L.R.
17 maggio 1994, n. 14 (1).
Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.
(1)
Pubblicata nel B.U. Umbria 25 maggio 1994, n. 22, S.O. n. 1.
Legge
modificata con L.R. 28 novembre 2001, n.
32.
Legge
modificata con L.R. 13 maggio 2002, n.
07.
Legge
modificata con L.R. 16 dicembre 2002, n.
32.
TITOLO
I
Norme
generali e programmazione
Art.
1
Finalità.
1.
La Regione in attuazione degli artt. 6, 10 e 25 dello Statuto regionale e della
legge 11 febbraio 1992, n. 157, ai fini della conservazione e ricostituzione
del patrimonio faunistico e per contribuire al riequilibrio ecologico nonché
alla salvaguardia della produzione agricola, programma l'utilizzazione del
territorio e disciplina l'attività venatoria.
2.
La Regione approva il Piano faunistico venatorio regionale e coordina i Piani
faunistico venatori delle Province.
3.
La Regione promuove e attua studi, ricerche ed interventi sull'ambiente e sulla
fauna, a supporto dell'attività programmatoria nel settore.
4.
La Regione, altresì uniforma l'esercizio delle proprie competenze di cui al
comma 4, art. 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, con particolare
riferimento alle direttive comunitarie n. 79/409 del 2 aprile 1979, n. 85/411
del 25 luglio 1985 e n. 91/244 del 6 marzo 1991.
Art.
2
Funzioni
regionali e provinciali.
1.
La Regione esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo e di
coordinamento ai fini della pianificazione faunistico venatoria; svolge altresì
funzioni di orientamento e controllo previste dalla presente legge.
2.
Le Province esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia e di
protezione della fauna ai sensi dell'art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142,
nel rispetto della legge 11 febbraio 1992, n. 157 e di quanto previsto dalla
presente legge.
Art.
3
Piano
faunistico venatorio regionale.
1.
Il Consiglio regionale delibera, ai sensi dell'art. 43 dello Statuto, il Piano
faunistico venatorio regionale, secondo i criteri dell'art. 10 della legge 11
febbraio 1992, n. 157.
2.
Il Piano faunistico venatorio regionale contiene:
a)
la destinazione d'uso del territorio agro-silvo-pastorale per ciascuna
provincia, con indicazione della superficie complessiva da destinare a
protezione della fauna selvatica;
b)
i criteri generali di riferimento per il coordinamento dei Piani faunistico venatori
delle Province;
c)
i criteri per la costituzione e la gestione dei seguenti ambiti territoriali:
oasi di protezione, zone di ripopolamento e cattura e centri pubblici di
riproduzione di fauna selvatica;
d)
i criteri per la individuazione dei territori da destinare ad aziende
faunistico venatorie, aziende agrituristico venatorie e centri privati di
riproduzione di fauna selvatica;
e)
gli indirizzi per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o
conduttori dei fondi rustici, per gli interventi di tutela e ripristino degli
habitat naturali e per l'incremento della fauna selvatica;
f)
gli indirizzi per la determinazione da parte delle Province dei criteri per il
risarcimento dei danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole;
g)
l'indicazione delle specie di fauna selvatica autoctona oggetto di particolare
tutela, nonché quelle di interesse venatorio, di cui curare l'incremento e gli
indirizzi per la loro gestione;
h)
gli indirizzi per gli interventi di controllo degli squilibri faunistici;
i)
i programmi di aggiornamento e formazione per gli operatori del settore
dipendenti dalla pubblica amministrazione e da enti privati;
l)
l'individuazione, la delimitazione e i criteri per la gestione degli ambiti
territoriali di caccia in cui si articola la programmazione faunistico
venatoria (2).
3.
Il Piano faunistico venatorio ha durata quinquennale.
(2)
Vedi, anche, il Reg. 9 agosto 1995, n. 19.
Art.
4
Piani
faunistico venatori provinciali.
1.
Le Province, in base ai criteri del Piano faunistico venatorio regionale e
sentito il parere degli organismi di gestione degli ambiti territoriali di
caccia, adottano i Piani faunistico venatori provinciali, articolandoli per
comprensori omogenei e possibilmente delimitati da confini naturali in
attuazione dei commi 7 e 8 dell'art. 10 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
2.
I Piani faunistico venatori provinciali debbono essere adottati entro novanta
giorni dalla pubblicazione del Piano faunistico venatorio regionale.
3.
I Piani faunistico venatori provinciali hanno durata triennale e in particolare
individuano:
a)
le oasi di protezione;
b)
le zone di ripopolamento e cattura;
c)
i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;
d)
i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale;
e)
le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani;
f)
i piani di miglioramento ambientale finalizzati all'incremento naturale di
fauna selvatica, nonché i piani di immissione di fauna selvatica;
g)
i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei proprietari o
conduttori dei fondi rustici, per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle
produzioni agricole ed alle opere approntate sui terreni vincolati per gli scopi
di cui alle lettere a), b) e c);
h)
i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o
conduttori dei fondi rustici singoli o associati, che si impegnino alla tutela
ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica
nelle zone di cui alle lettere a) e b);
i)
le eventuali zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi, fatti salvi
quelli preesistenti alla data di entrata in vigore della legge 11 febbraio
1992, n. 157.
4.
Per le procedure e le modalità relative ai vincoli di cui alle lettere a), b) e
c), del comma 2, si fa rinvio all'art. 10, commi 13, 14 e 15, della legge 11
febbraio 1992, n. 157.
5.
Nelle zone non vincolate ai sensi delle lettere a), b) e c) del comma 3, per la
opposizione manifestata dai proprietari o conduttori di fondi interessati,
resta, in ogni caso, precluso l'esercizio dell'attività venatoria. Le Province
possono destinare le suddette aree ad altro uso nell'ambito della
pianificazione faunistico venatoria.
6.
Le Province, in via eccezionale ed in vista di particolari necessità
ambientali, possono disporre, anche nelle zone di cui al comma 5, la
costituzione coattiva di oasi di protezione e di zone di ripopolamento e
cattura.
Art.
5
Coordinamento
regionale.
1.
I Piani faunistico venatori adottati dalle Province sono trasmessi per l'esame
alla Giunta regionale che ne accerta la rispondenza alle previsioni del Piano
faunistico venatorio regionale.
2.
I Piani faunistico venatori provinciali divengono esecutivi trascorsi trenta
giorni dalla data di ricevimento degli stessi da parte della Giunta regionale
oppure a seguito di assenso espresso entro tale termine.
3.
Nell'ipotesi che la Giunta regionale formuli osservazioni, la Provincia è
tenuta a recepire le stesse e a riadottare entro 30 giorni dalla comunicazione
il Piano faunistico venatorio apportando le modifiche richieste.
4.
Qualora la Provincia non adempia a quanto disposto al comma 3, la Giunta
regionale può avvalersi del potere sostitutivo sancito dall'art. 6.
Art.
6
Vigilanza.
1.
La Regione, ai sensi dell'art. 9 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, esercita
le funzioni di vigilanza e sostitutive.
2.
La Giunta regionale esercita in via sostitutiva le funzioni non svolte nei 60
giorni dalla scadenza dei termini previsti agli artt. 4, 5, 7 e 28, sentite le
Province.
3.
L'onere derivante da eventuali interventi sostitutivi è contabilizzato in
diminuzione delle assegnazioni di cui all'art. 7.
Art.
7
Programmazione
annuale.
1.
Le Province trasmettono alla Regione, entro marzo, la relazione sull'attività
svolta nell'anno precedente ed il rendiconto delle somme assegnate e, entro il
30 ottobre, il programma degli interventi per l'anno successivo, con
l'indicazione delle relative priorità, degli oneri connessi e delle risorse,
anche
se
non provenienti da erogazioni regionali, di cui si prevede la disponibilità.
2.
La Giunta regionale entro sessanta giorni dalla data di ricevimento verifica i
programmi annuali provinciali e la compatibilità tra loro, con la stessa procedura
prevista dall'art. 5.
3.
La Giunta regionale, successivamente all'invio da parte delle Province della
relazione consuntiva e del rendiconto dell'anno precedente, procede
all'assegnazione dei fondi di cui all'art. 40 nella misura di due terzi alla
Provincia di Perugia e un terzo alla Provincia di Terni erogando un acconto
pari al 50 per cento delle somme stanziate nell'anno precedente. La somma a
saldo viene erogata a seguito dell'accertamento delle effettive entrate.
Art.
8
Consulta
faunistico venatoria regionale.
1.
Il Presidente della Giunta regionale costituisce con proprio decreto la
Consulta faunistico venatoria regionale composta da:
a)
gli Assessori provinciali alla programmazione faunistica;
b)
sei rappresentanti designati dalle associazioni venatorie, tre rappresentanti
designati dalle associazioni agricole e tre rappresentanti designati dalle
associazioni naturalistiche maggiormente rappresentative a livello regionale,
come individuate dalla Giunta regionale;
c)
un rappresentante designato dall'Ente nazionale della cinofilia italiana;
d)
tre esperti faunistico ambientali, designati dalla Giunta regionale.
2.
La Consulta è presieduta dal Presidente della Giunta regionale o suo delegato.
3.
Le funzioni di segreteria sono svolte da un funzionario del settore
programmazione faunistica della Giunta regionale.
4.
La Consulta formula proposte ed esprime pareri in ordine alle leggi, ai
regolamenti ed alle direttive regionali in materia faunistico venatoria, in
ordine alle iniziative di programmazione faunistico venatoria regionale e sugli
argomenti proposti dal Presidente.
Art.
9
Osservatorio
degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche.
1.
Al fine di garantire il monitoraggio della consistenza e della dinamica delle
popolazioni di fauna selvatica e la determinazione degli indici di presenza
delle specie, la Giunta regionale è autorizzata ad istituire, nell'ambito
dell'area funzionale di competenza, l'Osservatorio degli habitat naturali e
delle popolazioni faunistiche.
TITOLO
II
Gestione
programmata
Art.
10
Gestione
programmata della caccia.
1.
La pianificazione faunistico venatoria e la gestione programmata della caccia
sono attuate con il Piano faunistico venatorio regionale di cui all'art. 3 ed i
Piani faunistico venatori provinciali di cui all'art. 4. I Piani perseguono
l'equilibrio ottimale tra la protezione della fauna e l'esercizio dell'attività
venatoria.
2.
L'eventuale individuazione di ambiti territoriali di caccia interregionali è
effettuata d'intesa tra le regioni confinanti.
3.
La delimitazione degli ambiti territoriali di caccia è riportata ogni anno nel
calendario venatorio.
Art.
11
Organi
di gestione.
1.
Per ciascun ambito territoriale di caccia l'Amministrazione provinciale
competente costituisce e nomina un Comitato con compiti di organizzazione e
gestione dell'esercizio venatorio nel territorio di propria competenza, oltre
che delle attività previste dal comma 11 dell'art. 14 della legge 11 febbraio
1992, n. 157.
2.
Ogni Comitato è composto da venti membri, di cui sei designati da strutture
locali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative
a livello nazionale, sei designati dalle associazioni venatorie riconosciute a
livello nazionale, quattro designati da associazioni di protezione ambientale
presenti nel Consiglio nazionale per l'ambiente, quattro designati dalla
Provincia, in rappresentanza degli enti locali.
3.
Il Comitato elegge il presidente nel proprio seno a maggioranza dei due terzi
dei componenti. In caso di mancata elezione, entro 45 giorni dall'insediamento
del Comitato, l'Amministrazione provinciale competente provvede in via
sostitutiva alla nomina del Presidente.
4.
In caso di ambiti territoriali di caccia interprovinciali le incombenze connesse
alla nomina del Comitato sono affidate alla Provincia prevalente per superficie
interessata, che le esercita d'intesa con l'altra.
5.
I Comitati durano in carica quattro anni.
6.
I Comitati stabiliscono le modalità di partecipazione anche economica dei
cacciatori alla gestione per finalità faunistico venatorie dei territori
compresi negli ambiti territoriali di caccia sulla base del programma degli
interventi. La partecipazione economica è determinata dalla Giunta regionale
sentiti le Province e gli A.T.C. I Comitati inoltre, per il raggiungimento
delle finalità programmate, organizzano forme di collaborazione dei cacciatori
iscritti dandone comunicazione alla Provincia (3).
7.
Per quanto attiene le modalità di funzionamento dei Comitati, le indennità e i
rimborsi spese dei componenti, la gestione programmata di competenza degli
ambiti territoriali di caccia, le modalità di accesso e quanto altro necessario
all'esercizio decentrato dell'attività venatoria, il Consiglio regionale
approva un regolamento.
8.
Il controllo sugli interventi tecnici di competenza dei Comitati è esercitato
dalla Provincia.
(3)
Comma così modificato dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22.
Art.
12
Scambi
interregionali.
1.
La Regione promuove intese interregionali per consentire la mobilità dei
cacciatori e realizzarne una equilibrata distribuzione sul territorio nazionale
e, a tal fine, determina il numero dei cacciatori non residenti ammissibili in
Umbria, regolamentandone l'accesso secondo quanto previsto dal comma 7
dell'art.
11 (4).
(4)
Comma così sostituito dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22.
TITOLO
III
Destinazione
del territorio
Art.
13
Ambiti
territoriali.
(giurisprudenza)
1.
La quota complessiva di territorio determinata nel Piano faunistico venatorio regionale
da destinare a protezione, ai sensi dei commi 3 e 4 dell'art. 10 della legge 11
febbraio 1992, n. 157, deve risultare non inferiore al 20 e non superiore al 25
per cento della superficie agro-silvo-pastorale regionale (5).
2.
Per territorio di protezione si intende quello destinato a oasi di protezione,
zone di ripopolamento e cattura, centri pubblici di riproduzione di fauna
selvatica, fondi chiusi, foreste demaniali parchi naturali ed altre aree
protette ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (6).
(5)
Comma così modificato dall'art. 1, L.R. 30 marzo 1995, n. 18 e dall'art. 1,
comma 1, L.R. 19 luglio 1996, n. 18.
(6)
Comma così modificato dall'art. 1, comma 2, L.R. 19 luglio 1996, n. 18. Per
l'interpretazione autentica del presente comma vedi la L.R. 20 novembre 1998,
n. 39.
Art.
14
Aree
contigue a parchi naturali.
1.
L'attività venatoria, nelle aree contigue a parchi naturali, individuate dalla
Regione ai sensi dell'art. 32 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, è esercitata
nella forma della caccia controllata riservata ai cacciatori residenti nei
comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua.
2.
Le Province, d'intesa con gli organi di gestione del parco, stabiliscono
eventuali particolari modalità e tempi di caccia, nonché gli interventi di
gestione faunistico venatoria.
3.
La gestione dell'attività venatoria e degli interventi di cui al comma 2 è
affidata al comitato di gestione degli ambiti territoriali di caccia in cui
ricadono le aree interessate, d'intesa con l'organismo di gestione del parco.
Art.
15
Oasi
di protezione.
1.
Per oasi di protezione si intende l'ambito territoriale destinato ad assicurare
il rifugio, la riproduzione e la sosta della fauna selvatica.
2.
Ciascuna oasi deve avere una superficie non inferiore a 500 ettari per gli
ecosistemi terrestri e non inferiore a 10 ettari per le zone umide.
3.
Le oasi sono costituite dalle Province, su terreni idonei al conseguimento dei
fini di cui al comma 1, secondo i criteri previsti dal Piano faunistico
venatorio regionale; qualora si verifichino condizioni che rendano impossibile
il conseguimento di tali fini la costituzione delle oasi può essere revocata.
4.
Per la gestione delle oasi di protezione le Province possono avvalersi della collaborazione
delle Associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale, stipulando
con esse apposite convenzioni, nonché di quella dei Comitati di cui all'art.
11.
5.
Le Province, previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, possono
autorizzare, nelle oasi di protezione, catture a scopo di studio o di ricerca
scientifica e possono altresì autorizzare, sentito il predetto Istituto, le
guardie venatorie dipendenti ed eventualmente quelle del soggetto gestore alla
cattura di determinate specie di fauna selvatica presenti in accertato
soprannumero, a scopo di ripopolamento o di reintroduzione, secondo i criteri
dettati dalla pianificazione faunistica.
Art.
16
Zone
di ripopolamento e cattura.
1.
Per zona di ripopolamento e cattura si intende l'ambito territoriale destinato
alla riproduzione, all'irradiamento e alla cattura della selvaggina autoctona o
naturalizzata per il ripopolamento venatorio,
nonché
a favorire la protezione e la sosta della selvaggina migratoria.
2.
Ciascuna zona di ripopolamento e cattura deve avere una estensione non
inferiore a 500 ettari ed è istituita secondo i criteri previsti dal Piano
faunistico venatorio regionale.
3.
Le zone di ripopolamento e cattura sono istituite dalle Province e, qualora si
verifichino condizioni che ne ostacolino il conseguimento degli scopi,
l'istituzione può essere revocata.
4.
Per la gestione delle zone di ripopolamento e cattura le Province possono
avvalersi delle associazioni venatorie riconosciute, agricole e di protezione
ambientale, stipulando con esse apposite convenzioni, nonché dei Comitati di
cui all'art. 11.
5.
Le catture devono essere compiute nel rispetto delle esigenze biologiche della
fauna selvatica.
6.
Nelle zone di ripopolamento e cattura la Provincia può autorizzare, sentiti gli
organi di gestione, in determinati periodi dell'anno, gare cinofile con divieto
di abbattimento della fauna selvatica e purché non si arrechi danno alle
colture agricole ed alla fauna presente.
Art.
17
Centri
pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica.
1.
I centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica sono istituiti dalle
Province preferibilmente su terreni demaniali e hanno per scopo la riproduzione
di fauna selvatica autoctona allo stato naturale, da utilizzare per il ripopolamento
del territorio regionale, ai fini della ricostituzione e dell'incremento del
patrimonio faunistico.
2.
I centri di cui al comma 1 sono gestiti dalle Province e, nel caso in cui siano
destinati alla riproduzione di ungulati, devono essere delimitati da barriere
naturali o artificiali insuperabili dalla selvaggina allevata.
3.
I centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale hanno
per scopo la produzione di capi appartenenti alle seguenti specie: anatidi,
lepre comune, fagiano, starna, pernice rossa, coturnice,
quaglia,
muflone, daino, capriolo, cinghiale e cervo. Il territorio da destinare ai
centri privati di riproduzione di fauna selvatica non può superare l'uno per
cento della superficie agro-silvo-pastorale regionale.
4.
Nei centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale
organizzati in forma di azienda agricola, è vietata l'attività venatoria ed è
consentito il prelievo di animali allevati nel centro da parte del titolare
dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa o di persone nominativamente
indicate (7).
(7)
Comma così modificato dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22. Vedi, anche, il
Reg. 9 agosto 1995, n.
34.
Art.
18
Disposizione
e perimetrazione degli ambiti territoriali.
1.
Le oasi di protezione, le zone di ripopolamento e cattura, i centri pubblici e
privati di riproduzione di fauna selvatica, le aziende faunistico venatorie, le
aziende agri-turistico-venatorie e gli allevamenti di fauna selvatica non
possono essere contigui e fra loro deve intercorrere una distanza minima di
metri 500 (8).
2.
Gli ambiti di cui al comma 1 degli articoli 15, 16 e 17, devono essere
delimitati, a cura dell'Amministrazione provinciale di competenza, da tabelle
di forma rettangolare, delle dimensioni di cm. 25 per cm. 33, di colore bianco,
recanti in nero la scritta «Divieto di caccia» e la denominazione, ai sensi
della presente legge, dell'ambito territoriale cui si riferiscono. Le suddette
tabelle devono essere visibili l'una dall'altra.
3.
La perimetrazione dei centri privati di riproduzione di fauna selvatica e delle
aziende faunistico venatorie e delle aziende agrituristico venatorie è
effettuata dal titolare con le modalità previste al comma 2.
(8)
Comma così sostituito dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22. Vedi, anche,
quanto disposto dall'articolo 2 della stessa legge.
Art.
19
Zone
addestramento cani.
1.
Le Province istituiscono apposite zone per l'addestramento e l'allenamento dei
cani e per gare cinofile anche su selvaggina naturale. Nelle zone per
l'addestramento e l'allenamento dei cani l'abbattimento di fauna di allevamento
appartenente a specie cacciabili è consentito secondo le disposizioni della
legge 11 febbraio 1992, n. 157.
2.
Tali zone possono essere istituite, anche per periodi limitati di tempo, a
distanza non inferiore a metri 500 dagli ambiti di cui agli articoli 15,16 e 17
e sono di norma affidate in gestione alle associazioni venatorie riconosciute,
associazioni cinofile ovvero a imprenditori agricoli.
3.
L'allenamento e l'addestramento dei cani è consentito, inoltre, nel rispetto
dei tempi, dei luoghi e delle modalità previsti dal calendario venatorio (9).
4.
L'allenamento e l'addestramento dei cani all'interno delle zone di
addestramento è subordinato alla autorizzazione del soggetto responsabile della
gestione della zona (10).
(9)
La disciplina delle zone per l'addestramento dei cani per la caccia e per le
gare cinofile è stata fissata con Reg. 23 marzo 1995, n. 16.
(10)
Comma aggiunto dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22.
Art.
20
Aziende
faunistico venatorie e agrituristico venatorie.
1.
Le Amministrazioni provinciali territorialmente competenti, su richiesta degli
interessati e sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, rilasciano
concessioni per l'istituzione di aziende faunistico venatorie e di aziende
agrituristico venatorie, di cui all'art. 16 della legge 11 febbraio 1992, n.
157, secondo le norme indicate nell'apposito regolamento, che il Consiglio
regionale approva entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge
(11).
2.
L'estensione delle singole aziende faunistico venatorie non può essere
inferiore ad ha 300.
L'estensione
delle singole aziende agrituristico venatorie non può essere inferiore ad ha
100.
L'estensione
delle aziende faunistico venatorie, delle aziende agrituristico venatorie
nonché dei centri privati di riproduzione di fauna selvatica non può superare
complessivamente il 13 per cento della superficie agro-silvo-pastorale
regionale, con il limite di cui al comma 3 dell'art. 17.
2-bis.
Le aziende faunistico-venatorie possono essere costituite, nei casi in cui
dispongano comunque della superficie individuata al comma 2, anche quando il
consenso dei proprietari e conduttori non sia inferiore al 95 per cento della
superficie totale. Nei territori inclusi, corrispondenti all'eventuale massimo
5 per cento residuo, con il divieto assoluto di caccia operano le garanzie e le
procedure di rimborso dei danneggiamenti arrecati dalla fauna selvatica alla
produzione agricola di cui alla legge regionale vigente;
gli
oneri derivanti sono a carico dell'azienda. Le Province stabiliscono, altresì,
l'entità e le modalità di pagamento dell'indennità che il titolare della
concessione deve corrispondere ai proprietari dei terreni inclusi senza il loro
consenso entro il 31 gennaio di ciascun anno, nella misura di 4 volte il
reddito dominicale. Il mancato rispetto di tali termini comporta la decadenza
del provvedimento stesso (12).
3.
La concessione di azienda faunistico venatoria, e di azienda agrituristico
venatoria ha la durata di cinque anni ed è rinnovabile.
4.
La concessione che prevede l'allevamento del cinghiale e degli ungulati
estranei alla fauna autoctona è rilasciata a condizione che i terreni a ciò
destinati siano delimitati da barriere naturali o artificiali insuperabili
dalla selvaggina allevata.
5.
L'immissione, l'abbattimento e la cattura di selvaggina all'interno delle
aziende è consentita secondo le norme previste dal regolamento di cui al comma
1.
6.
In caso di gravi o ripetute inosservanze delle disposizioni di cui alla
presente legge o al regolamento regionale per la gestione delle aziende, la
concessione, previa diffida, può essere revocata.
7.
In caso di revoca, l'Amministrazione provinciale competente può autorizzare a
scopo di ripopolamento il prelievo della selvaggina catturabile.
8.
Le disposizioni di cui al comma 7 si applicano anche nel caso di rinuncia alla
concessione.
9.
Per quanto non previsto dalla presente legge si fa rinvio alle norme di cui
alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, e al regolamento di cui al comma 1.
(11)
In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Reg. 9 agosto 1995,
n. 35.
(12)
Comma aggiunto dall'art. 2, L.R. 19 luglio 1996, n. 18.
TITOLO
IV
Autorizzazioni
e disposizioni specifiche
Art.
21
Terreni
in attualità di coltivazione, fondi chiusi e fondi esclusi.
1.
L'esercizio venatorio in forma vagante è vietato nei terreni occupati da grano
e cereali minori, dalla ripresa vegetativa al taglio, e in quelli occupati
dalle colture sotto indicate, dalla fioritura al raccolto:
a) mais;
b) sorgo;
c)
colza;
d)
soia;
e)
girasole;
f)
tabacco;
g)
medica, trifoglio e lupinella destinate alla raccolta dei semi;
h)
ortaggi di qualsiasi genere;
i)
frutteti specializzati;
l)
vigneti e oliveti specializzati;
m)
colture floreali;
n)
vivai e campi sperimentali di qualsiasi genere;
o)
eventuali altre colture individuate dalla Giunta regionale, con proprio atto,
il cui dispositivo è indicato nel calendario venatorio sentite le strutture
regionali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente
rappresentative a livello nazionale.
2.
I terreni di cui al comma 1 devono essere delimitati da apposite tabelle,
apposte dai proprietari o conduttori dei fondi con le modalità previste dal
comma 2 dell'art. 18, recanti la scritta: «Divieto di caccia vagante - colture
in atto».
3.
La costituzione di fondi chiusi di cui al comma 8 dell'art. 15 della legge 11
febbraio 1992, n. 157, deve essere notificata alla Amministrazione provinciale competente
per territorio.
4.
Nell'eventualità della riapertura del fondo il proprietario o conduttore deve
darne comunicazione alla Amministrazione provinciale.
5.
Nei fondi chiusi, a richiesta del proprietario o del conduttore interessato,
l'amministrazione provinciale competente è autorizzata alla cattura di fauna
selvatica appartenente alle specie cacciabili. La selvaggina prelevata deve
essere immessa in ambiti protetti o in territorio libero, secondo le esigenze
della
programmazione provinciale.
6.
La richiesta di vietare l'attività venatoria nel proprio fondo ai sensi del
comma 3 dell'art. 15 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 è inoltrata dal
proprietario o dal conduttore entro 30 giorni dalla pubblicazione del Piano
faunistico venatorio regionale, al Presidente della Provincia che la esamina
nei termini ed ai sensi dello stesso articolo.
Art.
22
Recinzioni
per bestiame.
1.
È vietato sparare da distanza minore di 150 metri con fucile da caccia a canna
liscia o da distanza minore di una volta e mezza la gittata massima, in caso di
uso di altre armi, in direzione di recinzioni destinate al ricovero e alla
alimentazione del bestiame segnalato da apposite tabelle, che i proprietari o
conduttori
delle aree recintate provvedono, a loro carico, ad apporre nei modi previsti
dal comma 2 dell'art. 18, recanti la scritta: «Attenzione - bestiame al
pascolo».
2.
Le tabelle possono essere apposte esclusivamente in recinzioni con comparti non
superiori a ha 5 e nei periodi in cui il bestiame è effettivamente presente con
un carico minimo di tre capi per ettaro, per bovini ed equini, e di quindici
capi ad ettaro, per ovini, caprini e suini.
Art.
23
Allevamenti
di selvaggina.
1.
Le autorizzazioni di cui all'art. 17 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, sono
rilasciate dalla Amministrazione provinciale competente, secondo le norme di
apposito regolamento, che la Regione adotta entro novanta giorni dall'entrata
in vigore della presente legge.
2.
Ai sensi della L.R. 20 novembre 1998, n. 39, le Province disciplinano con
proprio provvedimento l'attività di allevamento di fauna selvatica all'interno
di oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura tenuto conto dei
seguenti criteri:
-
gli allevamenti non possono essere condotti in forma estensiva;
-
la superficie destinata ad allevamento non può superare l'1 per cento
dell'ambito di protezione;
-
l'allevamento deve essere realizzato con modalità tali da impedire la
possibilità di contatto tra gli animali allevati e le popolazioni naturali
presenti nell'ambito;
-
divieto di prelievo degli animali allevati con mezzi di caccia (13).
(13)
Comma aggiunto dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22.
Art.
24
Appostamenti
fissi.
1.
Sono appostamenti fissi quelli costruiti con materiali solidi con preparazione di
sito, destinati all'esercizio venatorio almeno per un'intera stagione di
caccia, quali: capanni, imbarcazioni e zattere stabilmente ancorate e simili
collocati nelle paludi, negli stagni e ai margini di specchi d'acqua naturali o
artificiali.
2.
Gli appostamenti fissi non possono essere situati ad una distanza inferiore a
metri 400 dai confini degli ambiti territoriali di cui agli artt. 15, 16 e 17,
o a meno di metri 200 da altro appostamento fisso; gli appostamenti fissi di
caccia al colombaccio non possono essere situati, inoltre, ad una distanza
inferiore a metri 500 da altro appostamento fisso al colombaccio.
3.
Gli appostamenti fissi al colombaccio possono avere anche più di un capanno,
purché si trovino tutti entro il raggio di metri 50 dal capanno principale.
4.
Le distanze tra appostamenti fissi al colombaccio si misurano dal capanno
principale.
5.
Gli appostamenti ai colombacci non sono considerati fissi ai sensi ed agli
effetti della scelta della forma di caccia, pertanto l'esercizio venatorio nei
medesimi è consentito nelle modalità previste alla lettera c) del comma 5
dell'articolo 12 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (14).
6.
L'autorizzazione per appostamento fisso, rilasciata dalla Amministrazione
provinciale competente per territorio, esclusivamente a titolari di licenza di
caccia, è valida per la durata della stagione venatoria determinata dal
calendario ed è rinnovabile su richiesta scritta del titolare, da presentarsi
nel periodo intercorrente dal 1° febbraio al 30 aprile di ogni anno. Le domande
di nuova autorizzazione devono essere presentate nel periodo intercorrente dal
1° maggio al 30 giugno di ogni anno.
7.
Nel caso di richiesta di autorizzazione per appostamento fisso con uso di
richiami vivi, alla domanda deve essere allegata anche l'attestazione della
scelta effettuata ai sensi della lettera b) del comma 5 dell'art. 12, della
legge 11 febbraio 1992, n. 157 (15).
8.
Nella richiesta di autorizzazione per appostamento fisso deve essere indicata
l'ubicazione dell'appostamento con la indicazione dei dati catastali; alla
stessa devono essere allegati il consenso scritto del proprietario o del
possessore del fondo e l'attestazione dell'avvenuto pagamento della relativa
tassa
di concessione regionale.
9.
Nell'ambito del territorio regionale un cacciatore non può ottenere di norma
più di due autorizzazioni per appostamenti fissi comunque non contigui.
10.
L'autorizzazione alla installazione ed al mantenimento degli appostamenti fissi
senza l'uso dei richiami vivi, che quindi non richiedono la opzione per la
forma di caccia in via esclusiva, viene rilasciata nel rispetto della
programmazione faunistico venatoria (16).
(14)
Per l'interpretazione autentica di quanto disposto dal presente comma vedi la
L.R. 20 novembre 1998, n. 38.
(15)
Per la non applicabilità delle disposizioni di cui al presente comma per la
stagione venatoria 1994-95, vedi l'art. 1, comma 3, L.R. 8 settembre 1994, n.
32.
(16)
Vedi, anche, il Reg. 23 marzo 1995, n. 15.
Art.
25
Appostamenti
temporanei.
1.
Sono appostamenti temporanei di caccia quelli costruiti in modo da poter essere
rapidamente rimossi.
2.
Gli appostamenti temporanei di caccia non possono essere installati ad una
distanza inferiore a metri 200 dai confini degli ambiti territoriali di cui all'art.
15 o da appostamenti fissi, e a m. 100 dai confini degli ambiti territoriali di
cui agli artt. 16 e 17, o da altro appostamento temporaneo.
3.
Negli appostamenti temporanei l'uso dei richiami vivi provenienti da cattura è
consentito in numero non superiore a 10 (17).
(17)
Vedi, anche, il Reg. 23 marzo 1995, n. 15.
Art.
26
Disciplina
della caccia negli appostamenti.
1.
È vietata la caccia da appostamento fisso e temporaneo alle seguenti specie di
selvaggina:
a)
lepre;
b)
fagiano;
c)
starna;
d)
pernice;
e)
coturnice;
f)
beccaccia;
g)
beccaccino.
2.
L'esercizio venatorio negli appostamenti fissi di caccia, con le eccezioni di
cui al comma 5 dell'art. 5 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, è consentito
esclusivamente a coloro che hanno optato per tale forma di caccia, ai sensi
della lettera b) del comma 5 dell'art. 12, della legge 11 febbraio 1992, n.
157.
3.
È vietato usare o detenere, durante l'esercizio della caccia, richiami vivi
accecati o mutilati, richiami acustici a funzionamento meccanico, elettromeccanico
o elettromagnetico, con o senza amplificazioni del suono.
4.
È proibita la caccia in botte.
5.
Non costituisce esercizio dell'attività venatoria la presenza sul posto di
caccia prima o dopo l'orario stabilito dal calendario venatorio, a condizione
che l'arma sia scarica.
6.
In ciascuno appostamento, sia fisso che temporaneo, con esclusione di quelli
per la caccia al colombaccio ed agli acquatici, la caccia non può essere
esercitata da più di due persone contemporaneamente.
7.
La preparazione dell'appostamento temporaneo di caccia non può essere
effettuata mediante taglio di piante da frutto o comunque di interesse
economico, a meno che non si tratti di residui della potatura, né con impiego
di parti di piante appartenenti alla flora spontanea protetta di cui alla
vigente legislazione regionale.
Art.
27
Tassidermia.
1.
Il Consiglio regionale emana apposito regolamento per la attività di
tassidermia e imbalsamazione (18).
2.
Chiunque intenda esercitare l'attività di tassidermia e imbalsamazione deve
avanzare richiesta all'Amministrazione provinciale competente, la quale, nel
provvedimento di autorizzazione, indica, oltre agli elementi di identificazione
della persona autorizzata, il luogo dove è consentita l'attività e l'elenco
delle specie di fauna selvatica di cui è autorizzato il trattamento.
(18)
In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il Reg. 23 marzo 1995,
n. 14.
Art.
28
Controllo
della fauna.
1.
Per gli interventi previsti dal comma 2 dell'art. 19, della legge 11 febbraio
1992, n. 157, l'Amministrazione provinciale competente, per motivate ragioni,
può autorizzare, in qualunque periodo dell'anno, anche persone nominativamente
individuate oltre i soggetti previsti dal citato art. 19.
2.
Gli interventi previsti dal comma 2 dell'art. 19 della legge 11 febbraio 1992,
n. 157, sono disposti dall'Amministrazione provinciale competente. La Giunta
regionale, qualora ravvisi la necessità dell'intervento, fissa un termine di 30
giorni entro il quale la Provincia deve provvedere.
3.
Le Amministrazioni provinciali possono vietare o ridurre la caccia a
determinate specie di selvaggina, per periodi prestabiliti o in singole zone
del territorio di loro competenza, al fine di tutelare la consistenza
faunistica territoriale o per particolari condizioni ambientali sopraggiunte o
per malattie o calamità (19).
(19)
Ad integrazione di quanto disposto dal presente articolo, vedi l'art. 2, L.R. 20 agosto
1996, n. 23.
Art. 29
Recupero
fauna selvatica.
1.
La Giunta regionale autorizza, anche tramite convenzioni, la detenzione
temporanea di fauna selvatica ferita o in difficoltà, finalizzata alla cura,
riabilitazione e rilascio in ambiente naturale, individuando i centri di recupero
abilitati sulla base dell'idoneità delle strutture, esperienze e preparazione
professionale degli operatori.
Art.
30
Custodia
dei cani da caccia e da guardia. Cani e gatti vaganti.
1.
È vietato lasciar vagare liberamente, allenare ed addestrare i cani di
qualsiasi razza nelle campagne, fuori dai tempi e dai luoghi indicati dal
calendario venatorio e dalla vigente normativa.
2.
È vietato lasciar vagare liberamente senza controllo o sorveglianza, allenare
ed addestrare i cani di qualsiasi razza negli ambiti territoriali di cui agli
artt. 15, 16 e 17.
3.
I cani di qualsiasi razza lasciati liberamente nelle campagne in tempi e luoghi
vietati devono essere catturati dagli agenti di vigilanza; durante il periodo e
nei luoghi nei quali ne è permesso l'uso, la cattura è effettuata solo quando i
cani non siano sotto la sorveglianza del proprietario o del possessore.
4.
I cani e i gatti randagi catturati con mezzi idonei devono essere consegnati alle
strutture comunali competenti, ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281.
5.
I cani di qualsiasi razza adibiti alla guardia del bestiame non possono essere
lasciati liberamente vagare a più di 100 metri dal luogo dove sono normalmente
impiegati o dal bestiame stesso.
TITOLO
V
Disciplina
della attività venatoria
Art.
31
Opzione
per la forma di caccia.
1.
L'opzione per la forma di caccia prescelta in via esclusiva ai sensi del comma
5 dell'art. 12 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, ha la durata di anni uno e
si intende rinnovata se entro il 30 giugno di ogni anno non perviene
all'Amministrazione provinciale competente da parte del cacciatore richiesta di
modifica che avrà validità a partire dalla stagione venatoria successiva (20).
(20)
Comma così modificato dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22. Vedi, anche, per
la stagione 1994-95, l'art. 1, comma 1, L.R. 8 settembre 1994, n. 32.
Art.
32
Calendario
venatorio.
1.
La Giunta regionale, sentito l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, e previo
parere della competente commissione consiliare permanente approva e pubblica,
entro il 15 giugno di ogni anno, il calendario venatorio recante disposizioni
relative ai tempi, ai luoghi ed ai modi di caccia, applicando anche, ove ne
ricorrano le condizioni, le disposizioni di cui al comma 2 dell'art. 18 della
L. 11 febbraio 1992, n. 157.
In
tal caso è consentita l'attività venatoria ad un gruppo determinato di specie,
la prima domenica di settembre ed il sabato e domenica successiva e, a partire
dalla terza domenica di settembre, per tre giorni alla settimana, con le
modalità previste dal calendario venatorio (21).
1-bis.
In caso di applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 dell'art. 19 della
legge 11 febbraio 1992, n. 157, i periodi di caccia alle specie interessate dal
provvedimento sono chiusi con due settimane di anticipo (22).
2.
La caccia è consentita per tre giorni alla settimana su cinque a scelta del
cacciatore, fermo restando il silenzio venatorio nei giorni di martedì e
venerdì.
3.
Ai fini dell'esercizio venatorio è consentito abbattere esemplari di fauna
selvatica appartenenti alle specie di cui all'art. 18 della legge 11 febbraio
1992, n. 157 e successive modificazioni ed integrazioni.
4.
Per la disciplina della caccia al cinghiale esercitata in battuta si fa rinvio
al Reg. 11 agosto 1988, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni. Il
calendario venatorio si attiene al criterio di evitare, per quanto possibile,
la contemporaneità dell'esercizio della caccia al cinghiale con l'esercizio di
altri tipi di attività venatoria.
5.
La Giunta regionale, nel periodo compreso tra il 1° ottobre ed il 30 novembre,
può consentire la caccia alla selvaggina migratoria da appostamento fino a
cinque giorni alla settimana, sentito l'Istituto nazionale per la fauna
selvatica, fermo restando comunque il silenzio venatorio nei giorni di martedì
e venerdì.
6.
La Giunta regionale, per motivate ragioni tecniche, ambientali o per esigenze
di coordinamento del calendario delle Regioni limitrofe, può modificare i
periodi di caccia a determinate specie di fauna selvatica e comunque contenuti
entro il periodo intercorrente tra il 1° settembre ed il 31 gennaio.
7.
Il calendario venatorio regionale può rinviare alle Province singole
determinazioni di propria competenza.
8.
Gli ibridi tra specie selvatiche oggetto di caccia e domestiche, laddove
presentino evidenti caratteri della specie selvatica, sono soggetti alla
disciplina della presente legge (23).
(21)
Comma così sostituito dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22.
(22)
Comma aggiunto dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22.
(23)
In deroga a quanto previsto nel presente articolo, ai sensi dell'art. 1, L.R. 3
marzo 2000, n. 16, è approvato il calendario venatorio per la stagione
1998/1999 nel testo allegato alla suddetta L.R. n. 16/2000.
Art.
33
Orari.
1.
L'esercizio venatorio si svolge secondo gli orari giornalieri indicati dal
calendario venatorio, nei limiti previsti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Art.
34
Tesserino
venatorio.
1.
Il titolare del tesserino di cui all'art. 6 della legge regionale 11 gennaio
1979, n. 2, deve indicare in modo indelebile sullo stesso e negli spazi
all'uopo destinati, al momento dell'inizio dell'attività venatoria, che avviene
con il caricamento dell'arma la giornata di caccia. Il numero di capi di
selvaggina abbattuti è segnalato con le modalità previste dal calendario
venatorio.
2.
Per ottenere il rilascio del tesserino annuale il richiedente deve riconsegnare
quello relativo all'anno precedente.
TITOLO
VI
Vigilanza
Art.
35
Vigilanza
venatoria volontaria.
1.
L'abilitazione di cui al comma 4 dell'art. 27 della legge 11 febbraio 1992, n.
157, è rilasciata dalla commissione per l'abilitazione all'esercizio venatorio,
integrata con un rappresentante delle associazioni venatorie riconosciute, un
rappresentante delle associazioni agricole e un rappresentante delle
associazioni ambientaliste, maggiormente rappresentative a livello regionale,
presenti nella Consulta faunistico venatoria regionale di cui all'art. 8.
2.
Ai fini dell'abilitazione di cui al comma 1, la prova di esame prevista per
l'abilitazione all'esercizio venatorio è adeguatamente integrata con le materie
connesse con le funzioni di vigilanza venatoria.
3.
Coloro che alla data dell'entrata in vigore della presente legge siano già in
possesso del decreto di guardia venatoria volontaria sono esonerati dall'esame
finale purché frequentino uno dei corsi previsti dall'art. 36.
4.
Il coordinamento dell'attività volontaria di vigilanza è esercitato dalle
Province che ne definiscono i compiti ai sensi del comma 7 dell'art. 27, della
legge 11 febbraio 1992, n. 157.
Art.
36
Preparazione
e aggiornamento professionale.
1.
La Giunta regionale promuove annualmente anche in concorso con gli enti e le
associazioni del settore, corsi di preparazione ed aggiornamento per gli agenti
di vigilanza, nel quadro della normativa regionale in materia di formazione
professionale.
TITOLO
VII
Norme
finanziarie
Art.
37
Risarcimento
danni atte produzioni agricole.
1.
Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione
agricola ed alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna
selvatica e dall'attività venatoria, è costituito in ogni provincia un fondo
destinato alla prevenzione ed ai risarcimenti.
2.
I danni arrecati dalle specie selvatiche possono essere risarciti anche
mediante polizze assicurative stipulate dalle Province o dai Comitati di gestione
degli ambiti territoriali di caccia.
3.
Il risarcimento dei danni provocati centri privati di riproduzione della fauna
selvatica, nelle aziende faunistico venatorie ed agrituristico venatorie e
nelle zone per l'addestramento cani e per gare cinofile,
fa
carico ai rispettivi concessionari. Il risarcimento dei danni provocati negli
ambiti territoriali destinati alla caccia programmata è disposto dai Comitati
di gestione, d'intesa con le Province (24).
(24)
Comma così modificato dall'art. 3, L.R. 19 luglio 1996, n. 18.
Art.
38
Fondo
regionale per i contributi a favore dei proprietari o conduttori agricoli.
1.
È istituito il fondo regionale per la concessione dei contributi previsti dal
comma 1 dell'art. 15, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, ai proprietari o
conduttori agricoli.
2.
L'entità del fondo è stabilita annualmente con la legge di approvazione del
bilancio di previsione annuale regionale.
3.
La Giunta regionale definisce le modalità per l'utilizzazione del fondo e, in
particolare, determina i criteri per la concessione e la liquidazione dei
contributi con riferimento, in via prioritaria, agli interventi di
valorizzazione dell'ambiente e di conservazione delle specie di fauna selvatica
ed avuto riguardo all'estensione dei fondi rustici ed agli indirizzi colturali
ivi praticati.
4.
La Giunta regionale ripartisce annualmente il fondo di cui al comma 1 alle
Province che si avvalgono, per l'erogazione, dei Comitati di gestione degli
ambiti territoriali.
Art.
39
Sanzioni.
1.
Fermo restando quanto altro previsto dagli artt. 30 e 31 della legge 11
febbraio 1992, n. 157, e dalla vigente normativa in materia tributaria e sulle
armi, le seguenti violazioni sono così sanzionate (25):
a)
cacciare senza licenza, per non averla conseguita: sanzione amministrativa da
L. 400.000 a L. 2.400.000; in caso di recidiva: sanzione amministrativa da L.
800.000 a L. 4.800.000;
b)
cacciare senza essere munito di tesserino venatorio rilasciato dalla Regione di
residenza: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000, in caso di
recidiva: sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000;
c)
cacciare, nei dodici mesi successivi al conseguimento della prima licenza,
senza essere accompagnato da un cacciatore in possesso di licenza rilasciata da
almeno tre anni: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000; in caso di
recidiva: sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000;
d)
cacciare a rastrello in più di tre persone: sanzione amministrativa da L.
100.000 a L. 600.000 per ogni trasgressore;
e)
cacciare negli specchi e corsi d'acqua utilizzando scafandri e tute
impermeabili da sommozzatore o cacciare da botte: sanzione amministrativa da L.
200.000 a L. 1.200.000;
f)
trasportare armi da sparo per uso venatorio non chiuse in custodia all'interno
dei centri abitati e delle altre zone ove è vietata l'attività venatoria,
ovvero a bordo di veicoli di qualunque genere, e comunque nei giorni in cui
l'esercizio venatorio non è consentito: sanzione amministrativa da L. 100.000
a
L. 600.000, nell'ipotesi di armi cariche, siano esse in custodia o meno, la
sanzione da L. 400.000 a L. 2.400.000;
g)
effettuare in qualunque forma il tiro a volo su uccelli, al di fuori
dell'esercizio venatorio salvo quanto disposto dal comma 1 dell'art. 19,
sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000; in caso di recidiva:
sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000;
h)
vendere a privati o detenere da parte di questi reti da uccellagione: sanzione
amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000;
i)
produrre, vendere, detenere trappole per la fauna selvatica, salvo si tratti di
strumenti di cattura commissionati da enti legittimati in base alla vigente
normativa o soggetti da questi autorizzati: sanzione amministrativa da L.
200.000 a L. 1.200.000;
l)
detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica, al di fuori dei
casi delle autorizzazioni previsti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 e dalla
regolamentazione regionale: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000 a
capo; ove si tratti di appartenenti alla specie cinghiale da L. 100.000 a L.
600.000;
m)
cacciare da appostamento fisso non autorizzato o senza autorizzazione del
titolare: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000, in caso di
recidiva: sanzione amministrativa da L. 400.000 a L. 2.400.000;
n)
cacciare da appostamenti temporanei senza rispetto delle distanze dagli ambiti
territoriali di cui all'art. 25 della presente legge e da altri appostamenti:
sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000; in caso di recidiva: sanzione
amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000;
o)
cacciare da appostamento fisso o temporaneo le specie indicate all'art. 26
della presente legge:
sanzione
amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000, in caso di recidiva sanzione:
amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000;
p)
sparare da distanza inferiore a 150 metri con uso di fucile da caccia con canna
ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezzo la
gittata massima in caso di altre armi in direzione di immobili, fabbricati e
stabili adibiti ad abitazioni o posto di lavoro, di vie di comunicazioni
ferroviarie, di strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali ed
interpoderali, di funivie, filovie ed altri impianti di trasporto a
sospensione: sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 1.800.000; in caso di
recidiva: sanzione amministrativa da L. 500.000 a L. 3.000.000;
q)
sparare da distanza inferiore a 150 metri con uso di fucile da caccia con canna
ad anima liscia, o da distanza corrispondente a meno di una volta e mezzo la gittata
massima in caso di uso di altre armi, in direzione di recinzioni destinate al
ricovero e all'alimentazione del bestiame, regolarmente tabellate in conformità
all'art. 22 della presente legge: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L.
1.200.000, in caso di recidiva: sanzione amministrativa da L. 400.000 a L.
2.400.000;
r)
abbattere o catturare capi di selvaggina in violazione dei limiti di carniere
posti dal calendario venatorio: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L.
1.200.000; in caso di recidiva: sanzione amministrativa da L. 400.000 a L.
2.400.000;
s)
cacciare per numero di giornate superiore al consentito: sanzione
amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000; in caso di recidiva: sanzione
amministrativa da L. 400.000 a L. 2.400.000;
t)
violazione degli obblighi del capobattuta nella caccia al cinghiale, previsti
dal regolamento regionale 11 agosto 1988, n. 29 e successive modificazioni ed
integrazioni, in ordine:
1)
al mancato rispetto delle limitazioni alla iscrizione dei non residenti in Umbria;
2)
al numero massimo dei partecipanti alla battuta;
3)
al controllo e alle previste comunicazioni dei capi abbattuti;
4)
alla redazione del verbale della battuta;
5)
all'uso, come mezzi ausiliari, di sostanze repellenti o altro materiale inquinante,
di attrezzi rumorosi e di accensione di fuochi;
6)
alla occupazione dei settori per le battute;
7)
alla segnalazione della battuta;
8)
alla distanza da altre squadre nei casi previsti; sanzione amministrativa da L.
100.000 a L. 600.000 per i punti 1), 2), 3), 4) e 5) e da L. 200.000 a L.
1.200.000 per i punti 6), 7) e 8);
u)
violazione dell'obbligo di portare il distintivo della squadra, durante la
caccia al cinghiale in battuta: sanzione amministrativa da L. 20.000 a L.
120.000;
v)
cacciare il cinghiale in violazione delle altre disposizioni del regolamento
regionale 11 agosto 1988, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni:
sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000 per ogni partecipante alla
battuta, nei limiti del concorso alla violazione accertata;
z)
addestrare o allenare cani di qualsiasi razza, o consentire che gli stessi
vaghino liberi senza controllo o sorveglianza nelle campagne fuori dai tempi e
dai luoghi consentiti: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000;
z-bis)
allenare o addestrare cani nelle zone di addestramento senza la autorizzazione
del soggetto gestore della zona: sanzione amministrativa da L. 15.000 a L.
90.000 (26);
aa)
addestrare o allenare i cani di qualsiasi razza negli ambiti previsti dagli
artt. 15, 16 e 17 della presente legge: sanzione amministrativa da L. 100.000 a
L. 600.000, in caso di recidiva: da L. 300.000 a L. 1.800.000. Nell'ipotesi di
cani lasciati liberamente vagare senza controllo e sorveglianza negli stessi
ambiti: sanzione amministrativa da L. 50.000 a L. 300.000;
bb)
detenere o usare richiami vivi non provenienti da allevamento, se appartenenti
a specie diverse da quelle di cui al comma 4 dell'art. 4, della legge 11
febbraio 1992, n. 157, purché ricomprese tra quelle cacciabili: sanzione
amministrativa da L. 100.000 a 600.000, ove non ricorra l'applicazione
dell'art. 30 lett. h) della legge 11 febbraio 1992, n. 157, per la caccia con
mezzi non consentiti;
cc)
detenere richiami vietati dalla lettera r) del comma 1 dell'art. 21, della
legge 11 febbraio 1992, n. 157: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L.
1.200.000;
dd)
detenere richiami vivi in quantità superiore al consentito oppure non
identificabili con marcatura inamovibile: sanzione amministrativa da L. 50.000
a L. 300.000;
ee)
vendere uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi per l'attività
venatoria: sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000;
ff)
immettere fauna selvatica senza l'autorizzazione dell'Amministrazione
provinciale competente: sanzione amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000;
per la specie cinghiale la sanzione è raddoppiata;
gg)
immettere fauna selvatica senza preventivo controllo della ULSS competente:
sanzione amministrativa da L. 400.000 a L. 3.000.000;
hh)
rimuovere, danneggiare o rendere inidonee al loro uso tabelle legittimamente
apposte, tabellazione abusiva dei terreni in attualità di coltivazione,
recinzioni per bestiame al pascolo e fondi chiusi: sanzione amministrativa da
L. 200.000 a L. 1.200.000;
ii)
appropriarsi o detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi e uccelli
appartenenti alla fauna selvatica salvo le eccezioni indicate dalla lettera o)
del comma 1 dell'art. 21, della legge 11 febbraio 1992, n. 157: sanzione
amministrativa da L. 200.000 a L. 1.200.000;
ll)
vendere o acquistare uccelli vivi o morti, nonché loro parti o prodotti
facilmente riconoscibili, appartenenti alla fauna selvatica che non siano:
germano reale, pernice rossa, pernice di Sardegna, starna, fagiano,
colombaccio: sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000;
mm)
abbandonare bossoli durante l'esercizio dell'attività venatoria: sanzione
amministrativa da lire 20.000 a lire 120.000 (27);
nn)
sanzione amministrativa da L. 100.000 a L. 600.000 per chi viola le
disposizioni della presente legge e del calendario venatorio non espressamente
richiamate dal presente articolo.
2.
Oltre alle sanzioni amministrative previste al comma 1 del presente articolo,
si applicano:
I)
- Il sequestro dell'arma e della selvaggina nei casi indicati alle lettere a),
b), d), e), f), g), m), dell'art. 31 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 e a),
b), f), g), n) (limitatamente alla distanza dagli ambiti), o), p), q), r), s)
del comma 1; fermo restando quanto disposto dal comma 3 dell'art. 28, della
legge 11 febbraio 1992, n. 157, per quanto riguarda la selvaggina sequestrata,
le armi sequestrate, nel caso di pagamento in misura ridotta ai sensi dell'art.
16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, a meno che non debba procedersi a
confisca obbligatoria in conformità al comma 4 dell'art. 20 della stessa legge,
saranno restituite ai legittimi proprietari previa dimostrazione
dell'estinzione della sanzione:
-
sequestro e confisca delle reti, trappole e mezzi di cui alle lettere h), i),
t) punto 5), del comma 1;
-
sequestro e confisca della fauna e dei richiami nei casi previsti dal presente
articolo alle lettere l), r), bb) cc), dd) (per la parte eccedente il
consentito), ll), i capi confiscati saranno, ove possibile, liberati nelle zone
ritenute opportune dalle Amministrazioni provinciali;
-
sequestro e confisca dell'arma carica nell'ipotesi di cui alla lettera f) del
comma 1 (28);
II)
sospensione del tesserino regionale da un minimo di un mese a tutta la stagione
venatoria in atto per le violazioni previste dal presente articolo alle lettere
e), g), h);
III)
cancellazione per la stagione venatoria in atto dal registro delle squadre
autorizzate alla caccia al cinghiale in battuta in caso di gravi e ripetute
violazioni alle disposizioni della presente legge e del Reg. 11 agosto 1988, n.
29 e successive modificazioni ed integrazioni.
3.
Gli importi relativi alle penalità di cui ai precedenti commi sono versati, a
mezzo conto corrente postale intestato alla Tesoreria della Provincia
competente per territorio, e affluiscono nell'apposito capitolo di entrata del
bilancio preventivo da istituirsi con la denominazione di «proventi delle
sanzioni amministrative per la caccia e pesca». I suddetti proventi sono
destinati annualmente ad opere di tutela dell'ambiente e di sviluppo del
patrimonio faunistico della regione, secondo le indicazioni dei programmi
regionali.
4.
Non si applicano le sanzioni previste alla lettera f) del comma 1 e al numero
I) del comma 2 per il trasporto dell'arma da caccia, purché scarica, nei giorni
in cui è consentita l'attività venatoria, nell'attraversamento delle zone ove è
vietato l'esercizio della caccia limitatamente alle zone distanti meno di 100
metri da immobili, fabbricati, stabili adibiti ad abitazione o posti di lavoro
e nelle zone distanti meno di 50 metri da vie di comunicazione, ferrovie e
strade carrozzabili (29).
(25)
Vedi, anche, quanto disposto dall'art. 13, L.R. 30 novembre 1999, n. 34.
(26)
Lettera aggiunta dall'art. 1, L.R. 16 luglio 1999, n. 22.
(27)
Lettera così sostituita dall'art. 4, comma 1, L.R. 19 luglio 1996, n. 18.
(28)
Punto così modificato dall'art. 4, comma 2, L.R. 19 luglio 1996, n. 18.
(29)
Comma aggiunto dall'art. 4, comma 3, L.R. 19 luglio 1996, n. 18.
Art.
40
Norme
finanziarie.
1.
Per l'attuazione della presente legge è destinata nel bilancio regionale una
somma pari al 90 per cento delle entrate derivanti dalle tasse di concessione
regionali di cui ai numeri d'ordine 15, 16 e 17 della tariffa allegata al
decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230 e dalle tasse di concessione
relative alle Aziende agrituristico venatorie da destinare agli interventi
seguenti:
a)
il 70 per cento per l'esercizio della delega da parte delle Province;
b)
il 15 per cento è destinato al Fondo regionale per i contributi di cui all'art.
37;
c)
il 5 per cento per gli interventi diretti della Regione (30).
2.
Per l'esercizio in corso è confermata la spesa stabilita dal bilancio regionale
e iscritta al capitolo 4190.
3.
Per gli esercizi successivi l'entità della spesa sarà determinata con legge di
bilancio entro i limiti della previsione del bilancio pluriennale della
Regione.
(30)
Comma così modificato dall'art. 5, L.R. 19 luglio 1996, n. 18.
TITOLO
VIII
Norme
finali e transitorie
Art.
41
Abrogazioni.
1.
Sono abrogati:
a)
la legge regionale 3 giugno 1986, n. 21;
b)
il Reg. 7 agosto 1986, n. 2;
c)
il Reg. 25 gennaio 1984, n. 2;
d)
il Reg. 25 gennaio 1984, n. 3;
e)
il Reg. 25 gennaio 1984, n. 4.
Art.
42
Norme
finali e transitorie.
1.
Il Consiglio regionale approva il Piano faunistico-venatorio regionale entro un
anno dall'entrata in vigore della presente legge.
2.
Il Consiglio regionale nelle more dell'approvazione del Piano suddetto entro 45
giorni dall'entrata in vigore della presente legge:
I)
delibera la ripartizione del territorio regionale agro-silvo-pastorale
destinato alla caccia programmata, in tre ambiti territoriali di caccia,
subprovinciali possibilmente omogenei e comprendenti anche territori di
province diverse, delimitati da confini naturali; tale delimitazione, in sede
di prima applicazione ha validità triennale;
II)
emana, nell'ambito delle proprie funzioni di indirizzo e coordinamento, i
criteri di riferimento per la programmazione delle Province, validi fino
all'adozione del Piano faunistico venatorio regionale di cui all'art. 3,
relativi, in particolare, ai seguenti punti:
a)
la destinazione d'uso del territorio agro-silvo-pastorale di ciascuna
provincia, con riferimento alla superficie minima da destinare complessivamente
a ciascuna categoria di ambiti protetti: oasi di protezione, zone di
ripopolamento e cattura, centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica e
parchi;
b)
le specie di fauna autoctona di cui curare la protezione e indirizzi per la
loro gestione;
c)
le specie di fauna selvatica di interesse venatorio di cui curare l'incremento
anche attraverso interventi ambientali;
d)
gli indirizzi per l'erogazione dei contributi a proprietari o conduttori dei
fondi utilizzati per la caccia programmata e per la costituzione degli ambiti
protetti;
e)
gli indirizzi per gli interventi relativi alle specie dannose;
f)
i criteri di gestione degli ambiti territoriali di caccia e modalità di accesso
dei cacciatori agli stessi;
g)
i criteri per la prima costituzione degli ambiti territoriali di caccia e dei
relativi organi di gestione.
3.
Le previsioni della lettera h) del comma 8 dell'art. 10, della legge 11
febbraio 1992, n. 157, si
applicano
a partire dalla stagione venatoria 1995/1996.
4.
Fino alla prima costituzione degli organi di gestione degli ambiti territoriali
di caccia le Province provvedono alla loro gestione.
5.
Fino all'entrata in vigore del regolamento regionale di cui al comma 6
dell'art. 11 la densità venatoria massima per ciascun ambito territoriale di
caccia è determinata dalla Giunta regionale.
6.
Fino alla emanazione dei regolamenti attuativi previsti dalla presente legge
restano in vigore, per le norme non in contrasto, i regolamenti regionali:
a)
Reg. 25 gennaio 1984, n. 2, Reg. 25 gennaio 1984, n. 3 e Reg. 25 gennaio 1984,
n. 4 concernenti gli allevamenti di selvaggina;
b)
Reg. 7 agosto 1986, n. 2, per la gestione delle aziende faunistico venatorie.