Non
sono ammesse articolazioni del presidio ospedaliero in altri stabilimenti oltre
a quelli esistenti. Nel caso in cui il presidio ospedaliero sia articolato in
più stabilimenti non saranno ammesse duplicazioni di servizi trasfusionali di
farmacia interna di diagnosi di laboratorio di istologia e anatomia patologica.
Non
sono ammesse nuove duplicazioni di reparti e servizi fatta eccezione per
l'accettazione sanitaria con annesso pronto soccorso se a carattere
interdipartimentale.
L'organico
ospedaliero è unico per tutto il presidio anche se questo sia articolato in più
stabilimenti. Pertanto il personale addetto ai reparti di degenza e ai servizi
speciali distribuisce il proprio tempo lavoro nel presidio dell'ULSS secondo
criteri di rotazione che garantiscano l'utilizzo ottimale delle risorse umane e
strumentali.
Fa
eccezione ai criteri sopra indicati il presidio ospedaliero di Perugia
relativamente all'articolazione nelle due sedi di Monteluce e di S. Andrea
delle Fratte.
Le
modificazioni alla struttura ospedaliera saranno consentite solo se ne
conseguiranno effetti nella direzione degli obiettivi sopra indicati.
33.33
La razionalizzazione dei servizi amministrativi e tecnici e delle procedure
economali.
Per
il raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa per degenza
ospedaliera tutti i servizi amministrativi già destinati alla gestione
dell'ospedale sono ricondotti presso l'Ufficio di direzione e gestiti
unitariamente con le altre funzioni dell'ULSS nell'ambito dei settori di
competenza amministrativa contabile ed economale.
La
gestione dei servizi tecnici verrà mantenuta di norma presso la sede del
presidio ospedaliero. In caso di articolazione del presidio in più
stabilimenti, la gestione dei servizi tecnici sarà comunque unificata su base
di ULSS.
Gli
acquisti di farmaci e presidi medicochirurgici e diagnostici di beni alimentari
di carburanti e di altri beni di consumo saranno subordinati a pretrattativa
vincolante su base regionale ai sensi della L.R. n. 18/1980.
Per
gli acquisti di attrezzature tecnologiche da utilizzare nei servizi generali e
in quelli amministrativi vale quanto previsto nel paragrafo relativo agli
investimenti sulle attrezzature.
33.34
Riconversione e riutilizzo degli spazi assistenziali eccedenti.
Gli
spazi assistenziali eccedenti rispetto alla razionalizzazione dei presidi
ospedalieri e alla loro funzionalizzazione in direzione dei fabbisogni per
emergenze sanitarie saranno oggetto di appositi piani di riconversione.
Gli
ospedali per i quali verrà a cessare la funzione di assistenza ospedaliera ai
malati in fase acuta verranno riutilizzati come presidi paraospedalieri o
poliambulatoriali o come presidi di supporto per l'alloggio di comunità
protette.
La
Regione dal canto suo indicherà fabbisogni di presidi per la riabilitazione
specializzata, da collocare presso strutture exospedaliere a disposizione delle
aree di riequilibrio territoriale delle utenze.
Per
quanto concerne gli spazi eccedenti in ospedali che mantengono la loro funzione
i piani di riutilizzo dovranno privilegiare la disponibilità di aree ad uso dei
familiari degli utenti per garantire i diritti del bambino ospedalizzato per
attività socio-culturali e di promozione scientifica.
Sottosezione
34. I progetti di settore.
34.1
P.S.1 = Formazione degli operatori ed educazione sanitaria.
34.2
P.S.2 = Sistema informativo sanitario.
34.3
P.S.3 = Servizi trasfusionali.
34.4
P.S.4 = Veterinaria.
N.B.:
La stesura dei progetti di settore fa oggetto di appositi «contributi
tecnico-organizzativi» che vengono pubblicati separatamente.
Sezione
4 - Le risorse.
Sottosezione
41.
41.1
Il servizio informativo socio-sanitario.
41.2
La ricerca finalizzata e l'osservatorio epidemiologico.
41.3
L'educazione sanitaria della popolazione.
41.4
La formazione continua e l'aggiornamento del personale.
Capitolo
41.1: «Il servizio informativo socio-sanitario».
41.10
Introduzione.
Gli
obiettivi di Piano per quanto concerne la realizzazione del Sistema informativo
socio-sanitario si collocano su due direttrici di marcia che debbono procedure
distintamente quanto meno nella fase di partenza: da un lato la costruzione dei
flussi informativi; dall'altro il trattamento informatico dei dati.
Per
quanto concerne il primo aspetto, è necessario innanzi tutto che ogni servizio
operativo sia capace di esprimere i dati riguardanti la propria attività. Verrà
pertanto dato particolare risalto alla ridefinizione della modulistica
concernente l'attività dei servizi, in quanto punto di partenza irrinunciabile
per qualsiasi valutazione di efficienza.
Accanto
all'uso della modulistica tradizionale, verranno applicate nei servizi le nuove
metodologie di analisi valutativa, in raccordo con i programmi di ricerca
scientifica dell'Istituto superiore di sanità.
Un
posto speciale in questa strategia sarà riservato all'inserimento del medico di
base nel sistema informativo, per utilizzare i dati concernenti lo stato di
salute che emergono dal contatto quotidiano con la popolazione, ma che si
disperdono a causa delle condizioni di isolamento artigianale in cui opera il
medico di base.
La
perdita di tali informazioni pregiudica la conoscenza sull'andamento reale
delle condizioni di salute, costringendo il sistema informativo a basarsi solo
sui dati ricavati dalle statistiche sanitarie (mortalità per cause, morbosità
rilevata nei presidi ospedalieri e altro), che offrono un osservatorio
attendibile solo per fenomeni alquanto selezionati.
Occorrerà
naturalmente migliorare le condizioni di utilizzo dei dati provenienti dalle
rilevazioni condotte da istituzioni esterne al S.S.N. (ISTAT e INAIL in primo
luogo). Questi dati dovranno essere trasmessi al S.S.R. con il massimo grado di
analiticità possibile (il Comune, per quanto concerne l'ISTAT).
Dovrà
essere strutturato a livello di ULSS un apposito servizio presso l'Ufficio di
direzione, dove far confluire tutti i dati provenienti dall'attività dei
servizi e quelli dovuti a rilevazioni anagrafiche e di stato civile.
Il
servizio, per la cui collocazione organica si rinvia all'apposito capitolo,
sarà anche un momento di prima aggregazione ed elaborazione dei dati, e per la
loro trasformazione in informazioni statistico-epidemiologiche.
Il
sistema informativo si completerà nel livello regionale, a sua volta collegato
con quello nazionale, come viene precisato nello specifico progetto di settore;
al livello regionale dovranno affluire solo i dati e le informazioni occorrenti
per elaborazioni su scala sufficientemente ampia da consentire giudizi ed
ingerenze utilizzabili ai fini della programmazione.
Obiettivo
centrale per quanto riguarda il livello regionale è anche la socializzazione di
tutti i dati occorrenti alla programmazione nei vari livelli del S.S.R. Questo
compito verrà svolto sia mediante una propria attività editoriale, sia
stimolando la produzione di notiziari e bollettini a livello di ciascuna ULSS.
Questo
flusso di dati ed informazioni avrà come finalizzazione particolare relazione
sullo stato sanitario della Regione, che costituisce il supporto per le notizie
da inserire nella relazione sullo stato sanitario del Paese.
Sarà
finalizzato inoltre alla rilevazione sull'andamento dei flussi di spesa,
conformemente alle direttive emanate dal Servizio centrale per la
programmazione sanitaria.
Per
quanto riguarda gli obiettivi di informatizzazione, tutti i programmi delle
ULSS saranno coordinati all'interno delle scelte fissate a livello regionale
dal S.I.R.P., in connessione con il C.R.U.E.D.
Va
tenuto presente al riguardo che l'esigenza di tale coordinamento ha due radici.
C'è da considerare in primo luogo che l'unitarietà del sistema informativo
richiede che si proceda con criteri unitari anche nell'acquisizione di quelle
strumentazioni informatiche che devono essere integrate «in rete». In secondo
luogo, la dimensione degli investimenti necessari per dotarsi di moderne
risorse di calcolo fa si che i programmi di finanziamento vengano
preventivamente valutati, e siano adottati nel rispetto delle esigenze di
equilibrio della spesa.
Infine,
verrà dato spazio nel triennio a programmi innovativi nel campo sia
dell'informatica che della telemedicina. Nel primo caso tali programmi saranno
raccordati con le iniziative «centrali» del Servizio per la programmazione
sanitaria del Ministero per la sanità, d'intesa con il C.N.R.; nel secondo il
raccordo sarà realizzato con la SIP, nell'ambito del progetto-pilota dedicato
all'area spoletina.
Altre
indicazioni per obiettivi del triennio sono contenute nel progetto di settore
dedicato al Sistema informativo socio-sanitario regionale.
Sulla
base di queste premesse il capitolo 41.1 si articola nei seguenti paragrafi:
-
il consolidamento delle modalità di rilevazione (41.11);
-
il coinvolgimento del medico di famiglia (41.12);
-
i rapporti con l'ISTAT, l'INAIL etc. (41.13);
-
la definizione degli assetti organizzativi (41.14);
-
obiettivi per la socializzazione delle informazioni (41.15);
-
obiettivi di informatizzazione del SISR (41.16).
41.11
Il consolidamento delle modalità di rilevazione.
La
costruzione del Servizio informativo socio-sanitario richiederà un particolare
impegno del S.S.R. nel consolidamento delle modalità di rilevazione dei dati di
base (caratteristiche delle esposizioni al rischio conoscenze sullo stato di
salute e sulle malattie informazioni sul funzionamento dei servizi etc.) e
nell'acquisizione di dati per la veterinaria.
Al
riguardo c'è da registrare che nella transizione al S.S.N. c'è stata
probabilmente una perdita di efficienza del sistema informativo con cadute di
conoscenza rispetto ai livelli pregressi. Va però considerato che
l'affidabilità delle precedenti modalità di rilevazione era nel complesso
abbastanza modesta per cui la ricostruzione dei flussi informativi deve tendere
al recupero solo di quanto era effettivamente utile, e deve puntare per il
resto a creare nuove fonti di informazione e nuove metodologie di rilevazione.
Dovrà
essere pertanto ricostruita tutta la modulistica di base aumentando il livello delle
informazioni ricavabili dalle schede di morte e dalle altre schede usate dai
servizi demografici; egualmente dicasi per le schede nosografiche ospedaliere
tuttora inutilizzate anche per problemi concernenti la codifica delle cause di
ricovero, e per le notifiche delle malattie infettive soggette all'obbligo di
denuncia per le quali si pone la necessità di concentrare l'attenzione sulle
patologie non documentabili per altre vie.
Questi
strumenti tradizionali saranno affiancati da altri due canali di flusso
riguardanti i dati ricavati attraverso le attività di medicina pubblica
(progetti-obiettivo e progetti finalizzati in primo luogo) e quelli rilevati
attraverso le nuove metodiche dell'epidemiologia valutativa tra le quali
spiccano le tecniche di valutazione dei flussi di utenza (Patient Flow
Analysis) e quelle per lo studio dell'efficienza dei servizi attraverso la
valutazione delle morti evitabili.
Tutte
queste rilevazioni dovranno essere portate a sintesi attraverso la
determinazione di specifici indicatori, da usare nella routine della gestione
delle informazioni socio-sanitarie.
41.12
Il coinvolgimento del medico di famiglia.
Il
coinvolgimento del medico di famiglia quale anello del processo di raccolta
trasmissione e utilizzazione dei dati concernenti lo stato di salute della
popolazione trae la sua giustificazione dal fatto che il nostro Paese è uno dei
pochissimi nel mondo ad aver generalizzato in forma sistematica la medicina di
base realizzandola come servizio pubblico ramificato in rete omogenea su tutto
il territorio nazionale.
Ciò
fa dell'attività del medico di famiglia un osservatorio edipemiologico
privilegiato le cui potenzialità sono però vanificate per responsabilità del
sistema sanitario stesso che non è riuscito finora a ricavare informazioni da
un servizio con il quale entra a contatto pressoché tutta la popolazione.
Se
si considera che il servizio della medicina di base realizza il contatto con la
popolazione anche prima che i problemi concernenti la salute siano strutturati
come malattie formalmente inquadrate si ha la precisa consapevolezza che
all'inutilizzazione del servizio stesso come osservatorio epidemiologico
corrisponde la perdita di informazioni sull'inizio del processo
eziopatogenetico di malattie a lunga evoluzione per le quali è importante
stabilire tempestivamente il momento del passaggio dal rischio o dalla
predisposizione al fenomeno patologico irreversibile.
Il
Piano intende perciò fare in modo che il sistema informativo socio-sanitario si
avvalga delle informazioni espresse attraverso l'attività del medico di base:
informazioni ovviamente spersonalizzate ossia non nominative.
Verranno
pertanto avviati programmi sperimentali di recupero di tali informazioni
attraverso l'uso di cartelle orientate per problemi da utilizzarsi
nominativamente per i fini dell'assistenza diagnostica-terapeutica ed
anonimamente per fini di documentazione epidemiologica. Saranno altresì
sperimentate, d'intesa con il C.N.R. e con il Ministero della sanità programmi
pilota di informatizzazione dell'archiviazione dei dati raccolti nel corso
dell'attività del medico di famiglia sempre con le più ampie garanzie di
riservatezza e di rispetto del segreto professionale.
41.13
I rapporti con l'ISTAT, l'INAIL, e gli altri istituti centrali di statistica sanitaria.
Nel
campo degli obiettivi prioritari del triennio va posta la regolarizzazione dei
rapporti con l'ISTAT con l'INAIL e con le altre istituzioni nazionali cui
affluiscono dati provenienti da rilevazioni correnti o censuarie.
A
tale scopo, utilizzando anche la presenza dell'Umbria nel «coordinamento
interistituzionale» costituito presso il Servizio centrale per la
programmazione sanitaria verrà provveduto all'utilizzazione dei dati raccolti
dalle istituzioni centrali specializzate mediante accordi che consentano di
accedere direttamente alle informazioni grezze, cioè non elaborate né aggregate
per moduli territoriali.
41.14
La definizione degli assetti organizzativi.
Dal
punto di vista organizzativo gli obiettivi del Piano triennale prevedono un
impegno prioritario per la definizione degli assetti organizzativi del
S.I.S.R., a livello di ULSS e di Regione.
Per
quanto concerne le ULSS, il S.I.S.R. verrà gestito nell'ambito di appositi
servizi costituiti presso l'Ufficio di direzione, e collocati organicamente tra
i «servizi comuni», a disposizione non di un singolo settore ma dell'Ufficio
nel suo complesso. In quanto «servizio», l'affidamento della responsabilità
direzionale verrà risolto conformemente agli indirizzi contenuti nel capitolo
25.1 del Piano socio-sanitario, indirizzi che sono riprodotti nel dispositivo
di legge.
L'organizzazione
del S.I.S.R. a livello regionale seguirà le vie indicate in sede di attuazione
della L.R. n. 2 del 1982, ed avrà il suo snodo operativo nell'ufficio
dell'assessorato alla sanità e ai servizi sociali.
Caratteristica
comune di questi due poli organizzativi sarà quella di non esaurire in sé le
funzioni della rilevazione statistico-epidemiologica, ma di porsi come momento
di coordinamento di attività che per realizzare l'obiettivo dell'efficienza
dovranno far capo prima di tutto all'impegno diretto dei servizi stessi da cui
le informazioni provengono o in cui vengono sottoposte a un primo livello di
elaborazione.
41.15
Obiettivi per la socializzazione delle informazioni.
Ai
fini della circolazione delle informazioni statistico-epidemiologiche
nell'ambito del S.S.R. il Piano prevede che siano incentivate organiche
iniziative editoriali curate sia dalla Regione direttamente che dalle singole
ULSS.
La
Regione curerà la pubblicazione di un notiziario per la programmazione
socio-sanitaria con l'obiettivo di aggiornare periodicamente il livello delle
conoscenze sugli indicatori capaci di fornire informazioni aggregate a livello
regionale sull'andamento dei fenomeni concernenti la salute e sul funzionamento
dei servizi. Tale notiziario fornirà anche dati relativi alle informazioni di
carattere epidemiologico fornite direttamente dalle ricerche finalizzate
condotte nella Regione Umbria o ricavabili per ricaduta da indagini a respiro
più ampio condotte dall'istituto superiore di sanità o coordinate dal C.N.R.
nell'ambito dei suoi progetti di ricerca finalizzata.
Collateralmente
a questa iniziativa editoriale, verranno impostate pubblicazioni a carattere
monografico, con priorità per gli argomenti sui quali esistano contributi
originali da parte di ricercatori impegnati sullo studio della realtà
dell'Umbria.
Questa
serie di pubblicazioni anche se non è chiamata a fare concorrenza alla
pubblicistica scientifica in quanto risponde a logiche diverse, dovrà
caratterizzarsi sul piano della qualità attraverso la corresponsabilizzazione
di un nucleo di personalità «garanti» della affidabilità di quanto viene
pubblicato.
A
questo impegno diretto della Regione dovrà corrispondere un analogo impegno
delle ULSS che saranno chiamate a collaborare al notiziario regionale, e che
verranno incentivate a produrre documentazioni sull'andamento dei fenomeni
nell'area di competenza dei propri servizi.
A
dare organicità a queste attività editoriali, provvederanno da un lato la
relazione annuale sullo stato sanitario della Regione e dall'altro le relazioni
sull'andamento dei flussi di spesa nell'ambito del Fondo sanitario regionale.
Questi impegni, che traggono la loro origine da precise norme della legislazione
regionale saranno assolti con il massimo scrupolo anche perché sono collegati
con analoghi impegni verso il livello centrale del S.S.N.. Essi verranno
pertanto affrontati con la convinzione di contribuire anche per questa strada
al consolidamento della riforma sanitaria nazionale.
41.16
Obiettivi di informatizzazione.
Gli
obiettivi di informatizzazione delle funzioni del S.I.S. regionale verranno
fissati come momento specifico dei programmi della Regione nel campo
dell'informatica. Tali programmi vedono nel CRUED il primo interlocutore per la
realizzazione di iniziative che comportano non solo investimenti cospicui ma
anche scelte di carattere tecnico che debbono essere attentamente valutate.
Il
Piano punta ad uno sviluppo dell'uso dei computer che superi la
parcellizzazione delle funzioni informatiche per pervenire alla realizzazione
di circuiti integrati nei quali le varie e differenziate funzioni di servizio e
di governo siano programmate e gestite con la logica del videotel.
A
questo riguardo assume importanza strategica di rilevanza regionale la
realizzazione del progetto-pilota concordato con il CRUED e la SIP per
l'informatizzazione integrata dei servizi socio-sanitari dell'area spoletina.
Capitolo
41.2: «La ricerca finalizzata e l'osservatorio epidemiologico».
41.20
Introduzione.
La
delineazione degli obiettivi nell'area della ricerca finalizzata richiede
innanzitutto che sia delimitato il campo dell'iniziativa regionale.
Il
termine «ricerca finalizzata» esclude evidentemente qualsiasi proiezione sulla
ricerca di base; al riguardo devono valere i presupposti di massima in base ai
quali il C.N.R. orienta le proprie scelte di politica della ricerca.
A
parte ciò, la finalizzazione della ricerca va intesa in stretto riferimento
agli obiettivi della programmazione socio-sanitaria regionale ossia deve
inserirsi in maniera diretta e trasparente su un obiettivo esplicitamente
collocato nel Piano socio-sanitario.
Delimitato
il campo in questa maniera, resta da dire che l'intervento regionale nell'area
della ricerca deve trovare tutti i coordinamenti con i soggetti e le iniziative
che si prefiggono scopi coincidenti con quelli sopra delineati: si tratta
infatti da un lato di evitare di ripercorrere in maniera ripetitiva ed
autarchica strade già esplorare, e dall'altro di allargare gli orizzonti della
ricerca finalizzata alla programmazione socio-sanitaria, sia per arricchire
quest'ultima che per fornire agli altri centri di iniziativa l'apporto delle
esperienze maturate nell'ambito del S.S.R..
Ancora
il fatto che la ricerca pilotata dal S.S.R. sia finalizzata alla programmazione
socio-sanitaria ne allarga i confini al di là dell'ambito strettamente
biomedico ed epidemiologico in senso stretto. Rientrano tra gli obiettivi di
questo tipo di ricerca finalizzata tutte le materie attinenti, oltre che alla
conoscenza dello stato di salute, anche all'approfondimento delle tematiche
gestionali: economia e finanza dei sistemi socio-sanitari, analisi sul
funzionamento dei servizi, valutazione sui bisogni della popolazione, sulle
abitudini comportamentali etc., e quant'altro possa aumentare l'efficacia degli
interventi delle strutture socio-sanitarie.
La
presenza della Regione nell'area della ricerca finalizzata si attua mediante
programmi predisposti direttamente dall'osservatorio epidemiologico, ed
affidati preferibilmente a strutture istituzionalmente dedite alla ricerca. Si
attua inoltre mediante incentivazioni a gruppi di ricercatori che presentino
autonomamente programmi coerenti con i presupposti di finalizzazione sopra
indicati. Si attua ancora mediante la compartecipazione delle strutture del
S.S.R. alle attività di ricerca condotte in altri livelli del S.S.N. (Istituti
Superiori di Sanità e di Prevenzione e Sicurezza del Lavoro, Centro Studi del
Ministero
della
Sanità, Servizio Centrale per la Programmazione Sanitaria e altri).
Si
attua infine mediante la ricerca di intese con l'Università, con il C.N.R. e
con altre istituzioni esterne al S.S.N., per concordare (nel rispetto delle
autonomie reciproche) indirizzi e priorità su tutta l'area della ricerca
finalizzata.
Come
annotazione conclusiva, il Piano configura l'organizzazione e il coordinamento
delle ricerche condotte nell'ambito del S.S.R., come funzione tipicamente
regionale, sia per la necessità di garantire organicità alle iniziative, sia
per evitare che queste si richiudano all'interno dei confini amministrativi
delle ULSS, con il rischio di perdere i loro connotati scientifici.
Il
capitolo 41.2 si articola pertanto nei seguenti paragrafi:
-
l'osservatorio epidemiologico regionale (41.21);
-
gli incentivi ai progetti di ricerca finalizzata (41.22);
-
il coordinamento con le ricerche degli altri livelli del S.S.N. dell'Università
e del C.N.R. (41.23);
41.21
L'Osservatorio epidemiologico.
Il
consolidamento dell'Osservatorio epidemiologico costituisce obiettivo
prioritario del Piano per lo sviluppo delle conoscenze sullo stato di salute
della popolazione, per la determinazione delle priorità d'intervento, per la
valutazione del funzionamento dei servizi, per la definizione dei criteri su
cui misurare gli effetti della spesa destinata al comparto.
L'Osservatorio
è chiamato anche a dare un contributo per lo sviluppo delle conoscenze nel
campo della veterinaria offrendosi come punto di riferimento anche per
l'Istituto zooprofilattico sperimentale.
Il
consolidamento dell'Osservatorio rispetterà il criterio contenuto nella legge
istitutiva. Secondo la legge umbra, infatti, l'Osservatorio epidemiologico non
si propone come struttura autosufficiente nel campo della ricerca finalizzata:
collocato all'interno dell'organico della Regione, come articolazione
dell'Ufficio socio-sanitario, esso vuole essere innanzitutto un punto di
convergenza e di incontro per tutte le forze della comunità scientifica
regionale impegnate nella ricerca finalizzata alla tutela socio-sanitaria.
In
tal senso assume particolare rilievo il contributo del Comitato
tecnico-scientifico, alla cui composizione concorrono esperti delle varie
branche dell'epidemiologia.
A
supporto del Comitato, la struttura organica dell'Ufficio regionale verrà
rafforzata con l'inserimento di collaborazioni consultive ricavate nella misura
del possibile dagli organici degli istituti di ricerca dell'Università.
L'attività
dell'Osservatorio si svilupperà preferenzialmente sulla base di programmi
integrati nelle attività di ricerca in corso in Umbria.
Come
contributo specifico ed originale, l'Osservatorio dedicherà particolare
attenzione alla cura degli aspetti metodologici delle ricerche epidemiologiche
cominciando dalla uniformazione dei criteri di campionamento della popolazione.
Un
altro tipo di contributo specifico ed originale consisterà nel trasferimento
dei risultati delle ricerche in termini di attività ordinaria dei servizi. In
tal senso sarà ripensata la metodologia epidemiologica basata sui requisiti di
rischio (per i tumori per il diabete per le malformazioni congenite e per altre
patologie aventi analoghe dimensioni «sociali») al fine di verificare se gli
insuccessi finora registrati nel Paese siano superabili coinvolgendo nelle
procedure di raccolta dei dati l'intera rete regionale dei servizi
socio-sanitari compresa l'area funzionale del medico di base.
L'Osservatorio
epidemiologico opererà anche per la formazione nei campi di propria pertinenza,
in particolare per:
-
la preparazione dei quadri per i servizi epidemiologici;
-
la valutazione dell'efficacia dei servizi;
-
l'uso degli indicatori di salute;
-
le metodologie di misurazione degli effetti della programmazione.
Queste
iniziative formative verranno fiancheggiate con l'indizione di conferenze
regionali di epidemiologia allo scopo di valutare la situazione nei campi più
rilevanti sul piano dello stato di salute.
L'Osservatorio
epidemiologico si proporrà come punto di riferimento per i raccordi con gli
«osservatori» delle altre Regioni con l'Istituto Superiore di Sanità con quello
per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro con il livello centrale del S.I.S.
Esso opererà infine come elemento di stimolo per i raccordi con le ricerche
condotte nell'ambito dei progetti finalizzati del C.N.R..
Altra
fonte di informazioni sarà costituita dalle relazioni dei distretti cui viene
fatto riferimento nel «modello funzionale» della partecipazione.
41.22
La ricerca finalizzata.
Gli
stanziamenti del Fondo sanitario regionale a destinazione vincolata per la
ricerca saranno utilizzati per incentivare attività scientifiche che aumentino
le conoscenze sullo stato di salute della popolazione e sui modi per
intervenire con gli strumenti della programmazione socio-sanitaria.
Dovrà
pertanto trattarsi tassativamente:
-
di ricerche a carattere epidemiologico o statistico, riferite ai fattori di
rischio o alle patologie prevalenti nella Regione;
-
di ricerche biomediche i cui risultati siano trasferibili nell'attività
corrente dei servizi dell'ULLSS;
-
di ricerche sulla valutazione dell'efficienza dei servizi;
-
di ricerche a supporto dei programmi regionali di formazione del personale e di
educazione sanitaria della popolazione;
-
di ricerche sulla sperimentazione di nuove tecnologie biomediche e sulle
tipologie edilizie da applicare nella programmazione dei presidi socio-sanitari
della Regione;
-
di ricerche sulle tecniche del management, sulla razionalizzazione delle
procedure tecnico-amministrative e contabili e sulla gestione dei dati:
-
di ricerche di carattere epidemiologico di igiene zootecnica e di igiene e
salubrità dei prodotti di origine animale.
Nell'ambito
delle suddette aree tematiche avranno priorità le ricerche direttamente
collegate con i progetti del Piano socio-sanitario.
Ai
fini dell'incentivazione, la Regione regolerà i suoi rapporti con i ricercatori
sulla base dei seguenti principi che faranno oggetto di apposito disciplinare:
-
i progetti dovranno essere presentati da gruppi di ricercatori preferibilmente
interdisciplinari appartenenti alle strutture universitarie e delle ULSS;
-
potranno residualmente concorrere agli incentivi anche centri di ricerca non
appartenenti a strutture pubbliche purché iscritti nell'apposito elenco tenuto
dal Ministero per la ricerca scientifica ai sensi del D.P.R. n. 382;
-
dovranno essere presentati progetti specifici e circostanziati che facciano
parte di organici programmi in corso di attuazione, o che si inseriscano su
linee di ricerca a largo respiro;
-
ogni progetto dovrà indicare il direttore o la direzione scientifica. e
documentarne l'idoneità sulla base dell'attività svolta nel campo della
ricerca;
-
ogni progetto dovrà indicare la scadenza finale nonché le scadenze intermedie
(almeno semestrali) in corrispondenza delle quali saranno prodotte relazioni
sullo stato di avanzamento della ricerca;
-
ai fini dell'accettazione della ricerca verrà data priorità ai progetti
condotti da operatori con rapporto di lavoro a tempo pieno;
-
ogni decisione in merito all'incentivazione regionale sarà subordinata ad una
valutazione di fattibilità basata anche sull'idoneità della struttura presso la
quale è prevista la realizzazione in termini di personale di attrezzature e di
strumentazioni;
-
oltre che da riferimenti bibliografici tratti dalla letteratura scientifica. i
progetti dovranno essere corredati da una previsione di spesa che ne dimostri
la fattibilità in termini di autosufficienza finanziaria del gruppo e che
indichi la finalizzazione specifica del contributo richiesto:
-
l'utilizzazione del contributo regionale non sarà consentita per retribuzioni
in favore dei ricercatori che usufruiscono di trattamento economico da lavoro
dipendente;
-
nei casi in cui i contributi vengano utilizzati per l'acquisto di
strumentazioni ed altre attrezzature scientifiche, queste resteranno di
proprietà della Regione.
L'inosservanza
delle norme previste dal disciplinare comporterà la sospensione o la revoca del
rapporto con la Regione.
Per
consulenza e assistenza tecnica ai fini delle sue determinazioni la Giunta integrerà
il Comitato dell'Osservatorio epidemiologico con un gruppo tecnico composto
anche da esperti appartenenti alle strutture del S.S.R. e dell'Università.
41.23
Il coordinamento con le ricerche degli altri livelli del S.S.N.,
dell'Università e del C.N.R.
Nell'ambito
delle iniziative per il potenziamento della ricerca finalizzata agli obiettivi
di salute e di sicurezza sociale il Piano stimola la Regione e le strutture del
S.S.R. a raccordarsi con le altre istituzioni pubbliche che hanno competenze e
responsabilità nel comparto.
A
tale scopo la Regione, d'intesa con l'Università promuoverà la conferenza
annuale sullo stato della ricerca in Umbria per consentire a tutti i gruppi di
ricercatori di fare il punto sulle linee di ricerca in corso, di trovare i
coordinamenti che si rendano opportuni di aprire linee di ricerca in aree non
adeguatamente coperte, e di valutare la corrispondenza tra obiettivi
autonomamente perseguiti e obiettivi della programmazione regionale.
A
tale conferenza verrà stimolata la presenza degli organi direttivi dei comitati
di coordinamento attivati presso il C.N.R., per valutare le possibilità di
convergenze tra i progetti finalizzati del C.N.R. e le priorità messe in
rilievo dall'attività epidemiologica regionale.
Infine
sarà incentivata la partecipazione delle strutture del S.S.R. alla
realizzazione dei programmi di ricerca dell'Istituto superiore di sanità e
dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, la cui
approvazione è di competenza del Consiglio sanitario nazionale.
Capitolo
41.3: «L'educazione sanitaria della popolazione».
41.30
Introduzione.
L'educazione
sanitaria della popolazione appartiene alla gestione delle risorse
«conoscitive» relativamente all'obiettivo centrale della riforma sanitaria, che
è la prevenzione primaria.
A
livello di prevenzione primaria, l'educazione sanitaria si colloca come
strumento centrale per intervenire a livello comportamentale sui fattori di
nocività che sono alla base della patologia oggi dominante, sia infettiva che non
infettiva. In tal senso essa è complementare alla prevenzione primaria
ambientale, dalla quale si differenzia perché si rivolge alle persone
(individui e gruppi).
Una
seconda valenza dell'educazione sanitaria va individuata nel ruolo che essa
svolge a supporto dei processi di partecipazione, nella misura in cui questi
richiedono conoscenze adeguate relativamente ai bisogni di tutela sanitaria e
ai modi come provvedere alle risposte.
Tutto
ciò passa attraverso valutazioni sugli attuali livelli della domanda e
dell'offerta e sulla loro adeguatezza rispetto alle priorità sanitarie.
Sullo
sfondo di queste problematiche si staglia il ruolo dell'educazione sanitaria
come componente di un processo promozionale dal quale debbono emergere i nuovi
«stili di vita», in conformità con le strategie proposte in sede O.M.S. lungo
la strada che dovrebbe portare, nel 2000, all'obiettivo «salute per tutti».
È
evidente che lo sviluppo dell'educazione sanitaria investe trasversalmente
tutto il modo di essere delle strutture del S.S.R..
In
termini di programmazione e di Piano, vanno realizzati alcuni presupposti che
valgano a fornire le infrastrutture per l'impegno del S.S.R. nell'educazione
sanitaria, e che pongano le premesse perché da parte del livello centrale del
S.S.N. vengano colmate carenze e recuperati ritardi nel far fronte ad un ruolo
di coordinamento indispensabile anche per lo svolgimento delle iniziative
locali.
Su
entrambi questi piani il S.S.R. può avvalersi delle potenzialità espresse dalle
strutture dell'Università di Perugia, a cominciare dal Centro sperimentale per
l'educazione sanitaria. Tali potenzialità consentono di impostare iniziative
integrate nei campi della ricerca, della formazione del personale per
l'educazione sanitaria della predisposizione di materiali didattici e sussidi
audiovisivi, nonché di offrire supporto tecnico o consulenza specialistica alle
iniziative di altri soggetti nella scuola, nel mondo del lavoro e altro.
Quanto
precede trova un idoneo strumento di realizzazione nel Servizio di documentazione
sull'educazione sanitaria, operante presso il Dipartimento regionale per i
servizi sociali d'intesa con il Centro sperimentale per l'educazione sanitaria,
sulla base della apposita convenzione tra l'Università di Perugia e la Regione
Umbria.
È
poi indispensabile che alla riorganizzazione dell'intervento a livello
regionale si accompagni un più intenso impegno delle strutture locali, alle
quali il Piano indica egualmente alcuni obiettivi di carattere organizzativo.
Sulla
base di queste considerazioni il capitolo 41.3 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
il servizio regionale di documentazione sull'educazione sanitaria (41.31);
-
strumenti organizzativi dell'educazione sanitaria nelle ULSS (41.32).
41.31
Il servizi di documentazione sull'educazione sanitaria.
Tale
servizio, che trova una sua prima ragione d'essere nella richiesta avanzata
alla Regione Umbria da parte delle altre Regioni nel Convegno di Perugia su:
«L'organizzazione dell'educazione sanitaria nel S.S.N.», vuol mettere a
disposizione dell'intero arco istituzionale impegnato nella riforma sanitaria
il patrimonio di esperienze che nella nostra Regione, e nell'Università in
primo luogo, si è maturato.
Si
tratta di un supporto notevole per l'esigenza di dare una risposta
organizzativa e scientifica all'attività di educazione sanitaria.
Con
tale servizio vengono garantiti:
-
la conoscenza di tutto il materiale prodotto, sia bibliografico che
audio-visivo o cinematografico tramite una accurata schedatura;
-
l'acquisto e quindi la disponibilità di tutto il materiale ritenuto utile ed
utilizzabile per gli obiettivi del Piano;
-
la produzione di materiale finalizzato alla realizzazione di programmi proposti
dalla Regione Umbria dalle altre regioni e dalle ULSS;
-
la consulenza per programmi e materiale vario di supporto per tali programmi
proposti dalla scuola e in collaborazione con la scuola;
-
la collaborazione alla stesura del PRESS, linea educazione sanitaria:
-
la consulenza alla definizione di programmi per le ULSS ancora strutturalmente
deboli nel settore;
-
la collaborazione con i grandi mezzi di comunicazione per campagne e problemi
di rilevanza regionale e nazionale.
41.32
Strumenti organizzativi dell'educazione sanitaria nelle ULSS.
La
Regione parteciperà attivamente alla realizzazione dell'educazione sanitaria
mediante la costituzione di un gruppo permanente di lavoro nell'ambito del
Dipartimento per i servizi sociali, composto da funzionari dell'Ufficio per i
servizi sanitari e socio-assestenziali e dell'Ufficio per il diritto allo
studio unitamente ai rappresentanti di ciascuna ULSS referenti per l'educazione
sanitaria.
La
partecipazione delle ULSS è garantita tramite:
a)
costituzione di una sezione per l'educazione sanitaria della popolazione;
b)
costituzione di un gruppo di lavoro composto dagli operatori della sezione e da
un rappresentante per ogni distretto.
La
sezione per l'educazione sanitaria presso l'Ufficio di direzione svolge le
seguenti funzioni:
1)
coordinamento di tutte le attività di educazione sanitaria che vengono fatte
dai singoli servizi e presidi;
2)
sussidio e supporto tecnico per tutte le attività di educazione sanitaria;
3)
raccolta di documentazione e sussidi didattici;
4)
collegamento con i servizi interessati ai programmi di educazione sanitaria
(sezione per la formazione del personale servizi di medicina del lavoro di
prevenzione e assistenza degli stati di tossicodipendenza di psichiatria e
tutela della salute mentale etc.);
5)
assistenza per lo sviluppo di programmi specifici di educazione sanitaria seguendo
la metodologia della:
-
definizione del problema di salute da affrontare;
-
definizione degli obiettivi educativi;
-
definizione del progetto educativo;
-
valutazione;
6)
collegamento con le istituzioni educative gli organismi del territorio ed i
livelli regionali e non regionali di formazione professionale ed educazione
sanitaria.
Il
funzionamento della sezione per l'educazione sanitaria sarà garantita almeno
da:
-
un responsabile della sezione;
-
2 operatori socio-sanitari;
-
un amministrativo con funzioni di segreteria.
I
suddetti operatori dovranno essere individuati sulla base di adeguate,
documentate e specifiche esperienze in educazione sanitaria e forniti di
specifica qualificazione.
Capitolo
41.4: «La formazione continua e l'aggiornamento professionale del personale».
41.40
Introduzione.
Pur
appartenendo al complesso delle funzioni formative, che trovano il loro
strumento attuativo unitario ed organizzativo nel Piano regionale per la
formazione professionale, i problemi dell'aggiornamento professionale si
caratterizzano per essere rivolti al personale in servizio, come impegno
ordinario, non legato cioè ad altra utilità che non sia quella di adeguare i
livelli di professionalità al progresso delle conoscenze e alla evoluzione
della domanda di tutela socio-sanitaria conseguente alle trasformazioni della
società.
L'aggiornamento
professionale è dunque un processo che si attua su linee essenzialmente
culturali; in tal senso i suoi obiettivi sono ricompresi negli obiettivi
generali di implementazione delle risorse conoscitive.
L'aggiornamento
professionale deve costituire un impegno prioritario ai vari livelli del
S.S.R., in primo luogo perché la cultura medica e le tecnologie sanitarie
subiscono una rapida obsolescenza per cui se ne impone il completo rinnovo ogni
5-10 anni; e in secondo luogo perché la tutela socio-sanitaria consta di un
insieme di misure strettamente connesse con l'evoluzione delle strategie di
intervento dello Stato nei rapporti sociali: materia quanto mai fluida ed in
continuo rinnovamento nell'attuale fase di crisi delle politiche assistenziali
dell'Occidente europeo.
Benché
l'aggiornamento professionale sia previsto nella legge di riforma come funzione
obbligatoria, questi primi anni di vita del S.S.N. sono trascorsi senza che a tale
enunciazione abbaino fatto seguito concrete misure attuative da parte delle
strutture pubbliche, cui spetta di creare le condizioni perché gli operatori
assolvano all'obbligo dell'aggiornamento: in realtà tale obbligo incombe
primariamente sulle strutture gestionali del S.S.N. e può essere trasferito
sugli operatori solo dopo che le strutture abbiano compiuto il loro dovere.
Trattandosi
di una funzione da svolgere non solo in costanza di rapporto di servizio, ma
anche nel corso dell'orario di lavoro, secondo modalità definite nei loro
termini generali dai contratti e dalle convenzioni del comparto sanitario,
l'attuazione dell'aggiornamento professionale va ricondotta alla gestione di
tali accordi, in un quadro di intese con le rappresentanze sindacali degli
operatori.
Dal
punto di vista metodologico, l'aggiornamento professionale richiede approcci
multidimensionali; vi concorrono non solo iniziative culturali strutturate come
tali (seminari, corsi brevi etc.) ma anche occasioni non formalizzate, come tirocini
di apprendimento, partecipazione a congressi scientifici, o la stessa
partecipazione a ricerche finalizzate. Di qui la necessità di un momento di
valutazione centrale (a livello regionale e di ULSS) sulla idoneità di tali
iniziative ed occasioni rispetto agli obiettivi dell'aggiornamento
«obbligatorio»: di qui anche l'opportunità di un supporto tecnico-scientifico
sempre centrale, per il reperimento e l'eventuale produzione di materiale
didattico e di sussidi audiovisivi, da realizzare mediante l'integrazione tra
le strutture regionali e quelle dell'Università.
Sottosezione
42. Le risorse umane.
42.1
la formazione degli operatori sanitari intermedi.
42.2
I rapporti con l'Università.
42.3
La gestione del ruolo nominativo regionale.
Capitolo
42.1: «La formazione degli operatori sanitari intermedi».
42.10
Introduzione.
Gli
obiettivi di Piano nel campo della formazione per l'accesso al titolo
professionale del personale infermieristico e tecnico si inseriscono in una
realtà regionale nella quale, grazie agli sforzi congiunti di Regione, enti
ospedalieri, consorzi socio-sanitari e finalmente ULSS; le iniziative formative
sono da tempo rivolte esclusivamente alla preparazione di personale diplomato
(infermieri professionali, ostetriche, tecnici di laboratorio e di radiologia,
tecnici dell'ambiente). Questo, unito alla tempestività con cui si è dato luogo
alla riqualificazione del personale appartenente ai profili inferiori
anticipando in qualche caso le stesse leggi nazionali, ha fatto si che i
servizi sanitari dell'Umbria occupino pressoché esclusivamente infermieri e
tecnici diplomati dopo corsi di preparazione triennale.
A
questo risultato si è giunti con una strategia di decentramento della gestione
delle iniziative formative: fin dagli anni settanta furono costituiti centri di
formazione in quasi tutte le future ULSS, distribuendo così in estensione gli
impegni per garantire il gettito di operatori diplomati annualmente prefissato.
L'altra caratteristica dell'iniziativa regionale è stata infatti la programmazione
dei fabbisogni e la conseguente rigida determinazione del numero dei corsi e
degli accessi agli stessi, così da non dar luogo ad esuberanza del personale
diplomato rispetto alle capacità di assorbimento delle strutture dell'Umbria.
Alla
base di questa strategia stava la opzione in favore di figure professionali di
sintesi: emblematica al riguardo fu la rivendicazione del così detto
«infermiere unico», nuovo tipo di operatore a formazione di base polivalente
ossia suscettibile di utilizzazioni sul lavoro elastiche e non rigidamente
predeterminate.
Avendo
raggiunto i risultati sopra indicati, ed essendo venuto meno l'assillo degli
adeguamenti quantitativi, emergono adesso a obiettivi di rifondazione
qualitativa della formazione di base. A questo riguardo occorre sciogliere
alcuni nodi che sono venuti manifestandosi strada facendo.
In
primo luogo, il venir meno della prospettiva dell'operatore unico impone un
ripensamento culturale dei processi formativi.
Si
tratta di tener conto delle tendenze in atto nella legislazione nazionale a
esasperare la frantumazione del ventaglio delle professioni sanitarie
intermedie ed ausiliarie; e si tratta di tener conto anche delle soluzioni
adottate dal nuovo ordinamento del personale del S.S.N. (e quindi dal nuovo contratto
di lavoro), che collocano gli operatori intermedi su almeno due livelli
funzionali gerarchicamente distinti. Ma aldilà di questi condizionamenti,
l'obiettivo della semplificazione dei profili professionali va mantenuto, pur
adeguato alla nuova realtà. Si sono ormai consolidate tre grandi aree di
intervento: un'area ospedaliera, un'area territoriale ed un'area in cui
predomina il contatto non con l'uomo ma con la tecnica.
Obiettivo
immediato è dunque quello della costruzione di un curricolo di studio per le
funzioni infermieristiche che preveda la possibilità di una formazione di base
che nel suo seno consenta già di indirizzarsi verso una di queste tre aree,
tutte di egual peso e dignità professionale.
Si
potrà così evitare, tra l'altro, che gli organici per i servizi territoriali
siano coperti da personale non adeguatamente motivato, contribuendo anche per
questa via al rafforzamento dei servizi extraospedalieri che, organizzati o non
come tali, assorbono già oggi circa il 30% delle risorse del Fondo sanitario
regionale.
Si
delinea da tutto ciò l'opportunità di operare alcune prime scelte concernenti
il decentramento e l'organizzazione dei corsi per la formazione di base e lo
sviluppo delle qualificazioni o specializzazioni sia per particolari funzioni
ospedaliere o territoriali, sia per ruoli di direzione e coordinamento del
lavoro e di assistenza didattica.
Questa
nuova strategia reclama anche nuovi strumenti formativi: in particolare è
necessario configurare in maniera più precisa i servizi di formazione delle
ULSS, e dare vita ad una iniziativa centrale (ossia regionale) di supporto ai
servizi stessi sul piano degli indirizzi programmatici, dei contenuti didattici
e delle metodologie di insegnamento.
Sulla
base di queste considerazioni e rinviando per indirizzi più analitici allo
specifico progetto di settore, il capitolo 42.1 si articola nei seguenti
paragrafi:
-
obiettivi per la formazione di base (42.11);
-
qualificazioni specifiche (42.12);
-
i centri di formazione continua (42.13);
-
obiettivi di rinnovamento delle metodologie didattiche (42.14).
42.11
Obiettivi per la formazione di base.
Costituiscono
obiettivi di rilevanza regionale per il triennio del Piano nel campo della
formazione di base degli operatori sanitari intermedi:
-
il consolidamento dei corsi per i seguenti profili:
a)
infermiere professionale;
b)
ostetrica;
c)
terapista della riabilitazione con particolare rilevanza nei confronti della
formazione dei terapisti logopedisti;
d)
tecnico di radiologia;
-
l'attivazione di un nuovo corso per tecnici dell'ambiente.
42.12
Qualificazioni specifiche.
Nel
triennio di validità del piano verranno attivate iniziative di qualificazioni
specifiche per i seguenti profili:
-
coordinatori degli uffici di direzione delle ULSS;
-
responsabili di servizi epidemiologici;
-
responsabili di servizi di gestione contabile;
-
responsabili di servizi di educazione sanitaria;
-
responsabili di servizi veterinari;
-
responsabili di servizi sociali;
-
responsabili di servizi di igiene e prevenzione ambientale;
-
personale di servizi di igiene e prevenzione ambientale;
-
personale per l'uso delle risorse di calcolo automatico;
-
personale per l'ispezione e la vigilanza sui luoghi di lavoro;
-
personale didattico per i corsi di formazione.
Tali
iniziative saranno rivolte al personale in servizio.
42.13
Centri di formazione continua.
In
ciascuna ULSS è istituito un centro per la formazione professionale continua
degli operatori socio-sanitari cui spetta l'organizzazione e l'attuazione dei
corsi e delle altre iniziative previste dal piano formativo regionale nonché
dalle iniziative previste dal piano formativo regionale e quelle previste nei
piani delle singole ULSS.
Il
centro dovrà avere a disposizione personale a tempo pieno per le attività di
organizzazione e di segreteria.
Il
corpo docente è formato da operatori a tempo pieno e a tempo parziale.
Anche
per assicurare lo svolgimento della attività di gruppo deve essere garantito un
apporto di personale di ruolo infermieristico, tecnico, o di assistenza
sociale, nella proporzione di almeno uno ogni dieci allievi.
La
partecipazione ai corsi di aggiornamento o qualificazione didattica tenuti su
iniziativa della Regione costituisce titolo preferenziale per la nomina a
docente.
Le
ULSS, per singoli problemi specifici possono ricorrere a consulenze.
A
tal fine, verrà attivato un corso per la formazione dei formatori, allo scopo
di stabilizzare il personale che si dedica a questo ruolo e per dare così
continuità e ricchezza culturale all'apporto del personale infermieristico alle
attività formative dei centri.
42.14
Obiettivi di rinnovamento delle metodologie didattiche.
La
metodologia didattica per le iniziative svolte dai centri di formazione
continua deve adeguarsi ai seguenti criteri generali:
-
duttilità dei programmi che devono essere svolti partendo dai problemi reali e
devono ricomprendere le varie materie attraverso apporti interdisciplinati così
da rispondere ai bisogni dell'uomo e alle esigenze emergenti dai servizi;
-
rapporto equilibrato tra le attività teoriche e quelle pratiche garantendo
comunque che il loro svolgimento avvenga in un quadro unitario;
-
preminenza dell'attività di gruppo nello svolgimento dei programmi didattici.
Capitolo
42.2: «I rapporti con l'Università».
42.20
Introduzione.
L'art.
39 della legge 833 del 1978 prevede la stipula di una convenzione tra la
Regione e l'Università per la realizzazione di un idoneo coordinamento delle
funzioni istituzionali di questi due organismi, con particolare riguardo alla
disciplina dell'apporto della Facoltà di medicina agli obiettivi di assistenza
sanitaria fissati dalla programmazione regionale, nonché alla utilizzazione da
parte dell'Università delle strutture delle ULSS per le sue funzioni didattiche
e di ricerca.
Anche
se sotto l'aspetto formale la convenzione costituisce il momento più
significativo del rapporto tra le Regione e l'Università, e tra l'S.S.R. e la
Facoltà di medicina, la questione dei rapporti tra queste due istituzioni
coinvolge problematiche più ampie, che in Umbria cadono in una realtà quanto
mai idonea a recepirle.
I
rapporti tra Università e Regione, intesa questa ultima come insieme della
intera realtà territoriale regionale, sono ormai lunghi e consolidati nei vari
campi di interesse. Per quanto riguarda in particolare l'oggetto di cui tratta
l'art. 39 della legge 833, si è usciti da tempo da un rapporto episodico o di
semplice committenza e si sono via via sviluppati e intrecciati i fili di una
collaborazione organica e reciprocamente fruttuosa di cui le tappe più
significative sono rappresentate dalle convenzioni del 1974 e 1975 con le ULSS
di Terni e Perugia e dalla Conferenza di Ateneo del 1977, che ha stabilito le
basi teoriche su cui costruire positivamente tale rapporto.
Si
diceva allora di operare per un'Università aperta al mondo esterno e ai
problemi della comunità regionale e del territorio; e più precisamente far
assumere all'Università nel suo insieme, per quanto inerente alle sue
specifiche funzioni di didattica e di ricerca scientifica, l'impegno su vitali
problemi locali, così da agganciarla ai diversi punti di articolazione della
rete delle istituzioni presenti nell'Umbria. Ciò al fine di recuperare ritardi
e lacune che hanno pur caratterizzato i rapporti tra Università e società
regionale.
Si
affermava inoltre come l'Ente Regione, in quanto ente di interessi generali
locali, con le sue larghissime competenze di governo e di programmazione,
venisse a rappresentare il primo, anche se non unico, interlocutore
dell'università per procedere verso fasi di lavoro comune e di utile
integrazione evitando situazione di reciproca subalternità, in una
interpretazione dinamica e di confronto dell'autonomia dell'Università.
Tali
collegamenti avrebbero dovuto da un lato inserire i vari organismi universitari
nel vivo della problematica della società regionale e dall'altro far rifluire
nell'Università le esperienze significative che si compiono fuori dall'ambito
accademico.
Tali
affermazioni, in un periodo storico di grandi travagli e trasformazioni,
periodo in cui ormai da più parti si rileva l'importanza della ricerca e della
scienza, assumono un'importanza ancora più incisiva e sono la dimostrazione di
una sensibilità anticipatrice che ha caratterizzato la storia delle energie
culturali espresse nella nostra Regione.
Va
quindi correttamente affermato che non possono che essere confermate le
motivazioni culturali e politiche sulla base delle quali vennero impostate le
precedenti esperienze. In particolar modo va sottolineato il ruolo regionale
dell'Università, intendendo con ciò una presenza diffusa nell'ambito
complessivo del territorio dell'Umbria anche con collocazione di strutture. Si
intende cioè affermare una concezione policentrica dell'istituzione
universitaria, in rapporto alla strategia di fondo della programmazione
regionale. La convenzione non solo con Perugia, ma anche con Terni (ed in
futuro eventualmente con altre estensioni) è stato un primo passo in questa
direzione, nella consapevolezza che la stessa attività universitaria, se
racchiusa in una dimensione di sterile separatezza, perderebbe in vitalità e in
validità e rischierebbe alla lunga di essere subordinata rispetto ad una
società che evolve con ritmi e cadenze spesso tumultuosi.
Coerentemente
a tali premesse vanno previsti momenti di raccordo tali da avviare un proficuo
lavoro rivolto alla ridefinizione dei contenuti professionali dell'operatore
medico commisurandone il processo formativo alle esigenze ed alle finalità del
Servizi sanitario nazionale, in modo tale da renderlo effettivamente adeguato
ad intervenire sui bisogni che la società oggi esprime.
In
particolare occorre volgere l'impegno alla definizione di un curriculum
formativo idoneo ad assicurare una piena rispondenza tra la professionalità del
medico ed il sistema di valori, di obiettivi e di rapporti propri
dell'ordinamento emerso dalla 833. Si tratta di operare perché anche il medico
sviluppi o acquisisca una mentalità rinnovata e posta in sintonia con una
organizzazione dei servizi incentrata sulla programmazione degli interventi e
sulla globalità dei modi di trattamento del soggetto, sul superamento di ogni
approccio parcellizzato ai problemi di tutela della salute.
A
tal fine la sentenza della Corte Costituzionale n. 126 del 1981 che ha sancito
la compenetrazione tra attività didattico-scientifiche ed attività di
assistenza ai malati, ha offerto un valido terreno per il superamento
definitivo della segmentazione dell'impegno di servizio e per il recupero di
una visione unitaria che non potrà non avere riflessi anche dal punto di vista
formativo del medico stesso.
Anche
a questo fine si spiega la necessità per una piena integrazione nelle attività
didattiche e di ricerca dell'Università del potenziamento umano e strutturale
del Servizio sanitario.
L'esperienza
ternana in particolare, per l'assenza delle incrostazioni e dei condizionamenti
consentita dalla nascita recente, avrebbe dovuto essere un'importante occasione
di concretizzazione degli orientamenti espressi. Per varie ragioni, anche di
natura oggettiva, i risultati sono stati confermati dall'attesa.
La
nuova convenzione dovrà quindi recuperare tutte le potenzialità che si erano
espresse in passato, correggendo le disfunzioni che si sono manifestate e
superando ritardi culturali pur verificatisi.
A
tal fine la Regione e l'Università attueranno reciproche forme di consultazione
nelle elaborazioni dei rispettivi piani di sviluppo e si confronteranno, anche
in pubbliche sessioni, sui temi generali della ricerca, dello sviluppo, della
riforma dei piani di studio, dello sviluppo delle attività assistenziali, della
valutazione dei servizi e dell'osservazione epidemiologica garantendo a tali
incontri cadenze annuali o biennali.
L'Università
dovrà impegnarsi ad adeguare la propria organizzazione finalizzandola alla
formazione di un medico di base sempre più aderente alle necessità del S.S.N.
nonché a programmare la formazione degli specialisti sia in rapporto alla
qualità che al numero e al tipo di specializzandi, avuto riguardo alle
necessità della programmazione sanitaria regionale ed alla realtà operativa dei
servizi sanitari.
Il
Piano incentiva l'Università ad impegnarsi anche nella collaborazione alle
iniziative di formazione permanente messe in atto dalla Regione e dalle ULSS
per il personale del S.S.N., nelle forme e nei modi previsti dal piano
regionale di formazione.
Gli
indirizzi per le intese tra Regione, S.S.R. e Università nel campo della
ricerca scientifica sono analizzati nei capitoli specificatamente dedicati ai
«progetti» del Piano e alla ricerca finalizzata.
Il
capitolo 42.2 si sofferma più in particolare sulle questioni della formazione
di base del personale laureato ed intermedio da utilizzare nel S.S.R.; esso si
articola pertanto nei seguenti paragrafi:
-
i rapporti con l'Università per la formazione del personale laureato (42.21);
-
i rapporti con l'Università per la formazione del personale diplomato (42.22);
-
i rapporti con la Facoltà di Medicina per l'utilizzazione delle strutture
universitarie per i fini dell'assistenza sanitaria (42.23).
42.21
Intese per la formazione del personale laureato.
Il
ruolo dell'Università nei processi formativi del personale destinato ad operare
nei servizi socio-sanitari trova la sua collocazione elettiva nella formazione
di base del medico del farmacista e del veterinario. Si tratta di una sua
funzione primaria rispetto alla quale il S.S.R. non può però non far valere la
propria funzione di organismo cui spetta fissare le linee direttrici delle
strategie per la tutela della salute e con ciò le domande specifiche di
professionalità degli operatori ferma restando la piena autonomia
dell'Università sul piano del contenuti scientifici dell'insegnamento. Questo
coinvolgimento del S.S.R. non potrà che risultare accentuato se avrà corso il
riordino degli studi medici con l'introduzione del numero programmato misura che
trova la sua giustificazione appropriata in un quadro di valorizzazione del
momento professionalizzante della facoltà di medicina rendendo così ancora più
legittimo il coinvolgimento della Regione e del S.S.R. nei momenti di
programmazione degli studi come dimostra del resto la stessa esperienza del
corso di laurea in odontoiatria.
Questo
processo di coinvolgimento acquista contorni ancora più precisi nel caso delle
specializzazioni mediche non solo perché il concorso della Regione alla
quantificazione degli accessi alle scuole è stato formalizzato nello
schema-tipo di convenzione con l'Università, o perché sempre in quella sede è
stata stabilita una riserva di posti per il personale del S.S.R. che voglia
accedere ai corsi. Oltre a ciò, emerge il fatto che la specializzazione
post-laurea è tipicamente professionaleggiante, donde l'interesse se non ancora
il diritto del S.S.R. a promuovere intese con l'Università perché vengano
tenute in debita considerazione le priorità della programmazione regionale.
42.22
Intese per la formazione del personale diplomato.
Restando
nell'ambito della formazione di base e da registrare che l'evoluzione
legislativa sta allargando i compiti dell'Università nelle professioni
richiedenti non una laurea bensì un diploma. Il nuovo ordinamento universitario
prevede infatti scuole «dirette a fini speciali», che rilasciano un titolo
universitario professionalizzante.
Per
quel che concerne Perugia, questa normativa ha già cambiato i connotati della
Scuola di servizio sociale ed è destinata a creare situazioni nuove anche in
altre professioni socio-sanitarie intermedie particolarmente nelle professioni
tecniche (tecnici di radiologia di laboratorio dell'ambiente etc.) ed
infermieristiche (terapisti della riabilitazione dirigenti dei servizi
infermieristici infermieri didattici altre specializzazioni dell'infermiere
professionale). Di qui l'urgenza di trovare intese ad evitare scelte
dell'Università che ignorino i problemi e le esigenze del S.S.R..
Tutte
queste prospettive danno un senso più largo e compiuto alle intese prefigurate
nello schema-tipo di convenzione Università-Regione.
Queste
vanno valorizzate, in particolare per quel che concerne il coinvolgimento della
Regione nella programmazione universitaria e la partecipazione degli operatori
del S.S.R. a tutti i processi formativi svolti nell'ambito della Facoltà di
medicina e delle altre che preparano operatori intermedi per il S.S.N. Al di là
della convenzione Università-Regione si pone l'esigenza di un'intesa più
specifica, che metta a punto strategie integrate di presenza nei processi
formativi a tutti i livelli, recuperando ed aggiornando le conclusioni cui
dalle due parti si pervenne in occasione dell'ultima conferenza di Ateneo.
42.23
La convenzione Università-Regione.
N.B.:
Ai sensi della legge 833 del 1978 la convenzione Università-Regione viene
inclusa nella programmazione socio-sanitaria regionale.
Questo
paragrafo è incluso per memoria e verrà definito a convenzione approvata.
Capitolo
42.3: «La gestione del ruolo nominativo regionale».
42.30
Introduzione.
Gli
obiettivi del Piano socio-sanitario relativamente alla gestione del ruolo
nominativo regionale trovano in Umbria una situazione sostanzialmente
privilegiata, avendo trovato soluzione in questa Regione tutte le principali
premesse di carattere legislativo e regolamentare che fanno da fondamento alla
realizzazione del nuovo ordinamento del personale.
La
questione centrale del Piano consiste pertanto nella definizione delle piante
organiche a livello di ULSS, ponendo termine alla provvisorietà del primo
impianto ed avviando una nuova fase di transizione verso un assetto più
stabile, che si caratterizzerà per il riequilibrio delle risorse umane:
riequilibrio territoriale, cioè tra ULSS e ULSS, riequilibrio tra i settori
d'intervento, dove è particolarmente acuta la prevalenza della funzione
ospedaliera; e riequilibrio tra i profili e tra i ruoli, in rapporto a ben
determinate carenze nei livelli intermedi e di base.
Poiché
gli attuali squilibri hanno radici molto antiche e profonde, il riequilibrio
non potrà essere portato a compimento nel triennio del Piano.
Pertanto
l'obiettivo del triennio è innanzitutto di bloccare le situazioni in eccedenza.
Contestualmente si tratta di concentrare gli interventi di riequilibrio su
alcuni settori-chiave, cioè strategicamente rilevanti ai fini della riforma.
Sullo
sfondo di queste operazioni vanno posti gli standard regionali, che
rappresentano un obiettivo complesso non certamente perseguibile senza un
adeguato rodaggio. In attesa, i valori presi in considerazione nel primo Piano
triennale non potranno che essere parziali, indicativi e subordinati alle
verifiche sperimentali.
In
ogni caso, l'avvio al riequilibrio comporta alcune prime soluzioni in tema di
mobilità del personale, seguendo le tre vie che sono legittimamente
percorribili: la mobilità concorsuale, la mobilità incentivata e quella
obbligatoria.
Infine,
essendo la materia subordinata ad un coordinamento del quale fa parte
integrante la normativa contrattuale, la piena attuazione dell'accordo
nazionale di lavoro del comparto sanitario rientra tra gli obiettivi strategici
del Piano, sopra tutto in relazione ad alcuni istituti particolarmente
incidenti sulla programmazione.
N.B.:
Poiché gli obiettivi specifici della gestione del ruolo nominativo regionale
del personale delle ULSS sono in gran parte espressi nella proposta di legge
del Piano, i paragrafi di specificazione del capitolo 42.3 sono temporaneamente
accantonati in attesa di un giudizio della Giunta sulla bozza di provvedimento legislativo.
Sottosezione
43. Le risorse finanziarie.
43.1
Le risorse del Fondo sanitario regionale per la spesa corrente.
43.2
Le risorse del Fondo sanitario regionale per la spesa in conto capitale.
43.3
Le risorse regionali per l'assistenza.
Capitolo
43.1: «Le risorse del Fondo sanitario regionale per la spesa corrente»
Gli
obiettivi del Piano per l'uso delle risorse finanziarie destinate alla spesa
sanitaria corrente si basano sui seguenti dati, determinati al livello centrale
dello Stato.
Il
finanziamento del Fondo sanitario nazionale per il triennio 1984/1986 e così
quantificata:
-
1984: 34.000 miliardi;
-
1985: 36.380 miliardi;
-
1986: 38.200 miliardi.
Per
attività vincolate sono riservate, sugli importi sopra indicati, le somme di
505 miliardi per il 1984, 700 miliardi per il 1985 e 750 miliardi per il 1986.
Sulla
base dei parametri vigenti nella ripartizione del fondo tra le Regioni, le
quote di spettanza del Servizio sanitario regionale dell'Umbria ammontano
presumibilmente a:
-
490 miliardi per il 1984;
-
524 miliardi per il 1985;
-
550 miliardi per il 1986.
Nell'ambito
delle quote sopraindicate verranno presumibilmente riservate per attività a
destinazione vincolata le seguenti somme:
-
6.490 milioni per il 1984;
-
10.000 milioni per il 1985;
-
10.710 milioni per il 1986.
Tali
quote debbono essere utilizzate per finanziare le seguenti attività:
a)
formazione professionale di base delle figure infermieristiche e tecniche ed
aggiornamento professionale del personale dipendente;
b)
progetti-obiettivo di rilevanza nazionale;
c)
progetti-obiettivo di rilevanza regionale;
d)
ricerca finalizzata, osservatorio epidemiologico;
e)
educazione sanitaria.
Ciò
premesso, la ripartizione del Fondo tra le ULSS per la spesa corrente si
ripartirà per il triennio di validità del Piano su due criteri fondamentali.
Per una parte, il Fondo sarà ripartito in ragione della popolazione residente,
relativamente ai servizi e alle prestazioni che non hanno ragione di
differenziarsi da ULSS a ULSS. Per un'altra parte la ripartizione tenderà a
riequilibrare la situazione per quanto concerne le spese incomprimibili (vedere
soprattutto quelle del personale dipendente).
Verranno
inoltre evidenziate le spese per i servizi e presidi multizonali, che saranno
finanziati al costo, fuori dai parametri precedenti. Analoga evidenziazione
verrà perseguita per le spese relative a servizi a disposizione di più ULSS
nell'ambito delle zone di riequilibrio territoriale delle utenze. Queste spese
troveranno compensazione tra le ULSS interessate.
Pertanto
il riparto del Fondo sanitario regionale tra le ULSS avverrà:
1)
secondo il criterio della popolazione residente per gli stanziamenti
concernenti:
-
l'assistenza medico-generica, pediatrica, per la guardia medica e per la
medicina legale;
-
l'assistenza farmaceutica;
-
l'assistenza integrativa (con esclusiva delle cure termali che verranno
finanziate al costo);
2)
secondo il criterio della spesa reale per i servizi e presidi sanitari gestiti
direttamente dalle ULSS e per le convenzioni sanitarie a rilevanza regionale
(vedi Università).
Sarà
comunque tenuto conto delle funzioni multizonali.
Per
quanto attiene la spesa per il personale verrà avviata nel triennio una
tendenza al riequilibrio nelle voci riguardanti:
-
la spesa media per dipendente;
-
la spesa media per abitante;
L'incidenza
percentuale della spesa ammissibile per la funzione ospedaliera (intesa come
assistenza ai malati in fase acuta) sarà ridotta nel triennio del 4%, con la
seguente progressione:
-
0,50% nel primo anno successivo all'approvazione del Piano;
-
1,5% nel secondo anno;
-
2% nel terzo anno.
Tale
riduzione andrà ad incrementare le risorse per le funzioni dell'assistenza di
base e quella integrativa.
Le
determinazione concernenti l'istituzione di nuovi servizi o l'ampliamento di
quelli esistenti indicheranno la contestuale copertura finanziaria, sotto pena
di nullità.
Nel
caso trattisi di servizi ospedalieri, non sarà ammessa riconversione di spesa
da altre funzioni; pertanto la relativa copertura finanziaria dovrà essere
assicurata mediante riconversione all'interno della funzione ospedaliera.
Per
quanto concerne l'alta specializzazione, l'istituzione di nuovi servizi sarà
subordinata alla modifica dell'elenco delle funzioni multizonali previa
dimostrazione della convenienza sotto il profilo del rapporto costi-benefici
espresso in termini di spesa.
Nell'ambito
dei programmi finalizzati alla razionalizzazione della spesa sanitaria saranno
definiti a livello regionale i capitolati generali e speciali per forniture di
beni e servizi alle ULSS. Si procederà inoltre alla istituzione di albi
regionali per i settori merceologici dei fornitori del Servizio sanitario
regionale.
In
tale ambito saranno avviate altresì le procedure per gli acquisti collettivi
delle ULSS, già previste peraltro nella legge regionale n. 18 del 1980.
Capitolo
43.2: «Le risorse del Fondo sanitario regionale per la spesa in conto
capitale».
43.20
Introduzione.
Sempre
con riferimento ai vincoli stabiliti dalla programmazione nazionale, il
finanziamento per la parte in conto capitale del Servizio sanitario nazionale a
carico del bilancio dello Stato è fissato per il triennio 1984-1986 nelle
seguenti misure:
a)
per investimenti di mantenimento:
-
esercizio 1984, lire 200 miliardi;
-
esercizio 1985, lire 350 miliardi;
-
esercizio 1986, lire 500 miliardi;
b)
per investimenti di innovazione:
-
esercizio 1984, lire 450 miliardi;
-
esercizio 1985, lire 650 miliardi;
-
esercizio 1986, lire 700 miliardi;
c)
per investimenti di trasformazione:
-
esercizio 1984, lire 100 miliardi;
-
esercizio 1985, lire 200 miliardi;
-
esercizio 1986, lire 400 miliardi;
Pertanto,
complessivamente le risorse destinate nel triennio per gli investimenti
ammontano a 3550 miliardi, di cui 750 miliardi per l'esercizio 1984, 1200
miliardi per il 1985 e 1600 miliardi per il 1986.
È
da sottolineare, peraltro, che, secondo quanto disposto dalla legge finanziaria
per l'anno 1984, le ULSS avranno a disposizione per gli investimenti oltre alle
quote parte del Fondo sanitario nazionale anche il 50% delle entrate proprie
che esse dovranno utilizzare per l'acquisto di attrezzature.
Il
riparto del Fondo sanitario nazionale per gli investimenti, operato dal Cipe
nella seduta del 3 agosto 1984, per il triennio 1984-1986, comporta per
l'Umbria un'assegnazione complessiva di 43 miliardi e 1 milione così
articolata, ferma restando l'eventuale ulteriore assegnazione sulla quota di
200 miliardi e 500 milioni accantonata dal Cipe:
Anno
1984
-
lire 4 miliardi e 400 milioni a destinazione vincolata per l'attivazione
dell'ospedale di Perugia S. Andrea delle Fratte (somma precedentemente
attribuita);
-
lire 3 miliardi e 26 milioni per investimenti di mantenimento;
-
lire 3 miliardi e 783 milioni per investimenti di innovazione;
-
lire 1 miliardo e 44 milioni per interventi di trasformazione.
Anno
1985
-
lire 5 miliardi e 111 milioni per investimenti di mantenimento;
-
lire 5 miliardi e 880 milioni per interventi di innovazione;
-
lire 2 miliardi e 88 milioni per trasformazione.
Anno
1986
-
lire 6 miliardi e 975 milioni per investimenti di mantenimento;
-
lire 6 miliardi e 518 milioni per innovazioni;
-
lire 4 miliardi e 176 milioni per trasformazioni.
L'assegnazione
complessiva nel triennio è così riepilogata:
-
lire 4 miliardi e 400 milioni a destinazione vincolata per attivazione S.
Andrea delle Fratte;
-
lire 15 miliardi e 112 milioni per investimenti di mantenimento;
-
lire 16 miliardi e 181 milioni per interventi di innovazione;
-
lire 7 miliardi e 308 milioni per trasformazioni.
La
quota destinata al mantenimento è vincolata all'utilizzo per l recupero del
degrado e per contrastare l'obsolescenza al fine di mantenere i livelli
assistenziali quali-quantitativi raggiunti.
I
finanziamenti per gli interventi innovativi sono da correlarsi alle necessità
di adeguamenti e rinnovo della rete ospedaliera e poliambulatoriale, al
completamento delle opere in corso, all'adeguamento dei presidi di prevenzione
e di sanità pubblica, dei servizi di emergenza e delle strutture sanitarie
alternative al ricorso ospedaliero.
Il
Piano prevede che i fondi per le trasformazioni debbano essere prioritariamente
destinati a riconversione dei presidi ospedalieri ed altra attività, a
trasformazioni, impiantistiche (adeguamento a norma CEE) e al potenziamento del
presidio multizonale di prevenzione.
Il
Fondo sanitario regionale per gli investimenti per il triennio 1984-1986, sarà
ripartito tra le ULSS secondo le seguenti modalità:
a)
lire 4,400 milioni a destinazione vincolata alla ULSS del Perugino per
l'attivazione del nuovo ospedale S. Andrea della Fratte;
b)
lire 15 miliardi e 112 milioni per investimenti di mantenimento, fatta salva la
riserva di una quota non superiore al 30% per interventi specifici prioritari
ed indilazionabili, secondo i seguenti criteri:
1)
popolazione residente;
2)
incidenza dei presidi e servizi pubblici (espressa in termini di spesa);
3)
posti letto ospedalieri rapportati alla loro utilizzazione;
c)
lire 16 miliardi e 181 milioni per interventi di innovazione in base ai
programmi specifici delle ULSS approvati dalla Giunta regionale, fatta salva la
possibilità di riservare una quota non superiore al 30% da attribuire alle ULSS
in base ai criteri di cui al precedente punto b);
d)
lire 7 miliardi e 308 milioni per trasformazione in base ai programmi delle
ULSS approvati dalla Giunta regionale, previa verifica della rispondenza alle
indicazioni prioritarie del piano regionale.
Per
l'anno 1987 dovrebbero essere consolidate le assegnazioni del 1986 con il
possibile incremento del 5%.
Capitolo
43.3: «Le risorse regionali per l'assistenza».
43.30
Introduzione.
Al
fine di ovviare dispersive ed inopportune assegnazioni settoriali, con la legge
regionale 31 maggio 1982, n. 29 art. 32 - è stato istituito nel bilancio
regionale un Fondo unico destinato alle Associazioni dei Comuni quale contributo
della Regione per l'espletamento dei servizi socio-assestenziali già di
competenza regionale ed attribuiti ai Comuni con il D.P.R. n. 616 del 1977. In
tale fondo sono stati infatti conglobati vari stanziamenti prima finalizzati al
finanziamento di interventi diversi in materia socio-assistenziale ed ai quali
corrispondevano altrettante distinte assegnazioni alle Amministrazioni locali
per la gestione di vari servizi (consultori - assistenza tossico-dipendenti -
assistenza orfani ex E.N.A.O.L.I - assistenza ex A.N.M.I.L. ecc.
43.31
Stanziamenti.
Nel
bilancio pluriennale 1984/1986, settore 5 - programma 09 - progetti 0.1 e 0.2 -
approvato con la legge regionale 3 maggio 1984, n. 27, il Fondo in argomento
figura stanziato nelle seguenti misure:
Esercizio
1984Esercizio 1985Esercizio 1986Progetto 0,1 - contributo
per
le spese di funzionamento dellastruttura ex
O.N.P.I.L.993.625.000795.000.000795.000.000Progetti 0.2 - contributo
per
i servizi socio-assestenziali delleULSSL.5.600.064.0004.666.749.0004.881.714.000TotaleL.6.593.689.0005.461.749.0005.676.714.000
Il
più elevato stanziamento dell'anno 1984 è determinato dall'accreditamento di
maggiori fondi statali accertati a fine esercizio 1983 in attuazione di leggi
nazionali di settore, riassegnati alla competenza di detto esercizio 1984 ai
sensi della L.R. n. 23/1978 recante norme sulla contabilità regionale.
Le
somme inerenti al progetto 0.1, saranno erogate all'Associazione dei Comuni
della Valle Umbra Sud in base al fabbisogno della gestione della casa di riposo
ex O.N.P.I..
Le
somme inerenti al progetto 0.2, saranno ripartite fra tutte le Associazioni dei
Comuni, e per esse erogate alle rispettive ULSS, con i parametri fissati
dall'art. 35 della presente legge punti sub 2) e 3).
Poiché
tale fondo costituisce una integrazione delle risorse proprie dei Comuni
destinate al finanziamento dei programmi comprensoriali di cui all'art. 24
della legge regionale n. 29/1982, è indispensabile, per la concreta
realizzazione dei programmi medesimi, che i Comuni provvedano con tempestività
alla erogazione delle quote a proprio carico a favore delle rispettive ULSS che
gestiscono i servizi socio-assestenziali, nonché a mettere a disposizione di
dette strutture il personale individuato ai sensi dello
stesso
art. 24, III comma, lettera b).