L.R. 20 gennaio 1998, n. 3 (1).

Ordinamento del sistema sanitario regionale.

 

(1) Pubblicata nel B.U. Umbria 28 gennaio 1998, n. 7, S.O. n. 1.

 

TITOLO PRIMO

Finalità e soggetti del servizio sanitario regionale

 

Art. 1

Oggetto.

 

1. La presente legge disciplina l'ordinamento del Servizio sanitario regionale sulla base del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni.

2. Costituiscono obiettivi del Servizio sanitario regionale la prevenzione, cura e riabilitazione, al fine di assicurare ai cittadini i livelli uniformi di tutela e assistenza sanitaria indicati dalla programmazione nazionale, nonché eventuali ulteriori livelli integrativi di assistenza sanitaria indicati dalla programmazione regionale anche in rapporto alle risorse a tali fini messe a disposizione.

3. Il Servizio sanitario regionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, delle attività e dei servizi sanitari presenti nel territorio regionale ed opera con modalità che assicurino l'eguaglianza di tutti i cittadini, concorrendo alla promozione della loro salute.

 

 

Art. 2

Ordinamento istituzionale.

 

1. Sono soggetti istituzionali del Servizio sanitario regionale la Regione dell'Umbria e i Comuni.

2. Alla determinazione ed al perseguimento delle finalità del Servizio sanitario regionale concorrono le Province dell'Umbria, la Università di Perugia e l'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche, nonché le istituzioni sanitarie e assistenziali pubbliche o private operanti nel territorio regionale.

3. I compiti di gestione dei servizi sanitari sono esercitati dalle Aziende sanitarie regionali distinte in Unità sanitarie locali e Aziende ospedaliere.

 

 

Art. 3

Regione.

 

1. Spettano alla Regione i compiti di programmazione, di ripartizione delle risorse, di indirizzo, di coordinamento, di controllo, di monitoraggio e di valutazione delle attività svolte nell'ambito del Servizio sanitario regionale, nonché le altre funzioni ad essa demandate dalla legge dello Stato.

2. La Regione definisce modalità e criteri atti a regolare la produzione e la erogazione dei servizi sanitari da parte degli operatori pubblici e privati nel territorio regionale.

3. Il Consiglio regionale approva con atto amministrativo il piano sanitario regionale quale strumento principale della programmazione e gli altri atti di indirizzo programmatico generale.

4. La Giunta regionale, al fine di assicurare la coerenza della gestione dei servizi sanitari rispetto agli obiettivi della programmazione e garantire omogeneità di interventi e di prestazioni su tutto il territorio regionale, nonché l'uso ottimale delle risorse finanziarie e l'efficienza delle strutture sanitarie, assume direttive vincolanti per le Aziende sanitarie regionali informandone contestualmente il Consiglio regionale.

5. La Giunta regionale altresì, dirama alle Aziende sanitarie regionali i supporti tecnico-scientifici che constano di linee-guida, protocolli e altre norme di buona pratica professionale.

6. La Giunta regionale svolge attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle Aziende sanitarie regionali, anche in relazione al controllo di gestione ed alla valutazione di qualità, quantità e costi delle prestazioni sanitarie.

7. La Giunta regionale acquisisce le informazioni epidemiologiche necessarie al processo di programmazione, indirizzo, valutazione e verifica dell'efficacia degli interventi, mediante una propria struttura organizzata in osservatorio epidemiologico.

8. La Giunta regionale verifica lo stato di realizzazione dei piani attuativi delle Aziende sanitarie locali, in base alla relazione annuale trasmessa dai direttori generali entro il mese di gennaio; a tal fine acquisisce il parere della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria e socio sanitaria regionale (2).

 

 

Art. 4

Comune.

 

1. Il Comune partecipa alla realizzazione degli obiettivi del Servizio sanitario concorrendo alla programmazione sanitaria regionale.

2. Il Comune in particolare tutela i cittadini nel loro diritto alla promozione ed alla difesa della salute e svolge le funzioni relative alla tutela dell'ambiente di vita avvalendosi delle strutture di prevenzione delle Unità sanitarie locali e dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente di cui alla legge 21 gennaio 1994, n. 61.

3. Il Comune può altresì presentare alle Aziende sanitarie regionali ed alla Giunta regionale osservazioni e proposte per la salvaguardia dei diritti e della dignità dei propri cittadini, nonché per il miglioramento delle condizioni di erogazione delle prestazioni sanitarie e contribuisce al perseguimento di obiettivi di integrazione tra i servizi socio-assistenziali e quelli sanitari.

4. I Comuni, previa verifica di compatibilità con la programmazione da parte della Giunta regionale, nell'ambito dei servizi di medicina territoriale e delle attività preventive, terapeutiche e riabilitative di supporto a quelle di rilievo sociale, possono concordare con le Unità sanitarie locali forme di assistenza

sanitaria che integrino i livelli stabiliti dalla Regione, purché i relativi costi siano sostenuti interamente dai Comuni stessi.

5. Gli accordi non possono prevedere il ricorso agli strumenti di cui al comma 4 dell'articolo 14 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299 convertito con modificazioni in legge 19 luglio 1994, n. 451.

 

 

Art. 5

Conferenza dei sindaci.

 

1. In ciascuna delle Unità sanitarie locali di cui all'art. 8 è costituita la Conferenza dei sindaci, organo di rappresentanza dei Comuni per l'espressione delle esigenze sanitarie del territorio di competenza.

2. La Conferenza approva, entro sessanta giorni dall'insediamento, il regolamento per il proprio funzionamento recante anche la disciplina per la nomina del presidente e del consiglio di rappresentanza, composto da quattro membri e dal presidente medesimo. Nel consiglio di rappresentanza sono comunque presenti i sindaci dei due Comuni con maggior numero di abitanti. Il regolamento stabilisce i criteri di rappresentanza in relazione alla rispettiva consistenza demografica, purché nessun Comune ecceda il 45 per cento del totale della rappresentanza.

3. La Conferenza esercita le attribuzioni previste al comma 14 dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, ed in particolare:

a) formula, nell'ambito della programmazione regionale, indirizzi per l'impostazione programmatica delle Aziende sanitarie regionali;

b) esprime i pareri previsti al comma 2 dell'art. 6, della legge regionale 19 dicembre 1995, n. 51;

c) esercita l'intesa con il direttore generale per la nomina del coordinatore sociale;

d) esprime parere sulle direttive della Giunta regionale per la suddivisione tra componente sanitaria e sociale all'interno delle attività sanitarie a rilievo sociale.

4. La Conferenza, inoltre:

a) approva i piani attuativi delle Unità sanitarie locali di cui all'art. 23 che acquistano efficacia dopo la valutazione di congruità della Giunta regionale;

b) esercita l'intesa prevista al comma 2 dell'art. 18, sulla definizione dell'articolazione territoriale dei distretti sanitari;

c) esprime alla Giunta regionale pareri in merito all'efficacia ed efficienza dei servizi ai fini della valutazione dell'operato del direttore generale.

5. [La Conferenza dei sindaci dell'Unità sanitaria locale nel cui territorio ricadono una o più Aziende ospedaliere, integrata con i presidenti della Conferenza dei sindaci delle altre Unità sanitarie locali regionali, svolge le funzioni previste alle lett. a), b) del comma 3 e le funzioni di cui alla lett. c) del

comma 4 ed esprime parere preventivo sui piani attuativi delle Aziende stesse] (3).

 

 

Art. 6

Provincia.

 

1. La Provincia concorre a realizzare gli obiettivi del Servizio sanitario regionale partecipando alla definizione del piano sanitario regionale e coordinando le proprie funzioni in materia di prevenzione ambientale con quelle delle Unità sanitarie locali e dei Comuni. In particolare la Provincia esercita le proprie competenze ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 61.

 

 

Art. 7

Università.

 

1. Ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, l'Università contribuisce all'attività del Servizio sanitario regionale:

a) collaborando all'elaborazione del piano sanitario regionale;

b) indicando ogni elemento utile a determinare la presenza programmata delle proprie strutture all'interno del Servizio sanitario regionale;

c) partecipando ad intese, sulla base delle specifiche indicazioni del piano sanitario regionale, con la Regione per la progettazione e la realizzazione delle iniziative rivolte alla formazione ed alla specializzazione degli operatori del Servizio sanitario regionale e per obiettivi di ricerca finalizzati alla qualificazione delle attività svolte dai servizi di sanità pubblica dell'Umbria.

2. La Regione e l'Università degli studi, ai fini di cui al comma 1, anche per conseguire la ottimale qualificazione del Servizio sanitario regionale in Umbria e la valorizzazione delle rispettive potenzialità, stipulano appositi protocolli d'intesa contenenti la disciplina degli apporti reciproci per l'assistenza nelle Aziende sanitarie regionali, per l'attivazione dei corsi di diploma universitario e per l'attivazione dei corsi di formazione specialistica.

3. I protocolli d'intesa definiscono le modalità della collaborazione sulla base dei seguenti principi:

a) la competenza della programmazione regionale a definire i criteri e le attività assistenziali del Servizio sanitario regionale in cui si esplica l'apporto della facoltà di medicina nel rispetto delle sue finalità istituzionali tenendo anche conto delle indicazioni di cui alla lettera b) del comma 1;

b) la riserva alle aziende sanitarie regionali della competenza in ordine alle modalità di organizzazione delle proprie strutture, dipartimenti, unità operative e moduli, nei quali si attua l'integrazione del personale universitario nell'ambito del servizio sanitario regionale; tale organizzazione deve garantire parità di trattamento, a parità di attività, di responsabilità e di titoli professionali nonché di opportunità di accesso alle funzioni in ambito assistenziale;

c) la competenza regionale per la definizione delle esigenze formative e delle strutture accreditate;

d) la responsabilità didattica ed amministrativa dei corsi attribuita a dipendenti del Servizio sanitario regionale;

e) la docenza affidata a personale di ruolo sanitario, di norma dipendente dalle strutture presso le quali si svolge la formazione;

f) il riferimento all'ordinamento didattico universitario, definito ai sensi della legge 19 novembre 1990, n. 341.

4. La Giunta regionale, di concerto con l'Università, istituisce una commissione paritetica tra Regione e Università per la predisposizione dei protocolli d'intesa di cui al comma 3.

 

 

Art. 8

Istituzione delle Unità sanitarie locali.

 

1. In ciascuno degli ambiti territoriali individuati nella tabella allegata alla presente legge è istituita una Unità sanitaria locale.

2. La sede legale delle Unità sanitarie locali è stabilita dalla Giunta regionale, su proposta delle competenti Conferenze dei sindaci, da formularsi nella prima seduta utile delle stesse; in caso di inerzia provvede comunque la Giunta regionale.

 

 

Art. 9

Attività delle Aziende sanitarie regionali.

 

1. Ciascuna Azienda sanitaria, nell'ambito della programmazione sanitaria regionale, organizza i propri servizi e l'attività di tutela della salute attenendosi ai seguenti principi:

a) autonomia organizzativa dei livelli decisionali, ai fini della efficienza operativa;

b) articolazione dei servizi territoriali e dei presidi ospedalieri, idonea a garantire l'erogazione e l'acquisizione delle prestazioni individuate nel piano sanitario regionale, sulla base dei livelli uniformi d'assistenza;

c) strutturazione in forma dipartimentale, per aree omogenee, sulla base delle previsioni della programmazione regionale;

d) istituzione del servizio infermieristico, tecnico sanitario, riabilitativo ed ostetrico come supporto funzionale alle attività di assistenza su base dipartimentale, dotato di autonomia tecnico-organizzativa.

 

 

Art. 10

Aziende ospedaliere.

 

1. Gli ospedali costituiti in Azienda hanno personalità giuridica pubblica e godono di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica.

2. La Regione definisce piani di attività e programmi di sviluppo relativi alle prestazioni di alta specializzazione da remunerare con le modalità definite al comma 2 dell'art. 30.

3. Le Unità sanitarie locali interessate stipulano con le Aziende ospedaliere appositi contratti per lo svolgimento delle prestazioni di assistenza sanitaria, anche secondo quanto previsto all'art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, al fine di garantire la continuità e la integrazione con gli altri servizi sanitari presenti nel territorio, secondo i criteri e le modalità definiti nel piano sanitario regionale.

 

 

TITOLO SECONDO

Organi delle Aziende sanitarie regionali

 

Art. 11

Direttore generale: poteri e competenze.

 

1. Tutti i poteri di gestione e di rappresentanza dell'Azienda sanitaria regionale sono riservati al direttore generale.

2. Il direttore generale esercita le proprie funzioni direttamente, ovvero delegandole al direttore amministrativo o al direttore sanitario o alle altre figure dirigenziali. Le funzioni che possono essere delegate sono individuate nel regolamento di organizzazione dell'Azienda sanitaria.

3. Sono comunque riservati al direttore generale i seguenti atti:

a) la nomina del direttore amministrativo e del direttore sanitario;

b) la nomina, ove ricorrano le condizioni previste dall'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, del coordinatore dei servizi sociali;

c) la nomina di figure dirigenziali altamente qualificate e con funzioni coadiuvanti in relazione ad obiettivi specificamente individuati e la conseguente stipula di contratti di diritto privato;

d) la sospensione e la decadenza del direttore amministrativo, del direttore sanitario e delle figure dirigenziali di cui alla lettera c), la sospensione del coordinatore dei servizi sociali; la decadenza di quest'ultimo è disposta d'intesa con la Conferenza dei sindaci;

e) la nomina dei componenti del Collegio dei revisori;

f) l'emanazione del regolamento di organizzazione dell'Azienda, sentito, oltre al direttore amministrativo ed al direttore sanitario, il coordinatore dei servizi sociali, ove nominato;

g) gli atti di bilancio;

h) la predisposizione dei piani attuativi per il recepimento della programmazione regionale.

4. Al direttore generale compete la verifica dei rendimenti e dei risultati aziendali, nonché la valutazione dell'efficacia e dell'economicità dell'azione amministrativa.

5. Il direttore generale promuove con azioni positive pari opportunità fra i sessi nell'organizzazione aziendale. Il rapporto sulla situazione del personale previsto dall'articolo 9 della legge 10 aprile 1991, n. 125, è redatto annualmente e trasmesso, oltreché ai soggetti individuati al comma 2 del suddetto articolo, anche al Presidente della Giunta regionale.

6. Il direttore generale convoca, almeno una volta all'anno, apposita conferenza dei servizi per verificare l'andamento degli stessi e per individuare ulteriori interventi tesi al miglioramento delle prestazioni.

 

 

Art. 12

Direttore generale: nomina e rapporto di lavoro.

 

1. La nomina del direttore generale è di competenza della Giunta regionale, che vi provvede, secondo le modalità ed i requisiti stabiliti dalla legge. Sono altresì di competenza della Giunta regionale la dichiarazione di decadenza del direttore generale e la relativa risoluzione del contratto.

2. La Giunta regionale determina con proprio atto le modalità per verificare la coerenza dei richiesti requisiti, culturali e professionali, rispetto al contenuto funzionale dell'attività propria del direttore generale, in attuazione del comma 1 dell'art. 1, della legge 17 ottobre 1994, n. 590.

3. L'efficacia della nomina è subordinata alla stipula di apposito contratto quinquennale di diritto privato tra il Presidente della Giunta regionale ed il direttore generale nominato secondo uno schema adottato dalla Giunta regionale, in conformità con i contenuti fissati dal D.P.C.M. di cui al comma 6 dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. La stipula del contratto deve comunque intervenire entro trenta giorni dalla nomina.

4. La Giunta regionale, trenta giorni prima della scadenza del termine dei cinque anni, può procedere con delibera motivata al rinnovo del contratto per una sola volta.

5. Le funzioni di direttore generale non possono essere esercitate per un periodo superiore ai dieci anni.

6. Costituiscono comunque causa di risoluzione del contratto, oltre a quanto previsto dal comma 6 dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni:

a) l'insorgenza di un grave disavanzo di esercizio, tale da costituire pregiudizio all'equilibrio economico dell'azienda;

b) il mancato rispetto delle direttive vincolanti emanate dalla Regione;

c) la mancata realizzazione degli obiettivi contenuti negli atti di programmazione regionale, allorché gli stessi prevedano espressamente tale sanzione in caso di inadempienza.

7. La Giunta regionale, alla scadenza del primo anno ed alla scadenza dei successivi due anni dalla nomina del direttore generale, provvede alla verifica in termini di efficacia e di efficienza dei risultati di gestione conseguiti, in riferimento agli indirizzi ed agli obiettivi fissati nel piano sanitario regionale ed agli altri atti di indirizzo emanati dalla Regione. All'esito di tali verifiche, la Giunta regionale dispone, con provvedimento motivato, la conferma dell'incarico o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il contratto venga risolto ai sensi del presente comma, la Giunta regionale può procedere alla nomina del nuovo direttore generale sulla base della selezione già effettuata per la nomina di quello uscente.

8. La Giunta regionale, in caso di decadenza del direttore generale o di vacanza dell'ufficio, in via temporanea, fino alla data di stipula del contratto con il nuovo direttore, attribuisce le funzioni al direttore amministrativo o al direttore sanitario, ovvero procede alla nomina di un commissario straordinario in possesso dei requisiti previsti dalla legislazione vigente per la nomina a direttore generale.

 

 

Art. 13

Consiglio dei sanitari.

 

1. Presso ogni Unità sanitaria locale è costituito un Consiglio dei sanitari con funzioni di consulenza tecnico sanitaria.

2. Il Consiglio dei sanitari dura in carica cinque anni ed è composto dai seguenti membri:

a) il direttore sanitario che lo presiede;

b) otto medici in servizio presso presidi ospedalieri;

c) cinque medici in servizio presso presidi territoriali, di cui due nominati tra i medici convenzionati;

d) un medico veterinario;

e) tre operatori sanitari laureati non medici, scelti tra il personale delle tabelle B, D, E, F e G del ruolo sanitario di cui al D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761;

f) due operatori professionali scelti tra il personale delle tabelle H ed I del ruolo sanitario;

g) un operatore professionale della tabella L del ruolo sanitario;

h) un operatore sanitario della tabella N del ruolo sanitario.

3. Nel Consiglio sanitario delle Aziende ospedaliere non sono rappresentati i medici in servizio presso i presidi territoriali ed i medici veterinari ed è conseguentemente elevato di tre unità il numero dei medici ospedalieri e di una unità il numero degli operatori professionali di cui alla lettera f) del comma 2.

4. I dirigenti sanitari di secondo livello, responsabili dei dipartimenti delle Aziende sanitarie, sono membri di diritto del Consiglio dei sanitari.

 

 

Art. 14

Elezione del Consiglio dei sanitari.

 

1. L'elezione dei membri del Consiglio dei sanitari è effettuata sulla base di liste distinte, formate in ordine alfabetico, per ciascuna delle categorie da eleggere, nelle quali possono candidarsi gli operatori in possesso di una anzianità di servizio di almeno tre anni.

2. Ciascun elettore esprime per ogni lista un numero di nominativi pari a quello degli operatori da eleggere nella stessa lista.

3. Le elezioni sono indette dal direttore generale entro quarantacinque giorni dal suo insediamento e successivamente trenta giorni prima della scadenza del collegio.

4. Le modalità per la presentazione delle liste, la costituzione dell'Ufficio elettorale, dei seggi elettorali e gli altri adempimenti residui sono disciplinati dal regolamento di organizzazione dell'Azienda sanitaria, che stabilisce, per quanto non previsto nella presente legge, anche le modalità di funzionamento del Consiglio. In prima applicazione ed in attesa del regolamento di organizzazione, le procedure elettorali sono stabilite dal direttore generale.

5. Il Consiglio dei sanitari elegge, nella sua prima seduta, un vicepresidente ed un segretario e si riunisce almeno una volta al mese o su richiesta di cinque o più dei suoi componenti.

6. Il Consiglio esprime i pareri previsti al comma 12 dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Qualora non si esprima nei dieci giorni successivi alla richiesta, il parere si intende favorevole.

 

 

Art. 15

Collegio sindacale.

 

1. Il Collegio sindacale è istituito presso ogni Azienda sanitaria regionale, ai sensi e con le attribuzioni di cui all'art. 3 ter del "decreto legislativo di riordino" e, presso le Aziende ospedaliere - universitarie, di cui alla lett. b) del comma 2 dell'art. 2 del D.Lgs. 517 del 21 dicembre 1999, ai sensi e con le attribuzioni di cui al comma 3 dell'art. 4 dello stesso decreto legislativo (4).

 

 

TITOLO TERZO

Articolazione ed organizzazione delle Aziende sanitarie regionali

 

Art. 16

Dipartimento.

 

1. Il Dipartimento è costituito da unità operative omogenee, affini o complementari, che perseguono comuni finalità e sono quindi tra loro interdipendenti, pur mantenendo la propria autonomia e responsabilità professionale. Le Unità operative costituenti il dipartimento, sono aggregate in una specifica tipologia organizzativa volta a dare risposte unitarie, tempestive, razionali e complete rispetto ai compiti assegnati e a tal fine adottano regole condivise di comportamento assistenziale, didattico, di ricerca, etico, medico-legale ed economico.

 

 

Art. 17

Distretto socio sanitario.

 

1. Il Distretto socio sanitario è l'articolazione territoriale ed organizzativa della Unità sanitaria locale, per le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, alle cure e alla riabilitazione, tramite la gestione integrata delle risorse della Unità sanitaria locale e degli enti locali.

2. Il Distretto ha i seguenti compiti:

a) gestisce e coordina i servizi ubicati nel territorio di competenza, destinati all'assistenza sanitaria di base e specialistica di primo livello, alla assistenza specialistica semi-residenziale e residenziale territoriale, alla assistenza residenziale ai non autosufficienti e lungodegenti stabilizzati, alla assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, alle attività sociali a rilievo sanitario e alle attività socio-assistenziali delegate dagli enti locali alla Unità sanitaria locale;

b) organizza l'accesso dei cittadini residenti ad altre strutture e presidi;

c) assicura, anche attraverso i medici ed i pediatri di medicina territoriale, un efficace orientamento e controllo della domanda socio-sanitaria e promuove la continuità terapeutica tra i diversi luoghi di trattamento indirizzando e coordinando il ricorso all'assistenza ospedaliera;

d) funge da centro regolatore per le prestazioni erogate dalle proprie unità operative residenti ed itineranti, con riferimento anche alle strutture delle altre aziende sanitarie, delle istituzioni sanitarie accreditate, dei professionisti accreditati o convenzionati.

3. Nel Distretto si ricomprendono e si integrano in particolare:

a) i servizi rivolti alla persona tramite rapporto diretto medico-paziente o tramite organizzazione distrettuale;

b) i servizi socio-sanitari di comunità.

4. Nel Distretto sono ricompresi e trovano integrazione secondo le modalità e gli indirizzi del piano sanitario regionale, i servizi per la prevenzione e la promozione della salute di cui all'art. 20, i servizi per la tutela della salute mentale di cui al comma 10 dell'art. 21, nonché gli altri dipartimenti territoriali.

5. Il Distretto è l'ambito di riferimento delle attività collegate all'attuazione dei progetti-obiettivo e delle azioni programmate indicate nel Piano sanitario regionale che si realizzano e si coordinano prevalentemente nel territorio e, in particolare, di quelle relative alla:

a) tutela della salute degli anziani;

b) tutela e assistenza materno-infantile;

c) prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione ed integrazione sociale delle persone disabili o affette da malattie croniche;

d) prevenzione, cura e recupero psico-fisico dalle dipendenze;

e) tutela della salute mentale.

6. Al Distretto è attribuita autonomia economico-finanziaria con contabilità analitica separata all'interno del bilancio dell'Unità sanitaria locale, nonché autonomia gestionale per lo svolgimento delle funzioni ed il conseguimento degli obiettivi aziendali.

7. Il Direttore generale, su proposta congiunta del direttore sanitario e del direttore amministrativo, nomina, sentito l'organismo di cui al comma 3 dell'art. 18, il responsabile del Distretto tra il personale dell'Unità sanitaria locale con qualifica dirigenziale appartenente di norma al ruolo sanitario. L'incarico ha durata triennale, rinnovabile ed è sottoposto a revoca con le modalità previste nel regolamento aziendale.

 

 

Art. 18

Articolazione territoriale dei distretti socio-sanitari.

 

1. Il distretto ha una dimensione territoriale tale da garantire un'ampia presenza di servizi territoriali e di operatori, in modo da caratterizzarsi come soggetto di negoziazione con la direzione dell'Unità sanitaria locale e di interlocuzione con il sistema del governo locale.

2. L'ambito territoriale di ciascun distretto è definito dal direttore generale della Unità sanitaria locale, d'intesa con la Conferenza dei sindaci, in modo che, di norma, ciascun distretto comprenda una popolazione residente non inferiore a trentamila abitanti, salvo deroga disposta con deliberazione del Direttore generale, d'intesa con la Conferenza dei sindaci ed approvata dalla Giunta regionale.

3. A livello distrettuale, è istituita l'Assemblea dei sindaci. L'Assemblea è composta da tutti i sindaci o dai presidenti delle circoscrizioni dei Comuni facenti parte del distretto. Nel caso in cui il distretto coincida con il singolo Comune, le funzioni sono esercitate dal sindaco.

 

 

Art. 19

Presidi ospedalieri.

 

1. Gli ospedali che non siano costituiti in Aziende ospedaliere, dislocati in una unica Unità sanitaria locale sono accorpati in un unico presidio. Il direttore generale può richiedere deroga motivata alla Giunta regionale, che provvede, sentita la Conferenza dei sindaci.

2. Sono comunque costituiti in presidio ospedaliero autonomo gli ospedali sede di dipartimento per l'emergenza ed urgenza di cui al piano di riorganizzazione della rete ospedaliera approvato con Delib.C.R. 3 febbraio 1997, n. 311.

3. Ai presidi ospedalieri è attribuita autonomia economico finanziaria, con contabilità analitica separata all'interno del bilancio dell'Unità sanitaria locale.

4. Al presidio ospedaliero sono preposti un dirigente medico ed un dirigente amministrativo come previsto al comma 9 dell'art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, tra i quali il Direttore generale individua il responsabile della gestione complessiva.

 

 

Art. 20

Dipartimento di prevenzione.

 

1. Per i Dipartimenti di prevenzione si applicano le disposizioni di cui agli artt. 7, 7 bis, 7 ter, 7 quater, 7 quinquies e, per quanto attiene le funzioni, dal contenuto degli artt. 7 septies, 7 octies del "decreto legislativo di riordino".

2. In particolare il Dipartimento di prevenzione comprende almeno i seguenti Servizi:

a) igiene e sanità pubblica;

b) igiene degli alimenti e nutrizione;

c) prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro;

d) sanità animale;

e) igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale e loro derivati;

f) igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.

Il Dipartimento di prevenzione comprende altresì anche le funzioni ingegneristico - impiantistiche, organizzate in servizio o unità operativa.

3. Il Dipartimento di prevenzione può comprendere anche la medicina legale e necroscopica, secondo l'articolazione organizzativa adottata dalle singole Aziende USL (5).

 

 

Art. 21

Dipartimenti ospedalieri.

 

1. L'Ospedale è organizzato in dipartimenti, secondo la previsione di cui all'art. 16, caratterizzata da una ulteriore competenza gestionale unitaria che si estrinseca anche attraverso la negoziazione di obiettivi e risorse con la direzione aziendale.

2. Il dipartimento è individuato dal direttore generale, su proposta del direttore sanitario, sentito il Consiglio dei sanitari. Qualora l'organizzazione dipartimentale coinvolga servizi extra aziendali,

l'individuazione del dipartimento è fatta di concerto con le autorità interessate. Possono far parte del dipartimento ospedaliero anche i servizi extra ospedalieri. La integrazione fra dipartimento ospedaliero, dipartimenti territoriali e rete distrettuale è demandata agli strumenti della programmazione regionale.

3. I dipartimenti sono individuati in funzione delle unità operative presenti nei singoli ospedali e degli obiettivi che questi debbono conseguire.

4. Spettano al dipartimento ospedaliero i seguenti compiti:

a) la gestione in comune del personale;

b) l'utilizzo in comune degli spazi e delle attrezzature;

c) la sperimentazione e l'adozione di modalità organizzative volte al miglioramento dell'efficienza e della qualità ed all'integrazione delle attività delle strutture;

d) il coordinamento e lo sviluppo delle attività cliniche, di ricerca, di formazione, di studio e di verifica della qualità delle prestazioni;

e) il miglioramento del livello di umanizzazione dell'assistenza erogata all'interno delle strutture;

f) il coordinamento con le attività extra ospedaliere connesse alle funzioni.

5. La direzione del dipartimento è assicurata da:

a) il Consiglio di dipartimento, con funzioni deliberanti rispetto a quanto previsto al comma 4;

b) il responsabile del dipartimento, con funzioni esecutive.

6. Il responsabile del dipartimento è un dirigente di secondo livello titolare della responsabilità di una delle unità operative facenti parte del dipartimento, nominato dal direttore generale all'interno di una terna di nominativi proposti dal Consiglio di dipartimento, sentito il direttore sanitario dell'Azienda ed il dirigente medico del presidio. L'incarico di responsabile del dipartimento comporta l'impegno esclusivo ed a tempo pieno a favore dell'Azienda ed è incompatibile con qualsiasi altro incarico che possa impedire la piena disponibilità nei confronti dell'Azienda. La durata dell'incarico è triennale, rinnovabile e sottoposto a revoca, con le modalità del regolamento di cui alla lettera a) del comma 7.

7. Il responsabile del Dipartimento:

a) assicura il funzionamento del dipartimento, attuando i modelli organizzativi stabiliti dal Consiglio di dipartimento e predisponendo apposito regolamento, da approvarsi da parte del Consiglio;

b) verifica la conformità dei comportamenti e i risultati con gli indirizzi generali forniti dal direttore generale dell'azienda;

c) rappresenta il dipartimento nei rapporti con la direzione generale e gli organi esterni;

d) gestisce le risorse attribuite al dipartimento secondo le indicazioni del Consiglio di dipartimento.

8. Il Consiglio di dipartimento è composto:

a) dai responsabili di tutte le unità operative e i moduli organizzativi autonomi appartenenti al dipartimento;

b) da una rappresentanza dei moduli organizzativi, inclusi nelle unità operative, come previsto dal regolamento;

c) dal responsabile del personale del servizio infermieristico;

d) da altro personale individuato dal direttore generale, in funzione della corretta gestione amministrativa del dipartimento.

9. I protocolli di intesa di cui al comma 3 dell'art. 7, stipulati dalla Regione con le Università stabiliscono le modalità di partecipazione di queste alla definizione dei dipartimenti nei presidi interessati.

10. I servizi psichiatrici di diagnosi e cura sono parte integrante del dipartimento di salute mentale dell'Unità sanitaria locale.

 

 

TITOLO QUARTO

Programmazione e gestione del servizio sanitario

 

Art. 22

Piano sanitario regionale.

 

1. Il piano sanitario regionale determina i principi e gli obiettivi della programmazione sanitaria nella Regione e gli indirizzi per l'organizzazione dei servizi, con particolare riferimento all'organizzazione dipartimentale, nell'ambito delle indicazioni del piano sanitario nazionale e in base alla stima della domanda di salute emergente dalla popolazione residente.

2. Il piano definisce i livelli uniformi di assistenza da assicurare su tutto il territorio; contiene le disposizioni generali per la formazione dei piani attuativi di cui all'art. 23, nonché il raccordo con il piano sociale regionale di cui alla legge regionale 23 gennaio 1997, n. 3.

3. Il piano prevede metodologie e strumentazioni atte a consentire il monitoraggio e la verifica d'attuazione dei programmi e dei progetti ivi contenuti.

4. Lo schema di proposta del piano sanitario regionale è adottato dalla Giunta regionale entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del piano sanitario nazionale.

5. Il documento di cui al comma 4 è inviato, entro dieci giorni dalla sua adozione, alle Province, alle Conferenze dei sindaci e all'Università degli studi di Perugia, i quali trasmettono il loro parere entro venti giorni, trascorsi inutilmente i quali la Giunta regionale può procedere indipendentemente dall'acquisizione del parere mancante.

6. Entro quindici giorni dalla trasmissione dell'ultimo dei pareri di cui al comma 5, la Giunta regionale adotta la proposta di piano sanitario regionale, da trasmettere al Consiglio regionale corredato dei pareri espressi dalle Province, dalle Conferenze dei sindaci e dalla Università.

7. Il Consiglio regionale approva il piano sanitario regionale nel termine di centocinquanta giorni dalla data di pubblicazione del piano sanitario nazionale previsto dall'art. 1, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni.

8. Fino all'approvazione del nuovo piano sanitario regionale vigono le disposizioni del piano precedente.

 

 

Art. 23

Piano attuativo.

 

1. Il piano attuativo è strumento di pianificazione mediante il quale le Aziende sanitarie regolano le proprie attività, in attuazione delle linee di programmazione regionale.

2. Il piano, in particolare, definisce in rapporto agli obiettivi determinati ed ai livelli di assistenza da raggiungere, le attività da svolgere attribuendole alle proprie strutture. Individua inoltre le modalità operative ed organizzative per il perseguimento degli obiettivi stessi.

 

 

Art. 24

Autorizzazioni sanitarie.

 

1. Le autorizzazioni per l'esercizio delle attività sanitarie nelle strutture pubbliche e private di cui al D.P.R. 14 gennaio 1997, sono rilasciate, nel rispetto dei requisiti minimi previsti dallo stesso decreto, dalla Giunta regionale che si avvale delle competenti strutture dell'Unità sanitaria locale.

2. I requisiti minimi trovano immediata applicazione nel caso di realizzazione di nuove strutture o di ampliamento e trasformazione di quelle già esistenti.

3. L'adeguamento ai requisiti minimi di strutture già autorizzate ed in esercizio è disposto entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge (6).

4. La verifica dell'adeguamento e la permanenza dei requisiti vengono effettuati dalla Giunta regionale che può avvalersi delle strutture dell'Unità sanitaria locale.

 

 

Art. 25

Accreditamento.

 

1. La Giunta regionale, ai fini dell'accreditamento delle strutture pubbliche e private, previsto dall'art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, definisce, sentita la competente commissione consiliare, con proprio atto i requisiti ulteriori, sulla base dei seguenti criteri:

a) coerenza con le scelte della programmazione regionale, sulla base della domanda di salute espressa dalla popolazione di riferimento e del livello di offerta esistente per le varie tipologie di prestazioni;

b) adeguatezza qualitativa e quantitativa delle dotazioni strumentali tecnologiche ed amministrative;

c) equilibrio tra volume di prestazioni erogabili e potenzialità della struttura;

d) congruità delle professionalità presenti con la tipologia delle prestazioni erogabili;

e) presenza di un sistema informativo connesso con quello del Servizio sanitario regionale e conforme alle specifiche regionali;

f) presenza di un idoneo sistema per il controllo ed il miglioramento continuo della qualità.

2. La Giunta regionale, nella definizione degli ulteriori requisiti, secondo i criteri elencati al comma 1, tiene conto della necessità di effettuare una valutazione comparativa tra i soggetti richiedenti, al fine di formulare una graduatoria di merito e di procedere quindi al successivo accreditamento.

3. I requisiti ulteriori trovano immediata applicazione nel caso di richiesta di accreditamento per nuove strutture, ampliamenti e trasformazione di quelle già esistenti ovvero da parte di strutture private già in esercizio e non convenzionate.

4. L'adeguamento ai requisiti ulteriori di strutture in esercizio, pubbliche e private già convenzionate, è disposto entro tre anni dall'emanazione dell'atto di cui al comma 1.

5. La Giunta regionale, al fine di garantire la qualità dei servizi sanitari a tutti i cittadini, definisce un sistema di indicatori e parametri di riferimento per le strutture pubbliche e private ed effettua sulle stesse un controllo periodico in termini di qualità, quantità e costo delle prestazioni erogate.

 

 

Art. 26

Servizi gestiti in forma associata e aggregata.

 

1. Ciascuna Azienda sanitaria regionale può gestire, per conto delle altre, attività di interesse comune, anche di carattere sanitario, previa stipula di apposita convenzione e può, altresì, consorziarsi per la disciplina e per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive attività gestionali ed amministrative di interesse comune.

2. I Direttori generali delle Aziende sanitarie regionali, qualora valutazioni economiche ed organizzative ne dimostrino la convenienza, definiscono programmi pluriennali per l'acquisizione in forma centralizzata di beni di più largo consumo e per l'appalto di servizi. Dispongono, altresì, i piani di acquisto annuali di beni e servizi occorrenti per il funzionamento delle Aziende sanitarie in funzione degli obiettivi fissati nel programma pluriennale.

3. La Giunta regionale può disporre, con propria deliberazione, l'individuazione delle attività tecnico-amministrative e sanitarie in cui si esplica la gestione in comune prevista al comma 1.

 

 

Art. 27

Integrazione delle attività socio-assistenziali e sanitarie.

 

1. Ferma restando la competenza primaria del Comune per i servizi socio-assistenziali, possono essere gestite dalle Unità sanitarie locali attività o servizi socio-assistenziali, a seguito di delega da parte del Comune, ai sensi del comma 3, dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, con oneri a totale carico del Comune stesso, ivi compresi quelli relativi al personale con specifica contabilizzazione. Sono imputabili al fondo sanitario regionale le attività sociali a rilievo sanitario, come definite al comma 1 dell'art. 31, della legge regionale 23 gennaio 1997, n. 3 con apposito atto dalla Giunta regionale, e rese in regime residenziale, semiresidenziale o a domicilio.

2. La Regione garantisce e promuove l'integrazione delle attività socio-assistenziali con quelle sanitarie, individuando azioni progettuali specifiche in concorso con gli enti locali, e ambiti tematici per la stipula di convenzioni e di accordi di programma che definiscano azioni integrate e coordinate tra Enti locali ed Unità sanitarie locali.

3. Per la individuazione delle attività sociali a rilievo sanitario, nonché per le modalità di raccordo tra Comuni e le Unità sanitarie locali, si fa rinvio agli artt. 28 e 31 della legge regionale 23 gennaio 1997, n. 3. Per la gestione in forma integrata delle attività sanitarie con quelle socio-assistenziali si fa rinvio al comma 4 dell'art. 39 ed all'art. 40 della stessa legge regionale.

 

 

Art. 28

Informazione, partecipazione e tutela dei diritti dei cittadini.

 

1. Ai fini dell'attuazione dell'art. 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, la Regione garantisce, anche attraverso l'istituzione di apposito osservatorio finalizzato agli scopi di cui ai commi 1 e 2 dello stesso articolo, l'informazione e la partecipazione dei cittadini e delle loro organizzazioni sociali anche sindacali, ai processi di formazione degli atti di programmazione in materia di assistenza sanitaria ed alla verifica dell'efficacia ed efficienza degli interventi.

2. Le Aziende sanitarie adottano strumenti di pubblicizzazione dei propri obiettivi e dei diritti degli utenti.

3. La Regione promuove con specifiche direttive al fine di fornire e raccogliere informazioni atte a migliorare la qualità dei servizi, la formazione presso le Aziende sanitarie regionali di comitati consultivi di utenti, costituiti in prevalenza da organizzazioni di volontariato e associazioni per la tutela degli utenti del servizio sanitario regionale iscritti al registro regionale di cui alla legge regionale 25 maggio 1994, n. 15, e da cittadini singoli od associati.

 

 

Art. 29

Rapporti tra il Servizio sanitario regionale e ONLUS.

 

1. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale concorrono, nell'ambito delle loro competenze e con gli strumenti di cui alle vigenti leggi regionali alla realizzazione delle finalità del Servizio sanitario regionale ed alle attività di assistenza sociale.

2. I rapporti tra le associazioni di volontariato, le cui attività concorrano con le finalità del Servizio sanitario regionale ed il servizio stesso, sono disciplinati da apposite convenzioni, in conformità con quanto disposto dalle normative nazionali e regionali vigenti.

 

 

Art. 30

Indirizzo finanziario.

 

1. La Regione indirizza la gestione economico-finanziaria del Servizio sanitario regionale verso l'obiettivo della massima efficienza ed efficacia, verificando la rispondenza dei risultati di gestione rispetto agli obiettivi programmatici nell'ambito delle compatibilità economiche generali del Servizio sanitario regionale.

2. La Regione promuove anche ai sensi dell'art. 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni l'introduzione di sistemi di remunerazione corrisposta a fronte di risultati contrattualmente definiti tra Unità sanitarie locali e Aziende ospedaliere o strutture private accreditate.

3. La Giunta regionale provvede annualmente alla ripartizione del fondo sanitario regionale sulla base dei seguenti criteri:

a) per le Unità sanitarie locali mediante:

I) quota capitaria con riferimento alla popolazione residente, corretta secondo parametri di natura epidemiologica e demografica;

II) quote per funzioni da garantire sulla base degli obiettivi della programmazione regionale;

III) quota a conguaglio, per compensazione della mobilità interregionale;

b) per le Aziende ospedaliere, sulla base dei principi fissati dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, mediante la quota a preventivo con riferimento a servizi da garantire su mandato e sulla base degli obiettivi della programmazione regionale.

4. La legge regionale di bilancio determina annualmente la eventuale quota che la Giunta regionale ripartisce tra le Aziende sanitarie al fine di compensare gli squilibri risultanti dalla gestione aziendale e da fattori socio-economici e territoriali.

 

 

Art. 31

Organico e ruoli nominativi.

 

1. Il personale dipendente del Servizio sanitario regionale è iscritto nei ruoli nominativi costituiti e gestiti, ai sensi del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, dalle singole Aziende sanitarie cui è conferita la competenza della gestione giuridica ed economica del personale dipendente. Sulla base degli elenchi nominativi trasmessi dalle singole Aziende sanitarie, la Giunta regionale, entro il 30 giugno di ogni anno, provvede alla pubblicazione dei ruoli nominativi che, assumendo funzione meramente ricognitiva costituiscono la base conoscitiva e statistica per le finalità della programmazione regionale.

2. La copertura dei posti vacanti in organico riferiti alle posizioni funzionali apicali, per l'accesso ai quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, è sottoposta alla preventiva autorizzazione della Giunta regionale. È altresì sottoposta alla preventiva autorizzazione della Giunta regionale, anche in relazione alla eventuale utilizzazione del personale in esubero in ambito intercompartimentale la copertura dei posti riferiti a tutti i profili e posizioni funzionali del ruolo amministrativo.

 

 

Art. 32

Controllo della Regione.

 

1. Ai sensi dell'art. 3, comma 5, lettera e), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, la Giunta regionale esercita il controllo sulle Aziende sanitarie regionali mediante:

a) la valutazione, anche ai sensi del comma 8 dell'art. 4 della L. 30 dicembre 1991, n. 412, della congruità rispetto alle indicazioni del piano sanitario regionale, alle direttive vincolanti regionali e alle risorse assegnate, dei seguenti atti:

1) bilancio preventivo annuale e relative variazioni;

2) bilancio pluriennale di previsione;

3) bilancio di esercizio;

4) istituzione di nuovi servizi;

5) proposta di copertura delle perdite e per il riequilibrio della situazione economica;

6) dotazione organica complessiva del personale;

7) deliberazioni di programmi di spesa pluriennali, con esclusivo riferimento alle spese di investimento. Non sono considerati impegni pluriennali quelli riferiti a spese il cui impegno non ecceda i dodici mesi;

b) la attività ispettiva di vigilanza e di controllo, ai sensi della legge 26 aprile 1982, n. 181;

c) la nomina, previa diffida, di commissari ad acta per i provvedimenti non adottati entro i termini stabiliti e le modalità prescritte per legge e per atti amministrativi di programmazione generale.

 

 

TITOLO QUINTO

Norme finali e transitorie

 

Art. 33

Modificazione di norme.

 

1. Al comma 2 dell'art. 39 della L.R. 23 gennaio 1997, n. 3 le parole «con profilo professionale di assistenza sociale» sono sostituite con le seguenti: «con profilo professionale in materia sociale».

2. Al comma 1 dell'art. 43 della L.R. 23 gennaio 1997, n. 3 la parola «sanitario» è sostituita dalla parola «sociale».

 

 

Art. 34

Norme di prima applicazione per i direttori generali.

 

1. Entro cinquanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale adotta l'atto previsto dall'art. 12, comma 2. Entro i successivi cento giorni essa nomina i direttori generali delle Aziende sanitarie regionali.

2. Nell'ambito dei procedimenti amministrativi per la nomina dei direttori generali, la Giunta regionale può avvalersi di tutti gli elementi attinenti le procedure di nomina pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, in quanto compatibili con le previsioni degli artt. 11 e 12.

3. Gli organi delle Aziende sanitarie regionali in carica alla data di entrata in vigore della presente legge decadono a far data dai provvedimenti di nomina dei loro successori. I relativi rapporti e contratti di lavoro sono risolti di diritto alla stessa data.

 

 

Art. 35

Verifica dell'assetto del sistema sanitario regionale.

 

1. Trascorsi dodici mesi dalla entrata in vigore della presente legge, la Regione valuta l'operato delle Aziende ospedaliere in termini di costi, volume e tipologia delle prestazioni erogate onde verificare la compatibilità delle stesse con le caratteristiche di integrazione del sistema sanitario regionale.

2. Entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Regione valuta l'efficacia degli assetti organizzativi definiti dagli ambiti territoriali delle Unità sanitarie locali individuati dalla tabella allegata alla presente legge e eventualmente ne riconsidera la determinazione.

 

 

Art. 36

Successione nei rapporti attivi e passivi.

 

1. L'Unità sanitaria locale n. 4, di cui all'Allegato alla legge regionale 4 gennaio 1995, n. 1, è soppressa mediante incorporazione nella Unità sanitaria locale n. 5 di cui all'allegato della stessa legge che, ai sensi dell'allegato alla presente legge assume la denominazione di Unità sanitaria locale n. 4.

2. Il direttore generale dell'Unità sanitaria locale soppressa presenta, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, al direttore generale della Unità sanitaria locale n. 4 di cui all'Allegato alla presente legge, il bilancio di liquidazione composto dal conto finanziario, dallo stato patrimoniale e dall'inventario analitico delle attività e passività.

3. Fino alla data di resa del conto di cui al comma 2 il direttore della soppressa Unità sanitaria locale cura la gestione ordinaria della stessa.

 

 

Art. 37

Abrogazioni.

 

1. Sono abrogate le seguenti leggi regionali:

a) legge regionale 19 gennaio 1982, n. 1, e successive modificazioni;

b) legge regionale 16 aprile 1984, n. 22;

c) legge regionale 4 gennaio 1995, n. 1.

 

 

TITOLO SESTO

Norme finanziarie

 

Art. 38

Norma finanziaria.

 

1. Per l'esecuzione delle competenze della Giunta regionale inerenti il processo di programmazione nonché per quelle di indirizzo e valutazione nel Servizio sanitario regionale è autorizzata, per l'anno 1998, la spesa di lire 1.000.000.000 in termini di competenza e di cassa, con prelevamento di quota parte del Fondo sanitario regionale di parte corrente. La spesa di cui sopra è imputata sul cap. 2166 del bilancio regionale così come ridenominato: «Quota del fondo sanitario regionale di parte corrente destinata a spese per studi, indagini e consulenze a supporto dei compiti di programmazione, indirizzo e valutazione del Servizio sanitario regionale». Per l'anno 1999 e successivi la quantificazione della spesa viene effettuata con legge di bilancio.

 

 

Allegato

Ambiti territoriali delle Unità sanitarie locali

 

Unità Sanitaria Locale n. 1:

Comuni di: Citerna, Città di Castello, Costacciaro, Fossato di Vico, Gubbio, Lisciano Niccone, Monte Santa Maria Tiberina, Montone, Pietralunga, San Giustino, Scheggia e Pascelupo, Sigillo, Umbertide.

Unità Sanitaria Locale n. 2:

Comuni di: Assisi, Bastia Umbria, Bettona, Cannara, Castiglione del Lago, Città della Pieve, Collazzone, Corciano, Deruta, Fratta Todina, Magione, Marsciano, Massa Martana, Monte Castello di Vibio, Paciano, Panicale, Passignano, Perugia, Piegaro, San Venanzo, Todi, Torgiano, Tuoro, Valfabbrica.

 

Unità Sanitaria Locale n. 3:

Comuni di: Bevagna, Campello sul Clitunno, Cascia, Castel Ritaldi, Cerreto di Spoleto, Foligno, Giano dell'Umbria, Gualdo Cattaneo, Gualdo Tadino, Montefalco, Monteleone di Spoleto, Nocera Umbra, Norcia, Poggiodomo, Preci, Sant'Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano, Spello, Spoleto, Trevi, Vallo di Nera, Valtopina.

 

Unità Sanitaria Locale n. 4:

Comuni di: Acquasparta, Allerona, Alviano, Amelia, Arrone, Attigliano, Avigliano Umbro, Baschi, Calvi dell'Umbria, Castel Giorgio, Castel Viscardo, Fabro, Ferentillo, Ficulle, Giove, Guardea, Lugnano in Teverina, Montecastrilli, Montecchio, Montefranco, Montegabbione, Monteleone di Orvieto, Narni, Orvieto, Otricoli, Parrano, Penna in Teverina. Polino, Porano, San Gemini, Stroncone, Terni.

 

 

 

 

 

(2) Comma aggiunto dall'art. 5, comma 2, L.R. 27 marzo 2999, n. 29.

(3) Comma abrogato dall'art. 5, comma 1, L.R. 27 marzo 2000, n. 29.

(4) Articolo così sostituito dall'art. 5, comma 3, L.R. 27 marzo 2000, n. 29. Il testo originario così disponeva: «Art. 15. Collegio dei revisori contabili. - 1. È istituito presso ogni Azienda sanitaria regionale

un Collegio dei revisori contabili, ai sensi e con le attribuzioni di cui al comma 13 dell'articolo 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Il Collegio dei revisori dispone, inoltre, attività di verifica ed ispettive al fine di accertare l'efficacia della azione amministrativa rispetto all'economicità della gestione.

2. Per i casi di incompatibilità di ineleggibilità e di decadenza dei componenti il Collegio si applicano le norme contenute negli articoli 2399 e 2404 del codice civile.».

(5) Articolo così sostituito dall'art. 6, L.R. 27 marzo 2000, n. 29. Il testo originario, come modificato dall'art. 18, L.R. 6 marzo 1998, n. 9, era così formulato: « Art. 20. Dipartimento per l'igiene e la prevenzione. - 1. È istituito presso ogni Unità sanitaria locale il dipartimento per l'igiene e la prevenzione,

che ricomprende almeno le seguenti funzioni:

a) igiene e sanità pubblica;

 

b) prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro;

 

c) igiene degli alimenti e della nutrizione;

 

d) servizi veterinari articolati nelle seguenti aree funzionali:

 

I) sanità animale;

 

II) igiene della produzione, trasformazione, commercializzazione, conservazione e trasporto degli alimenti di origine animale;

 

III) igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche.

 

2. Il dipartimento esercita le funzioni seguenti:

 

a) elabora linee programmatiche e piani di attività per l'attuazione del mandato, definito in sede nazionale, regionale o aziendale;

 

b) fornisce alla direzione aziendale strumenti per la valutazione dello stato di salute della popolazione;

 

c) predispone indirizzi operativi, standard di attività, criteri valutativi ed interpretazioni applicative uniformi di norme tecniche, orientando le attività dei servizi afferenti ai distretti.

 

3. Il raccordo tra il dipartimento per l'igiene e la prevenzione e l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente è assicurato con le modalità disciplinate dalla legge regionale attuativa della legge 21 gennaio 1994, n. 61.

 

4. Con riferimento alla direzione del dipartimento per l'igiene e la prevenzione si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui all'art. 21, commi 6, 7, 8 e 9.».

(6) Il termine per l'adeguamento dei requisiti minimi di cui al presente comma, è stato prorogato di un anno dall'art. 8, comma 1, L.R. 27 marzo 2000, n. 29.