L.R. 21 marzo 1985, n. 11 (1).

Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1985-1987.

 

 

(1) Pubblicata nel B.U. Umbria 3 aprile 1985, n. 34, S.O.

 

 

Art. 1

Oggetto.

 

La presente legge:

- detta norme sulle procedure di formazione, aggiornamento e attuazione del piano socio-sanitario regionale (titolo I);

- fissa gli obiettivi del piano per il triennio 1985/1987 e determina i princìpi e i criteri per il riordino delle attività socio-sanitarie regionali nei campi di intervento prioritario (titolo II);

- dispone i criteri e i vincoli per l'utilizzazione dei finanziamenti regionali per le attività sanitarie e socio-assistenziali (titolo III);

- contiene modifiche alla legislazione regionale per adeguarla alle disposizioni del Piano (titolo IV).

 

 

Art. 2

Il piano socio-sanitario regionale.

 

Il piano socio-sanitario regionale, di seguito denominato "Piano", è costituito dai titoli I, II, III e IV della presente legge e dai suoi allegati A e B.

L'allegato A contiene parametri e le altre indicazioni da utilizzare per l'attività amministrativa della Regione, degli organi che gestiscono le ULSS, dei Comuni e degli altri enti ed organismi pubblici operanti nel territorio regionale, connesse alla realizzazione del piano.

L'allegato B contiene indirizzi programmatici ai quali la Regione, gli organismi che gestiscono le ULSS, i Comuni, le Province, le Comunità montane e gli altri enti ed organismi operanti nel territorio regionale nelle materie di cui alla presente legge, conformano la propria attività amministrativa.

 

 

TITOLO I

Procedure per la formazione, l'aggiornamento e l'attuazione del Piano socio-sanitario regionale

 

Capo I - Il ruolo della Regione

 

Art. 3

Il metodo della programmazione.

 

Ai sensi degli articoli 11 e 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, la Regione svolge la sua attività secondo il metodo della programmazione pluriennale e della più ampia partecipazione democratica.

In particolare il Piano impegna la Regione:

a) a coordinare l'intervento socio-sanitario con gli interventi negli altri settori economici, sociali e di organizzazione del territorio;

b) ad unificare l'organizzazione socio-sanitaria su base territoriale e funzionale;

c) ad assicurare la corrispondenza tra costi dei servizi e relativi benefici.

Per i fini di cui alla lettera a) il piano concorre alla realizzazione degli obiettivi generali della programmazione regionale: a tale scopo una sintesi del Piano viene inclusa quale apposito capitolo del Piano regionale di sviluppo; inoltre le tabelle dell'allegato A fanno parte integrante anche del Piano di sviluppo.

Per i fini di cui alla lettera b) gli indirizzi contenuti nella legge di piano e nei suoi allegati costituiscono presupposto per le attività di direttiva alle ULSS da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'art. 3 della L.R. n. 22/1984.

 

 

Art. 4

Validità e aggiornamenti.

 

Il piano ha validità triennale e viene annualmente aggiornato con legge.

Le relative proposte sono presentate dalla Giunta regionale entro il 30 settembre di ciascun anno, contestualmente alla relazione di cui al successivo art. 5, e vengono sottoposte ai procedimenti di partecipazione di cui alla L.R. n. 4/1972 e successive modificazioni.

Inoltre il piano viene modificato ogni qualvolta il piano sanitario nazionale ed altre leggi dello Stato incidenti sulla programmazione socio-sanitaria determinino vincoli o indirizzi ai quali la Regione debba uniformarsi.

 

 

Art. 5

Stati di avanzamento.

 

Con riferimento all'art. 49, ultimo comma, della L. n. 833/1978 il Presidente della Giunta regionale presenta al Consiglio regionale entro il 30 settembre di ogni anno la relazione generale sullo stato di attuazione del piano, avvalendosi anche della relazione annuale predisposta da ciascuna ULSS ai sensi dell'art. 78 della L.R. n. 18/1980, corredata da una relazione sullo stato di attuazione dei programmi comprensoriali.

 

 

Capo II - Il ruolo delle autonomie locali

 

Art. 6

Programmi comprensoriali di attuazione.

 

Procedure per la formazione. Entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'assemblea generale dell'ULSS adotta il programma comprensoriale di attuazione per la gestione dei servizi sanitari e socio-assistenziali.

Il programma viene inviato alla Giunta regionale che provvede, entro 30 giorni dalla ricezione, a verificarne la congruità rispetto al piano, richiedendo eventuali modificazioni. Qualora tale verifica non comporti alcuna modificazione, o nel caso in cui il termine di 30 giorni sia scaduto senza pronuncia da parte della Giunta, il programma si intende approvato. Qualora la Giunta richieda modificazioni, l'assemblea dell'ULSS provvede a riapprovare in via definitiva il programma, motivando eventuali difformi decisioni rispetto alla richiesta stessa.

Qualora nel termine di cui al primo comma l'ULSS non abbia adottato il programma comprensoriale la Giunta regionale, previa diffida ad adempiere entro 60 giorni, provvede in via sostitutiva per mezzo di un commissario.

 

 

Art. 7

Contenuto del programma.

 

Il programma comprensoriale socio-sanitario è lo strumento di attuazione del piano a livello locale; esso ha lo scopo di definirne tempi e modalità e di individuare gli obiettivi locali e particolari per le azioni di una organizzazione dei servizi coerente con la riforma sanitaria, per lo sviluppo coordinato delle azioni sanitarie e socio-assistenziali, per le azioni rivolte a problematiche di particolare rilevanza e ad un uso delle risorse coerente con le finalità del piano.

Il programma disciplina in particolare:

- la riorganizzazione dei servizi previsti come prioritari dal piano;

- la formulazione dei singoli programmi per la realizzazione dei progetti-obiettivo, dei progetti finalizzati, dei progetti-risorse e dei progetti di settore, così come indicato al successivo articolo 13, prevedendo i tempi e le modalità di ristrutturazione e sviluppo dei servizi.

Il programma contiene direttive per l'elaborazione del bilancio pluriennale della ULSS di cui all'articolo 3 della L.R. n. 18/1980, per l'organizzazione dei servizi e l'impiego del personale, nonché per l'uso del patrimonio e delle attrezzature.

Il programma deve essere compatibile con la quota del Fondo sanitario regionale prevista per il periodo di validità del piano, e all'interno di essa deve essere rispettata la destinazione dei finanziamenti per spese di investimento e per quelle correnti, nonché - relativamente a queste ultime - tra spese a destinazione indistinta e spese a destinazione vincolata dal Fondo sanitario nazionale.

 

 

Art. 8

Validità e aggiornamenti.

 

Il programma comprensoriale di attuazione ha la stessa durata del piano ed è realizzato per piani annuali.

Le ULSS adeguano, con le procedure previste all'articolo 6, ultimo comma, i programmi comprensoriali sulla base degli aggiornamenti apportati al piano ai sensi dell'articolo 4.

 

 

Art. 9

Stato di avanzamento.

 

Le ULSS, entro il 30 giugno di ogni anno, approvano contestualmente al rendiconto generale una relazione sulla situazione socio-sanitaria, sull'andamento della gestione e sullo stato di attuazione del programma. A tale scopo la Giunta regionale predispone uno schema-tipo da emanare nei modi previsti dalla L.R. n. 22/1984.

Le ULSS inviano alla Giunta regionale, entro 10 giorni dall'adozione, gli atti di cui al comma precedente ai fini della predisposizione della relazione di cui all'art. 5 della presente legge.

 

 

Capo III - Il ruolo dei soggetti non istituzionali

 

Art. 10

Il volontariato.

 

I programmi comprensoriali delle ULSS individuano le modalità per il concorso degli organismi del volontariato alla realizzazione degli obiettivi del piano in armonia con l'articolo 45 della legge n. 833/1978 e con l'articolo 28 della L.R. n. 29/1982.

In particolare le ULSS prevedono il ruolo degli organismi di volontariato iscritti nell'apposito elenco istituito dalla Giunta regionale in analogia a quanto previsto dall'articolo 27 della L.R. n. 29/1982.

L'attività delle associazioni di volontariato è regolata da convenzioni stipulate con le ULSS o i Comuni.

Le ULSS predispongono inoltre elenchi dei volontari singoli ai fini della loro utilizzazione nell'attuazione dei programmi.

Le associazioni ed i singoli concorrono gratuitamente alla realizzazione delle iniziative sociali e sanitarie definite dalla L.R. n. 65/1979 e dalla L.R. n. 29/1982, con particolare riguardo:

- al recupero funzionale e all'integrazione sociale delle persone affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, da qualunque causa dipendenti;

- alla prevenzione, al recupero e al reinserimento sociale di soggetti esposti a rischi di emarginazione o in condizione di tossicodipendenza;

- alla promozione della donazione del sangue umano nonché degli organi destinati al trapianto;

- all'assistenza agli anziani nel domicilio o presso le strutture pubbliche ai fini del recupero di adeguati livelli di autosufficienza;

- all'assistenza generica delle persone ricoverate nei presìdi ospedalieri.

Le associazioni iscritte al registro regionale attuano la preparazione e l'aggiornamento professionale dei propri iscritti anche attraverso attività di formazione ai sensi dell'articolo 8 della L.R. n. 69/1981.

La Giunta regionale, sentito il parere della competente commissione consiliare, delibera le norme di attuazione di cui all'articolo 28 della L.R. n. 29/1982 sulla base anche dei criteri del presente articolo.

Le associazioni iscritte al registro regionale sono i soggetti della partecipazione sulle attività della programmazione socio-sanitaria regionale.

 

 

Art. 11

La cooperazione.

 

I Comuni e le ULSS possono avvalersi delle cooperative di servizio sociale iscritte nell'apposito registro regionale previsto all'articolo 27 della L.R. n. 29/1982.

Deve essere garantito che la professionalità degli operatori non sia inferiore a quella degli operatori di pari livello e mansione dipendenti dagli enti pubblici. A tale riguardo devono essere rese operanti anche per gli operatori delle cooperative le norme di cui all'articolo 8 della L.R. n. 69/1981.

I Comuni e le ULSS regolano i loro rapporti con le cooperative per mezzo di convenzioni. Al fine di uniformare l'entità dei compensi in favore degli operatori delle cooperative, la Giunta regionale stabilisce per ciascun anno solare un tariffario orario tenendo conto dei diversi profili di attività dei soci-

cooperatori.

Le cooperative e le loro associazioni di rappresentanza sono i soggetti della partecipazione sulle attività di programmazione socio-sanitaria regionale.

 

 

TITOLO II

Il Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1985-1987

 

Capo I - Le strategie

 

Art. 12

Obiettivi prioritari.

 

I seguenti obiettivi costituiscono priorità del piano:

- riequilibrio territoriale delle risorse;

- piena attuazione della L.R. n. 29/1982 e integrazione dei servizi sanitari con quelli socio-assistenziali;

- attivazione della partecipazione dei cittadini alla gestione sociale dei servizi di base e promozione dell'educazione sanitaria della popolazione;

- potenziamento delle strutture socio-sanitarie pubbliche e loro qualificazione sul piano dell'efficienza e della specializzazione, innalzamento della professionalità degli operatori;

- attuazione delle azioni finalizzate al risparmio e al conseguimento di un efficace controllo della spesa con particolare riguardo a quella per degenze ospedaliere, per farmaci e per accertamenti diagnostici;

- riordino della prevenzione all'interno dei luoghi di vita e di lavoro e potenziamento dell'assistenza socio-sanitaria di base;

- tutela della salute materno-infantile, tutela psico-affettiva dei minori ricoverati in ospedale;

- tutela degli anziani, degli handicappati, cura e recupero dei tossicodipendenti;

- tutela della salute degli animali nei suoi rapporti con la salute dell'uomo;

- promozione delle conoscenze sullo stato di salute e sviluppo della ricerca finalizzata.

 

 

Art. 13

I progetti.

 

Gli obiettivi del piano sono perseguiti mediante il metodo della progettazione.

Il piano prevede progetti:

a) per la tutela socio-sanitaria delle fasce di popolazione a rischio (progetti-obiettivo salute);

b) per la realizzazione di programmi finalizzati alla lotta contro le patologie di maggiore rilievo sociale (progetti-finalizzati);

c) per la razionalizzazione e qualificazione della spesa (progetti-risorse);

d) per la riorganizzazione degli interventi dell'area centrale dell'ULSS e di quelli disposti su rete regionale (progetti di settore).

Per il triennio 1985/1987 sono previsti i seguenti progetti-obiettivo (P.O.):

- per la tutela sanitaria dell'ambiente di vita (Progetto-ambiente);

- per la tutela della salute della donna e dell'età materno-infantile (Progetto-donna/infanzia);

- per la tutela della salute nei luoghi di lavoro (Progetto-lavoro);

- per la tutela della salute degli anziani (Progetto-anziani);

- per la tutela della fasce marginali di popolazione (Progetto-fasce marginali).

Sono inoltre previsti i seguenti progetti-finalizzati (P.F.) alla lotta contro:

- le malattie infettive e diffusive (P.F. 1);

- le malattie mentali (P.F. 2);

- le cardiovascolopatie (P.F. 3);

- le cerebrovascolopatie (P.F. 4);

- le malattie tumorali (P.F. 5);

- il diabete (P.F. 6);

- le nefropatie croniche (P.F. 7);

- le neuropatie convulsivanti (P.F. 8).

Sono previsti i seguenti progetti-risorse (P.R.) per la razionalizzazione e la qualificazione della spesa:

- per accertamenti diagnostici (P.R. 1);

- per farmaci (P.R. 2);

- per degenze ospedaliere (P.R. 3);

- per il convenzionamento con le strutture private (P.R. 4).

Sono infine previsti progetti di settore (P.S.) per:

- il sistema informativo socio-sanitario regionale e l'osservatorio epidemiologico (P.S. 1-SIS/OER);

- la formazione degli operatori e l'educazione sanitaria (P.S. 2-Formazione);

- l'organizzazione in rete dei servizi trasfusionali (P.S. 3-Servizi trasfusionali);

- la medicina veterinaria anche nei suoi rapporti con la salute dell'uomo (P.S. 4-Medicina veterinaria).

Gli indirizzi programmatici e gli obiettivi triennali regionali per la realizzazione dei progetti sono contenuti nell'allegato B.

 

 

Art. 14

Le priorità per il riordino dei servizi.

 

Le ULSS adeguano l'organizzazione dei servizi socio-sanitari ai fini previsti nei precedenti articoli 12 e 13, conformandosi alle indicazioni contenute nell'allegato B, con priorità per le misure previste nei successivi articoli rispettivamente per la formazione delle piante organiche, per l'attivazione dei distretti di base, per il riordino della prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro, delle attività ospedaliere, delle attività psichiatriche e di tutela della salute mentale, delle attività in direzione delle tossicodipendenze, delle attività veterinarie, delle attività specialistiche, del servizio a tempo pieno nonché per la funzionalità dell'ufficio di direzione.

Le disposizioni contenute nei successivi articoli del presente titolo II costituiscono norme di ordinamento regionale nel quadro dei princìpi della legislazione statale.

 

 

Capo II - Le priorità per il riordino delle piante organiche

 

Art. 15

Princìpi e criteri per il riordino.

 

La pianta organica determina la posizione di inquadramento degli operatori dipendenti e la strutturazione degli uffici e servizi dell'ULSS. In attuazione del D.P.R. n. 761/1979 essa si articola per settori, sezioni, servizi, unità organiche ed unità operative. Articolazioni e denominazioni diverse, derivanti dalle indicazioni del piano e di altre leggi regionali o statali, o dovute a preesistenti ordinamenti, devono essere esplicitamente equiparate alla terminologia sopra riportata in sede di attribuzione delle funzioni nonché nella pianta organica allegata al bilancio di previsione ai sensi dell'articolo 17.

Ad ogni settore corrisponde un responsabile appartenente ad una delle posizioni apicali elencate nella tabella 1 dell'allegato A.

Ad ogni sezione corrisponde un responsabile appartenente alla posizione immediatamente inferiore a quella apicale.

Nei casi in cui specifiche leggi nazionali o regionali prevedano "servizi", a questi corrisponde un responsabile appartenente ad una delle posizioni sopra indicate, nonché alla prima posizione funzionale degli operatori professionali di prima categoria, in rapporto alla collocazione organica del servizio stesso.

Le unità organiche e le unità operative costituiscono articolazione delle precedenti strutture, e sono affidate alla responsabilità di operatori aventi titolo a tale funzione, ai sensi del vigente ordinamento del personale delle ULSS.

Qualora all'interno di un settore confluiscano materie che per la loro specializzazione richiedono l'apporto di professionalità non riconducibili a quella del responsabile di settore, possono essere previste posizioni di «esperto» da affidare a laureati del livello dirigenziale per le funzioni proprie del livello di appartenenza. Gli esperti operano secondo il principio dell'autonomia tecnico-funzionale nell'ambito di direttive di carattere generale a contenuto programmatorio ed organizzativo impartite dal responsabile di settore. Ferma restando la indivisibilità della direzione organizzativa del settore in capo al suo responsabile, il comitato di gestione può assegnare all'esperto la sovraintendenza tecnica di una sezione o di un servizio, su proposta o previo parere del responsabile di settore.

 

 

Art. 16

Dipartimenti e gruppi di lavoro.

 

Tutti gli operatori socio-sanitari, sia dipendenti che convenzionati, sono organizzati per dipartimenti e gruppi di lavoro.

I dipartimenti vengono individuati sulla base di obiettivi di carattere generale, e per la durata corrispondente a quella del piano.

I gruppi di lavoro sono costituiti sulla base di specifici obiettivi e per il tempo necessario a realizzarli.

Nell'articolazione dei dipartimenti e dei gruppi di lavoro vengono individuate posizioni di coordinamento a contenuto esclusivamente funzionale.

Il coordinamento dei dipartimenti è assunto da operatori dipendenti, appartenenti alla qualifica apicale.

Il coordinamento dei gruppi di lavoro può essere assunto anche da operatori convenzionati.

La qualifica di coordinatore ai sensi del presente articolo non modifica la posizione funzionale di chi ne è investito. Sono vietate aggiunzioni economiche a favore di quest'ultimo, a qualunque titolo siano imputate.

Nella individuazione dei coordinatori deve essere dato spazio alla autorganizzazione interna all'area interessata.

 

 

Art. 17

Determinazione delle piante organiche. Criteri e procedure.

 

Le ULSS determinano la pianta organica del personale dipendente per il triennio di validità del piano entro i termini fissati per l'approvazione del programma comprensoriale di cui all'articolo 6.

I posti della pianta organica sono articolati nei ruoli sanitario, professionale, tecnico e amministrativo sulla base dei parametri indicati nella tabella 2 dell'allegato A.

Nella determinazione della pianta organica le ULSS conferiscono priorità al riordino delle attività indicate nella tabella 3 dell'allegato A. I relativi parametri sono indicati nelle tabelle 13, 15, 20, 22.

Il numero complessivo dei posti della pianta organica viene determinato sulla base dei criteri seguenti, con riferimento al valore-soglia fissato nella tabella 4 dell'allegato A:

a) per le ULSS nelle quali il carico di abitanti per operatore in servizio sia inferiore al valore-soglia, il numero complessivo di posti non può superare quello previsto dalla pianta organica provvisoria;

b) per le ULSS nelle quali il dato di cui sopra sia superiore al valore-soglia, il numero complessivo non può superare quello necessario per adeguare il carico di abitante per operatore al valore di 100.

La data di riferimento per gli adempimenti di cui sopra è quello della promulgazione della presente legge.

La pianta organica, che è resa esecutiva con le procedure del precedente articolo 6, ultimo comma, è allegata al bilancio di previsione.

 

 

Art. 18

Criteri per il riequilibrio.

 

Per il periodo di validità del Piano le ULSS provvedono alla copertura dei posti eccedenti rispetto alle dotazioni del personale in servizio alla data di promulgazione della presente legge, con l'osservanza delle priorità risultanti dalla tabella 3, ed entro i limiti e con le gradualità stabilite nella tabella 4.

Le relative deliberazioni delle ULSS, ivi comprese quelle concernenti le trasformazioni dei posti di pianta organica per conseguire il riequilibrio della sua articolazione nei ruoli e nei profili in conformità dei parametri di cui alla tabella 2, sono soggette alle sole procedure di controllo amministrativo previste dalla legge dello Stato.

 

 

Art. 19

Norme transitorie.

 

Fino all'approvazione della pianta organica è consentito alle ULSS, fermo restando il rispetto dei parametri di cui alle tabelle 2 e 4, procedere alla copertura dei posti conseguente a deliberazioni che siano esecutive alla data di promulgazione della presente legge, nonché alla copertura dei posti resisi

vacanti dopo tale data.

 

 

Capo III - Le priorità per il riordino dei distretti

 

Art. 20

L'articolazione.

 

Le ULSS sono articolate nei distretti socio-sanitari di base, in modo che ad ogni distretto corrisponda di norma una popolazione compresa tra 4.000 e 10.000 abitanti.

Ad ogni distretto corrisponde il territorio di uno o più comuni o circoscrizioni.

Nei comuni che non abbiano attuato il decentramento amministrativo, l'articolazione nei distretti è determinata mediante accorpamento delle frazioni geografiche, sulla base della classificazione ISTAT.

Un distretto può corrispondere a più comuni o più circoscrizioni qualora ciò sia necessario per raggiungere i valori-soglia di popolazione.

L'articolazione nei distretti è fissata dall'ULSS in conformità con le proposte dei comuni interessati.

 

 

Art. 21

I comitati partecipativi.

 

In ogni distretto è costituito un comitato partecipativo, composto da consiglieri comunali o circoscrizionali elettivi con l'integrazione di altri membri individuati in conformità con i criteri dell'articolo 26 della L.R. n. 65/1979, in numero non superiore a quelli elettivi.

Alle nomine provvedono i Comuni o le Circoscrizioni interessate.

Partecipano alle riunioni del comitato i membri della équipe di distretto.

 

 

Art. 22

Gruppo di lavoro e suo coordinamento.

 

Ogni distretto dispone di un gruppo di lavoro formato nei modi indicati nella tabella 5 dell'allegato A.

Tale gruppo di lavoro costituisce un'unità funzionale i cui membri operano in condizioni di autonomia tecnica.

Il gruppo di lavoro viene integrato con il restante personale socio-sanitario operante nel territorio in forma esclusiva o a scavalco con altri distretti.

Al coordinamento funzionale del gruppo di lavoro provvede il medico del ruolo nominativo regionale assegnato al territorio del distretto. L'incarico di coordinamento non comporta alcuna modifica della posizione giuridica posseduta all'atto della nomina.

L'attività dei distretti viene coordinata nell'ambito dell'ufficio di direzione nei modi indicati nelle tabelle 17 e 19, nel rispetto del principio dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi. Spetta al coordinatore sanitario dell'ufficio garantire la funzionalità dei servizi di distretto.

 

 

Capo IV - Le priorità per il riordino delle attività ospedaliere

 

Art. 23

Principi generali dell'ordinamento e criteri per l'accesso.

 

Il servizio ospedaliero è unico per ciascuna ULSS ed è svolto in uno o più presìdi denominati presìdi ospedalieri.

Il servizio ospedaliero deve:

- soddisfare le esigenze dell'igiene e della tecnica ospedaliera;

- garantire ai ricoverati la tutela della dignità della persona, con particolare riguardo ai diritti della donna, dei bambini e degli anziani;

- rispondere ai requisiti ed espletare le funzioni e le attività di cui al presente capo IV.

Al diritto di accesso all'assistenza ospedaliera, di cui all'articolo 2 della L.R. n. 15/1975, si provvede mediante il passaggio in cura al servizio ospedaliero unico. Il passaggio in cura è disposto dal servizio di accettazione sanitaria mediante formale provvedimento di ricovero che specifica tra l'altro la funzione assistenziale e l'area cui il richiedente viene assegnato.

 

 

Art. 24

Programma comprensoriale di ristrutturazione.

 

Nell'ambito del programma comprensoriale di cui all'art. 6 le ULSS approvano gli obiettivi di ristrutturazione del servizio ospedaliero anche al fine di indicare le modalità di riconversione delle dotazioni eventualmente non utilizzate per il servizio ospedaliero, sulla base dei criteri indicati nell'allegato B.

Il programma prevede tra l'altro:

- la collocazione dei presìdi ospedalieri nell'ambito territoriale della ULSS;

- la determinazione delle funzioni di cui al successivo art. 26 da svolgere in ciascun presidio;

- la distribuzione del numero complessivo dei posti-letto per ciascun presidio;

- le modalità di svolgimento delle funzioni di day-hospital;

- la individuazione delle attività che devono essere accentrate in un solo presidio.

 

 

Art. 25

Requisiti e attività del servizio ospedaliero.

 

Per i fini di cui al precedente articolo la tabella 6 dell'allegato A elenca i requisiti minimi previsti dalla L. 12 febbraio 1968, n. 132 insieme con quelli aggiunti dalla presente legge regionale, ed evidenzia quelli che sono riferiti al servizio ospedaliero unico e quelli riferiti al singolo presidio.

La tabella 7 dell'allegato A indica le attività del servizio ospedaliero unico per il triennio di validità del piano con evidenza particolare:

a) per le attività di pertinenza di tutte le ULSS distinguendo tra quelle minime e quelle aggiuntive;

b) per le attività riservate alle ULSS con bacino di utenza corrispondente alle aree di riequilibrio territoriale (art. 4 della L.R. n. 45/1982);

c) per le attività riservate alle ULSS sede anche di servizi multizonali (art. 3 della L.R. n. 45/1982.)

La tabella 8 dell'allegato A contiene l'elenco minimo di attività che debbono essere comunque concentrate in un solo presidio per ciascuna ULSS.

 

 

Art. 26

Articolazioni del servizio ospedaliero nelle funzioni assistenziali.

 

Il servizio ospedaliero unico è articolato nelle seguenti funzioni assistenziali:

a) funzione ospedaliera per malati acuti, per emergenze sanitarie richiedenti cure intensive, con permanenza protratta;

b) funzione di day-hospital per fabbisogni assistenziali richiedenti cure non intensive con eventuale permanenza di breve durata;

c) funzione paraospedaliera per fabbisogni assistenziali richiedenti cure non intensive a scopo di consolidamento di terapie ospedaliere non eseguibili al domicilio.

 

 

Art. 27

La funzione ospedaliera per malati acuti. Requisiti e dotazioni.

 

La funzione ospedaliera per malati acuti deve essere assicurata mediante la presenza continuativa di personale sanitario medico e non medico, e l'uso corrente di attrezzature e di strumentazioni diagnostico-terapeutiche.

La dotazione di posti-letto è determinata sulla base dei seguenti parametri:

- quoziente di ospedalizzazione;

- durata media delle degenze;

- tasso di occupazione media.

Le modalità di determinazione dei parametri di cui al precedente comma, e i corrispondenti valori per il triennio di validità del piano, sono specificati nella tabella 9 dell'allegato A.

 

 

Art. 28

Requisiti e dotazioni per la funzione di day-hospital.

 

La funzione di day-hospital deve garantire i trattamenti di cui al primo comma, lettera b), del precedente art. 26. A tale scopo devono essere fornite tutte le prestazioni di diagnosi e cura erogate nei servizi ospedalieri e territoriali della ULSS, di norma da parte delle unità operative assegnate alle funzioni diagnostico-terapeutiche del servizio ospedaliero della ULSS.

La funzione di day-hospital deve essere espletata in tutti i presìdi per malati acuti, in spazi assistenziali ricavati dalle aree di predimissione come previsto dal successivo articolo 30. Può essere espletata anche presso presìdi territoriali o in quelli in cui viene svolta la funzione paraospedaliera.

L'assegnazione del malato alla funzione di day-hospital è disposta dall'unità operativa cui lo stesso è stato assegnato in cura nella fase acuta della malattia; può essere inoltre disposta direttamente dal servizio di accettazione sanitaria.

 

 

Art. 29

Funzione paraospedaliera.

 

Criteri per l'ammissione, requisiti e dotazioni. La funzione paraospedaliera deve garantire i trattamenti di cui al primo comma, lettera c), del precedente articolo 26. A tale scopo la funzione paraospedaliera deve assicurare:

- assistenza infermieristica continuativa;

- assistenza medica continuativa nell'arco diurno, ed utilizzazione della guardia medica per emergenze notturne e festive;

- continuità terapeutica con il servizio della medicina di base convenzionata.

Tale funzione si avvale della consulenza specialistica e delle dotazioni diagnostico-terapeutiche a disposizione di tutto il servizio ospedaliero della ULSS.

La funzione paraospedaliera può essere attivata autonomamente o in presìdi in cui si svolga la funzione ospedaliera per malati acuti, con l'osservanza dei criteri di cui al presente articolo.

L'assegnazione dei degenti alle funzioni paraospedaliere è disposta dal servizio di accettazione del presidio di riferimento; può essere effettuata anche direttamente dall'unità operativa responsabile dell'assistenza nella fase acuta. In ogni caso devono essere osservati i seguenti criteri:

- non debbono essere espletate funzioni di assistenza ospedaliera ai malati in fase acuta;

- il degente deve essere suscettibile di trattamenti per il recupero psicofisico e la riabilitazione, stabiliti in protocolli terapeutici formulati dall'unità operativa responsabile dell'assistenza nella fase acuta;

- la durata presumibile di degenza deve consentire una adeguata rotazione nell'utilizzazione degli spazi di degenza.

La dotazione dei posti-letto per la funzione paraospedaliera di norma non deve essere superiore a 30.

 

 

Art. 30

Le aree assistenziali.

 

Il programma comprensoriale prevede che le attività diagnostico-terapeutiche del presidio ospedaliero vengano organizzate nelle seguenti aree assistenziali:

a) accettazione sanitaria;

b) degenza intensiva;

c) degenza ordinaria;

d) predimissione anche per le funzioni di day-hospital.

L'area sub a) è unica per ciascun presidio.

Le aree sub b) e sub c) sono a destinazione indifferenziata.

Nell'area dell'accettazione sanitaria debbono essere comunque prestate attività di pronto intervento, anche mediante il trasporto d'urgenza presso altri presìdi ospedalieri. Il servizio ospedaliero unico deve garantire in ogni caso un'attività continuativa di pronto soccorso in funzione per tutto l'arco della giornata, e adeguatamente collegata con tutti i presìdi dell'ULSS. Tale attività è di norma realizzata con l'utilizzo delle dotazioni dei dipartimenti ospedalieri; la tabella 10 dell'allegato A indica le ULSS nelle quali essa è strutturata in unità operativa autonoma.

 

 

Art. 31

Unità ospedaliere di diagnosi e cura.

 

Il personale sanitario addetto ai servizi ospedalieri di diagnosi e cura è ripartito nelle aree funzionali di medicina e di chirurgia.

All'interno di ciascuna area sono istituite unità operative ed unità organiche.

Le unità operative sono dirette da un medico appartenente ad una delle due fasce di responsabilità diagnostico-terapeutica previste dall'art. 63 del D.P.R. n. 761/1979.

Le unità organiche sono costituite da più unità operative secondo criteri di omogeneità di disciplina, e sono dirette da un medico appartenente alla fascia di responsabilità apicale.

Alle unità operative sono assegnati medici della posizione funzionale iniziale (assistenti e medici in formazione) e personale di assistenza infermieristica ed ausiliario, secondo criteri di rotazione stabiliti dalla Giunta regionale ai sensi della L.R. n. 22/1984 anche sulla base delle disposizioni contenute nel

D.P.R. n. 761/1979.

Le unità operative possono essere qualificate per particolari branche di attività assistenziali, affini od equipollenti a quella corrispondente alla denominazione dell'unità organica a direzione primariale cui appartengono. Tale qualificazione ha rilievo esclusivamente assistenziale, e non comporta modifiche nella posizione giuridica posseduta dal responsabile dell'unità operativa, il quale in ogni caso deve possedere i requisiti specifici previsti dalla normativa concorsuale statale.

Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche al personale medico universitario convenzionato, relativamente all'organizzazione della funzione diagnostico-terapeutica e nel rispetto della peculiarità delle posizioni funzionali determinate ai sensi dell'ordinamento universitario.

 

 

Art. 32

Dipartimenti ospedalieri. Finalità e compiti.

 

I servizi diagnostico-terapeutici relativi alle aree assistenziali di cui all'art. 30 sono strutturati su base dipartimentale ai sensi dell'art. 17 della legge n. 833/1978 secondo il modello organizzativo della tabella 11 dell'allegato A.

I dipartimenti sono finalizzati all'espletamento di attività affini e complementari dirette a favorire la globalità dell'intervento, l'interdisciplinarietà del lavoro, un più stretto rapporto fra le strutture ospedaliere ed il territorio, la partecipazione del personale interessato, lo sviluppo di attività di aggiornamento e ricerca, l'economicità della gestione.

Sono compiti del dipartimento:

- l'organizzazione dei flussi assistenziali all'interno dell'area di competenza;

- la razionale utilizzazione del personale;

- la gestione delle risorse, attrezzature e presidi assegnati all'area dipartimentale;

- la programmazione dei fabbisogni di risorse sia di personale che di dotazioni strumentali;

- la riqualificazione e l'aggiornamento degli operatori;

- la promozione della partecipazione degli operatori alle scelte da effettuare;

- il coordinamento delle attività di ricerca scientifica;

- la messa a punto delle modalità di lavoro attraverso l'individuazione di opportuni protocolli;

- la verifica periodica dell'attuazione dei programmi d'intervento.

 

 

Art. 33

Criteri per la determinazione.

 

Di norma il dipartimento è unico per ciascun presidio, ad eccezione dei presìdi indicati nella tabella 12 dell'allegato A, nei quali vengono costituiti distinti dipartimenti almeno per la medicina, la chirurgia, e l'assistenza materno-infantile.

Il dipartimento materno-infantile deve garantire la realizzazione degli obiettivi previsti all'articolo 11, comma quinto e sesto, della L.R. n. 29/1982.

Nei casi in cui vi siano più dipartimenti, le unità operative di diagnostica strumentale e di laboratorio costituiscono dipartimento con le corrispondenti strutture extraospedaliere.

 

 

Art. 34

Direzione del dipartimento.

 

Al funzionamento del dipartimento è preposto un comitato composto da:

a) tutti i responsabili apicali assegnati al dipartimento;

b) aiuti corresponsabili ed assistenti delle unità operative, eletti dagli operatori di tali qualifiche in servizio nelle stesse unità operative in numero pari alla metà dei membri di cui alla lettera a);

c) rappresentanti elettivi del personale non medico in servizio nelle stesse unità operative, in misura corrispondente ad un terzo dei membri di diritto.

Il comitato elegge un coordinatore fra i responsabili apicali.

Il comitato dura in carica un anno e ha il compito di:

- garantire l'attuazione dei compiti del dipartimento;

- mantenere i rapporti con l'ufficio di direzione nonché, ove esista, con la direzione sanitaria;

- convocare l'assemblea degli operatori del dipartimento tutte le volte che se ne ravvisi l'opportunità e comunque con periodicità annuale, o quando ne faccia richiesta almeno un terzo degli operatori.

 

 

Art. 35

Funzioni igienico-organizzative.

 

Le funzioni di carattere igienico-organizzativo sono svolte dall'apposita sezione costituita presso il settore «Assistenza sanitaria e farmaceutica» dell'ufficio di direzione in conformità con le indicazioni delle tabelle 16 e 18 dell'allegato A.

È compito della sezione di cui al precedente comma provvedere:

- all'igiene degli ambienti ospedalieri;

- alla tenuta dell'archivio clinico e alle conseguenti registrazioni e refertazioni;

- alla raccolta delle informazioni di carattere statistico-epidemiologico ivi compresa la notifica delle malattie soggette ad obbligo di denuncia;

- all'organizzazione del servizio di documentazione e biblioteca del presidio;

- alla vigilanza sull'uso di medicinali e presìdi sanitari, nonché sulla loro fornitura ove non sia costituita l'apposita sezione «assistenza farmaceutica»;

- all'istruttoria tecnica per l'acquisizione di apparecchiature sanitarie, arredi e materiali sanitari;

- alla predisposizione degli elementi per la relazione annuale sullo stato dei servizi sanitari,

relativamente al servizio ospedaliero;

- alla organizzazione del servizio del personale sanitario, sanitario-ausiliario e tecnico assegnato dall'ufficio di direzione al servizio ospedaliero.

Nei presìdi ospedalieri al cui interno siano costituiti più dipartimenti, la struttura di cui al presente articolo viene affidata ad un direttore sanitario, che partecipa all'ufficio di direzione in qualità di esperto ai sensi del precedente articolo 16, ultimo comma.

In tali casi la struttura svolge anche funzioni di coordinamento interdipartimentale, con particolare riguardo all'organizzazione dei flussi assistenziali tra le varie aree nonché al raccordo tra l'area dell'accettazione sanitaria-pronto soccorso e i servizi di emergenza del territorio.

 

 

Capo V - Le priorità per il riordino delle attività psichiatriche e di tutela della salute mentale

 

Art. 36

Princìpi e criteri per il riordino.

 

I servizi psichiatrici e per la tutela della salute mentale sono riorganizzati sulla base dei seguenti principi:

1. il servizio è unico in ciascuna ULSS;

2. il servizio provvede alle seguenti funzioni di psichiatria e tutela della salute mentale:

- attività di prevenzione e tutela della salute mentale a supporto delle funzioni del distretto di base;

- attività ambulatoriale presso i presìdi territoriali di salute mentale;

- attività di consulenza su richiesta dei servizi socio-sanitari delle aree integrative;

- assistenza ai pazienti presso il domicilio;

- attività di accoglienza diurna, notturna e comunitaria finalizzata alla reintegrazione sociale e alla terapia;

- assistenza ai pazienti ancora ricoverati nelle strutture di lungodegenza, limitatamente alla persistenza di queste ultime.

 

 

Art. 37

Dipartimento per la salute mentale.

 

L'area delle funzioni psichiatriche e di tutela della salute mentale è organizzata in dipartimento ai sensi dell'articolo 34 della legge n. 833/1978 e per le finalità di cui all'art. 32 della presente legge.

Gli operatori del ruolo nominativo regionale assegnati al dipartimento sono costituiti in gruppo di lavoro unico, secondo le indicazioni contenute nella tabella 13 dell'allegato A.

Il dipartimento fa parte dell'area delle funzioni integrative ed è coordinato presso l'ufficio di direzione dal settore «assistenza sanitaria e farmaceutica» nel rispetto dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi.

 

 

Art. 38

Attività psichiatriche di diagnosi e cura.

 

I fabbisogni di emergenza sanitaria di natura psichiatrica sono soddisfatti nell'ambito dei posti-letto del servizio ospedaliero unico.

A tal fine gli operatori del dipartimento per la salute mentale concordano con le unità operative del presidio ospedaliero programmi terapeutici individualizzati ed assicurano la necessaria consulenza e presenza attiva.

Le dotazioni di cui al primo comma ricomprendono anche i posti-letto necessari ai trattamenti sanitari obbligatori. La tabella 14 individua i presìdi dove tali trattamenti debbono essere praticati, ed indica il numero dei posti-letto da prevedere.

Nei centri territoriali di salute mentale possono essere previsti spazi per trattamenti sanitari non ambulatoriali, di durata limitata.

 

 

Art. 39

Destrutturazione dell'ospedale psichiatrico di Perugia.

 

La destrutturazione dell'ospedale psichiatrico di Perugia e della sezione di Spoleto in attuazione dell'art. 64 della legge n. 833/1978, è realizzata attraverso il superamento della specificità psichiatrica dello stesso mediante la riorganizzazione interna con la costituzione di presìdi socio-sanitari per i servizi di cui alla L.R. n. 29/1982.

Gli adempimenti di cui al comma precedente sono realizzati nell'ambito del programma comprensoriale previsto all'art. 6.

A tale scopo i servizi delle ULSS n. 3 e n. 8 provvedono, d'intesa con quelli delle ULSS di provenienza dei ricoverati, alla individuazione dei servizi di destinazione per i pazienti tuttora degenti presso l'ospedale psichiatrico.

 

 

Art. 40

Comitato operatori salute mentale.

 

Allo scopo di assicurare il necessario coordinamento delle esperienze condotte nel territorio regionale nell'espletamento delle attività di cui agli artt. 36 e 39, la Giunta regionale istituisce un apposito comitato formato da operatori dei dipartimenti di salute mentale delle ULSS della Regione.

Nel comitato deve essere assicurata la presenza dei diversi profili professionali operanti nei dipartimenti di salute mentale.

 

 

Capo VI - Le priorità per il riordino delle attività per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze

 

Art. 41

Principi e criteri per il riordino.

 

La Regione, le ULSS e i Comuni esercitano le funzioni di loro competenza nel campo della prevenzione,

cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza garantendo:

- l'utilizzo dei normali servizi socio-sanitari, educativi e promozionali presenti nel territorio;

- la partecipazione degli organismi associativi a carattere volontario alle attività di prevenzione dell'uso non terapeutico delle sostanze stupefacenti e psicotrope;

- il supporto agli organismi pubblici e privati che gestiscono iniziative comunitarie per il reinserimento delle persone con problemi di tossicodipendenza;

- l'attuazione di ogni altra iniziativa per eliminare le condizioni di marginalità collegate al fenomeno della tossicodipendenza e in ogni caso per prevenire l'applicazione delle misure coercitive previste dalla vigente legislazione;

- la collaborazione e l'integrazione con gli altri settori della pubblica amministrazione operanti nel campo della legge n. 685/1975.

 

 

Art. 42

Le funzioni tecnico-consultive regionali.

 

Per i fini previsti all'articolo 90 della legge n. 685/1975, secondo comma, la Regione si avvale di una sezione del Consiglio tecnico regionale per la sanità integrata nei modi indicati all'articolo 4, quinto comma, della L.R. n. 72/1980. Compete in particolare a tale sezione:

a) operare i necessari interventi e controlli sull'attività dei presìdi sanitari, fatto salvo il rispetto del diritto all'anonimato;

b) determinare i protocolli terapeutici ivi compresi quelli a carattere sperimentale per l'eventuale uso delle sostanze ad azione analgesico-narcotica per i fini di cui sopra, e garantire la consulenza ai servizi di assistenza socio-sanitaria ai tossicodipendenti nella loro applicazione e nella sorveglianza dei loro effetti, sempre con il rispetto dell'anonimato;

c) analizzare i dati e le informazioni raccolte attraverso il servizio informativo socio-sanitario e l'osservatorio epidemiologico regionale per le valutazioni sull'andamento del fenomeno delle tossicodipendenze nell'ambito regionale.

 

 

Art. 43

La conferenza regionale.

 

Viene istituita la Conferenza regionale permanente per la prevenzione delle tossicodipendenze. La Conferenza è presieduta dal Presidente della Giunta regionale ed è composta:

a) dall'assessore regionale alla sanità e all'assistenza;

b) da un rappresentante per ciascun comitato di gestione delle ULSS della Regione;

c) da un rappresentante per ciascuna delle amministrazioni provinciali della Regione;

d) da un rappresentante della C.E.U., Conferenza episcopale umbra;

e) da tre rappresentanti dei comuni, designati tra i sindaci dall'Associazione nazionale dei comuni d'Italia, sezione regionale dell'Umbria;

f) da due rappresentanti della Consulta regionale della donna designati dalla stessa con voto limitato;

g) dai giudici di sorveglianza dei Tribunali aventi sede in Umbria;

h) da un rappresentante designato da ciascuna delle Prefetture dell'Umbria;

i) da un rappresentante designato da ciascuna delle Questure dell'Umbria;

j) da un rappresentante designato dalla Legione dei Carabinieri;

k) da un rappresentante designato dal Comando della Guardia di finanza;

l) da un rappresentante per ciascuno dei Provveditori agli studi dell'Umbria, scelti tra i componenti dei comitati di studio, programmazione e ricerca di cui all'articolo 85 della L. n. 685/1975;

m) da un membro designato dall'Istituto regionale di ricerche, sperimentazione attività educative - IRRSAE - dell'Umbria;

n) da un membro designato dal Centro sperimentale per l'educazione sanitaria dell'Università di Perugia;

o) da un membro designato dalla Scuola speciale di servizio sociale dell'Università di Perugia;

p) da 5 operatori medici e non medici dei servizi di assistenza socio-sanitaria alle tossicodipendenze, nominati dal Consiglio regionale con voto limitato a tre;

q) da un rappresentante per ciascuna comunità terapeutica operante in Umbria;

r) da 5 rappresentanti delle cooperative di servizio sociale e delle associazioni di volontariato, nominati dal Consiglio regionale con voto limitato a tre;

s) da un membro designato dall'Istituto superiore di sanità;

t) dai componenti della sezione del Consiglio tecnico regionale di sanità di cui al precedente articolo 41;

u) dai dirigenti degli uffici regionali dell'area socio-sanitaria.

La Conferenza, che può articolarsi per commissioni:

1) formula proposte agli organi della Regione per il coordinamento e il controllo sugli organismi e gli enti abilitati alla prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza;

2) propone alla Giunta regionale il programma annuale di educazione sanitaria per la prevenzione delle tossicodipendenze ferme restando le competenze del comitato di cui all'art. 85 della legge n. 685/1975 e le altre previste al titolo IX della stessa legge;

3) fornisce elementi per la relazione del Presidente della Giunta regionale sullo stato sanitario della Regione e sullo stato dei servizi, di cui all'articolo 2 della L.R. n. 1/1982;

4) collabora su richiesta con gli organi della pubblica amministrazione operanti nella prevenzione delle tossicodipendenze e nella lotta contro la diffusione delle sostanze stupefacenti;

5) esprime parere sulla designazione degli esperti da nominare nelle sezioni civili specializzate, ai sensi dell'art. 101, secondo comma, della L. n. 685/1975.

Ai sensi dell'articolo 91 della L. n. 685/1975 la Conferenza può richiedere informazioni concernenti le materie di sua competenza a qualsiasi organo della pubblica amministrazione operante nell'ambito regionale.

La Conferenza si riunisce in seduta plenaria almeno una volta all'anno.

I compiti di assistenza tecnico-istruttoria sono svolti dall'apposito servizio del competente ufficio regionale dell'area socio-sanitaria. Il funzionario responsabile di tale servizio assume l'incarico di segretario della Conferenza.

 

 

Art. 44

Norme sui servizi operativi.

 

Per i fini previsti dall'articolo 90 della L. n. 685/1975, terzo comma, paragrafo 2), le ULSS istituiscono servizi per l'assistenza socio-sanitaria ai soggetti con problemi di tossicodipendenza. Tali servizi, di seguito denominati SAT, sono affidati alla responsabilità di un medico o di uno psicologo appartenenti alla posizione funzionale apicale o a quella immediatamente inferiore, e sono coordinati nel settore «assistenza sanitaria e farmaceutica» dell'ufficio di direzione.

La tabella 15 dell'allegato A indica i parametri per la strutturazione dei SAT.

I SAT:

1) attuano le terapie nei confronti dei soggetti in trattamento sanitario volontario nonché di quelli che sono loro affidati ai sensi dell'art. 100 della L. n. 685/1975;

2) forniscono consulenza diagnostico-terapeutica ai luoghi di cura ivi comprese le comunità terapeutiche, ai presìdi ospedalieri, ai servizi territoriali locali ed ai singoli medici, nonché su richiesta ai servizi sanitari degli istituti di pena e a quelli militari;

3) attuano i programmi terapeutici sperimentali sulla base dei protocolli fissati dalla competente sezione del Consiglio tecnico regionale per la sanità;

4) attuano ogni opportuna iniziativa idonea al recupero sociale dei tossicodipendenti e al loro reinserimento lavorativo, interessando in via prioritaria quando possibile la famiglia;

5) esercitano le funzioni attribuite ai centri medici e di assistenza sociale ai sensi degli articoli 96, 97 e 100 della legge n. 685/1975.

Le ULSS 3 e 12 istituiscono «centri accoglienza» esterni al presidio ospedaliero, per assicurare risposte di carattere residenziale o semiresidenziale in casi di urgente necessità, o per svolgere attività diurne programmate e guidate da operatori socio-sanitari, con finalità terapeutiche, per soggetti già in carico ai SAT.

Inoltre le ULSS si avvalgono, anche mediante convenzione, delle comunità terapeutiche pubbliche e private che rispondano ai requisiti stabiliti dalla Giunta regionale entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

 

 

Capo VII - Le priorità per il riordino dell'ufficio di direzione

 

Art. 45

Princìpi e criteri per il riordino.

 

Per i fini della presente legge, viene indicato di seguito come «ufficio di direzione» l'insieme dei settori e servizi che compongono l'area delle funzioni centrali dell'ULSS. Il collegio dei responsabili di settore dell'ufficio di direzione viene indicato di seguito come «organo di direzione dell'ufficio centrale» o «

organo di direzione».

Le ULSS costituiscono l'ufficio di direzione secondo l'articolazione nei settori di cui alla tabella 16 dell'allegato A.

La tabella 17 dell'allegato A elenca le materie da ricomprendere nell'ambito di ciascuno dei settori dell'ufficio di direzione. Per le materie non elencate, l'attribuzione ai settori viene determinata dall'organo di direzione dell'ufficio, su proposta dei coordinatori.

Ciascuno dei settori dell'ufficio di direzione è affidato alla responsabilità di un funzionario appartenente alla posizione funzionale apicale dei laureati del ruolo sanitario per i settori a responsabilità sanitaria, e dei laureati del ruolo amministrativo e di quello tecnico per i settori a responsabilità amministrativa.

La tabella 18 dell'allegato A elenca le materie che possono essere organizzate come «servizi comuni» a disposizione dell'organo di direzione. Tali servizi, la cui responsabilità può essere affidata a funzionari della qualifica apicale o, in mancanza, di quella immediatamente inferiore, fanno riferimento diretto al coordinatore sanitario o amministrativo pro-tempore, secondo il criterio indicato nella stessa tabella 18.

Le ULSS possono articolare i settori in sezioni, affidate alla responsabilità di funzionari appartenenti alla qualifica immediatamente inferiore a quella apicale. La tabella 19 dell'allegato A indica i criteri di massima per l'articolazione nelle sezioni.

 

 

Art. 46

La responsabilità di settore.

 

Per i profili professionali per i quali è ammessa l'opzione tra tempo pieno e tempo definito, l'appartenenza all'ufficio di direzione è subordinata all'opzione per il rapporto di lavoro a tempo pieno.

Tale vincolo non opera nel caso di sostituzione temporanea, fermo restando che l'opzione per il tempo pieno costituisce titolo preferenziale qualora vi siano più concorrenti alla sostituzione stessa.

Qualora si verifichino vacanze per assenza o impedimento del titolare, il Comitato di gestione provvede alla sostituzione attribuendo l'incarico nell'ordine:

- ad altro responsabile di settore dell'ufficio di direzione nell'ambito delle materie sanitarie o amministrative;

- ad altro dipendente dell'ULSS appartenente alla posizione funzionale apicale;

- al corrispondente responsabile di settore di un'altra ULSS della Regione, mediante provvedimento di comando o di incarico a tempo parziale.

In caso di vacanza per cessazione del servizio da parte del titolare, le funzioni possono essere assegnate temporaneamente al personale appartenente alla qualifica immediatamente inferiore, purché in possesso dei requisiti per l'accesso alla qualifica superiore e previa attivazione delle procedure concorsuali per la copertura del posto vacante.

 

 

Art. 47

L'attività collegiale dell'ufficio.

 

Il Comitato di gestione regola i suoi rapporti con l'ufficio di direzione secondo il principio dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi.

A tale scopo, il Comitato di gestione determina indirizzi generali per l'organizzazione e il funzionamento dei servizi dell'ULSS, per la programmazione dell'attività e per il servizio degli operatori, affidandone la realizzazione all'ufficio di direzione.

Nell'ambito degli indirizzi e delle direttive di massima del Comitato di gestione, l'organo di direzione cura i seguenti affari:

- predisposizione tecnica degli atti deliberativi di programmazione ed organizzazione e funzionamento dei servizi e del personale;

- predisposizione tecnica degli atti deliberativi concernenti i programmi di attività in attuazione del programma comprensoriale;

- coordinamento delle altre proposte di deliberazione aventi rilevanza per il funzionamento complessivo dell'ULSS;

- rapporti con il livello regionale del sistema informativo, con l'osservatorio epidemiologico, con gli altri uffici regionali responsabili della programmazione socio-sanitaria.

Ai sensi dell'art. 15 della legge n. 833/1978 spetta all'organo di direzione dell'ufficio centrale curare l'organizzazione, il coordinamento e il funzionamento di tutti i servizi nonché la direzione del personale.

Ferma restando la competenza del Comitato di gestione per tutte le determinazioni che comportino impegni formali a carico del bilancio, spetta ai responsabili dei settori dell'ufficio di direzione adottare,

mediante disposizioni di servizio, gli atti occorrenti per realizzare i programmi deliberati dal Comitato di gestione, che non siano affidati alla responsabilità complessiva dell'organo di direzione.

Gli atti concernenti la direzione del personale sono in ogni caso di competenza dell'organo di direzione.

Resta ferma l'autonomia tecnico-funzionale dei responsabili per l'organizzazione del lavoro all'interno delle aree funzionali di competenza.

 

 

Art. 48

Compiti particolari dei coordinatori.

 

Oltre alle funzioni loro spettanti ai sensi del vigente ordinamento del personale, spetta al coordinatore sanitario ed al coordinatore amministrativo presiedere a turno le riunioni dell'ufficio di direzione e sovraintendere all'esecuzione delle sue decisioni.

 

 

Capo VIII - Altre misure prioritarie

 

Art. 49

Riordino delle attività veterinarie.

 

Nell'ambito del programma comprensoriale le ULSS provvedono al riordino delle strutture essenziali alla realizzazione delle attività veterinarie secondo i criteri indicati nella tabella 20 dell'allegato A. Deve essere in particolare previsto che:

- in ogni ULSS ci sia un'unità operativa di profilassi antirabbica e una per la disinfezione e disinfestazione;

- i centri di ispezione sanitaria presso i macelli pubblici e privati siano ristrutturati secondo le indicazioni di cui alla tabella 21.

 

 

Art. 50

Riordino delle attività di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro.

 

Nell'ambito del programma comprensoriale le ULSS provvedono al riordino delle attività di prevenzione e tutela nei luoghi di lavoro secondo i criteri di cui alla tabella 22 dell'allegato A.

 

 

Art. 51

Riordino delle attività specialistiche.

 

Le tabelle da 23 a 25 dell'allegato A contengono misure programmatiche da applicare nel periodo di vigenza del piano relativamente:

a) alle prestazioni specialistiche che possono essere decentrate in tutte le ULSS (tabella 23);

b) alle prestazioni specialistiche proiettate sulle aree di riequilibrio territoriale delle utenze (tabella 24);

c) alle prestazioni specialistiche a carattere multizonale (tabella 25).

 

 

Art. 52

Misure per il tempo pieno.

 

Le ULSS provvedono ad attuare l'incentivazione del rapporto di lavoro a tempo pieno secondo i vigenti accordi contrattuali del comparto sanitario, con particolare riferimento alla qualificazione degli operatori nell'ambito delle attività didattiche e di ricerca.

Il personale a tempo pieno operante nei servizi ospedalieri partecipa alle attività socio-sanitarie territoriali nell'ambito della propria professionalità.

La tabella 26 dell'allegato A contiene l'elenco delle discipline da indicare per la prescrizione del rapporto di lavoro a tempo pieno.

 

 

TITOLO III

Disposizioni finanziarie

 

Art. 53

Fonti del finanziamento.

 

Al finanziamento dell'attività socio-sanitaria si provvede distintamente:

a) per la gestione sanitaria:

1) con la quota parte del Fondo sanitario nazionale di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833;

2) con le entrate proprie delle ULSS;

3) con eventuali contributi di terzi.

b) per la gestione dei servizi socio-assistenziali:

1) con il Fondo sociale di cui alla L.R. n. 29/1982;

2) con le risorse assegnate dai Comuni;

3) con eventuali contributi di terzi.

Gli enti locali concorrono con alienazioni e trasformazioni patrimoniali alle necessità di investimenti del sistema socio-sanitario.

 

 

Art. 54

Ripartizione del Fondo sanitario regionale per spese correnti.

 

Il Fondo sanitario regionale per spese correnti è utilizzato con l'obiettivo del graduale riequilibrio territoriale e funzionale dei servizi ed è destinato a:

1) spese sanitarie correnti delle ULSS;

2) spese sanitarie a gestione regionale;

3) spese sanitarie a destinazione vincolata riguardanti:

a) i progetti obiettivo;

b) la formazione, aggiornamento e riqualificazione del personale del servizio sanitario;

c) la ricerca scientifica finalizzata e l'osservatorio epidemiologico;

d) l'educazione sanitaria.

La tabella 27 dell'allegato A contiene i criteri di applicazione dei parametri per la ripartizione del Fondo per le spese sanitarie correnti delle ULSS relativamente al triennio di validità del piano.

La Giunta regionale attribuisce annualmente alle ULSS i fondi per la realizzazione dei Progetti-obiettivo in relazione ai programmi specifici delle stesse da presentare alla Giunta entro il 30 settembre dell'anno precedente all'esercizio finanziario cui si riferisce.

Il riparto del F.S.R. per spese correnti viene effettuato dalla Giunta regionale, previo parere della competente commissione consiliare, nei termini previsti dalle specifiche disposizioni delle leggi nazionali e regionali.

La Giunta regionale attribuisce il Fondo di riserva accantonato per interventi di riequilibrio ed imprevisti.

 

 

Art. 55

Procedure particolari per il finanziamento delle spese per il personale, finalizzate al riequilibrio delle piante organiche.

 

Al riparto delle quote per il finanziamento delle spese per il personale si provvede:

a) in sede di ripartizione del Fondo sanitario regionale, mediante computo del costo per il personale sostenuto precedentemente, aumentato della percentuale di incremento riconosciuta nel riparto del Fondo sanitario nazionale;

b) in sede di assegnazione dell'ultima quota trimestrale del Fondo, mediante integrazione nella misura corrispondente al costo reale delle nuove unità organiche effettivamente in servizio nell'anno di competenza.

Per i fini di cui alla lettera b) del comma precedente si provvede mediante l'utilizzazione del Fondo di riserva per interventi di riequilibrio ed imprevisti, di cui al precedente art. 54, ultimo comma.

Nei casi in cui il personale in servizio risulti eccedente rispetto ai parametri di cui alle tabelle 2 e 4, il costo relativo all'eccedenza viene decurtato in sede di riparto del Fondo regionale con le stesse gradualità previste per le situazioni di carenza. A tal fine si provvede sulla base del costo medio del personale calcolato su base regionale.

Per gli scopi di cui al presente articolo le ULSS comunicano entro il 15 settembre l'elenco del personale in servizio.

 

 

Art. 56

Ripartizione del Fondo sanitario regionale per spese in conto capitale.

 

Il Fondo sanitario regionale per le spese in conto capitale è destinato:

a) al finanziamento degli investimenti di mantenimento del patrimonio edilizio e tecnologico;

b) agli investimenti di innovazione;

c) agli investimenti di trasformazione;

d) all'accrescimento dell'efficienza delle dotazioni strumentali.

Il riparto del Fondo sanitario regionale per spese in conto capitale viene effettuato dalla Giunta regionale, previo parere della competente commissione consiliare, secondo le indicazioni contenute nella presente legge ed in rapporto ai parametri e programmi specificati nelle tabelle 28 e 29 dell'allegato A, nonché in base a specifici programmi pluriennali di investimenti.

I contributi e le donazioni provenienti da enti o privati ed i proventi derivanti da alienazioni e trasformazioni di patrimoni degli enti locali per investimenti delle ULSS sono soggetti ai vincoli di utilizzo secondo le indicazioni prioritarie del piano socio-sanitario regionale.

 

 

Art. 57

Ripartizione del Fondo regionale per l'espletamento dei servizi in materia socio-assistenziale.

 

Il Fondo per l'espletamento dei servizi in materia socio-assistenziale di cui all'art. 32 della L.R. n. 29/1982, è ripartito annualmente come segue:

1) una quota da stabilire con atto della Giunta regionale - nell'ambito della somma stanziata con la legge di bilancio - viene destinata alla Associazione dei Comuni della Valle Umbra Sud per il funzionamento della Casa di riposo ex O.N.P.I. sulla base delle spese di gestione, escluso il personale, sostenute nell'esercizio precedente a quello della ripartizione ed evidenziati in appositi rendiconti a cura della Associazione predetta;

2) il 92% del Fondo decurtato della quota di cui al punto 1), viene ripartito tra tutte le Associazioni dei Comuni in proporzione diretta alla popolazione residente al 31 dicembre del penultimo anno antecedente a quello della ripartizione nell'ambito territoriale di competenza;

3) il restante 8% è riservato per l'assegnazione di eventuali contributi finalizzati ad interventi straordinari. La parte di tale quota che non sia utilizzata entro il 31 ottobre viene ripartita tra tutte le Associazioni con il parametro di cui al punto 2). L'assegnazione è effettuata alle Associazioni dei

Comuni, dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare.

I Comuni sono tenuti ad iscrivere nel bilancio di previsione la quota di finanziamento a proprio carico stabilita nel programma comprensoriale di cui all'art. 24 della L.R. n. 29/1982, contestualmente all'approvazione del bilancio stesso.

I Comuni sono altresì tenuti alla tempestiva erogazione della quota a proprio carico a favore della rispettiva Associazione per consentire la regolare esecuzione dei programmi.

 

 

Art. 58

Verifiche.

 

La Giunta regionale verifica la corretta applicazione da parte delle ULSS delle norme di contabilità e di amministrazione del patrimonio di cui alla L.R. n. 18/1980, anche al fine di accertare la rispondenza dei fatti gestionali con le prescrizioni del piano.

 

 

TITOLO IV

Adeguamento della legislazione socio-sanitaria regionale

 

Art. 59

Abrogazione della L.R. n. 68 del 1974.

 

La legge regionale 13 dicembre 1974, n. 68 concernente: «Disciplina delle procedure per l'istituzione di nuovi servizi, copertura organici, acquisizione attrezzature ed alienazione dei beni patrimoniali da parte degli enti ospedalieri» è abrogata.

 

 

Art. 60

Abrogazione della L.R. n. 29 del 1977.

 

La legge regionale 17 giugno 1977, n. 29 concernente «Disciplina dell'esercizio delle funzioni amministrative regionali in materia di prevenzione, cura e riabilitazione degli stati di tossicodipendenza» è abrogata.

 

 

Art. 61

Modificazioni della L.R. n. 65 del 1979.

 

La legge regionale 19 dicembre 1979, n. 65, concernente «Organizzazione del servizio socio-sanitario regionale, è modificata nei modi di seguito indicati.

 (2).

 (3).

 (4).

 (5).

 (6).

 (7).

 (8).

 (9).

All'art. 36 l'espressione «disposizioni per il collegamento delle aree funzionali» è sostituita con «indirizzi per il collegamento delle aree funzionali».

 (10).

 (11).

 (12).

Al quarto alinea della lettera a) dello stesso art. 38 l'espressione «sanità animale ed igiene e vigilanza degli allevamenti» è sostituita con «medicina veterinaria».

 (13).

Al quinto comma dell'art. 38 l'espressione «i responsabili dei servizi di settore è sostituita con «i responsabili di settore».

 (14).

 

(2) Sostituisce, con un unico comma, gli originari commi quinto e sesto dell'art. 12, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(3) Sostituisce il terzo alinea del secondo comma dell'art. 18, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(4) Aggiunge il secondo comma all'art. 20, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(5) Sostituisce il secondo comma dell'art. 26, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(6) Sostituisce il quarto comma dell'art. 26, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(7) Sostituisce il terzo alinea del secondo comma dell'art. 32, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(8) Aggiunge un alinea al terzo comma dell'art. 33, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(9) Sostituisce l'ultimo comma dell'art. 33, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(10) Aggiunge due episodi al secondo comma dell'art. 37, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(11) Aggiunge un comma alla fine dell'art. 37, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(12) Sostituisce il primo capoverso del secondo comma dell'art. 38, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(13) Sostituisce il terzo comma dell'art. 38, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

(14) Sostituisce l'ultimo comma dell'art. 38, L.R. 19 dicembre 1979, n. 65.

 

 

Art. 62

Modificazioni alla L.R. n. 43 del 1980.

 

La legge regionale 17 maggio 1980,n. 43, concernente «Prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro» è modificata nei modi di seguito indicati:

 (15).

 (16).

 (17).

 (18).

 

(15) Sostituisce l'art. 11, L.R. 17 maggio 1980, n. 43.

(16) Sostituisce l'art. 12, L.R. 17 maggio 1980, n. 43.

(17) Aggiunge il primo alinea all'art. 14, L.R. 17 maggio 1980, n. 43.

(18) Aggiunge tre commi alla fine dell'art. 14, L.R. 17 maggio 1980, n. 43.

 

 

Art. 63

Modificazione alla L.R. n. 72 del 1980.

 

La legge regionale 10 dicembre 1980, n. 72, concernente «Istituzione del consiglio tecnico regionale per la sanità» è modificata nei modi di seguito indicati:

 (19).

 (20).

 

(19) Sostituisce il primo alinea del comma primo dell'art. 3, L.R. 10 dicembre 1980, n. 72.

(20) Aggiunge un paragrafo al quinto comma dell'art. 4, L.R. 10 dicembre 1980, n. 72.

 

 

Art. 64

Modificazioni alla L.R. n. 19 del 1982.

 

La legge regionale 7 aprile 1982, n. 19, concernente «Norme per l'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia veterinaria» è modificata nei modi di seguito indicati:

 (21).

 

 

(21) Sostituisce l'art. 7, L.R. 7 aprile 1982, n. 19.

 

 

Art. 65

Modificazione alla L.R. n. 24 del 1982.

 

La legge regionale 14 maggio 1982, n. 24, concernente: «Norme per il trasferimento alle ULSS delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica» è modificata nei modi di seguito indicati.

 (22).

 (23).

 (24).

All'art. 6, primo comma, dopo le parole «i servizi dell'area integrativa» va aggiunto «nonché i servizi operativi e le altre strutture dell'ufficio di direzione preposte allo svolgimento delle funzioni...».

Al secondo comma dello stesso art. 6 l'espressione «settore per la tutela della salute nell'ambiente di vita e di lavoro» è modificata con «settore igiene e prevenzione nell'ambiente di vita e di lavoro».

All'art. 12, secondo comma, l'espressione «inquadrato nei ruoli regionali o nel ruolo unico regionale del Servizio sanitario nazionale» è sostituita con «inquadrato nel ruolo della Regione o nel ruolo nominativo regionale del personale delle ULSS».

 

(22) Aggiunge un periodo al secondo comma dell'art. 4, L.R. 14 maggio 1982, n. 24.

(23) Aggiunge l'art. 5-bis, al Capo I, L.R. 14 maggio 1982, n. 24.

(24) Aggiunge l'art. 5-ter, al Capo I, L.R. 14 maggio 1982, n. 24.

 

 

Art. 66

Modificazioni della L.R. n. 45 del 1982.

 

La legge regionale 30 agosto 1982, n. 45, concernente «Norme per la gestione, l'organizzazione e il funzionamento dei presidi e servizi multizonali» è modificata nei modi di seguito indicati.

 (25).

 (26).

 

(25) Aggiunge il primo alinea al secondo comma dell'art. 11, L.R. 30 agosto 1982, n. 45.

(26) Aggiunge un comma all'art. 16, L.R. 30 agosto 1982, n. 45.

 

Allegato A

 

Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1985-1987

 

Tabelle

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 1(Legge di piano - articolo n. 15)Posizioni funzionali di apicalità per l'accesso alla responsabilità di settore(D.P.R. n. 761/1979 - Allegato 1)RuoloTabellaProfiloSanitarioADirigente sanitario o sovraintendente sanitario o direttore sanitario o primario ospedalieroBFarmacista dirigenteCVeterinario dirigenteDBiologo dirigenteEChimico dirigenteFFisico dirigenteGPsicologo dirigenteProfessionaleAAvvocato coordinatoreBIngegnere coordinatoreCArchitetto coordinatoreDGeologo coordinatoreTecnicoAAnalista dirigenteBStatistico dirigenteCSociologo dirigenteAmministrativoADirettore amministrativo capo-servizio

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 2/1(Legge di piano - articolo n. 17)Distribuzione delle dotazioni organiche per aggregazioni di profili professionali e per ruoliProfili aggregatiPercentuali ruoliMedici ospedalieriMedici non ospedalieriAltri laureatiPersonale infermieristicoPersonale tecnico-sanitarioTotale ruolo sanitario64.0Personale amministrativoTotale personale amministrativo11.0Personale tecnico-ausiliario, operai, ecc.Altre qualifiche del ruolo tecnico, ruolo professionaleTotale altri ruoli25.0Totale generale100.0

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 2/2(Legge di piano - articolo n. 17)Aggregazione delle qualifiche e dei profili professionali ai fini dell'applicazione dei parametri di riequilibrio delle piante organicheMedici ospedaliericomprendono anche i direttori e vice-direttori sanitari e gli ispettori.Medici non ospedaliericomprendono i medici dell'area delle funzioni centrali, i medici del territorio, gli igienisti, ecc.Altro personale laureato del ruolo sanitariosono compresi i veterinari, i farmacisti, i biologi e le altre figure previste dal D.P.R. n. 761 del 1979.Personale infermieristicocomprende anche i terapisti della riabilitazione, le ostetriche,

gli assistenti sanitari, il personale con funzioni didattico-organizzative.Personale tecnico-sanitariocomprende i tecnici di radiologia e di laboratorio, i tecnici dell'ambiente, e il restante personale di vigilanza ed ispezione.Personale tecnico-ausiliariocomprende gli ausiliari di assistenza, il personale dei servizi tecnici generali e le altre figure di operaio.Personale amministrativocomprende tutti i profili del ruolo amministrativo.Altre qualifichesono compresi gli assistenti sociali, i laureati del ruolo professionale e le altre figure previste dal D.P.R. n. 761/1979.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 3(Legge di piano - articolo n. 17)Elencazione dei servizi da riordinare prioritariamente in sede di determinazione della pianta organicaA.Servizi territoriali di tutela della salute mentaleB.Servizi per l'assistenza socio-sanitaria agli stati di tossicodipendenza SATC.Servizi di medicina veterinariaD.Servizi di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 4(Legge di piano - articolo n. 17)Indicazioni per la determinazione numerica delle piante organiche e per la gradualità della loro coperturaA)Il valore-soglia del carico abitanti/operatore di cui all'articolo 17 della legge regionale di piano è fissato uguale a 105 (popolazione anagrafica ufficiale alla data di promulgazione della legge).B)Per le ULSS con parametri superiori a 105 la pianta organica definitiva viene determinata nel numero di posti necessario per adeguare il parametro al valore di 100.C)Per le ULSS con parametri inferiori a 105 rimane invariato il numero di posti previsti dalla

pianta organica provvisoria.D)Nel triennio di validità del piano, i limiti di copertura dei posti eccedenti le dotazioni di personale in servizio alla data di promulgazione della legge di piano sono così determinati:-ULSS di cui al punto B): adeguamento del carico abitanti/operatori in servizio al valore di 106;-ULSS di cui al punto C): abbassamento parametrale di due punti rispetto al valore del carico abitanti/operatori in servizio.E)La copertura dei valori di cui al punto D) avverrà con le seguenti gradualità:1985: 30%1986: 35%1987: 35%.F)L'ULSS n. 3 è autorizzata ad effettuare la copertura dei posti eccedenti per il 50% nell'anno 1985 e per il 50% nell'anno 1986 in considerazione delle esigenze derivanti dalla entrata in funzione del presidio ospedaliero di S, Andrea delle Fratte.G)Le ULSS per le quali il calcolo di cui al punto D) configuri un numero di operatori nel triennio minore di 15 possono operare la copertura in unica soluzione.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato a - tabella n. 5(Legge di piano - articolo n. 22)Parametri di riferimento per la strutturazione del gruppo di lavoro del distretto di baseProfiliParametriMedico (coordinatore) (°)AInfermiere professionaleBAssistente socialeAOperatore amministrativo (+)AAssistente sanitarioCOstetricaCOperatore della riabilitazioneCTecnico dell'ambienteCParametro A = 1 operatore per distrettoParametro B = 1 operatore ogni 2.000 abitantiParametro C = 1 operatore a scavalco con altri distretti.Nota ° = appartenente al ruolo nominativo regionaleNota + = qualifica non inferiore a quella dell'assistente amministrativoN.B. = Il gruppo di lavoro viene integrato con il restante personale socio-sanitario che opera nel distretto (medici generici convenzionati, ginecologi, pediatri, altri operatori sociali, ecc.).

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 6(Legge di piano - articolo n. 25)Requisiti del servizio ospedaliero unico. Requisiti minimi prescritti dall'art. 19 della legge 132/78 e integrazioni della legge regionaleRequisitiParametriAccettazione sanitaria fornita di spazi per l'osservazione dei malati prima dell'affidamento in cura alle unità organicheAPronto soccorso fornito di mezzi per il trasporto d'urgenza adeguati per numero e dotazioni e collegati in rete comprensoriale e regionaleBLocali di degenza predisposti a fornire cure di intensità corrispondente ai fabbisogni assistenziali dei degentiALocali separati per l'isolamento e la cura dei malati affetti da forme morbose pericolose per la loro diffusibilitàBAttrezzature di diagnostica radiologica, di laboratorio, di anestesia e di trasfusioneBFarmacia internaBPoliambulatori integrati in forma dipartimentale con i servizi extraospedalieri, da utilizzare anche per le attività preventive territorialiASale riunioni e di lettura per il personaleABiblioteca e audiovideoteca per la formazione continua del personaleBImpianti di disinfezione, sterilizzazione, e distruzione del materiale infettoALavanderia e guardarobaBCucina e dispensaAImpianti di trattamento dei liquami e di abbattimento dei fumi nocivi, attrezzature di allontanamento dei rifiuti solidiAAssistenza religiosa secondo le disposizioni dei concordati stipulati dallo Stato italianoASala mortuariaASala di autopsiaBParametro A = requisito riferito al singolo presidioParametro B = requisito riferito al servizio ospedaliero unico

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 7(Legge di piano - articolo n. 25)Requisiti di attività del servizio ospedaliero unico per il triennio 1985-1987AttivitàU.L.S.S.1 2 3Accettazione pronto-soccorsoA A AAnalisi chimico-cliniche e microbiologicheA A AAnatomia e istologia patologicaO A AAnestesia e rianimazioneA A ACardiologiaB A AChirurgia generaleA A ADermatologiaO B ADietetica e servizio antidiabeticoO B AElettrofisiologia, impianto pace-makerO O CEmodinamica e anglografiaO O CGeriatriaO O AImmunotrasfusionaleO A AImmunologia dei trapiantiO O CMalattie infettiveO A AMedicina generaleA A AMedicina del lavoroO O AMedicina nucleareO B ANefrologia-emodialisiO B ANeurochirurgiaO O CNeurologiaO B ANeurofisiopatologiaO B ANeuroradiologiaO O COculisticaO A AOdontostomatologiaO B AOncologia medicaO O COrtopedia-traumatologiaB A AOstetricia-ginecologiaA A AOtorinolaringoiatriaB A APediatriaA A APoliambulatorioA A APrelievo di rene per trapiantoO B APrelievo di cornea e trapiantoO O CRadiologiaA A ARadioterapiaO O CRiabilitazione funzionaleB A ATisiopneumologia e fisiopatologia respiratoriaO B ATomografia computerizzataO O CTrapianto midolloO O CUrologiaO B AParametro O = requisito non presenteParametro A = requisito minimoParametro B = requisito facoltativoParametro C = requisito multizonale (vedere anche tabella 25)Nota 1:Colonna 1 = ULSS n. 2-4-6-7-9-10-11colonna 2 = ULSS n. 1-5-8colonna 3 = ULSS n. 3-12

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 8(Legge di piano - articolo n. 25)Elenco minimo delle attività ospedaliere da concentrare in un solo presidio nell'ambito della stessa ULSSSevizi amministrativiServizi tecnologiciFarmacia internaIstologia e anatomia patologica

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 9(Legge di piano - articolo n. 27)Parametri per la dotazione dei posti-letto per la funzione ospedaliera per malati acuti e fissazione dei relativi valori per il programma comprensoriale di ristrutturazioneIndicatoriParametri198619871990Quoziente di ospedalizzazione [1]AABDurata media della degenza [2]CDDTasso medio di utilizzazione dei posti-letto [3]EFFA = Media del triennio 1982-1984 (valori delle singole ULSS)B = 140 per mille abitanti (valore regionale da ripartire tra le singole ULSS)C = 10,3 giornateD = 10,0 giornateE = 73 per centoF = 75 per cento[1] Rapporto tra numero di ingressi nell'anno e media dei valori di popolazione registrati al 1° gennaio e al 31 dicembre dello stesso anno.[2] Rapporto tra numero complessivo delle giornate di degenza trascorse nell'anno dai degenti e numero totale di questi ultimi.[3] Rapporto tra totale delle giornate di degenza consumate nell'anno e giornate di degenza corrispondenti a un tasso medio di utilizzazione uguale a 100.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 10(Legge di piano - articolo n. 30)Elenco dei presidi ospedalieri nei quali il pronto soccorso può essere strutturato in unità operativa autonomaPresidioCittà di CastelloPerugiaFolignoSpoletoTerni

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 11(Legge di piano - articolo n. 32)Modello funzionale del dipartimento ospedaliero e criteri per l'individuazione delle responsabilità apicali

Denominazione della ComposizioneCompitiResponsabilitàstrutturaLivelloCompitiDipartimentoinsieme in unità organicheAprimario coordinatoreDUnità organicainsieme di unità

operativeBprimarioEUnità operativamedici, infermieri ausiliari di assistenzaCprimario o aiutoFA = Vedere legge regionale di piano, articolo 34.B = Coordinamento dell'attività diagnostico-terapeutica prestate dalle unità operative aggregate nell'unità organica.C = Attività diagnostico-terapeutica nei confronti dei degenti assegnati in cura all'unità operativa.D = Vedere legge regionale di piano, articolo 35.E = Compiti assegnati al primario ai sensi dell'articolo 63 del D.P.R. n. 761/1979:- assegnazione dei ricoverati alle unità operative;- formulazione di direttive per la condotta diagnostico-terapeutica;- eventuale avocazione in cura di degenti assegnati ad altre unità

operative.F = Responsabilità dell'attività diagnostico-terapeutica verso i ricoverati assegnati in cura.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 12(Legge di piano - articolo n. 32)Indicazione dei presidi ospedalieri ad organizzazione dipartimentale articolataPresidioParametroCittà di CastelloAPerugia-MonteluceBFolignoASpoletoATerniBA =Distinti per:medicinachirurgiatutela materno-infantile (unitamente ai servizi territoriali)B =Determinazione domandata all'ULSS, per i problemi connessi con la presenza di strutture universitarie.Nota: I servizi speciali di diagnosi e cura fanno di norma dipartimento unico, aggregando gli analoghi servizi extraospedalieri.Nei presidi ospedalieri elencati nella tabella, possono essere costituiti in separati dipartimenti di branca; di norma insieme ai corrispondenti servizi extraospedalieri.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 13(Legge di piano - articolo n. 37)Parametri di riferimento per la strutturazione dei servizi territoriali di tutela della salute mentaleProfiloParametroMedico psichiatra15.000 abitanti [°]Operatore con professionalità infermieristica4.000 abitanti [°]PsicologoVedere notaAssistente sociale o altro operatore con profiloprofessionale «sociale»Vedere notaNota: Le assegnazioni di psicologi e di assistenti sociali vanno determinate nell'ambito delle dotazioni complessive dell'ULSS per i suddetti profili, così parametrate al netto degli effetti della normativa contrattuale sull'orario di lavoro:- 1 psicologo ogni 20.000 abitanti o frazione superiore a 12.500;- 1 assistente sociale ogni 8.000 abitanti o frazione superiore a 4.000.[°] La dotazione minima deve garantire almeno due medici

psichiatrici e almeno quattro operatori con professionalità infermieristica.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 14(Legge di piano - articolo n. 38)Indicazione dei presidi ospedalieri destinati all'accoglienza dei malati soggetti a trattamento sanitario obbligatorio(articoli 34 e 35 della legge n. 833/1978)PresidioPosti-lettoPerugia14Terni6

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 15(Legge di piano - articolo n. 44)Parametri di riferimento per la strutturazione dei servizi di assistenza socio-sanitaria per i tossicodipendentiProfiliParametriMediciAInfermieri professionaliBAssistenti socialiCPsicologiDOperatori socio-sanitari volontariEA = 1 unità nelle ULSS 1-5-8; 3 unità nelle ULSS 3-12B = 2 unità nelle ULSS 1-5-8; 6 unità nelle ULSS 3-12C = 1 unità (vedere nota a tabella 13)D = 1 unità (vedere nota a tabella 13)E = secondo convenzioni localiNota (1): Le maggiori dotazioni delle ULSS n. 3 e 12 devono far fronte anche al servizio nei «centri-accoglienza» (art. 43 della legge regionale di piano).Nota (2): Le dotazioni vanno aggiustate per garantire la copertura del servizio per 12 ore giornaliere, da estendere a 24 per i SAT con «centri-accoglienza».Nota (3): Nelle ULSS non elencate l'istituzione dei SAT è facoltativa.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 16(Legge di piano - articolo n. 45)Articolazione degli uffici di direzione delle ULSS. Numero massimo dei settori nel triennio di validità del piano e criteri per gli accorpamentiSettori a responsabilitàULSSSanitariaAmministrativaSocialeTotaleAAAA14419233173551114321654419633177331784318922151033171133171255111Tot.42401294A = Numero dei settori da prevedere in pianta organica.Nota (1) Indicazioni per gli accorpamenti dei settori:-Prevenzione negli ambienti di vita e di lavoro con Medicina legale e con Formazione ed educazione sanitaria-Amministrazione del personale con Gestione delle convenzioni e con Servizi tecnologici-Amministrazione economico-finanziaria con Economato e Provveditorato.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 17/1(Legge di piano - articolo n. 45)Elenco delle materie da ricomprendere nei settori dell'ufficio di direzioneSettori a responsabilità sanitariaFormazione del personale ed educazione sanitaria1.formazione di base del personale infermieristico e tecnico2.formazione permanente degli operatori in servizio3.iniziative di educazione sanitaria della popolazione4.ricerca finalizzataIgiene ambientale e del lavoro1.coordinamento dei progetti obiettivo2.realizzazione delle mappe di rischio3.informazione sulla tutela della salute nei luoghi di lavoro4.interventi di prevenzione negli ambienti di lavoro5.convenzione con le aziende per la realizzazione di interventi non ricompresi tra quelli istituzionali6.vigilanza sull'ambiente7.salvaguardia della compatibilità degli insediamenti abitativi e produttivi8.igiene del suolo e dell'abitato9.igiene degli alimenti e bevande10.tutela delle acque superficiali dagli inquinamenti e difesa della qualità delle acque destinate ad uso potabile11.lotta agli inquinamenti atmosferici12.profilassi delle malattie infettive diffusive13.tutela sanitaria dall'uso di sorgenti radiogeneAssistenza sanitaria e farmaceutica1.servizi distrettuali di cura e riabilitazione2.servizi domiciliari di cura e riabilitazione3.tutela materno-infantile e dell'età evolutiva4.assistenza alle fasce marginali di popolazione5.tutela socio-sanitaria della popolazione anziana6.aspetti organizzativi delle convenzioni per l'assistenza medico-generica e pediatrica7.coordinamento dell'assistenza domiciliare e specialistica8.igiene mentale ed assistenza psichiatrica9.prevenzione e cura delle tossicodipendenze10.tutela sanitaria delle attività sportive11.assistenza riabilitativa12.assistenza in regime di ricovero ospedaliero13.assistenza poliambulatoriale ospedaliera14.assistenza in regime di day-hospital15.guardia medica16.protocolli e repertori farmacoterapeutici17.informazione sui farmaci18.sperimentazione clinica controllata19.erogazione dell'assistenza farmaceutica - controllo sull'applicazione delle convenzioni20.vigilanza sulle farmacie21.predisposizione ordinativi per acquisto di farmaci e presidi sanitari22.rapporti con i comitati paritetici ex convenzioni articolo 48 L. 833/1978

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 17/2(Legge di piano - articolo n. 45)Elenco delle materie da ricomprendere nei settori dell'ufficio di direzioneMedicina veterinaria1.profilassi delle zoonosi e altre malattie infettive e diffusive degli animali2.programmi di bonifica sanitaria degli allevamenti3.vigilanza, coordinamento e controllo sull'attuazione dei piani di profilassi4.vigilanza sull'importazione, esportazione e transito degli animali, delle carni e degli altri

prodotti di origine animale5.vigilanza su impianti e concentramenti di animali, impianti di raccolta e risanamento di sottoprodotti, avanzi e rifiuti6.vigilanza sui ricoveri di animali, sulle stalle di sosta, sui mercati, le fiere e i pubblici abbeveratoi7.vigilanza sul trasporto di animali e prodotti nonché sugli spostamenti dei pascoli8.vigilanza e controllo sulla riproduzione animale, sulle stazioni di monta, gli impianti di fecondazione artificiale, gli ambulatori per la cura della sterilità9.vigilanza ed ispezioni sugli animali domestici sinantropi e selvatici, per accertare eventuali modificazioni dell'equilibrio ambientale10.vigilanza sulla produzione, il commercio, la distribuzione e l'impiego dei mangimi e degli integratori11.vigilanza sugli ambulatori per la cura degli animali12.vigilanza, ispezione e controllo sulla somministrazione dei farmaci per uso veterinario13.vigilanza sul rispetto delle norme che disciplinano l'utilizzazione degli animali da esperimento e sui prelievi di organo14.attuazione dei programmi di propaganda ed educazione sanitaria verso gli allevatori15.organizzazione e vigilanza sull'assistenza zooiatrica16.assistenza tecnica permanente e informazione sanitaria veterinaria agli allevatori17.vigilanza e controllo sugli impianti di macellazione, trasformazione, conservazione, deposito, distribuzione e vendita delle carni e di altri alimenti di origine animale18.ispezione e vigilanza veterinaria su carni, uova, prodotti ittici, miele, additivi, coloranti e

succedanei nelle fasi di produzione, trasformazione, deposito, trasporto e distribuzione.Settori a responsabilità amministrativaAmministrazione del personale1.piante organiche2.assunzione, cessazioni dal servizio, stato matricolare3.verifiche orari di lavoro, permessi e congedi4.trattamento economico, previdenza, assistenza, quiescenza5.disciplina

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato a - tabella n. 17/3(Legge di piano - articolo n. 45)Elenco delle materie da ricomprendere nei settori dell'ufficio di direzioneSettori a responsabilità amministrativaAmministrazione economico-finanziaria1.bilanci, rendicontazioni2.impegni, accertamenti, emissione mandati e reversali3.rapporti economico-finanziari inerenti i servizi ULSS4.analisi economica dei costi sanitari5.rapporti economico-finanziari con altri enti e privati6.contenziosoAmministrazione economato e provveditorato1.inventario2.gestione beni inventariati3.acquisti4.servizi economali di lavanderia, cucina guardaroba5.parco macchine6.magazzinoGestione dei servizi tecnologici1.beni immobili, progetti di ristrutturazione ampliamenti2.manutenzione beni mobili e immobili3.impiantiGestione delle convenzioni1.problemi amministrativi delle prestazioni sanitarie2.convenzioni internazionali Cee e rapporti bilaterali3.prestazioni economiche agli invalidi di guerra e alle categorie protette4.elenchi dei medici e anagrafe degli assistibili5.segretariato commissioni paritetiche previste dagli accordi nazionali unici ex art. 48 legge n. 833/1978Settori a responsabilità socialePrevenzione e promozione sociale1.attuazione legislazione sociale per tutela materno-infantile2.attività di aggregazione sociale3.servizi per il tempo libero4.integrazione sociale dei cittadini a rischio di emarginazione5.promozione sociale degli anzianiPrestazioni socio-assistenziali1.assistenza economica2.supporti socio-assistenziali per l'assistenza domiciliare3.soddisfacimento di esigenze abitative4.interventi socio-assistenziali a favore dei minori5.affidamento familiare6.vigilanza sui servizi residenziali

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 18(Legge di piano - articolo n. 45)Elencazione dei servizi comuni dell'ufficio di direzione e loro attribuzione alla responsabilità dei coordinatoriServiziResponsabilitàSegreteria degli organi politico-amministrativiamministrativaProgramma comprensoriale, sistema informativosanitariaMobilità del personale sanitario all'interno dei servizi dell'ULSSsanitariaVigilanza e ispezione sull'ambientesanitaria

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 19(Legge di piano - articolo n. 45)Criteri pre l'articolazione dei settori dell'ufficio di direzione nelle sezioniSettoriSezioniFormazione del personale ed educazione sanitaria-Formazione (1, 2)-Educazione sanitaria e ricerca (3, 4)Igiene ambientale e del lavoro-Prevenzione nei luoghi di lavoro-Profilassi e prevenzione nell'ambiente di vita-(1,6,7,8,9,10,11,12,13)Assistenza sanitaria e farmaceutica-Assistenza sanitaria di base (da 1 a 6,8,9,15 e 22)-Area delle funzioni integrative dei servizi di base - ospedalieri ed extraospedalieri (7,13)-Assistenza ospedaliera e day-hospital (12,14)-Assistenza farmaceutica (16,17,18,19,20)Medicina veterinaria-Sanità animale ed igiene degli allevamenti e delle produzioni animali ( da 1 a 16)-Igiene delle produzioni e commercializzazione degli alimenti di origine animale (17,18)Medicina legale-(unica soluzione)Amministrazione del personale-Gestione del ruolo nominativo del personale delle U.L.S.S. (da 1 a 3)-Trattamenti economico-previdenziali e aspetti disciplinari (4 e 5)Amministrazione economico-finanziaria-Bilanci e rendiconti (1)-Impegni, accertamenti ordinativi, contenziosi (2 e 6)-Rapporti economico-finanziari (3,4,5)Economato e provveditorato-Provveditorato (1,2,3,5)-Economato (4,6,7)Servizi tecnologici-(unica sezione)Gestione delle convenzioni-Prestazioni, convenzioni Cee e altri accordi supernazionali, assistenza speciale alle categorie protette-Anagrafe assistibili, segretariato commissione paritetichePrevenzione e promozione sociale - interventi socio-assistenziali-(unica soluzione)

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 20(Legge di piano - articolo n. 49)Parametri di riferimento per la strutturazione dei servizi di medicina veterinariaProfiloParametroVeterinari dei servizi di sanità pubblica4Veterinari dei servizi di igiene degli alimenti4Vigili sanitari per i servizi veterinari2Addetti alle unità operative antirabbiche e di disinfezione2Nota (1) Il parametro esprime il numero minimo di unità per ULSS. Tale numero va aggiustato in rapporto:-alla consistenza del patrimonio zootecnico (vedere anche i parametri della Cee)-alla situazione orografica del territorio-agli impianti dell'area delle produzioni animali-ai punti obbligatori di ispezione delle carni e degli impianti per la produzione, distribuzione e vendita delle carni e degli altri prodotti di origine animale-alla quantità dei controlli di pertinenza dei servizi di medicina veterinaria-ai compiti delle unità operative antirabbiche e di disinfezione.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 21(Legge di piano - articolo n. 49)Valori-soglia di produzione di carne per l'ammissibilità dei centri di ispezione presso i macelli pubblici e privatiAnnoValori-soglia198550019861.00019871.500Nota (1) I valori-soglia sono espressi in quintali per anno.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 22(Legge di piano - articolo n. 50)Parametri di riferimento per la strutturazione dei servizi di prevenzione e tutela nei luoghi di lavoroProfiloParametroIngegnereAMedicoAChimico (laureato)BBiologoCAgronomoAGeometraAPerito industriale-elettronicoBPerito industriale-meccanicoBPerito industriale-chimicoATecnico dell'ambienteDInfermiere professionaleDPsicologoA [°]A = presenza in tutte le ULSSB = presenza nelle ULSS con concentrazioni industrialiC = presenza nelle ULSS con concentrazione di industrie alimentariD = presenza di almeno due unità per ULSSNota [°] Vedere annotazione alla tabella 13.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 23/1(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni specialistiche decentrabili presso tutte le ULSS e livelli poliambulatoriali di erogazioneLivello della prestazioneBrancaTipologia delle prestazioniambul. diPoliambulatorioOspedalespecialisticadistret.Diurnoextra

ospedal.Ospedal.AnestesiologiaVisita di accertamento pre-operatoriosisiTerapia antalgicasisiAssistenza per contrastografia in soggetti a rischio od altre indagini diagnostico-terapeutiche complessesisiCardiologiaVisite clinichesisisiECG sisisiECG con prova di sforzosisiOscillografiasisisiPoligrafia senza e con prove funzionalisiChirurgiaPietismografiasiVisite clinichesisiContinuità diagnostico-terapeutica mediante: medicazioni, piccoli interventi (incisione ascessi e flemmoni, asportazioni cisti, ecc.), piccole manovre chirurgiche (sostituzione cateteri, proctologia, verruche, elettrobisturi, ecc.)sisisiBiopsiesisiDermatologiaVisite clinichesisiRicerche allergologiche per via percutanea, paich-test, prik-testsisiContinuità diagnostico-terapeutica

mediante: asportazione piccole neoformazioni benigne cutanee (verruche, lipomi, ecc.)sisiDermatologia correttiva (diatermocoagulazione, elettrocauterio, azoto liquido, ecc.)sisiBiopsiesiFisiochinesiterapiaVisite cliniche per programma terapeuticosisiMassochinesiterapiasisisisiFisioterapia strumentalesisiProve ergometrichesisiAerosol terapiasisisiMedicina interna (diabetologia, endocrinologia, gastroenterologia)Visite clinichesisiTrattamenti farmacologici infusivi e trasfusionalisisiRegione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 23/2(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni specialistiche decentrabili presso tutte le ULSS e livelli poliambulatoriali di erogazioneLivello della prestazioneBrancaTipologia delle prestazioniambul. diPoliambulatorioOspedalespecialisticadistret.Diurnoextra

ospedal.ospedal.NeurologiaVisite clinichesisiECGsiOculisticaVisite clinichesisiRifrazionisisiTonometriasisiGonioscopiasisiPerimetriasisiEsercizi ortotticisisiContinuità diagnostico-terapeutica mediante: sondaggi, irrigazioni vie lacrimalisisiMedicazionisisiPiccoli interventi chirurgici (inalazioni endoorbitali e sottocongiuntivali, incisioni ascessi, orzaioli, asportazione neoformazioni benigne, ecc.)sisiPiccola infortunistica (corpo estraneo, causticazioni, ecc.)sisiOdontoiatriaVisite clinichesisisiTerapia conservativasisisiEstrazionisisisiProtesisisiOrtodonziasisiOrtopedia

traumatologiaVisite clinichesisiContinuità diagnostico-terapeutica mediante: medicazioni, artrocentesi, infiltrazioni endoarticolari. Applicazione e rimozione bendaggi gessati semplici (per distorsioni, lussazioni semplici piccole medio articolazioni, fratture senza spostamento)sisiBusti gessati ed apparecchi gessati complessisisiOstetricia e ginecologiaVisite clinichesisisiContraccezione (anche intrauterina)sisisiMonitoraggio gravidanza normalesisisiMonitoraggio gravidanza a rischiosiPrelievo Pap TestsisisiAmnioscopia - colposcopiasiInterruzione volontaria gravidanzasisiContinuità diagnostico-terapeutica mediante: medicazioni vaginali e cervicalisisisiDiatermocoagulazione della portiosisiBiopsia (piccoli interventi)sisiInsufflazioni utero-tubarichesisiRilevazioni battito cardiaco con

ultrasuonisisiRegione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 23/3(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni specialistiche decentrabili presso tutte le ULSS e livelli poliambulatoriali di erogazioneLivello della prestazioneBrancaTipologia delle prestazioniambul. diPoliambulatorioOspedalespecialisticadistret.Diurnoextra

ospedal.ospedal.OtorinolaringoiatriaVisite clinichesisiEsame audiometrico e reattometricosisiEsame vestibolare ed impedenziometricosiContinuità diagnostico-terapeutica mediante: medicazioni, cateterismo tubarico, insufflazionisisiPiccole manovre chirurgiche (asportazione tappo cerume, corpi estranei non profondi, cauterizzazioni)sisiPiccoli interventi chirurgici prime vie aeree ed orecchio (incisioni ascessi, ematoma del setto, polipi nasali isolati, sinechie nasali, cisti orecchio esterno, ecc.)sisisiBiopsiasisi

Adenoidectomia, tonsillectomiasiPediatria (ove non sia adeguatamente assicurata l'assistenza pediatrica di base)Visite clinichesisisiTrattamenti farmacologici infusivi e trasfusionali periodicisisiBiopsiasisiPneumologiaVisite clinichesisiSpirometria semplicesisiEsame spirografico completosiRieducazione respiratoriasisiEmogasanalisisiMedicina sportivaVisite di accertamento alla pratica agonisticasisiAnalisi di laboratorioPrelievisisisiEsami chimico-clinici e tossicologici (non con tecnica radioimmunologica)sisiEsami batteriologici e microbiologicisisiRegione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 23/4(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni specialistiche decentrabili presso tutte le ULSS e livelli poliambulatoriali di erogazioneLivello della prestazioneBrancaTipologia delle prestazioniambul. diPoliambulatorioOspedalespecialisticadistret.Diurnoextra

ospedal.ospedal.RadiologiaEsami radiografici di tutti i segmenti dell'apparato scheletricosisiPanoramica dentariasisiRX laringe e laringe diretta e con tecniche stratigrafichesisiRX torace, stratigrafia polmonare, mediastico, cuore e peduncoli vasali anche esolagografiasisiRX digerente (parziale e completa con mezzo di contrasto per os e per clisma, con doppio mezzo di contrasto, e a vuotosisiFisiolografiasisiRicerca radiologica corpi estraneisisiColecistografia per ossisiColecistocolangiografiasisiUrografia, pillografiasisiIsterosalpingografiasisiEndoscopiaEsofagogastroscopiasisiGastroduodenoscopiasisiRettosigmoldoscopiasisiAnorettoscopiasisiColonscopiasisiCistourettoscopiasisiContinuità diagnostico-terapeutica mediante:

piccoli interventi e biopsie in endoscopia (vedi prestazioni indicate nelle relative branche)Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato a - tabella n. 23/5(Legge di piano - articolo n. 51)Criteri per l'individuazione-Specialità previste dall'Accordo collettivo nazionale per gli specialisti ambulatoriali di cui al D.P.R. 22 ottobre 1981;-Elevata frequenza di accesso (attuale e prevedibile);-Esigenza di contestuale supporto per l'attività in regime di ricovero;-Validità diagnostica e clinica delle prestazioni;-Rischio connesso alla esecuzione ambulatoriale;-Disponibilità di personale sanitario specializzato;-Disponibilità di strutture idonee ed eventuali costi di riconversione;-Costo e complessità delle attrezzature necessarie;-Costi di manutenzione.N.B. Ancorché riconducibili alle attività proprie di specialità diverse, sono individuate a sé quelle tecniche diagnostiche che presumono attrezzature e spazi fruibili in comune come l'endoscopia e l'ecografia.Nell'ambito della «medicina interna» sono invece ricomprese discipline quali la diabetologia, l'endocrinologia, la gastroenterologia, in ragione della loro possibilità di assumere, in termini di costi-benefici, propria autonomia organizzativa solo allorquando questa non venga a configurare una soprapposizione di competenze con quelle da assolvere da parte della medicina di base o con quelle assolte da altre discipline, ma trovi ragione motivata di essere nella consistenza della casistica conseguente ad una selezionata specificità di intervento.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 24/1(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni specialistiche a carattere interzonale (aree di riequilibrio territoriale delle utenze)ServizioPrestazioniAnestesiologiaElettroanalgesia neurolisiCardiologiaElettrocardiografia dinamicaRiabilitazione cardiologica in connessione con il servizio di fisiochinesiterapiaMedicina nucleareTutte le indagini in vivoTrattamenti con radioisotopiIndagini radioimmunologicheNefrologia e dialisiVisite clinicheIndagini funzionaliTrattamento dialitico (ambulatoriale, domiciliare ed in assistenza limitata)NeurologiaElettroencefalogramma poligraficoIndagini telemetriche e videotelemetricheElettromiografiaElettroanalgesiaNeurolisiOculisticaretinografiaLaserterapiaOstetricia-ginecologiaAmniocentesiIsteroscopiaFlussometria liberaCistometrogrammaProfilo pressorio uretralePneumologiaTest di diffusione alveolocapillareProve da sforzo con gasanalisiBroncospirometria separataPletismografia corporeaUrologiaTest urodinamiciRiabilitazione vescicaleRegione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 24/2(Legge di piano - articolo n. 51)Elenco delle prestazioni specialistiche a carattere interzonale (aree di riequilibrio territoriale delle utenze)

ServizioPrestazioniEndoscopiaLaringoscopiaTracheobroncoscopiaArtroscopiaFisiochinesiterapiaMeccanoterapie passiveBilancio articolare e muscolareImmunoematologia e trasfusionaleTutte le prestazioni di competenza del Centro trasfusionale a norma della legge n. 592/1967 e del relativo regolamento di attuazioneLe prestazioni relative alla prevenzione, diagnosi e trattamento della malattia emolitica del neonatoLaboratori analisi estologia e citologiaCurve e test da stimolazione in ginecologiaAltri dosaggi di richiesta poco frequente con curve e test da stimolazioneCurve e dosaggi multipli di farmaci nel sangueDismissione insulinicaDeterminazione del peptide CDeterminazione degli anticorpi anti-insulinaCitodiagnostica ormonale e tumoraleIndagini istologiche (per inclusione o congelamento)RadiologiaArteriografia selettivaFlebografiaLinfografiaBroncografia selettivaColpocistogrammaCistometrografia minzionaleChain testMammografiaTermografia mammariaDiagnostica con ultrasuoniEcodopplerEcocardiografiaEcotomografia d'organoDiagnostica fetale e placentare

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 25(Legge di piano - articolo n. 51)Elencazione dei presidi e servizi multizonali ed indicazione delle relative sediServizi e presidiSediPresidio multizonale di prevenzionePerugia e terniAssistenza ai trapianti e immunodepressiPerugiaImmunologia dei trapiantiPerugiaPrelievo e trapianto di corneaPerugiaTrapianto di midolloPerugiaNeuroradiologia e tomografia computerizzataPerugia e TerniRadioterapiaPerugia e TerniElettrofisiologia e

impianti pace-makerPerugia e TerniEmodinamica ed angiocardiografiaPerugia e TerniNeurochirurgiaPerugia e TerniOncologia medicaPerugia e terniMedicina sportiva [*]PerugiaNota [*]: articolo 9 della L.R. 79/1981.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 26(Legge di piano - articolo n. 52)Elenco delle discipline da indicare per la prescrizione del rapporto di lavoro a tempo pienoArea funzionaleDisciplinaMedicinaAnatomia e istologia patologiaCardiologia (con unità coronarica)EmodialisiImmunoematologia e servizio trasfusionaleLaboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologicheMedicina nucleareNeuroradiologiaPediatriaRadiologiaRecupero e rieducazione funzionale dei motulesi e dei

neurolesiVirologiaChirurgiaAnestesia e rianimazioneChirurgia generaleNeurochirurgiaOrtopedia e traumatologiaOstetricia e ginecologiaPrevenzione e sanità pubblicaUfficio di direzione dell'ULSS [*]Direzione sanitariaMedicina del LavoroNota [*]: con responsabilità apicale e immediatamente sub-apicaleN.B.: per i provvedimenti di prescrizione, vanno osservati i criteri indicati nel D.P.R. n. 761/1979 e nell'accordo nazionale unico di lavoro del comparto sanitario.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 27(Legge di piano - articolo n. 54)Criteri di riparto tra le ULSS del Fondo sanitario regionale per spese correntiVoci di spesaCriterio di ripartoServizi multizonalispesa realeServizi e presidi sanitari a gestione direttaspesa realeConvenzioni case di cura privata per assistenza ospedalieraspesa realeConvenzioni stabilimenti termalispesa realeConvenzioni per assistenza specialistica esternaspesa realeAssistenza medico-generica pediatrica e guardia medicapopolazione residenteMedicina legalepopolazione residenteAssistenza farmaceuticapopolazione residenteAssistenza integrativapopolazione residenteAssistenza indirettapopolazione residenteIl riparto dovrà tenere conto delle quote di entrate proprie delle ULSS da destinare al finanziamento delle spese correnti.

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 28(Legge di piano - articolo n. 56)Criteri di riparto tra le ULSS del Fondo sanitario regionale per la spesa in conto capitaleDenominazioneCriterio di ripartoFondo sanitario regionale per 1/3 in rapporto popolazione residenteinvestimenti di mantenimento1/3 in rapporto presidi e servizi sanitari (espressi in termini di spesa)1/3 in rapporto posti letto ospedalieri calcolati in riferimento al tasso di utilizzazione- Sulle quote per investimenti di mantenimento possono essere riservate somme non superiori al 30% per interventi specifici prioritari ed indilazionabiliFondo sanitario regionale per Secondo programmi specifici delle ULSS conformi alle indicazioni di Piano e investimenti di innovazioneapprovati dalla Giunta regionale - Sulle quote per investimenti di innovazione possono essere riservate somme complessivamente non superiori al 30% da attribuire alle ULSS in base ai parametri popolazione residente, incidenza presidi e servizi

sanitari, posti letto ospedalieri rapportati al tasso di utilizzazioneFondo sanitario regionale per In base ai programmi delle ULSS approvati dalla Giunta regionale.investimenti di trasformazione

 

Regione dell'Umbria - piano socio-sanitario regionale 1985-1987Allegato A - Tabella n. 29(Legge di piano - articolo n. 56)Previsione del Fondo sanitario-regionale per investimenti per il triennio 1985-1987Previsione del finanziamentoDenominazioneDestinazione198419851986Tot. triennioFondo a destinazionevincolataAttivazione nuovo ospedale S. Andrea delle Fratte4.400.000.0004.400.000.000Fondo sanitario regionale per investimenti di mantenimentoRecupero degrado ed obsolescenza del patrimonio al fine del mantenimento dei livelli quali-quantitativi raggiunti3.026.000.0005.111.000.0007.123.000.00015.260.000.000Fondo sanitario - Completamento regionale peropere in corsoinvestimenti di- Adeguamento einnovazionerinnovo:a) rete ospedaliera3.783.0006.310.000.0006.947.000.00017.040.000.000b) poliambulatoric) distretti sanit.d) presidio multizonale di prevenzionee) servizi di emergenzaf) strutture alternative al ricoverog) rete informatica e dei servizi generaliFondo sanitario- Riconversioneregionale investimentipresidi ed altredi trasformazioneattività1.044.000.0002.068.000.0004.176.000.0007.306.000.000- Trasformazione impiantistiche (adeguatamente alle vigenti normative)- Trasformazioni ex laboratori provinciali di igiene e profilassi in laboratori di sanità pubblicaTotale12.253.000.00013.509.000.00018.246.000.00044.006.000.000

 

Allegato B

Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1985-1987

 

 

Indicazioni programmatiche

 

 

Sezione 1 - Le premesse

 

Sottosezione 11 - Il Piano e le riforme

 

11.1 Il Piano e la crisi del sistema socio-sanitario italiano

11.2 Il Piano e le prospettive della riforma

11.3 Piano regionale e piano nazionale

11.4 Il Piano, la riforma dell'assistenza e il riordino delle funzioni socio-assistenziali

 

11.10 Il Piano 4 e la crisi del sistema socio-sanitario italiano

Il primo Piano socio-sanitario dell'Umbria interviene in una situazione di crisi del sistema sanitario italiano, collegata alla più ampia crisi economica generale del Paese.

tale crisi riguarda:

- la difficoltà e le incertezze relative alla completa attuazione della legge 833;

- le prospettive innovatrici della riforma sanitaria;

- la possibilità di mantenere gli attuali livelli di erogazione dei servizi;

- la capacità di tenuta delle strutture sanitarie pubbliche;

- la mancata emanazione della legge quadro di riforma dell'assistenza.

 

 

11.20 Il Piano e le prospettive della riforma

Di fronte a queste preoccupazioni reali, il Piano socio-sanitario propone un codice di comportamento che si basa:

- sulla volontà di dare piena attuazione, in Umbria, alla legge istitutiva del S.S.N., coerentemente con un impegno che ha fatto di questa Regione un protagonista delle battaglie per la realizzazione del S.S.N. sul piano nazionale;

- sul convincimento che i principi innovatori della riforma vanno riconfermati anche per affrontare meglio la crisi economico-finanziaria;

- sulla necessità di non ridurre i livelli di assistenza sanitaria conquistati e consolidati nel corso degli ultimi decenni, fatta salva la opportunità e necessità di verificarne la coerenza rispetto ad obiettivi di qualità della salute, senza difendere quegli spazi di assistenzialismo che hanno contribuito, peraltro, alla degenerazione del precedente sistema;

- sulla opzione per un servizio sanitario che, nel rispetto dei fondamenti pluralistici della società italiana, trovi nelle strutture pubbliche, adeguatamente trasformate e razionalizzate, il principale strumento per garantire ai cittadini dell'Umbria il rispetto del dettato costituzionale sul diritto alla salute.

 

 

11.30 Piano regionale e Piano nazionale

Il primo Piano socio-sanitario regionale esprime la volontà della Regione Umbria di non subordinare più le sue scelte programmatorie alla presenza del Piano sanitario nazionale. Infatti a più di cinque anni dall'entrata in vigore della legge che istituisce il S.S.N., l'assenza di tale strumento preliminare non può più costituire un momento di attesa da parte delle Regioni, pena la degradazione di tutto il sistema sanitario locale.

Né possono costituire motivo di indugio le preoccupazioni sulla adeguatezza delle risorse finanziarie destinate al Fondo sanitario nazionale, preoccupazioni che con l'andare del tempo assumono contorni sempre più netti man mano che si consolida la tendenza a sottodimensionare l'entità degli stanziamenti rispetto ai fabbisogni oggettivamente determinati.

In queste condizioni, l'impegno della Regione nel campo della programmazione socio-sanitaria va inteso da un lato come una sollecitazione affinché il livello centrale dello Stato faccia fronte alle sue responsabilità, e dall'altra come un contributo affinché le discussioni defatiganti sulla entità della spesa sanitaria pubblica ammissibile siano fondate su presupposti, reali oltre che realistiche, grazie alla selezione degli obiettivi e alla evidenziazione di quelle azioni programmatiche che sono volte non alla perpetuazione del sistema precedente ma alla riforma.

 

11.40 Il Piano, la riforma dell'assistenza e il riordino delle funzioni socio-assistenziali

Il Piano prende atto della sfasatura tra la riforma sanitaria e quella socio-assistenziale, sfasatura dovuta alle resistenze che hanno finora impedito a quest'ultima di divenire operante. Entro tali limiti, il Piano si presenta come strumento unitario per la programmazione degli interventi sanitari e di quelli socio-assistenziali, ai sensi della L.R. n. 65 del 1979 e L.R. n. 29 del 1982.

Per quel che concerne in particolare le funzioni socio-assistenziali, il Piano propone alcuni primi obiettivi di attuazione della L.R. n. 29 del 1982 soprattutto nei campi più direttamente attinenti alla tutela della salute, rinviando al primo aggiornamento annuale la definizione degli altri obiettivi.

 

Sottosezione 12 - Le caratteristiche del Piano

 

12.1 La metodologia del Piano e i suoi presupposti

12.2 Gli obiettivi di massima del triennio, il metodo dei progetti mirati

12.3 Le priorità

12.4 La strategia di fondo

12.5 Presupposti di coinvolgimento

 

12.10 La metodologia del Piano e i suoi presupposti

Le difficoltà del quadro politico-economico obbligano il Piano regionale ad un'estrema selettività ed essenzialità delle scelte, per concentrare queste ultime su quegli aspetti della programmazione che costituiscono il collo di bottiglia attraverso cui dovrà passare qualunque ulteriore scelta decisa a livello nazionale.

Nella consapevolezza di questi ultimi, il primo Piano socio-sanitario regionale vuole recuperare criticamente tutte le esperienze acquisite in Umbria sia nella programmazione che nella gestione dei servizi sanitari e socio-assistenziali da parte del potere locale con la convinzione di trovare dentro la storia sanitaria umbra, senza trionfalismi, i presupposti capaci di evitare la divaricazione, sempre incombente, tra il momento della progettazione e quello dell'attuazione.

Di qui anche l'opzione per un Piano socio-sanitario inteso come strumento legislativo predisposto per la ricognizione delle realtà messe in opera, e quindi aperto:

- alla sperimentazione;

- alle verifiche in corso di attuazione;

- agli aggiornamenti annuali.

Pertanto il Piano in ogni fase della sua elaborazione ed attuazione presuppone il contributo:

- degli amministratori dei Comuni e delle ULSS, ai quali vengono richiesti programmi comprensoriali che lo adattino alle singole realtà territoriali, e che ne verifichino le coerenze e la fattibilità;

- degli operatori socio-sanitari, dei quali si impone una presenza critica nella predisposizione e realizzazione dei programmi;

- della popolazione, che senza alcuna separazione ai momenti istituzionali deve essere coinvolta nelle scelte, nel modo di gestirle e nelle conseguenti verifiche, attivando momenti di partecipazione reale in primo luogo nei distretti.

 

 

12.20 Gli obiettivi di massima del triennio. Il metodo dei programmi mirati

Per le carenze sopracitate il primo Piano socio-sanitario regionale non intende affrontare l'universo dei problemi né dare risposte compiute a quelli che affronta. Esso indica, all'interno dei problemi presi in considerazione, quelle iniziative che sono potenzialmente più capaci di dare avvio ad un processo che troverà ulteriori spinte nei successivi aggiornamenti, a condizione che gli obiettivi primari siano raggiunti in tutte le ULSS: donde l'importanza fondamentale degli aggiornamenti annuali, concepiti come elementi dinamici di una pianificazione per cicli triennali scorrevoli.

Inoltre, data l'allarmante situazione finanziaria del comparto il Piano è consapevole che, ferma restando l'esigenza di garantire a tutta la popolazione della Regione livelli omogenei di tutela sanitaria, molti degli interventi innovativi necessari per dare un volto al nuovo sistema sanitario italiano e a realizzare i contenuti fondamentali della riforma, oltre che essere selezionati nel loro ventaglio non potranno coinvolgere inizialmente tutta la popolazione né tutto il territorio regionale. Si rende pertanto inevitabile una strategia che proceda per «programmi mirati» a gruppi di popolazione e a particolari aree territoriali: ciò significa che nei casi indicati dal Piano con tale espressione le ULSS dovranno individuare realisticamente le aree di intervento e la popolazione interessata, assicurando preventivamente la fattibilità dei programmi stessi in base alla disponibilità di risorse conoscitive, umane e finanziarie.

 

12.30 Le priorità

Il primo Piano socio-sanitario punta in particolare:

- a definire l'assetto organizzativo del S.S.R.;

- a realizzare alcune prime modifiche sostanziali nel funzionamento dei servizi;

- a dare alcune risposte iniziali all'esigenza di elevare il livello qualitativo delle prestazioni socio-sanitarie;

- ad accompagnare il rinnovamento delle strutture con misure di razionalizzazione della spesa, intervenendo sulle sacche di improduttività mediante misure di riconversione e di risparmio;

- a predisporre gli elementi di base e gli strumenti essenziali per conoscere l'evoluzione dello stato di salute della popolazione;

- a governare la spesa sulla base delle previsioni;

- ad integrare i servizi sanitari con quelli socio-assistenziali secondo priorità che tengano conto anche delle effettive disponibilità dei Comuni e delle Province.

 

 

12.40 La strategia di fondo

Il Piano socio-sanitario dell'Umbria si riallaccia agli obiettivi di fondo della nuova strategia per la tutela della salute, strategia che si impernia:

- sullo sviluppo della prevenzione ambientale;

- sul potenziamento dell'assistenza socio-sanitaria di base, anche rafforzando i raccordi con il complesso dei servizi dell'area integrativa;

- sull'integrazione tra i servizi sanitari e quelli socio-assistenziali attinenti alla tutela della salute;

- sulla razionalizzazione del sistema dei servizi specialistici e sulla sua finalizzazione come area funzionale integrativa dell'assistenza di base;

- sulla qualificazione dell'ospedale come presidio di degenza per necessità sanitarie che richiedono sia in fase diagnostica che curativa l'uso congiunto di risorse umane e strumentali non decentrabili, con particolare riguardo alla funzione di presidi di degenza per necessità sanitarie acute, e sul contestuale sviluppo di forme alternative di assistenza.

Questa strategia chiede che da parte delle ULSS si persegua la razionalizzazione e qualificazione della spesa sanitaria e sociale mediante:

- un uso coerente delle risorse umane, finanziarie e conoscitive, con un impegno particolare per la riconversione delle attività attualmente gravanti in maniera impropria sull'ospedale;

- la finalizzazione delle risorse aggiuntive nelle direzioni sintetizzate nel precedente capoverso;

- l'integrazione e la gestione unitaria di tutte le risorse impegnate nei servizi socio-sanitari, quale che sia l'attribuzione e la distribuzione delle competenze;

- un impegno per eliminare gli sprechi e per lottare contro ogni forma di consumismo.

Ancora la piena esplicazione delle potenzialità della programmazione socio-sanitaria è subordinata al raggiungimento degli obiettivi del Piano per ciò che concerne:

- la qualificazione culturale e professionale degli operatori;

- l'autonomia tecnico-funzionale dei servizi;

- la partecipazione della popolazione direttamente interessata alla gestione dei servizi;

- la predisposizione di un sistema di informazioni e conoscenze che sia anche la base per la promozione culturale e l'educazione sanitaria della popolazione.

 

 

12.50 Presupposti di coinvolgimento

In conclusione la nuova strategia per la tutela della salute impegnata in profondità tutta la società regionale.

Ad essa devono concorrere in particolare:

- la popolazione, chiamata a partecipare attivamente a scelte di politica sanitaria che mettono in discussione modelli consolidati di comportamento in terna di salute;

- le formazioni politiche, cui spetta sviluppare i valori della riforma sanitaria, sia direttamente che tramite il loro impegno nelle istituzioni rappresentative;

- le organizzazioni sindacali dei lavoratori in quanto portatrici degli interessi generali dei lavoratori stessi;

- il movimento delle donne in quanto portatore delle tematiche di emancipazione e di liberazione e soggetto attivo per la difesa della salute della donna;

- le organizzazioni degli imprenditori e quanti altri hanno responsabilità imprenditoriali nel mondo della produzione, per i compiti che loro derivano dal fatto che molti tra i più gravi rischi della salute si determinano nei luoghi di lavoro;

- il mondo della cultura e tutta la società scientifica regionale, cui si chiede di mettere a disposizione della collettività le conoscenze che servono a difendere lo stato di salute e ad applicare ciò che lo sviluppo tecnico-scientifico realizza per la tutela socio-sanitaria della popolazione;

- le amministrazioni locali, e specialmente i Comuni i quali hanno un proprio ruolo politico-istituzionale a valenza generale, e che esercitano inoltre funzioni di amministrazione attiva in materia soprattutto di prevenzione primaria, dato che l'assetto del territorio e l'assistenza sociale fanno capo alla diretta responsabilità dei singoli Comuni;

- gli amministratori delle ULSS chiamate a gestire le funzioni dei Comuni e che pertanto hanno ricevuto in consegna la responsabilità complessiva di un sistema di servizi che dovrà essere amministrato con criteri aperti, senza cedere a tentazioni di separatezza né ricalcare precedenti impostazioni aziendalistiche;

- gli operatori socio-sanitari e le loro legittime rappresentanze che sono l'elemento decisivo per far si che quanto precede si traduca in interventi concreti sulla popolazione e produca effetti positivi sulla salute.

 

Sezione 2 - Il modello funzionale

 

Sottosezione 21 - La prevenzione primaria

 

21.1 Il coordinamento istituzionale della prevenzione

21.2 I livelli di intervento

21.3 La strumentazione normativa ed informativa

 

Capitolo 21.1: «Il coordinamento istituzionale della prevenzione»

21.10 Introduzione

Lo sviluppo organico delle azioni per tutelare l'ambiente di vita e di lavoro richiedente il coordinamento operativo intorno all'ULSS di tutti gli interventi mirati a tale obiettivo, e che sono distribuiti tra vari livello di competenza.

Il modello funzionale del S.S.R. indica anzitutto la necessità di sciogliere, quanto meno sul piano operativo, il nodo dei trasporti tra ULSS e Comuni. Il Comune è infatti titolare delle principali attribuzioni relative alla tutela dell'ambiente di vita, inoltre attribuzioni dirette competono al Sindaco (e solo a lui) per quanto concerne l'adozione di provvedimenti di carattere ordinatorio sia sull'ambiente di vita che su quello di lavoro.

Occorre pertanto che Comune e Sindaco siano in grado di avvalersi dell'ULSS come struttura tecnica, senza necessità di dotarsi di propri organismi operativi.

Occorre inoltre che vengano fissate procedure omogenee su tutto il territorio regionale per quanto attiene all'attivazione delle competenze del Comune e del Sindaco. Queste procedure debbono essere lineari e chiare per tutti.

Ogni atto che debba concludersi con un provvedimento amministrativo (quale ne sia la natura) deve essere seguito dal Comune fin dall'inizio, ossia fin dal momento in cui il cittadino attiva la pubblica amministrazione. Il cittadino (sia come tale che come titolare di attività economica) ha il diritto che egli venga indicata una sola porta di ingresso nei suoi contatti con la pubblica amministrazione.

Occorre infine che il tecnico fornito dall'ULSS possa partecipare alla pari degli altri tecnici del Comune all'istruttoria di quegli atti di amministrazione corrente, che si concludono con provvedimenti amministrativi del Comune o del Sindaco.

Un secondo momento di coordinamento intorno all'ULSS concerne le funzioni dell'amministrazione provinciale, in quanto la Provincia ha competenze proprie nella tutela dell'ambiente di vita, alcune delle quali sono residuali mentre altre sono di recente attribuzione.

La compresenza sullo stesso territorio di due autorità amministrative chiamate ad affrontare la stessa materia è di per sé un fattore di confusione e disorganicità, nel caso particolare, in cui la Provincia ha diritto ad avvalersi del Presidio multizonale di prevenzione, se tale diritto viene esercitato fuori da un quadro di coordinamento ne può risultare altra confusione e disorganicità.

Il modello funzionale indica la necessità di un terzo momento di coordinamento intorno all'ULSS, relativamente alle competenze esercitate dall'amministrazione centrale, sia direttamente che attraverso i suoi organi ausiliari.

Ciò vale in particolare per l'esercizio delle competenze dell'I.S.P.S.L., il nuovo organismo del S.S.N. che, nato come organo consultivo e di supporto tecnico delle Regioni e delle ULSS per problemi di alta specializzazione nel campo della prevenzione nell'ambiente di lavoro (come il suo gemello Istituto Superiore di Sanità), ha via via mutato aspetto fino a configurarsi come un organismo operativo; da struttura esclusivamente «centrale», esso si è progressivamente decentrato su scala regionale (e subregionale), reintroducendo a quel livello una presenza dell'amministrazione centrale che, sottraendo competenze alle ULSS, contraddice alla logica della riforma. Ciò sarà fonte aggiuntiva di confusione e disorganicità se non si provvederà a stabilire concrete forme di coordinamento, tanto più necessarie se prenderà corpo l'ipotesi di sottrarre ulteriori competenze alle ULSS mediante l'istituzione di un'agenzia nazionale per i corsi detti «grandi rischi».

Tutti questi circuiti di coordinamento individuano un ruolo attivo della Regione, in quanto trattasi di promuovere intese tra soggetti di vari livelli istituzionali, nei confronti dei quali la pressione e l'iniziativa dei Comuni e delle ULSS potrebbero non essere sufficientemente efficaci.

Va poi tenuto presente che anche la Regione è a sua volta titolare di attribuzioni in alcuni settori di questa materia.

Sulla base di quanto sopra esposto, il capitolo 21.1 si articola nei seguenti paragrafi, che trattano il coordinamento tra:

- Comune e ULSS (21.11)

- Sindaco e ULSS (21.12)

- Provincia e ULSS (21.13)

- I.S.S., I.S.P.S.L. e ULSS (21.14)

- Regione e ULSS (21.15).

 

 

21.11 Il coordinamento con il Comune

Il Comune si avvale delle strutture tecnico-operative dell'ULSS per le funzioni attinenti la tutela sanitaria dell'ambiente rivolgendosi direttamente al responsabile del competente settore dell'Ufficio di direzione in caso di urgenza altrimenti attivandole tramite il Comitato di gestione.

L'ULSS comunica ai Comuni dell'ambito territoriale i nominativi dei medici e veterinari dipendenti appartenenti all'Ufficio di direzione o assegnati a funzioni territoriali ai fini della loro partecipazione alle commissioni comunali che trattano di urbanistica, di assetto del territorio o di altre materie attinenti la tutela sanitaria dell'ambiente. A tali commissioni i sanitari di cui sopra partecipano con delega del responsabile del competente settore, cui spetta emanare direttive tecniche per uniformare l'esercizio di queste funzioni nell'ambito territoriale delle ULSS.

Il Comune sottopone all'ULSS, per le verifiche di compatibilità previste all'art. 20 della legge 833, i piani urbanistici o i progetti di insediamenti industriali e di attività produttive in genere. Il parere di cui sopra è istruito dal competente settore dell'Ufficio di direzione e trasmesso dal Comitato di gestione entro termini perentori, che possono essere dilazionati su motivate esigenze tecniche d'intesa tra Comune e ULSS.

Viene istituita una Conferenza permanente del sindaci dell'ambito territoriale, con la partecipazione del presidente dell'ULSS. Tale Conferenza ha lo scopo di esaminare l'andamento delle condizioni ambientali nel territorio di competenza, e di concordare i provvedimenti amministrativi che si rende necessario adottare omogeneamente su tutto l'ambito territoriale. La Conferenza si riunisce almeno annualmente, e può essere attivata dal Comitato di gestione dell'ULSS o da un Comune ogni qualvolta ne venga ravvisata la necessità.

Il competente settore dell'Ufficio di direzione provvede all'istruttoria delle pratiche per la Conferenza; inoltre predispone ogni anno una relazione sulla situazione sanitaria dell'ambiente, per il complesso dell'ambito territoriale e analiticamente per ciascun Comune.

 

21.12 Il coordinamento con il Sindaco

Per quanto concerne le attribuzioni dirette del Sindaco, in aggiunta a quanto esposto al punto 21.11 spetta al responsabile del competente settore dell'Ufficio di direzione istruire per la parte tecnica, in raccordo con gli uffici comunali, i provvedimenti amministrativi che abbiano contenuto ordinativo per motivi contingibili ed urgenti.

Il responsabile del settore può avvalersi del medico o del veterinario delegati ai sensi del paragrafo 21.11.

 

21.13 Il coordinamento con le Province

Per le attribuzioni di tutela ambientale previste dalle leggi, la Provincia si avvale delle strutture tecnico-operative dell'ULSS con le stesse modalità previste al paragrafo 21.11. Qualora debba avvalersi del Presidio multizonale di prevenzione, la richiesta è inoltrata con le modalità stabilite per il funzionamento di quest'ultimo.

Quando si trattino materie previste tra le attribuzioni della Provincia, questa viene invitata alla Conferenza dei sindaci dell'ambito territoriale dell'ULSS.

 

21.14 Il coordinamento con l'I.S.S. e con l'I.S.P.L.

Nella piena consapevolezza che debbano essere superate operativamente tutte le ragioni di conflittualità con gli organi ausiliari centrali del S.S.N., anche per non creare ulteriori smagliature che rafforzino non ipotetiche pretese di interventi sull'area della prevenzione da parte di organi statali o comunque centrali esterni al S.S.N., il raccordo con l'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro assume particolare rilevanza tra gli obiettivi del modello funzionale.

Occorre pertanto che la presenza nella Regione di un distaccamento di tale istituto non determini sovrapposizioni di interventi o presunzione di autarchia istituzionale, e che la separazione delle competenze, necessaria sul piano istituzionale, venga recuperata attraverso intese programmatiche, di cui dovrà farsi carico, a livello promozionale, la Giunta regionale.

Pertanto il modello funzionale dà spazio a forme di collaborazione che si concretizzino da un lato con il coinvolgimento delle strutture del S.S.R. nei programmi di ricerca dell'Istituto, e dall'altro con la presenza dei responsabili tecnici della struttura locale dell'Istituto nelle attività dipartimentali del Presidio multizonale di prevenzione.

Analogo discorso va fatto per l'Istituto superiore della sanità, nei cui riguardi va però sottolineato il clima ormai consolidato di collaborazione con Regioni e ULSS, clima al quale è indifferente il fatto che l'assenza di strutture periferiche dell'istituto fa venire meno una buona parte dei presupposti di conflittualità con il livello locale del S.S.R.

La collaborazione con i predetti istituti si sostanzia anche nella partecipazione sistematica degli operatori del S.S.R. alle iniziative di formazione ed aggiornamento condotte centralmente, in modo particolare dall'Istituto superiore di sanità.

 

21.15 Il coordinamento con la Regione

Nel caso in cui la legge nazionale o regionale attribuisca alla Regione competenze dirette in materia di tutela sanitaria dell'ambiente, l'Ufficio regionale competente si avvale delle strutture tecnico-operative dell'ULSS, ivi compreso il Presidio multizonale di prevenzione, con le modalità previste al paragrafo 21.11. Delle richieste e delle relative risposte viene data informazione all'Assessore preposto all'Ufficio socio-sanitario, qualora la richiesta non sia attivata direttamente da quest'ultimo.

Viene costituita la Conferenza regionale dei Sindaci, con finalità analoghe a quelle della Conferenza territoriale. La Conferenza è convocata almeno una volta all'anno dalla Regione. Ad essa vengono invitati anche i presidenti delle ULSS. La Conferenza può essere convocata su richiesta dei Comuni e delle ULSS, anche per sottogruppi, qualora le questioni da discutere interessino ambiti territoriali intermedi tra l'ULSS e la Regione.

Quando siano in discussione materie di competenza delle Province, queste vengono invitate a prendervi parte.

 

Capitolo 21.2: «I livelli di intervento»

21.20 Introduzione

Definito il quadro dei coordinamenti intorno all'ULSS di tutte le attività finalizzate alla tutela dell'ambiente di vita e di lavoro, e fissati i criteri unitari per l'attivazione della pubblica amministrazione da parte dei cittadini, restano da definire le modalità per il funzionamento dei servizi all'interno dell'ULSS.

Il modello funzionale del S.S.R. prende in considerazione innanzitutto l'individuazione dei livelli di intervento in rapporto alle attribuzioni delle strutture tecnico-operative chiamate in causa.

La tutela sanitaria dell'ambiente impegna tutti i livelli.

Impegna il livello di base, nel quale alcune funzioni possono essere esaurite senza bisogno di ulteriori coinvolgimenti, e che rappresenta in ogni caso l'osservatorio privilegiato per il riscontro dei fattori di nocività e un momento essenziale di attivazione dell'intervento pubblico.

Impegna alcune strutture specialistiche di secondo livello, e in particolare quelle del Presidio multizonale, che presta il suo rapporto alle ULSS con i laboratori e con i servizi operativi.

Impegna infine il livello centrale dell'ULSS, presso il quale si svolgono funzioni di direzione complessiva e di coordinamento organizzativo, e funzioni operative da parte dei servizi ispettivi.

In questi termini, il modello funzionale non fa distinzioni tra il circuito della tutela dell'ambiente di vita e quella della tutela dell'ambiente di lavoro.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 21.2 si articola nei seguenti paragrafi relativamente alle funzioni (operative e progettuali):

- dell'area di base (21.21)

- dell'area integrativa (21.22)

- dell'area centrale (21.23)

- del Comitato di gestione (21.24).

 

 

21.21 Le funzioni dell'area di base

L'area di base partecipa alla tutela sanitaria dell'ambiente mediante attività valutative, attività di vigilanza e, promozione di interventi ispettivi o di altre funzioni operative dell'ULSS.

Le attività di valutazione consistono nella raccolta periodica di elementi descrittivi sulla situazione locale, nella messa in evidenza dei punti di «rischio» e nella proposta di interventi correttivi. Tali attività fanno capo in ultima analisi ai compiti del comitato partecipativo di distretto.

Le attività di vigilanza consistono in accessi diretti da parte degli operatori assegnati al distretto in corrispondenza dei punti di rischio: esercizi pubblici per la vigilanza sugli alimenti e bevande, rete di distribuzione dell'acqua potabile, allevamenti di animali, depositi di rifiuti solidi, impianti per lo smaltimento in loco o per l'allontanamento dei liquami, edifici scolastici ed altre sedi di attività collettive.

Per quanto concerne gli interventi ispettivi, è compito dell'area di base promuovere accessi da parte del personale fornito della qualificazione idonea; vigili sanitari ed altri agenti investiti di pubbliche funzioni, ispettori di polizia giudiziaria, ecc. Tali operatori, anche se non appartenenti all'area di base, devono essere aggregati all'équipes di distretto come operatori «itineranti».

Compete infine all'area di base attivare i servizi operativi dell'ULSS per interventi di bonifica ambientale, o per quanto serva alla rimozione delle nocività ambientali, e che sia praticabile con i mezzi dell'ULSS.

 

 

21.22 Le funzioni dell'area integrativa

L'area integrativa è impegnata nella tutela sanitaria dell'ambiente su due piani differenziati: quello zonale e quello multizonale.

Sul piano zonale l'area integrativa fornisce prestazioni di laboratorio, relativamente a rilevazioni (routinarie od estemporanee) risolvibili con l'ausilio di dotazioni acquisibili senza grosso impegno di investimenti, e da affidare a personale di normale qualificazione.

Quanto sopra si riferisce in modo particolare a giudizi soprattutto qualificativi, espressi in termini di presenza o assenza della nocività. Il campo di intervento più appropriato per questo livello è la tutela igienica degli alimenti e bevande con particolare riguardo alla vigilanza sulle mense ed altri servizi collettivi.

Il livello multizonale è impegnato con tutte le sue dotazioni, sia di laboratorio che di servizi operativi. Esso interviene con le modalità e le caratterizzazioni che il modello funzionale illustra nell'apposito capitolo.

 

21.23 Le funzioni dell'area centrale

L'area centrale è impegnata nella tutela sanitaria dell'ambiente attraverso i servizi operativi che fanno capo direttamente all'Ufficio di direzione, con compiti di controllo (vigilanza e ispezione) sugli ambienti di vita e di lavoro.

Tali servizi ricomprendono personale di vigilanza e tecnici dell'ambiente; questi ultimi hanno anche la funzione di eseguire direttamente rilevazioni strumentali «in loco».

Una parte di questi operatori ha compiti ispettivi sull'ambiente di lavoro e viene perciò fornita della necessaria qualificazione (ufficiali di polizia giudiziaria). Essi accedono sul luogo di lavoro, prescrivono mediante diffida misure correttive, attivano i provvedimenti sanzionatori previsti dalle leggi.

L'Ufficio di direzione organizza i flussi di attività nell'ambito territoriale di competenza, (ivi compresi i flussi informativi), ne coordina l'esecuzione, assicura la fruizione del servizio operativo da parte di tutti i distretti aggregando il personale di vigilanza alle équipes di base secondo criteri di distribuzione per aree territoriali.

L'Ufficio di direzione organizza inoltre le attività di aggiornamento degli operatori e cura i programmi di educazione sanitaria.

L'Ufficio di direzione è infine il tramite per tutti i rapporti con il Presidio multizonale di prevenzione.

 

21.24 Le funzioni del comitato di gestione

Nell'ambito delle sue attribuzioni istituzionali, il Comitato di gestione svolge alcuni compiti specifici per la tutela sanitaria dell'ambiente.

In particolare tali compiti si estrinsecano attraverso l'attivazione dei rapporti con i Comuni dell'ambito territoriale, secondo quanto esposto nel capitolo 21.1.

Inoltre il comitato di gestione attiva rapporti con le istanze sociali che sono coinvolte nella tutela dell'ambiente, in primo luogo gli imprenditori titolari di attività produttive «a rischio».

Il Comitato attiva infine rapporti con i sindacati e le aziende per l'affidamento all'ULSS di compiti di tutela ambientale aggiuntivi rispetto a quelli attribuiti per legge, ai sensi dell'art. 21 della legge 833.

 

Capitolo 21.3: «La strumentazione normativa ed informativa»

21.30 Introduzione

La corretta articolazione dell'intervento nei vari livelli di competenza richiede l'uso di strumentazioni funzionali al raggiungimento delle finalità del S.S.R.

Queste strumentazioni sono anzitutto di carattere normativo, in quanto la materia si snoda lungo percorsi che hanno un collo di bottiglia nei provvedimenti amministrativi, occorre pertanto chiarezza sugli obblighi, sui diritti, sui presupposti procedurali, ecc.

Gli interventi di normazione locale sono tanto più necessari in quanto occorre fare un intenso lavoro di coordinamento della legislazione, per estrarre filoni unitari da una produzione normativa disarticolata nel tempo e disomogenea nelle fonti di produzione.

Una particolare espressione dell'attività normativa, specifica per l'ambiente di lavoro, è quella tesa ad ottenere accordi che impegnino aziende ed ULSS su prestazioni aggiuntive rispetto a quelle di competenza istituzionale del S.S.N.; prestazioni alle quali l'azienda sia tenuta vuoi per legge dello Stato vuoi per contratto di lavoro.

Occorrono poi strumentazioni di carattere informativo. A questo riguardo, il modello funzionale far riferimento all'organizzazione generale del sistema informativo socio-sanitario e alle funzioni dell'Osservatorio Epidemiologico, ed individua per questa particolare finalizzazione alcuni strumenti di peso strategico più consistente, relativi alla documentazione da adoperare nell'ambiente di lavoro (i registri dei dati ambientali e biostatistici), alla mappa territoriale dei rischi, alla relazione sullo stato sanitario del distretto.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 21.3 si articola nei seguenti paragrafi:

- Gli strumenti normativi (21.31)

- Gli strumenti informativi (21.32).

 

 

21.31 Strumenti normativi

Vanno presi in considerazione sia gli strumenti normativi tipici (leggi regionali, compreso il Piano socio-sanitario; conseguenti atti di indirizzo e coordinamento; regolamenti locali di igiene) che altri tipi di normazione sostanziale (ad esempio le convenzioni).

Nel campo degli strumenti normativi tipici assumono fondamentale rilievo i regolamenti locali. Tali regolamenti hanno il compito di giustapporre ed ordinare secondo schemi di utilità operativa tutti gli spezzoni di normativa attinenti la tutela sanitaria dell'ambiente, quale se sia la fonte e la collocazione legislativa.

Oltre ad aiutare gli amministratori e gli operatori locali, i regolamenti devono offrire ai cittadini uno strumento sinottico che consenta di orientarsi in questa materia.

Tra gli altri tipi di strumenti normativi emerge per importanza lo schema-tipo di convenzione tra ULSS e aziende per la realizzazione degli interventi di tutela della salute all'interno dei luoghi di produzione, nelle materie che fanno capo alla responsabilità diretta dei datori di lavoro. Attraverso queste convenzioni l'ULSS garantisce unitarietà di interventi sia nell'ambiente delle proprie incombenze istituzionali, sia al di fuori di esse, configurandosi in quest'ultimo caso come organismo esponenziale di tutti gli interessi della collettività, e pertanto «fiduciario» sia dei lavoratori che degli imprenditori.

 

21.32 Gli strumenti informativi

Gli interventi per la prevenzione primaria si avvalgono, in corrispondenza dei livelli di competenza, dei seguenti strumenti informativi:

- la relazione sullo stato sanitario del distretto, che il comitato partecipativo elabora nella sua relazione annuale;

- i registri dei dati ambientali e biostatistici, che vengono attivati nelle fabbriche «a rischio» a cura dei servizi operativi dell'ULSS;

- le notifiche delle malattie infettive da parte del medico curante;

- il registro delle attività di controllo effettuate sugli ambienti di vita e di lavoro da parte dei servizi operativi (anche multizonali);

- le denunce delle malattie diffusive degli animali ed i registri sulle cause di morte.

i dati raccolti attraverso questi strumenti informativi sono aggregati presso l'Ufficio di direzione, che li trasmette al livello regionale del S.I.S.

 

Sottosezione 22 - Le funzioni di base

 

22.1 Il momento sanitario

22.2 Il momento socio-sanitario

22.3 Il momento partecipativo

22.4 Il distretto di base

 

Capitolo 22.1: «Il momento sanitario»

22.10 Introduzione

Il modello funzionale dell'assistenza di base vuole dare innanzitutto indicazioni sullo svolgimento delle prestazioni sanitarie richieste dalla popolazione. Senza pregiudizio per l'unitarietà dell'approccio, questa priorità riflette l'andamento della domanda, che raggiunge i massimi livelli di frequenza su questo versante.

I poli tradizionali entro cui si articola la domanda «sanitaria» sono il medico di famiglia e la farmacia. Il modello funzionale ne propone l'allargamento ad altre figure.

La funzione del medico di famiglia è definita dalla convenzione unica per la medicina generica e pediatrica. I problemi a questo livello riguardavano l'ampiezza della risposta del medico di famiglia, che non può essere limitata alla fase diagnostico-terapeutica, ma deve estendersi per coprire fabbisogni di medicina preventiva individuale.

Il potenziamento dell'efficacia della medicina di base presuppone che sia superata la condizione di isolamento in cui il medico opera.

Il medico isolato nel suo ambulatorio individuale non aiuta la prospettiva di un sistema di medicina territoriale che si ponga come polo sanitario concorrente con l'ospedale.

Questo obiettivo richiede il passaggio alla associazione di più medici, che gestiscano insieme un ambulatorio dotato delle strumentazioni (anche informatiche di uso più corrente).

All'interno di questa associazione si possono trovare soluzioni più adeguate per la stessa guardia medica e per l'aggiornamento professionale.

Inoltre l'isolamento del medico di famiglia va superato nel contesto delle misure per l'assistenza domiciliare, secondo quanto è preso in esame nell'apposito paragrafo.

Un aspetto che si ricollega al potenziamento e alla qualificazione delle funzioni di base è quello della guardia medica festiva e notturna. Fermo restando il valore di tale istituto contrattuale come conquista del diritto del medico al riposo, occorre però arrestare la tendenza a farne un sistema parallelo a quello del medico di famiglia.

Accanto alla domanda «individuale» di prestazioni mediche, inevitabilmente proiettata in direzione della terapia, occorre prendere in considerazione una domanda «sociale» proiettata sul terreno di una medicina preventiva programmata per situazioni «a rischio» (tutela materno-infantile, medicina dell'età scolare, medicina sportiva), nonché per l'educazione sanitaria, per la profilassi delle malattie infettive, per la vigilanza igienica sull'ambiente e sugli alimenti. Con ciò si apre uno spazio per un tipo particolare di medico di base, a rapporto «fiduciario» anche con la comunità e le sue espressioni istituzionali: un medico siffatto deve inevitabilmente operare nell'ambito del rapporto di dipendenza.

Oltre al medico di medicina generale, concorrono all'assistenza di base a livello territoriale e domiciliare alcuni medici specialisti delle branche di consumo più generalizzato. Rientra qui la problematica della pediatria, laddove non giunga il sistema del pediatra di famiglia. Rientrano le problematiche dell'assistenza ostetrica nell'ambito della tutela materno-infantile. Rientrano inoltre le questioni del corredo specialistico per alcune funzioni medico preventive verso soggetti a rischio nella scuola, sul lavoro, ecc. E rientra infine la problematica dell'assistenza odontoiatrica, con tutte le sue difficoltà anche logistiche.

Per quanto concerne l'assistenza farmaceutica, non vi è nulla di particolare da prendere in esame in sede di modello funzionale, circa l'accesso alle farmacie aperte al pubblico. Il modello funzionale punta al recupero del farmacista come operatore sanitario di base, sul piano dell'educazione sanitaria in relazione ai consumi dei farmaci e all'autoterapia mediante prodotti da banco.

È invece da ridefinire l'uso dei farmaci all'interno dei presidi di base, per terapie pilotate dalle équipes ospedaliere che richiedono un monitoraggio degli effetti terapeutici e di quelli indesiderati, o nei casi in cui i farmaci necessari non siano compresi sul Prontuario terapeutico nazionale (per esempio nel campo della psichiatria territoriale).

Infine, il modello funzionale propone tra le questioni centrali l'aggiornamento professionale, problema che riguarda con priorità assoluta il medico di famiglia: questo operatore infatti, se da un lato viene individuato come il pilastro del sistema di tutela sanitaria nel territorio, dall'altro è pressoché totalmente isolato dalle correnti di rinnovamento del sapere.

Poiché la stessa osservazione è estensibile agli altri operatori del territorio, è opportuno affrontare unitariamente la materia in chiave di potenziamento e qualificazione del momento sanitario delle funzioni di base.

Infine, va ricompresa all'interno di questa problematica la nuova articolazione delle funzioni veterinarie.

Sulla base di queste premesse, il capitolo 22.1 si articola nei seguenti paragrafi:

- Le funzioni del medico di famiglia (22.11)

- Le associazioni dei medici e gli ambulatori di gruppo (22.12)

- La medicina preventiva per i programmi «rischio» (22.13)

- La guardia medica (22.14)

- Il medico di comunità (22.15)

- Le funzioni specialistiche sul territorio (22.16)

- L'assistenza farmaceutica nel territorio e le funzioni del farmacista nel territorio (22.17)

- L'aggiornamento professionale (22.18)

- Le funzioni veterinarie (22.19).

 

 

22.11 Le funzioni del medico di famiglia

Il modello funzionale del S.S.R. assegna al medico di famiglia compiti che recuperano l'unitarietà della medicina nei suoi momenti preventivi, diagnostico-terapeutici e riabilitativi.

Esso pone questo obiettivo nel quadro delle funzioni che derivano al medico dal rapporto fiduciario con l'assistito, oltre a ciò, il modello funzionale propone il coinvolgimento del medico di famiglia in attività di medicina pubblica, ossia per programmi preventivi mirati sulle popolazioni a rischio.

Sotto il profilo dell'assistenza nell'ambito del rapporto fiduciario, è compito del medico di famiglia provvedere ad alcuni momenti medico-preventivi, eseguendo per esempio le vaccinazioni profilattiche e fornendo dati agli altri servizi che si occupano di momenti specifici della tutela sanitaria (ferma restando la garanzia della riservatezza), oppure fornendo prestazioni di controllo sanitario sulla base dei protocolli di rischio adoperati nell'ambito dei progetti-obiettivo, e altro.

Sotto il profilo diagnostico-terapeutico il medico di famiglia deve agevolare le funzioni dell'area integrativa chiedendone le prestazioni sulla base di circostanziati quesiti diagnostici, nei casi dovuti e nella misura opportuna.

Il modello funzionale chiede inoltre al medico di famiglia di collaborare in alcune particolari condizioni di ospedalizzazione (paraospedale), e di mantenere i contatto con l'ospedale nel caso di ricovero per emergenza sanitaria.

Sotto il profilo riabilitativo, il modello funzionale chiede al medico di famiglia di svolgere alcuni interventi, di intesa se necessario con le strutture integrative. Tali interventi rilevano in particolare sul piano dell'educazione sanitaria, per adeguare i comportamenti individuali e gli stili di vita alle necessità del recupero funzionale e alla prevenzione delle ricadute. In questa stessa ottica si pongono per il medico di famiglia compiti di assistenza per l'autotrattamento del malato nelle situazioni di terapie di lunga durata. Quanto sopra rientra nel quadro della partecipazione del medico di famiglia all'assistenza domiciliare.

Il modello funzionale chiama i medici a collaborare a programmi di sanità pubblica coordinati nei progetti-obiettivo e rivolti alla popolazione aggregata per condizioni di rischio. Si tratta di una collaborazione che si colloca al di fuori del rapporto fiduciario, ai sensi della vigente convenzione unica, se da un lato essa va commisurata alla specifica preparazione e qualificazione professionale del medico, dall'altro va vista come momento di arricchimento della professionalità del medico nella misura in cui il contatto con l'area dei rapporti socio-comunitari consente di accostare a problematiche socio-sanitarie più ampie di quelle che derivano dall'area dei rapporti individuali.

Il modello funzionale mette dunque in fase questi obiettivi con la realizzazione degli aspetti più qualificati della convenzione unica per la medicina generica e pediatrica, da un lato, e con gli obiettivi di potenziamento e qualificazione dell'attività del medico di base, che fanno oggetto di successivi paragrafi.

 

22.12 Le associazioni tra medici e gli ambulatori di gruppo

Il potenziamento della medicina di base richiede il superamento delle condizioni ambientali e delle modalità in cui si svolge attualmente il lavoro del medico di base. Il modello funzionale del S.S.R. individua nell'ambulatorio di gruppo lo strumento base per questo potenziamento.

L'ambulatorio di gruppo è condotto da medici tra loro associati. Questa associazione supera il significato delle associazioni fin qui ammesse, per aprire un capitolo nuovo.

Finora le associazioni tra medici avevano lo scopo di ammorbidire le conseguenze, sui medici e sulla popolazione, dell'imposizione dei massimali di scelte conseguente alla convenzione unica, si trattava per lo più di associazione tra due medici, uno dei quali aveva a proprio carico una quantità di scelte eccedente il massimale ammesso, e poteva riequilibrare la situazione mediante aggregazione con un medico a basso livello di scelte.

La nuova fase comporta un salto di qualità: l'associazione tra medici non deve più essere finalizzata al rientro nei massimali di scelte, ma deve invece tendere a mettere insieme più medici che, a prescindere dal carico individuale di opzioni, gestiscano insieme la popolazione assistibile loro assegnata, organizzando il lavoro in modo da intervallare pause di riposo senza interrompere la continuità del servizio, e da ritagliare spazi per attività di aggiornamento professionale, per partecipare alle iniziative dei progetti-obiettivo, per offrire l'ambulatorio come momento dell'osservazione epidemiologica e come punto di partenza per l'afflusso dei dati al S.I.S.

L'ambulatorio dei medici associati può essere inoltre attrezzati per alcune rilevazioni diagnostiche strumentali e per l'inserimento di procedure informatiche; in esso possono trovare spazio attività infermieristiche e di segreteria altrimenti risolte con il concorso dei familiari del medico. Quanto sopra consente di utilizzare proficuamente le quote della retribuzione del medico finalizzate al recupero delle spese di gestione dell'ambulatorio.

 

22.13 La medicina preventiva per i programmi «rischio»

Il modello funzionale del S.S.R. prevede lo specifico inserimento della medicina di base nell'ambito dei programmi «rischio», e dei progetti-obiettivo in modo particolare.

Tale attività di sanità pubblica affida alla medicina di base (cioè alle équipes medico-infermieristiche del territorio) l'esecuzione di interventi educativo-sanitari, di prevenzione e di diagnosi precoce nell'ambito:

- della profilassi delle malattie infettive (vaccinazioni e chemioprofilassi, test diagnostici a lettura diretta. ecc.);

- della tutela materno-infantile (sorveglianza delle gravidanze e del puerperio sulla base delle mansioni previste dagli appositi protocolli);

- della tutela sanitaria nell'età scolare e nelle attività sportivo-ricreative (comprese le relative certificazioni);

- della tutela della salute dei lavoratori (visite periodiche di legge per i lavoratori a rischio, altre rilevazioni mediche al di fuori delle circostanze di cui sopra);

- dell'educazione sanitaria relativa alle funzioni elencate;

- della collaborazione alla tenuta dei registri di rischio coordinati nell'ambito dell'Osservatorio epidemiologico.

 

 

22.14 La guardia medica

Prendendo spunto dalla considerazione che l'attuale modalità di realizzazione del servizio di guardia medica festiva e notturna sta configurando nella medicina generale due circuiti paralleli, con l'effetto di interrompere la continuità del servizio del medico di famiglia proprio nel momento in cui si verificano situazioni acute per le quali il suo apporto è indispensabile, il modello funzionale del S.S.R. pone come obiettivo la riunificazione della guardia medica nell'ambito della medicina generale, sia pure con l'utilizzazione di operatori specificamente addetti a tale servizio.

Questa tendenza passa attraverso la distribuzione territoriale della guardia medica per avvicinarla al modulo distrettuale in modo da aggregare il servizio al presidio di distretto e, in prospettiva, agli ambulatori di gruppo.

Sempre per potenziare la guardia medica, il modello funzionale propone di raccordare gli operatori di questo servizio con quelli addetti ai servizi di emergenza nell'ospedale, anche mediante consulti telefonici con gli specialisti di alcune branche più determinanti nei casi di urgenza.

 

22.15 Il medico di comunità

Le funzioni dell'assistenza di base ritagliano uno spazio per recuperare nella cornice del nuovo ordinamento sanitario la presenza, a livello territoriale, di un medico a rapporto di lavoro dipendente, che oltre ad esercitare le funzioni diagnostico-terapeutiche proprie della professione medica (a rapporto «fiduciario» con il cittadino assistito) svolga anche attività di coordinamento delle attività di medicina e sanità pubblica, a rapporto fiduciario con la struttura amministrativa del S.S.R. e quindi con la popolazione generale.

Questo ruolo, che era del medico condotto nei primi anni dell'ordinamento sanitario dopo l'unità nazionale, è andato perdendosi con l'esplosione della mutualità, e rischia paradossalmente di sparire con la generalizzazione del carattere pubblico dell'organizzazione sanitaria riordinata dalla legge 833.

Questa eventualità confligge profondamente con la filosofia della riforma, che spingendo verso la generalizzazione del carattere pubblico dell'organizzazione sanitaria, non fa venir meno ma semmai rilancia l'esigenza di disporre di un medico di comunità alla base del S.S.N.

Nel modello funzionale del S.S.R. una prima risposta a questo problema viene data mediante l'inserimento nell'area di base di un medico a rapporto di lavoro dipendente, al quale la comunità affida particolari compiti svincolati da un rapporto immediato con il cittadino-assistito, relativamente a responsabilità che un servizio pubblico non può delegare ad operatori privati, sia pure vincolati da una convenzione (che è pur sempre un rapporto di natura privatistica).

L'espressione «medico di comunità» non ha ancora formale cittadinanza nell'ordinamento sanitario italiano; non ha neppure una convalida univoca nel dibattito culturale in corso, dove si riflettono tendenze ad ipotizzare da un lato un medico epidemiologio avulso dalla pratica clinica, e dall'altro un medico che non tagli i ponti con la professione clinica, e che si distingua dagli altri per essere contemporaneamente investito di funzioni pubbliche, legate ad interessi collettivi.

Il modello funzionale del S.S.R. prende posizione a favore di questa seconda ipotesi; ogni area di base, cioè ogni distretto, deve essere affidata ad un medico che mantenga i rapporti con la professione clinica attraverso l'accesso alla convenzione nei limiti fissati dagli accordi nazionali, e che per il resto coordini l'attività socio-sanitaria nel distretto relativamente agli obiettivi di sanità pubblica, secondo programmi di lavoro stabiliti dall'ULSS secondo le priorità del Piano.

Il medico di comunità, data la sua collocazione territoriale, assume inoltre il ruolo di interlocutore del Comune nei distretti che coincidono con l'ambito comunale, e partecipa in tale veste alle attività degli uffici comunali finalizzati alla tutela dell'ambiente.

Il medico di comunità ha infine il compito di coordinare l'équipe socio-sanitaria del distretto, disponendo la ripartizione dei compiti e la distribuzione del lavoro per la realizzazione dei programmi coordinati nelle linee generali dall'Ufficio di direzione.

Il modello funzionale, nel proporre queste soluzioni, offre uno stimolo perché al livello nazionale maturino soluzioni circa il profilo del medico di comunità e la conseguente inclusione di tale figura nel nuovo ordinamento del personale in termini di curricolo formativo, di accesso alla carriera e infine di posizione funzionale.

Come fase di avvicinamento a tale obiettivo, il modello funzionale si avvale delle soluzioni offerte dal contratto di lavoro del comparto sanitario, in ordine al superamento del rapporto di servizio dell'ex medico condotto.

 

22.16 Le funzioni specialistiche sul territorio

Il modello funzionale del S.S.R. prevede l'inserimento di alcune attività specialistiche direttamente nell'area di base. I criteri selettivi tengono conto delle caratteristiche delle branche, alcune delle quali sono rivolte alla popolazione e possono in tal senso considerarsi come branche che completano la medicina generale.

Il primo inserimento concerne la pediatria, per coprire gli spazi non occupati dal pediatra di famiglia. Le carenze degli elenchi dei pediatri di libera scelta induce a trovare soluzioni ambulatoriali per garantire le prestazioni attivate da fabbisogni individuali nonché quelle previste nei programmi «rischio».

Altra branca da decentrare sul territorio è l'ostetricia, sempre in relazione a programmi di medicina pubblica nell'ambito del progetto-obiettivo «salute materno-infantile».

Si pone ancora l'opportunità di un decentramento dell'odontoiatria, reso quanto mai problematico dalla carenza di operatori a convenzione con il S.S.R. Nell'indicarne l'esigenza, il modello funzionale prospetta l'opportunità di seguire come priorità assoluta l'assistenza odontoiatrica nell'età dello sviluppo, in collegamento con i programmi di prevenzione della carie dentaria e con la fornitura di protesi a condizioni socialmente garantite.

Per quanto concerne altre specialità, l'individuazione delle esigenze di decentramento va collegata esclusivamente alla realizzazione dei programmi di sanità pubblica. Può pertanto porsi l'opportunità di decentrare prestazioni oculistiche e cardiologiche per interventi sull'età scolare.

Prestazioni specialistiche possono essere erogate in regime di assistenza familiare per le seguenti situazioni:

- chirurgia, limitatamente alla diagnosi in occasione di eventi acuti e al conseguente giudizio sulla condotta terapeutica;

- ostetricia, in occasione di eventi acuti complicanti l'andamento della gravidanza e del puerperio;

- pediatria, per urgenze, e limitatamente alla carenza degli elenchi della pediatria di base;

- cardiologia, relativamente alle cardiopatie in scompenso o alle cardiopatie acute (angine, aritmie), quando la necessità dell'intervento specialistico sia contenuta nel limite di una o due volte la settimana.

 

 

22.17 L'assistenza farmaceutica nel territorio e le funzioni del farmacista

Il modello funzionale del S.S.R. prevede la presenza della farmacia in ogni area distrettuale. tale obiettivo va armonizzato con le disposizioni legislative che regolano il rapporto tra numero di farmacie e popolazione nel Comune. Sempre nel quadro delle vigenti disposizioni legislative, alcune difficoltà di decentramento vanno risolte sia allargando la rete delle farmacie pubbliche, sia mediante le incentivazioni di legge ai titolari delle farmacie private.

Nell'assistenza farmaceutica nel territorio occupa un posto di rilievo l'ampliamento delle occasioni di somministrazione diretta dei farmaci nei presidi pubblici.

Questa possibilità va esplorata in rapporto a particolari terapie di lunga durata specie se basate sull'uso di farmaci i cui effetti vanno tenuti sotto osservazione anche come condizione per regolare il dosaggio. Esemplificativamente vanno prese in considerazione le seguenti situazioni:

- trattamenti farmacologici delle tossicodipendenze;

- trattamenti farmacologici delle malattie mentali;

- terapie con derivati plasmatici;

- trattamento del diabete e di altre malattie disendocrine;

- trattamenti farmacologici e dietologici da dismetabolismi dell'infanzia derivanti da alterazioni genetiche.

Tale obiettivo va collocato nel quadro delle misure attuative del day-hospital, inteso a sua volta come presidio pubblico legittimato a provvedere alla somministrazione diretta dei farmaci.

Infine l'indirizzo di utilizzare tutte le dotazioni umane a disposizione del S.S.R. per il potenziamento dell'assistenza di base orienta a collocare il farmacista nell'équipe di base con compiti specifici nell'educazione sanitaria della popolazione sull'uso corretto dei farmaci, con particolare riguardo ai consigli per l'autotrattamento in caso di terapia di lunga durata e all'orientamento per l'uso dei prodotti da banco.

 

 

22.18 L'aggiornamento professionale

Nel quadro delle iniziative per la formazione e l'aggiornamento degli operatori occupa uno spazio strategicamente prioritario l'aggiornamento dei medici (e degli altri operatori sanitari di base), trattandosi di un presupposto per farlo uscire dall'isolamento operativo e culturale nel quale lo confina il sistema tradizionale di esercizio della professione.

Il modello funzionale del S.S.R. prevede pertanto specifiche iniziative di aggiornamento sui temi di maggiore incidenza nella pratica del medico di base, con particolare riguardo all'evoluzione della farmacologia e farmacoterapia, allo sviluppo tecnologico degli accertamenti diagnostici, all'epidemiologia, sia come metodologia di approccio ai problemi che come descrizione e valutazione dei principali problemi sanitari della comunità.

È analogamente indispensabile rivolgere iniziative di aggiornamento professionale ai veterinari, in considerazione dell'isolamento tradizionale di questa figura nonché per l'adeguamento della professionalità a nuovi compiti derivanti dalla riforma sanitaria e che hanno sostituito il profilo tradizionale del veterinario con due ben distinti indirizzi professionali (sanità animale e igiene degli alimenti).

Per questi obiettivi di aggiornamento appare opportuno fare largo uso delle metodologie che si rifanno al concetto dell'autoapprendimento, degli «audit», e delle altre tecniche di didattica non formalizzata, pur dando il dovuto rilievo anche ai corsi brevi, ai seminari e ad altre iniziative formalizzate.

 

22.19 Le funzioni veterinarie

Le funzioni veterinarie di base sono rivolte principalmente alla profilassi delle malattie infettive e diffusive degli animali ed in particolare di quelle trasmissibili all'uomo, all'esecuzione di piani di profilassi e risanamento, all'ispezione, vigilanza e controllo delle carni e degli altri prodotti di origine animale, alla vigilanza e controllo sull'alimentazione degli animali e sull'impiego dei farmaci per uso veterinario. Tra dette funzioni sono ricomprese quelle relative alla vigilanza sulla riproduzione animale e sulla assistenza zooiatrica.

Va infine sottolineato il ruolo del veterinario di base nell'educazione sanitaria degli allevatori, con particolare riguardo al corretto impiego dei farmaci.

 

Capitolo 22.2: «Il momento socio-sanitario»

22.20 Introduzione

Il modello funzionante del S.S.R. per l'assistenza di base prende in considerazione un momento «socio-sanitario», che ha alcune caratteristiche specifiche rispetto al momento sanitario, con il quale peraltro deve integrarsi operativamente.

Il momento «sanitario» si articola intorno alla figura del medico, pur non esaurendosi in esso, poiché vanno previste altre figure (il farmacista, il veterinario), che però proiettano la loro professionalità su campi abbastanza limitati anche se specifici. Ugualmente vanno previste figure professionali appartenenti ai profili infermieristici, il cui ruolo a questo livello però è di tipo ausiliario rispetto alla centralità del medico. Nel momento «socio-sanitario» emergono invece fabbisogni rispetto ai quali le risposte sono date, in tutto o in parte, da altre figure professionali, anche con ruoli centrali.

Tipicamente socio-sanitarie sono le funzioni di educazione sanitaria, che devono essere attribuite a tutti gli operatori di base, e che individuano spazi di competenze anche per operatori non legati al S.S.R., ad esempio nel campo della scuola.

Funzioni socio-assistenziali tipiche in un altro campo sono quelle attinenti l'assistenza domiciliare e l'aiuto domestico familiare.

Con il primo termine si intende una attività prevalentemente sanitaria, prestata da personale infermieristico che sia in grado: di fornire prestazioni medico-preventive nonché terapeutiche (su indicazione del medico); di sviluppare la coscienza sanitaria e adeguate conoscenze finalizzate all'autotrattamento per il consolidamento del recupero; di intervenire a livello riabilitativo (comprendendo con ciò anche il reinserimento sociale dopo il ritorno all'autosufficienza).

Il termine «aiuto domestico-familiare» indica a sua volta un complesso di funzioni non sanitarie, nei campi dell'igiene della casa, della persona, dell'alimentazione. tali prestazioni sono di supporto all'assistenza domiciliare e possono venire rapportate a quelle che in ambiente ospedaliero vengono affidate agli ausiliari socio-sanitari; se ne distinguono per la diversità delle condizioni ambientali e di organizzazione del lavoro, che consente (e talvolta suggerisce) di non avvalersi solo di personale strutturato nella pianta organica delle ULSS, ma di ricorrere a rapporti di lavoro pi flessibili, non strutturati in un rapporto di dipendenza.

In linea generale, va poi tenuto presente che i due termini fanno riferimento ad attività da svolgere sia nel domicilio del malato, che in alloggi collettivi, in presidi paraospedalieri o in altre collettività protette.

Altre funzioni hanno una valenza più marcatamente socio-assistenziale, perché si rivolgono a fasce marginali di popolazione, come nel caso dei tossicodipendenti, dei malati di mente in fase non acuta, degli anziani non autosufficiente, ecc.

Infine vi è una zona di prestazioni che attengono all'assistenza di base, ma che non hanno immediati risvolti sanitari, come nel campo della tutela dei diritti del minore e della donna, o in quello della socializzazione dell'anziano; e poi nel campo dell'assistenza post-carceraria e per altre forme di aiuto sociale. Tali prestazioni sono chiamate a fronteggiare situazioni di emergenza, secondo gli obiettivi che la Regione si è data integrando la legge 65 con la legge 29.

Sulla base di queste premesse, il capitolo 22.2 si articola nei seguenti paragrafi:

- L'educazione sanitaria (22.21)

- L'assistenza domiciliare (22.22)

- L'aiuto domestico (22.23)

- L'assistente socio-sanitaria alle fasce marginali di popolazione (22.24)

- La promozione e l'aiuto sociale (22.25).

 

 

22.21 L'educazione sanitaria nei servizi di base

L'educazione sanitaria è uno dei momenti più significativi del modello funzionale per quanto concerne il primo livello dell'assistenza, essendo una parte non solo integrante ma fondamentale della prevenzione, che ha la sua esplicazione più rilevante nell'area di base.

L'educazione sanitaria va intesa come processo di analisi critica delle condizioni che costituiscono un rischio per la salute in un dato ambiente; va intesa più in particolare come acquisizione di comportamenti individuali e sociali che non siano causa di nocività, e come individuazione dei mezzi per rimuovere i fattori ambientali di rischio; laddove l'ambiente va inteso nella accezione anche di ambiente sociale, fatto cioè di comportamenti individuali e di interrelazioni tra individui e gruppi.

L'educazione sanitaria a livello di base coinvolge tanto gli organismi della partecipazione quanto gli operatori; relativamente agli operatori, li coinvolge tutti a prescindere dalla collocazione professionale e senza quindi che debba essere individuato un operatore specificamente ed esclusivamente dedicato a tale finalità, quanto meno al livello di base.

Le iniziative di educazione sanitaria devono pertanto procedere di pari passo con le attività di aggiornamento professionale e debbono affrontare i temi più pertinenti sul piano della difesa della salute dai fattori di rischio e sul piano della prevenzione, nonché sul piano della gestione dei servizi e della richiesta di prestazioni al S.S.R.

Il modello funzionale del S.S.R. assegna all'educazione sanitaria un posto di priorità tra le iniziative programmate a livello di distretto.

 

22.22 L'assistenza domiciliare

L'assistenza domiciliare è un complesso di interventi a carattere fondamentalmente socio-sanitario, con supporti di aiuto domestico-familiare, che ha come scopo quello di garantire una adeguata copertura dei fabbisogni terapeutici per affezioni che possono essere seguite al domicilio sotto la diretta responsabilità del medico di famiglia con l'aiuto di indirizzi terapeutici formulati da altre strutture sanitarie dell'ULSS, o disponendo di protocolli terapeutici intorno ai quali coordinare le iniziative delle varie componenti mediche e infermieristiche dell'assistenza domiciliare stessa.

Il presupposto dell'assistenza domiciliare è l'adeguatezza dell'alloggio, la possibilità cioè di utilizzare le situazioni ambientali offerte dal domicilio del paziente, salvo integrazione coni servizi di aiuto domestico-familiare.

L'assistenza domiciliare presuppone ancora la disponibilità di personale infermieristico in grado di fornire prestazioni anche terapeutiche al domicilio del malato, ovviamente sotto guida e responsabilità di un medico. Ciò rende indispensabile la selezione delle situazioni patologiche da affrontare in regime di assistenza domiciliare, mettendo in fase tale scelta con gli obiettivi prioritari di deospedalizzazione per i fini della riconversione dell'iniziativa ospedaliera. L'assistenza domiciliare consiste anche in prestazioni a carattere riabilitativo, in interventi di educazione sanitaria e nella assistenza all'autrattamento e all'autoterapia condotta in concorso tra l'ammalato e i suoi familiari.

 

22.23 L'aiuto domestico-familiare

 

L'aiuto domestico-familiare è un corollario ma anche un presupposto dell'assistenza domiciliare. Esso consiste in prestazioni da parte di personale non professionalizzato in campo sanitario, e tuttavia addestrato a farsi carico dei fabbisogni particolari del malato assistito al proprio domicilio, sul piano dell'igiene della persona, della casa, dell'alimentazione.

A differenza di quel che accade in ambito ospedaliero, l'aiuto domestico-familiare deve adeguarsi ai ritmi di vita che non sono fissati dal servizio, bensì dal contesto socio-familiare in cui l'assistenza viene prestata. Ciò richiede una grande elasticità e duttilità negli orari di servizio, il che rende preferibile l'impiego di personale non strutturato nel Ruolo nominativo regionale da acquisire nell'area dell'offerta privatistica e con preferenza per le cooperative di servizi in ragione delle garanzie che queste offrono in termini di elasticità sia del rapporto di servizio, che di erogazione delle prestazioni, scaricando l'ULSS da quest'ultime incombenze organizzative non di poco conto.

 

22.24 L'assistenza socio-sanitaria alle fasce marginali di popolazione

Il modello funzionale del S.S.R. prevede l'integrazione nelle funzioni di base di alcune attività socio-sanitarie dirette a fasce marginali di popolazione. Si tratta in particolare ai portatori di handicap (e tra questi ai soggetti handicappati in età scolare), ai malati di mente in fase non acuta (o comunque ai soggetti in trattamento presso una struttura territoriale di tutela della salute mentale), entro certi limiti anche ai tossicodipendenti in fase di disassuefazione.

Queste attività sono rivolte a persone che hanno preminenti o grossi problemi sanitari, talché la loro assistenza rientra negli impegni del servizio sanitario nazionale anche sotto il profilo finanziario.

Per la particolarità della situazione, però, l'assistenza sanitaria comporta supporti socio-assistenziali tesi all'autosufficienza e alla risocializzazione dei soggetti, come condizione primaria per garantire un buon livello di recupero e di riabilitazione.

Il modello funzionale prevede pertanto l'utilizzazione di operatori forniti di una delle professionalità previste nell'ordinamento del personale delle ULSS, con preparazione curriculare o aggiuntiva in campi particolari della riabilitazione; tali operatori sono inseriti nell'équipe di base come «itineranti».

Ovviamente, a questi supporti si aggiungono, se del caso, quelli previsti per l'assistenza domiciliare e per l'aiuto domestico.

 

22.25 La promozione e l'aiuto sociale

Il modello funzionale del S.S.R. inserisce tra le attività socio-sanitarie di base anche interventi di supporto sociale in senso stretto, senza attinenza se non indiretta con gli obiettivi di tutela della salute.

Questi interventi, che non rientrano tra gli impegni amministrativi e finanziari del Servizio sanitario regionale propriamente detto, sono rivolti sia alla generalità della popolazione che a fasce marginali per esclusivi prevalenti bisogni di socializzazione, secondo le specificazioni e le modalità descritte nell'apposito capitolo del Piano.

 

Capitolo 22.3: «Il momento partecipativo»

22.30 Introduzione

Il momento partecipativo rappresenta un punto cruciale di articolazione del modello funzionale per l'assistenza di base, perché ha il compito specifico di raccordare il funzionamento dei servizi alla qualificazione della domanda della popolazione.

Il modello funzionale inserisce la partecipazione in corrispondenza di alcuni punti di snodo delle attività di base: la documentazione sulle caratteristiche socio-sanitarie del territorio, come contributo alla predisposizione del piano comprensoriale da parte dell'ULSS; la predisposizione di programmi locali di attività nel quadro di quel piano; i rapporti con il personale socio-sanitario nonché con gli operatori non strutturati, appartenenti cioè all'area del volontariato e della cooperazione; i rapporti con la popolazione generale e con gli utenti dei servizi, e la conseguente osservazione sull'andamento dei servizi, anche per garantire i diritti dei cittadini di fronte alle strutture socio-sanitarie; il consuntivo dell'attività in sintonia con le analoghe scadenze dell'ULSS.

La partecipazione è un momento fondamentale della dinamizzazione del rapporto popolazione-servizi; in tal senso trattasi di partecipazione «sociale», formulazione che ricomprende i termini «gestione sociale» e «gestione dei servizi da parte della popolazione direttamente interessata», ad evitare confusioni interpretative abbastanza facili particolarmente con il secondo (che peraltro è recepito nella legge 833).

Si pone il problema della qualità delle istanze della partecipazione, come presupposto dell'efficacia del loro ruolo.

Le istanze della partecipazione non possono essere né casuali né spontanee. È da evitare il rischio di istituzionalizzarle, individuando con ciò un altro livello politico amministrativo di gestione; ma è da evitare anche il rischio che si muovano a vuoto o che si riducano a un mero ruolo di risonanza vertenziale e rivendicazionistica delle aspirazioni della popolazione.

Le istanze della partecipazione non debbono pertanto essere esterne al S.S.R.; non debbono neppure costituire una sua appendice priva della capacità di incidere sulla gestione. Fanno parte, cioè, del S.S.R. senza identificarsi in esso.

Si pone a questo punto il problema, essenziale per il modello funzionale, della «autorevolezza» delle istanze partecipative. Non è indifferente al riguardo il grado di rappresentanza di cui sono portatrici, che quanto più è vicino al momento elettivo, tanto più legittima la funzione partecipativa e ne aumenta il peso specifico sul piano dei rapporti con il Comitato di gestione dell'ULSS.

A questo punto la problematica della partecipazione si innesta direttamente in quella del distretto di base.

Sulla base di queste premesse, il capitolo 22.3 si articola nei seguenti paragrafi:

- I contenuti della partecipazione sociale (22.31)

- Le istanze della partecipazione sociale (22.32)

- Gli strumenti operativi per la partecipazione sociale (22.33).

 

 

22.31 I contenuti della partecipazione

La partecipazione sociale, attuata dai comitati partecipativi di distretto, consiste orientativamente:

- nell'esposizione al Comitato di gestione dell'ULSS di problemi attinenti gli obiettivi generali del S.S.R.;

- nel coinvolgimento in fase di determinazione dei programmi di attività dell'ULSS a livello territoriale;

- nella individuazione di problemi emergenti nel territorio in rapporto a particolari situazioni di rischio;

- nella definizione degli indirizzi e delle modalità generali di realizzazione dei programmi, insieme agli operatori dell'équipe di base;

- nei rapporti con la popolazione per esaminare l'andamento dei servizi e per determinare migliori condizioni di accesso agli stessi;

- nella organizzazione dell'educazione sanitaria nel territorio.

 

 

22.32 Le istanze della partecipazione sociale

Il modello funzionale del S.S.R. inserisce la partecipazione sociale nell'ambito delle strutture del Comune o del decentramento comunale.

A tale scopo vengono istituiti appositi comitati, formati per una parte da consiglieri comunali o circoscrizionali, e per il resto da persone esterne, scelte dal corrispondente organo elettivo in modo da garantire anche l'apporto dei rappresentanti delle forze sociali e delle espressioni del volontariato.

Il comitato partecipativo integra nella propria attività anche gli operatori del distretto.

Il comitato elegge nel suo seno un presidente tra i membri elettivi. Il presidente fa parte della consulta partecipativa prevista all'art. 29 della legge regionale n. 65.

 

22.33 Le modalità operative della partecipazione sociale

La costituzione del comitato partecipativo e la composizione sono comunicati al Comitato di gestione dell'ULSS dal corrispondente organo elettivo.

Il comitato partecipativo riferisce direttamente la propria attività al Comitato di gestione. Gli atti costituenti vincolo per l'ULSS, ai sensi dell'art. 27 della L.R. n. 65, sono trasmessi formalmente attraverso il corrispondente organo elettivo.

Il Comitato di gestione opera collegialmente o attraverso i singoli membri, sulla base di un regolamento adottato dall'ULSS secondo uno schema-tipo prediposto dalla Regione.

Più comitati partecipativi della stessa ULSS possono raccordarsi tra loro per affrontare problemi non localizzabili nel territorio di un solo distretto.

Il comitato presenta una relazione annuale sullo stato della salute e dei servizi a livello di distretto, in base a un modello indicativo e di massima predisposto dalla Regione.

 

Capitolo 22.4: «Il Distretto di base»

22.40 Introduzione

Il distretto di base è l'obiettivo strategico più rilevante per gli sviluppi della riforma sanitaria e per l'integrazione in essa degli obiettivi di tutela socio-assistenziale della popolazione.

Le problematiche del distretto possono essere affrontate sotto due angolazioni:

- il distretto come ambito territoriale delle attività socio-sanitarie di base;

- il distretto come presidio, ossia come sede di alcune particolari attività di base.

Il modello funzionale del S.S.R. vuole enfatizzare il primo aspetto, che ha un carattere generale mentre il secondo costituisce un obiettivo da realizzare secondo determinate priorità a loro volta condizionate dalle disponibilità finanziarie della parte di Fondo sanitario regionale riservato alle spese in conto capitale.

Come ambito territoriale di attività il distretto va programmato in rapporto a vari criteri.

Un primo criterio è quello geografico e demografico, nel senso che vanno rispettati alcuni limiti oltre i quali viene meno il vincolo comunitario. Non è facile fissare tali limiti, che si muovono nell'ambito delle migliaia di persone.

Un secondo criterio discende da considerazioni di opportunità politico-amministrativa. In un momento nel quale la riforma sanitaria è soggetta ad attacchi sul piano del modello istituzionale, (accusato di indeterminatezza nel definire la natura giuridica dell'ULSS), è importante che il distretto sia un terreno di recupero del ruolo del Comune, per contrastare soluzioni centralistiche tese a sottrarre l'ULSS dall'ordinamento delle autonomie locali e a spostarla sull'orbita delle istituzioni pararegionali. Ne consegue che i confini del distretto debbono corrispondere ai confini del Comune o di una sua circoscrizione, e ciò anche per agganciare gli organismi partecipativi alla matrice comunale o circoscrizionale.

Questo indirizzo è largamente praticabile in Umbria, dove la maggioranza dei Comuni è al di sotto dei 10.000 abitanti, e dove la massima parte dei Comuni sopra a tale limite hanno provveduto a decentrarsi. Resta il problema dei Comuni molto piccoli (con popolazione inferiore a 2-3.000 abitanti), per i quali occorre procedere per aggregazioni sopracomunali.

A definire il distretto concorrono le modalità della partecipazione sociale e l'apporto degli operatori socio-sanitari.

Per quanto concerne il primo aspetto ne fa oggetto di trattazione un apposito capitolo del Piano.

Circa gli operatori, il modello funzionale procede ad una individuazione che è legata alle funzioni da svolgere e al particolare carattere di esse che risulta dopo aver separato le funzioni dell'area integrativa.

Al distretto sono pertanto assegnati operatori con profilo professionale a largo ventaglio applicativo, il cui tratto comune è la capacità di risolvere direttamente ed autonomamente le situazioni che non hanno prolungamenti in altre fasi dell'intervento socio-sanitario, e nell'individuare le iniziative da attivare nel caso alternativo.

L'operatore del distretto deve avere inoltre un sufficiente grado di capacità manageriali, e la disponibilità ad operare in équipe laddove si affrontino problemi di interesse pluridisciplinare o di carattere generale.

La partecipazione all'attività di équipe non comporta ruoli gerarchici ma capacità di coordinamento e disponibilità ad integrarsi nel gruppo.

L'équipe di distretto è formata da alcuni operatori che sono assegnati esclusivamente al distretto, ed altri che operano a scavalco di più distretti. Il modello funzionale individua i primi come operatori «residenti» e gli altri come operatori «itineranti».

Gli operatori del distretto operano a contatto diretto con il comitato partecipativo e partecipano a tutte le attività educative e promozionali rivolte alla popolazione.

Una congrua parte dell'attività degli operatori è dedicata all'aggiornamento professionale autodiretto. Quanto sopra non è ovviamente in alternativa con la partecipazione ad altre forme di aggiornamento, dirette a livello di ULSS.

Infine, un tratto essenziale dell'attività del distretto è la programmazione, che si attua con il concorso sia del comitato partecipativo che degli operatori.

A prescindere dagli aspetti generali, che sono trattati tra i contenuti della partecipazione sociale, la programmazione a livello di distretto si basa anche sull'uso di strumenti informativi che fanno parte del S.I.S.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 22.4 si articola nei seguenti paragrafi:

- Il distretto come ambito territoriale (22.41)

- Il distretto come presidio (22.42)

- Il distretto come ambito funzionale e partecipativo (22.43)

- L'équipe di distretto (22.44).

 

 

22.41 Il Distretto come ambito territoriale

Ai fini dell'articolazione territoriale nei distretti l'ULSS adotta un piano di massima basato sulla delimitazione di aree territoriali all'interno delle quali sia ricompresa una popolazione tra 4.000 e 10.000 abitanti.

Il Comune, la cui popolazione sia ricompresa in questo intervallo, viene assunto direttamente come area distrettuale. Egualmente dicasi per le situazioni che si discostino leggermente dai limiti sopra riferiti. Negli altri casi l'ULSS propone ai Comuni interessati ambiti più ristretti in caso di eccedenza sopra il limite massimo, o di aggregazione tra più Comuni nel caso opposto. Per i Comuni che abbiano attuato il decentramento circoscrizionale, la proposta dell'ULSS si basa sulle aree che ne risultano rispettando i limiti demografici di cui sopra, con gli stessi criteri di deroga.

La proposta di distrettualizzazione approvata dai Comuni interessati, viene trasferita in atto costitutivo da parte dell'ULSS.

 

22.42 Il Distretto come presidio territoriale

Il modello funzionale del S.S.R. punta al potenziamento nel distretto di un presidio che ne faccia un polo socio-sanitario in grado di concorrere con il polo ospedaliero alla realizzazione degli obiettivi di tutela sanitaria, alleggerendo il sistema ospedaliero da compiti che non gli sono propri.

Il presidio distrettuale si compone di spazi per attività sociali, promozionali, educative, ecc., e per interventi di assistenza diretta.

Come punto di emanazione di attività promozionali ecc., il presidio distrettuale deve essere fornito di strumentazioni audiovisive semplici, nonché di un minimo di dotazioni di biblioteca e archivio, per la documentazione di uso corrente.

Il presidio distrettuale è anche sede di erogazione di prestazioni; in particolare il distretto è punto di organizzazione dei flussi di utenza ai vari servizi, provvedendo anche alle prenotazioni e alla formazione delle liste di attesa.

Il presidio distrettuale è un punto di articolazione del S.I.S., e si avvale a tale scopo delle opportune attrezzature informatiche.

Nel presidio possono essere collocate strumentazioni diagnostiche a disposizione dei programmi di sanità pubblica.

L'inserimento dell'attività del medico di base nel presidio è oggetto di apposito contratto stipulato sulla base di schemi-tipo predisposti dalla Regione.

Sul piano patrimoniale, il presidio distrettuale viene collocato preferenzialmente in strutture di proprietà pubblica. A tale scopo vanno esaminate le possibilità di riuso dei patrimoni edilizi trasferiti alla proprietà comunale a seguito della soppressione degli enti assistenziali.

Ovviamente, altre soluzioni possono essere adottate in fase transitoria per ottemperare alle priorità stabilite per i programmi di investimenti nelle strutture edilizie non ospedaliere. In tal caso, possono essere anche adottate soluzioni che distribuiscano le attività del distretto in più sedi, utilizzando per le attività promozionali ed educative i centri di vita associata e le altre analoghe dotazioni socio-culturali di base.

 

22.43 Il Distretto come ambito funzionale e partecipativo

Le funzioni del distretto di base sono enucleabili portando a sintesi le varie funzioni dell'area di base analizzate dal modello.

Il distretto è quindi punto di riferimento per i flussi operativi concernenti la prevenzione ambientale, per l'assistenza sanitaria di base integrata con le attività socio-assistenziali ad essa pertinenti, per le integrazioni con le attività sociali e promozionali che fanno da supporto al mantenimento di adeguati livelli e stili di vita della popolazione, per i progetti-obiettivo e gli altri programmi preventivi di sanità pubblica.

Fanno riferimento al distretto anche alcune attività dell'area integrativa che completano il primo livello, mantenendo in capo alle strutture di base la gestione della tutela socio-sanitaria.

Le questioni del distretto come ambito funzionante si completano con le funzioni partecipative definite nell'apposito capitolo. In sintesi, il distretto è l'ambito territoriale di gestione dei comitati di partecipazione zonale.

 

22.44 L'équipe di distretto

L'équipe di distretto è formata dagli operatori socio-sanitari assegnati ai servizi di base dell'ambito territoriale distrettuale.

Tali operatori sono residenti od itineranti. Il concetto di residenzialità non comporta necessariamente la residenza anagrafica, ma indica la totale disponibilità dell'orario di servizio per le necessità di un determinato distretto. In alternativa, è «itinerante» quell'operatore di base che espleta il proprio servizio in rapporto a più di un distretto.

L'équipe di distretto è formata di norma da operatori del ruolo nominativo regionale, ma può ricomprendere altri operatori convenzionati, con particolare riguardo ai medici di famiglia.

Il ventaglio minimo degli operatori residenti è costituito dal medico territoriale, dagli infermieri, se presente dall'ostetrica, dall'operatore sociale e dall'operatore amministrativo. Ad essi si aggiungono il farmacista, il veterinario e i medici di famiglia operanti nella zona.

Operatori itineranti sono: i pediatri, gli ostetrici, i terapisti della riabilitazione, i vigili sanitari, gli operatori non medici dell'igiene mentale, e altri.

L'équipe di distretto costituisce un'unità funzionale, coordinata dal medico del territorio. Il coordinamento non comporta posizioni di subordinazione gerarchica.

In quanto unità funzionale, l'équipe di distretto opera come tale in fase di programmazione dell'attività, di controllo sulla realizzazione dei programmi e di verifica dei risultati, ed in ogni altra occasione in cui si pongano problemi di approccio interdisciplinare. Tale attività utilizza ampiamente la metodologia degli «audit».

L'équipe di distretto concorre all'attività del comitato di partecipazione, concordando le modalità di funzionamento dei servizi al livello di base, nonché le proposte da formulare al livello centrale dell'ULSS.

Concorda inoltre la tenuta dei rapporti con la popolazione, sia in chiave assistenziale che educativo-sanitaria; in particolare, l'équipe di base si attiva per la ricerca dei bisogni della popolazione, per creare intorno ai programmi dell'ULSS adeguati livelli di consapevolezza, per migliorare le condizioni di utilizzazione dei servizi.

 

Sottosezione 23 - Le funzioni integrative

 

23.1 Il primo livello dell'area integrativa

23.2 Il secondo livello dell'area integrativa. Il sistema ospedaliero

23.3 Le integrazioni interzonali e multizonali

 

 

Capitolo 23.1: «Il primo livello dell'area integrativa»

23.10 Introduzione

L'integrazione delle funzioni di base ha come momento peculiare il funzionamento delle strutture specialistiche che intervengono nel primo livello dell'assistenza. Queste strutture si caratterizzano infatti per il loro operare a livello territoriale, a diretto contatto con l'attività del medico di base: si tratta di una integrazione nel senso proprio della parola, perché l'intervento di queste strutture specialistiche è attivato direttamente da quelle di base, che lo richiedono per completare la loro funzione così da coprire tutte le necessità del primo livello.

Il modello funzionante prospetta l'organizzazione di questa area secondo due distinti momenti operativi: il supporto e l'integrazione alle prestazioni di diagnosi e cura dell'area di base; la partecipazione ai programmi disposti dall'ULSS nell'ambito dei progetti-obiettivo e più in generale in quello dei programmi di sanità pubblica mirati a fini di medicina preventiva.

L'espressione strutturale di quest'area è il poliambulatorio, di cui vanno determinati i dimensionamenti: non si tratta solo di stabilire il rapporto ottimale con la popolazione, ma bisogna anche fissare i criteri dell'articolazione delle branche specialistiche, ad alcune delle quali corrispondono utenze più ristrette mentre ad altre fa capo un'utenza più larga.

Restando sul piano dei presidi, è opportuno tenere distinte le problematiche delle strutture diagnostiche, che pongono problemi del tutto particolari per l'avanzamento delle tecnologie ad esse applicate; senza contare l'effetto esercitato sui consumi e sulla spesa dalle strutture private, con conseguente necessità di razionalizzazione i flussi di utenza e di salvaguardare la qualità delle prestazioni.

Sullo sfondo di questi problemi sta l'obiettivo di ritagliare una figura di «specialista» nettamente caratterizzata nell'orizzonte delle professionalità mediche.

Il modello funzionale presuppone la riforma delle specializzazioni, compito che appartiene alla Facoltà di Medicina ma che non può lasciare estraneo il S.S.R., che ne è coinvolto quanto meno nell'ambito dei rapporti convenzionati con l'Università.

Il S.S.R. può e deve intervenire con più cogenza sui momenti successivi, ed in particolare sui processi per l'aggiornamento tecnico-professionale, che si realizza non solo attraverso iniziative formalizzate ma anche inserendo lo specialista in attività di ricerca e facendolo partecipare alle attività epidemiologiche.

A questo riguardo si pongono questioni particolari per quanto concerne lo specialista convenzionato che lavora negli ambulatori del S.S.R. ma in condizioni ambientali che non favoriscono la sua integrazione nel complesso del sistema.

Occorre che questo specialista esca dall'isolamento nel quale opera, e sia integrato in un respiro più ampio, di équipe. Questa è una condizione essenziale per recuperare la parcellizzazione del suo lavoro in un quadro di finalizzazioni alle quali egli deve compartecipare anche nelle fasi della elaborazione e valutazione.

Tale obiettivo va raggiunto per varie vie. Vi concorre l'uso di strumenti informativi che in parte sono quelli previsti per l'area di base e in parte sono specifici tra questi ultimi assumono particolare valore i protocolli di comportamento diagnostico-terapeutici. Vi concorrono inoltre le modalità dell'aggiornamento tecnico-professionale, da realizzare anche attraverso comunicazioni e scambi con le aree ospedaliere, essendo l'ospedale un punto di concentrazione delle conoscenze derivanti dal contatto con le patologie più complesse e con l'uso di strumentazioni più sofisticate.

Il modello funzionale deve sciogliere il nodo della continuità diagnostico-terapeutica dello specialista ambulatoriale, cui vengono richieste essenzialmente funzioni diagnostiche. Il problema è particolarmente ampio nelle branche specialistiche in cui la fase diagnostica è solo un momento, e neppure il più rilevante, del trattamento del paziente.

Il fatto che il modello funzionale tratti separatamente gli aspetti di primo livello, dell'integrazione dagli altri non significa separare due aree distinte, e tanto meno configurare una separazione tra un'area del lavoro dipendente e un'area del lavoro convenzionato.

L'area è unica, sia pure articolata su due versanti: quello proiettato verso il territorio e quello polarizzato intorno a presidi relativamente autonomi. L'unitarietà si riflette anche a livello di operatori che devono essere utilizzati in maniera integrata, siano dipendenti dal servizio o siano con esso convenzionati.

L'attuazione del modello funzionante richiede quindi l'applicazione corretta e coordinata della convenzione unica per la medicina ambulatoriale e del contratto nazionale di lavoro del comparto sanitario. Il risultato di questa manovra combinata deve essere quello di far coesistere e concorrere allo stesso fine due realtà entrambe necessarie al S.S.R., quella del lavoro dipendente e quella del lavoro convenzionato.

Infine gli interventi al livello territoriale dell'area integrativa non si esauriscono con le problematiche sanitarie ma riconoscono altri momenti di integrazione per finalità sia socio-sanitarie che socio-assistenziali. Il modello funzionale tratta unitariamente questo problema nella sottosezione 24.

Sulla base di queste considerazioni il capitolo 23.1 viene articolato nei seguenti paragrafi:

- Le integrazioni per le funzioni di diagnosi e cura (23.11)

- L'integrazione per i programmi di sanità pubblica (23.12)

- Il poliambulatorio territoriale (23.13)

- Le strutture per la diagnostica strumentale (23.14)

- L'aggiornamento tecnico-professionale (23.15)

- L'inserimento del personale convenzionato (23.16)

- La continuità diagnostico-terapeutica (23.17)

- L'uso degli strumenti contrattuali (23.18).

 

 

23.11 Le integrazioni per le funzioni di diagnosi e cura

Per quanto concerne le attività specialistiche integrative delle funzioni di diagnosi e cura, il modello funzionale del S.S.R. è impostato sul presupposto che le prestazioni debbano di norma essere attivate dal medico di base con richiesta motivata, e possibilmente con quesito diagnostico; sempre di norma, le risposte sono indirizzate al medico di base con una relazione sommaria contenente anche indirizzi terapeutici.

La presa in carico del paziente da parte dello specialista costituisce l'eccezione, relativamente a cicli terapeutici che non coinvolgono direttamente il medico di base.

Quanto sopra risponde all'obiettivo di non configurare il medico generico come mero ripetitore di prescrizione dello specialista, o come filtro puramente burocratico. Il passaggio attraverso il medico di base deve consentire, al contrario, di formulare un orientamento diagnostico ed un indirizzo terapeutico connessi con la storia clinica individuale dell'assistito; deve consentire inoltre di prevenire interventi dannosi per controindicazioni note solo a chi ha in cura la persona continuamente e non per occasioni sporadiche.

 

23.12 Le integrazioni per i programmi di medicina pubblica

Il ricorso agli specialisti nell'ambito dei progetti-obiettivo e degli altri programmi a carattere medico-preventivo mirati a particolari fasce di popolazione a rischio (definibili quindi come attività preventive di medicina) è stimolato dal modello funzionale come mezzo per riequilibrare l'asse gravitazionale dell'intervento sanitario, disancorandolo da un tipo di risposta puramente passiva a bisogni emergenti, per spostarlo sul piano della prevenzione del bisogno stesso.

Il modello funzionale del S.S.R. propone l'obiettivo della ridistribuzione del lavoro dello specialista, per fare in modo che una parte dell'attività venga dedicata in via normale ai programmi di cui sopra, sotto forma di consulenze ai servizi di base.

I campi specifici per questo tipo di funzione sono quelli della tutela materno-infantile e dell'età evolutiva, della tutela della salute nei luoghi di lavoro, della tutela della salute degli anziani, dell'assistenza alle fasce marginali di popolazione.

In particolare, per il progetto-obiettivo «Salute della donna e dell'infanzia» il modello funzionale prevede l'attivazione di consulenze specialistiche per:

- il controllo delle gravidanze a rischio e del decorso post-natale;

- la prevenzione e il trattamento degli handicaps da cause congenite o connatali;

- il monitoraggio dei rischi specifici dell'età scolare e dell'attività sportiva;

- la diagnosi di natura sessuologica e i trattamenti clinici della sterilità coniugale.

Per il progetto-obiettivo «Salute dei lavoratori» devono essere attivate consulenze specialistiche per alcune fasi del controllo periodico dei lavoratori «a rischio», per la diagnosi e gli indirizzi terapeutici nelle malattie professionali e nelle tecnopatie, per l'impostazione dei programmi di riabilitazione psico-fisica dei soggetti affetti da riduzione della capacità lavorativa.

Per quanto concerne il progetto-obiettivo «Salute degli anziani» si configurano spazi di attività specialistica programmata per finalità di recupero dopo malattie invalidanti o altri eventi che causino menomazioni funzionali, oltre che per consulenze agli operatori dell'assistenza domiciliare e a quelli che si occupano dell'assistenza in paraospedale.

Infine, si presentano esigenze di consulenza specialistica integrativa nell'ambito del progetto «Obiettivo assistenza alle fasce marginali» per quanto concerne il trattamento degli stati di tossicodipendenze, e il trattamento e recupero dei soggetti portatori di handicaps, con particolare riguardo al loro reinserimento nella scuola e nella società.

Va prevista inoltre l'utilizzazione degli specialisti operanti sul territorio per obiettivi di tutela della salute mentale nonché per la realizzazione dei programmi prioritari indicati come «progetti-finalizzati» nel campo della profilassi delle malattie infettive, della prevenzione e cura dei tumori, delle cardio e cerebrovascolopatie, delle nefropatie croniche, del diabete e dell'epilessia.

 

23.13 Il Poliambulatorio territoriale.

Le attività specialistiche integrative del primo livello trovano la loro collocazione tipica nel poliambulatorio territoriale. Questo termine e ritenuto preferibile all'espressione «poliambulatorio extraospedaliero» in quanto pone l'accento sulla funzione da svolgere, e non sulla sede (essendo peraltro indifferente che una determinata funzione venga svolta per ragioni puramente logistiche dentro o fuori le mura dell'ospedale).

Il poliambulatorio territoriale deve essere programmato in modo da garantire un certo rapporto con l'utenza, rapporto che si situa nell'ambito di qualche decina di migliaia di abitanti, con un ventaglio sufficientemente largo da adattarsi alla concentrazione o alla dispersione della popolazione.

Restando sempre sul piano dell'articolazione territoriale, il modello funzionale individua due tipologie di poliambulatorio, in relazione alla decentrabilità delle branche specialistiche; a tal uopo esso elenca una serie di attività specialistiche che devono essere decentrate su tutti i poliambulatori presenti all'interno dell'ULSS, e un gruppo di attività specialistiche che non hanno ragione di essere decentrate al di sotto del livello dell'ULSS (e che trovano collocazione naturale nella sede dell'ospedale data la maggiore disponibilità di dotazioni presenti in tale presidio); senza dimenticare che per altre branche ancora, per le quali neppure il livello dell'ULSS è un ambito adeguato di decentramento, si deve provvedere con le logiche desunte nel capitolo dedicato all'integrazione multizonale.

A proposito di decentramento si deve richiamare anche quanto indicato nei capitoli dedicati all'area di base a proposito dell'articolazione di alcune attività specialistiche a livello del presidio ambulatoriale di distretto.

 

23.14 Le strutture per la diagnostica strumentale.

Le attività di consulenza specialistica che si realizzano attraverso l'uso di attrezzature diagnostiche complesse richiedono un esame particolare, non essendo del tutto riconducibili alla problematica dei poliambulatori, nel cui ambito vanno peraltro collocate.

Infatti, proprio perché l'evoluzione tecnologica sta inducendo un completo rinnovamento del settore, con la progressiva immissione di strumenti a crescente grado di sofisticazione e potenzialità di risposta quali-quantitativamente sempre più elevata, e in fase di cambiamento tutto il quadro di riferimento organizzativo.

Il modello funzionale del S.S.R., nel prendere atto di questa tendenza, prospetta soluzioni organizzative che non prevedono decentramenti di questi presidi all'interno dell'ULSS.

Queste soluzioni sono largamente mature nel campo della diagnostica di laboratorio, dove l'automazione è ormai routinaria, per cui dovrebbero essere previsti bacini di utenza superiori ai confini dell'ULSS, man mano che progredisce l'uso di attrezzature a informatizzazione sempre più spinta.

D'altra parte, la concentrazione dei presidi di laboratorio diagnostico non comporta conseguenze sull'accesso al servizio e sulla fruizione delle sue prestazioni nella misura in cui va avanti il decentramento delle operazioni di prelievo.

Non altrettanto mature sono le soluzioni nel campo della radiodiagnostica, anche se l'introduzione della tomografia computerizzata sta mutando radicalmente i termini della questione e li farà mutare ancor più con il passaggio ad altre forme di tomografia che utilizzano sorgenti di energia non radiogena, come nel caso delle nuove tecniche basate sulla risonanza magnetico-nucleare.

Lasciando sullo sfondo questi sviluppi, il modello funzionale del S.S.R. prende in considerazione una strategia di qualificazione selettiva degli strumenti, per risolvere nell'ambito della multizonalità l'acquisizione delle strumentazioni molto complesse, e per decentrare a livello di ULSS l'uso delle strumentazioni a medio grado di complessità, prevedendone la collocazione nella sede ospedaliera. Per il resto il modello funzionale punta a qualificare le prestazioni integrative per il territorio con strumentazioni di routine efficienti sul piano della risposta e sicure sotto il profilo del rischi per operatori ed utenti.

Essendo questo nel suo complesso un campo nel quale il giudizio diagnostico è fortemente condizionato (e talvolta esclusivamente determinato) dalla risposta della macchina, assume rilievo fondamentale il controllo di qualità, che deve essere programmato sull'intera rete regionale, ed al quale devono assoggettarsi tutte le strutture, ivi comprese quelle private convenzionate.

Sempre in termini di utilizzo delle dotazioni, la tendenza alla concentrazione dei presidi deve essere assecondata con l'adozione di norme per l'accesso alle prestazioni. Queste norme, per non essere meramente burocratiche, devono basarsi sull'uso di protocolli diagnostico-terapeutici, intesi non come gabbie rigide o come strumenti anonimi e deresponsabilizzanti, ma come guide al comportamento degli operatori e supporti per l'educazione sanitaria per la popolazione.

 

23.15 L'aggiornamento tecnico professionale.

Nell'esigenza di ricavare il massimo contributo possibile dagli operatori dell'area integrativa in termini di specializzazione degli interventi preventivi e diagnostico-terapeutici, il modello funzionale del S.S.R. prevede forme particolari di aggiornamento tecnico-professionale, da perseguire procedendo lungo due direttive: la prima riguarda l'evoluzione delle conoscenze e del contenuti degli interventi nei campi di azione prioritaria dei programmi di medicina pubblica; la seconda concerne l'evoluzione dei mezzi diagnostico-terapeutici nei singoli compiti di attività professionale.

Tale aggiornamento coinvolge la Facoltà di Medicina e le sue scuole di specializzazione e comporta oltre a corsi e ad iniziative formalizzate anche la partecipazione a stages formativi presso le strutture ad alta specializzazione presenti nella Regione, nonché l'organizzazione di seminari periodici con l'apporto di personalità esterne all'ambito regionale.

 

23.16 Problemi particolari del lavoro degli specialisti ambulatoriali convenzionati.

Il modello funzionale del S.S.R. trae spunto dalla posizione di precarietà e debolezza dello specialista ambulatoriale convenzionato, dovuta all'isolamento in cui egli si trova ad operare.

Pertanto le attività di aggiornamento tecnico-professionale previste per tutti gli operatori dell'area integrativa devono avere priorità di attuazione nei confronti di questa categoria.

Il modello funzionale prevede la partecipazione degli specialisti convenzionati ai gruppi di lavoro formati per i vari obiettivi progettuali. Prevede inoltre la loro partecipazione alle attività che si svolgono all'interno delle strutture ospedaliere.

Un ruolo particolare è affidato anche all'uso degli strumenti informativi del S.I.S., prevedendo la partecipazione dello specialista convenzionato alla gestione delle cartelle previste nei programmi di sanità pubblica per i soggetti «a rischio».

 

23.17 La continuità diagnostico-terapeutica.

Traendo spunto dal fatto che la possibilità o meno di far seguire ad atti diagnostici atti clinico-terapeutici distingue l'apporto degli specialisti convenzionati (che non ne hanno la possibilità nell'ambito delle strutture pubbliche) da quello dei medici dipendenti che invece lo esercitano presso le strutture ospedaliere), il modello funzionale del S.S.R. prevede la generalizzazione della continuità diagnostico-terapeutica presso gli ambulatori sia ospedalieri che extraospedalieri da parte degli specialisti che svolgono attività diagnostiche per le quali non sussista la necessità del ricovero in ospedale.

Ciò significa garantire agli specialisti ambulatoriali la possibilità di avvalersi di adeguate strutture per completare la funzione diagnostica, quanto meno in relazione ad una gamma minima di prestazioni nell'ambito delle branche chirurgiche.

Sempre limitatamente ai casi che non richiedano degenza ospedaliera, la continuità diagnostico terapeutica comporta l'accesso alle strutture ospedaliere nel caso in cui quelle poliambulatoriali extraospedaliere non siano adeguate, nonché - in via eccezionale - l'utilizzazione delle strutture private convenzionate, secondo le modalità garantite nei contratti di lavoro. In quest'ultimo caso deve essere escluso qualsiasi rapporto diretto tra il singolo medico e l'amministrazione dello stabilimento privato.

 

23.18 L'uso degli strumenti contrattuali.

L'interconnessione tra le attività di questa sub-area delle funzioni integrative e le funzioni dell'assistenza di base, e in particolare la necessità di integrare le strutture di base con il ricorso alle strutture specialistiche, mette in primo piano la capacità di adoperare gli strumenti contrattuali vigenti all'interno del S.S.N., e cioè l'accordo nazionale unico per il personale dipendente e le convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 48 della L.833.

Si tratta di ricavare da tali strumenti, in collegamento con le convenzioni per la medicina di base, tutto ciò che consenta di potenziare il servizio ed integrarlo nelle sue modalità operative ai vari livelli di articolazione dell'ULSS; si tratta anche di uscire da una dimensione meramente contrattualistica, nella quale gli interessi della popolazione rischiano di appannarsi per la prevalenza delle problematiche venenziali, che instaurano tra amministratori dell'ULSS ed operatori un clima fondamentalmente portato al contenzioso.

Il modello funzionale del S.S.R. considera i contratti e le convenzioni anche come momento di partecipazione degli operatori alla realizzazione del servizio, e stimola ad una lettura delle formulazioni contrattuali non solo in termini di clausole incidenti sui comportamenti delle due parti, ma anche in termini di programmazione del lavoro.

Quanto sopra si applica in modo particolare nei confronti di istituti che incidono direttamente sulla programmazione, come la mobilità del personale, il dimensionamento dei servizi, l'utilizzo del personale dipendente per prestazioni retribuite sotto forma di incentivazioni alla produttività, la mobilitazione del personale convenzionato oltre che a livello di prestazioni poliambulatoriali anche per attività decentrate sul territorio, e via dicendo.

L'applicazione degli strumenti contrattuali del comparto dipendente e del comparto convenzionato deve inoltre portare alla separazione tra gli operatori delle aree di base e quelli delle aree integrative, poiché la commissione delle due attività è di ostacolo alla specializzazione degli interventi nei singoli campi, oltre che fonte di convenienti sul piano del rapporto di lavoro vero e proprio.

 

Capitolo 23.2: «Il secondo livello dell'area integrativa. Il sistema ospedaliero».

23.20 Introduzione.

Nell'ambito delle funzioni dell'area integrativa si evidenziano problemi distinti per i presidi che sono destinati a fornire prestazioni sanitarie per situazioni più complesse di quelle che sono affidate alla medicina di base. Tali situazioni richiedono la presa in carico del paziente da parte della struttura e quindi la sua temporanea sottrazione alla giurisdizione dell'area di base.

Il momento tipico di articolazione di quest'area è l'ospedale, inteso come struttura per la cura in regime di degenza. Perché questa finalità abbia confini precisi, l'ospedale deve far parte di un sistema nel quale, accanto al presidio ospedaliero vero e proprio, si collochino altri presidi che vengono definiti paraospedalieri, per funzioni di ospedalizzazione diurna e per cure ospedaliere di lunga durata.

In tal modo l'ospedale vero e proprio può essere ricondotto alla funzione di presidio chiamato a fornire cure mediche in regime di degenza nella fase dell'emergenza sanitaria quando occorre cioè una assistenza continuativa medica e infermieristica, la consulenza di specialisti di branche il cui ventaglio non può essere predeterminato, e l'uso intensivo (cioè non sporadico) delle strutture diagnostiche con particolare riguardo per quelle più sofisticate.

Un ospedale siffatto richiede che siano risolti razionalmente i rapporti con il territorio e che la strutturazione delle funzioni di accettazione sanitaria e di urgenza segua criteri finalizzati con quello scopo.

Le richieste di ricovero alle quali non corrisponda un emergenza sanitaria devono poter trovare risposte adeguate senza degenza nel rispetto degli interessi dei malati e con tutte le garanzie per i medici ospedalieri di fronte agli obblighi di legge: il che significa ridistribuire le responsabilità assistenziali e trovare pronto il terreno sul piano dei presidi territoriali.

Ridefinito in tal modo il problema dell'accesso all'ospedale il modello funzionale propone altri due momenti assistenziali del sistema ospedaliero per il paziente che abbia superato il momento dell'emergenza sanitaria e che abbia ancora necessità assistenziali per le quali l'area delle funzioni di base e in tutto o in parte inadeguata.

Un primo momento e quello dell'ospedalizzazione diurna. La struttura che se ne deve fare carico è sempre quella ospedaliera: l'espressione «day-hospital» non indica pertanto una struttura a sé, ma una funzione della struttura complessiva. In altri termini il paziente In cura presso il day-hospital è omologabile ai fini amministrativi ed anche medico-legali al paziente ricoverato. In altri termini ancora il paziente che si rivolga all'ospedale può avere due risposte «ospedaliere»: il ricovero in reparto di degenza, l'assistenza in regime di ospedalizzazione diurna; e il paziente che passa dal regime di ricovero all'ospedalizzazione diurna non viene «dimesso» dall'ospedale, ma cambia il tipo di residenza ospedaliera.

L'ospedalizzazione diurna ha come presupposto la capacità di autosufficienza del paziente. Quando questa manchi, il modello funzionale evidenzia il momento dell'ospedalizzazione in un'altra struttura paraospedaliera (chiamata per brevità «paraospedale»), dove possa essere prestata anche un'assistenza continuativa per mezzo di personale infermieristico ed ausiliario, per il tempo necessario prima del reintegro del paziente nel suo domicilio.

L'ospedale mantiene legami con il paraospedale, sebbene non diretti che con il day-hospital. Tali legami consistono nelle consulenze periodiche da parte dei suoi specialisti, nell'accesso del paziente all'ospedale quando occorrano prestazioni diagnostico-terapeutiche complesse, e naturalmente nel ripristino del ricovero al ripresentarsi dell'emergenza sanitaria.

La responsabilità sanitaria del paraospedale compete al medico coordinatore del distretto, mentre la responsabilità assistenziale viene ripartita con il medico di famiglia.

A parte queste riformulazioni dei circuiti assistenziali, il modello funzionale affronta altri due nodi.

Il primo è quello del dimensionamento della rete e della sua distribuzione territoriale in rapporto alla necessità di fare passi verso l'obiettivo ottimale di dotare ogni ULSS di un sistema ospedaliero nel quale il presidio ospedaliero vero e proprio sia unico, con l'eccezione del capoluogo regionale.

Il secondo nodo consiste nella riorganizzazione interna del sistema ospedaliero, e in particolare nella sua ristrutturazione sulla base di aree operative e funzionali, da ricondurre dentro un quadro dipartimentale. Il modello funzionale presuppone che questa nuova struttura sostituisce integralmente quelle derivante dall'ordinamento del 1968.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 23.2 si articola nei paragrafi seguenti:

- l'ospedale di degenza per l'emergenza sanitaria (23.21);

- i rapporti con il territorio. L'accettazione sanitaria e il pronto soccorso (23.22);

- il day-hospital (23.23);

- il paraospedale (23.24);

- l'ordinamento dell'ospedale (23.25);

- la rete ospedaliera regionale (23.26).

 

 

23.21 L'ospedale di degenza per l'emergenza sanitaria.

Nel modello funzionale del S.S.R. l'ospedale è un presidio per la cura di malati che attraversano una fase di emergenza sanitaria, per la quale è necessario provvedere ad un'assistenza pressoché continuativa da parte di personale medico, infermieristico ed ausiliario.

Questa fase si caratterizza altresì per la necessità di ricorrere frequentemente a controlli diagnostico strumentali, e di avvalersi di consulenze specialistiche a largo ventaglio di branche, nonché di terapie riabilitative.

Infine è tipica di questa fase la necessità di terapie farmacologiche i cui effetti vanno tenuti sotto osservazione per valutarne l'efficacia e per prevenire l'insorgenza di effetti collaterali indesiderati.

La realizzazione di questo modello funzionale presuppone un radicale cambio di atteggiamento verso l'ospedale, per passare dall'obiettivo della quantità all'obiettivo della qualità. Ciò comporta altre conseguenze.

La prima è che non vi è prospettiva per ospedali che non siano in grado di far fronte anche ai bisogni dell'assistenza ospedaliera in forme alternative al ricovero, quando sia conclusa l'emergenza sanitaria. Ogni ospedale che voglia rimanere nella rete regionale deve pertanto attrezzarsi sul piano dei rapporti con le strutture dell'assistenza di base, deve dotarsi di un day-hospital, e deve potersi appoggiare su strutture di degenza paraospedaliera.

La seconda conseguenza è che non vi è prospettiva neppure per ospedali che non sappiano far fronte ai bisogni dell'emergenza sanitaria: l'esistenza di siffatti ospedali discrimina infatti la popolazione che è costretta a servirsene, rispetto a quella che dispone di ospedali più efficienti: il che è inammissibile. D'altra parte, in presenza di vincoli all'espansione delle risorse finanziarie, affermare il diritto alla parità dei livelli di efficienza ospedaliera comporta che il numero degli ospedali debba essere contenuto entro limiti definiti secondo criteri di analisi del rapporto costi-benefici.

La terza conseguenza è che la rete ospedaliera va qualificata in tutti i suoi livelli per far fronte all'emergenza sanitaria. Ciò vale per la fascia di bisogni cui occorre far fronte in termini di alta specializzazione, ma anche per l'ospedale «normale» si pongono costanti problemi di adeguamento della qualità delle prestazioni.

Ciò ripropone la questione dei limiti al decentramento della funzione ospedaliera, ma porta alla ribalta anche una quarta conseguenza.

È probabilmente destinata a chiudersi l'epoca in cui la rete ospedaliera si appoggiava alla base su ospedali tipologicamente tutti uguali tra loro. Una siffatta soluzione organizzativa presupporrebbe che tutti gli operatori degli ospedali, e in particolare tutti i medici, sappiano offrire le stesse prestazioni, ovviamente nell'ambito della propria branca (la medicina, la chirurgia, l'ostetricia, la pediatria, la radiologia e altro).

Questo presupposto confligge con quello della qualificazione, essendo poco probabile che laddove le conoscenze siano collegate anche all'esperienza lavorativa, tutti abbiano la possibilità di acquisire le stesse esperienze. Ciò può suggerire che all'interno di una rete che deve garantire risposte omogenee, vengano identificati alcuni punti dove vi è maggiore esperienza per alcune particolari risposte: tale identificazione è legata esclusivamente a differenziazioni tra gli operatori e non comporta alcuna conseguenza sul piano della struttura organizzativa.

 

23.22 I rapporti con il territorio. L'accettazione sanitaria e il pronto soccorso.

Il modello funzionale del S.S.R. colloca all'interno della funzione ospedaliera, ma con un'evidenza a sé, la questione dei rapporti con il territorio relativamente alla selezione della domanda di accesso e alle risposte che ne conseguono.

Questa funzione comporta che venga valutata in sede di accettazione ospedaliera innanzitutto la necessità del ricovero, sulla base del criterio dell'emergenza sanitaria. Qualora non se ne riscontri la necessità, e si possa procedere alla dimissione senza ulteriore provvedimento, la relazione clinica circostanziata dei sanitari dell'ospedale, corredata se del caso con i risultati degli accertamenti compiuti, deve avere valore liberatorio nei confronti di qualsiasi responsabilità personale penalmente rilevabile a carico dei sanitari ospedalieri.

Al di là di questo caso, il modello funzionale prevede un ulteriore gradino di valutazione della congruità della richiesta, che può concludersi con la decisione di rimissione «protetta» e di passaggio all'assistenza sotto forma di ospedale diurno quando si verifichino le indicazioni per l'assegnazione del malato a tale presidio.

Qualora la richiesta di ricovero sia ritenuta congrua ma ne possa essere differita l'evasione, il servizio sanitario di accettazione ospedaliera deve provvedere all'esecuzione degli accertamenti diagnostici e ad altri interventi preparativi secondo indicazioni di opportunità specifiche per i singoli casi.

Se il ricovero deve essere disposto immediatamente, il servizio di accettazione sanitaria deve tenere in carico il malato fino alla definizione della diagnosi di entrata, sulla base della relazione clinica del medico proponente e dell'esito degli accertamenti predisposti, nonché con il concorso e la consulenza degli specialisti chiamati ad esaminare il caso. La responsabilità dell'assegnazione all'unità di cura spetta al servizio sanitario di accettazione ospedaliera, che può anche adottare il provvedimento in via provvisoria.

Questa procedura v iene ovviamente accorciata e semplificata nei casi di urgenza.

Un siffatto servizio «sanitario» di accettazione ospedaliera implica la ristrutturazione delle funzioni di pronto soccorso. Il modello funzionale assegna a questo servizio non solo il compito di far fronte direttamente all'assistenza sanitaria, ma anche quello di valutare gli ulteriori fabbisogni assistenziali, in rapporto alla particolarità del caso in esame. A questo punto il pronto soccorso si lega direttamente all'accettazione sanitaria da un lato e dall'altro alle unità operative dell'ospedale.

Il pronto soccorso, pertanto, è di norma un servizio interdivisionale, affidato cioè secondo normali criteri di rotazione di rotazione al personale medico ed infermieristico addetto alle aree di degenza, sotto la responsabilità organizzativa e funzionale del medico che dirige il servizio di accettazione sanitaria.

 

 

23.23 Il day hospital.

Il modello funzionale del S.S.R. considera il day-hospital come uno strumento di qualificazione dell'assistenza ospedaliera, ossia come forma di assistenza più appropriata per i soggetti che necessitano di cure specialistiche continuative sotto forma di consolidamento di terapie iniziate in regime di degenza ospedaliera o anche senza tale passaggio ma previa valutazione e decisione assunta al momento dell'esame della richiesta di ricovero presso il servizio sanitario di accettazione ospedaliera.

Dal punto di vista amministrativo l'assistenza in regime di day-hospital è del tutto omologabile a quella in regime di degenza. Ciò vale per l'esecuzione degli accertamenti legati al monitoraggio delle terapie, nonché per la somministrazione di farmaci, per l'esecuzione di cure radianti e per interventi di chirurgia minore, etc.

L'omologazione del day-hospital all'ospedale come tale vale anche sotto il profilo della responsabilità, la quale rimane in capo all'équipe ospedaliera che provvede a determinare gli indirizzi terapeutici e a controllarne l'esecuzione.

L'indicazione del passaggio in cura al day-hospital non costituisce dunque un'interruzione di cure neppure sul piano formale. Essa è il frutto di una valutazione di opportunità, rimessa alla discrezionalità del medico che è chiamato ad operare secondo scienza e coscienza.

Nella valutazione di opportunità rientrano anche questioni di analisi costi-benefici, che hanno come presupposto assoluto il fatto che sia venuta a cessare l'emergenza sanitaria così come definita nel paragrafo specifico.

Essendo questo il ruolo del day-hospital, ne deriva che la sua collocazione è interna al presidio ospedaliero, dove si configura come una delle attività ambulatoriali dello stesso. Il modello funzionale individua infatti nel day-hospital il fattore specifico che differenzia, nel complesso della rete poliambulatoriale, l'ambulatorio collocato dentro il presidio ospedaliero da quello extraospedaliero.

 

23.24 Il paraospedale.

Nel modello funzionale del S.S.R. il paraospedale provvede al consolidamento della fase di emergenza sanitaria relativamente a fabbisogni di tipo infermieristico ed ausiliario con la sovraintendenza di un medico il quale garantisce la somministrazione delle terapie prescritte dalle equipes specialistiche ospedaliere, è responsabile dell'andamento generale del presidio e si occupa delle cure per bisogni assistenziali generici.

Il paraospedale di norma è decentrato all'interno dell'ULSS, sia per mantenere un rapporto fisico con l'area di residenza dei suoi utenti, sia per non superare limiti di dimensionamento di 20/30 posti-letto oltre i quali si verificherebbe un affollamento non adatto ai compiti che esso deve svolgere.

Il paraospedale è collegato celermente con l'ospedale per far fronte a bisogni acuti di assistenza intensiva, nonché per l'esecuzione dei monitoraggi diagnostico-strumentali predisposti a qualunque titolo, non effettuabili in loco.

I fabbisogni di consulenza specialistica sono assicurati dalle strutture dell'ULSS, ospedaliere ed extraospedaliere, attraverso la mobilità dei medici dipendenti e di quelli convenzionati.

Il personale fisso adibito al paraospedale è di tipo infermieristico ed ausiliario, con disponibilità di terapisti della riabilitazione e di altri operatori a professionalità socio-sanitaria. Alla direzione «sanitaria» provvede il medico di comunità di quell'ambito territoriale, con compiti di carattere prettamente organizzativo, fermo restando che l'assistenza diretta del malato deve essere assicurata dal medico di famiglia.

Per quanto concerne i servizi generali (mensa, guardaroba, etc.) debbono provvedere di norma i corrispondenti servizi ospedalieri. Quando ciò non sia possibile o conveniente, va preso in considerazione il ricorso al convenzionamento con cooperative di servizi, o ad altre risorse locali anche del volontariato.

Le indicazioni per il ricovero in paraospedale sono socio-sanitarie, nel senso che ad un accennato e circostanziato fabbisogno di cure deve accompagnarsi l'impossibilità di eseguirle presso il domicilio del malato. Non debbono essere prese in considerazione valutazioni esclusivamente socio-assestenziali del tipo di quelle che indirizzano verso il ricovero degli anziani in istituti per malati cronici.

 

23.25 L'organizzazione dell'ospedale.

L'ordinamento interno dell'ospedale deve essere ridisegnato in rapporto al modello funzionale del S.S.R., intendendosi con ciò che l'ordinamento conseguente alla riforma del 1968 va radicalmente superato utilizzando tutti gli spazi agibili per la legislazione regionale.

Il punto di snodo del nuovo ordinamento va agganciato al D.P.R. n. 761 del 1979 che ha modificato l'attribuzione delle responsabilità dei medici e ha ristrutturato di conseguenza i profili professionali.

L'innovazione consiste nel fatto che la responsabilità della condotta terapeutica, prima riservata al primario, viene ora estesa all'aiuto, sia pure nell'ambito di direttive generali e con la facoltà di avocazione del malato da parte del primario.

Questa nuova collocazione dei ruoli rende necessaria la ristrutturazione dell'ospedale per aree di responsabilità operata affidate ad unità che fanno capo, appunto, ai medici cui è attribuita la responsabilità diagnostico-terapeutica. Tali unità sono aggregate secondo criteri di affinità od equipollenza di branca per dar luogo ad unità organiche su cui viene esercitata la funzione di indirizzo e direttiva del primario.

Ai fabbisogni di coordinamento assistenziale (scambio di prestazioni a fini di consulenze, organizzazione del lavoro in rapporto alla disponibilità delle dotazioni, ed altro) e agli obiettivi di carattere non assistenziale (aggiornamento tecnico-professionale degli operatori, didattica, ricerca) si provvede con la struttura dipartimentale nei modi indicati all'apposito capitolo.

Quanto sopra indica l'abolizione delle divisioni e sezioni e soprattutto, al di là dei termini, l'abolizione di ogni implicazione strutturale nella ripartizione interna dell'ospedale: i posti-letto devono essere utilizzati in base alla loro effettiva disponibilità e senza barriere di reparto; il personale infermieristico e socio-assistenziale è assegnato alle attività di assistenza in base all'occupazione reale dei posti-letto; il personale medico appartenente alla posizione funzionale iniziale (assistenti) viene impiegato secondo i criteri di rotazione configuranti nel D.P.R. n. 761 del 1979.

Al posto della vecchia ripartizione in divisioni, il modello funzionale sostituisce il dipartimento.

Di norma ogni ospedale si compone di un solo dipartimento, nel quale confluiscono anche particolari servizi territoriali. Con l'acquisizione di livelli superiori di complessità, il modello funzionale prevede che l'ospedale possa articolarsi in più di un dipartimento; in tal caso la norma è che si costituiscano tre dipartimenti (per la medicina interna, per la chirurgia e per l'assistenza materno-infantile).

Un'articolazione maggiore è prevedibile solo per gli ospedali dove si svolgono funzioni assistenziali specializzate, insieme a funzioni didattiche e di ricerca. In questo caso, l'articolazione nei dipartimenti può rispondere anche a criteri trasversali, per riunire intorno ad obiettivi di patologie di organo o di funzione, aree ospedaliere mediche e chirurgiche.

I servizi diagnostici fanno parte del dipartimento unico. Quando vi siano più dipartimenti, il modello funzionale prevede che i servizi diagnostici facciano dipartimento a se, integrandosi con le analoghe strutture extraospedaliere.

I contenuti e il funzionamento dei dipartimenti sono trattati nell'apposito capitolo.

 

23.26 La rete ospedaliera regionale.

Il modello funzionale del S.S.R. si basa su una rete ospedaliera articolata per ULSS intorno ad un presidio per la cura dell'emergenza sanitaria (ospedale in senso stretto), a sua volta contornato dal sistema paraospedaliero come indicato in questo capitolo.

L'unica eccezione rispetto alla corrispondenza biunivoca tra ospedale e ULSS è costituita dalla città di Perugia, dove il primitivo impianto del Policlinico risulta decentrato rispetto alle direttrici di sviluppo del capoluogo e del suo comprensorio, il che non lo mette più in grado di servire adeguatamente un'area che, sempre per effetto di scelte urbanistiche generali, si è trovata ad essere polo di convergenza anche per territori extracomprensoriali.

La fissazione di un presidio ospedaliero per ogni ULSS rappresenta una mediazione tra una soluzione ottimale (che richiederebbe aggregazioni territoriali più ampie per raggiungere un bacino di utenza accettabile) e la situazione storicamente determinata e caratterizzata da una notevole disseminazione di ospedali che in molti casi sono il risultato delle trasformazioni di originarie infermerie.

Il modello funzionale sopra indicato rappresenta pertanto un obiettivo, e richiede di gestire la transizione mediante interventi coordinati lungo tre direttrici.

Si tratta innanzitutto di bloccare qualsiasi intervento straordinario sulle strutture edilizie, che non sia finalizzato a quell'obiettivo.

Occorre poi pilotare la riconversione delle vecchie infermerie in chiave paraospedaliera, sempre che le attuali strutture siano idonee. Altrimenti la questione va risolta nel quadro delle politiche generali di riconversione dei patrimoni pubblici e di riutilizzo dei beni trasferiti ai Comuni a seguito della soppressione degli enti assistenziali.

Infine si deve provvedere ad integrare su base comprensoriale i servizi di quegli ospedali che debbano ancora essere mantenuti in sedi distinte.

Sullo sfondo di questa strategia, va collocata la programmazione del rinnovo edilizio degli ospedali prospettivamente validi, procedendo con le dovute priorità, che comportano intanto il completamento delle sedi di cui è in corso la costruzione ex-novo.

 

Capitolo 23.3: «Le integrazioni interzonali e multizonali».

23.30 Introduzione.

Le funzioni integrative ad utenza ottimale superiore a quella dell'ULSS costituiscono una fascia nella quale sono riconoscibili due distinte esigenze.

Vi è da un lato l'esigenza di razionalizzare l'uso delle risorse umane e strumentali in alcune branche specialistiche che coprono particolari campi all'interno della medicina e della chirurgia generale: si tratta di branche che si sono gradatamente allontanate dalle discipline-madri, man mano che l'intervento diagnostico-terapeutico è venuto arricchendosi di conoscenze e strumentazioni. Queste branche coprono fabbisogni particolari di degenza ospedaliera, e in qualche misura anche di assistenza specialistica poliambulatoriale. Per esse il modello funzionale del S.S.R. prevede soluzioni per una corretta distribuzione nel territorio regionale, seguendo le normali e naturali tendenze di mobilità della popolazione, che si esprime anche in abitudini a rivolgersi all'uno o all'altro dei centri urbani che sono sede di strutture più complesse. Queste soluzioni rispondono perciò alla logica del riequilibrio delle utenze, e le aree prese in considerazione hanno un carattere puramente indicativo (e transitorio).

Si stacca da questa problematica il concetto di multizonalità, così come è stato riformulato nella legislazione dell'Umbria.

La multizonalità è il carattere che vengono ad assumere le prestazioni di alta specializzazione. Questo termine ha valenze multiple: può essere riferito alla competenza delle persone o al perfezionamento e al grado di sofisticazione delle strumentazioni; più spesso esprime entrambi i concetti, la specializzazione degli operatori essendo non di rado funzionale all'uso di strumentazioni sofisticate.

Ciò premesso, la conseguenza dell'alta specializzazione è la riduzione numerica dell'utenza, o quanto meno dell'utenza accettabile e giustificata. A tale scopo, il modello funzionale evidenzia la necessità di adottare misure che selezionino la fruizione dei servizi mediante procedure preliminari oggettive (protocolli di accesso).s

In termini di tipologia, il modello funzionale distingue tra funzioni multizonali all'interno di presidi normalmente strutturati (e che danno luogo a «servizi multizonali») e funzioni multizonali all'interno di presidi interamente strutturati per tale ruolo. Il presidio multizonale di prevenzione è espressione tipica di questa seconda tipologia.

In termini organizzativi, la particolarità dell'Umbria suggerisce di prevedere di norma un'utenza regionale per ciascun servizio multizonale. Ragioni logistiche possono suggerire di articolare il servizio in non più di due punti di erogazione; in tal caso la scelta deve rispondere a criteri complessivi, che ricomprendono cioè valenze non strettamente assistenziali, ma di carattere storico-geografico (la preesistenza di due province), e scientifico-culturale (la articolazione territoriale dell'Università e in particolare della Facoltà di Medicina). Tutto ciò porta a configurare nei centri di Perugia e di Terni i punti più naturali per l'eventuale articolazione dei servizi multizonali.

Anche quando il servizio multizonale sia articolato come sopra è comunque necessario mantenere l'unità funzionale. A ciò concorre da un lato l'istituzione di raccordi dipartimentali e dall'altro il funzionamento del comitato di coordinamento tra i comitati di gestione previsto dalla legge regionale.

Il Presidio multizonale di prevenzione rappresenta una delle novità più rilevanti della legge 833 sul piano dell'organizzazione dei servizi. Il modello funzionale del S.S.R. individua in esso il pilastro per la prevenzione di secondo livello. In esso trovano integrazione le problematiche dell'ambiente di vita con quelle dell'ambiente idi lavoro.

Il Presidio multizonale di prevenzione mette a disposizione del S.S.R. le prestazioni dei suoi laboratori e dei suoi servizi operativi. Questi ultimi danno supporti tecnici alle ULSS per funzioni localizzate nel loro territorio, che le ULSS non sono chiamate a svolgere o non sono transitoriamente in grado di espletare.

I rapporti tra le ULSS che amministrano funzioni multizonali e ULSS che ne usufruiscono debbono essere regolamentati in modo da allineare tutte le ULSS per quanto concerne il pari diritto di fruizione, senza creare ingorghi e senza disattendere le priorità oggettive. pertanto non deve trattarsi solo di una regolamentazione amministrativa, ma anche dell'uso di strumenti tecnici, quali i protocolli di accesso, che diano una base oggettiva alla programmazione del lavoro e alla determinazione delle priorità.

Un aspetto particolare della problematica multizonale sta nel collegamento funzionale tra il Presidio multizonale di prevenzione e l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale, per utilizzare le strutture operative localizzate in Umbria, come componenti di un mosaico le cui tessere debbono combaciare con precisione.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 23.3 si articola nei seguenti paragrafi:

- i servizi soprazonali per le aree di riequilibrio territoriale delle utenze (23,31);

- servizi multizonali e le loro articolazioni (23.32);

- il Presidio multizonale di prevenzione (23.33);

- i servizi operativi e generali del Presidio multizonale di prevenzione (23.34);

- il funzionamento del Presidio multizonale di prevenzione (23.35);

- i coordinamenti amministrativi e tecnici delle funzioni multizonali (23.36);

- le funzioni multizonali dell'Istituto Zooprofilattico (23.37).

 

 

23.31 Le aree di riequilibrio territoriale delle utenze.

Il modello funzionale del S.S.R. prevede un livello interzonale di articolazione dei servizi che non hanno le caratteristiche di alta specializzazione proprie dei servizi multizonali, ma per i quali la dimensione dell'ULSS non assicura una utenza sufficiente perché siano utilizzati al meglio.

Il livello interzonale risponde quindi esclusivamente alla opportunità di determinare bacini di utenza equilibrati rispetto a presupposti sanitari ed economici, relativamente a servizi nei quali vengono svolte funzioni specialistiche abbastanza correnti, per lo più in regime di degenza ospedaliera.

Esemplificando, trattasi di servizi di oculistica, otoiatria, ginecologia, traumatologia, etc., per quanto concerne le branche chirurgiche; e di cardiologia, dermatologia, fisiopatologia respiratoria, dialisi renale e altro, nelle branche di medicina.

Alle aree di riequilibrio territoriale non corrispondono zonizzazioni precise: l'accesso a questi servizi ospedalieri non è infatti programmabile rigidamente, essendo condizionato da elementi soggettivi quali le preferenze individuali ed altri fattori culturali e comportamentali.

Tuttavia, basandosi sulle correnti tradizionali della mobilità così detta sanitaria, è possibile fissare in sede di programmazione un certo numero di poli di riferimento, che corrispondono ovviamente ai centri urbani dell'Umbria più strutturati come centri di servizi, e con popolazione più numerosa.

Data la fluidità dei limiti territoriali di queste aree, l'onere finanziario della gestione dei servizi non viene estrapolato dai parametri di ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale; le ULSS che provvedono a gestirli recuperano le spese, conteggiandole a carico delle ULSS che usufruiscono delle prestazioni mediante rilevazione della mobilità «sanitaria» interna alla Regione.

 

23.32 I servizi multizonali e le loro articolazioni.

Nel modello funzionale del S.S.R. le funzioni multizonali sono assicurate per mezzo di servizi che si distinguono per l'alta specializzazione, cui corrisponde una utenza estremamente selezionata e filtrata di norma attraverso protocolli di accesso che ne devono garantire il corretto uso per ragioni di opportunità sia sanitaria che economica.

Quanto sopra presuppone bacini di utenza molto ampi, che nel caso dell'Umbria corrispondono di norma all'intero territorio regionale.

I servizi multizonali sono ospedalieri ed extraospedalieri, con riferimento non tanto alla sede quanto alla funzione che e espletata in regime di degenza nel primo caso, e in regime ambulatoriale nel secondo.

I servizi ospedalieri provvedono a prestazioni mediche o chirurgiche nel contesto dell'attività del presidio che li ospita, usufruendo di tutte le dotazioni di cui il presidio stesso (non necessariamente multizonale) e in possesso per la propria attività ordinaria.

I servizi extraospedalieri provvedono a prestazioni diagnostiche mediante l'uso di strumentazioni ad elevato contenuto tecnologico; di norma essi sono collocati in una sede ospedaliera.

I criteri per la classificazione multizonale si basano sull'individuazione di branche di specialità chirurgica che richiedono impianti speciali, e di branche di specialità medica che sono oggetto di intensa attività di ricerca scientifica e tecnologica, le cui ricadute sui servizi richiedono programmi di sperimentazione clinica.

I servizi multizonali non costituiscono, neppure sotto il profilo tecnico, una gestione separata dagli altri servizi dell'ULSS, ma si integrano nel complesso delle funzioni locali.

Un servizio multizonale può richiedere una articolazione nel territorio regionale, per facilitare l'accesso dell'utenza. Nella realtà umbra, si può prevedere in casi particolari un solo sdoppiamento. In questi casi, l'unitarietà deve essere recuperata sotto il profilo organizzativo e scientifico, ricorrendo a strutture dipartimentali regionali.

Un caso a sé è quello delle strutture operative della Facoltà di Medicina, che non costituiscono di per sé servizi multizonali (salvo che non ne abbiano le caratteristiche prima esposte). Trattandosi però di strutture anche didattiche, il bacino di utenza non è confinabile nell'ambito dell'ULSS, tenuto conto del fatto, peraltro, che il loro finanziamento è garantito al di fuori dei parametri di riparto del F.S.R.

Particolari funzioni multizonali, che fanno capo al Presidio multizonale di prevenzione e all'Istituto zooprofilattico sperimentale, vengono trattati nei paragrafi specifici.

 

23.33 Il Presidio multizonale di prevenzione.

Il Presidio multizonale di prevenzione è la struttura fondamentale di supporto specialistico per la tutela sanitaria dell'ambiente di vita e di lavoro.

Il modello funzionale del S.S.R. gli assegna compiti di rilevazione basati su prestazioni di laboratorio e su attività di controllo sull'ambiente.

Le prime si articolano secondo criteri di specializzazione e criteri di funzionamento, rispettivamente in laboratori e dipartimenti.

Premesso che tutti i laboratori operano su substrati biologici ed ambientali, il modello funzionale prevede laboratori distinti per le specializzazioni biomediche, chimico-tossicologiche e fisico-impiantistiche.

Il laboratorio biomedico è orientato soprattutto verso ricerche microbiologiche ed immunologiche, con riferimento non solo all'epidemiologia delle malattie infettive e diffusive; il laboratorio chimico-tossicologico effettua ricerche sulle alterazioni dei parametri umani ed ambientali che sono indicatori dello stato dell'equilibrio bio-ecologico, o che esprimono esposizione a fattori di nocività per l'organismo umano; il laboratorio fisico-impiantistico valuta l'equilibrio uomo ambiente ricercando l'alterazione dei valori-soglia dei fattori ambientali fisici, l'andamento dei livelli di esposizione (professionale e non) alle energie radianti, l'esposizione a rischi connessi con l'uso di macchine e impianti inseriti in cicli produttivi.

I laboratori si articolano in sezioni, in rapporto alle metodologie di rilevazione e agli strumenti che vengono adoperati.

Alla articolazione in laboratori, che rispecchia differenze di competenza professionale, si accompagna l'articolazione in dipartimenti. I dipartimenti riaggregano i laboratori e le loro sezioni per obiettivi.

Il modello funzionale prevede 4 dipartimenti, rispettivamente per la profilassi delle malattie infettive e diffusive, per la tutela degli alimenti e bevande, per la tutela ambientale, per la tutela dell'ambiente di lavoro e la sicurezza degli impianti.

Il modello funzionale prevede che un laboratorio possa essere collocato in più sedi territoriali, ed indica per la realtà umbra un massimo di due articolazioni. Invece ogni dipartimento è unico per tutto l'ambito regionale.

 

23.34 I servizi operativi e generali del presidio multizonale di prevenzione.

Il modello funzionale del S.S.R. prevede che nel Presidio multizonale di prevenzione siano attivati servizi tecnici operativi e servizi tecnici generali.

I servizi operativi sono chiamati a svolgere alcune funzioni di secondo livello, ad integrazione dei servizi operativi per la tutela dell'ambiente che sono previsti in tutte le ULSS.

I servizi operativi svolgono attività di controllo sull'ambiente di vita e di lavoro, provvedendo alla rilevazione e alla correzione dei fattori di nocività. Di norma queste attività comportano l'uso di attrezzature o strumentazioni complesse, e conoscenze specialistiche per interpretarne i risultati.

I servizi operativi del Presidio si occupano elettivamente di bonifica ambientale, con particolare riguardo a campagne di bonifica, al trattamento di situazioni localizzate ma di interesse regionale, o anche a situazioni locali ad elevato rischio di infezione; si occupano di rilevazione in loco degli inquinanti chimici e fisici (comprese le radiazioni ionizzanti); si occupano infine di collaudi e verifiche su impianti ed apparecchiature industriali.

Oltre a ciò, i servizi operativi possono essere chiamati a svolgere attività non multizonali, integrando le ULSS che non siano in grado provvisoriamente di garantire i servizi di loro spettanza.

Anche i servizi operativi sono decentrati con i criteri dei laboratori, ed entrano a far parte dei dipartimenti. La loro attivazione avviene con le stesse modalità dell'attivazione dei laboratori.

Il Presidio multizonale di prevenzione dispone infine di servizi tecnici generali (lo stabulario e soprattutto la biblioteca-archivio a orientamento epidemiologico e pertanto collegata con le analoghe dotazioni dell'Osservatorio epidemiologico regionale).

 

23.35 Il funzionamento del Presidio multizonale di prevenzione.

Il Presidio multizonale di prevenzione è a disposizione di tutte le ULSS, alle quali garantisce analoghe possibilità di fruizione.

Quando non sia determinato con misure programmatiche adottate in sede di coordinamento tecnico ed amministrativo, l'accesso alle prestazioni dei laboratori e dei servizi operativi del Presidio avviene esclusivamente attraverso gli Uffici di direzione delle ULSS nel cui territorio nasce l'esigenza dell'intervento.

Di norma il Presidio non si attiva per proprio conto; quando lo fa esso si coordina con l'Ufficio di direzione dell'ULSS territorialmente competente; egualmente dicasi quando il Presidio viene attivato dalla Regione o da altri organismi pubblici investiti di responsabilità nella tutela dell'ambiente.

I risultati delle rilevazioni sono comunicati agli Uffici di direzione delle ULSS territorialmente competenti anche quando non siano questi ultimi ad attivare il Presidio.

Il Presidio multizonale di prevenzione costituisce dal punto di vista funzionale l'espressione locale dell'Istituto superiore per la sanità e di quello per la prevenzione e sicurezza del lavoro; in tale veste il Presidio collabora alle attività epidemiologiche nazionali, ed esegue le rilevazioni e gli interventi che gli siano demandati.

 

23.36 I coordinamenti amministrativi e tecnici delle funzioni multizonali.

Il modello funzionale del S.S.R. inserisce nell'attività dei presidi e servizi multizonali due momenti di coordinamento, rispettivamente in sede politico-amministrativa e in sede tecnica (quest'ultima relativamente al Presidio multizonale di prevenzione).

Il coordinamento politico-amministrativo è garantito attraverso il comitato appositamente previsto dalla legge regionale, formato da un componente per ciascun comitato di gestione delle ULSS.

Il comitato ha funzioni di ausilio, consulenza e proposta nei confronti delle ULSS che gestiscono il Presidio.

All'uopo esso esamina l'andamento generale del servizio, determina l'ammontare del finanziamento da conteggiare tra le quote del F.S.R. a destinazione vincolata, valuta la corrispondenza tra l'attività da svolgere e le dotazioni, sia di personale che di attrezzature.

Oltre a ciò il comitato approva il regolamento di fruizione delle prestazioni a carattere multizonale, fissando le priorità degli interventi programmabili e i criteri per il soddisfacimento delle urgenze. Tali regolamenti, che si fondano anche su direttive di massima della Regione, vengono comunicati alle ULSS amministrativamente competenti che li adottano in conformità.

Il comitato di coordinamento approva ogni anno la relazione sulle attività multizonali, dandone comunicazione diretta anche alla Regione.

Al coordinamento tecnico provvedono i direttori di laboratorio e i responsabili dei servizi operativi costituiti in sede di Consiglio tecnico. L'attività di coordinamento consiste in intese per la ripartizione dei compiti nei casi in cui vi sia incertezza di attribuzione, per la assegnazione di particolari mansioni che non sia opportuno suddividere all'interno della struttura, per la programmazione dei fabbisogni di personale e di attrezzature, e per ogni altra questione che richieda omogeneità di valutazione all'interno del Presidio.

Il Consiglio tecnico approva inoltre i protocolli di accesso alle prestazioni del Presidio, che sono lo strumento fondamentale per la programmazione del lavoro, con particolare riguardo alla ripartizione dei compiti tra i servizi delle ULSS e quelli multizonali, e a quant'altro occorra per un ordinato svolgimento delle rilevazioni sotto il profilo del merito.

I protocolli di accesso, approvati dal Consiglio tecnico del Presidio multizonale, sono inclusi nel regolamento dei servizi multizonali e vengono adottati in conformità dalle ULSS amministrativamente competenti.

 

23.37 Le funzioni multizonali dell'Istituto zooprofilattico sperimentale.

Ferme restando le competenze e le funzioni previste dalla L.R. 69/1978 e dall'art. 16 della L.R. 19/1982, l'Istituto zooprofilattico sperimentale per l'Umbria e le Marche, al sensi dell'art. 18 della L.R. 45/1982, partecipa al sistema dei presidi e servizi multizonali per mezzo dei suoi laboratori aventi sede in Umbria attraverso l'attività di assistenza tecnica agli allevatori, e mettendo a disposizione del S.S.R. le sue strutture di ricerca scientifica e quelle per la produzione dei sieri e vaccini.

Nella distribuzione dei compiti tra i vari servizi multizonali, spetta all'Istituto zooprofilattico provvedere alle funzioni relative alla tutela igienica degli alimenti di origine animale. A tal fine, i laboratori dell'Istituto zooprofilattico sperimentale si integrano con il Presidio multizonale di prevenzione, insieme al quale costituiscono l'apposito dipartimento per le funzioni relative alla tutela igienica degli alimenti. Inoltre l'Istituto partecipa alle attività di vigilanza sull'ambiente rurale.

I responsabili degli organi politico-amministrativi e tecnici dell'Istituto zooprofilattico partecipano alle attività di coordinamento indicate nell'apposito paragrafo, secondo le modalità previste dalla legge regionale. A tale uopo essi si integrano nel Comitato di coordinamento e nel Consiglio tecnico.

Per la fruizione dei servizi e per l'accesso alle prestazioni dell'Istituto valgono gli stessi criteri fissati per il Presidio multizonale di prevenzione.

 

Sottosezione 24. L'integrazione socio-sanitaria

 

24.1 L'integrazione delle problematiche minorili e familiari

24.2 L'integrazione delle problematiche degli anziani

24.3 L'integrazione delle problematiche delle fasce marginali

24.4 Problematiche particolari per l'assistenza domiciliare

 

Capitolo 24.1: «l'integrazione delle problematiche minorili e familiari».

24.10 Introduzione.

Nell'ambito delle attività di prevenzione sociale, gli interventi socio-assestenziali in direzione dei minori hanno rilievo particolare come momento fondamentale per una politica verso l'infanzia che si ponga obiettivi complessivi di civiltà.

Il modello funzionale del S.S.R. vuol farsi carico di questo problema relativamente ad alcuni aspetti che compaiono tra le priorità della legge regionale n. 29 (integrativa - come ripetutamente affermato - della L.R. n. 65). Un primo aspetto è quello della tutela del minore, legata alle funzioni amministrative trasferite ai Comuni con l'art. 23 del D.P.R. n. 616 del 1977. Si tratta di funzioni che hanno come interlocutori il tribunale per i minorenni nella sua competenza amministrativa e civile, e il giudice tutelare. Esse concernono le situazioni di abbandono, da intendersi in senso lato, e comprendono tutte le premesse occorrenti per l'adozione dei provvedimenti, ivi compresa la ricerca sociale e la valutazione dell'efficacia delle varie tipologie di intervento.

Un aspetto particolare di questa problematica è la promozione dell'affidamento familiare, vista anche come prevenzione del bisogno di assistenza in istituto.

Questa funzione va esercitata d'intesa con le Province, anche per la vigilanza sull'andamento dell'integrazione familiare.

A maggior ragione vanno posti obiettivi di vigilanza sulla permanenza dei minori in istituto, anche per limitare questa eventualità al tempo strettamente necessario.

Al coordinamento di queste attività provvede, secondo l'indicazione della legge regionale, un apposito Ufficio di protezione dei minori.

A contatto con le problematiche minorili stanno quelle familiari che fanno oggetto sia della L.R. 69 che della legge 405 concernente l'istituzione dei consultori familiari.

Il modello funzionale del S.S.R. colloca i consultori all'interno di una logica di decentramento, che deve tendere a portare in ogni distretto l'attività consultoriale destinata alla generalità della popolazione sulle problematiche della sessualità, delle contraccezione, della procreazione responsabile, della educazione sessuale, della tutela materno infantile, del climaterio e della prevenzione dei tumori femminili. Tale attività riguarda le problematiche affrontate dalla legge 405 e, successivamente, riprese dalla L.R. n. 54/1977 e dalla L.R. n. 29/1982. I contenuti degli artt. 3 e 4 della legge regionale 54 rimangono il punto di riferimento per assicurare in maniera più coordinata le prestazioni, ai fini della prevenzione e della procreazione responsabile e per stimolare la partecipazione. L'integrale applicazione degli artt. 8 e 11 della legge 29 sarà garanzia per la salvaguardia dei principi che devono guidare l'assistenza materno infantile nel territorio e nei presidi ospedalieri.

Il consultorio, inteso come parte integrante e funzionalmente collegato al dipartimento materno infantile, è il punto di riferimento per l'eventuale accesso alle strutture specialistiche presenti nella ULSS di riferimento, in altre ULSS o fuori della Regione. Pertanto le attività specialistiche, quali la consulenza per problemi genetici, per problemi di sterilità, per il controllo di gravidanze considerate «ad alto rischio» o per altri problemi che attengano alla patologia, non riguardano il servizio consultoriale, ma sono di competenza delle aree integrative.

L'evoluzione subita dal consultorio familiare dopo la sua iniziale separatezza mette in primo piano alcune questioni concernenti l'utilizzo del personale socio-sanitario, sotto il profilo dell'integrazione dell'attività consultoriale nel complesso delle funzioni dell'ULSS, e del modo come questa integrazione rimbalza sull'utilizzazione degli operatori.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 24.1 si articola nei seguenti paragrafi:

- la prevenzione e la tutela per i minori in stato di abbandono (24.11);

- interventi di supporto per l'affidamento familiare (24.12);

- interventi verso le istituzioni assistenziali (24.13);

- l'Ufficio per la protezione dei minori (24.14);

- la consulenza familiare nel distretto di base (24.15);

- il secondo livello della consulenza familiare (24.16);

- gli operatori dei consultori (24.17).

 

 

24.11 La prevenzione e la tutela per i minori in stato di abbandono.

Il modello funzionale del S.S.R. porta all'attenzione delle ULSS la tutela sociale dei minori in stato di abbandono, che compete ai Comuni a seguito del trasferimento operato dal D.P.R. n. 616 del 1977. Si tratta di funzioni che si svolgono nell'ambito delle attività del tribunale dei minorenni in sede amministrativa e civile, e che prima del 1977 appartenevano alla competenza del Ministero di Grazia e Giustizia.

Il passaggio delle competenze fu oggetto di una accesa rivendicazione basata sul presupposto che solo il sistema delle autonomie locali può offrire l'arco delle prestazioni occorrenti per salvaguardare le posizioni e soprattutto le prospettive di questa fascia «debole» della società: una fascia che è portatrice di bisogni individuali estremamente diversificati, tali da richiedere soluzioni e risposte personalizzate.

Il bilancio di questi anni indica la necessità di un impegno a vari livelli (comuni, province, ULSS) per consolidare l'intervento sociale attraverso il rinnovamento delle prassi amministrative, nonché attraverso collegamenti più organici con il Tribunale per i minorenni. Si tratta infatti di gestire senza soluzioni di continuità le «ricadute» assistenziali dell'attività di quest'ultimo. Si tratta inoltre di attivare uno scambio di segnalazioni ed informazioni nei due sensi, anche per concordare quali provvedimenti e quali interventi adottare nei singoli casi.

Per quanto concerne la risposta dell'ULSS in termini di servizi sociali, il modello funzionale non prevede iniziative specifiche ma indica la necessità di sviluppare le dotazioni della collettività, privilegiando quelle che consentano o recuperino un rapporto integrato con le comunità di appartenenza, e coordinando intorno a questo obiettivo le azioni svolte in direzione delle famiglie, del volontariato e degli organismi di supporto e aiuto sociale.

 

 

24.12 Interventi di supporto per l'affidamento familiare.

A fondamento degli interventi di supporto per l'affidamento familiare (e in particolare etero-familiare) sta un giudizio estremamente favorevole sulla legislazione italiana in materia. si tratta di una legislazione molto avanzata che consente, se applicata con impegno, il raggiungimento di risultati anche decisivi nella protezione del minore, nella riduzione del ricorso ad istituti assistenziali e nella prevenzione del disadattamento minorile.

Il modello funzionale del S.S.R. punta a potenziare la presenza dell'iniziativa locale a supporto dell'affidamento.

Inoltre, considerate le residue competenze delle Province nel campo dell'infanzia in stato di abbandono, ne deriva la necessità di un raccordo con le ULSS per trovare forme di integrazione anche amministrativa tra i due livelli, così da inserire le attività assistenziali della Provincia in un quadro coordinato di azione per la promozione delle condizioni di vita dell'infanzia marginalizzata.

 

24.13 Le politiche verso le istituzioni assistenziali.

La consistenza degli Istituti assistenziali per l'infanzia e i minori dell'Umbria, quanto mai ridotta rispetto ad altre Regioni se da un lato testimonia l'impegno sostenuto dalla collettività umbra per diminuire l'incidenza del ricovero considerandolo come fenomeno di patologia sociale, dall'altro induce a non

sottovalutare il problema: infatti, aggiungendo agli istituti assistenziali strettamente intesi quelli a carattere educativo e riabilitativo, si raggiunge un numero non insignificante di istituzioni e di ospiti.

Il modello funzionale colloca l'istituto educativo-assistenziale (come anche quello di riabilitazione e recupero) come risorsa locale per prestazioni da erogare in forma residenziale o semiresidenziale. Esso opera in collegamento con i servizi socio-sanitari del territorio, in quanto fa parte a tutti gli effetti della comunità locale.

Quanto sopra premesso, vengono affidati agli istituti soggetti di norma in età da 0 a 18 anni, o contemporaneamente minori e ultradiciottenni che si trovino in particolari condizioni di bisogno di assistenza e tutela.

Tali condizioni riguardano:

1) situazioni eccezionali, tali da rendere necessario per un periodo limitato nel tempo l'allontanamento del soggetto interessato dal proprio ambiente familiare e di vita in quanto gravemente pregiudizievole per la integrità e lo sviluppo psicofisico del minore, o per decadimento della potestà genitoriale, affidamento della tutela del minore a terzi, dichiarazione dello stato di adottabilità, allontanamento del soggetto dai genitori disposto dal Tribunale per i minorenni;

2) situazioni che evidenzino la necessità di una integrazione della struttura familiare, per minorazioni psico-fisiche, ospedalizzazione, espatrio, detenzione, decesso di uno o ambedue le figure genitoriali, prolungata attività lavorativa dei genitori che ne condiziona la disponibilità nei confronti dei figli e mal si concilia con le esigenze di costoro, particolarmente nell'età infantile e dell'adolescenza.

Vanno aggiunti la difficoltà di raggiungere la sede scolastica e la carenza dei necessari servizi di trasporto, la presenza di grave disagio economico legato a situazioni di disoccupazione o sottoccupazione dei genitori, la disgregazione del nucleo familiare e l'assenza di figure parentali sostitutive.

L'istituto opera pertanto in situazioni eccezionali tali da rendere necessario un temporaneo allontanamento del minore dal proprio ambito socio-familiare, nonché per finalità di integrazione familiare in situazioni che evidenzino problemi minorili di ordine scolastico, sanitario, professionale, di avviamento

al lavoro. Nei confronti di questi bisogni, l'istituto è chiamato a dare risposte adeguate ai bisogni diversificati dei minori ospiti, svolgendo azione di sostegno alle loro famiglie.

L'affidamento all'istituto si attua soltanto nel caso di verificata impraticabilità di altri interventi di promozione sociale e deve avere carattere provvisorio e temporaneo (L. n. 29/1982, art. 3, comma III).

Vanno considerati a parte i minori portatori di handicaps psico-fisici e sensoriali che, collocandosi in una o più delle situazioni anzidette, necessitano contemporaneamente di un intervento educativo assistenziale,

ma anche di prestazioni socio-sanitarie o specialistiche di riabilitazione e recupero in comunità residenziali o semi-residenziali dotate di idonee apparecchiature e dei servizi necessari. Ciò giustifica la presenza sul territorio regionale di centri-servizi di riabilitazione che ospitano minori.

La istituzione che ospita minori deve riprodurre la dimensione fisica dell'ambiente familiare, realizzabile in linea generale solo con gruppi numericamente limitati di ospiti (non più di 20) e deve ridurre al massimo l'ammissione di soggetti non residenti sul territorio regionale o, comunque, in località troppo distanti dalla sede di intervento.

Deve inoltre:

- essere inserita nel contesto circostante per una reciproca azione di promozione sul territorio e soprattutto per l'utilizzazione dei servizi socio-sanitari, scolastici, del tempo libero;

- garantire ai minori, tenuto conto delle esigenze igieniche ed ambientali, uno spazio sufficiente nelle ore diurne e notturne e permettere loro di instaurare rapporti personalizzanti di tipo familiare, nonché di sentire propri gli ambienti in cui vivono, partecipando anche alla scelta dell'arredamento.

Resta inteso che i requisiti sopra indicati debbono esistere anche per quelle istituzioni a carattere privato che non abbiano fatto richiesta di iscrizione al registro regionale di cui all'art. 27 della L. n. 29/1982.

Per quanto concerne il personale, va premesso che la struttura istituzionale deve darsi una impostazione tale da favorire le condizioni necessarie a consentire ad ogni minore ospite l'armonico sviluppo della sua personalità.

Per tali scopi è indispensabile garantire:

- la stabilità del rapporto di lavoro;

- una formazione professionale adeguata che non può prescindere dal possesso del diploma di scuola secondaria superiore;

- la presenza di figure di appoggio all'équipe degli operatori direttamente impegnata nel processo formativo dei minori ospiti, che possono integrarne l'attività: è importante al riguardo la figura del responsabile amministrativo contabile che controlla l'attività economica della comunità.

Fondamentale compito dell'équipe è la tenuta della cartella personale di ciascun ospite.

Va sottolineata l'importanza anche assume la registrazione degli stati di abbandono materiale e morale degli affidati agli istituti (e le eventuali modificazioni della situazione) in relazione all'assolvimento dell'obbligo di segnalazione di tali casi ai servizi socio-assestenziali competenti per territorio, nonché all'ufficio per la protezione del minore ed alla autorità giudiziaria minorile, a norma della legge n. 184/1983.

Uno strumento indispensabile per la realizzazione dell'intervento educativo-assistenziale o di riabilitazione e recupero, in conformità ai fini statutari dell'istituto, è il regolamento. Esso deve indicare:

- caratteri generali, finalità e indirizzo dell'intervento;

- tipologia degli ospiti e numero di posti disponibili;

- organigramma del personale (orario di lavoro, turni, sostituzioni);

- svolgimento dell'attività quotidiana;

- forma di assicurazioni per incidenti o danni subiti o provocati dagli ospiti;

- attività scolastica e parascolastica degli ospiti;

- aggiornamento e riqualificazione degli operatori;

- rette.

Per quanto concerne le garanzie sulle condizioni di vita all'interno delle istituzioni, il modello funzionale prevede una vigilanza che non si esaurisca in accertamenti amministrativi a contenuto burocratico, ma che dia luogo anche a forme di assistenza e consulenza nei confronti dei titolari della gestione e degli operatori, forme peraltro già sperimentate in Umbria.

A monte sta una corretta applicazione delle norme sull'autorizzazione.

Come previsto dall'art. 29 della L. n. 29/1982, va preventivamente autorizzata dal Sindaco territorialmente competente, dopo che ne siano stati verificati i requisiti necessari, la istituzione e la gestione di strutture finalizzate all'assistenza o alla riabilitazione e recupero di minori o anche di minori, nonché di servizi di tipo aperto, sia residenziali che semi-residenziali o ambulatoriali da parte di privati (Enti, ordini religiosi, associazioni regolarmente riconosciute o di atto operanti sul territorio, persone fisiche).

 

24.14 L'Ufficio per la protezione dei minori.

Il modello funzionale del S.S.R. individua nell'ufficio per la protezione dei minori, prefigurato nella legge regionale n. 29 del 1982, lo strumento fondamentale di coordinamento per tutte le problematiche minorili trattate nel presente capitolo.

La legge n. 29 del 1982 affida infatti a tale ufficio compiti di promozione dell'assistenza e cura dei minori in condizioni di bisogno, e di vigilanza sull'assistenza prestata in regime di affidamento o di ricovero in istituzione educativo-assistenziale o presso altre comunità a carattere residenziale; gli affida ancora la segnalazione dei casi per l'intervento del giudice tutelare o del tribunale minorile, nonché l'assistenza e consulenza ai tutori di minori; infine gli affida in linea generale la segnalazione ai servizi socio-assestenziali e alle autorità giudiziarie minorili di quanto possa fare oggetto di intervento anche preventivo in direzione di questa fascia di bisogni.

L'ufficio per la protezione dei minori è innanzitutto un incarico in capo a persone scelte dall'assemblea dell'associazione dei Comuni, secondo criteri indicati dalla legge n. 29 del 1982;

Ma poiché le sue funzioni trovano riscontro in quelle degli uffici e dei servizi dell'ULSS, esso è anche un organismo che opera con l'ausilio delle strutture organiche dell'ULSS.

Ad evitare che nello svolgimento di queste attività prevalgano logiche amministrative e burocratiche, il modello funzionale del S.S.R. prevede che intorno all'ufficio per la protezione dei minori sia costituito un comitato di consulenza che raccolga gli apporti di quanti, esterni alla pubblica amministrazione, sono in grado di contribuire al miglioramento delle condizioni di vita di questa parte delle fasce deboli della popolazione.

 

24.15 La consulenza familiare nel distretto di base.

Il modello funzionale del S.S.R. prevede l'individuazione di funzioni di consulenza familiare nel territorio, distinte da quelle rapportabili all'area integrativa. Ciò risponde alla necessità di adeguare le problematiche della legge 405, istitutiva dei consultori familiari, all'evoluzione istituzionale ed organizzativa conseguente alla riforma sanitaria, senza che il consultorio debba perdere il nucleo fondamentale delle sue caratteristiche originarie.

Nato in una fase in cui il sistema sanitario italiano era caratterizzato dalla molteplicità degli enti gestori, il consultorio si trovò in partenza a farsi carico anche di obiettivi di rinnovamento organizzativo e strutturale. In particolare, l'essersi posto come perno di una battaglia per il rinnovamento dell'intervento socio-sanitario verso la donna e la famiglia fece si che il consultorio venisse configurandosi come struttura tendenzialmente autosufficiente, anche per la mancanza di un modello generale di decentramento territoriale.

Ora che quella fase è stata superata con l'applicazione della legge 833 e l'istituzione dei distretti, il consultorio è divenuto conseguentemente parte di queste strutture di base, pur mantenendo la sua specificità. Un ulteriore passo in avanti lo deve collocare anche come componente del dipartimento materno-infantile, per ricomporre in una unità integrata oltre ai servizi consultoriali anche i servizi ospedalieri di ostetricia e pediatria nonché le strutture specialistiche dell'area integrativa: quanto sopra nell'ambito di una strategia tesa ad ottenere la globalità dell'intervento, il pieno utilizzo di competenze e strutture, ed un più stretto collegamento tra strutture ospedaliere e territorio.

Questo obiettivo si inserisce lungo una linea di sviluppo de consultori che in Umbria ha attraversato due momenti: un primo momento a carattere promozionale e largamente partecipativo, per la realizzazione di un supporto ai bisogni della donna come soggetto attivo dell'intervento sanitario, ed un secondo momento in cui le istituzioni sono entrate in campo con intenti di programmazione del servizio consultoriale, arricchitosi nel frattempo con le problematiche della legge 194 sull'interruzione volontaria della gravidanza.

Si è passati quindi da una fase a rilevante impronta partecipativa alla creazione di una rete territoriale, secondo presupposti peraltro contenuti nelle indicazioni transitorie della legge regionale n. 54/1977 e precisati successivamente nella L.R. n. 29/1982.

Il modello funzionale del S.S.R. prevede lo sviluppo delle valenze partecipative e con ciò il rafforzamento della fisionomia del consultorio come punto di riferimento per le politiche in direzione della donna e come punto di incontro dei movimenti femminili. Il consultorio, ricompreso nelle attività del distretto, ha come compiti specifici quelli richiamati nelle leggi 405 e 194, nonché quelli dalla L.R. n. 54 e dalla L.R. n. 29 del 1982 sulle tematiche della sessualità, della contraccezione, della procreazione responsabile, della tutela materno infantile e dell'età evolutiva, della prevenzione dei tumori femminili e sulle problematiche del climaterio. In particolare, il servizio consultoriale, nell'ambito del progetto-obiettivo per la tutela materno infantile ed in applicazione dei protocolli scientifici e di comportamento regionali, si farà carico di seguire le gravidanze considerate a rischio «normale», e di promuovere corsi di preparazione al parto ed alla nascita.

 

24.16 Il secondo livello della consulenza familiare.

Nel quadro di uno svolgimento ordinato di interventi a tutela della salute della donna e della coppia, in sintonia con le problematiche minorili e con la prevenzione dei relativi disadattamenti, il modello funzionale del S.S.R. prevede che alcuni dei compiti originariamente attribuiti dalla l. 405 al consultorio in maniera indifferenziata, vengano riservati ad un livello successivo a quello di base, collocato nel distretto.

Le problematiche in questione riguardano la consulenza per i problemi genetici e per la sterilità coniugale, il controllo delle gravidanze ad alto rischio nonché altre problematiche che richiedano interventi specialistici.

Inoltre, dato che sulla dinamica di queste problematiche incidono fenomeni culturali legati a differenze di valori etici e di concezioni della vita, il modello funzionale individua spazi dove l'iniziativa privata, ideologicamente orientata, possa portare uno specifico contributo, a condizione che vengano salvaguardati due momenti essenziali: da un lato il diritto dei cittadini di usufruire di strutture «affidabili» (il che esclude monopoli di sorta), e dall'altro il dovere da parte di queste strutture di fornire su richiesta della loro utenza, direttamente o no, tutte le prestazioni previste dalla legge 405 integrata dalla legge 194. Questa condizione è peraltro prevista dalla legge regionale 54, che basa il rapporto tra iniziativa pubblica e iniziativa privata sul presupposto che l'obiezione di coscienza è un diritto dei singoli operatori e non delle istituzioni le quali, pubbliche o private che siano, ne momento in cui organizzano attività per finalità tutelare dalle leggi dello Stato devono conformarsi ai principi di queste ultime.

 

24.17 Gli operatori dei consultori.

L'evoluzione dei consultori in adeguamento al modello istituzionale del S.S.R. pone problemi particolari sul piano della utilizzazione degli operatori, una volta venuta meno la precedente configurazione giuridica di queste strutture, e con ciò la titolarità del rapporto di lavoro in capo al Comune.

Il fatto che tutti coloro che sono incaricati di operare nelle strutture comprensoriali, siano dipendenti o convenzionati, hanno ormai un unico rapporto di servizio con l'ULSS, comporta che si debbano ricavare spazi per prestazioni di lavoro rapportate alle esigenze dell'utenza, all'interno di un orario complessivo non necessariamente dedicato globalmente al consultorio.

A questo riguardo, deve essere perseguito nella misura del possibile l'obiettivo di una selezione del personale basata anche sulle motivazioni personali dell'operatore, come premessa per un buon funzionamento di questo genere di servizi per i quali il rapporto fiduciario con la popolazione è di fondamentale importanza.

Nel caso dei medici addetti ai consultori di distretto, vanno ribadite le considerazioni circa la necessità che questo personale «itinerante» faccia parte dell'équipe degli operatori del distretto; il che presuppone che, sempre nella misura del possibile, la rotazione dei medici e la loro mobilità tra i distretti siano ridotte, perché ci sia continuità delle presenze in un dato territorio e con una data utenza.

Per quel che concerne gli specialisti da utilizzare nelle aree integrative, la prima scelta deve essere orientata in direzione degli operatori a rapporto di servizio dipendente o convenzionato con l'ULSS.

Il ricorso ad altri operatori, motivato dalla impraticabilità della prima strada, e limitatamente ai profili non previsti nell'ordinamento dell'ULSS stessa, è subordinato al vincolo che le loro prestazioni siano svolge nell'ambito della struttura consultoriale pubblica.

Per quanto concerne eventuali apporti di operatori della salute mentale, devono essere adottate soluzioni che rispettino l'unitarietà di tali servizi.

Per il personale non medico, l'utilizzazione va confinata di norma nell'ambito delle professionalità elencate nella legge 405 (psicologi, assistenti sociali, ostetriche, infermieri professionali).

 

Capitolo 24.2: «L'integrazione delle problematiche degli anziani».

24.20 Introduzione.

Le problematiche socio-assestenziali degli anziani debbono essere affrontate su due piani, a seconda che l'attenzione sia portata sugli anziani autosufficienti o non autosufficienti.

Nel primo caso prevalgono i problemi della prevenzione dell'emarginazione, nel secondo assume rilevanza la predisposizione di supporti socio-assestenziali anche in collegamento con gli interventi di assistenza sanitaria vera e propria.

Per il primo tipo di fabbisogni il modello funzionale inserisce gli interventi di aggregazione socio-culturale, impostati su iniziative a carattere centrale, come l'Università della terza età, o decentrate a livello di quartiere sui centri di vita associata, laddove esistono, o su analoghi presidi territoriali. Inserisce inoltre i servizi per il tempo libero, da tradurre in forme che evitino al riproduzione della segregazione su altri piani, e quindi cercando di aprire tali iniziative su una platea più ampia che non sia quella degli anziani;

Per gli anziani non autosufficienti ed eterodipendenti, il modello funzionale inserisce interventi e servizi per garantire residenze socialmente protette, a utenza individuale o collettiva, e stimola i Comuni, le Province, le residue istituzioni assistenziali pubbliche, e quelle private, al reperimento delle sedi anche mediante interventi di ristruttturazione su patrimoni edilizi pubblici.

A questi interventi vanno abbinati i supporti posti in essere per l'aiuto domestico familiare, nonché per l'assistenza domiciliare nei casi in cui all'eterodipendenza si aggiunga la perdita totale dell'autosufficienza.

Per quanto concerne gli istituti di ricovero, il modello funzionale ne sottolinea il ruolo di presidio residuale, chiamato cioè ad intervenire nei casi di impraticabilità di altre soluzioni meno emarginanti.

In tal caso la loro utilizzazione acquista valore di risorsa della comunità, e impegna quest'ultima a praticare iniziative di integrazione sociale e, in ogni caso, ad esercitare la vigilanza sul funzionamento e a combattere tendenze a trasformarle in cronicasi o in ospizi di mendicità.

Al di là di determinati margini di eterodipendenza, la problematica degli anziani si sposta sul terreno degli impegni dell'assistenza sanitaria strettamente intesa.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 24.2 si articola nei seguenti paragrafi:

- l'Università della terza età e le altre iniziative di aggregazione sociale (24.21);

- l'assistenza attraverso i centri residenziali (24.22);

- gli istituti di ricovero (24.23).

 

 

24.21 L'Università della terza età e le altre iniziative di aggregazione sociale.

Tra le iniziative per la promozione delle condizioni di vita degli anziani, il modello funzionale del S.S.R. colloca in primo piano l'Università della terza età, intesa come complesso di attività finalizzate alla prevenzione dell'emarginazione dell'anziano autosufficiente e per offrire a questa fascia di età valide occasioni di inserimento nel tessuto socio-culturale della collettività di appartenenza.

L'Università della terza età è dunque un momento di aggregazione degli anziani intorno ad iniziative socializzanti, che devono integrare l'intera collettività mediante la mobilitazione di tutte le energie e le possibilità culturali e ricreative che sono disponibili.

Istituzionalmente ed organizzativamente parlando, l'Università della terza età si fonda sulla partecipazione non istituzionalizzata di istanze sociali o di singole persone, motivate ad impegnarsi volontaristicamente sui suoi programmi in questo senso, l'Università della terza età si basa sul principio dell'autoregolamentazione.

Questo approccio partecipativo non esclude apporti provenienti dai livelli istituzionali. In particolare l'Università della terza età impegna l'ULSS in quanto espressione dell'associazione dei Comuni, cioè di uno strumento gestionale che nella strategia del decentramento posta in essere dalla Regione dell'Umbria è destinato a divenire il protagonista delle politiche sociali a livello del territorio, non solo nel campo socio-assistenziale ma anche in quello culturale e formativo.

Il modello funzionale del S.S.R. presuppone ancora che il sistema delle ULSS metta a disposizione dell'Università della terza età le proprie esperienze programmatorie ed organizzative, soprattutto per utilizzare la rete dei rapporti instaurati intorno alle ULSS stesse.

Una parte consistente di tutte queste attività è finalizzata all'acquisizione di informazioni e conoscenze sui fattori comportamentali, sulle abitudini alimentari, etc., che incidono sugli stili di vita e che concorrono ad elevare il grado di autosufficienza e diminuire il bisogno di eterodipendenza degli anziani.

In relazione a questi obiettivi, il modello funzionale del S.S.R. prevede che l'Università della terza età si organizzi appoggiandosi tendenzialmente anche sui centri di aggregazione esistenti nei quartieri, coinvolgendo in questo processo innanzitutto i centri i vita associata posti in essere dal decentramento circoscrizionale.

Collateralmente all'Università per la terza età, il modello funzionale del S.S.R. prende in considerazione altri servizi finalizzati a qualificare l'utilizzazione del tempo libero degli anziani autosufficienti tramite l'organizzazione di soggiorni di vacanze, di viaggi di istruzione ed altro. Questi programmi si affiancano alle altre iniziative di socializzazione assunte in contesti differenti dal S.S.R.

 

24.22 L'assistenza attraverso i centri residenziali.

Il modello funzionale individua nei centri residenziali (comunità alloggio, gruppi-appartamento e simili) la forma più appropriata di assistenza per gli anziani con prevalenti problemi di eterodipendenza sociale e livelli ancora efficienti di autosufficienza psico-fisica.

I centri residenziali costituiscono pertanto un'alternativa al ricovero in istituto, nella considerazione che questa ultima soluzione trova indicazione solo nei casi di completa eterodipendenza con bassi livelli di autosufficienza.

L'assistenza nei centri residenziali, comunque attuati, presuppone l'allestimento di alloggi aperti a un numero molto basso di ospiti: in quanto soluzioni largamente destrutturate sul piano organizzativo, i centri devono essere gestiti in larga misura dagli anziani stessi, avvalendosi delle strutture locali per l'aiuto domestico-familiare ed eventualmente per l'assistenza domiciliare.

I centri residenziali devono essere realizzati nei centri urbani, in posizioni tali da non aggravare lo stato di emarginazione degli anziani che vi debbono ricorrere.

Anche se trattasi di iniziative sostanzialmente socio-assestenziali rivolte ad anziani sostanzialmente autosufficienti, è compito dell'ULSS attivare le risorse disponibili per l'assistenza sanitaria di base, e prevedere anche forme di raccordo con il sistema paraospedaliero nella considerazione che gli utenti di questi centri sono ad alto rischio sotto il profilo psico-fisico.

Per quel che concerne le tipologie, il modello funzionale del S.S.R. non esprime alcuna indicazione prioritaria, limitandosi a sollecitare una sperimentazione aperta a valutazioni conclusive circa l'idoneità delle varie forme di residenza protetta.

 

24.23 L'assistenza negli istituti di ricovero per anziani;

Gli istituti di ricovero per anziani sono presi in considerazione dal modello funzionale del S.S.R. che li colloca entro spazi ben definiti per quel che concerne sia le indicazioni che le soluzioni tipologiche.

Riguardo alle soluzioni, valgono le considerazioni fatte a proposito dei centri residenziali, che indicano il ricovero in istituto come soluzione residuale una volta venute meno le indicazioni per altre forme di assistenza meno segreganti. Si tratta di soluzioni la cui validità è fortemente collegata alle carenze degli anziani sul piano dell'eterodipendenza e autosufficienza sociale, fermo restando che l'autosufficiente psico-fisico non deve scendere sotto determinati limiti oltre i quali la competenza dell'intervento deve passare a strutture più marcatamente sanitarie.

Conseguentemente gli istituti per anziani debbono evitare, e abbandonare ove ci fossero, risposte di tipo ospedaliero che riciclino le esperienze dei vecchi cronicari. La loro struttura fondamentale deve essere «alberghiera», con una previsione di servizi sanitari limitata agli ambulatori di base e all'infermeria di primo soccorso, la cui gestione va affidata alle strutture sanitarie del distretto.

Come per i centri residenziali, anche per gli istituti di ricovero si pongono obiettivi di integrazione sociale attraverso la mobilitazione delle risorse acquisibili presso la collettività locale.

In questa ottica antisegregante vanno anche ricondotte le attività di vigilanza e controllo da parte dell'ULSS, con gli stessi obiettivi di assistenza e consulenza nei confronti degli operatori e dei titolari della gestione, che sono stati presi in considerazione nel paragrafo dedicato alle istituzioni assistenziali per i minori.

 

Capitolo 24.3: «L'integrazione delle problematiche delle fasce marginali di popolazione».

24.30 Introduzione.

Le fasce marginali di popolazione definiscono un terreno di interventi composito, costituito da gruppi di popolazione socialmente deboli, che hanno in comune problemi di patologia dei processi di socializzazione.

Il modello funzionale inserisce questi interventi socio-assestenziali in una prospettiva di superamento delle separazioni categoriali, per individuare una filosofia di approccio unitaria, recuperando all'interno di questa impostazione unitaria le specificazioni dei bisogni e, conseguentemente, le differenziazioni tipologiche degli interventi.

Presupposto di questa materia è la mobilitazione di tutte le risorse della collettività, poiché i problemi in questione non sono appannaggio particolare di nessuno dei comparti dell'intervento sociale, e richiedono soluzioni per le quali il Comune e l'ULSS possono solo fungere da catalizzatori.

Una parte di queste problematiche sono a valenza anche sanitaria: tale è il caso degli interventi per la tutela della salute mentale e per gli stati di tossicodipendenza, per altre invece la caratterizzazione è eminentemente socio-assistenziale (recupero e risocializzazione degli stati di handicap, assistenza ai carcerati e post-penitenziaria, problemi di devianza minorile).

Il modello funzionale vuole infine dare inserzione a tre problematiche in cui si incrociano fabbisogni assistenziali a valenza multipla.

La prima si riferisce alle comunità terapeutiche, che si stanno sviluppando come intervento per tossicodipendenti, ma che a rigore possono essere prese in considerazione per altre condizioni di dipendenze.

La seconda ha come oggetto le «barriere» che fanno da ostacolo all'inserimento comunitario dei portatori di handicap. Trattasi di barriere psicologiche prima ancora che architettoniche.

La terza attiene alle protesi riabilitative, che stanno conoscendo una fase di notevole sviluppo tecnologico, e che hanno di fronte a sé prospettive di ulteriore perfezionamento man mano che saranno sviluppate le utilizzazioni dell'informatica.

Sulla base di queste considerazioni il capitolo 24.3 si articola nei seguenti paragrafi.

- l'integrazione socio-assistenziale per il recupero dei malati di mente (24.31);

- l'integrazione socio-assistenziale per il recupero dei tossicodipendenti (24.32);

- l'integrazione socio-assistenziale per il recupero degli handicappati (24.33);

- le comunità terapeutiche (24.34).

 

 

24.31 L'integrazione socio-assistenziale per il recupero dei malati di mente.

Il reinserimento sociale dei malati di mente costituisce un momento della tutela della salute mentale inscindibile dalle attività di carattere sanitario. Il modello funzionale del S.S.R. prevede pertanto che in stretta connessione con i servizi di igiene mentale siano sviluppate attività socio-assestenziali a supporto ed integrazione dell'assistenza domiciliare nei casi in cui vi siano carenze materiali o affettive delle famiglie, nonché come supporto essenziale per portare a termine la destrutturazione del manicomio.

Le tipologie di questi interventi assistenziali non hanno nulla di specifico e vanno ricondotte alle forme attraverso cui il modello funzionale del S.S.R. realizza le altre attività finalizzate all'inserimento sociale delle fasce marginali di popolazione. In questo quadro si tratta di privilegiare le residenze protette, integrate nella comunità e raccordate con i centri di attività socio-culturale operanti nei quartieri e nelle circoscrizioni.

Un'altra direzione dell'intervento sociale è quella della formazione o addestramento professionale, per l'inserimento in attività lavorative garantite da accordi tra ULSS e titolari delle imprese industriali ed artigianali.

Tale inserimento non comporta necessariamente posti di lavoro strutturati, in quanto il valore terapeutico del reinserimento sociale giustifica attività lavorative anche non strutturate come veri e propri rapporti d lavoro, ferme restando le garanzie dell'assenza di qualsiasi forma di sfruttamento della forza lavoro.

 

 

24.32 L'integrazione socio-assistenziale per il recupero dei tossicodipendenti.

Nella consapevolezza della estrema difficoltà a dare risposte efficaci al problema del reinserimento sociale dei soggetti in stato di tossicodipendenza da stupefacenti, il modello funzionale del S.S.R. prevede anche in questo campo interventi che utilizzino tutti gli spazi agibili per l'integrazione nelle comunità di origine, come soluzione alternativa al ricorso alle comunità terapeutiche.

A presupposto di questa azione sta la capacità di instaurare nella popolazione un atteggiamento critico e non emotivo nei confronti della «diversità» del tossicodipendente, onde evitare di aggravare la condizione di segregazione cui il tossicodipendente si espone per effetto della sua abitudine.

A tale scopo il modello funzionale del S.S.R. prevede l'attivazione dei servizi socio-assestenziali dell'ULSS per aiutare il tossicodipendente che voglia uscire dalla sua condizione offrendogli, in caso di carenze familiari e domiciliari, punti di appoggio che riducano lo stato di eterodipendenza e gli consentano di colloquiare con la comunità anche attraverso gli operatori sanitari e socio-assestenziali in condizioni di parziale liberazione dal bisogno.

 

24.33 L'integrazione socio-assistenziale per il recupero degli handicappati.

Il recupero degli handicappati pone obiettivi di interventi sociali su alcune direttrici determinanti, tra le quali emergono le problematiche dell'inserimento nel mondo della scuola o del lavoro.

Per quanto concerne il primo aspetto, il modello funzionale del S.S.R. prende atto che esistono tutti i presupposti legislativi per l'eliminazione delle barriere e per l'inserimento degli handicappati nell'attività scolastica ordinaria, come dimostra il fatto che la destrutturazione dell'insegnamento «speciale» ha fatto

rilevanti passi in avanti, quanto meno in Umbria.

La rinuncia ad un insegnamento «speciale» strutturato e segregato in apposite istituzioni scolastiche non elimina però, e semmai acuisce, la necessità di realizzare forme di integrazione per aiutare l'handicappato a sostenere l'impatto con la scuola normale, cioè strutturata ed organizzata a misura di soggetti non portatori di handicap. Il modello funzionale del S.S.R. prevede pertanto interventi delle ULSS sotto forma di servizi per l'integrazione, che debbono essere strettamente coordinati con quelli che i comuni conducono sul piano dell'assistenza scolastica (con riguardo particolare ai trasporti) e con gli interventi che la scuola organizza per offrire sostegno all'insegnante di classe.

Tali servizi devono essere posti sotto il coordinamento dei distretti, o quanto meno debbono trovare punti di contatto con l'équipe del distretto affinché sia garantita la continuità dell'integrazione socio-assistenziale nella scuola e nella famiglia.

Circa l'inserimento dei portatori di handicap nell'attività lavorativa, ed analogamente a quanto preso in considerazione per i malati di mente, il modello funzionale prevede l'inserimento dei servizi dell'ULSS nella ricerca di occasioni di lavoro contrattualmente protette, anche attraverso accordi diretti coni titolari delle imprese, e nella attivazione di cooperative di servizi che diano spazi per attività di lavoro, strutturati e non.

 

24.34 Le comunità terapeutiche.

Le comunità terapeutiche sono chiamate a svolgere un ruolo di supporto per programmi di recupero sociale rivolti a soggetti con gravi problemi di emarginazione. Senza escludere la loro utilizzazione per altre condizioni, di fatto esse si sono strutturate prevalentemente intorno all'obiettivo del recupero dei tossicodipendenti.

Il modello funzionale del S.S.R. individua nelle comunità terapeutiche una delle tipologie di approccio al recupero dei tossicodipendenti, da sviluppare insieme alle altre.

La comunità terapeutica non è né una strada a senso unico né una scelta irreversibile; al contrario, è interesse della collettività sperimentare tutte le tipologie che siano potenzialmente capaci di portare un contributo alla soluzione dei problemi del tossicodipendente.

A parte ciò, il modello funzionale prevede che l'organizzazione e la gestione delle comunità terapeutiche costituiscono un campo di intervento tipico del volontariato, collegato all'iniziativa promozionale sia pubblica che privata. Questa scelta deriva dalla convinzione che la conduzione della comunità e la

gestione dei rapporti con i suoi ospiti presuppongono una adeguata motivazione ed una forte carica solidaristica, non necessariamente riscontrabili in un rapporto di lavoro strutturato.

Il sostegno pubblico alle comunità terapeutiche si sostanzia al momento dell'impianto in facilitazioni nell'acquisizione delle aree, e in altri supporti sul piano della strumentazione del lavoro; si sostanzia inoltre nell'assistenza da parte dei servizi socio-sanitari dell'ULSS. Tali sostegni non devono però essere determinanti per la sopravvivenza della comunità, che deve trovare al suo interno le condizioni per affermarsi.

 

Capitolo 24.4: «Problematiche particolari per l'assistenza domiciliare».

24.41 Assistenza domiciliare.

L'assistenza domiciliare, integrata dall'aiuto domestico-familiare, è un momento fondamentale per l'integrazione socio-sanitaria.

Richiamando quanto trattato nel paragrafo 22.22, l'assistenza domiciliare consiste in una serie di interventi portati nella dimora di chiunque risulti in stato di temporanea o permanente necessità di aiuto per vecchiaia avanzata, per invalidità, per malattia, per indigenza e per condizioni di solitudine, di abbandono e di indigenza. Suo obiettivo è quello di assicurare agli interessati una serie di prestazioni che evitino o riducano il ricovero, e che permettano le abituali modalità di esistenza, di conservare il più a lungo possibile i ruoli, l'autonomia loro e del nucleo in cui sono inseriti, per mantenerli nel contesto sociale nelle migliori condizioni di efficienza fisica, psichica ed economica.

Il Servizio di assistenza domiciliare deve essere erogato dalla Unità sanitaria locale, attraverso i servizi socio-sanitari di base, che raccolgono i dati conoscitivi sui bisogni emergenti, valutano le priorità, propongono i vari interventi, curano e controllano la reale effettuazione e ne valutano l'efficacia.

Nella prima fase della sua attuazione il servizio di assistenza domiciliare deve essere rivolto particolarmente ai casi di comprovata emergenza: a questo scopo debbono essere prioritariamente tenuti presenti gli anziani, gli handicappati, gli inabili, con particolare riguardo ai casi di più urgente bisogno per aggravamento delle condizioni di malattia o di invalidità, per temporanee crisi del nucleo familiare che li accoglie o per sopraggiunta solitudine che determinano una non autosufficienza anche temporanea.

Per non autosufficienza si intende la impossibilità parziale o totale, temporanea o permanente, del singolo utente di autogestirsi a causa di età avanzata, di invalidità, di malattia, di solitudine, di abbandono e di indigenza. La non autosufficienza viene accertata dai servizi competenti di distretto secondo parametri che tengano conto delle condizioni fisiche, psichiche, socio-economiche, culturali ed ambientali degli interessati.

Per l'individuazione dei bisogni, i servizi di base debbono avvalersi delle previste inchieste capillari continuamente aggiornate condotte sul territorio. In mancanza, il servizio deve avvalersi delle segnalazioni fornite dagli interessati, dagli organismi di base e dagli stessi operatori dei servizi.

La valutazione della richiesta di ammissione al servizio comporta una prima sommaria inchiesta socio-economica corredata, ove necessario, dal giudizio del medico di base.

L'accesso ai servizi avviene dopo la valutazione da parte del gruppo degli operatori di base del livello di non autosufficienza fisica, psichica, culturale, socio-economica ed ambientale del richiedente; per evitare un eccessivo peso della soggettività, l'esistenza di tali condizioni di bisogno ed il livello della loro gravità saranno valutati per mezzo di appositi protocolli.

Gli interventi di assistenza domiciliare possono avere carattere del tutto gratuito oppure può essere richiesta una partecipazione economica.

L'erogazione dell'assistenza domiciliare deve avvenire possibilmente nel rispetto di orari modulati sulle esigenze dell'utente, non deve avere interruzioni collegate con le coincidenze di festività o di ferie, deve prevedere la disponibilità alla reperibilità notturna da parte di alcuni operatori sanitari. Essa deve comunque rivestire carattere temporaneo.

L'andamento dell'assistenza deve essere documentato in tutte le sue fasi su cartelle depositate a domicilio e su schede archiviate presso i distretti socio-sanitari di base.

I servizi socio-sanitari di base intervengono a domicilio secondo il seguente modello operativo, che tiene conto della tipologia dei bisogni emergenti.

I bisogni sanitari vengono soddisfatti dall'assistenza medica ed infermieristica di base con l'eventuale ausilio specialistico.

I bisogni psico-sociali e di relazione vengono soddisfatti dagli operatori sociali e dagli animatori del tempo libero con l'eventuale ausilio di personale specialistico; è auspicabile l'utilizzo del volontariato.

I bisogni relativi al governo della persona e della casa vengono soddisfatti dagli ausiliari domestico-familiari o attraverso la fornitura domiciliare di prestazioni centralizzate e da eventuali interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria della casa.

I bisogni economici che trovano soluzione nell'ambito degli interventi dell'assistenza economica di base (art. 15 della legge regionale n. 29/1982) devono essere soddisfatti tenendo conto del calcolo dinamico del minimo vitale (ai sensi dell'art. 22 della stessa L.R. n. 29/1982) e delle loro esigenze specifiche (vedi standard dell'assistenza economica di base);

I servizi socio-sanitari di base intervengono sui bisogni sopra elencati non solo ai fini terapeutici ma anche ai fini preventivi e riabilitativi, tenuto anche conto che la riabilitazione psico-fisica e sociale dell'individuo è un momento fondamentale dell'intervento domiciliare.

L'assistenza domiciliare viene fornita da personale che opera prevalentemente nel distretto (personale residente) e da personale che presta la propria opera con periodica regolarità, od a richiesta, in più distretti (personale itinerante).

Del primo gruppo fa parte il personale medico, gli operatori sociali, il personale paramedico e gli ausiliari.

Del secondo il personale specialistico, i tecnici sanitari, gli animatori del tempo libero ed i volontari.

Il medico di base provvede all'assistenza medica domiciliare a livello preventivo terapeutico e riabilitativo, avvalendosi anche della collaborazione di personale specialistico itinerante.

L'operatore sociale (di norma è un assistente sociale) contribuisce ad evidenziare le esigenze del singolo utente e del suo nucleo familiare, individua gli interventi necessari, segue lo svolgimento dei vari trattamenti, coordina l'erogazione delle diverse prestazioni, organizza il volontariato, assicura il collegamento fra i diversi operatori, fra gli operatori e gli utenti, fra gli utenti ed i loro familiari e, in generale, fra la globalità dei servizi ed il resto del contesto sociale.

L'infermiere professionale, oltre ai generici compiti di gestione dell'assistenza, ha come compiti specifici i prelievi per le analisi di laboratorio, le indagini strumentali, la terapia iniettiva, le fleboclisi, il controllo dei cateterizzati a permanenza, le medicazioni e quanto altro attiene alle sue specifiche mansioni professionali. Il servizio si svolge di norma a orario pieno e garantendo la reperibilità notturna e festiva.

Qualora le stesse mansioni vengano affidate all'assistente sanitaria visitatrice, all'ostetrica o ad altra figura con titolo e professionalità equipollenti, queste, oltre ad assicurare le prestazioni sopra indicate, esplicano le attività attinenti alla loro qualifica.

L'ausiliario domestico familiare provvede alla cura della persona e della casa dell'assistito, ed interviene, se richiesto, in aiuto del medico, degli assistenti sociali, degli infermieri e dei familiari, e di quanti altri intervengono a domicilio.

Il personale di consulenza specialistica fornito dall'area integrativa interviene su richiesta degli operatori di base ed è rappresentato dal cardiologo, dal neurologo, dal fisiatra, dallo psicologo, dal medico internista, etc. Per quanto concerne l'assistenza domiciliare dell'anziano in considerazione della specificità delle esigenze e del peso numerico dei richiedenti è auspicabile una consulenza periodica del geriatra.

Gli animatori operano in appoggio agli altri operatori del servizio domiciliare e perseguono il fine di rompere l'isolamento degli assistiti, di riempire il loro tempo vuoto, di recuperare la loro residua capacità associativa ed indurli a riguadagnare, sia nell'ambito della propria dimora che all'esterno, la personalità, la dignità, il peso e lo spazio che avevano perduto.

Per la effettuazione delle prestazioni di assistenza domiciliare è prevista la collaborazione di personale volontario la cui attività è regolamentata dalle apposite normative regionali.

Il costo del servizio domiciliare, che utilizza prevalentemente personale e strutture già inquadrati nei servizi di base, è costituito dalla maggiore spesa inerente all'utilizzo del personale aggiuntivo ai servizi specificamente potenziati.

È compito di ciascun operatore domiciliare e del personale amministrativo del Distretto annotare i rilievi che hanno suggerito l'intervento, tutte le prestazioni effettuate ed i risultati conseguiti.

La verifica e la valutazione dell'incidenza del servizio sull'evoluzione del bisogno che ha richiesto l'intervento vengono effettuate dagli operatori del servizio, dagli utenti e dai Comitati partecipativi del Distretto.

All'uopo sono utilizzati specifici indicatori di trasformazione quali: la verifica del grado di ripresa del soggetto, l'aumento del suo livello di partecipazione sociale, la riduzione del tempo medio degli interventi, l'aumento del turn-over degli utenti, la diminuzione del numero dei ricoveri e dei tempi di degenza in ospedale e negli istituti, l'aumento della collaborazione da parte dei familiari, dei vicini e dei volontari, il miglioramento degli alloggi, l'aumento dei gruppi-famiglia.

 

24.42 Criteri per la determinazione dei livelli di idoneità dei servizi e delle strutture residenziali (L.R. n. 29/1982 art. 23).

(Non vengono considerate, nella presente normativa le comunità tutelate da leggi particolari).

 

Casa albergoDefinizione:Si caratterizza come un complesso di appartamenti minimi predisposti per persone sole e coppie di coniugi, autosufficienti.Finalità:Offrire asilo qualificato: a tutti coloro che abbiano impellente e temporaneo bisogno di alloggio, ed in particolare, anche in forma non temporanea, all'anziano, o perché privo di nucleo familiare, o per indisponibilità della famiglia, o per sua espressa e motivata scelta.Obiettivi:Garantire l'autonomia e l'efficienza personale; favorire l'integrazione sociale; stimolare a scelte alternative di vita.Utenza: Tipo: soggetti autosufficienti; Gestione: pubblica o privata.Collocazione sul territorio:Area urbana o di facile collegamento con essa.Mezzi di comunicazione:Pubblici e convenzionati di regolare accesso e di facile utilizzazione.Rapporti con strutture e servizi del territorio:da incentivare.Caratteristiche degli spazi interni:Appartamenti minimi o bicamerali, con più servizi (area notte, area soggiorno, area cottura, servizi igienici).Aree comuni d'aggregazione: sala da pranzo, sale soggiorno e ricreative e polifunzionali, possibilmente aperte anche ad utenza esterna.Area servizi: cucina, dispensa, magazzino viveri, lavanderia, guardaroba, anche convenzionati con l'esterno.Area uffici amministrativi.Ogni singolo spazio deve garantire, dal punto di vista delle dimensioni e della ubicazione, un soggiorno rispondente alle specifiche esigenze individuali e comunitarie.Caratteristiche degli spazi esterni:Aree di proprietà della casa o pubbliche, adeguatamente attrezzate o comunque agevolmente accessibili.Barriere architettoniche:Eliminare tutte gli impedimenti di carattere edilizio e strutturale che ostacolino l'utilizzazione degli spazi interni ed esterni.Arredamenti ed attrezzature:Adeguati alle caratteristiche e funzione dei singoli ambienti ed idonei alle esigenze dell'utenza, con la possibile partecipazione degli utenti all'arredamento dello spazio individuale.Personale - interno:Amministrativo ed ausiliario, dipendente o convenzionato, con adeguata professionalità.Esterno: sociale e sanitario della ULSS e di altri organismi territoriali compreso il volontariato.Regolamento interno:Le varie attività collettive e individuali, dovranno essere regolate da norme sottoposte

periodicamente alla verifica degli utenti. Tali norme riguardano in particolare, l'orario dei pasti comunitari e di utilizzo delle aree comuni e di integrazione e le modalità di partecipazione degli utenti alla gestione funzionale della Casa.Ammissione:L'ammissione avviene tramite domanda dell'utente compilata e documentata secondo il Regolamento.

 

Sono ammessi nella casa-albergo i soggetti:

- che ne fanno domanda;

- (che sono autosufficienti dal punto di vista fisico e psichico);

- che documentano la copertura di spesa della retta;

- che accettano le norme di vita della casa-albergo.

Tale ammissione, in presenza di richieste numericamente eccedenti, avviene attraverso una graduatoria, semestralmente aggiornata, predisposta dall'Ente organizzatore (a mezzo di apposita scheda di valutazione) nella quale hanno la precedenza i seguenti elementi:

- mancanza di abitazione;

- appartenenza alle fasce marginali;

- età anziana;

- assenza dei familiari;

- gravi carenze nei rapporti interfamiliari;

- idoneità economica.

 

 

24.43 Criteri per la determinazione dei livelli di idoneità dei servizi e delle strutture residenziali (L.R. 29/1982 art. 23).

(Non vengono considerate, nella presente normativa le Comunità tutelate da leggi particolari)

 

Casa di riposoDefinizione:Si caratterizza come struttura residenziale, adeguatamente fornita di servizi di assistenza, collegati con i servizi socio-sanitari del territorio, destinata ad ospitare - a richiesta degli interessati o dei familiari o dei servizi socio-assestenziali - anziani o coppie di anziani nel caso di verificata impraticabilità di altre soluzioni.Finalità:Offrire asilo idoneo all'anziano non in grado di soddisfare autonomamente o con l'aiuto dei familiari e/o dei servizi esistenti nel territorio, i propri bisogni.Obiettivi:Contenere il declino dell'anziano e favorirne il recupero psico-fisico.Utenza:Anziani, autonomi e non autonomi per motivi psico-fisici e/o socio-ambientali, in caso di verificata impraticabilità di altre soluzioni.Gestione:Pubblica o privata.Collocazione sul territorio:Area urbana o di facile collegamento con essa.Mezzi di collegamento:Propri, pubblici o convenzionati, con servizi regolari e di facile utilizzazione.Servizi socio-sanitari:Devono essere disponibili i seguenti servizi:- assistenza sociale;- assistenza sanitaria di base e specialistica (curativa e preventiva)- riabilitazione psico-fisica e sociale.Detti servizi devono essere garantiti dalla Casa di riposo, forniti in proprio ovvero dalla struttura socio-assistenziale e sanitaria del Comprensorio, per quanto di competenza, sulla base di apposita convenzione.Devono essere altresì garantiti tutti i servizi generali.Caratteristiche degli spazi interni. Area notte:Camere da uno a tre letti, ciascuna con servizio igienico completo:è consentita per esigenze assistenziali e di sorveglianza, l'aggregazione in ambienti più vasti di un numero maggiore di ospiti, - non superiore a sei - purché venga assicurato un idoneo livello di riservatezza individuale, attraverso elementi flessibili e, garantito un servizio igienico ogni tre letti.Aree comuni e di aggregazione:Sala da pranzo, sale di soggiorno e ricreative polifunzionali, possibilmente aperte anche ad utenza esterna;-servizi generali: cucina, dispensa, magazzino viveri, lavanderia, guardaroba, anche convenzionati con l'esterno;-ambulatorio ed eventuali spazi per intervento educativo-riabilitativo individuale o di gruppo;-servizi amministrativi.L'ampiezza degli spazi comunitari deve essere rapportata al numero dei posti letto e comunque tale da garantire, dal punto di vista delle dimensioni e dell'ubicazione, un soggiorno rispondente alle specifiche esigenze individuali e comunitarie.Caratteristiche degli spazi esterni:Aree adeguatamente attrezzate possibilmente aperte anche ad utenza esterna, comunque agevolmente accessibili.Barriere architettoniche:Eliminare tutti gli impedimenti di carattere edilizio e strutturale che ostacolino l'utilizzazione

degli spazi interni ed esterni, e garantire ai non autosufficienti la massima mobilità.Arredamenti ed attrezzature:Adeguati alle caratteristiche e alle funzioni dei singoli ambienti ed idonei alle esigenze dell'utenza, con la possibile partecipazione degli ospiti all'arredamento dello spazio individuale.Personale:Dovranno essere previste le seguenti figure professionali;- amministrative;- ausiliarie;- sanitarie (medica - infermieristica - tecnica);- sociale.a)Personale addetto ai(direttore amministrativo, economo, applicato) secondo esigenze;servizi amministrativib)Personale addetto aiausiliario a tempo pieno addetto ai servizi di pulizia: 1/20 ospiti;servizi di assistenzaausiliario a tempo pieno addetto alla assistenza della persona: 1/4 ospiti parzialmente o totalmente, non autonomi;infermieristico a tempo pieno: 1/50 ospiti parzialmente o totalmente, non autonomi;tecnico della riabilitazione a tempo pieno: 1/30 ospiti parzialmente o totalmente, non autonomi;medico: 1/100 non autonomi;di assistenza sociale: 1/60;tecnici della animazione: 1:100.c)Personale addetto ai (cucina, guardaroba, lavanderia, etc.) secondo esigenze.servizi generali:Ciascuna figura professionale di cui ai punti a), b) e c) potrà essere propria della Casa di riposo o esterna, dipendente dall'ULSS o da altri organismi territoriali, oppure convenzionata.d)Operatori a rapportoperiodico: podologo, barbiere, parrucchiere; professionale:saltuario: geriatra, fisiatra, psicologo;Regolamento interno:Le varie attività, individuali e di gruppo, l'orario dei pasti, la vita comunitaria, l'utilizzo delle aree comuni e di aggregazione, le modalità di partecipazione degli assistiti alla gestione funzionale della struttura residenziale, dovranno essere regolate da apposito regolamento sottoposto periodicamente alla verifica degli utenti.

 

 

24.44 Criteri per la costituzione dei gruppi appartamento

 

Definizione:Si tratta di una comunità costituita da persone con particolari problemi personali e sociali, disposte a fornirsi aiuto reciproco ed a convivere in unità abitative di tipo familiare.Finalità:Superare l'istituzionalizzazione:-attuare la deospedalizzazione nei casi di ricoveri impropri, dovuti cioè a motivi sociali o sanitari non acuti;-favorire il recupero ed il reinserimento sociale delle persone ospitate.Obiettivi:-concorrere allo sviluppo della personalità dell'individuo, anche attraverso una organizzazione adeguata di tipo familiare;-offrire l'opportunità di sviluppo e di integrazione sociale, attraverso la partecipazione alla gestione e l'inserimento attivo nel territorio;-prevenire e limitare i danni della non autosufficienza.Ricettività:Da 4 a 10 posti letto dei quali alcuni possono essere riservati a soluzioni momentanee di eventuali emergenze.Utenza:Soggetti autonomi e non, le caratteristiche fisiche e psichiche dei quali siano tali da rendere possibile la convivenza e realistico l'obiettivo dell'aiuto reciproco.Potranno essere ospitati nei Gruppi appartamento anche nuclei familiari, compresi i minori.Gestione:Pubblica e privata.Collocazione:Sul territorio in linea di principio, collocato nel centro abitato, sia in strutture autonome che condominiali (fino al 10 della disponibilità).Mezzi di collegamento:Tramite linee urbane o automezzi propri.Caratteristiche degli spazi interni:-l'unità abitativa è l'appartamento, la cui superficie e cubatura devono essere rapportate al numero dei posti letto nel rispetto delle vigenti norme di abitabilità;-lo spazio interno dovrà essere suddiviso in maniera da garantire l'intimità personale ed a favorire al tempo stesso momenti di vita comunitaria; la individuazione degli spazi giorno-notte e servizi potrà essere ottenuta anche attraverso l'impiego di elementi architettonici flessibili. Nell'area giorno devono essere compresi almeno: il soggiorno, il pranzo non necessariamente separati se l'ampiezza dell'ambiente lo consente. Le camere da letto saranno da 1-2 letti.I servizi comprendono la cucina ed un bagno ogni 3 posti letto.Deve essere inoltre prevista una stanza per il personale di assistenza ove ne sia richiesta la presenza costante.Barriere architettoniche:Eliminare tutti gli impedimenti di carattere edilizio e strutturale che ostacolino l'utilizzazione degli spazi interni ed esterni, e garantire ai non autosufficienti la massima mobilità.Arredamenti ed attrezzature:Adeguati alle reali necessità individuali e della comunità, è consentita la partecipazione degli ospiti all'arredamento.Assistenza sanitaria:Quella dei servizi territoriali, ovvero, di Enti convenzionati, garantendo agli ospiti non autonomi, la presenza di personale in numero e con orari proporzionati alle necessità, fornita da cooperative convenzionate o da associazioni di volontariato.Ammissione:Avviene tramite domanda dell'utente; in presenza di richieste numericamente eccedenti avviene attraverso una graduatoria, trimestralmente aggiornata, predisposta dagli organizzatori (a mezzo di apposita scheda di valutazione) nella quale hanno la precedenza i seguenti elementi:Ammissione (segue):1)disponibilità dichiarata a vivere in strutture ad organizzazione familiare ed a fornirsi aiuto reciproco;2)appartenenza alla fasce marginali, con precedenza all'età anziana;3)condizione economica disagiata.Gli organizzatori dovranno compilare una lista informativa dei posti disponibili con le relative possibilità di aggregazione.Gestione:È favorita ovunque possibile l'autogestione da parte degli utenti.

 

 

24.45 Requisiti per gli istituti che ospitano minori.

 

Definizione:l'istituto educativo-assistenziale (come anche quello di riabilitazione e recupero) è una struttura a carattere locale che si configura come risorsa a disposizione degli utenti, in forma residenziale o semiresidenziale, organizzata in collegamento con i servizi socio-sanitari del territorio, in quanto facente parte a tutti gli effetti della comunità locale.Finalità:Dà risposte adeguate ai diversificati bisogni dei minori ospiti, svolgendo azione di sostegno alla famiglia.L'affidamento all'istituto si attua soltanto nel caso di verificata impraticabilità di altri interventi di promozione sociale a condizione che abbia carattere provvisorio e temporaneo (L. n. 29/1982 art. 3). L'istituto opera pertanto in situazioni eccezionali tali da rendere necessario un temporaneo allontanamento del minore dal proprio ambito socio-familiare, nonché di integrazione familiare in situazioni che evidenzino problemi minorili di ordine scolastico, sanitario, professionale, di avviamento al lavoro.Utenza:Vengono affidati agli istituti soggetti in età da 0 a 18 anni o contemporaneamente minori e ultradiciottenni che si trovino in particolare situazione di bisogno di assistenza e tutela:1)situazioni eccezionali tali da rendere necessario per un periodo limitato nel tempo l'allontanamento del soggetto interessato dal proprio ambiente familiare e di vita gravemente pregiudizievole per la integrità e lo sviluppo psicofisico del minore e che determinano decadimento della potestà genitoriale, affidamento della tutela del minore a terzi, dichiarazione dello stato di adottabilità, allontanamento del soggetto dai genitori disposto dal Tribunale.2)situazioni che evidenziano la necessità di una integrazione della struttura familiare.Rientrano in questo quadro minorazioni psico-fisiche, ospedalizzazione, espatrio, detenzione, decesso di uno o ambedue le figure genitoriali, prolungata attività lavorativa dei genitori che ne condiziona la disponibilità nei confronti dei figli e mal si concilia con le esigenze di costoro, particolarmente nell'età infantile e dell'adolescenza. Vanno aggiunti la difficoltà di raggiungere la sede scolastica e la carenza dei necessari servizi di trasporto, la presenza di grave disagio economico legato a situazioni di disoccupazione o sottoccupazione dei genitori, la disgregazione del nucleo familiare e l'assenza di figure parentali sostitutive.Vanno considerati a parte i minori portatori di handicaps psico-fisici e sensoriali che, collocandosi in una o più delle situazioni anzidette, necessitano contemporaneamente di un intervento educativo assistenziale, ma anche di prestazioni socio-sanitarie o specialistiche di riabilitazione e recupero in comunità residenziali o semiresidenziali dotate di idonee apparecchiature e dei servizi necessari. Ciò giustifica la presenza sul territorio regionale di centri-servizi di riabilitazione che ospitano minori.Gestione:Le istituzioni educativo-assistenziali, di riabilitazione e recupero hanno natura giuridica e pertanto gestione privata o pubblica (Ente locale, IPAB, convitto nazionale).Requisiti:La istituzione che ospita minori deve riprodurre la dimensione fisica dell'ambiente familiare, realizzabile in linea generale solo con gruppi numericamente limitati di ospiti (non più di 20) e deve ridurre al massimo l'ammissione di soggetti non residenti sul territorio regionale o, comunque, in località troppo distanti dalla sede di intervento. Deve inoltre:-essere inserita nel contesto circostante per una reciproca azione di promozione sul territorio e soprattutto per l'utilizzazione dei servizi socio-sanitari, scolastici, del tempo libero;-garantire ai minori, tenuto conto delle esigenze igieniche ed ambientali, uno spazio sufficiente nelle ore diurne e notturne e permettere loro di instaurare rapporti personalizzanti di tipo familiare, nonché di sentire propri gli ambienti in cui vivono partecipando anche alla scelta dell'arredamento.Resta inteso che i requisiti sopra indicati debbono esistere anche per quelle istituzioni a carattere privato che non abbiano fatto richiesta di iscrizione al registro regionale di cui all'art. 27 L. n. 29/1982.Personale:Premesso che la struttura istituzionale deve darsi una impostazione tale da favorire le condizioni necessarie a consentire ad ogni minore ospite l'armonico sviluppo della sua personalità, è indispensabile:- stabilità del rapporto di lavoro del personale;- formazione professionale adeguata che trova conferma nella dimensione attuale dell'operatore sociale di territorio e che non può prescindere dal possesso del diploma di scuola secondaria superiore. Ciò presuppone, peraltro, continuità nell'intervento educativo, capacità di instaurare validi rapporti coni minori rispettandone l'individualità personale e favorendone il processo formativo nonché di sollecitare la collaborazione della famiglia di origine che deve partecipare alle scelte educative ed organizzative della comunità, metodologia operativa fondata sul lavoro di équipe coordinato da un responsabile;- presenza di figure di appoggio all'équipe degli operatori direttamente impegnata nel processo formativo dei minori ospiti, che possono integrarne l'attività.È importante al riguardo la figura del responsabile amministrativo contabile che controlla l'attività economica della comunità.Fondamentale compito dell'équipe è la tenuta della cartella personale di ciascun ospite, che deve indicare lo stato psico-fisico, il livello scolastico, la situazione ed i rapporti con la famiglia di origine, la frequenza delle visite, la data di ammissione in istituti di ammissione, particolari trattamenti in atto.Va sottolineata l'importanza che assume la registrazione degli stati di abbandono materiale e morale degli affidati agli istituti (e le eventuali modificazioni della situazione) in relazione all'assolvimento dell'obbligo di segnalazione di tali casi ai servizi socio-assestenziali competenti per territorio, nonché all'ufficio per la protezione del minore ed alla autorità giudiziaria minorile, a norma della legge dello Stato n. 184/1983 (L. n. 29/1982 art. 19, 2° comma).Regolamento dell'attività:Come previsto dall'art. 29 della L. n. 29/1982, va preventivamente autorizzata dal Sindaco territorialmente competente, dopo che ne siano stati verificati i requisiti necessari, la istituzione e la gestione di strutture finalizzate all'assistenza o alla riabilitazione e recupero di minori o anche di minori, nonché di servizi di tipo aperto, sia residenziali che semi-residenziali o ambulatoriali da parte di privati (Enti, ordini religiosi, associazioni regolarmente riconosciute o di atto operanti sul territorio, persone fisiche).Uno strumento indispensabile per la realizzazione dell'intervento educativo-assistenziale o di riabilitazione e recupero, in conformità ai fini statutari dell'istituto, è il regolamento. Esso deve indicare:- caratteri generali, finalità e indirizzo dell'intervento;- tipologia degli ospiti e numero di posti disponibili;- organigramma del personale (orario di lavoro, turni, sostituzioni);- svolgimento dell'attività quotidiana;- forme di assicurazioni per incidenti o danni subiti o provocati dagli ospiti;- attività scolastica e parascolastica degli ospiti;- aggiornamento e riqualificazione degli operatori;- rette.

 

 

26.46 Criteri per la determinazione dei livelli di reddito e parametri di riferimento per l'assistenza economica - Artt. 15 e 23 L.R. n. 29/1982 (27)27.

24.47 Criteri per la determinazione delle rette.

Per i servizi e le strutture residenziali di cui all'art. 21 L.R. n. 29/1982.

La retta è determinata dal complesso dei costi che risultino effettivamente sostenuti dall'Ente gestore per erogare le prestazioni dovute nel rispetto di idoneità stabiliti dal Piano socio-sanitario regionale, detratte le eventuali quote di rendita propria destinate all'assistenza dell'istituzione stessa.

Le rette delle istituzioni pubbliche e private senza fini di lucro, vengono fissate, previo giudizio di congruità da parte del Dipartimento per i servizi sociali della Regione.

 

24.48 Criteri per la vigilanza.

Così come previsto dall'art. 30 della L.R. 31 maggio 1982, n. 29, le funzioni amministrative di vigilanza e controllo sugli istituti pubblici e privati di assistenza, sono svolte dalla Associazione dei comuni.

La vigilanza ed il controllo vengono operate sulle strutture, sui servizi sociali e sanitari, sul personale e sulle attività di tutte le istituzionali pubbliche e private, nonché sul bilancio delle istituzioni pubbliche e private senza scopo di lucro.

Il comitato di gestione della ULSS, nomina un apposita Commissione denominata «Commissione di vigilanza e di controllo sulle istituzioni pubbliche e private», che sarà composta da cinque a sette membri scelti tra i dipendenti propri e dei Comuni facenti parte della Associazione dei Comuni.

La Commissione è composta da:

a) il coordinatore dei servizi sociali della ULSS, con l'incarico di presidente;

b) un funzionario medico;

c) un assistente sociale;

d) un funzionario dell'ufficio ragioneria;

e) un funzionario tecnico dell'Assessorato dei lavori pubblici (ingegnere, architetto o geometra) di uno dei comuni facenti parte della Associazione.

La Commissione può essere integrata da uno a tre membri scelti fra i funzionari della ULSS o esperti appartenenti alle seguenti professionalità:

- pediatra

- geriatra

- fisiatra

- psicologo

- educatore socio-culturale

- animatore del tempo libero

- tecnico della riabilitazione.

I compiti di segreteria della Commissione vengono svolti da un funzionario di VI o VII livello, del settore servizi sociali della ULSS.

La Commissione dura in carica tre anni.

La Commissione presenta annualmente apposita relazione su tutte le istituzioni pubbliche e private del Comprensorio al Comitato di gestione che, con delibera, prende atto delle risultanze della attività svolta e dispone eventuali provvedimenti, copia di tale relazione e della relativa delibera vengono inviate entro 30 giorni alla Regione della Umbria - Dipartimento per i servizi sociali.

 

Sottosezione 25. L'area delle funzioni organizzative e centrali.

 

25.1 L'ufficio di direzione dell'ULSS.

25.2 Il coordinamento del distretto.

25.3 Il coordinamento del dipartimento.

25.4 I rapporti tra i livelli decisionali.

 

Capitolo 25.1: «L'ufficio di direzione».

25.10 Introduzione.

Il modello funzionale assegna all'ufficio di direzione il coordinamento generale dell'attività tecnica dell'ULSS. L'Ufficio di direzione va visto sotto due aspetti: come organismo collegiale di decisione relativamente ad obiettivi generali, e come somma di competenze e responsabilità su specifici campi di attività.

In quanto organismo collegiale, l'Ufficio di direzione opera sulla base di una metodologia programmatoria, appunto per obiettivi. gli obiettivi più rilevanti sono: la elaborazione e realizzazione del piano comprensoriale (così come lo determina l'assemblea dell'ULSS); la gestione del sistema informativo socio-sanitario a livello locale, e i rapporti con l'Osservatorio Epidemiologico regionale; la gestione complessiva del bilancio, organizzato per funzioni di spesa; le relazioni ai bilanci preventivi e ai conti consuntivi; le scelte generali in materia di formazione ed utilizzazione del personale; gli investimenti pluriennali.

Inoltre l'Ufficio di direzione si rapporta collegialmente con il comitato di gestione per quanto concerne la predisposizione degli atti amministrativi non di routine.

Tutto ciò fa oggetto di un preciso regolamento, reso omogeneo per tutte le ULSS in sede di indirizzo e coordinamento regionale.

L'Ufficio di direzione si articola per settori di competenza, che fanno capo al coordinamento sanitario e a quello amministrativo. La nomenclatura dei settori è fissata dalla legge regionale omogeneamente per tutte le ULSS. All'interno, i settori si articolano per sezioni, anche queste individuate secondo criteri di competenza.

Il coordinamento dell'Ufficio di direzione comporta l'assunzione di decisioni in merito al funzionamento collegiale dell'organismo, la distribuzione del lavoro programmato quando la competenza non sia determinabile automaticamente, l'osservanza delle scadenze e la verifica dei risultati.

Questo modello funzionale comporta una definizione più accurata del profilo professionale del componente l'Ufficio di direzione.

Al riguardo occorre rispettare rigorosamente i requisiti per l'accesso alla direzione dei settori nonché al coordinamento, sperimentando in caso di carenze la via del corso-concorso per il personale appartenente alle qualifiche immediatamente inferiori a quella apicale. occorre inoltre che si provveda all'aggiornamento nelle tecniche del management, nell'elaborazione dei dati, nella metodologia statistica ed epidemiologica, nell'economia dei sistemi sanitari, nell'analisi e valutazione dei costi e benefici.

Infine, il modello funzionale dell'Ufficio di direzione prende in considerazione i rapporti con il comitato di gestione, ossia il modo come l'Ufficio nella sua collegialità, i suoi membri e i coordinatori si raccordano con gli amministratori, come si articola la presenza dei funzionari nelle sedute del comitato, quali procedure vanno seguite laddove ai membri dell'Ufficio siano attribuite specifiche responsabilità a rilevanza esterna.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 25.1 si articola nei seguenti paragrafi:

- l'Ufficio di direzione quale organo collegiale (25.11);

- l'articolazione nei settori dell'Ufficio di direzione (25.12);

- il coordinamento dell'Ufficio di direzione (25.13);

- i profili professionali per l'Ufficio di direzione (25.14).

 

 

25.11 L'Ufficio di direzione quale organo collegiale.

Il modello funzionale dell'ULSS inserisce nell'area centrale l'Ufficio di direzione, inteso come organo collegiale e come struttura burocratica per l'assolvimento delle sue funzioni.

L'Ufficio di direzione è composto dai responsabili di settore individuati in attuazione dell'art. 38 della legge regionale n. 65/1979. L'appartenenza all'Ufficio comporta il rapporto di lavoro a tempo pieno; la relativa opzione deve essere contestuale all'accettazione dell'incarico. Le deroghe a questo principio sono esaminate nel successivo paragrafo.

In quanto organo collegiale, l'Ufficio di direzione sovraintende e coordina tutte le attività dell'ULSS, a diretto contatto con il comitato di gestione.

In questa veste, l'Ufficio di direzione opera collegialmente:

- per la predisposizione degli atti aventi rilevanza per il funzionamento complessivo dell'ULSS sul piano della programmazione ed organizzazione dei servizi e del personale;

- per il coordinamento delle proposte di deliberazione da inoltrare al comitato di gestione;

- per la predisposizione dei progetti di attività in attuazione del Piano socio-sanitario;

- per i rapporti con il livello regionale del sistema informativo sanitario e dell'Osservatorio Epidemiologico;

- per le relazioni al bilancio preventivo e al conto consuntivo dell'ULSS.

Il modello funzionale prevede che queste attività siano regolarmentate dall'ULSS sulla base di indirizzi e direttive regionali, ispirate ai seguenti criteri.

Spetta all'Ufficio di direzione elaborare proposte per i regolamenti di organizzazione, per la pianta organica ed il relativo regolamento, per il miglioramento dell'efficacia ed efficienza dei servizi e per ogni altra misura di rilevanza generale.

Spetta inoltre coordinare le proposte di deliberazione non di ordinaria amministrazione, dopo l'istruttoria dei settori di competenza e prima dell'inoltro al comitato di gestione, con facoltà di registrare e far inserire nell'atto deliberativo eventuali diversità di valutazione da parte di singoli membri.

Spetta poi redigere sotto forma di stati di avanzamento i progetti esecutivi per l'attuazione degli obiettivi del Piano socio-sanitario. Ogni progetto complessivo è sottoposto alla preventiva approvazione del comitato di gestione; l'approvazione attiva la piena responsabilità dell'Ufficio e dei suoi singoli componenti, che provvedono alla attuazione dei progetti in piena autonomia tecnico-funzionale salvo che per le decisioni in materia di spesa.

Spetta ancora sovraintendere alle funzioni informative ed epidemiologiche, adottando collegialmente le decisioni circa le informazioni da chiedere ai servizi e quelle da inoltrare al livello regionale; a tale scopo viene individuato in seno all'Ufficio un componente quale incaricato dei rapporti esterni all'Ufficio, con funzioni anche di referente per i corrispondenti servizi regionali, erma restando la collegialità delle decisioni.

Spetta infine corredare le relazioni ai bilanci preventivi e ai conti consuntivi con valutazioni sullo stato di avanzamento dei progetti del Piano, sul funzionamento dei servizi e sullo stato di salute della popolazione;

La presidenza delle riunioni e l'esecuzione delle decisioni adottate spettano a turno ai coordinatori.

 

25.12 L'articolazione nei settori e l'esercizio delle responsabilità di settore.

Oltre che come organo collegiale, l'Ufficio di direzione opera come aggregazione di settori articolati in sezioni ed affidati alla responsabilità dei componenti l'Ufficio stesso.

Ogni settore opera nell'ambito di competenze fissate dal regolamento dell'ULSS sulla base di indirizzi omogenei della Regione.

La sua attività si sviluppa su due piani: le attribuzioni proprie, ed il coordinamento delle attività svolte nelle altre aree funzionali, di base ed integrative.

Il modello funzionale prevede che l'articolazione nei settori sia determinata regionalmente nella legge di Piano, in rapporto alla dimensione delle ULSS e alla complessità delle funzioni da svolgere concretamente in ciascuna di esse.

Fermo restando il tetto fissato dalla legge regionale, un corretto funzionamento dell'area centrale presuppone che vi siano non meno di due settori per ciascuna delle due aree di coordinamento (sanitaria ed amministrativa): non è infatti possibile coprire con una sola professionalità il complesso delle funzioni che ricadono all'interno di ciascun'area di coordinamento.

L'accesso alla responsabilità di settore deve essere rigidamente subordinato al possesso dei requisiti previsti dalla normativa statale o derivanti dalle iniziative di qualificazione ed aggiornamento disposte dalla Regione.

In ragione della rilevanza dell'incarico, il modello funzionale prevede che le sostituzioni dei responsabili di settore siano regolarmentate in modo preciso e rigido. Nel caso di assenza o impedimento temporaneo del titolare, la sostituzione avviene mediante incarico ad un altro responsabile di settore della stessa area di coordinamento e della stessa ULSS, o ad un altro dipendente dell'ULSS appartenente alla posizione apicale. Esaurita tale possibilità, si ricorre a personale appartenente alla qualifica immediatamente inferiore del corrispondente profilo professionale e purché in possesso dei requisiti previsti dalla legge nazionale; come soluzione alternativa, si può ricorrere al comando anche a tempo parziale di un responsabile del corrispondente settore di altra ULSS, attivando le procedure di mobilità previste dall'ordinamento del personale delle ULSS.

Se invece la vacanza si verifica per cessazione dal servizio da parte del titolare, le funzioni sono assegnate all'interno dell'Ufficio di direzione o all'interno del settore vacante previa indizione, in quest'ultimo caso, delle procedure concorsuali per la copertura del posto.

 

25.13 Il coordinamento dell'Ufficio di direzione.

Il modello funzionale prevede che il coordinamento dell'Ufficio di direzione, assicurato nei modi stabiliti dal D.P.R. n. 761 del 1979 e dalle leggi attuative regionali, consiste nell'assicurare il funzionamento collegiale dell'Ufficio e nel garantire all'interno delle singole aree di coordinamento, rispettivamente sanitaria, amministrativa e sociale, l'integrazione dei compiti affidati ai singoli settori, promuovendo tutte le volte che sia necessario interventi del comitato di gestione nei casi non altrimenti risolvibili.

Oltre a ciò la funzione di coordinamento può comportare l'affidamento di incarichi speciali da parte del comitato di gestione, per compiti da svolgere nel rispetto dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi.

I coordinatori sovraintendono ai servizi comuni dell'Ufficio di direzione.

Il modello funzionale del S.S.R. intende sotto questa dizione un gruppo di servizi che non possono essere attribuiti a singoli settori perché finalizzati al funzionamento del comitato di gestione o dell'Ufficio di direzione nel suo complesso, oppure funzionali all'attività di più settori.

In concreto trattasi: della segreteria degli organi politico-amministrativi dell'ULSS e dell'Ufficio di direzione; della struttura tecnica per l'aggiornamento del piano, per la verifica dei progetti-obiettivo, per la gestione del sistema informativo socio-sanitario locale; della struttura per il coordinamento della mobilità e della rotazione del personale tra i servizi delle altre aree funzionali: delle unità operative destinate a compiti di vigilanza ed ispezione sull'ambiente.

L'affidamento della responsabilità ai coordinatori ha lo scopo di garantire la direzione organizzativa di questi servizi, fermo restando il vincolo della disponibilità per tutta l'area centrale. Pertanto tali servizi vengono incorporati transitoriamente nei settori di cui sono titolari i coordinatori pro-tempore, a seconda della rilevanza sanitaria o amministrativa degli affari trattati.

 

25.14 Problemi di profilo professionale.

L'Ufficio di responsabile di settore e quello di coordinatore dell'Ufficio di direzione richiedono il possesso di specifiche professionalità, aggiuntive a quelle del profilo di base, in una tendenza che va verso la delineazione di un apposito profilo.

Ciò discende dal fatto che l'Ufficio di direzione deve acquistare un'impronta sempre più proiettata verso la programmazione dell'attività, mentre i problemi relativi all'organizzazione degli interventi all'interno delle singole aree funzionali e servizi debbono essere affrontati, sempre in tendenza, direttamente dai responsabili delle aree stesse, sia pure sulla base di indirizzi e direttive di massima dell'area centrale.

Questo nuovo profilo ha come contenuti salienti: la metodologia statistica: l'epidemiologia generale ed applicata; la ricerca finalizzata e la connessa conoscenza delle lingue usate nella comunità scientifica internazionale: l'informatizzazione; la valutazione del funzionamento dei servizi in termini di flusso delle utenze, l'analisi costi-benefici e le altre valutazioni econometriche, la programmazione di bilancio e la gestione della spesa per funzioni-obiettivo; la programmazione dei fabbisogni di personale, attrezzature, presidi; il diritto sanitario nella sua evoluzione legislativa e giurisprudenziale, le tecniche amminitrative per la formalizzazione degli atti e delle altre procedure tecnico-amministrative.

Nelle materie sopra elencate (indicativamente e non in forma esaustiva né in ordine gerarchico) si richiedono non tanto conoscenze specialistiche quanto capacità di orientarsi nell'analisi dei problemi e autonomia di decisione nell'ambito di indicazioni fornite dal personale specializzato.

Quanto sopra presuppone una specifica qualificazione come requisito per l'accesso alla posizione funzionale di responsabile di settore, e iniziative continue di aggiornamento per il personale in carica.

Considerazioni analoghe valgono per i coordinatori, per fare in modo che alla fiduciarietà dell'incarico corrisponda il riscontro di capacità oggettivamente determinabili anche sulla base di idonee esperienze formative.

 

Capitolo 25.2: «Il coordinamento delle aree di base».

25.20 Introduzione.

L'esigenza del coordinamento nelle aree di base va ricollegato alla problematica del distretto, con particolare riguardo alle questioni concernenti gli operatori.

Gli operatori del distretto costituiscono un'équipe, composta da persone portatrici di distinte professionalità e con ruoli da svolgere nella più completa autonomia professionale.

Nel distretto di base, pertanto, non c'è nessuna struttura gerarchica. Il fatto che occorra garantire in maniera organica il funzionamento di tutti i servizi del distretto e i rapporti con le altre aree funzionali e con l'Ufficio di direzione, delimita uno spazio per una funzione di coordinamento.

Non essendoci contenuti gerarchici, sono presupposti del coordinamento il programma di lavoro del distretto e il coinvolgimento dei servizi di distretto nei programmi delle altre aree funzionali. La funzione di coordinamento si evidenzia in particolare con la predisposizione del programma, con il controllo della sua attuazione con le scadenze fissate, con il conseguente rapporto con la popolazione, con la valutazione dell'attività.

Il profilo di questo ruolo porta a far cadere la scelta sulla figura di un medico a rapporto di lavoro di dipendenza; questo medico deve essere «residenziale» non fa parte cioè dell'Ufficio di direzione, è un medico di comunità in quanto tale egli non è assorbito esclusivamente dalle funzioni organizzative e di coordinamento, ma conserva il ruolo e la figura professionale di medico nell'accezione tradizionale del termine. A questo riguardo il rapporto di servizio a tempo pieno nella misura in cui esclude il medico di comunità dalla pratica clinica, può recare qualche pregiudizio alla compiutezza della sua professionalità.

Si pone al riguardo l'esigenza di definire con più accuratezza il profilo di questo medico di comunità, anche per determinare le modalità di accesso al ruolo, e di specificarne i moduli formativi.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 25.2 si articola nei seguenti paragrafi:

- il profilo del coordinamento (25.21);

- l'accesso alla funzione (25.22);

- la prospettiva del medico di comunità (25.23).

 

(27) Paragrafo abrogato dall'art. 6, L.R. 24 dicembre 1992, n. 24.

 

 

25.21 Il profilo del coordinamento.

Il modello funzionale del S.S.R. prevede un momento organizzativo a livello di base, consistente nel coordinamento delle attività del distretto. Tale funzioni si svolge nei confronti dei membri dell'équipe di base, senza sovrapposizioni gerarchiche data la completa autonomia tecnico-funzionale degli operatori sul territorio.

Il modello funzionale prevede altresì che il coordinamento sia affidato ad un medico, in quanto il profilo professionale del medico e quello che nell'ambito dell'équipe ha le maggiori potenzialità di sintesi dei problemi della salute. Deve trattarsi di un medico dipendente, per le caratteristiche del lavoro che prefigurano quelle del futuro medico di comunità.

Il ruolo del coordinatore è quello di programmare lo svolgimento delle attività dell'équipe in rapporto sia agli obiettivi fissati autonomamente nel distretto sia a compiti che vengono a ricadere sul distretto per effetto di programmi di lavoro disposti dall'Ufficio di direzione.

Sotto il primo profilo l'attività di coordinamento presuppone la formazione di programmi di lavoro

concordati dall'équipe con il concorso del comitato partecipativo.

Sotto il secondo aspetto, i responsabili di settore dell'Ufficio di direzione trasmettono al coordinatore di distretto gli obiettivi programmatici e le scadenze del lavoro, aggiungendo quando occorra proprie direttive di massima a contenuto tecnico, per garantire l'omogeneità dei programmi su tutta l'area dell'ULSS.

Sulla base di queste sollecitazioni il coordinatore di distretto predispone i piani operativi, distribuisce gli impegni tra i membri dell'équipe, fissa le relative scadenze e sovraintende allo svolgimento delle attività.

L'attività di coordinamento nel distretto si basa dunque su direttive di carattere organizzativo impartite dal coordinatore in conseguenza di programmi stabiliti in concorso con i membri dell'équipe. Quando non vi sia accordo preventivo sugli obiettivi o sulle modalità per realizzarli, il coordinatore può rimettere la questione all'Ufficio di direzione.

Le disposizioni amministrative concernenti il servizio degli operatori dipendenti sono adottate dall'Ufficio di direzione dell'ULSS sentito il coordinatore. Quando siano determinanti sulla funzionalità del distretto, esse sono sottomesse all'intesa con il coordinatore.

Il coordinatore. in quanto prefigurazione del futuro medico di comunità, sovraintende alle attività di assistenza domiciliare e di aiuto domestico-familiare. È inoltre responsabile sanitario delle attività realizzate nel presidio distrettuale nonché nel paraospedale e nelle residenze protette eventualmente presenti nel territorio di sua competenza. La responsabilità sanitaria lascia integre le responsabilità degli operatori addetti alle funzioni di assistenza diretta.

Nello svolgimento delle sue funzioni il coordinatore di distretto si avvale degli strumenti informativi indicati nel capitolo sul distretto. Al riguardo, il coordinatore, in quanto interlocutore diretto dell'Ufficio di direzione, è il punto di riferimento locale del sistema informativo socio-sanitario.

 

25.22 L'accesso alla funzione.

Il modello funzionale del S.S.R. prevede che l'accesso all'ufficio di coordinatore del distretto di base sia riservato a medici dipendenti assegnati a funzioni territoriali, con esclusione quindi dei medici che operano nelle altre aree funzionali. A tal uopo la pianta organica dell'ULSS prevede che in ogni distretto vi sia almeno un medico con rapporto di lavoro dipendente.

Nella fase transitoria l'assegnazione viene falla automaticamente al medico condotto che abbia optato per il S.S.N.; in carenza si procederà ad assunzioni con le modalità concorsuali previste dalla normativa nazionale e regionale.

Qualora vi siano più aspiranti, si seguono procedure concorsuali interne all'ULSS, che debbono prendere in considerazione non solo l'anzianità di servizio ma anche il possesso di requisiti oggettivamente determinabili, tra cui assumono valore determinante il possesso di una adeguata specializzazione universitaria, consolidata con iniziative di aggiornamento predisposte dalla Regione.

Quanto sopra riguarda la fase attuale dell'ordinamento del personale del S.S.N., in cui questa funzione non è prevista espressamente e quindi non è delineata nei suoi contorni in termini di «carriera» (requisiti professionali e modalità di accesso).

Per il coordinatore di distretto non è prevista l'opzione per il tempo pieno in quanto le limitazioni di scelte di assistibili previste dalla convenzione unica per la medicina generica lasciano spazi sufficienti nell'orario di servizio da dedicare alle funzioni inerenti la medicina di comunità. D'altro canto l'opzione per il tempo pieno comporta l'esclusione dall'attività diagnostico-terapeutica e quindi dalla pratica clinica: è da valutare se tale soluzione non danneggi la professionalità di un medico che, a differenza di chi svolge esclusivamente compiti organizzativi e di direzione negli uffici dell'area centrale, deve occuparsi di educazione sanitaria, medicina preventiva diagnostico-precoce, valutazione dei rischi in rapporto a fattori comportamentali e via dicendo.

Il modello funzionale non prevede che l'incarico di coordinatore possa essere assegnato agli ex-medici condotti che abbiano fatto opzione per il tempo parziale, quanto meno fino alla definizione giuridica di questo tipo di rapporto che non ha precedenti rilevanti nell'area del pubblico impiego. Non è ancora chiarito se il medico a tempo parziale possa essere omologato ai medici dipendenti, o se sia un'altra cosa. In altri termini è da chiarire se il medico a tempo parziale sia una figura transitoria, ad «estinzione», o se sia destinalo ad avere una collocazione in via definitiva nell'ordinamento del personale; in quest'ultimo caso la preclusione di cui sopra potrà essere riconsiderata.

 

25.23 La prospettiva del medico di comunità.

Il modello funzionale del S.S.R. adotta la dizione «coordinatore del distretto» in via provvisoria, nelle more della definizione di un nuovo profilo professionale per un operatore, medico specificamente addetto alla direzione delle attività sanitarie di base.

Al riguardo, il modello funzionale si richiama al dibattito culturale che si sta sviluppando al livello internazionale sulla figura del così detto «medico di comunità» di cui esistono già alcune espressioni in qualche ordinamento sanitario.

Nel trasferire questo dibattito nella realtà italiana, va preso in considerazione da una parte il contesto generale dell'ordinamento sanitario «riformato», e dall'altra la preesistenza dell'istituto della condotta medica e della figura del medico condotto. Infatti, ad onta della evoluzione subita in questi ultimi decenni anche per responsabilità del sistema mutualistico, la condotta medica rappresenta un patrimonio di grosso rilievo essendo stata per secoli pressoché l'unica struttura di medicina pubblica.

Con il passaggio al servizio sanitario nazionale, cioè ad un servizio tipicamente pubblico, non può essere ignorata tale preesistenza, e tanto meno può essere accettata l'ipotesi della fine di un presidio che, trasformandosi ed adeguandosi all'evolversi della storia, ha mantenuto attraverso i secoli il suo ruolo di struttura di medicina pubblica. Si tratta di adeguare alla nuova realtà sia la forma che i contenuti dell'istituto della condotta; il modello funzionale del S.S.R. sviluppa in questo senso il discorso nei capitoli dedicati al distretto di base.

Per quanto riguarda la figura dell'operatore medico del distretto, l'ordinamento del S.S.N. non può ignorare la preesistenza del medico condotto, ne abolire ogni traccia di presenza nel territorio di un medico «fiduciario» della comunità. In tal senso il modello funzionale del S.S.R. vuole avviare una sperimentazione diretta a verificare nell'intreccio teoria-pratica la validità dei presupposti di cui sopra, recuperando il significato profondo del dibattito internazionale, senza però aderire a modelli di sorta, specie se costruiti in altri Paesi e quindi in altri contesti istituzionali.

Nell'aprire questa problematica, il modello funzionale è consapevole che la sua evoluzione è legata al maturare di decisioni del livello nazionale, e non soltanto sul versante sanitario: occorre al riguardo che la delineazione del profilo funzionale del medico di comunità (da definire in sede di ordinamento del personale del S.S.N.) si accompagni anche alla definizione del relativo curricolo formativo, e che l'Università si faccia carico della responsabilità di formare questo nuovo «specialista».

 

Capitolo 25.3: «Il coordinamento del dipartimento».

25.30 Introduzione.

La centralità dell'organizzazione dipartimentale negli obiettivi di ristrutturazione delle aree integrative richiede che venga precisato il profilo del coordinamento dell'area dipartimentale.

Il modello funzionale recupera al riguardo i contenuti innovativi dell'ordinamento del personale delle ULSS, in particolare laddove la responsabilità della condotta diagnostico-terapeutica, fin qui attribuita alla figura apicale (il primario) viene allargata alla posizione funzionale immediatamente inferiore (l'aiuto).

Anche se l'allineamento non è totale in quanto permangono in capo al primario funzioni di direttiva sugli indirizzi terapeutici, nonché la facoltà di avocare in casi particolari la responsabilità assistenziale, si tratta di un sostanzioso passo in avanti verso la degerarchizzazione dei ruoli.

Un ulteriore passo avanti deve essere compiuto attraverso la delineazione di una nuova funzione, quella appunto del coordinamento dipartimentale. Anche a questo proposito occorre procedere al recupero di un Aspetto del nuovo ordinamento, che ha trovato finora scarsa applicazione: le specifiche funzioni del medico di prima fascia che è chiamato a sovraintendere all'attività di ricerca e alla didattica nell'area che gli è affidata.

Il modello funzionale indica la necessità di valorizzare questo aspetto dandogli attuazione anche con lo scopo di delineare i contorni del coordinamento. Infatti un dipartimento ricomprende di norma più primari; e se è giusto che ciascuno sovraintenda all'andamento delle attività didattico-scientifiche nella propria area operativa, in base alla sua specifica professionalità, è anche inevitabile che questi obiettivi siano raccordati tra loro e messi in fase con gli stimoli offerti dagli obiettivi complessivi dell'ULSS, e in particolare dai progetti del «Piano».

Aggiungasi a ciò la necessità di provvedere a funzioni organizzative in senso stretto, funzioni che vengono a ricadere sull'area dipartimentale man mano che si ristrutturano i compiti delle attuali direzioni sanitarie.

Il discorso porta alla delineazione di un ruolo non gerarchico, che si assuma la responsabilità della scorrevolezza dei rapporti interni all'area dipartimentale, diriga sul piano organizzativo le attività a carattere collegiale, sia il punto di riferimento dell'Ufficio di direzione per quanto concerne la programmazione dell'attività.

Tale ruolo non può che essere fiduciario, ossia deve derivare da meccanismi elettivi interni o da altre forme di concerto sempre interne al dipartimento. Non essendo un ruolo strutturato, esso è soggetto a conferma con gli stessi meccanismi.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 25.3 si articola nei seguenti paragrafi:

- la ripartizione delle responsabilità all'interno del dipartimento (25.31);

- il profilo del coordinamento (25.32).

 

 

25.31 La ripartizione delle responsabilità nel dipartimento.

A premessa della definizione della funzione di coordinamento nell'area dipartimentale, il modello funzionale del S.S.R. pone la ridistribuzione delle responsabilità tra i medici appartenenti alle prime due fasce, quella apicale (corrispondente al ruolo da primari ed assimilati) e quella immediatamente inferiore (corrispondente al ruolo degli aiuti ed assimilati).

Il nuovo ordinamento del personale del S.S.N. evidenzia tre distinte responsabilità, diversamente distribuite tra le singole fasce dei medici.

Una prima responsabilità concerne il giudizio diagnostico e la condotta terapeutica che sono di attribuzioni di entrambe le fasce: quindi i medici della posizione apicale e di quella intermedia sono autonomi nelle attività assistenziali nei confronti dei pazienti loro affidati.

Va notato che questa innovazione trova riscontro sul versante dei medici universitari a seguito del nuovo ordinamento sulla docenza, che da questo punto di vista non fa più distinzione tra i professori ordinari e i professori associati (equiparabili rispettivamente alla fascia degli apicali e a quella intermedia).

In realtà tale autonomia non è assoluta per la seconda fascia, in quanto al medico della prima fascia compete sia il diritto di esprimere direttive di massima sulla condotta diagnostico-terapeutica sia la facoltà di avocare a sé la cura di pazienti affidati a medici della fascia intermedia in tal caso provvedendo direttamente all'assistenza. E questo configura un secondo grado di responsabilità, riservata appunto al primario.

Un terzo tipo di responsabilità si riferisce agli aspetti non assistenziali dell'attività del dipartimento: organizzazione del lavoro, didattica e ricerca. Il D.P.R. n. 761 del 1979 assegna queste responsabilità alla figura apicale, ma si tratta di attività che presuppongono una proiezione più grande dell'area assegnata ad un primario per cui, salvaguardando le competenze di quest'ultimo, è opportuno risalire ad un'area decisionale più ampia, per l'appunto dipartimentale.

Il dipartimento costituisce pertanto l'ambito ottimale per il coordinamento di funzioni che non hanno ragione di essere frantumate in quanto si potenziano nella misura in cui vengono allargate, senza oltrepassare i limiti oltre i quali cessa l'omogeneità delle funzioni stesse.

 

25.32 Il profilo del coordinamento di dipartimento.

Le funzioni di coordinamento del dipartimento concernono l'organizzazione generale del lavoro, la didattica e la ricerca.

Le questioni di carattere organizzativo concernono il funzionamento routinario, ossia una parte delle attività precedentemente svolte dalla direzione sanitaria ospedaliera, e che in un'ottica di autonomia tecnico-funzionale dei servizi non hanno ragione di essere scorporate e allontanate dall'area dipartimentale. Si tratta di funzioni da svolgere all'interno di linee organizzative di carattere generale disposte dall'Ufficio di direzione, e con risorse determinate a livello centrale. Salvaguardando queste competenze dell'area centrale, le decisioni organizzative di carattere ordinario vanno ricondotte nell'area dipartimentale.

Anche per quanto concerne la didattica e la ricerca si configurano funzioni organizzative da svolgere in termini di coordinamento, in relazione a programmi che impegnano gli operatori dell'area dipartimentale e che pertanto debbono essere svolti organicamente nel quadro dell'attività complessiva della struttura.

Il coordinamento di queste attività presuppone che l'Ufficio di direzione esprima linee direttive generali e programmi «cornice». Si tratta infatti di programmi di formazione continua rivolti agli operatori del dipartimento, e di assistenza al tirocinio dei medici in formazione e degli allievi-infermieri, nonché degli allievi delle scuole di specializzazione medica (in quest'ultimo caso, secondo gli accordi derivanti dalla convenzione con l'Università).

Per quanto concerne la ricerca e l'attività scientifica in genere, funzioni di coordinamento si impongono per il raccordo interdisciplinare, per l'uso delle strutture assistenziali, per la ripartizione dell'uso delle altre risorse. Ovviamente le funzioni di coordinamento non investono il merito delle attività di formazione e di ricerca, che procedono mediante gruppi di lavoro appositamente costituiti.

Al coordinamento dell'area dipartimentale è affidata infine la gestione dei fondi, sia dei fondi economali nel caso che ogni area disponga di un suo budget, sia dei fondi assegnati per la formazione e la ricerca.

Come nel distretto, anche nell'area dipartimentale il coordinatore interloquisce direttamente con l'Ufficio di direzione.

Per quanto concerne l'individuazione del responsabile del coordinamento, il modello funzionale si basa sul presupposto che trattasi di un «primus inter pares», e prevede pertanto che la nomina avvenga tra i medici appartenenti alla posizione apicale, mediante elezione diretta o mediante designazione da parte di un comitato direttivo a sua volta composto in modo da ricomprendere sia i medici delle due fasce di responsabilità, sia una rappresentanza delle altre componenti della struttura (assistenti, medici in formazione, infermieri ed altre componenti non mediche).

L'incarico di coordinatore ha durata prefissata e può essere rinnovato alla scadenza.

Trattandosi di una posizione funzionale senza rilievo nell'ordinamento del personale, l'ufficio di coordinatore non comporta alcuna retribuzione aggiuntiva.

 

Capitolo 25.4: I rapporti tra livelli decisionali.

25.40 Introduzione.

La parte del modello funzionale dedicata ai rapporti tra l'area centrale e il comitato di gestione contiene indicazioni necessariamente limitate, atteso che uno strumento programmatorio regionale non può fare ingerenza sul funzionamento di un organismo politico, per giunta di derivazione elettiva.

Tuttavia è indispensabile completare il quadro dei coordinamenti funzionali ed organizzativi dell'ULSS con la delineazione di uno sfondo ottimale di rapporti funzionali del comitato di gestione con la struttura.

L'ULSS costituisce infatti una realtà del tutto nuova nell'ordinamento istituzionale italiano: essa è una struttura a direzione politica, finalizzata però ad interventi estremamente tecnici, e quindi con un notevole fabbisogno di gestione tecnica.

Il punto di saldatura per rendere governabili questi due momenti e comporli in una sintesi produttiva va ricercato all'interno del principio dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi, garantita dalla legge 833 e recuperata anche nella L.R. 65.

Il principio dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi comporta che si faccia combaciare la responsabilità con la competenza, e che laddove l'assunzione di responsabilità presupponga il possesso di competenze tecniche, essa sia portata a livello del tecnico.

L'applicazione di questo principio in una struttura a direzione politica come l'ULSS deve essere filtrata attraverso la valutazione di altri due momenti: la garanzia dell'equilibrio complessivo della gestione e la salvaguardia degli interessi generali della popolazione.

Sotto il primo aspetto, va considerato nell'orbita dell'autonomia tecnico-funzionale un atto che richieda competenze racchiuse in una sola professionalità, non surrogabili ricorrendo ad altri apporti professionali: ad esempio, l'adozione in via di urgenza di un provvedimento di profilassi delle malattie infettive, a salvaguardia dell'incolumità pubblica, la selezione dei farmaci per l'elenco terapeutico, la scelta di attrezzature ad elevato e specifico contenuto tecnologico ed altre simili materie per le quali il momento tecnico deve avere unico limite che le procedure amministrative siano adottate nell'assoluto rispetto della legge.

Tutto ciò che invece richiede valutazioni più complesse, frutto dell'apporto di professionalità diverse, che è quindi soggetto a un giudizio di sintesi, non rientra nell'ambito dell'autonomia tecnico-funzionale.

Sotto il secondo aspetto, va configurata nell'autonomia tecnico-funzionale la organizzazione del servizio nell'ambito della propria area di operatività. Il limite sta nell'adeguare l'uso delle risorse alle disponibilità correnti.

Non rientra nell'autonomia tecnico-funzionale la decisione su modalità organizzative che comportino una differenziazione nella fruizione dei servizi da parte della popolazione e da parte delle strutture territoriali, con riguardo particolare ai regolamenti e ai protocolli di accesso.

Per quanto concerne l'Ufficio di direzione, l'autonomia tecnico-funzionale va strumentata con un regolamento, perché la convivenza continua del momento politico con il momento tecnico può dar luogo a fruizioni e situazioni conflittuali non positive, oltre che a deresponsabilizzazione sull'uno o sull'altro versante, o su entrambi.

In questo regolamento, il momento collegiale dell'ufficio di direzione deve configurare uno spazio per una sorta di funzione consultiva obbligatoria, che pur lasciando libero l'organismo politico di decidere secondo le proprie valutazioni, lo impegni a motivare le decisioni difformi rispetto al pronunciamento preventivo dell'Ufficio

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 25.4 si articola nei seguenti paragrafi:

- l'autonomia tecnico-funzionale dei servizi (25.41);

- i rapporti con il Comitato di gestione (25.42);

- i rapporti tra le varie aree funzionali (25.43).

 

 

25.41 L'autonomia tecnico funzionale dei servizi.

Gli obiettivi di Piano in ordine alla realizzazione del principio dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi assumono un particolare significato strategico in quanto offrono una risposta concreta a quella fascia di opinione pubblica che attribuisce le inefficienze (vere e presunte) delle ULSS alla prevaricazione del momento tecnico-gestionale da parte dei livelli politico-gestionali.

Infatti, a parte certe strumentalità della polemica, resta il fatto che in un sistema così altamente tecnicizzato come quello sanitario, la corrispondenza tra livelli di responsabilità e livelli di competenza e pregiudiziale alla funzionalità del servizio: in altri termini, le decisioni a contenuto essenzialmente tecnico non possono che competere a chi è in possesso delle conoscenze che sono alla base della decisione stessa.

Tale orientamento non può però restare allo stadio delle affermazioni di principio; esso va regolamentato a livello di ULSS, sulla base di norme di principio contenute nella legge regionale. D'altra parte non serve rivendicare in astratto spazi di autonomia tecnico-funzionale per i responsabili dei servizi, se i destinatari di questo discorso non si rendono in grado di occupare tali spazi con competenze reali.

Pertanto l'obiettivo dall'autonomia tecnico-funzionale va perseguito sia sul piano di una normativa garantistica, che su quello della formazione manageriale.

La normativa dovrà ritagliare con chiarezza gli ambiti di competenza del Comitato di gestione, dell'Ufficio di direzione e dei responsabili delle singole aree operative.

La formazione manageriale dovrà fornire ai responsabili dei servizi (centrali ed operativi) gli strumenti per far fronte alla loro funzione. Al riguardo va individuato innanzitutto un modulo formativo trasversale, finalizzato all'acquisizione di conoscenze necessarie alla funzione dirigenziale, a prescindere dalla specifica collocazione dell'operatore.

Questo modulo ricomprenderà materie comuni a tutta questa fascia di quadri, dall'epidemiologia all'informazione e informatica, dall'analisi costi-efficienza alle valutazioni di efficacia, dalla gestione economico-finanziaria al diritto sanitario, e via dicendo. In tutte queste materie si tratta di realizzare una piattaforma omogenea, per tutti coloro che partecipano di funzioni dirigenziali, perché possano colloquiare tra loro e fruire di pari livelli di valutazione.

Su questa piattaforma, necessariamente non specialistica, si inseriranno i moduli formativi verticali, per ogni profilo ricompreso nell'area delle funzioni organizzative e centrali. Questi moduli, al contrario del primo, saranno molto specialistici, in quanto finalizzati all'esercizio di responsabilità specifiche.

Data la peculiarità di questa fascia di operatori, occorrerà prevedere una metodologia formativa fatta di un intreccio tra preparazione iniziale (che dovrebbe costituire requisito per l'accesso al posto) e aggiornamento tecnico-professionale (da rendere obbligatorio).

Per le sue caratteristiche contenutistiche e metodologiche, questo tipo di formazione richiederà un forte contributo di apporti dall'esterno del S.S.N., e in primo luogo dall'Università di Perugia.

 

25.42 I rapporti con il comitato di gestione.

Il modello funzionale del S.S.R. prevede che il principio dell'autonomia tecnico-funzionale dei servizi, applicato ai rapporti tra l'Ufficio di direzione e il Comitato di gestione, sia sostenuto da una normativa che garantisca il livello tecnico da prevaricazioni da parte del livello amministrativo. e il livello amministrativo da indebite ingerenze tecniche nell'area delle decisioni fondamentali.

Una parte di questa normativa non può che trovare la sua fonte nella legislazione statale: solo in quella sede infatti possono essere dettate norme sul funzionamento e l'organizzazione interna del Comitato di gestione. Si tratta di scegliere tra un modello «assessorile» e un modello «integrato» il primo, il cui riferimento più immediato sono le giunte degli enti locali, porta inevitabilmente alla concentrazione di tutte le decisioni nell'organo di gestione: il secondo, che ha come punto di riferimento il consiglio di amministrazione di un'azienda, è più agibile sul piano del decentramento delle decisioni, con l'affidamento al momento tecnico di tutte le decisioni a contenuto essenzialmente tecnico (che costituiscono la grande maggioranza delle decisioni di un organismo sostanzialmente tecnico come l'ULSS.

Appartiene alla competenza della normativa regionale spostare dall'area della deliberazione formale a quella delle disposizioni di servizio una serie di atti esecutivi rispetto a precedenti decisioni programmatiche, e per i quali non si pongano problemi di spesa o, se si pongano, questi siano mera attuazione di decisioni di finanziamento adottate nei modi formalmente perfetti.

Sullo sfondo di questa problematica stanno le questioni della così detta rilevanza esterna di alcune categorie di attività tecnico-amministrative, con conseguente individuazione di un'area di decisioni che si proiettano all'esterno della struttura, incidendo sui comportamenti dei cittadini.

Questo problema potrebbe avere qualche rilevanza nel caso di provvedimenti in occasione di emergenze sanitarie, per i quali l'ordinamento amministrativo italiano prevedeva a suo tempo potestà di ordinanza da parte dell'ufficiale sanitario e del medico provinciale, a determinate condizioni e con determinate limitazioni.

 

25.43 I rapporti tra le varie aree funzionali.

Riguardo al problema del rapporto tra le varie aree funzionali dell'ULSS, il modello dei servizi prospetta soluzioni che traggono ispirazione dalla legge regionale n. 65 del 1979 sull'organizzazione del S.S.R.

La legge 65 colloca infatti le aree funzionali (di base, cioè i distretti; integrative, cioè i servizi specialistici ed ospedalieri; e centrali, cioè l'Ufficio di direzione) su livelli analoghi in modo che non si configuri una piramide gerarchica. Si tratta dell'unica maniera corretta per non incappare in soluzioni burocratiche condannate dalle esperienze del sistema precedente, e rese quanto mai problematiche dal nuovo ordinamento del personale delle ULSS, nel quale l'area dell'apicalità non è ristretta su poche figure dirigenziali ma è allargata a tutte le strutture operative. I suoi compiti nei confronti di queste ultime si esplicano sul piano della programmazione dell'attività nonché sotto forma di direttive di massima per l'organizzazione dei servizi.

Ritorna anche a questo proposito il principio dell'autonomia tecnico-funzionale in base al quale chi ha la responsabilità di un settore di intervento deve poter agire usando discrezionalmente i propri strumenti di valutazione, tanto più se è pervenuto alla posizione dirigenziale sulla base del possesso di determinati requisiti selettivi.

Questo tipo di rapporto fa emergere l'esigenza di adoperare oggettivi metodi di valutazione dell'attività svolta, poiché il momento più significativo della funzione di coordinamento, dopo l'impostazione programmatica, è la capacità di confrontare i risultati raggiunti con gli obiettivi di partenza.

 

Sezione 3 - I Progetti

 

Sottosezione 30. I progetti

 

30.1 La filosofia dei progetti.

30.2 Generalità sui progetti.

 

Capitolo 30.1: «La filosofia dei progetti».

30.10 Introduzione.

Allo scopo di orientare l'attività complessiva del Servizio sanitario regionale verso una trasformazione che sia coerente con i presupposti e gli obiettivi della riforma, il Piano regionale impegna le ULSS ad una programmazione per progetti.

I progetti del Piano regionale non prefigurano blocchi di interventi aggiuntivi rispetto alle azioni condotte nei singoli campi di intervento. Essi costituiscono una piattaforma per orientare tali azioni intorno a linee-guida che nel fissare ed evidenziare gli obiettivi rilevanti per il complesso del sistema socio-sanitario, consentano di dare omogeneità al sistema nell'ambito regionale, di confrontare la coerenza delle singole azioni e di misurare il cammino percorso lungo la direttrice di marcia principale.

I progetti del Piano regionale richiedono di essere specificati nei programmi comprensoriali delle singole ULSS. Essi sono pertanto presentati a maglie larghe, come modelli non rigidi, con la sola eccezione di alcuni vincoli posti in corrispondenza dei «colli di bottiglia» del processo programmatorio.

Il «Piano» prevede quattro serie di progetti:

- progetti di sintesi generale, che affrontano in termini sosprattutto di prevenzione problematiche relative a situazioni di rischio riferite a grandi fasce di popolazione; si tratta di progetti che contengono obiettivi ad elevata potenzialità di integrazione intersettoriale così da rompere la compartimentazione degli interventi ereditata dal sistema precedente la riforma (progetti-obiettivo);

- progetti finalizzati alla lotta contro le malattie di elevata rilevanze epidemiologica; si tratta di progetti che affrontano le problematiche connesse a bisogni individuali di assistenza, classificati in relazione a grandi capitoli di patologia, e che puntano ala riconversione e razionalizzazione degli interventi per salvaguardare un corretto rapporto costi-benefici e al potenziamento dei loro effetti in termini di efficacia (progetti-finalizzati);

- progetti per la qualificazione dei servizi e per la razionalizzazione dell'uso delle risorse, che selezionano interventi di riconversione nei settori dove è più acceso il dibattito pubblico sugli squilibri della finanza sanitaria e più pressante la richiesta di risparmi, e ciò anche per il convincimento, non sempre e non dappertutto fondato, che si tratta di settori largamente interessati da fenomeni di sprechi e di consumismo fine a sé stesso (progetti-risorse);

- progetti per la riorganizzazione dei servizi relativamente ad alcuni settori nei quali esistono rilevanti problematiche di coordinamento e riorganizzazione, per effetto sia dei mutamenti indotti dalla legge 833 sull'assetto istituzionale del sistema sanitario, sia delle interconnessioni su scala regionale dei servizi

stessi (progetti di settore).

 

 

30.11 I progetti-obiettivo.

Con i progetti-obiettivo il «Piano» indica una metodologia di approccio ai problemi della tutela socio-sanitaria basata sulla elaborazione e realizzazione di programmi che affrontano organicamente le situazioni di rischio cui sono esposte larghe fasce di popolazione.

I progetti-obiettivo si caratterizzano pertanto per essere «trasversali» e per puntare alla soluzione dei problemi in chiave principalmente di prevenzione: prevenzione primaria, ma anche prevenzione finalizzata alla liberazione dal bisogno di ulteriori interventi assistenziali, attraverso l'attivazione di tutte le risorse disponibili per la riabilitazione ed il reinserimento sociale.

Il Piano socio-sanitario propone cinque progetti-obiettivo, relativamente ad altrettante strategie per affrontare i bisogni di popolazioni accomunate dalla esposizione a larghe fasce di rischio.

Una prima strategia concerne la tutela sanitaria dell'ambiente di vita, nelle sue relazioni con gli assetti territoriali nonché con i processi produttivi che avvengono all'interno degli ambienti di lavoro. Si tratta del progetto che, tra tutti, ha la maggiore trasversalità perché interessa senza eccezioni tutta la collettività; e si tratta inoltre del progetto in cui gli aspetti della prevenzione primaria (cioè ambientale) acquistano un predominio assoluto su tutti gli altri approcci. La strategia del progetto vuole ricondurre ad una logica unitaria le azioni volte a migliorare il rapporto uomo-ambiente, a cercare migliori condizioni di vita, a combattere gli inquinamenti e le altre nocività ambientali, ad elevare barriere contro la diffusione delle malattie infettive, ecc.

Il progetto «obiettivo-ambiente» si muove in un ottica molto più ampia di quella strettamente sanitaria, anche se la sua collocazione all'interno di un Piano socio-sanitario porta a farne emergere soluzioni tecnico-amministrative che ricadono nella competenza del S.S.N.

Una seconda strategia è riferita alla tutela della salute della donna e alla protezione socio-sanitaria materno-infantile e dell'età evolutiva. Il relativo progetto individua come popolazione «a rischio» la donna, nella sua specifica posizione di protagonista dell'assetto della società in ambiente extralavorativo.

Con questa premessa, agganciare la problematica della salute della donna a quella della tutela materno-infantile non significa parteggiare per una identificazione del ruolo della donna con il ruolo della maternità, ma prendere atto del fatto che la donna è il referente immediato dei problemi dello sviluppo prenatale, infantile e dell'età evolutiva; per cui senza accettare la subalternità della collocazione della donna all'interno di equilibri sociali ad essa sfavorevoli, e compito del S.S.R. mobilitare le risorse, per rendere meno precaria la capacità contrattuale di questa fascia di popolazione e per elevare le condizioni di vita e di salute.

Una terza strategia è rivolta a tutelare la salute nei luoghi di lavoro. Il luogo di lavoro è in effetti un posto ad elevata concentrazione di rischi per la salute psico-fisica di chi è coinvolto nei processi produttivi. Questo coinvolgimento si verifica in termini sempre più totalizzanti: affievolita la tradizionale differenza tra l'ambiente di lavoro nelle fabbriche e nelle campagne per l'uso sempre più intenso di sostanze chimiche sui terreni, nei mangimi etc., e per la crescente meccanizzazione del lavoro agricolo, la riduzione dei livelli di nocività nei lavori tradizionali, sposta il rischio su campi nuovi anche dal punto di vista delle conoscenze dei mezzi per affrontarle. Il ritmo crescente delle modificazioni tecnologiche cambia sempre più rapidamente il quadro d'assieme delle condizioni di lavoro, e non è sempre possibile percepire l'emergenza di situazioni di rischio a livello della salute psicofisica, se all'evoluzione dei fattori di rischio non corrisponde una riconsiderazione, innanzitutto culturale, delle modalità di intervento: anche perché il contesto generale al cui interno di cala il problema della salute nei luoghi di lavoro non è dei più favorevoli, caratterizzato com'è da un intreccio di crisi e di ristrutturazione produttiva.

La quarta strategia concerne la condizione socio-sanitaria dell'anziano, vista anche questa come condizione strutturale di una società in cui lo spostamento della durata media della vita e il favorevole andamento degli altri indici concernenti la speranza di vita si riflette sugli assetti sociali attraverso una serie di problemi nuovi, di domande più o meno espresse, di bisogni da soddisfare per garantire adeguati livelli di civiltà; il tutto nell'ambito di una congiuntura finanziaria tutt'altro che favorevole all'espansione della spesa pubblica.

La quinta strategia è rivolta alla tutela delle fasce marginali di popolazione. La trasversalità dell'approccio vuole ricomprendere in questo caso i vari gruppi di popolazione ad elevato rischio di emarginazione per cause legate a una debolezza contrattuale, che a sua volta discende dalla scarsa o nulla competitività dei soggetti sul piano degli impegni produttivi della società. È questo il progetto che più degli altri si caratterizza per i contenuti di riabilitazione, sia come recupero psico-fisico che come reinserimento sociale; ed è anche qui che si concentrano maggiormente le interconnessioni tra «sanitario» e «sociale», per cui il progetto «obiettivo fasce marginali» va considerato anche come banco di prova per la validità e la fattibilità dell'integrazione socio-sanitaria.

Per concludere, i progetti-obiettivo costituiscono un blocco di interventi prioritari su cui deve concentrarsi l'impegno di tutti i soggetti del S.S.R. Essi non sono pertanto un di più rispetto agli obiettivi ordinari, ma sono piuttosto una filosofia di intervento. La loro realizzazione impegna le risorse ordinarie del S.S.R. (in termini di conoscenze, di operatori e di dotazioni di bilancio); nonché i servizi ordinari del sistema socio-sanitario: ciò premesso, il Piano prevede norme particolari comuni a tutti i progetti-obiettivo e destina loro fondi vincolati e finalizzati, da utilizzare esclusivamente in direzione di specifici interventi non riconducibili alla gestione quotidiana dei servizi che sono chiamati ad attuarli.

 

30.12 I progetti finalizzati.

I «Progetti finalizzati per la salute» raggruppano una serie di azioni finalizzate a qualificare l'intervento delle strutture del S.S.R. sul piano dell'efficienza ed efficacia.

È presupposto dei progetti che il progresso scientifico nel campo della cultura biomedica e delle tecnologie applicative mette a disposizione delle società contemporanee mezzi imponenti per la lotta contro le malattie, tali mezzi ampliano le possibilità degli interventi in misura impensabile fino a qualche decennio fa e spostano le frontiere dell'impossibile con un ritmo mai prima d'ora conosciuto.

Tutto ciò comporta una richiesta sempre più spinta di specializzazione degli interventi, a prezzi sempre crescenti per i costi sempre più elevati di investimento e di esercizio.

Nel prendere atto di questa evoluzione, il Piano socio-sanitario regionale si fa carico anche della questione di fondo che condiziona la socializzazione di questo progresso scientifico; in particolare, si fa carico del nodo fondamentale di fronte a cui si trovano le società contemporanee, che è quello di creare le condizioni perché di questa sempre più elevata potenzialità di intervento della medicina scientifica possano usufruire tutti quelli che ne hanno bisogno, per evitare che ne usufruiscano solo quelli che possono sostenerne l'onere finanziario.

In principio, il Servizio sanitario nazionale dovrebbe garantire che tutti possano usufruire degli stessi livelli di prestazione; ma al di là delle affermazioni resta il fatto che la non illimitata espansibilità delle risorse da destinare alla salute in termini di finanziamento pubblico rischia di creare due canali di offerta: l'offerta standard (pubblica), inevitabilmente dequalificata, l'offerta integrativa (privata) che si innesta su quella pubblica e che viene di fatto riservata ai privilegiati.

Questo duplice canale diventerà una realtà se il finanziamento della spesa pubblica dovesse continuare ad essere sottostimato; ma lo diventerà anche se l'accesso alle prestazioni ad elevata efficacia non dovesse essere razionalizzato eliminando qualsiasi forma di preminenza della «spontaneità» e riconducendo le richieste all'interno di protocolli di comportamento, capaci di selezionare l'utenza in base a rigorosi presupposti di bisogno sanitario.

A questo riguardo la riforma, unificando in capo alle ULSS la gestione di tutti i servizi aventi finalità di assistenza sanitaria, ha creato un presupposto indispensabile per la razionalizzazione dell'uso delle risorse destinate all'assistenza «sofisticata». Spetta ora al Piano in sede di proposta e sopra tutto in sede di attuazione ricavare da questo presupposto tutti i risultati che possono essere raggiunti, creando le condizioni perché servizi e strutture prima operanti in regime autarchico e senza interconnessioni vengano integrati e disposti lungo un itinerario governato dalle leggi della coerenza e della consequenzialità.

I progetti finalizzati si propongono pertanto di coordinare e potenziale gli interventi a difesa della salute umana in rapporto a malattie che hanno rilevanza sul piano sociale.

Nella difficoltà di tracciare una linea di demarcazione netta di tali malattie viene assunto come criterio il rilievo epidemiologico basato sulla indigenza e prevalenza delle patologie, tale criterio viene integrato con quello dell'intensità dell'impegno richiesto dalle strutture sanitarie e socio-assestenziali.

In rapporto alla loro finalizzazione, i progetti per la salute stimolano lo sviluppo della ricerca finalizzata, cui il S.S.R. offre come «laboratorio» epidemiologico l'intera rete dei servizi cui la popolazione accede, a cominciare da quelli del medico di base. Al riguardo e senza entrare nel merito della condizione delle singole ricerche la cui responsabilità non può che essere assunta in piena autonomia dai ricercatori stessi. I progetti indirizzano alla realizzazione di iniziative multicentriche, non ripetitive, raccordate con l'Osservatorio epidemiologico regionale anche attraverso l'istituzione, dove se ne da il caso, di appositi registri di rischio.

Il Piano prevede i seguenti progetti finalizzati:

- malattie infettive e diffusive;

- cardiovascolopatie;

- cerebrovascolopatie;

- malattie tumorali;

- nefropatie croniche;

- epilessie e patologie connesse;

- malformazioni congenite;

- diabete.

 

 

30.13 I progetti-risorse.

I progetti-risorse sono i progetti finalizzati alla qualificazione dei servizi e alla razionalizzazione dell'uso delle risorse del S.S.R. in funzione di obiettivi di riequilibrio strutturale e funzionario dell'offerta dei servizi.

Rientrano in questa problematica anche obiettivi di risparmio nella spesa sanitaria, relativamente ai settori dell'intervento dove il consumo è comprimibile senza pregiudizio per la rispondenza tra le prestazioni e i bisogni individuali di salute.

Al riguardo il «Piano» indica alla collettività umbra la necessità di intervenire sul consumismo negli aspetti in cui tale fenomeno, oltre a gravare sugli equilibri finanziari, distorce l'ottica dei bisogni di salute falsificando la scala delle priorità da seguire ponendo in primo piano esigenze sfasate rispetto alle necessità reali.

In questi termini i «progetti-risorse» vogliono colpire uno dei meccanismi che intralciano la via della riforma e ne allontano le mete. Si tratta di un problema che per essere presente in tutto il Paese, è presente nella stessa Umbria anche se non caratteri meno marcati che altrove.

Di qui la sottolineatura degli aspetti strutturali del problema e non su quelli di mera riduzione della spesa. Si tratta di dare priorità agli obiettivi di ristrutturazione e riconversione, passando attraverso di essi per ottenere ricadute anche in termini di risparmio nella misura in cui l'andamento delle erogazioni del F.S.N. costringa ad intervenire anche su questo piano.

Tutto ciò considerato, i «Progetti-risorse» rientrano in una logica che se da un lato presuppone orientamenti coerenti nella politica nazionale e nelle conseguenti scelte del livello centrale, dall'altro impone il coinvolgimento degli operatori e della popolazione, e il loro contributo in termini di comportamenti ugualmente coerenti.

Al riguardo il «Piano», pur rifiutando ogni tendenza a colpevolizzare la popolazione e a fare degli operatori (medici in primo luogo) i capri espiatori per situazioni che hanno altrove le loro radici, punta però alla responsabilizzazione dell'una e degli altri, indicando questo terreno come un punto di passaggio obbligato per specifici programmi di educazione sanitaria e di aggiornamento tecnico-professionale.

Sono previsti i seguenti progetti-risorse:

- accertamenti diagnostici;

- uso dei farmaci;

- degenze ospedaliere;

- convenzionamento con strutture private.

 

 

30.14 I progetti di settore.

I progetti di settore sono finalizzati al coordinamento e alla riorganizzazione degli interventi in alcuni particolari settori che presentano specifici problemi di integrazione dei servizi nell'ambito regionale o che al limite presuppongano un funzionamento in rete regionale, a prescindere dal requisito della multizonalità.

L'esigenza della riorganizzazione e del coordinamento nasce in particolare dal fatto che la ristrutturazione istituzionale posta in essere dalla legge 833 ha cambiato profondamente il quadro di riferimento per l'organizzazione e la gestione dei servizi rispetto alla fase precedente.

In qualche caso infatti le problematiche di cui quei servizi si facevano carico hanno cessato di gravitare per intero nel comparto socio-sanitario per integrarsi in altri scomparti dell'intervento sociale.

In altri casi i precedenti assetti hanno subito l'impatto della ristrutturazione del modulo territoriale di intervento, per il passaggio dall'ambito comunale e sopra tutto provinciale all'ambito delle ULSS.

In altri casi ancora, sono venute meno alcune condizioni di separatezza rispetto al filone centrale degli interventi nel territorio.

Tutte queste condizioni hanno creato qualche difficoltà nella transizione dal vecchio al nuovo sistema, con rischi di cadute rispetto ai precedenti livelli di erogazione dei servizi.

Il Piano prevede i seguenti progetti di settore:

- formazione degli operatori ed educazione sanitaria;

- sistema informativo sanitario;

- servizi trasfusionali;

- veterinaria.

 

 

Capitolo 30.2: «Generalità sui progetti».

30.20 Introduzione.

La realizzazione dei progetti presuppone compiti distinti e specifiche responsabilità della Regione e delle ULSS.

Spetta alla Regione, nel suo ruolo di indirizzo e coordinamento, fissare criteri generali, metodologie omogenee, obiettivi comuni su tutto il territorio.

Ciò presuppone una progettazione a larghe maglie, alla cui predisposizione debbono essere chiamate a collaborare tutte le espressioni della società scientifica regionale, con l'apporto di altre competenze, quando ciò sia opportuno o necessario.

Spetta alle ULSS articolare quei criteri, specificare quelle metodologie e concretizzare quegli obiettivi sotto forma di programmi comprensoriali, dove debbono ritrovarsi le indicazioni operative che impegnino tutte le dotazioni disponibili, in quanto i progetti rappresentano un terreno di impegno prioritario per il complesso delle strutture socio-sanitarie incardinate nel S.S.R..

Problemi particolari derivano dal fatto che nella strutturazione del Fondo sanitario nazionale è previsto il vincolo di destinazione per una quota da impiegare nei progetti-obiettivo. Ciò richiede scelte, e conseguentemente criteri informatori, per la loro utilizzazione, così da garantire la specificità del loro impiego.

Sulla base di queste considerazioni, il capitolo 30.2 si articola nei seguenti paragrafi:

- il ruolo della Regione (30.21);

- l'attuazione dei progetti (30.22);

- problemi particolari dei progetti-obiettivo (30.23).

 

 

30.21 Il ruolo della Regione.

Per adempiere alle sue funzioni di indirizzo e coordinamento, la Giunta regionale si avvale di gruppi di lavoro.

Tali gruppi predispongono la redazione dei progetti e assistono gli uffici regionali e l'osservatorio epidemiologico nella verifica dei risultati e nell'aggiornamento degli obiettivi, nonché nelle altre funzioni di competenza regionale.

I gruppi di lavoro sono composti da operatori della Regione, delle ULSS, dell'Università e delle altre istituzioni interessate all'attuazione della riforma sanitaria.

I progetti-obiettivo e i progetti-risorse sono predisposti sulla base dei criteri specificati nella presente sezione. Per quanto concerne i progetti di settore, tenuto conto della loro trasversalità i criteri vanno desunti dal contesto del Piano.

Per i progetti finalizzati il Piano si limita a fornire le indicazioni di larga massima contenute nel paragrafo 30.12, dato il loro contenuto prettamente tecnico e scientifico.

I progetti sono approvati dalla Giunta regionale, sentito il Consiglio tecnico regionale per la sanità, con gli effetti previsti dalla L.R. 22/1984. Essi sono pubblicati sotto forma di «contributi tecnico-scientifici» e «tecnico-organizzativi»; l'allegato B ne riporta le sintesi, man mano che essi vengono predisposti e approvati.

 

30.22 L'attuazione dei progetti.

Per l'attuazione dei progetti le ULSS si avvalgono dei dipartimenti o costituiscono appositi gruppi di lavoro composti in modo da includere operatori di base e operatori degli altri livelli. Tali gruppi possono essere integrati con esponenti delle realtà scientifico-culturali e delle formazioni sociali presenti nel territorio dell'ULSS. Gli operatori partecipano di norma a più gruppi di lavoro sulla base della loro preparazione professionale specifica.

In particolare i progetti-obiettivo sono attuati dalla ULSS mediante appositi programmi basati sui criteri e le linee di indirizzo dei progetti regionali. Tali programmi debbono individuare i seguenti elementi comuni a tutti i progetti-obiettivo:

a) la popolazione o le situazioni «a rischio» che verranno prese prioritariamente in considerazione;

b) i modi come acquisire ed ampliare le informazioni statistiche ed epidemiologiche riferite alle popolazioni e alle situazioni di cui sopra,

c) le iniziative per l'informazione e l'aggiornamento del personale per l'educazione sanitaria e per l'attivazione di ricerche finalizzate:

d) un «bilancio di area», che indichi le risorse umane strutturali e finanziarie messe a disposizione dei progetti e le direzioni di impegno degli stanziamenti vincolati;

e) i risultati specifici che si vogliono conseguire nel triennio.

Le attività dipartimentali per i progetti e i gruppi di lavoro sono coordinate presso l'Ufficio di direzione dell'ULSS. Le valutazioni sulla progressione dei progetti fanno oggetto dell'attività dei dipartimenti. L'ufficio di direzione programma riunioni di sintesi aperte a tutti gli operatori dell'ULSS, allo scopo di verificare lo stato di avanzamento dei lavori.

Il Comitato di gestione, oltre ad approvare i programmi, sovraintende alla loro attuazione mediante la formulazione di direttive a carattere generale.

 

30.23 Indicazioni particolari per i progetti-obiettivo.

Gli stanziamenti del Fondo sanitario regionale a destinazione vincolata per i progetti-obiettivo devono essere utilizzati in coerenza con il presupposto che i progetti stessi non costituiscono un intervento settoriale ed aggiuntivo, ma un modo diverso di utilizzare le risorse disponibili secondo criteri di finalizzazione, di integrazione, e di massimizzazione degli effetti ricercati.

In particolare tali stanziamenti non possono essere in alcun modo utilizzati per:

1) assunzione di personale a qualunque titolo;

2) emolumenti a personale dipendente dalle ULSS;

3) pagamento di prestazioni professionali ad operatori convenzionati ai sensi dell'art. 48 della L. n. 833/1978;

4) acquisizione di attrezzature strumentali di uso corrente o ricomprese tra quelle vincolate dal programma regionale di adeguamento del patrimonio tecnologico e strumentale;

5) costruzione o acquisto di locali;

6) acquisto di farmaci, di presidi medico-chirurgici o diagnostici;

7) erogazione di sussidi o altre prestazioni monetarie a carattere assistenziale.

Costituiscono destinazione prioritaria per l'utilizzazione degli stanziamenti di cui al precedente capoverso i finanziamenti per:

a) interventi di supporto all'assistenza domiciliare e all'aiuto domestico familiare;

b) l'aggiornamento del personale;

c) l'informazione e l'educazione sanitaria della popolazione;

d) la specializzazione degli operatori delle ULSS, o altre iniziative mirate all'acquisizione di esperienze professionali fuori dal proprio ambiente di servizio;

e) la corresponsione di assegni di studio in favore di laureati e diplomati non dipendenti né convenzionati perché acquisiscano una professionalità nei campi di operatività dei progetti;

f) la corresponsione di analoghe facilitazioni a studenti per tirocini o accessi a occasioni di qualificazione fuori dell'ambito regionale.

La Giunta regionale fissa con atto di indirizzo e coordinamento criteri oggettivi per l'accesso alle prestazioni previste ai punti d), e), f), nonché criteri omogenei di spesa.

 

Sottosezione 31. I progetti-obiettivo.

 

31.1 P.O.1 = Ambiente.

31.2 P.O.2 = Donna-infanzia.

31.3 P.O.3 = Lavoro.

31.4 P.O.4 = Anziani.

31.5 P.O.5 = Fasce marginali.

 

Capitolo 31.1: Progetto-obiettivo «Tutela sanitaria dell'ambiente».

31.10 Introduzione.

Il progetto-obiettivo «tutela sanitaria dell'ambiente» (progetto-ambiente) si propone come momento centrale delle azioni per la prevenzione primaria, secondo i presupposti e le finalità che sono oggetto di analisi nella sezione del Piano dedicata al modello dei servizi.

In sintesi, il Progetto è innanzitutto uno strumento per superare la tradizionale settorialità degli approcci alla tutela ambientale, sulla base della pluralità degli effetti provocati da ciascuna sorgente di nocività, che aggredisce contemporaneamente suolo, abitato, aria, acqua ed alimenti.

Il Progetto-ambiente si caratterizza per il fatto di impegnare in prima persona i Comuni, stanti le attribuzioni loro spettanti in materia di urbanistica e assetto del territorio, nonché nella difesa della salubrità del suolo e abitato, dell'atmosfera e delle acque superficiali.

Il Progetto-ambiente ha tra le finalità centrali il coordinamento e la sintesi operativa di tutte le misure legislative disperse nella vasta, anche se largamente lacunosa, normativa nazionale nonché in quella (non sempre organica) regionale.

Esso propone misure per superare, attraverso il rapporto diretto Comune-ULSS, alcune smagliature dovute ad incoerenze vecchie e nuove a livello della giustapposizione dei livelli istituzionali preposti alla tutela dell'ambiente.

A questo riguardano il Progetto-ambiente trova un imprescindibile punto di ancoraggio nelle leggi regionali 24 e 19 del 1982, che costituiscono una prima tappa per la ridefinizione anche del ruolo del Comune nella materia, alla luce degli obiettivi della riforma e sulla base dei mutamenti istituzionali prefigurati dal D.P.R. n. 616 del 1977 e realizzati parzialmente con la legge 833.

In realtà le due leggi regionali sopra citate, disponendo il riordino delle funzioni di igiene e sanità pubblica e di igiene veterinaria, affrontano il problema nell'ottica propria del S.S.N.. Esse attendono pertanto un momento legislativo successivo, in primo luogo per unificarle anche formalmente e poi per completarle, saldando in cerchio tutte le competenze e le attribuzioni che gravitano sul piano dei poteri locali. Nell'attesa, la piena attuazione di tali leggi è comunque presupposto fondamentale per la realizzazione del Progetto-ambiente.

Il Progetto-ambiente è aperto alle più ampie integrazioni con il progetto-obiettivo «Tutela della salute nei luoghi di lavoro». Il fatto di selezionare gli interventi sull'ambiente di vita non significa isolare quest'ultimo dall'ambiente di lavoro, col quale è legato molto spesso dall'unicità dei fattori di rischio.

D'altra parte forti valenze di integrazione caratterizzano anche il rapporto con il Progetto di settore per la veterinaria.

Infine, il Progetto-ambiente vuole impegnare le ULSS a invertire la tendenza che ha portato nell'ultimo trentennio alla fatiscenza progressiva delle strutture di sanità pubblica, a livello sia degli organici che delle dotazioni tecnico-strumentali.

 

 

31.11 Indicazioni operative.

1. Progetto-ambiente impegna i servizi delle ULSS ad intervenire mediante azioni programmatiche per:

- la tutela dagli inquinamenti delle acque;

- la tutela dagli inquinamenti atmosferici;

- la tutela della salubrità del suolo e dell'abitato e la bonifica ambientale;

- la tutela degli allevamenti e delle relative produzioni:

- la tutela degli alimenti e delle bevande.

a) La tutela dagli inquinamenti delle acque.

La tutela delle acque dagli inquinamenti, da coordinare nel quadro più generale della tutela e del potenziamento delle risorse idriche ai fini dell'uso plurimo delle acque, si basa sul piano di risanamento che la Regione sta realizzando ai sensi della L. n. 319 del 1976 e sue modificazioni.

Le priorità degli interventi terranno conto del fatto che, espresso in «popolazione equivalente», il carico di inquinamento della rete idrica regionale è dovuto attualmente per la metà alle attività agrozootecniche (soprattutto alla suinicoltura) per più di un terzo alle attività industriali ed artigianali, e per la restante quota agli insediamenti abitativi.

Quanto sopra porta ad individuare i punti critici dell'inquinamento nei corsi d'acqua della Genna, del Nestore, del Basso Chiascio, del Basso Topino, del Nera relativamente all'attraversamento della conca ternana, nel lago di Corbara, nonché nell'asta del Tevere con riguardo all'area perugina.

Problemi particolari sono legati alla salvaguardia del lago Trasimeno, in rapporto agli inquinamenti microbici delle zone balneari e alle conseguenze della navigazione a motore.

Tenuto conto di quanto precede, gli interventi di risanamento seguiranno le seguenti linee prioritarie:

- fognature ed impianti di depurazioni per i centri abitati maggiori o che scaricano direttamente nei corsi idrici; al riguardo più di 20 comuni sono già stati ammessi dalla Regione a contributo trentennale per un investimento complessivo pari al 70% delle spese da sostenere;

- fognature ed impianti di depurazione per piccoli centri abitati; una parte delle relative opere è stata già finanziata dalla Regione, con un investimento che copre circa l'80% del costo totale;

- impianti di depurazione possibilmente consortili, a basso consumo energetico o con recupero di energia, per le imprese industriali, artigianali e agrozootecniche; a questo scopo sono stati assegnati contributi che inducono un ulteriore investimento di più di 7 miliardi.

Per una sempre migliore conoscenza del fenomeno degli inquinamenti, sarà perfezionata la mappa dei corpi idrici superficiali sotto l'aspetto quali-quantitativo, completando altresì l'organizzazione del sistema regionale di rilevamento.

Sarà definita con più precisione la mappa delle risorse profonde relativamente alle localizzazioni più importanti (zone alluvionali della Valle Umbra e della Valle del Tevere).

Sarà completato il censimento degli scarichi nei corpi idrici anche ai fini dell'applicazione dei regolamenti previsti dalla legge 319 del 1976.

 

b) La tutela dagli inquinamenti dell'aria.

Ai fini della tutela dell'aria atmosferica si dovrà operare preventivamente utilizzando gli strumenti della classificazione delle lavorazioni insalubri ai sensi del T.U.LL.SS., nonché quelle offerte dalla L. n. 615/1966 e dai suoi regolamenti attuativi. A tali disposizioni è opportuno aggiungere la direttiva CEE n. 77/312 (recepita con D.P.R. n. 496/1982) relativa alla sorveglianza biologica della popolazione contro il rischio di intossicazione da piombo.

Tali normative, pur tra insufficienze ampiamente riconosciute e condivise, consentono un minimo di protezione perlomeno nelle zone più critiche della Regione (poli industriali di Terni, Narni-Scalo e Nera Montoro: cementifici, colorifici, lavorazioni con impiego di piombo, e altro). Esse sono inoltre la base indispensabile per le attività di vigilanza e controllo mirate alle situazioni di rischio.

Con la classificazione delle lavorazioni insalubri dovrà essere fatta un'attenta ricognizione delle attività lavorative ammissibili nei centri abitati, e delle modalità per garantire l'igiene dell'ambiente.

Per quel che concerne la legge 615, si procederà all'inclusione di Narni nelle zone di controllo previste dalla legge stessa.

La direttiva della CEE sarà messa in attuazione prioritariamente nelle zone urbane ad elevato traffico nonché nelle aree di forte concentrazione di produzione delle ceramiche.

Il Presidio multizonale di prevenzione determinerà i fabbisogni di strumentazioni di cui le ULSS dovranno dotarsi per perfezionare i sistemi di rilevazione e controllo nelle zone critiche.

 

c) La tutela della salubrità del suolo e dell'abitato e la bonifica ambientale.

Il Progetto-ambiente affronta questa problematica con un approccio che tiene conto del fatto che la salubrità del suolo e per una parte notevole la risultanza di fattori che si esprimono primariamente su altre componenti ambientali. Nello stesso tempo, però, si tratta del comparto dell'intervento sull'ambiente nel quale i poteri locali hanno per tradizione consolidata maggiori strumenti a loro disposizione sul piano della regolamentazione e quindi della prevenzione.

La stessa legge 833 enfatizza il momento dei poteri locali laddove assegna alle ULSS il compito di verificare «secondo le modalità previste dalle leggi e dai regolamenti, la compatibilità dei piani urbanistici e dei progetti di insediamenti industriali e di attività produttive in genere con le esigenze di tutela dell'ambiente sotto il profilo igienico-sanitario e di difesa della salute della popolazione e dei lavoratori interessati» (art. 20).

Tale problema è stato affrontato anche nella legislazione umbra, sotto il profilo delle competenze regionali, con la L.R. n. 50 del 1983. Si tratta di completare il quadro normativo sotto il profilo delle competenze delle ULSS, inserendo nella L.R. n. 24 del 1982 norme procedurali per l'esercizio delle funzioni richiamate nell'articolo 20 della L. 833.

In questo quadro assume rilievo particolare l'obiettivo della rilevazione degli allevamenti o concentramenti di animali classificabili come industrie insalubri.

Un problema del tutto specifico è quello dell'uso del suolo per il trattamento dei rifiuti solidi urbani alla luce della recente normativa statale sulle discariche controllate e sullo smaltimento dei fanghi residui dal trattamento dei liquami.

Particolare attenzione dovrà essere rivolta infine alla tutela dell'ambiente dall'uso di sorgenti radiogene per scopi industriali soprattutto per finalità di diagnostica e terapia medica. A questo scopo dovrà essere dato sviluppo agli appositi servizi del Presidio multizonale di prevenzione, anche per continuare la collaborazione con il programma NEXT coordinato dall'Istituto superiore di sanità.

 

d) La tutela sanitaria dell'ambiente in relazione all'equilibrio uomo-animale.

Tra gli obiettivi del Progetto-ambiente vanno ricompresi gli interventi finalizzati alla determinazione di un equilibrato rapporto uomo-animali, avuto riguardo al fatto che l'animale è causa diretta di inquinamento, è «sentinella» di perturbazioni dell'equilibrio ed è rilevatore indiretto dell'inquinamento stesso.

Tali obiettivi, che sono organicamente ricompresi nel progetto di settore per la veterinaria, si imperniano intorno ai seguenti punti:

1) prevenzione, difesa sanitaria e risanamento degli allevamenti in ordine alle malattie proprie degli animali, quale momento di tutela del patrimonio zootecnico ed incremento produttivo nonché alle zoonosi ad integrazione della prevenzione delle malattie dell'uomo;

2) protezione sanitaria degli alimenti e dei prodotti di origine animale, comprendendo tutte le misure necessarie ad assicurare l'innocuità, la salubrità e il buono stato delle derrate alimentari in tutte le fasi, dal momento della produzione a quello della distribuzione per il consumo;

3) protezione igienico-sanitaria degli alimenti per uso zootecnico secondo i criteri di cui al precedente punto;

4) assistenza veterinaria ed educazione igienico-sanitaria degli allevatori secondo linee di tendenza aventi come obiettivo ottimale il coinvolgimento della realtà «allevamento» nel suo complesso;

5) educazione igienico-sanitaria diretta agli operatori economici nel campo della produzione, trasformazione e distribuzione dei prodotti di origine animale ed ai consumatori;

6) attuazione dei piani di risanamento degli allevamenti programmati a livello nazionale;

7) programmazione ed attuazione di piani di risanamento degli allevamenti a livello regionale, anche con articolazione a livello di territorio in base alle esigenze particolari delle singole realtà dell'allevamento;

8) piani di eradicazione di importanti malattie particolarmente della specie suina, che nella nostra Regione rappresenta un importante patrimonio zooeconomico;

9) tutela dell'ambiente in relazione all'equilibrio del rapporto uomo-animale.

In questo quadro va collocato il consolidamento della pianificazione e riorganizzazione della rete di macellazione, mediante una progressiva e razionale diminuzione nel territorio degli impianti relativi, sino a giungere nel corso del triennio di validità del Piano alla ottimale situazione rappresentata da un solo mattatoio per ogni ULSS.

In particolare, nel triennio di attuazione del Piano saranno intensificate le iniziative per i controlli sugli impianti di macellazione e lavorazione carni, nonché sugli stabilimenti per deposito e lavorazione di avanzi, residui e sottoprodotti, quali possibili fonti di inquinamento ambientale.

 

e) La tutela degli alimenti e bevande.

Per quanto concerne la tutela degli alimenti e bevande, il Progetto mette in primo piano il rafforzamento delle funzioni di vigilanza e controllo, che devono essere razionalizzate nella metodologia e qualificate nell'operatività. Per il primo obiettivo sono necessarie mappe di rischio che segnalino le localizzazioni degli impianti di produzione e degli stabilimenti per il commercio all'ingrosso. Per il secondo obiettivo deve essere dato risalto all'aggiornamento professionale del personale della vigilanza, per metterlo in grado di fronteggiare l'evoluzione dei fattori di nocività presenti nelle attività da sottoporre a controllo: questo compito sarà affidato al Presidio multizonale di prevenzione, che programmerà le iniziative di aggiornamento, anche previa intesa con l'Istituto superiore di sanità, oltre che con l'Istituto zooprofilattico sperimentale e con le strutture della Facoltà di Veterinaria.

Date le caratteristiche della situazione umbra, deve essere data priorità alla prevenzione delle tossinfezioni alimentari e delle altre malattie infettive a ciclo orofecale, per quanto concerne le produzioni locali.

Per quanto concerne le produzioni destinate a larga commercializzazione, il Progetto mette in priorità la difesa dagli inquinanti di natura chimica, soprattutto intenzionali (ossia introdotti nei cicli industriali di produzione o dovuti all'uso di pesticidi sulle produzioni agricole).

Sempre con riferimento alle particolarità umbre, il Piano propone una ristrutturazione delle competenze delle strutture pubbliche nei confronti della produzione delle acque minerali, anche per superare alcune smagliature nella distribuzione delle competenze.

Questa attività di prevenzione deve essere accompagnata con una presenza attiva e programmata delle funzioni di vigilanza sui punti di distribuzione al minuto.

 

Capitolo 31.2: Progetto obiettivo per la tutela della salute della donna e per la protezione materno-infantile e dell'età evolutiva.

31.20 Introduzione.

Il progetto-obiettivo «Tutela della salute della donna e protezione materno infantile e dell'età evolutiva» (Progetto Donna-Infanzia) vuole portare a sintesi tutte le attività rivolte a garantire condizioni di tutela socio-sanitaria nella fascia di popolazione che è maggiormente coinvolta dalle problematiche familiari.

Esso vuole recuperare innanzitutto i significati della L.R. n. 54/1977, i cui contenuti sono ancora validi essendo stati enucleati in un'ottica di riforma sanitaria che la successiva legge 833 ha pienamente confermato, con particolare riguardo alla integrazione nel nuovo sistema delle leggi 405 e 194.

Sulla scia della legge n. 54/1977, il progetto propone inoltre obiettivi di civiltà in un settore profondamente marcato dalla condizione femminile nella famiglia, nel luogo di lavoro e nella società. Date queste valenze, il coinvolgimento dei movimenti femminili è presupposto per la realizzazione del progetto: analogamente dicasi per tutte le articolazioni della società nei livelli istituzionali, partitici, sindacali, scientifici, etc., non essendo possibile rimettere al solo movimento femminile la soluzione di problemi tanto complessi, che richiede iniziative su più piani per la conoscenza delle condizioni di vita e di lavoro, per l'applicazione delle leggi che tutelano la condizione della donna, e per l'uso integrato di tutte le risorse disponibili nel campo dei servizi sociali. Ciò pone tra le priorità lo sviluppo di iniziative per la conoscenza delle condizioni di vita e di lavoro, per l'applicazione delle leggi che tutelano la donna all'interno della società (dal nuovo diritto di famiglia alla legge 194, alla legge regionale n. 29/1982 etc.) e per l'uso integrato di tutte le risorse disponibili nel campo dei servizi sociali.

 

31.21 Indicazioni operative.

Il Progetto «Donna-Infanzia» impegna i servizi delle ULSS ad intervenire mediante azioni programmatiche coordinate in direzione:

- della procreazione responsabile;

- della gravidanza e del parto;

- dell'età neonatale e dell'infanzia;

- dell'età evolutiva.

a) Procreazione responsabile.

Per quanto attiene gli interventi per garantire il diritto alla procreazione responsabile, assumono importanza prioritaria:

- la prevenzione dell'aborto attraverso l'estensione delle conoscenze sui mezzi e metodi contraccettivi che la donna e la coppia possono scegliere liberamente ai fini di una procreazione responsabile;

- l'allargamento delle conoscenze in tema di sessualità e procreazione responsabile attraverso la promozione di iniziative di educazione sanitaria e sessuale, nonché con la promozione di iniziative di prevenzione per evitare malformazioni al nascituro;

- il sostegno psicologico e sociale, aiuto economico, se necessario, alle madri in difficoltà;

- il superamento dei residui ostacoli alla generalizzazione dell'applicazione della L. 194/1978 su tutto il territorio regionale;

- la semplificazione e razionalizzazione degli interventi di I.V.G. mediante la generalizzazione delle tecniche di intervento meno traumatizzanti e l'adozione di protocolli di accesso all'I.V.G che evitino accertamenti preliminari superflui o potenzialmente dannosi per la salute della donna;

- la vigilanza sull'osservanza delle leggi che tutelano la condizione della donna lavoratrice, e la facilitazione dell'accesso alla fruizione di tutte le altre forme di tutela contenute nella legislazione sociale italiana.

b) Gravidanza e parto.

Per quel che concerne la salute della donna, la tutela sanitaria nella gravidanza e al momento del parto è affidata al corretto funzionamento delle strutture sanitarie territoriali dell'area di base e dell'area integrativa, nonché delle strutture ospedaliere. Il Progetto propone obiettivi di razionalizzazione degli interventi di tali strutture, soprattutto in termini di protocolli per i controlli in gravidanza e di standard di funzionamento dei reparti ostetrici.

Per quanto attiene la salute del nascituro e la qualità della sopravvivenza, gli obiettivi del Progetto vengono calati in una realtà che vede l'Umbria attestata su bassi livelli di mortalità infantile. Questo dato favorevole consente di spostare il tiro così che, consolidando il risultato raggiunto, si vadano ad aggredire le cause che menomano la qualità della vita dei neonati.

In questo senso il Progetto punta al rafforzamento della diagnosi prenatale, delle condizioni che possono determinare handicap sia per cause genetiche che congenite, e alla prevenzione degli incidenti in corso di parto.

 

c) Età neonatale ed infanzia.

Coerentemente con quanto espresso al paragrafo 31.22, gli interventi in corrispondenza di questa fase saranno mirati in particolare alla diagnosi precoce delle malformazioni e degli handicaps, con l'obiettivo di censire i casi di malformazione anche a scopo di indagine epidemiologica sui fattori prevalenti.

A tale riguardo verranno consolidati i risultati raggiunti in Umbria con il Progetto finalizzato del C.N.R. sulla prevenzione delle malformazioni, istituendo un servizio di sorveglianza gestito con il coordinamento dell'Osservatorio epidemiologico regionale.

Altra priorità di intervento consisterà nel garantire l'assistenza pediatrica alla popolazione infantile, rimuovendo le cause delle carenze dei servizi pubblici e promuovendo iniziative per incentivare l'accesso alla specializzazione da parte dei medici.

 

d) Interventi per l'età evolutiva.

Verranno affrontate in questa cornice le problematiche minorili nei termini in cui sono riproposte dalla L.R. n. 24 del 1982, e su cui si esprime un apposito capitolo del «modello funzionale».

Per quanto concerne specificamente la tutela della salute, gli interventi saranno mirati in particolare alla condizione di vita nella scuola e nell'apprendistato, nonché alla tutela sanitaria delle attività sportive.

Le caratteristiche dei rischi presenti in tali ambienti, e l'incidenza dei fattori comportamentali sulla loro evoluzione, richiedono una forte accentuazione degli interventi nel campo dell'educazione sanitaria.

 

Capitolo 31.3: Progetto-obiettivo «Tutela della salute nei luoghi di lavoro».

31.30 Introduzione.

Il progetto-obiettivo «Tutela della salute nei luoghi di lavoro» (Progetto-lavoro) si propone come sintesi operativa degli interventi rivolti alla tutela sanitaria della condizione di vita dentro la fabbrica e in altri ambienti di lavoro, saldando in un'ottica preventiva il momento del controllo dei fattori di rischio con quello della medicina del lavoro in senso stretto.

Il Progetto assume nel primo Piano un particolare valore strategico per motivi sia scientifici che politici.

Scientificamente, perché le nocività presenti nel luogo di lavoro (macchine, sostanze, ritmi, etc.) costituiscono uno dei fattori che hanno inciso più profondamente sulla evoluzione delle condizioni di salute in termini sia di patologie acute (con particolare riguardo ai traumatismi) sia di patologie croniche a lunga evoluzione: e ciò tanto sul piano biologico che su quello psico-fisico.

Politicamente, perché l'accorpamento di questa materia all'interno del S.S.N., oltre a costituire uno dei principali punti di resistenza sull'iter formativo della legge 833, è stato successivamente oggetto di continue e non ancora esaurite contromanovre che fanno pensare ad un processo ancora in bilico il cui esito è tutt'altro che scontato.

D'altra parte, non va sottaciuto che la realizzazione degli obiettivi della riforma sul piano della tutela della salute nei luoghi di lavoro ha incontrato altre difficoltà, non imputabili alle manovre controriformistiche se non per il contributo che queste hanno dato alle incertezze e alla confusione del quadro istituzionale entro cui Regione ed ULSS si sono trovate ad operare nei confronti delle realtà lavorative.

Tali difficoltà «interne» possono essere fatte risalire a tre ordini di cause:

- carenze di tipo culturale a livello della dirigenza regionale e delle ULSS, spiegabili con il fatto che questo campo è stato tradizionalmente sottratto alla competenza dei poteri locali;

- incoerenze del quadro normativo generale che - a prescindere dalle contrastate vicende del trasferimento delle competenze al S.S.N. - appare assolutamente caotico in quanto composto di parti non solo separate ma anche inconciliabili tra loro;

- ostacoli di carattere ordinativo ed organizzativo, per le difficoltà ad adattare il precedente sistema basato su strutture provinciali o addirittura regionali come l'ENPI, l'ANCC e gli Ispettorati del lavoro, al nuovo modulo territoriale delle ULSS, e anche per le difficoltà ad inquadrare correttamente le figure professionali provenienti dalle gestioni sanitarie soppresse, al sistema dei profili professionali previsti dall'ordinamento del personale del S.S.N.

Quanto sopra non può però giustificare cadute di impegno della programmazione socio-sanitaria regionale nei confronti di un obiettivo che trova le sue premesse negli articoli 19, 20 e 21 della legge 833, e al quale la Regione Umbria ha dato risposte normative con la legge 43/1980 e con la stessa legge regionale 45/1982 nella parte concernente il Presidio multizonale di prevenzione.

Per realizzare i suoi obiettivi, il Progetto «Obiettivo salute dei lavoratori» presuppone un confronto permanente tra gli organi del S.S.R. e le forze sociali nelle loro espressioni di rappresentanza diretta. Senza di ciò, non è pensabile mettere in pratica l'impegno di recuperare all'interno di una cornice unitaria e di un'ottica preventiva tutta la normativa esistente nel Paese in questa materia, per farne oggetto di una efficace programmazione regionale e locale.

È necessario in particolare il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali dei lavoratori perché i programmi di tutela sanitaria possano essere proficuamente gestiti all'interno dei luoghi di lavoro, chiamando i consigli di fabbrica e le altre rappresentanze di base a concorrere alla loro elaborazione, nell'ambito dell'applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro e dei conseguenti accordi aziendali, secondo i principi della legge 300/1970 concernente lo statuto dei lavoratori.

Non si può prescindere ovviamente neppure dal coinvolgimento delle associazioni degli imprenditori, date le ineludibili connessioni tra i programmi di tutela sanitaria e gli assetti produttivi, oltre che per le responsabilità ricadenti sui datori di lavoro in materia prevenzionistica.

 

31.31 Indicazioni operative.

In termini operativi, i Progetto presuppone la riorganizzazione dei servizi dell'ULSS con l'obiettivo di garantire presso ogni Ufficio di direzione una dotazione minima di personale qualificato professionalmente per la programmazione degli interventi e per provvedere alle funzioni di vigilanza e controllo sui luoghi di lavoro. Questo obiettivo deve procedere di pari passo con la strutturazione del Presidio multizonale di prevenzione, con particolare riguardo alla costituzione del dipartimento di igiene e sicurezza del lavoro, comprendente i servizi operativi per le ispezioni, i collaudi e le verifiche degli impianti.

Altra priorità concerne la definizione degli obiettivi di intervento sulla base della conoscenza della situazione epidemiologica umbra. A questo scopo è necessaria la collaborazione dell'INAIL per quanto concerne la messa a disposizione dei dati statistici sulle malattie professionali e sugli infortuni, a livelli di aggregazione tali da consentire a ciascuna ULSS di valutare l'andamento di tali fenomeni nel territorio di competenza. È inoltre necessario procedere ad indagini epidemiologiche mirate, in rapporto alle situazioni di rischio prevalenti nella nostra Regione.

Ciò pone tra le priorità la determinazione delle mappe territoriali di rischio, secondo metodologie uniformi per tutto il territorio regionale. Sempre a livello di strumenti informativi, vanno messi in opera i registri dei dati ambientali e dei dati biostatistici, con precedenza per le aziende ricomprese nei settori di rischio prioritario.

Per quanto concerne gli interventi operativi, il Progetto esprime indirizzi per la realizzazione di programmi di controlli ambientali in forma sistematica, ferma restando la necessità di provvedere ad esigenze estemporanee non programmabili. A tale riguardo il personale ispettivo e chiamato a fare largo uso della diffida, con relativa indicazione dei provvedimenti da adottare da parte delle imprese: un avvio automatico del procedimento giudiziario repressivo non garantisce infatti risultati adeguati sul piano della prevenzione e rischia di instaurare un regime conflittuale sistematico e preconcetto tra S.S.R. e mondo imprenditoriale.

Sempre in tema di interventi operativi il Progetto esprime indirizzi per i controlli sanitari sulla salute dei lavoratori, ivi compresi quelli obbligatori per legge, che costituiscono un'incombenza del datore di lavoro e per i quali le ULSS offriranno convenzione sulla base di uno schema-tipo regionale.

Infine il Progetto dedica attenzione ai problemi della formazione e aggiornamento degli operatori e prevede iniziative rivolte alla formazione prevenzionistica dei lavoratori a livello aziendale.

 

Capitolo 31.4: Progetto-obiettivo «Tutela della condizione socio-sanitaria dell'anziano».

31.40 Introduzione.

Il Progetto-obiettivo «Tutela socio-sanitaria dell'anziano» (Progetto anziani) si propone come sintesi degli interventi rivolti a proteggere da varie angolature la condizione dell'anziano, intendendo con ciò la fascia di popolazione che è uscita dalla condizione lavorativa e che si trova ad affrontare la nuova realtà esistenziale in condizioni socialmente ed individualmente sfavorevoli. condizioni aggravate da una maggiore esposizione alle conseguenze delle malattie a lunga evoluzione, e di tutti i processi cronicizzanti che recano menomazione sul piano dell'autosufficienza.

Il Progetto vuole offrire supporti sociali per affrontare queste realtà, che si caratterizzano in ultima analisi per una condizione di debolezza contrattuale complessiva a carico di una fascia di popolazione che sta assumendo un peso crescente sia in assoluto che in percentuale sul totale della popolazione. È questo un processo comune a tutti i Paesi sviluppati; lo si riscontra anche in Italia, e nella stessa Umbria dove assume un rilievo particolare. La nostra Regione registra, infatti, mediamente uno dei più alti indici di invecchiamento, con punte negative particolarmente preoccupanti in alcuni comprensori.

Il Progetto ha come obiettivo centrale l'integrazione sociale degli anziani, attraverso lo sviluppo di iniziative di socializzazione nel contesto comunitario nonché il consolidamente di supporti per consentire all'anziano di conservare una posizione di autosufficienza e di evitare il ricorso al ricovero in istituto mediante soluzioni alternative presso la famiglia di appartenenza o in seno a comunità assistite.

Sullo sfondo di questi obiettivi sta la lotta all'istituzionalizzazione in atto, con la prosecuzione di un impegno che ha permesso di raggiungere in Umbria risultati non insignificanti. Non è certo pensabile di eliminare il fenomeno dell'istituzionalizzazione, perché rimarrà sempre una fascia di bisogni non affrontabile altrimenti che con il ricovero. E però vanno esperite le soluzioni idonee ad affrontare quelle situazioni, che sono probabilmente la maggioranza, in cui la consegna o l'abbandono dell'anziano in istituto è provocato solo dalla mancanza di risposte sul piano dell'assistenza domiciliare e dell'aiuto domestico-familiare. Donde la rilevanza che questi servizi vengono ad assumere nella strategia del progetto.

Una evidenza particolare sarà poi dedicata agli aspetti residui di ricovero negli istituti propri ed impropri, considerando «propri» quelli che hanno istituzionalmente la funzione di accogliere anziani validi, ed «impropri» quelli che accolgono anziani non autosufficienti. I problemi relativi a questi ultimi sono affrontati nel progetto-obiettivo «Tutela socio-sanitaria delle fasce marginali di popolazione».

Per questi fini, nel quadro di un utilizzo pieno e razionale delle risorse disponibili, il Progetto stimola l'apporto della cooperazione e del volontariato, riconoscendo in esse anche una componente essenziale al recupero di quei valori solidaristici che possono andare persi nella pratica del lavoro professionalmente strutturato, e che sono indispensabili in un campo dove spesso i problemi della socializzazione e della integrazione emergono su tutti gli altri.

Infine il Progetto impegna le ULSS ad assumere iniziative per la formazione e l'aggiornamento del personale, strutturato e non, coinvolgendo in tale processo anche il personale politico-amministrativo perché assuma nell'organizzazione delle attività quel ruolo trainante ed essenziale attraverso il quale sarà concretamente possibile realizzare gli interventi ed i servizi previsti per il recupero di un ruolo attivo dell'anziano all'interno dei processi di sviluppo in atto nella nostra Regione.

 

31.41 Indicazioni operative.

Il Progetto-Anziani impegna i servizi delle ULSS ad intervenire mediante azioni programmatiche per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

1) sensibilizzazione di tutte le componenti sociali sui problemi dell'anziano;

2) rilevazione finalizzata alla costruzione di una mappa conoscitiva sulle condizioni attuali dell'anziano nella Regione e sulle strutture assistenziali utilizzate o, comunque, utilizzabili.

Di rilevante importanza saranno anche gli studi sulla popolazione con la ricerca di dati quali l'indice d'invecchiamento, le modalità di prevenzione dell'invecchiamento patologico e le risposte non istituzionali esistenti localmente nei confronti dell'anziano.

L'indagine dovrà riferirsi alla conoscenza qualitativa e quantitativa dell'assistenza domiciliare, delle comunità alloggio, dei centri di servizi e diurni, dei poliambulatori, delle case di riposo, dei cronicari e dei servizi ospedalieri;

3) elaborazione di standard di idoneità relativi ai servizi assistenziali;

4) scelta degli interventi operativi che garantiscono i migliori livelli di assistenza:

a) agevolazione, con interventi idonei, dell'attività occupazionale e culturale degli anziani al fine di stimolo psico-fisico ed integrazione sociale;

b) assistenza domiciliare intesa come insieme di prestazioni socio-assestenziali e sanitarie, funzionalmente collegate con i centri di servizio;

c) formazione di gruppi famiglia;

d) creazione di ospedali diurni (non solamente per anziani);

e) sperimentazione di case-albergo (non solamente per anziani);

f) realizzazione di strutture aperte e residenziali per non autosufficienti, ribadendone la loro esclusiva finalizzazione;

g) assistenza economica di base;

5) adeguamento di tutte le strutture di ricovero già esistenti.

 

 

Capitolo 31.5: Progetto-obiettivo «Tutela socio-sanitaria delle fasce marginali di popolazione».

31.50 Introduzione.

Il Progetto-obiettivo «Tutela socio-sanitaria delle fasce marginali di popolazione» (Progetto-fasce marginali) si pone come sintesi degli interventi rivolti alle persone che per estreme carenze di autosufficienza versano in condizione individuale di eterodipendenza non transitoria. Si tratta di persone che per la totale o quasi totale mancanza di contrattualità sociale occupano posizioni «marginali» nella società.

Il progetto si rivolge pertanto, schematicamente:

- a persone la cui debolezza deriva da deficit psicofisici congeniti o acquisiti (orientativamente: ex ricoverati «cronici» negli ospedali psichiatrici, handicappati fisici e sensoriali, cerebropatici, etc.);

- a persone con deficit di socializzazione (orientativamente: tossicodipendenti, malati di mente o in genere persone con gravi problemi psichiatrici e di igiene mentale);

- a persone con prevalenti problemi di reinserimento sociale (orientativamente: detenuti e dimessi dagli istituti di pena, minori soggetti ad interventi amministrativi dell'autorità giudiziaria, anziani in situazione di isolamento ed eterodipendenti, lavoratori espulsi dal processo produttivo a seguito di infortunio, tecnopatia o malattia professionale).

Il Progetto propone una strategia di intervento finalizzata ad affrontare le persone in base ai loro bisogni e non all'appartenenza ad una determinata categoria protetta.

In questa cornice il Progetto: opta per interventi da realizzare nel territorio, e quindi da integrare nell'attività di distretto; stimola la integrazione anche con soggetti esterni al S.S.R. (scuola, mondo del lavoro, istituzioni giudiziarie); richiede il coinvolgimento delle istanze di aggregazione sociale presenti nei quartieri, nel sindacato, a livello di volontariato, etc.

Quanto precede caratterizza il Progetto come tipico terreno di incontro e di integrazione tra le politiche sanitarie e quelle socio-assestenziali, e come stimolo per collocare le une e le altre dentro un quadro di obiettivi di promozione sociale, utilizzando a tal fine oltre che le competenze delle ULSS anche quelle socio-assestenziali dei Comuni e delle Province: la realizzazione del Progetto coinvolge quindi sullo stesso piano tutti i soggetti istituzionali del decentramento, e rappresenta uno dei momenti cardine dell'applicazione della legge regionale n. 29 del

1982.

Il Progetto si caratterizza per il fatto di rivolgersi ad individui che non si trovano più in una condizione di rischio generico, ma che sono portatori di menomazioni che creano bisogni individuali e personalizzati. In questo senso il progetto si differenzia, ad esempio, dal Progetto Donna Infanzia e dal Progetto-Anziani, che laddove trattano problemi ricompresi nella sua tematica li affrontano non in maniera individualizzata, bensì rivolgendosi a fasce di popolazione esposte a rischio generico, con prevalenti bisogni di prevenzione individuale largamente di competenza del S.S.R. Laddove per i soggetti ad elevato rischio di marginalità la prevenzione spetta solo in parte al S.S.R., mentre per il resto si tratta di prevenzione sociale nel senso più lato del termine.

Un elemento che accomuna tutte le azioni dirette alle fasce marginali e il loro contenuto riabilitativo.

Al riguardo il Progetto si basa sul presupposto che il termine «riabilitazione» contiene due valenze: una prima valenza è quella tesa a restituire il massimo di efficienza possibile ai soggetti; una seconda valenza riguarda la ricerca di un equilibrio nel rapporto individuo-ambiente una volta che sia stata recuperata l'efficienza concretamente acquisibile (o meglio ancora contestualmente a tale processo di recupero).

Il Progetto-obiettivo «Assistenza alle fasce marginali di popolazione» si articola nei seguenti riferimenti a specifiche condizioni di marginalità, da intendersi esclusivamente come momenti di approfondimento di una tematica rigidamente unitaria:

- marginalità da rischio psichiatrico;

- marginalità da tossicodipendenza;

- marginalità da malformazioni congenite, da lesioni motorie dell'infanzia, da epilessia;

- marginalità degli handicappati con bisogni di inserimento scolastico e lavorativo;

- marginalità da devianza minorile;

- marginalità per conseguenze degli infortuni sul lavoro;

- marginalità della popolazione anziana con problemi di risocializzazione;

- marginalità degli handicappati per «barriere»;

- marginalità dei ristretti negli istituti di pena;

- problemi particolari dei portatori di protesi riabilitative.

Nel rinviare al «documento tecnico-scientifico e tecnico-organizzativo» dedicato al Progetto, vengono di seguito sviluppate le indicazioni specificamente riguardanti la psichiatria e la tutela della salute mentale, nonché gli obiettivi della riabilitazione.

 

 

31.51 Obiettivi per la psichiatria e la tutela della salute mentale.

Gli obiettivi in materia di psichiatria e di tutela della salute mentale hanno la loro premessa nella storia

della psichiatria in Umbria.

La storia della psichiatria in Umbria ha dimostrato, prima ancora che la legge lo prescrivesse, la

necessità e la possibilità di trasformare i modi della risposta psichiatrica.

In questi anni si è infatti compresa l'inutilità del manicomio e l'opportunità del suo superamento, sia da un

punto di vista civile, morale, politico, sia da un punto di vista scientifico, si è resa possibile, pur nella

prevedibile gradualità e considerando i limiti e le contraddizioni che un processo non lineare incontra, la

costruzione di servizi territoriali capaci di fornire tutte le possibili risposte alle domande specifiche che

nella realtà sociale di volta in volta si producono.

Si è conseguentemente cercato di strutturare le relazioni del servizio psichiatrico nelle sue varie

articolazioni (ambulatorio, servizio di diagnosi e cura. strutture residenziali, spazi di attività, reperibilità

notturna) e le relazioni dello stesso con le istituzioni (distretti, ospedale, scuola, luoghi di lavoro, famiglia).

Oggi gli obiettivi che caratterizzano la riorganizzazione dell'assistenza psichiatrica sono:

1) superamento definitivo dell'Ospedale psichiatrico;

2) pervenire all'unitarietà dell'intervento psichiatrico ed alla continuità terapeutica strutturando il

servizio secondo un modulo dipartimentale;

3) permettere la massima integrazione funzionale e multidisciplinare tra operatori, tra servizi, tra livelli

territoriali.

Per quanto concerne la definitiva destrutturazione dell'Ospedale psichiatrico ed il recupero all'interno

della comunità umbra di quei soggetti che attualmente sono ospitati in strutture extraregionali, il Progetto

propone soluzioni alternative sulla base dei bisogni individuati e correlati al grado di dipendenza socio-

sanitaria. Schematicamente si tratta di:

- strutture residenziali di coabitazione (gruppi-famiglia, gruppi-appartamento) a dimensione distrettuale;

- casa-albergo a dimensione sovradistrettuale;

- reparto medico di lunga degenza a dimensione sovradistrettuale:

- soluzioni assistenziali notturne a dimensione sovradistrettuale;

- gruppi di attività a dimensione sovradistrettuale;

- aree di attività terapeutico-riabilitative (Day-Hospital) a dimensioni sovradistrettuali.

Le ultime tre soluzioni si riferiscono a strutture per soggetti che presentano gradi elevati di dipendenza socio-sanitaria o gradi elevati di deterioramento mentale comportamentale che suggeriscono la permanenza degli stessi nell'area psichiatrica.

Alla realizzazione complessiva di questo progetto, che il Piano affida precipuamente all'ULSS del Perugino, è necessario che concorrano tutte le ULSS della Regione con la creazione in ognuna di almeno una struttura residenziale di coabitazione, nella convinzione che molti problemi presenti nella popolazione dell'Ospedale psichiatrico sono problemi in parte sovrapponibili a numerosi bisogni sociali che possono trovare legittimazione normativa e risorse finanziarie nell'applicazione della L.R. n. 29/1982.

Sulle modalità attuative si ritiene opportuno il ricorso a strutture edilizie disponibili o la nuova e diversa utilizzazione di altre strutture opportunamente riconvertite oltre che una diversa riqualificata ed integrata utilizzazione del personale già operante nei servizi socio-sanitari di base.

Ciò che invece attiene all'assistenza psichiatrica e all'igiene mentale, come introdotto nell'ordinamento sanitario italiano dalla L. n. 180/1978 e nella legge di riforma sanitaria n. 833, trova nella programmazione socio-sanitaria regionale un inserimento quale attività preminentemente preventiva che non può che trovare collocazione nei presidi territoriali di assistenza di base, ove i servizi dipartimentali di igiene mentale troveranno articolazione organizzativa con proiezione distrettuale attraverso la partecipazione di personale di assistenza medica ed infermieristica.

Il dipartimento non è un ambito, né un servizio, bensì una comune organizzazione del lavoro ove si attuano le diverse risorse professionali per fornire una risposta globale. Il modello organizzativo del dipartimento di salute mentale, pertanto, avrà innanzitutto nel distretto la sede per le attività preventive, informative, educative, partecipative, oltre che di primo approccio e di filtro; al distretto faranno riferimento le strutture residenziali, e gli stessi servizi psichiatrici potranno trovare nelle equipes interdisciplinari del distretto i loro interlocutori «territoriali».

Nell'area integrativa il dipartimento di salute mentale troverà la sede per l'attività poliambulatoriale e per i servizi di diagnosi e cura, chiamati a fronteggiare i bisogni acuti di ricovero, ivi compresi i trattamenti sanitari obbligati per legge (T.S.O.).

Relativamente a quest'ultimo aspetto, tocca al Piano fissare il numero dei posti-letto riservati per il T.S.O. negli ospedali generali. Il progetto spinge verso soluzioni riduttive, nelle quali la risposta in termini di posti-letto ospedalieri sia cioè contenuta entro limiti ristretti, per dare eventuale spazio a risposte più elastiche e meno strutturate presso i servizi territoriali di igiene mentale.

Due questioni particolari vanno poste all'attenzione di chi sarà chiamato a sviluppare il progetto.

Occorre innanzitutto garantire omogeneità di prestazioni da parte dei servizi su tutta l'area regionale, il che è reso alquanto problematico dalla concentrazione degli operatori nell'ULSS di Perugia, che determina nelle altre ULSS situazioni di carenze che si fanno sentire particolarmente nel Nursino.

Occorre poi omogeneizzare i servizi sull'area regionale per quanto concerne gli orari di funzionamento che non possono non tener conto dell'imprevedibilità dell'emergenza.

 

31.52 Obiettivi di riabilitazione.

Premessa fondamentale ad ogni progetto di sviluppo della riabilitazione è la necessità di raccordare le previsioni ad una azione di razionalizzazione e qualificazione di interventi finalizzata al risparmio.

In questo particolare campo è infatti indiscutibile che nella maggior parte dei casi grava sulla collettività, in termini di costi sociali, quanto non è stato o è stato fatto solo parzialmente in termini di recupero fisico.

La riabilitazione non va circoscritta nella dimensione di risposta unicamente sanitaria o socio-assistenziale a quei soggetti che, per particolari condizioni individuali di debolezza, occupano nella società posizioni marginali, ma va piuttosto intesa come intervento variamente articolato in momenti bene integrati finalizzati a:

1) restituire ai soggetti cui l'intervento si rivolge il massimo della efficienza fisica possibile;

2) ricercare l'equilibrio del rapporto individuo-ambiente una volta che si sia recuperato il più alto grado di efficienza fisica concretamente possibile.

Perché la riabilitazione non si esaurisca in interventi di specialisti, nel corso dei quali il recupero dell'efficienza fisica sia fine a se stesso, ma si realizzi anche come momento di pieno inserimento sociale del soggetto onde evitargli la subalternità della condizione marginale, è necessario limitare al massimo la settorializzazione e la frattura dei momenti assistenziali che porta ad offrire risposte solo sanitarie o solo sociali sull'unica base di una classificazione dell'handicap.

La riabilitazione deve recuperare al massimo le facoltà residue, impedire l'insorgenza di minorazioni permanenti, contenerne l'entità (come nel caso delle lesioni midollari traumatiche) o rallentare l'evoluzione invalidante della malattia presente (come nel caso di certe patologie degenerative degli anziani).

L'intervento riabilitativo deve prevedere programmi personalizzati, finalizzati ad evitare quanto più possibile il ricovero; programmi che presuppongano sia la collaborazione multidisciplinare (neurologo, ortopedico, urologo, psicologo, etc.), che l'integrazione con l'ambito sociale in cui il soggetto si trova a dover utilizzare le funzioni residue e rieducate.

Nell'attivazione dei servizi necessari non si può prescindere:

a) dalla considerazione della gravità dell'handicap;

b) dalla complessità del trattamento necessario;

c) dalla professionalità connessa all'intervento prescelto.

Vanno previsti diversi livelli di intervento:

1) livello distrettuale (anche domiciliare), come servizio di base per trattamenti riabilitativi di sostegno a patologie acute occasionali che non richiedono il ricovero e per trattamenti di mantenimento o a carattere preventivo (come nel caso di certi paramorfismi dell'infanzia), che richiedono:

- l'impiego di attrezzature relativamente semplici e facilmente decentrate in termini di costi di impianto e gestione;

- la presenza continua di tecnici della riabilitazione;

- il supporto periodico o del tutto sporadico di consulenza specialistica;

- il massimo collegamento con i servizi sociali e l'attività medica di base;

2) livello poliambulatoriale per interventi che richiedono apparecchiature più complesse e la presenza continua dello specialista fisiatra e di altri specialisti, accanto a quella del tecnico della riabilitazione;

3) livello della struttura specialistica di ricovero da prevedere per ampi bacini di utenza per il trattamento di casi che. successivamente alla fase acuta della patologia primaria, necessitino di una fase di trattamento intensivo di riabilitazione. Comunque, tenuto conto che l'azione riabilitativa è tanto più efficace quanto più è precoce, ogni presidio di ricovero per acuti deve consentire tale precocità di intervento attraverso forme di collegamento organizzativo ed operativo con le strutture per la riabilitazione ai diversi livelli.

Per l'attivazione dei programmi è necessario il rapporto funzionale tra i servizi di riabilitazione di vario livello e tra questi e gli altri servizi sanitari e sociali di territorio. Pertanto è da ipotizzare:

a) l'integrazione di tutte le risorse professionali esistenti, superando ogni distinzione tra attività di lavoro dipendente ed attività di lavoro resa con rapporto convenzionale nelle strutture pubbliche;

b) la previsione di un giusto rapporto tra pubblico e privato che salvaguardi il principio della complementarietà sancito dalla legge 833 e consenta anche una previsione di investimenti conforme alla realtà delle risorse finanziarie concretamente disponibili;

c) la riconversione quantitativa delle strutture ereditate dagli enti mutualistici nei vari ambiti territoriali e di quelle strutture di ricovero non rispondenti ai reali bisogni dei cittadini.

Inoltre non si può prescindere dalla riqualificazione e dall'aggiornamento del personale da destinare ai servizi territoriali di riabilitazione, finalizzata non soltanto alla acquisizione di nozioni tecniche, ma anche e soprattutto alla necessità del lavoro di equipe e della professione svolta a contatto diretto del territorio e del contesto sociale e non più solo in reparti specializzati per investimenti settoriali.

L'organizzazione ottimale dei servizi richiederà tempi di attuazione non sempre contenibili nel triennio di validità del Piano. Può peraltro prevedersi con immediatezza, anche ai fini del parziale recupero di risorse finanziarie attualmente impegnate in via maggioritaria nel settore privato, la riconversione quantitativa e qualitativa delle strutture già esistenti di cui al punto c) del precedente paragrafo, nonché, sia pure con la gradualità dettata dalla disponibilità del personale necessario, l'avvio dell'attività distrettuale.

Relativamente alle strutture specializzate e da prevederne la collocazione nell'ambito delle aree di riequilibrio territoriale.

 

Sottosezione 32. I progetti finalizzati per la salute.

 

32.1 P.F.1 = Malattie infettive e diffusive.

32.2 P.F.2 = Cardiovascolopatie.

32.3 P.F.3 = Cerebrovascolopatie.

32.4 P.F.4 = Malattie tumorali.

32.5 P.F.5 = nefropatie croniche.

32.6 P.F.6 = Epilessia e patologie connesse.

32.7 P.F.7 = Malformazioni congenite.

32.8 P.F.8 = Diabete.

 

N.B.: La stesura dei progetti finalizzati è oggetto di appositi «contributi tecnico-scientifici» che vengono pubblicati separatamente.

 

Sottosezione 33. Progetti «risorse».

 

33.1 P.R. Per accertamenti diagnostici.

33.2 P.R. Per l'assistenza farmaceutica.

33.3 Per l'assistenza ospedaliera.

 

 

Capitolo 33.1: Progetto-risorse per accertamenti diagnostici.

33.10 Introduzione.

La razionalizzazione dell'accesso agli accertamenti diagnostici trae la sua rilevanza, nell'assetto degli obiettivi del Piano, da vari ordini di considerazione.

Vi è innanzitutto da considerare il peso che questo capitolo di spesa sta assumendo nell'equilibrio finanziario generale del sistema, con una tendenza verso la lievitazione che prescinde dal consumismo in quanto è dovuto all'introduzione di nuove tecnologie che sostituiscono quelle tradizionali, nonché all'ampliamento dell'area di intervento in direzione di nuovi settori di patologia.

Va considerato in secondo luogo che l'innovazione o la trasformazione tecnologica creano la necessità di potenziare alcune funzioni che, pur richieste anche nella precedente fase, vanno però assumendo tutt'altro rilievo: la standardizzazione dei metodi, la parametrazione dei risultati, i controlli di qualità, la valutazione del rapporto rischio-benefici, l'utilizzo pieno delle potenzialità insite negli impianti, e altro ancora.

Un terzo ordine di considerazioni si rifà alle problematiche già affrontate a proposito della medicina di base, per il fatto che tutte queste prestazioni diagnostiche, sia tradizionali che innovative, attivano una tendenza a distaccare la diagnosi dal ragionamento clinico e di affidarla alle risultanze della macchina. Il che, tenuto conto se non altro dei margini di errore e di opinabilità di qualsiasi risposta elaborata meccanicamente, rischia di depistare l'intervento curativo fuori dal tracciato corretto.

Infine non va sottovalutato che questo è uno dei campi principali dove l'iniziativa privata si propone come protagonista concorrente con la struttura pubblica. Il fenomeno non è attualmente molto preoccupante in Umbria, ma può diventarlo in qualsiasi momento.

Al riguardo, e senza alterare i connotati di un servizio sanitario nazionale pubblico sì, ma aperto agli apporti dell'iniziativa privata (e quindi senza alcun atteggiamento preconcetto o punitivo nei confronti di quest'ultima), è necessario che gli stessi vincoli posti all'espansione della spesa finanziata con il F.S.N. operino anche nei confronti della spesa assorbita dal convenzionamento con le strutture diagnostiche private, e che quest'ultime siano collocate in una logica di piano, ossia come elemento integrante e non concorrenziale (in senso promozionale) del S.S.R.

Quanto sopra concerne la diagnostica «pesante» realizzata mediante strumentazioni sofisticate e all'interno di strutture complesse. Va da sé che altro è il discorso della diagnostica «leggera», realizzata con i mezzi di cui si avvale ordinariamente lo specialista-consulente, e la cui problematica va ricondotta al convenzionamento con gli ambulatori privati.

Sulla base di queste considerazioni, l'obiettivo generale del progetto «risorse per gli accertamenti diagnostici» per il triennio del Piano viene articolato nei seguenti obiettivi particolari:

- razionalizzazione del ricorso alle prestazioni mediante procedure tecniche (protocolli diagnostici: paragrafo 33.11);

- razionalizzazione dell'accesso alle strutture diagnostiche mediante procedure amministrative (regolamenti di accesso: paragrafo 33.12);

- standardizzazione delle metodiche, controlli di qualità, razionalizzazione delle procedure di acquisto dei materiali d'uso (standard di funzionamento paragrafo 33.13);

- qualificazione e piena utilizzazione degli impianti, programmazione degli investimenti nelle tecnologie innovative (razionalizzazione degli impianti paragrafo 33.14);

- razionalizzazione del ricorso al convenzionamento esterno (paragrafo 33.15).

 

 

33.11 Protocolli diagnostici.

I protocolli diagnostici vanno considerati come strumenti non burocratici di razionalizzazione del ricorso alle prestazioni maggiormente a rischio di consumismo o comunque di uso improprio secondo valutazioni che coinvolgono anche gli aspetti dei costi.

Pertanto i protocolli diagnostici si appoggiano esclusivamente su presupposti scientifici e culturali trattandosi di delineare comportamenti corretti in materie soggette a continuo riesame man mano che si accumulano informazioni e conoscenze sull'efficacia delle prestazioni stesse dal punto di vista di falsa positività o falsa negatività delle risposte di controindicazioni etc.

In quanto strumenti non burocratici i protocolli diagnostici debbono essere elaborati dagli stessi operatori addetti all'esecuzione delle procedure debbono essere sottoposte alla convalida più ampia da parte del corpo sanitario e debbono tradursi infine esaurite queste procedure partecipative in «disciplinari» formalmente operativi e vincolanti.

Nelle priorità del triennio verranno attuati protocolli diagnostici per le prestazioni dei servizi e presidi multizonali per quelle basate su tecniche radioimmunologiche, e per le radiologie con introduzione parenterale dei mezzi di contrasto.

 

33.12 I regolamenti di accesso.

I regolamenti di accesso da tenere distinti dai protocolli diagnostici, configurano delle procedure amministrative che disciplinano l'uso delle strutture diagnostiche da parte dell'utenza.

Il cardine di questi regolamenti è il sistema di prenotazione unificato su base di ULSS informatizzato e tendenzialmente decentrato sul distretto.

Il regolamento di accesso determina le scadenze entro cui debbono essere fornite le risposte, fermi restando i limiti di legge per ottenere le prestazioni; determina inoltre i comportamenti nei casi di urgenza nei quali deve essere derogato da tali limiti e le garanzie perché ciò non costituisca motivo di abuso.

 

33.13 Standardizzazione delle procedure.

Un primo obiettivo del triennio in materia di standardizzazione delle procedure è l'applicazione delle misure previste dalle leggi regionali per la razionalizzazione delle procedure di acquisto dei materiali d'uso mediante pretrattativa unica a livello regionale con esito vincolante per le ULSS, ferma restando la competenza di queste ultime a provvedere all'acquisto in senso materiale similmente a quanto previsto per i farmaci inclusi nell'Elenco terapeutico regionale.

Un secondo obiettivo consiste nell'attuazione delle norme regionali e nazionali in materia di controlli di qualità mediante convenzionamento delle ULSS con centri di referenza scelti tra quelli segnalati dall'Istituto superiore di sanità, nonché mediante controlli incrociati tra i laboratori delle ULSS. in base a procedure determinate dalla Regione in sede di indirizzo e coordinamento.

Infine è obiettivo del triennio l'impianto di un sistema informativo sperimentale che consenta la notifica e la registrazione dei risultati degli accertamenti diagnostici presso l'ambulatorio del medico di base, oltre che l'annotazione generica dell'accesso a determinate metodiche di rilievo sul libretto sanitario individuale del cittadino. Entrambe queste misure saranno accompagnate da procedure sperimentali per il recupero rapido delle informazioni precedentemente acquisite, onde evitare acritiche ripetizioni di indagini.

 

33.14 Razionalizzazione degli impianti.

Obiettivo triennale nel campo della razionalizzazione degli impianti è anzitutto la programmazione degli investimenti nelle tecnologie innovative stabilendo precisi rapporti numerici con i bacini di utenza. Tali rapporti devono valere per tutta la durata del Piano.

Per quanto concerne la piena utilizzazione degli impianti, e quindi la distribuzione del lavoro degli operatori nell'arco della giornata, è obiettivo del triennio fissare indicatori sintetici di efficienza, calcolati isolando come centri di costo gli impianti e il loro funzionamento.

 

33.15 Razionalizzazione del convenzionamento esterno.

Allo scopo di razionalizzare il ricorso alle prestazioni fornite dal sistema privato nel campo della diagnostica, il modello funzionale prevede che l'apporto delle strutture convenzionate sia oggetto, sotto il profilo sia qualitativo che quantitativo di una previsione programmatoria che discenderà:

- dalla ricognizione oggettiva dei bisogni del territorio;

- dalla valutazione della potenzialità operativa dei servizi direttamente gestiti dalle ULSS;

- dalla previsione di piena utilizzazione di detti servizi;

- dall'esigenza di risolvere il problema dell'erogazione delle prestazioni necessarie attraverso la massima qualificazione delle stesse e la contestuale abolizione di tutti gli elementi che possono dilatare abnormemente la spesa nel settore.

Ai fini della individuazione delle strutture da convenzionare per la copertura delle esigenze di servizio residue alla utilizzazione ottimale delle proprie strutture, il S.S.R. deve tener conto del tipo di prestazioni fornite dalle singole strutture private e della loro effettiva capacità operativa dimostrata anche nei precedenti rapporti convenzionali; la correzione delle situazioni in atto potrà essere ricercata anche incentivando lo spostamento territoriale delle strutture convenzionate.

Nello stipulare le convenzioni con le strutture private le ULSS allo scopo di controllare l'utilizzazione delle risorse disponibili fisseranno il tetto di spesa ammissibile per il pagamento delle prestazioni erogabili da ciascuna struttura. Tale tetto potrà essere suddiviso in quote mensili compensabili tra loro fino alla concorrenza del tetto annuo.

Qualora lo stanziamento a disposizione per una struttura convenzionata sia saturato si potrà ricorrere ad altre strutture private convenzionate solo se queste ultime abbiano disponibilità residue di stanziamento.

Nel caso in cui durante il corso dell'anno la previsione di spesa scritta a bilancio per l'assistenza specialistica si dimostri insufficiente le ULSS che intendano continuare ad avvalersi del convenzionamento esterno dovranno provvedere attraverso una variazione del bilancio ordinario o adottando i provvedimenti previsti all'articolo 50 ultimo comma della L. n. 833/1978.

Non sarà consentito l'accesso a strutture private convenzionate poste fuori del territorio dell'ULSS di iscrizione assistenziale.

Per comprovate esigenze detto accesso potrà essere eccezionalmente autorizzato dall'ULSS di iscrizione assistenziale fermo restando che la prestazione sarà erogata previo visto dell'ULSS nel cui territorio opera la struttura privata convenzionata.

 

Capitolo 33.2: Progetto «Risorse per l'assistenza farmaceutica».

33.20 Introduzione.

Il progetto risorse per l'assistenza farmaceutica si colloca in una fase particolarmente travagliata della vita del S.S.N.; una fase in cui alcune tendenze a riconsiderare i principi della legge 833 perché ritenuti non più difendibili alla luce della crisi di fondo delle economie dei Paesi industrializzati, intrecciandosi con mai sopite volontà di riconquistare privilegi e posizioni di potere messi in forse dalla filosofia della riforma, hanno guadagnato spazi e segnato punti a favore sopra tutto nel campo dell'assistenza farmaceutica.

La spesa per i farmaci è stata presa di mira come principale obiettivo della manovra di contenimento dell'espansione della spesa sanitaria pubblica.

Su di essa è andato concentrandosi il taglio del Fondo sanitario nazionale con il conseguente spostamento di una parte considerevole degli oneri per l'assistenza farmaceutica dalla finanza pubblica al risparmio privato.

Questa manovra non ha preso in alcuna considerazione il fatto che l'espansione del consumo individuale dei farmaci è da anni sotto controllo avendo probabilmente raggiunto i massimi livelli concretamente possibili; la dinamica della spesa farmaceutica non è più legata, se non in misura minima a fattori connessi con l'espansione della domanda e neppure (al di là di certi limiti) con il cattivo funzionamento delle strutture sanitarie di base, mentre dipende sempre più da strozzature presenti a livello dell'offerta di farmaci; un'offerta che è controllata da una rete di procedure amministrative che non ha eguali per altri beni di consumo, né in campo sanitario né in altri campi.

D'altra parte questa manovra va contro corrente rispetto a una realtà oggettiva, che consiste nell'aumento crescente del costo dei farmaci man mano che la ricerca mette a disposizione della pratica medica un bagaglio di farmaci a contenuto sempre più intenso di ricerca e di tecnologia, come presupposto di una efficacia sempre maggiore e più selezionata.

La farmacoterapia è oramai un presidio essenziale della medicina moderna; senza la ricerca farmacologica la medicina non avrebbe fatto l'imponente salto di qualità di questi ultimissimi decenni, perché non vi sarebbero a sua disposizione tante molecole e principi farmacologicamente attivi contro malattie un tempo prive di baluardi.

Questo panorama è inquinato da due elementi. Un primo elemento è che accanto a farmaci innovativi, ad attività selezionata, frutto di ricerca qualificata (che deve estendersi al di là del momento della produzione, per prendere in considerazione gli effetti del loro uso nella pratica medica) continuano ad essere prodotti farmaci il cui uso può essere accettato come coadiuvante della farmacoterapia principale, e la cui compresenza è dovuta fondamentalmente a ragioni di equilibrio aziendale delle imprese produttrici. Un altro elemento di inquinamento consiste nell'abuso di prescrizione di farmaci attivi (costosi), al di là della loro indicazione terapeutica elettiva, farmaci che vanno a sostituirne altri più semplici per ragioni varie tra le quali non sono secondarie le pressioni promozionali sull'opinione pubblica e sul corpo medico.

Entrambi questi fenomeni sono strutturali alla situazione italiana, o quanto meno hanno radici lontane sulle quali è mancata finora un'adeguata operazione di bonifica. Il risultato di questo ritardo nella ristrutturazione del settore farmacogeno italiano ha fatto si che il principale (se non proprio l'unico) provvedimento finalizzato alla razionalizzazione dei consumi e al risparmio della spesa sia consistito finora nella quasi generalizzazione del ticket, ossia nella corresponsabilizzazione finanziaria dell'assistito. Con questa misura l'assistito è chiamato a compartecipare alla spesa sia per le terapie utili che per quelle superflue, sia per i farmaci validi che per quelli che tali non sono, senza poter influire su queste scelte ma subendo anzi le decisioni altrui.

Il Piano regionale si fa carico di questo problema, individuando innanzitutto nella evoluzione attuale dell'assistenza farmaceutica un precedente pericoloso, per i rischi che la compartecipazione alle spese venga estesa ad altri ambiti assistenziali, qualora il sottodimensionamento del F.S.N. dovesse diventare un dato permanente della politica sanitaria, al di là quindi delle sue motivazioni congiunturali più o meno strumentalizzate.

Ancora, vi è il rischio che in assenza di iniziative alternative all'attuale situazione, vada ad aumentare la quota di compartecipazione a carico dei cittadini tutto lascia pensare, infatti, che gli attuali livelli d imposizione siano insufficienti a garantire il mantenimento della spesa nei limiti programmati.

Di fronte a questi rischi, il Piano affida al progetto «Risorse per l'assistenza farmaceutica» la realizzazione di un circuito assistenziale che risponda a tre presupposti:

- il risparmio nelle aree di spesa comprimibili senza danni per la salute;

- la fruizione dei farmaci per le terapie indispensabili;

- la prevenzione del «mix» degli oneri finanziari, con il travaso della spesa da un comparto all'altro.

Per quanto concerne quest'ultimo punto, va tenuto presente il rischio di un maggior ricorso all'assistenza ospedaliera in regime di ricovero, per sottrarsi all'onere finanziario della compartecipazione nel caso in cui questo venga a gravare oltre limiti sopportabili.

Sulla base di queste considerazioni, l'obiettivo generale del progetto «Risorse per l'assistenza farmaceutica» viene articolato nei seguenti obiettivi particolari per il triennio del Piano:

- il controllo sui consumi e sulla spesa farmaceutica nell'assistenza di base (i controlli sull'assistenza farmaceutica extraospedaliera: paragrafo 33.21);

- la razionalizzazione dell'uso die farmaci nell'ambito dell'assistenza ospedaliera (l'Elenco terapeutico regionale: paragrafo 33.22);

- la somministrazione diretta dei farmaci nell'ambito delle strutture pubbliche extraospedaliere per particolari terapie mirate (l'uso dei farmaci nei presidi extraospedalieri: paragrafo 33.23);

- le attività informative verso gli operatori sanitari e l'educazione sanitaria del pubblico (paragrafo 33.24).

 

 

33.21 Il controllo sui consumi farmaceutici extraospedalieri.

Gli obiettivi del triennio per i controllo sulla spesa farmaceutica extraospedaliera posta a carico del S.S.R. prevedono innanzitutto la generalizzazione dei controlli da parte dei servizi di verifica contabile delle ULSS, per rilevare su ciascuna prescrizione medica spedita dalle farmacie l'importo totale, il numero dei pezzi e delle specialità, e la loro inclusione nel P.T.N..

In base a tali rilevazioni, le ULSS determineranno valori medi su cui confrontare le risultanze riscontrate per i singoli medici convenzionati.

Tutte le prescrizioni il cui costo superi del 50% la spesa annua per assistito registrata nell'anno precedente saranno trasmesse a scadenze fisse all'Ufficio di direzione dell'ULSS. Quest'ultimo richiederà al medico curante se lo riterrà necessario una relazione clinica sulle motivazioni delle prescrizioni segnalate come sopra e concorderà con il medico stesso le misure atte a garantire l'assistenza farmaceutica con modalità meno onerose (ivi compresa la somministrazione diretta dei farmaci nell'ambito delle strutture pubbliche).

Un secondo obiettivo del triennio consiste nel controllo quali-quantitativo inteso cioè a determinare sia la spesa indotta da ciascun medico che altri comportamenti in sede di prescrizione con particolare riguardo al ricorso ai prodotti galenici nonché alla ripartizione delle specialità per categorie di attività terapeutica.

Il controllo verrà effettuato su campione di medici e di aree territoriali, queste ultime riferite ai distretti di base o alle circoscrizioni farmaceutiche. Si procederà al campionamento mediante metodologie standardizzate a livello regionale in modo da controllare ogni anno almeno il 5% dei medici iscritti negli elenchi. Su richiesta degli interessati il controllo potrà essere esteso anche ai medici non inclusi nel campione di partenza.

I risultati dei controlli verranno notificati ai medici e comunicati alla Giunta regionale.

I ricettari da usare nell'ambito della medicina generale e pediatrica verranno distribuiti solo ai medici iscritti nei relativi elenchi e negli elenchi della guardia medica.

Le prescrizioni dei farmaci nell'ambito dell'assistenza garantita dal S.S.R. dovranno inderogabilmente essere effettuate all'interno del Prontuario Terapeutico Nazionale. Farmaci non inclusi nel Prontuario potranno essere usati esclusivamente per i fini della sperimentazione clinica controllata nonché nel caso della somministrazione diretta attraverso i presidi pubblici ai sensi della L.R. n. 46/1982.

 

33.22 Elenco terapeutico regionale.

La somministrazione dei farmaci nell'ambito dell'assistenza ospedaliera in regime di degenza avverrà esclusivamente con le modalità previste dalla L.R. n. 46/1982 in materia di Elenchi terapeutici regionali (ETR).

L'ETR sarà utilizzato per l'acquisto diretto dei farmaci da parte delle ULSS previa pretrattativa unica regionale ai sensi della L.R. n. 46/1982.

A tal fine, i farmaci inclusi nell'ETR verranno indicati con il loro nome generico e saranno raggruppati nelle categorie di attività terapeutica indicate dalla Giunta con atto di indirizzo e coordinamento.

Alla gestione sanitaria dell'ETR provvederanno apposite commissioni «etiche» istituite in ciascuna ULSS ai sensi della L.R. n. 46/1982. La formazione dell'Elenco e i suoi aggiornamenti saranno affidati all'apposita sezione del Consiglio tecnico regionale per la sanità.

 

33.23 Uso del farmaci nei presidi sanitari pubblici extraospedalieri.

La somministrazione e l'uso dei farmaci nei presidi extraospedalieri direttamente gestiti dalle ULSS saranno collegati allo sviluppo dei day-hospital nonché dei consultori dei centri e servizi di igiene mentale e di altre strutture pubbliche destinate all'assistenza nei confronti di particolari situazioni «a rischio».

La somministrazione sarà finalizzata alla cura di determinati stati morbosi e con modalità rigorosamente circoscritte per mezzo di protocolli terapeutici. Alla determinazione degli stati morbosi e alla predisposizione dei protocolli provvederà l'apposita sezione del Consiglio tecnico regionale per la sanità.

Nell'ambito delle priorità dell'intervento saranno presi in considerazione i casi messi in evidenza dai controlli sui consumi extraospedalieri previsti al paragrafo 33.21.

Altre priorità saranno collegate ai trattamenti farmacologici dei tumori, delle tossicodipendenze delle malattie mentali del diabete e di altre malattie disendocrine, alle terapie con derivati plasmatici e ai trattamenti farmacologici e dietologici dei dismetabolismi dell'infanzia derivanti da alterazioni genetiche.

 

33.24 L'informazione e l'educazione sanitaria.

Gli obiettivi dei triennio nel campo dell'informazione sui farmaci sono rivolti sia a controllare le iniziative promozionali condotte dalle imprese produttrici sia a innalzare il livello delle conoscenze degli operatori sanitari e della popolazione ai fini del corretto uso del farmaco.

Per quanto concerne il primo aspetto le ULSS attiveranno il controllo sulla distribuzione delle specialità medicinali all'interno dei presidi direttamente gestiti secondo procedure fissate in sede di coordinamento regionale. Le risultanze di tale attività saranno rimesse alla Giunta stessa. Inoltre sarà data comunicazione preventiva alla Giunta di tutte le riunioni comunque denominate che siano indette su iniziativa o nell'interesse delle imprese produttrici di farmaci che vengano indirizzate al personale sanitario e nelle quali le ULSS siano coinvolte attraverso richieste di patrocinio o mediante l'utilizzo di locali di riunione o con l'impegno diretto dei medici ed altri operatori del S.S.R. Verranno infine attivate le altre misure previste dalle disposizioni statali che disciplinano la informazione scientifica sui farmaci.

Per quello che concerne l'informazione e l'aggiornamento professionale dei medici e degli altri operatori sanitari al di fuori delle circostanze di cui sopra si fa rinvio ai paragrafi concernenti la formazione degli operatori e l'aggiornamento obbligatorio. Analogamente dicasi per l'educazione sanitaria della popolazione.

 

Capitolo 33.3: Progetto «Risorse per l'assistenza ospedaliera».

33.30 Introduzione.

 

Il progetto «Risorse per l'assistenza ospedaliera» assume un rilievo fondamentale nel quadro del P.S.R. in quanto la possibilità di realizzare molte delle misure programmatiche innovative è legata alla fattibilità della riconversione delle risorse impropriamente destinate all'assistenza ospedaliera in regime di ricovero.

Tale riconversione va perseguita senza forzature, nel senso che non si tratta di negare o contestare il ruolo dell'assistenza ospedaliera, come strumento fondamentale per la protezione sanitaria; il problema è di utilizzare le innovazioni sanitarie per collocare l'ospedale di degenza nel contesto di un mosaico organizzativo che prevede altre articolazioni gestite unitariamente, e per coordinare il flusso delle prestazioni n modo che ogni presidio eroghi compiutamente ciò che è chiamato elettivamente a dare.

Un primo obiettivo è pertanto quello di razionalizzare l'accesso all'ospedale, rompendo l'automaticità tra richiesta di ricovero ed accettazione.

Un secondo aspetto della riconversione delle risorse destinate all'assistenza ospedaliera concerne la ristrutturazione della rete regionale, sulla base della individuazione di bacini di utenza razionali sotto il profilo del rapporto costi-benefici. Al riguardo è fondamentale procedere alla verifica dei costi sociali determinati dalla conformazione attuale della rete ospedaliera, per formalizzare due strategie concorrenti: la riduzione del numero dei presidi esistenti e del numero dei posti-letto; la utilizzazione alternativa delle risorse patrimoniali ed umane esuberanti rispetto alla soglia ottimale ridefinita come sopra.

Il terzo luogo si pone la necessità di ristrutturare il presidio ospedaliero su base di ULSS, prevedendo che anche nei casi in cui si dia luogo transitoriamente all'esistenza di più di una sede, i servizi amministrativi siano integrati eliminando qualsiasi duplicazione, e i servizi sanitari siano riordinati per unità operative integrate, così da raggiungere l'obiettivo della massima utilizzazione degli impianti anche se deconcentrati.

Ancora, appartengono a questa strategia di razionalizzazione della spesa ospedaliera le misure per gli investimenti sulle attrezzature, per l coordinamento degli acquisiti di beni di consumo (farmaci, presidi diagnostici) anche mediante forme di pretrattative centralizzate a livello regionale.

Nel quadro di queste finalizzazioni, infine, si tratta di corresponsabilizzare gli operatori sanitari del sistema ospedaliero, utilizzando l'istituto contrattuale delle incentivazioni alla produttività con spirito innovativo: si deve evitare di riprodurre meccanicamente il vecchio sistema delle compartecipazioni, dando vita ad un meccanismo retributivo agganciato a miglioramenti nella produttività del sistema in termini ora di risparmio di spese evitabili che di piena utilizzazione delle risorse patrimoniali ed umane.

Sulla base di queste considerazioni per il triennio di validità del Piano l'obiettivo generale del progetto «Risorse per l'assistenza ospedaliera» viene articolato nei seguenti obiettivi particolari:

- razionalizzazione dei flussi di ricovero (33.31);

- razionalizzazione della rete ospedaliera (33.32);

- razionalizzazione delle procedure amministrative ed economali (33.33);

- riconversione e riutilizzo degli spazi assistenziali eccedenti (33.34).

 

 

33.31 Razionalizzazione dei flussi di ricovero.

Gli obiettivi di riduzione delle spese per degenza ospedaliera attraverso la razionalizzazione dei flussi di ricovero prevedono innanzitutto la costituzione in ogni ospedale di un servizio di accettazione sanitaria di norma integrato con le funzioni di pronto soccorso e direttamente collegato con i servizi di day-hospital.

Ogni proposta di ricovero anche in caso di urgenza verrà pertanto esaminata da tale servizio per una delle seguenti decisioni:

1) non necessita di ricovero e conseguente immediata dimissione con relazione clinica al medico proponente con esecuzione di eventuali cure ambulatoriali;

2) passaggio in assistenza al day-hospital anche per l'esecuzione di accertamenti diagnostici;

3) ammissione programmata al ricovero e dimissione temporanea con prenotazione del successivo ricovero nel caso di chirurgia elettiva;

4) ammissione al ricovero e passaggio in cura all'unità operativa ritenuta competente per la patologia in evidenza.

Nell'ultimo caso, il trasferimento effettivo nelle zone di degenza avverrà, fatti salvi i casi di urgenza, dopo l'esecuzione degli accertamenti diagnostici prescritti nel provvedimento di ammissione da completare entro tre giorni dal ricovero. In tale intervallo di tempo il ricoverato verrà trattenuto nei locali del servizio di accettazione sanitaria, se strutturato per la degenza oppure in apposita area della zona delle terapie intensive.

Fatti salvi i casi di urgenza documentati con relazione clinica dal servizio di accettazione sanitaria non saranno consentite ammissioni in ospedale dalle 12 del venerdì alle 8 del lunedì.

Il provvedimento di ammissione dovrà indicare la durata presumibile del ricovero. Qualora sia necessario prolungarlo e comunque alla scadenza del quindicesimo giorno dalla data di ammissione, il responsabile dell'unità operativa ne farà oggetto di segnalazione al competente settore dell'Ufficio di direzione salvo che l'assistenza non possa essere proseguita in regime di day-hospital sotto la responsabilità della stessa unità operativa.

Il monitoraggio dei flussi di accettazione e diminuzione sarà inserito tra le funzioni del sistema informativo socio-sanitario con particolare riguardo alla gestione delle informazioni contenute nella scheda nosografica.

 

33.32 La razionalizzazione della rete ospedaliera.

Le misure di razionalizzazione della rete ospedaliera da ricollegare agli interventi del capitolo sulla ristrutturazione del presidio ospedaliero prevedono che nell'ambito del numero complessivo dei posti-letto assegnati all'ULSS la destinazione del posti letto per zone di degenza verrà determinata dall'ULSS stessa anno per anno con criteri esclusivamente funzionali, sulla base delle tendenze verificate, e tenuto conto degli obiettivi di riequilibrio verso le funzioni territoriali.

I parametri di calcolo prevedono per il triennio una durata media della degenza di giorni 10,30 e un tasso medio di utilizzazione pari al 75%. Tali parametri, riferiti al complesso della funzione ospedaliera dell'ULSS sono tassativi; il Piano fissa inoltre parametri indicativi, interni al parametro complessivo specificato come sopra e riferiti alle singole funzioni. Il piano comprensoriale fisserà i parametri annuali di avvicinamento all'obiettivo triennale.

All'infuori delle circostanze in cui la deroga si rende indispensabile perché l'ULSS abbia almeno un presidio ospedaliero non sono ammessi stabilimenti ospedalieri con meno di 100 posti-letto. Gli stabilimenti che non rispondono a tale requisito debbono essere riconvertiti ad altre funzioni socio-sanitarie entro il triennio del Piano.

Non sono ammesse articolazioni del presidio ospedaliero in altri stabilimenti oltre a quelli esistenti. Nel caso in cui il presidio ospedaliero sia articolato in più stabilimenti non saranno ammesse duplicazioni di servizi trasfusionali di farmacia interna di diagnosi di laboratorio di istologia e anatomia patologica.

Non sono ammesse nuove duplicazioni di reparti e servizi fatta eccezione per l'accettazione sanitaria con annesso pronto soccorso se a carattere interdipartimentale.

L'organico ospedaliero è unico per tutto il presidio anche se questo sia articolato in più stabilimenti. Pertanto il personale addetto ai reparti di degenza e ai servizi speciali distribuisce il proprio tempo lavoro nel presidio dell'ULSS secondo criteri di rotazione che garantiscano l'utilizzo ottimale delle risorse umane e strumentali.

Fa eccezione ai criteri sopra indicati il presidio ospedaliero di Perugia relativamente all'articolazione nelle due sedi di Monteluce e di S. Andrea delle Fratte.

Le modificazioni alla struttura ospedaliera saranno consentite solo se ne conseguiranno effetti nella direzione degli obiettivi sopra indicati.

 

33.33 La razionalizzazione dei servizi amministrativi e tecnici e delle procedure economali.

Per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione della spesa per degenza ospedaliera tutti i servizi amministrativi già destinati alla gestione dell'ospedale sono ricondotti presso l'Ufficio di direzione e gestiti unitariamente con le altre funzioni dell'ULSS nell'ambito dei settori di competenza amministrativa contabile ed economale.

La gestione dei servizi tecnici verrà mantenuta di norma presso la sede del presidio ospedaliero. In caso di articolazione del presidio in più stabilimenti, la gestione dei servizi tecnici sarà comunque unificata su base di ULSS.

Gli acquisti di farmaci e presidi medicochirurgici e diagnostici di beni alimentari di carburanti e di altri beni di consumo saranno subordinati a pretrattativa vincolante su base regionale ai sensi della L.R. n. 18/1980.

Per gli acquisti di attrezzature tecnologiche da utilizzare nei servizi generali e in quelli amministrativi vale quanto previsto nel paragrafo relativo agli investimenti sulle attrezzature.

 

33.34 Riconversione e riutilizzo degli spazi assistenziali eccedenti.

Gli spazi assistenziali eccedenti rispetto alla razionalizzazione dei presidi ospedalieri e alla loro funzionalizzazione in direzione dei fabbisogni per emergenze sanitarie saranno oggetto di appositi piani di riconversione.

Gli ospedali per i quali verrà a cessare la funzione di assistenza ospedaliera ai malati in fase acuta verranno riutilizzati come presidi paraospedalieri o poliambulatoriali o come presidi di supporto per l'alloggio di comunità protette.

La Regione dal canto suo indicherà fabbisogni di presidi per la riabilitazione specializzata, da collocare presso strutture exospedaliere a disposizione delle aree di riequilibrio territoriale delle utenze.

Per quanto concerne gli spazi eccedenti in ospedali che mantengono la loro funzione i piani di riutilizzo dovranno privilegiare la disponibilità di aree ad uso dei familiari degli utenti per garantire i diritti del bambino ospedalizzato per attività socio-culturali e di promozione scientifica.

 

Sottosezione 34. I progetti di settore.

 

34.1 P.S.1 = Formazione degli operatori ed educazione sanitaria.

34.2 P.S.2 = Sistema informativo sanitario.

34.3 P.S.3 = Servizi trasfusionali.

34.4 P.S.4 = Veterinaria.

 

N.B.: La stesura dei progetti di settore fa oggetto di appositi «contributi tecnico-organizzativi» che vengono pubblicati separatamente.

 

Sezione 4 - Le risorse.

 

Sottosezione 41.

 

41.1 Il servizio informativo socio-sanitario.

41.2 La ricerca finalizzata e l'osservatorio epidemiologico.

41.3 L'educazione sanitaria della popolazione.

41.4 La formazione continua e l'aggiornamento del personale.

 

Capitolo 41.1: «Il servizio informativo socio-sanitario».

41.10 Introduzione.

Gli obiettivi di Piano per quanto concerne la realizzazione del Sistema informativo socio-sanitario si collocano su due direttrici di marcia che debbono procedure distintamente quanto meno nella fase di partenza: da un lato la costruzione dei flussi informativi; dall'altro il trattamento informatico dei dati.

Per quanto concerne il primo aspetto, è necessario innanzi tutto che ogni servizio operativo sia capace di esprimere i dati riguardanti la propria attività. Verrà pertanto dato particolare risalto alla ridefinizione della modulistica concernente l'attività dei servizi, in quanto punto di partenza irrinunciabile per qualsiasi valutazione di efficienza.

Accanto all'uso della modulistica tradizionale, verranno applicate nei servizi le nuove metodologie di analisi valutativa, in raccordo con i programmi di ricerca scientifica dell'Istituto superiore di sanità.

Un posto speciale in questa strategia sarà riservato all'inserimento del medico di base nel sistema informativo, per utilizzare i dati concernenti lo stato di salute che emergono dal contatto quotidiano con la popolazione, ma che si disperdono a causa delle condizioni di isolamento artigianale in cui opera il medico di base.

La perdita di tali informazioni pregiudica la conoscenza sull'andamento reale delle condizioni di salute, costringendo il sistema informativo a basarsi solo sui dati ricavati dalle statistiche sanitarie (mortalità per cause, morbosità rilevata nei presidi ospedalieri e altro), che offrono un osservatorio attendibile solo per fenomeni alquanto selezionati.

Occorrerà naturalmente migliorare le condizioni di utilizzo dei dati provenienti dalle rilevazioni condotte da istituzioni esterne al S.S.N. (ISTAT e INAIL in primo luogo). Questi dati dovranno essere trasmessi al S.S.R. con il massimo grado di analiticità possibile (il Comune, per quanto concerne l'ISTAT).

Dovrà essere strutturato a livello di ULSS un apposito servizio presso l'Ufficio di direzione, dove far confluire tutti i dati provenienti dall'attività dei servizi e quelli dovuti a rilevazioni anagrafiche e di stato civile.

Il servizio, per la cui collocazione organica si rinvia all'apposito capitolo, sarà anche un momento di prima aggregazione ed elaborazione dei dati, e per la loro trasformazione in informazioni statistico-epidemiologiche.

Il sistema informativo si completerà nel livello regionale, a sua volta collegato con quello nazionale, come viene precisato nello specifico progetto di settore; al livello regionale dovranno affluire solo i dati e le informazioni occorrenti per elaborazioni su scala sufficientemente ampia da consentire giudizi ed ingerenze utilizzabili ai fini della programmazione.

Obiettivo centrale per quanto riguarda il livello regionale è anche la socializzazione di tutti i dati occorrenti alla programmazione nei vari livelli del S.S.R. Questo compito verrà svolto sia mediante una propria attività editoriale, sia stimolando la produzione di notiziari e bollettini a livello di ciascuna ULSS.

Questo flusso di dati ed informazioni avrà come finalizzazione particolare relazione sullo stato sanitario della Regione, che costituisce il supporto per le notizie da inserire nella relazione sullo stato sanitario del Paese.

Sarà finalizzato inoltre alla rilevazione sull'andamento dei flussi di spesa, conformemente alle direttive emanate dal Servizio centrale per la programmazione sanitaria.

Per quanto riguarda gli obiettivi di informatizzazione, tutti i programmi delle ULSS saranno coordinati all'interno delle scelte fissate a livello regionale dal S.I.R.P., in connessione con il C.R.U.E.D.

Va tenuto presente al riguardo che l'esigenza di tale coordinamento ha due radici. C'è da considerare in primo luogo che l'unitarietà del sistema informativo richiede che si proceda con criteri unitari anche nell'acquisizione di quelle strumentazioni informatiche che devono essere integrate «in rete». In secondo luogo, la dimensione degli investimenti necessari per dotarsi di moderne risorse di calcolo fa si che i programmi di finanziamento vengano preventivamente valutati, e siano adottati nel rispetto delle esigenze di equilibrio della spesa.

Infine, verrà dato spazio nel triennio a programmi innovativi nel campo sia dell'informatica che della telemedicina. Nel primo caso tali programmi saranno raccordati con le iniziative «centrali» del Servizio per la programmazione sanitaria del Ministero per la sanità, d'intesa con il C.N.R.; nel secondo il raccordo sarà realizzato con la SIP, nell'ambito del progetto-pilota dedicato all'area spoletina.

Altre indicazioni per obiettivi del triennio sono contenute nel progetto di settore dedicato al Sistema informativo socio-sanitario regionale.

Sulla base di queste premesse il capitolo 41.1 si articola nei seguenti paragrafi:

- il consolidamento delle modalità di rilevazione (41.11);

- il coinvolgimento del medico di famiglia (41.12);

- i rapporti con l'ISTAT, l'INAIL etc. (41.13);

- la definizione degli assetti organizzativi (41.14);

- obiettivi per la socializzazione delle informazioni (41.15);

- obiettivi di informatizzazione del SISR (41.16).

 

 

41.11 Il consolidamento delle modalità di rilevazione.

La costruzione del Servizio informativo socio-sanitario richiederà un particolare impegno del S.S.R. nel consolidamento delle modalità di rilevazione dei dati di base (caratteristiche delle esposizioni al rischio conoscenze sullo stato di salute e sulle malattie informazioni sul funzionamento dei servizi etc.) e nell'acquisizione di dati per la veterinaria.

Al riguardo c'è da registrare che nella transizione al S.S.N. c'è stata probabilmente una perdita di efficienza del sistema informativo con cadute di conoscenza rispetto ai livelli pregressi. Va però considerato che l'affidabilità delle precedenti modalità di rilevazione era nel complesso abbastanza modesta per cui la ricostruzione dei flussi informativi deve tendere al recupero solo di quanto era effettivamente utile, e deve puntare per il resto a creare nuove fonti di informazione e nuove metodologie di rilevazione.

Dovrà essere pertanto ricostruita tutta la modulistica di base aumentando il livello delle informazioni ricavabili dalle schede di morte e dalle altre schede usate dai servizi demografici; egualmente dicasi per le schede nosografiche ospedaliere tuttora inutilizzate anche per problemi concernenti la codifica delle cause di ricovero, e per le notifiche delle malattie infettive soggette all'obbligo di denuncia per le quali si pone la necessità di concentrare l'attenzione sulle patologie non documentabili per altre vie.

Questi strumenti tradizionali saranno affiancati da altri due canali di flusso riguardanti i dati ricavati attraverso le attività di medicina pubblica (progetti-obiettivo e progetti finalizzati in primo luogo) e quelli rilevati attraverso le nuove metodiche dell'epidemiologia valutativa tra le quali spiccano le tecniche di valutazione dei flussi di utenza (Patient Flow Analysis) e quelle per lo studio dell'efficienza dei servizi attraverso la valutazione delle morti evitabili.

Tutte queste rilevazioni dovranno essere portate a sintesi attraverso la determinazione di specifici indicatori, da usare nella routine della gestione delle informazioni socio-sanitarie.

 

41.12 Il coinvolgimento del medico di famiglia.

Il coinvolgimento del medico di famiglia quale anello del processo di raccolta trasmissione e utilizzazione dei dati concernenti lo stato di salute della popolazione trae la sua giustificazione dal fatto che il nostro Paese è uno dei pochissimi nel mondo ad aver generalizzato in forma sistematica la medicina di base realizzandola come servizio pubblico ramificato in rete omogenea su tutto il territorio nazionale.

Ciò fa dell'attività del medico di famiglia un osservatorio edipemiologico privilegiato le cui potenzialità sono però vanificate per responsabilità del sistema sanitario stesso che non è riuscito finora a ricavare informazioni da un servizio con il quale entra a contatto pressoché tutta la popolazione.

Se si considera che il servizio della medicina di base realizza il contatto con la popolazione anche prima che i problemi concernenti la salute siano strutturati come malattie formalmente inquadrate si ha la precisa consapevolezza che all'inutilizzazione del servizio stesso come osservatorio epidemiologico corrisponde la perdita di informazioni sull'inizio del processo eziopatogenetico di malattie a lunga evoluzione per le quali è importante stabilire tempestivamente il momento del passaggio dal rischio o dalla predisposizione al fenomeno patologico irreversibile.

Il Piano intende perciò fare in modo che il sistema informativo socio-sanitario si avvalga delle informazioni espresse attraverso l'attività del medico di base: informazioni ovviamente spersonalizzate ossia non nominative.

Verranno pertanto avviati programmi sperimentali di recupero di tali informazioni attraverso l'uso di cartelle orientate per problemi da utilizzarsi nominativamente per i fini dell'assistenza diagnostica-terapeutica ed anonimamente per fini di documentazione epidemiologica. Saranno altresì sperimentate, d'intesa con il C.N.R. e con il Ministero della sanità programmi pilota di informatizzazione dell'archiviazione dei dati raccolti nel corso dell'attività del medico di famiglia sempre con le più ampie garanzie di riservatezza e di rispetto del segreto professionale.

 

41.13 I rapporti con l'ISTAT, l'INAIL, e gli altri istituti centrali di statistica sanitaria.

Nel campo degli obiettivi prioritari del triennio va posta la regolarizzazione dei rapporti con l'ISTAT con l'INAIL e con le altre istituzioni nazionali cui affluiscono dati provenienti da rilevazioni correnti o censuarie.

A tale scopo, utilizzando anche la presenza dell'Umbria nel «coordinamento interistituzionale» costituito presso il Servizio centrale per la programmazione sanitaria verrà provveduto all'utilizzazione dei dati raccolti dalle istituzioni centrali specializzate mediante accordi che consentano di accedere direttamente alle informazioni grezze, cioè non elaborate né aggregate per moduli territoriali.

 

41.14 La definizione degli assetti organizzativi.

Dal punto di vista organizzativo gli obiettivi del Piano triennale prevedono un impegno prioritario per la definizione degli assetti organizzativi del S.I.S.R., a livello di ULSS e di Regione.

Per quanto concerne le ULSS, il S.I.S.R. verrà gestito nell'ambito di appositi servizi costituiti presso l'Ufficio di direzione, e collocati organicamente tra i «servizi comuni», a disposizione non di un singolo settore ma dell'Ufficio nel suo complesso. In quanto «servizio», l'affidamento della responsabilità direzionale verrà risolto conformemente agli indirizzi contenuti nel capitolo 25.1 del Piano socio-sanitario, indirizzi che sono riprodotti nel dispositivo di legge.

L'organizzazione del S.I.S.R. a livello regionale seguirà le vie indicate in sede di attuazione della L.R. n. 2 del 1982, ed avrà il suo snodo operativo nell'ufficio dell'assessorato alla sanità e ai servizi sociali.

Caratteristica comune di questi due poli organizzativi sarà quella di non esaurire in sé le funzioni della rilevazione statistico-epidemiologica, ma di porsi come momento di coordinamento di attività che per realizzare l'obiettivo dell'efficienza dovranno far capo prima di tutto all'impegno diretto dei servizi stessi da cui le informazioni provengono o in cui vengono sottoposte a un primo livello di elaborazione.

 

41.15 Obiettivi per la socializzazione delle informazioni.

Ai fini della circolazione delle informazioni statistico-epidemiologiche nell'ambito del S.S.R. il Piano prevede che siano incentivate organiche iniziative editoriali curate sia dalla Regione direttamente che dalle singole ULSS.

La Regione curerà la pubblicazione di un notiziario per la programmazione socio-sanitaria con l'obiettivo di aggiornare periodicamente il livello delle conoscenze sugli indicatori capaci di fornire informazioni aggregate a livello regionale sull'andamento dei fenomeni concernenti la salute e sul funzionamento dei servizi. Tale notiziario fornirà anche dati relativi alle informazioni di carattere epidemiologico fornite direttamente dalle ricerche finalizzate condotte nella Regione Umbria o ricavabili per ricaduta da indagini a respiro più ampio condotte dall'istituto superiore di sanità o coordinate dal C.N.R. nell'ambito dei suoi progetti di ricerca finalizzata.

Collateralmente a questa iniziativa editoriale, verranno impostate pubblicazioni a carattere monografico, con priorità per gli argomenti sui quali esistano contributi originali da parte di ricercatori impegnati sullo studio della realtà dell'Umbria.

Questa serie di pubblicazioni anche se non è chiamata a fare concorrenza alla pubblicistica scientifica in quanto risponde a logiche diverse, dovrà caratterizzarsi sul piano della qualità attraverso la corresponsabilizzazione di un nucleo di personalità «garanti» della affidabilità di quanto viene pubblicato.

A questo impegno diretto della Regione dovrà corrispondere un analogo impegno delle ULSS che saranno chiamate a collaborare al notiziario regionale, e che verranno incentivate a produrre documentazioni sull'andamento dei fenomeni nell'area di competenza dei propri servizi.

A dare organicità a queste attività editoriali, provvederanno da un lato la relazione annuale sullo stato sanitario della Regione e dall'altro le relazioni sull'andamento dei flussi di spesa nell'ambito del Fondo sanitario regionale. Questi impegni, che traggono la loro origine da precise norme della legislazione regionale saranno assolti con il massimo scrupolo anche perché sono collegati con analoghi impegni verso il livello centrale del S.S.N.. Essi verranno pertanto affrontati con la convinzione di contribuire anche per questa strada al consolidamento della riforma sanitaria nazionale.

 

 

41.16 Obiettivi di informatizzazione.

Gli obiettivi di informatizzazione delle funzioni del S.I.S. regionale verranno fissati come momento specifico dei programmi della Regione nel campo dell'informatica. Tali programmi vedono nel CRUED il primo interlocutore per la realizzazione di iniziative che comportano non solo investimenti cospicui ma anche scelte di carattere tecnico che debbono essere attentamente valutate.

Il Piano punta ad uno sviluppo dell'uso dei computer che superi la parcellizzazione delle funzioni informatiche per pervenire alla realizzazione di circuiti integrati nei quali le varie e differenziate funzioni di servizio e di governo siano programmate e gestite con la logica del videotel.

A questo riguardo assume importanza strategica di rilevanza regionale la realizzazione del progetto-pilota concordato con il CRUED e la SIP per l'informatizzazione integrata dei servizi socio-sanitari dell'area spoletina.

 

Capitolo 41.2: «La ricerca finalizzata e l'osservatorio epidemiologico».

41.20 Introduzione.

La delineazione degli obiettivi nell'area della ricerca finalizzata richiede innanzitutto che sia delimitato il campo dell'iniziativa regionale.

Il termine «ricerca finalizzata» esclude evidentemente qualsiasi proiezione sulla ricerca di base; al riguardo devono valere i presupposti di massima in base ai quali il C.N.R. orienta le proprie scelte di politica della ricerca.

A parte ciò, la finalizzazione della ricerca va intesa in stretto riferimento agli obiettivi della programmazione socio-sanitaria regionale ossia deve inserirsi in maniera diretta e trasparente su un obiettivo esplicitamente collocato nel Piano socio-sanitario.

Delimitato il campo in questa maniera, resta da dire che l'intervento regionale nell'area della ricerca deve trovare tutti i coordinamenti con i soggetti e le iniziative che si prefiggono scopi coincidenti con quelli sopra delineati: si tratta infatti da un lato di evitare di ripercorrere in maniera ripetitiva ed autarchica strade già esplorare, e dall'altro di allargare gli orizzonti della ricerca finalizzata alla programmazione socio-sanitaria, sia per arricchire quest'ultima che per fornire agli altri centri di iniziativa l'apporto delle esperienze maturate nell'ambito del S.S.R..

Ancora il fatto che la ricerca pilotata dal S.S.R. sia finalizzata alla programmazione socio-sanitaria ne allarga i confini al di là dell'ambito strettamente biomedico ed epidemiologico in senso stretto. Rientrano tra gli obiettivi di questo tipo di ricerca finalizzata tutte le materie attinenti, oltre che alla conoscenza dello stato di salute, anche all'approfondimento delle tematiche gestionali: economia e finanza dei sistemi socio-sanitari, analisi sul funzionamento dei servizi, valutazione sui bisogni della popolazione, sulle abitudini comportamentali etc., e quant'altro possa aumentare l'efficacia degli interventi delle strutture socio-sanitarie.

La presenza della Regione nell'area della ricerca finalizzata si attua mediante programmi predisposti direttamente dall'osservatorio epidemiologico, ed affidati preferibilmente a strutture istituzionalmente dedite alla ricerca. Si attua inoltre mediante incentivazioni a gruppi di ricercatori che presentino autonomamente programmi coerenti con i presupposti di finalizzazione sopra indicati. Si attua ancora mediante la compartecipazione delle strutture del S.S.R. alle attività di ricerca condotte in altri livelli del S.S.N. (Istituti Superiori di Sanità e di Prevenzione e Sicurezza del Lavoro, Centro Studi del Ministero

della Sanità, Servizio Centrale per la Programmazione Sanitaria e altri).

Si attua infine mediante la ricerca di intese con l'Università, con il C.N.R. e con altre istituzioni esterne al S.S.N., per concordare (nel rispetto delle autonomie reciproche) indirizzi e priorità su tutta l'area della ricerca finalizzata.

Come annotazione conclusiva, il Piano configura l'organizzazione e il coordinamento delle ricerche condotte nell'ambito del S.S.R., come funzione tipicamente regionale, sia per la necessità di garantire organicità alle iniziative, sia per evitare che queste si richiudano all'interno dei confini amministrativi delle ULSS, con il rischio di perdere i loro connotati scientifici.

Il capitolo 41.2 si articola pertanto nei seguenti paragrafi:

- l'osservatorio epidemiologico regionale (41.21);

- gli incentivi ai progetti di ricerca finalizzata (41.22);

- il coordinamento con le ricerche degli altri livelli del S.S.N. dell'Università e del C.N.R. (41.23);

 

 

41.21 L'Osservatorio epidemiologico.

Il consolidamento dell'Osservatorio epidemiologico costituisce obiettivo prioritario del Piano per lo sviluppo delle conoscenze sullo stato di salute della popolazione, per la determinazione delle priorità d'intervento, per la valutazione del funzionamento dei servizi, per la definizione dei criteri su cui misurare gli effetti della spesa destinata al comparto.

L'Osservatorio è chiamato anche a dare un contributo per lo sviluppo delle conoscenze nel campo della veterinaria offrendosi come punto di riferimento anche per l'Istituto zooprofilattico sperimentale.

Il consolidamento dell'Osservatorio rispetterà il criterio contenuto nella legge istitutiva. Secondo la legge umbra, infatti, l'Osservatorio epidemiologico non si propone come struttura autosufficiente nel campo della ricerca finalizzata: collocato all'interno dell'organico della Regione, come articolazione dell'Ufficio socio-sanitario, esso vuole essere innanzitutto un punto di convergenza e di incontro per tutte le forze della comunità scientifica regionale impegnate nella ricerca finalizzata alla tutela socio-sanitaria.

In tal senso assume particolare rilievo il contributo del Comitato tecnico-scientifico, alla cui composizione concorrono esperti delle varie branche dell'epidemiologia.

A supporto del Comitato, la struttura organica dell'Ufficio regionale verrà rafforzata con l'inserimento di collaborazioni consultive ricavate nella misura del possibile dagli organici degli istituti di ricerca dell'Università.

L'attività dell'Osservatorio si svilupperà preferenzialmente sulla base di programmi integrati nelle attività di ricerca in corso in Umbria.

Come contributo specifico ed originale, l'Osservatorio dedicherà particolare attenzione alla cura degli aspetti metodologici delle ricerche epidemiologiche cominciando dalla uniformazione dei criteri di campionamento della popolazione.

Un altro tipo di contributo specifico ed originale consisterà nel trasferimento dei risultati delle ricerche in termini di attività ordinaria dei servizi. In tal senso sarà ripensata la metodologia epidemiologica basata sui requisiti di rischio (per i tumori per il diabete per le malformazioni congenite e per altre patologie aventi analoghe dimensioni «sociali») al fine di verificare se gli insuccessi finora registrati nel Paese siano superabili coinvolgendo nelle procedure di raccolta dei dati l'intera rete regionale dei servizi socio-sanitari compresa l'area funzionale del medico di base.

L'Osservatorio epidemiologico opererà anche per la formazione nei campi di propria pertinenza, in particolare per:

- la preparazione dei quadri per i servizi epidemiologici;

- la valutazione dell'efficacia dei servizi;

- l'uso degli indicatori di salute;

- le metodologie di misurazione degli effetti della programmazione.

Queste iniziative formative verranno fiancheggiate con l'indizione di conferenze regionali di epidemiologia allo scopo di valutare la situazione nei campi più rilevanti sul piano dello stato di salute.

L'Osservatorio epidemiologico si proporrà come punto di riferimento per i raccordi con gli «osservatori» delle altre Regioni con l'Istituto Superiore di Sanità con quello per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro con il livello centrale del S.I.S. Esso opererà infine come elemento di stimolo per i raccordi con le ricerche condotte nell'ambito dei progetti finalizzati del C.N.R..

Altra fonte di informazioni sarà costituita dalle relazioni dei distretti cui viene fatto riferimento nel «modello funzionale» della partecipazione.

 

41.22 La ricerca finalizzata.

Gli stanziamenti del Fondo sanitario regionale a destinazione vincolata per la ricerca saranno utilizzati per incentivare attività scientifiche che aumentino le conoscenze sullo stato di salute della popolazione e sui modi per intervenire con gli strumenti della programmazione socio-sanitaria.

Dovrà pertanto trattarsi tassativamente:

- di ricerche a carattere epidemiologico o statistico, riferite ai fattori di rischio o alle patologie prevalenti nella Regione;

- di ricerche biomediche i cui risultati siano trasferibili nell'attività corrente dei servizi dell'ULLSS;

- di ricerche sulla valutazione dell'efficienza dei servizi;

- di ricerche a supporto dei programmi regionali di formazione del personale e di educazione sanitaria della popolazione;

- di ricerche sulla sperimentazione di nuove tecnologie biomediche e sulle tipologie edilizie da applicare nella programmazione dei presidi socio-sanitari della Regione;

- di ricerche sulle tecniche del management, sulla razionalizzazione delle procedure tecnico-amministrative e contabili e sulla gestione dei dati:

- di ricerche di carattere epidemiologico di igiene zootecnica e di igiene e salubrità dei prodotti di origine animale.

Nell'ambito delle suddette aree tematiche avranno priorità le ricerche direttamente collegate con i progetti del Piano socio-sanitario.

Ai fini dell'incentivazione, la Regione regolerà i suoi rapporti con i ricercatori sulla base dei seguenti principi che faranno oggetto di apposito disciplinare:

- i progetti dovranno essere presentati da gruppi di ricercatori preferibilmente interdisciplinari appartenenti alle strutture universitarie e delle ULSS;

- potranno residualmente concorrere agli incentivi anche centri di ricerca non appartenenti a strutture pubbliche purché iscritti nell'apposito elenco tenuto dal Ministero per la ricerca scientifica ai sensi del D.P.R. n. 382;

- dovranno essere presentati progetti specifici e circostanziati che facciano parte di organici programmi in corso di attuazione, o che si inseriscano su linee di ricerca a largo respiro;

- ogni progetto dovrà indicare il direttore o la direzione scientifica. e documentarne l'idoneità sulla base dell'attività svolta nel campo della ricerca;

- ogni progetto dovrà indicare la scadenza finale nonché le scadenze intermedie (almeno semestrali) in corrispondenza delle quali saranno prodotte relazioni sullo stato di avanzamento della ricerca;

- ai fini dell'accettazione della ricerca verrà data priorità ai progetti condotti da operatori con rapporto di lavoro a tempo pieno;

- ogni decisione in merito all'incentivazione regionale sarà subordinata ad una valutazione di fattibilità basata anche sull'idoneità della struttura presso la quale è prevista la realizzazione in termini di personale di attrezzature e di strumentazioni;

- oltre che da riferimenti bibliografici tratti dalla letteratura scientifica. i progetti dovranno essere corredati da una previsione di spesa che ne dimostri la fattibilità in termini di autosufficienza finanziaria del gruppo e che indichi la finalizzazione specifica del contributo richiesto:

- l'utilizzazione del contributo regionale non sarà consentita per retribuzioni in favore dei ricercatori che usufruiscono di trattamento economico da lavoro dipendente;

- nei casi in cui i contributi vengano utilizzati per l'acquisto di strumentazioni ed altre attrezzature scientifiche, queste resteranno di proprietà della Regione.

L'inosservanza delle norme previste dal disciplinare comporterà la sospensione o la revoca del rapporto con la Regione.

Per consulenza e assistenza tecnica ai fini delle sue determinazioni la Giunta integrerà il Comitato dell'Osservatorio epidemiologico con un gruppo tecnico composto anche da esperti appartenenti alle strutture del S.S.R. e dell'Università.

 

41.23 Il coordinamento con le ricerche degli altri livelli del S.S.N., dell'Università e del C.N.R.

Nell'ambito delle iniziative per il potenziamento della ricerca finalizzata agli obiettivi di salute e di sicurezza sociale il Piano stimola la Regione e le strutture del S.S.R. a raccordarsi con le altre istituzioni pubbliche che hanno competenze e responsabilità nel comparto.

A tale scopo la Regione, d'intesa con l'Università promuoverà la conferenza annuale sullo stato della ricerca in Umbria per consentire a tutti i gruppi di ricercatori di fare il punto sulle linee di ricerca in corso, di trovare i coordinamenti che si rendano opportuni di aprire linee di ricerca in aree non adeguatamente coperte, e di valutare la corrispondenza tra obiettivi autonomamente perseguiti e obiettivi della programmazione regionale.

A tale conferenza verrà stimolata la presenza degli organi direttivi dei comitati di coordinamento attivati presso il C.N.R., per valutare le possibilità di convergenze tra i progetti finalizzati del C.N.R. e le priorità messe in rilievo dall'attività epidemiologica regionale.

Infine sarà incentivata la partecipazione delle strutture del S.S.R. alla realizzazione dei programmi di ricerca dell'Istituto superiore di sanità e dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, la cui approvazione è di competenza del Consiglio sanitario nazionale.

 

Capitolo 41.3: «L'educazione sanitaria della popolazione».

41.30 Introduzione.

L'educazione sanitaria della popolazione appartiene alla gestione delle risorse «conoscitive» relativamente all'obiettivo centrale della riforma sanitaria, che è la prevenzione primaria.

A livello di prevenzione primaria, l'educazione sanitaria si colloca come strumento centrale per intervenire a livello comportamentale sui fattori di nocività che sono alla base della patologia oggi dominante, sia infettiva che non infettiva. In tal senso essa è complementare alla prevenzione primaria ambientale, dalla quale si differenzia perché si rivolge alle persone (individui e gruppi).

Una seconda valenza dell'educazione sanitaria va individuata nel ruolo che essa svolge a supporto dei processi di partecipazione, nella misura in cui questi richiedono conoscenze adeguate relativamente ai bisogni di tutela sanitaria e ai modi come provvedere alle risposte.

Tutto ciò passa attraverso valutazioni sugli attuali livelli della domanda e dell'offerta e sulla loro adeguatezza rispetto alle priorità sanitarie.

Sullo sfondo di queste problematiche si staglia il ruolo dell'educazione sanitaria come componente di un processo promozionale dal quale debbono emergere i nuovi «stili di vita», in conformità con le strategie proposte in sede O.M.S. lungo la strada che dovrebbe portare, nel 2000, all'obiettivo «salute per tutti».

È evidente che lo sviluppo dell'educazione sanitaria investe trasversalmente tutto il modo di essere delle strutture del S.S.R..

In termini di programmazione e di Piano, vanno realizzati alcuni presupposti che valgano a fornire le infrastrutture per l'impegno del S.S.R. nell'educazione sanitaria, e che pongano le premesse perché da parte del livello centrale del S.S.N. vengano colmate carenze e recuperati ritardi nel far fronte ad un ruolo di coordinamento indispensabile anche per lo svolgimento delle iniziative locali.

Su entrambi questi piani il S.S.R. può avvalersi delle potenzialità espresse dalle strutture dell'Università di Perugia, a cominciare dal Centro sperimentale per l'educazione sanitaria. Tali potenzialità consentono di impostare iniziative integrate nei campi della ricerca, della formazione del personale per l'educazione sanitaria della predisposizione di materiali didattici e sussidi audiovisivi, nonché di offrire supporto tecnico o consulenza specialistica alle iniziative di altri soggetti nella scuola, nel mondo del lavoro e altro.

Quanto precede trova un idoneo strumento di realizzazione nel Servizio di documentazione sull'educazione sanitaria, operante presso il Dipartimento regionale per i servizi sociali d'intesa con il Centro sperimentale per l'educazione sanitaria, sulla base della apposita convenzione tra l'Università di Perugia e la Regione Umbria.

È poi indispensabile che alla riorganizzazione dell'intervento a livello regionale si accompagni un più intenso impegno delle strutture locali, alle quali il Piano indica egualmente alcuni obiettivi di carattere organizzativo.

Sulla base di queste considerazioni il capitolo 41.3 si articola nei seguenti paragrafi:

- il servizio regionale di documentazione sull'educazione sanitaria (41.31);

- strumenti organizzativi dell'educazione sanitaria nelle ULSS (41.32).

 

 

41.31 Il servizi di documentazione sull'educazione sanitaria.

Tale servizio, che trova una sua prima ragione d'essere nella richiesta avanzata alla Regione Umbria da parte delle altre Regioni nel Convegno di Perugia su: «L'organizzazione dell'educazione sanitaria nel S.S.N.», vuol mettere a disposizione dell'intero arco istituzionale impegnato nella riforma sanitaria il patrimonio di esperienze che nella nostra Regione, e nell'Università in primo luogo, si è maturato.

Si tratta di un supporto notevole per l'esigenza di dare una risposta organizzativa e scientifica all'attività di educazione sanitaria.

Con tale servizio vengono garantiti:

- la conoscenza di tutto il materiale prodotto, sia bibliografico che audio-visivo o cinematografico tramite una accurata schedatura;

- l'acquisto e quindi la disponibilità di tutto il materiale ritenuto utile ed utilizzabile per gli obiettivi del Piano;

- la produzione di materiale finalizzato alla realizzazione di programmi proposti dalla Regione Umbria dalle altre regioni e dalle ULSS;

- la consulenza per programmi e materiale vario di supporto per tali programmi proposti dalla scuola e in collaborazione con la scuola;

- la collaborazione alla stesura del PRESS, linea educazione sanitaria:

- la consulenza alla definizione di programmi per le ULSS ancora strutturalmente deboli nel settore;

- la collaborazione con i grandi mezzi di comunicazione per campagne e problemi di rilevanza regionale e nazionale.

 

 

41.32 Strumenti organizzativi dell'educazione sanitaria nelle ULSS.

La Regione parteciperà attivamente alla realizzazione dell'educazione sanitaria mediante la costituzione di un gruppo permanente di lavoro nell'ambito del Dipartimento per i servizi sociali, composto da funzionari dell'Ufficio per i servizi sanitari e socio-assestenziali e dell'Ufficio per il diritto allo studio unitamente ai rappresentanti di ciascuna ULSS referenti per l'educazione sanitaria.

La partecipazione delle ULSS è garantita tramite:

a) costituzione di una sezione per l'educazione sanitaria della popolazione;

b) costituzione di un gruppo di lavoro composto dagli operatori della sezione e da un rappresentante per ogni distretto.

La sezione per l'educazione sanitaria presso l'Ufficio di direzione svolge le seguenti funzioni:

1) coordinamento di tutte le attività di educazione sanitaria che vengono fatte dai singoli servizi e presidi;

2) sussidio e supporto tecnico per tutte le attività di educazione sanitaria;

3) raccolta di documentazione e sussidi didattici;

4) collegamento con i servizi interessati ai programmi di educazione sanitaria (sezione per la formazione del personale servizi di medicina del lavoro di prevenzione e assistenza degli stati di tossicodipendenza di psichiatria e tutela della salute mentale etc.);

5) assistenza per lo sviluppo di programmi specifici di educazione sanitaria seguendo la metodologia della:

- definizione del problema di salute da affrontare;

- definizione degli obiettivi educativi;

- definizione del progetto educativo;

- valutazione;

6) collegamento con le istituzioni educative gli organismi del territorio ed i livelli regionali e non regionali di formazione professionale ed educazione sanitaria.

Il funzionamento della sezione per l'educazione sanitaria sarà garantita almeno da:

- un responsabile della sezione;

- 2 operatori socio-sanitari;

- un amministrativo con funzioni di segreteria.

I suddetti operatori dovranno essere individuati sulla base di adeguate, documentate e specifiche esperienze in educazione sanitaria e forniti di specifica qualificazione.

 

Capitolo 41.4: «La formazione continua e l'aggiornamento professionale del personale».

41.40 Introduzione.

Pur appartenendo al complesso delle funzioni formative, che trovano il loro strumento attuativo unitario ed organizzativo nel Piano regionale per la formazione professionale, i problemi dell'aggiornamento professionale si caratterizzano per essere rivolti al personale in servizio, come impegno ordinario, non legato cioè ad altra utilità che non sia quella di adeguare i livelli di professionalità al progresso delle conoscenze e alla evoluzione della domanda di tutela socio-sanitaria conseguente alle trasformazioni della società.

L'aggiornamento professionale è dunque un processo che si attua su linee essenzialmente culturali; in tal senso i suoi obiettivi sono ricompresi negli obiettivi generali di implementazione delle risorse conoscitive.

L'aggiornamento professionale deve costituire un impegno prioritario ai vari livelli del S.S.R., in primo luogo perché la cultura medica e le tecnologie sanitarie subiscono una rapida obsolescenza per cui se ne impone il completo rinnovo ogni 5-10 anni; e in secondo luogo perché la tutela socio-sanitaria consta di un insieme di misure strettamente connesse con l'evoluzione delle strategie di intervento dello Stato nei rapporti sociali: materia quanto mai fluida ed in continuo rinnovamento nell'attuale fase di crisi delle politiche assistenziali dell'Occidente europeo.

Benché l'aggiornamento professionale sia previsto nella legge di riforma come funzione obbligatoria, questi primi anni di vita del S.S.N. sono trascorsi senza che a tale enunciazione abbaino fatto seguito concrete misure attuative da parte delle strutture pubbliche, cui spetta di creare le condizioni perché gli operatori assolvano all'obbligo dell'aggiornamento: in realtà tale obbligo incombe primariamente sulle strutture gestionali del S.S.N. e può essere trasferito sugli operatori solo dopo che le strutture abbiano compiuto il loro dovere.

Trattandosi di una funzione da svolgere non solo in costanza di rapporto di servizio, ma anche nel corso dell'orario di lavoro, secondo modalità definite nei loro termini generali dai contratti e dalle convenzioni del comparto sanitario, l'attuazione dell'aggiornamento professionale va ricondotta alla gestione di tali accordi, in un quadro di intese con le rappresentanze sindacali degli operatori.

Dal punto di vista metodologico, l'aggiornamento professionale richiede approcci multidimensionali; vi concorrono non solo iniziative culturali strutturate come tali (seminari, corsi brevi etc.) ma anche occasioni non formalizzate, come tirocini di apprendimento, partecipazione a congressi scientifici, o la stessa partecipazione a ricerche finalizzate. Di qui la necessità di un momento di valutazione centrale (a livello regionale e di ULSS) sulla idoneità di tali iniziative ed occasioni rispetto agli obiettivi dell'aggiornamento «obbligatorio»: di qui anche l'opportunità di un supporto tecnico-scientifico sempre centrale, per il reperimento e l'eventuale produzione di materiale didattico e di sussidi audiovisivi, da realizzare mediante l'integrazione tra le strutture regionali e quelle dell'Università.

 

Sottosezione 42. Le risorse umane.

 

42.1 la formazione degli operatori sanitari intermedi.

42.2 I rapporti con l'Università.

42.3 La gestione del ruolo nominativo regionale.

 

Capitolo 42.1: «La formazione degli operatori sanitari intermedi».

42.10 Introduzione.

Gli obiettivi di Piano nel campo della formazione per l'accesso al titolo professionale del personale infermieristico e tecnico si inseriscono in una realtà regionale nella quale, grazie agli sforzi congiunti di Regione, enti ospedalieri, consorzi socio-sanitari e finalmente ULSS; le iniziative formative sono da tempo rivolte esclusivamente alla preparazione di personale diplomato (infermieri professionali, ostetriche, tecnici di laboratorio e di radiologia, tecnici dell'ambiente). Questo, unito alla tempestività con cui si è dato luogo alla riqualificazione del personale appartenente ai profili inferiori anticipando in qualche caso le stesse leggi nazionali, ha fatto si che i servizi sanitari dell'Umbria occupino pressoché esclusivamente infermieri e tecnici diplomati dopo corsi di preparazione triennale.

A questo risultato si è giunti con una strategia di decentramento della gestione delle iniziative formative: fin dagli anni settanta furono costituiti centri di formazione in quasi tutte le future ULSS, distribuendo così in estensione gli impegni per garantire il gettito di operatori diplomati annualmente prefissato. L'altra caratteristica dell'iniziativa regionale è stata infatti la programmazione dei fabbisogni e la conseguente rigida determinazione del numero dei corsi e degli accessi agli stessi, così da non dar luogo ad esuberanza del personale diplomato rispetto alle capacità di assorbimento delle strutture dell'Umbria.

Alla base di questa strategia stava la opzione in favore di figure professionali di sintesi: emblematica al riguardo fu la rivendicazione del così detto «infermiere unico», nuovo tipo di operatore a formazione di base polivalente ossia suscettibile di utilizzazioni sul lavoro elastiche e non rigidamente predeterminate.

Avendo raggiunto i risultati sopra indicati, ed essendo venuto meno l'assillo degli adeguamenti quantitativi, emergono adesso a obiettivi di rifondazione qualitativa della formazione di base. A questo riguardo occorre sciogliere alcuni nodi che sono venuti manifestandosi strada facendo.

In primo luogo, il venir meno della prospettiva dell'operatore unico impone un ripensamento culturale dei processi formativi.

Si tratta di tener conto delle tendenze in atto nella legislazione nazionale a esasperare la frantumazione del ventaglio delle professioni sanitarie intermedie ed ausiliarie; e si tratta di tener conto anche delle soluzioni adottate dal nuovo ordinamento del personale del S.S.N. (e quindi dal nuovo contratto di lavoro), che collocano gli operatori intermedi su almeno due livelli funzionali gerarchicamente distinti. Ma aldilà di questi condizionamenti, l'obiettivo della semplificazione dei profili professionali va mantenuto, pur adeguato alla nuova realtà. Si sono ormai consolidate tre grandi aree di intervento: un'area ospedaliera, un'area territoriale ed un'area in cui predomina il contatto non con l'uomo ma con la tecnica.

Obiettivo immediato è dunque quello della costruzione di un curricolo di studio per le funzioni infermieristiche che preveda la possibilità di una formazione di base che nel suo seno consenta già di indirizzarsi verso una di queste tre aree, tutte di egual peso e dignità professionale.

Si potrà così evitare, tra l'altro, che gli organici per i servizi territoriali siano coperti da personale non adeguatamente motivato, contribuendo anche per questa via al rafforzamento dei servizi extraospedalieri che, organizzati o non come tali, assorbono già oggi circa il 30% delle risorse del Fondo sanitario regionale.

Si delinea da tutto ciò l'opportunità di operare alcune prime scelte concernenti il decentramento e l'organizzazione dei corsi per la formazione di base e lo sviluppo delle qualificazioni o specializzazioni sia per particolari funzioni ospedaliere o territoriali, sia per ruoli di direzione e coordinamento del lavoro e di assistenza didattica.

Questa nuova strategia reclama anche nuovi strumenti formativi: in particolare è necessario configurare in maniera più precisa i servizi di formazione delle ULSS, e dare vita ad una iniziativa centrale (ossia regionale) di supporto ai servizi stessi sul piano degli indirizzi programmatici, dei contenuti didattici e delle metodologie di insegnamento.

Sulla base di queste considerazioni e rinviando per indirizzi più analitici allo specifico progetto di settore, il capitolo 42.1 si articola nei seguenti paragrafi:

- obiettivi per la formazione di base (42.11);

- qualificazioni specifiche (42.12);

- i centri di formazione continua (42.13);

- obiettivi di rinnovamento delle metodologie didattiche (42.14).

 

 

42.11 Obiettivi per la formazione di base.

Costituiscono obiettivi di rilevanza regionale per il triennio del Piano nel campo della formazione di base degli operatori sanitari intermedi:

- il consolidamento dei corsi per i seguenti profili:

a) infermiere professionale;

b) ostetrica;

c) terapista della riabilitazione con particolare rilevanza nei confronti della formazione dei terapisti logopedisti;

d) tecnico di radiologia;

- l'attivazione di un nuovo corso per tecnici dell'ambiente.

 

 

42.12 Qualificazioni specifiche.

Nel triennio di validità del piano verranno attivate iniziative di qualificazioni specifiche per i seguenti profili:

- coordinatori degli uffici di direzione delle ULSS;

- responsabili di servizi epidemiologici;

- responsabili di servizi di gestione contabile;

- responsabili di servizi di educazione sanitaria;

- responsabili di servizi veterinari;

- responsabili di servizi sociali;

- responsabili di servizi di igiene e prevenzione ambientale;

- personale di servizi di igiene e prevenzione ambientale;

- personale per l'uso delle risorse di calcolo automatico;

- personale per l'ispezione e la vigilanza sui luoghi di lavoro;

- personale didattico per i corsi di formazione.

Tali iniziative saranno rivolte al personale in servizio.

 

42.13 Centri di formazione continua.

In ciascuna ULSS è istituito un centro per la formazione professionale continua degli operatori socio-sanitari cui spetta l'organizzazione e l'attuazione dei corsi e delle altre iniziative previste dal piano formativo regionale nonché dalle iniziative previste dal piano formativo regionale e quelle previste nei piani delle singole ULSS.

Il centro dovrà avere a disposizione personale a tempo pieno per le attività di organizzazione e di segreteria.

Il corpo docente è formato da operatori a tempo pieno e a tempo parziale.

Anche per assicurare lo svolgimento della attività di gruppo deve essere garantito un apporto di personale di ruolo infermieristico, tecnico, o di assistenza sociale, nella proporzione di almeno uno ogni dieci allievi.

La partecipazione ai corsi di aggiornamento o qualificazione didattica tenuti su iniziativa della Regione costituisce titolo preferenziale per la nomina a docente.

Le ULSS, per singoli problemi specifici possono ricorrere a consulenze.

A tal fine, verrà attivato un corso per la formazione dei formatori, allo scopo di stabilizzare il personale che si dedica a questo ruolo e per dare così continuità e ricchezza culturale all'apporto del personale infermieristico alle attività formative dei centri.

 

42.14 Obiettivi di rinnovamento delle metodologie didattiche.

La metodologia didattica per le iniziative svolte dai centri di formazione continua deve adeguarsi ai seguenti criteri generali:

- duttilità dei programmi che devono essere svolti partendo dai problemi reali e devono ricomprendere le varie materie attraverso apporti interdisciplinati così da rispondere ai bisogni dell'uomo e alle esigenze emergenti dai servizi;

- rapporto equilibrato tra le attività teoriche e quelle pratiche garantendo comunque che il loro svolgimento avvenga in un quadro unitario;

- preminenza dell'attività di gruppo nello svolgimento dei programmi didattici.

 

 

Capitolo 42.2: «I rapporti con l'Università».

42.20 Introduzione.

L'art. 39 della legge 833 del 1978 prevede la stipula di una convenzione tra la Regione e l'Università per la realizzazione di un idoneo coordinamento delle funzioni istituzionali di questi due organismi, con particolare riguardo alla disciplina dell'apporto della Facoltà di medicina agli obiettivi di assistenza sanitaria fissati dalla programmazione regionale, nonché alla utilizzazione da parte dell'Università delle strutture delle ULSS per le sue funzioni didattiche e di ricerca.

Anche se sotto l'aspetto formale la convenzione costituisce il momento più significativo del rapporto tra le Regione e l'Università, e tra l'S.S.R. e la Facoltà di medicina, la questione dei rapporti tra queste due istituzioni coinvolge problematiche più ampie, che in Umbria cadono in una realtà quanto mai idonea a recepirle.

I rapporti tra Università e Regione, intesa questa ultima come insieme della intera realtà territoriale regionale, sono ormai lunghi e consolidati nei vari campi di interesse. Per quanto riguarda in particolare l'oggetto di cui tratta l'art. 39 della legge 833, si è usciti da tempo da un rapporto episodico o di semplice committenza e si sono via via sviluppati e intrecciati i fili di una collaborazione organica e reciprocamente fruttuosa di cui le tappe più significative sono rappresentate dalle convenzioni del 1974 e 1975 con le ULSS di Terni e Perugia e dalla Conferenza di Ateneo del 1977, che ha stabilito le basi teoriche su cui costruire positivamente tale rapporto.

Si diceva allora di operare per un'Università aperta al mondo esterno e ai problemi della comunità regionale e del territorio; e più precisamente far assumere all'Università nel suo insieme, per quanto inerente alle sue specifiche funzioni di didattica e di ricerca scientifica, l'impegno su vitali problemi locali, così da agganciarla ai diversi punti di articolazione della rete delle istituzioni presenti nell'Umbria. Ciò al fine di recuperare ritardi e lacune che hanno pur caratterizzato i rapporti tra Università e società regionale.

Si affermava inoltre come l'Ente Regione, in quanto ente di interessi generali locali, con le sue larghissime competenze di governo e di programmazione, venisse a rappresentare il primo, anche se non unico, interlocutore dell'università per procedere verso fasi di lavoro comune e di utile integrazione evitando situazione di reciproca subalternità, in una interpretazione dinamica e di confronto dell'autonomia dell'Università.

Tali collegamenti avrebbero dovuto da un lato inserire i vari organismi universitari nel vivo della problematica della società regionale e dall'altro far rifluire nell'Università le esperienze significative che si compiono fuori dall'ambito accademico.

Tali affermazioni, in un periodo storico di grandi travagli e trasformazioni, periodo in cui ormai da più parti si rileva l'importanza della ricerca e della scienza, assumono un'importanza ancora più incisiva e sono la dimostrazione di una sensibilità anticipatrice che ha caratterizzato la storia delle energie culturali espresse nella nostra Regione.

Va quindi correttamente affermato che non possono che essere confermate le motivazioni culturali e politiche sulla base delle quali vennero impostate le precedenti esperienze. In particolar modo va sottolineato il ruolo regionale dell'Università, intendendo con ciò una presenza diffusa nell'ambito complessivo del territorio dell'Umbria anche con collocazione di strutture. Si intende cioè affermare una concezione policentrica dell'istituzione universitaria, in rapporto alla strategia di fondo della programmazione regionale. La convenzione non solo con Perugia, ma anche con Terni (ed in futuro eventualmente con altre estensioni) è stato un primo passo in questa direzione, nella consapevolezza che la stessa attività universitaria, se racchiusa in una dimensione di sterile separatezza, perderebbe in vitalità e in validità e rischierebbe alla lunga di essere subordinata rispetto ad una società che evolve con ritmi e cadenze spesso tumultuosi.

Coerentemente a tali premesse vanno previsti momenti di raccordo tali da avviare un proficuo lavoro rivolto alla ridefinizione dei contenuti professionali dell'operatore medico commisurandone il processo formativo alle esigenze ed alle finalità del Servizi sanitario nazionale, in modo tale da renderlo effettivamente adeguato ad intervenire sui bisogni che la società oggi esprime.

In particolare occorre volgere l'impegno alla definizione di un curriculum formativo idoneo ad assicurare una piena rispondenza tra la professionalità del medico ed il sistema di valori, di obiettivi e di rapporti propri dell'ordinamento emerso dalla 833. Si tratta di operare perché anche il medico sviluppi o acquisisca una mentalità rinnovata e posta in sintonia con una organizzazione dei servizi incentrata sulla programmazione degli interventi e sulla globalità dei modi di trattamento del soggetto, sul superamento di ogni approccio parcellizzato ai problemi di tutela della salute.

A tal fine la sentenza della Corte Costituzionale n. 126 del 1981 che ha sancito la compenetrazione tra attività didattico-scientifiche ed attività di assistenza ai malati, ha offerto un valido terreno per il superamento definitivo della segmentazione dell'impegno di servizio e per il recupero di una visione unitaria che non potrà non avere riflessi anche dal punto di vista formativo del medico stesso.

Anche a questo fine si spiega la necessità per una piena integrazione nelle attività didattiche e di ricerca dell'Università del potenziamento umano e strutturale del Servizio sanitario.

L'esperienza ternana in particolare, per l'assenza delle incrostazioni e dei condizionamenti consentita dalla nascita recente, avrebbe dovuto essere un'importante occasione di concretizzazione degli orientamenti espressi. Per varie ragioni, anche di natura oggettiva, i risultati sono stati confermati dall'attesa.

La nuova convenzione dovrà quindi recuperare tutte le potenzialità che si erano espresse in passato, correggendo le disfunzioni che si sono manifestate e superando ritardi culturali pur verificatisi.

A tal fine la Regione e l'Università attueranno reciproche forme di consultazione nelle elaborazioni dei rispettivi piani di sviluppo e si confronteranno, anche in pubbliche sessioni, sui temi generali della ricerca, dello sviluppo, della riforma dei piani di studio, dello sviluppo delle attività assistenziali, della valutazione dei servizi e dell'osservazione epidemiologica garantendo a tali incontri cadenze annuali o biennali.

L'Università dovrà impegnarsi ad adeguare la propria organizzazione finalizzandola alla formazione di un medico di base sempre più aderente alle necessità del S.S.N. nonché a programmare la formazione degli specialisti sia in rapporto alla qualità che al numero e al tipo di specializzandi, avuto riguardo alle necessità della programmazione sanitaria regionale ed alla realtà operativa dei servizi sanitari.

Il Piano incentiva l'Università ad impegnarsi anche nella collaborazione alle iniziative di formazione permanente messe in atto dalla Regione e dalle ULSS per il personale del S.S.N., nelle forme e nei modi previsti dal piano regionale di formazione.

Gli indirizzi per le intese tra Regione, S.S.R. e Università nel campo della ricerca scientifica sono analizzati nei capitoli specificatamente dedicati ai «progetti» del Piano e alla ricerca finalizzata.

Il capitolo 42.2 si sofferma più in particolare sulle questioni della formazione di base del personale laureato ed intermedio da utilizzare nel S.S.R.; esso si articola pertanto nei seguenti paragrafi:

- i rapporti con l'Università per la formazione del personale laureato (42.21);

- i rapporti con l'Università per la formazione del personale diplomato (42.22);

- i rapporti con la Facoltà di Medicina per l'utilizzazione delle strutture universitarie per i fini dell'assistenza sanitaria (42.23).

 

 

42.21 Intese per la formazione del personale laureato.

Il ruolo dell'Università nei processi formativi del personale destinato ad operare nei servizi socio-sanitari trova la sua collocazione elettiva nella formazione di base del medico del farmacista e del veterinario. Si tratta di una sua funzione primaria rispetto alla quale il S.S.R. non può però non far valere la propria funzione di organismo cui spetta fissare le linee direttrici delle strategie per la tutela della salute e con ciò le domande specifiche di professionalità degli operatori ferma restando la piena autonomia dell'Università sul piano del contenuti scientifici dell'insegnamento. Questo coinvolgimento del S.S.R. non potrà che risultare accentuato se avrà corso il riordino degli studi medici con l'introduzione del numero programmato misura che trova la sua giustificazione appropriata in un quadro di valorizzazione del momento professionalizzante della facoltà di medicina rendendo così ancora più legittimo il coinvolgimento della Regione e del S.S.R. nei momenti di programmazione degli studi come dimostra del resto la stessa esperienza del corso di laurea in odontoiatria.

Questo processo di coinvolgimento acquista contorni ancora più precisi nel caso delle specializzazioni mediche non solo perché il concorso della Regione alla quantificazione degli accessi alle scuole è stato formalizzato nello schema-tipo di convenzione con l'Università, o perché sempre in quella sede è stata stabilita una riserva di posti per il personale del S.S.R. che voglia accedere ai corsi. Oltre a ciò, emerge il fatto che la specializzazione post-laurea è tipicamente professionaleggiante, donde l'interesse se non ancora il diritto del S.S.R. a promuovere intese con l'Università perché vengano tenute in debita considerazione le priorità della programmazione regionale.

 

42.22 Intese per la formazione del personale diplomato.

Restando nell'ambito della formazione di base e da registrare che l'evoluzione legislativa sta allargando i compiti dell'Università nelle professioni richiedenti non una laurea bensì un diploma. Il nuovo ordinamento universitario prevede infatti scuole «dirette a fini speciali», che rilasciano un titolo universitario professionalizzante.

Per quel che concerne Perugia, questa normativa ha già cambiato i connotati della Scuola di servizio sociale ed è destinata a creare situazioni nuove anche in altre professioni socio-sanitarie intermedie particolarmente nelle professioni tecniche (tecnici di radiologia di laboratorio dell'ambiente etc.) ed infermieristiche (terapisti della riabilitazione dirigenti dei servizi infermieristici infermieri didattici altre specializzazioni dell'infermiere professionale). Di qui l'urgenza di trovare intese ad evitare scelte dell'Università che ignorino i problemi e le esigenze del S.S.R..

Tutte queste prospettive danno un senso più largo e compiuto alle intese prefigurate nello schema-tipo di convenzione Università-Regione.

Queste vanno valorizzate, in particolare per quel che concerne il coinvolgimento della Regione nella programmazione universitaria e la partecipazione degli operatori del S.S.R. a tutti i processi formativi svolti nell'ambito della Facoltà di medicina e delle altre che preparano operatori intermedi per il S.S.N. Al di là della convenzione Università-Regione si pone l'esigenza di un'intesa più specifica, che metta a punto strategie integrate di presenza nei processi formativi a tutti i livelli, recuperando ed aggiornando le conclusioni cui dalle due parti si pervenne in occasione dell'ultima conferenza di Ateneo.

 

42.23 La convenzione Università-Regione.

N.B.: Ai sensi della legge 833 del 1978 la convenzione Università-Regione viene inclusa nella programmazione socio-sanitaria regionale.

Questo paragrafo è incluso per memoria e verrà definito a convenzione approvata.

 

Capitolo 42.3: «La gestione del ruolo nominativo regionale».

42.30 Introduzione.

Gli obiettivi del Piano socio-sanitario relativamente alla gestione del ruolo nominativo regionale trovano in Umbria una situazione sostanzialmente privilegiata, avendo trovato soluzione in questa Regione tutte le principali premesse di carattere legislativo e regolamentare che fanno da fondamento alla realizzazione del nuovo ordinamento del personale.

La questione centrale del Piano consiste pertanto nella definizione delle piante organiche a livello di ULSS, ponendo termine alla provvisorietà del primo impianto ed avviando una nuova fase di transizione verso un assetto più stabile, che si caratterizzerà per il riequilibrio delle risorse umane: riequilibrio territoriale, cioè tra ULSS e ULSS, riequilibrio tra i settori d'intervento, dove è particolarmente acuta la prevalenza della funzione ospedaliera; e riequilibrio tra i profili e tra i ruoli, in rapporto a ben determinate carenze nei livelli intermedi e di base.

Poiché gli attuali squilibri hanno radici molto antiche e profonde, il riequilibrio non potrà essere portato a compimento nel triennio del Piano.

Pertanto l'obiettivo del triennio è innanzitutto di bloccare le situazioni in eccedenza. Contestualmente si tratta di concentrare gli interventi di riequilibrio su alcuni settori-chiave, cioè strategicamente rilevanti ai fini della riforma.

Sullo sfondo di queste operazioni vanno posti gli standard regionali, che rappresentano un obiettivo complesso non certamente perseguibile senza un adeguato rodaggio. In attesa, i valori presi in considerazione nel primo Piano triennale non potranno che essere parziali, indicativi e subordinati alle verifiche sperimentali.

In ogni caso, l'avvio al riequilibrio comporta alcune prime soluzioni in tema di mobilità del personale, seguendo le tre vie che sono legittimamente percorribili: la mobilità concorsuale, la mobilità incentivata e quella obbligatoria.

Infine, essendo la materia subordinata ad un coordinamento del quale fa parte integrante la normativa contrattuale, la piena attuazione dell'accordo nazionale di lavoro del comparto sanitario rientra tra gli obiettivi strategici del Piano, sopra tutto in relazione ad alcuni istituti particolarmente incidenti sulla programmazione.

N.B.: Poiché gli obiettivi specifici della gestione del ruolo nominativo regionale del personale delle ULSS sono in gran parte espressi nella proposta di legge del Piano, i paragrafi di specificazione del capitolo 42.3 sono temporaneamente accantonati in attesa di un giudizio della Giunta sulla bozza di provvedimento legislativo.

 

Sottosezione 43. Le risorse finanziarie.

 

43.1 Le risorse del Fondo sanitario regionale per la spesa corrente.

43.2 Le risorse del Fondo sanitario regionale per la spesa in conto capitale.

43.3 Le risorse regionali per l'assistenza.

 

Capitolo 43.1: «Le risorse del Fondo sanitario regionale per la spesa corrente»

Gli obiettivi del Piano per l'uso delle risorse finanziarie destinate alla spesa sanitaria corrente si basano sui seguenti dati, determinati al livello centrale dello Stato.

Il finanziamento del Fondo sanitario nazionale per il triennio 1984/1986 e così quantificata:

- 1984: 34.000 miliardi;

- 1985: 36.380 miliardi;

- 1986: 38.200 miliardi.

Per attività vincolate sono riservate, sugli importi sopra indicati, le somme di 505 miliardi per il 1984, 700 miliardi per il 1985 e 750 miliardi per il 1986.

Sulla base dei parametri vigenti nella ripartizione del fondo tra le Regioni, le quote di spettanza del Servizio sanitario regionale dell'Umbria ammontano presumibilmente a:

- 490 miliardi per il 1984;

- 524 miliardi per il 1985;

- 550 miliardi per il 1986.

Nell'ambito delle quote sopraindicate verranno presumibilmente riservate per attività a destinazione vincolata le seguenti somme:

- 6.490 milioni per il 1984;

- 10.000 milioni per il 1985;

- 10.710 milioni per il 1986.

Tali quote debbono essere utilizzate per finanziare le seguenti attività:

a) formazione professionale di base delle figure infermieristiche e tecniche ed aggiornamento professionale del personale dipendente;

b) progetti-obiettivo di rilevanza nazionale;

c) progetti-obiettivo di rilevanza regionale;

d) ricerca finalizzata, osservatorio epidemiologico;

e) educazione sanitaria.

Ciò premesso, la ripartizione del Fondo tra le ULSS per la spesa corrente si ripartirà per il triennio di validità del Piano su due criteri fondamentali. Per una parte, il Fondo sarà ripartito in ragione della popolazione residente, relativamente ai servizi e alle prestazioni che non hanno ragione di differenziarsi da ULSS a ULSS. Per un'altra parte la ripartizione tenderà a riequilibrare la situazione per quanto concerne le spese incomprimibili (vedere soprattutto quelle del personale dipendente).

Verranno inoltre evidenziate le spese per i servizi e presidi multizonali, che saranno finanziati al costo, fuori dai parametri precedenti. Analoga evidenziazione verrà perseguita per le spese relative a servizi a disposizione di più ULSS nell'ambito delle zone di riequilibrio territoriale delle utenze. Queste spese troveranno compensazione tra le ULSS interessate.

Pertanto il riparto del Fondo sanitario regionale tra le ULSS avverrà:

1) secondo il criterio della popolazione residente per gli stanziamenti concernenti:

- l'assistenza medico-generica, pediatrica, per la guardia medica e per la medicina legale;

- l'assistenza farmaceutica;

- l'assistenza integrativa (con esclusiva delle cure termali che verranno finanziate al costo);

2) secondo il criterio della spesa reale per i servizi e presidi sanitari gestiti direttamente dalle ULSS e per le convenzioni sanitarie a rilevanza regionale (vedi Università).

Sarà comunque tenuto conto delle funzioni multizonali.

Per quanto attiene la spesa per il personale verrà avviata nel triennio una tendenza al riequilibrio nelle voci riguardanti:

- la spesa media per dipendente;

- la spesa media per abitante;

L'incidenza percentuale della spesa ammissibile per la funzione ospedaliera (intesa come assistenza ai malati in fase acuta) sarà ridotta nel triennio del 4%, con la seguente progressione:

- 0,50% nel primo anno successivo all'approvazione del Piano;

- 1,5% nel secondo anno;

- 2% nel terzo anno.

Tale riduzione andrà ad incrementare le risorse per le funzioni dell'assistenza di base e quella integrativa.

Le determinazione concernenti l'istituzione di nuovi servizi o l'ampliamento di quelli esistenti indicheranno la contestuale copertura finanziaria, sotto pena di nullità.

Nel caso trattisi di servizi ospedalieri, non sarà ammessa riconversione di spesa da altre funzioni; pertanto la relativa copertura finanziaria dovrà essere assicurata mediante riconversione all'interno della funzione ospedaliera.

Per quanto concerne l'alta specializzazione, l'istituzione di nuovi servizi sarà subordinata alla modifica dell'elenco delle funzioni multizonali previa dimostrazione della convenienza sotto il profilo del rapporto costi-benefici espresso in termini di spesa.

Nell'ambito dei programmi finalizzati alla razionalizzazione della spesa sanitaria saranno definiti a livello regionale i capitolati generali e speciali per forniture di beni e servizi alle ULSS. Si procederà inoltre alla istituzione di albi regionali per i settori merceologici dei fornitori del Servizio sanitario regionale.

In tale ambito saranno avviate altresì le procedure per gli acquisti collettivi delle ULSS, già previste peraltro nella legge regionale n. 18 del 1980.

 

Capitolo 43.2: «Le risorse del Fondo sanitario regionale per la spesa in conto capitale».

43.20 Introduzione.

Sempre con riferimento ai vincoli stabiliti dalla programmazione nazionale, il finanziamento per la parte in conto capitale del Servizio sanitario nazionale a carico del bilancio dello Stato è fissato per il triennio 1984-1986 nelle seguenti misure:

a) per investimenti di mantenimento:

- esercizio 1984, lire 200 miliardi;

- esercizio 1985, lire 350 miliardi;

- esercizio 1986, lire 500 miliardi;

b) per investimenti di innovazione:

- esercizio 1984, lire 450 miliardi;

- esercizio 1985, lire 650 miliardi;

- esercizio 1986, lire 700 miliardi;

c) per investimenti di trasformazione:

- esercizio 1984, lire 100 miliardi;

- esercizio 1985, lire 200 miliardi;

- esercizio 1986, lire 400 miliardi;

Pertanto, complessivamente le risorse destinate nel triennio per gli investimenti ammontano a 3550 miliardi, di cui 750 miliardi per l'esercizio 1984, 1200 miliardi per il 1985 e 1600 miliardi per il 1986.

È da sottolineare, peraltro, che, secondo quanto disposto dalla legge finanziaria per l'anno 1984, le ULSS avranno a disposizione per gli investimenti oltre alle quote parte del Fondo sanitario nazionale anche il 50% delle entrate proprie che esse dovranno utilizzare per l'acquisto di attrezzature.

Il riparto del Fondo sanitario nazionale per gli investimenti, operato dal Cipe nella seduta del 3 agosto 1984, per il triennio 1984-1986, comporta per l'Umbria un'assegnazione complessiva di 43 miliardi e 1 milione così articolata, ferma restando l'eventuale ulteriore assegnazione sulla quota di 200 miliardi e 500 milioni accantonata dal Cipe:

Anno 1984

- lire 4 miliardi e 400 milioni a destinazione vincolata per l'attivazione dell'ospedale di Perugia S. Andrea delle Fratte (somma precedentemente attribuita);

- lire 3 miliardi e 26 milioni per investimenti di mantenimento;

- lire 3 miliardi e 783 milioni per investimenti di innovazione;

- lire 1 miliardo e 44 milioni per interventi di trasformazione.

Anno 1985

- lire 5 miliardi e 111 milioni per investimenti di mantenimento;

- lire 5 miliardi e 880 milioni per interventi di innovazione;

- lire 2 miliardi e 88 milioni per trasformazione.

Anno 1986

- lire 6 miliardi e 975 milioni per investimenti di mantenimento;

- lire 6 miliardi e 518 milioni per innovazioni;

- lire 4 miliardi e 176 milioni per trasformazioni.

L'assegnazione complessiva nel triennio è così riepilogata:

- lire 4 miliardi e 400 milioni a destinazione vincolata per attivazione S. Andrea delle Fratte;

- lire 15 miliardi e 112 milioni per investimenti di mantenimento;

- lire 16 miliardi e 181 milioni per interventi di innovazione;

- lire 7 miliardi e 308 milioni per trasformazioni.

La quota destinata al mantenimento è vincolata all'utilizzo per l recupero del degrado e per contrastare l'obsolescenza al fine di mantenere i livelli assistenziali quali-quantitativi raggiunti.

I finanziamenti per gli interventi innovativi sono da correlarsi alle necessità di adeguamenti e rinnovo della rete ospedaliera e poliambulatoriale, al completamento delle opere in corso, all'adeguamento dei presidi di prevenzione e di sanità pubblica, dei servizi di emergenza e delle strutture sanitarie alternative al ricorso ospedaliero.

Il Piano prevede che i fondi per le trasformazioni debbano essere prioritariamente destinati a riconversione dei presidi ospedalieri ed altra attività, a trasformazioni, impiantistiche (adeguamento a norma CEE) e al potenziamento del presidio multizonale di prevenzione.

Il Fondo sanitario regionale per gli investimenti per il triennio 1984-1986, sarà ripartito tra le ULSS secondo le seguenti modalità:

a) lire 4,400 milioni a destinazione vincolata alla ULSS del Perugino per l'attivazione del nuovo ospedale S. Andrea della Fratte;

b) lire 15 miliardi e 112 milioni per investimenti di mantenimento, fatta salva la riserva di una quota non superiore al 30% per interventi specifici prioritari ed indilazionabili, secondo i seguenti criteri:

1) popolazione residente;

2) incidenza dei presidi e servizi pubblici (espressa in termini di spesa);

3) posti letto ospedalieri rapportati alla loro utilizzazione;

c) lire 16 miliardi e 181 milioni per interventi di innovazione in base ai programmi specifici delle ULSS approvati dalla Giunta regionale, fatta salva la possibilità di riservare una quota non superiore al 30% da attribuire alle ULSS in base ai criteri di cui al precedente punto b);

d) lire 7 miliardi e 308 milioni per trasformazione in base ai programmi delle ULSS approvati dalla Giunta regionale, previa verifica della rispondenza alle indicazioni prioritarie del piano regionale.

Per l'anno 1987 dovrebbero essere consolidate le assegnazioni del 1986 con il possibile incremento del 5%.

 

 

Capitolo 43.3: «Le risorse regionali per l'assistenza».

43.30 Introduzione.

Al fine di ovviare dispersive ed inopportune assegnazioni settoriali, con la legge regionale 31 maggio 1982, n. 29 art. 32 - è stato istituito nel bilancio regionale un Fondo unico destinato alle Associazioni dei Comuni quale contributo della Regione per l'espletamento dei servizi socio-assestenziali già di competenza regionale ed attribuiti ai Comuni con il D.P.R. n. 616 del 1977. In tale fondo sono stati infatti conglobati vari stanziamenti prima finalizzati al finanziamento di interventi diversi in materia socio-assistenziale ed ai quali corrispondevano altrettante distinte assegnazioni alle Amministrazioni locali per la gestione di vari servizi (consultori - assistenza tossico-dipendenti - assistenza orfani ex E.N.A.O.L.I - assistenza ex A.N.M.I.L. ecc.

 

43.31 Stanziamenti.

Nel bilancio pluriennale 1984/1986, settore 5 - programma 09 - progetti 0.1 e 0.2 - approvato con la legge regionale 3 maggio 1984, n. 27, il Fondo in argomento figura stanziato nelle seguenti misure:

 

Esercizio 1984Esercizio 1985Esercizio 1986Progetto 0,1 - contributo

per le spese di funzionamento dellastruttura ex O.N.P.I.L.993.625.000795.000.000795.000.000Progetti 0.2 - contributo

per i servizi socio-assestenziali delleULSSL.5.600.064.0004.666.749.0004.881.714.000TotaleL.6.593.689.0005.461.749.0005.676.714.000

 

Il più elevato stanziamento dell'anno 1984 è determinato dall'accreditamento di maggiori fondi statali accertati a fine esercizio 1983 in attuazione di leggi nazionali di settore, riassegnati alla competenza di detto esercizio 1984 ai sensi della L.R. n. 23/1978 recante norme sulla contabilità regionale.

Le somme inerenti al progetto 0.1, saranno erogate all'Associazione dei Comuni della Valle Umbra Sud in base al fabbisogno della gestione della casa di riposo ex O.N.P.I..

Le somme inerenti al progetto 0.2, saranno ripartite fra tutte le Associazioni dei Comuni, e per esse erogate alle rispettive ULSS, con i parametri fissati dall'art. 35 della presente legge punti sub 2) e 3).

Poiché tale fondo costituisce una integrazione delle risorse proprie dei Comuni destinate al finanziamento dei programmi comprensoriali di cui all'art. 24 della legge regionale n. 29/1982, è indispensabile, per la concreta realizzazione dei programmi medesimi, che i Comuni provvedano con tempestività alla erogazione delle quote a proprio carico a favore delle rispettive ULSS che gestiscono i servizi socio-assestenziali, nonché a mettere a disposizione di dette strutture il personale individuato ai sensi dello

stesso art. 24, III comma, lettera b).